Il genocidio delle minoranze cristiane Antonella Visconti
Quando si parla del genocidio armeno è facile cadere in due errori. Il primo è di ordine temporale: questa tragedia viene spesso definita "il primo genocidio del ventesimo secolo". Non è vero, perchè in questo modo si dimentica quello degli Herero e dei Nama, pastori nomadi della Namibia (all'epoca Africa di Sud-Ovest), che vennero sterminati dall'esercito tedesco fra il 1904 e il 1905. Il secondo errore è insito nell'aggettivo: non è esatto parlare di genocidio armeno, perché negli ultimi anni dell'impero ottomano vennero sterminate tutte le minoranze cristiane dell'impero. Quindi non solo gli Armeni, ma anche gli Assiri e le minoranze greche stanziate nel Ponto (Mar Nero), nell'Anatolia centrale e nell'odierna Turchia europea. In questa tragedia epocale perse la vita una quantità di persone stimata fra 2.500.000 e 3.000.000. Il genocidio delle minoranze cristiane è stata una tappa centrale del processo di omogeneizzazione dal quale è nata la repubblica turca. Né turchi né musulmani, Armeni, Assiri e Greci rivendicavano una diversità culturale e religiosa che il nuovo stato non poteva tollerare. Nella repubblica che doveva nascere sulle rovine dell'impero non c'era posto per loro. Molti popoli hanno scelto un termine specifico per definire il proprio genocidio: il più celebre è Shoah, mentre Medz Yeghern (il grande male) è il termine usato dagli Armeni, Seyfo (spada) quello assiro e Ghenoktonía (genocidio) la parola scelta dai Greci dell'impero ottomano.
Medz Yeghern
Nel 301 l'Armenia è il primo stato che adotta il cristianesimo come religione ufficiale. La chiesa armena appartiene al rito ortodosso orientale, che riconosce tre concili ecumenici (Nicea, 325; Costantinopoli, 381; Efeso, 431) e rifiuta quello di Calcedonia (451). Dello stesso gruppo fanno parte altre cinque chiese, fra le quali quella copta egiziana e quella siro-ortodossa. Abbracciata da quasi tutta la popolazione, la fede cristiana si afferma velocemente come una caratteristica fondamentale della cultura armena. Nell'undicesimo secolo cominciano le invasioni ottomane. La resistenza armena si protrae per vari secoli, ma durante il Cinquecento la maggior parte dei territori viene annessa all'impero ottomano. La vasta compagine tricontinentale, nata nel 1295, raggiunge proprio in questo secolo la sua massima estensione territoriale e demografica: 20.000.000 di kmq e 40.000.000 di abitanti. La persecuzione dei cristiani inizia alla fine del diciannovesimo secolo, quindi continua in modi e tempi diversi. Gli Armeni, più numerosi degli altri, vengono sterminati con particolare accanimento: fra il 1915 e il 1923 perdono la vita oltre 1.500.000 di persone. Due terzi della minoranza armena viene cancellata. Lo sterminio viene realizzato nei modi più diversi. Molti villaggi vengono incendiati, mentre in altri casi le vittime vengono riunite e arse vive. Un numero consistente muore di stenti durante le deportazioni. Alcune imbarcazioni vengono riempite di bambini e affondate. Secondo varie testimonianze, gli alunni di due scuole vengono uccisi con gas velenosi. In altri casi vengono inoculate sostanze tossiche come la morfina e il sangue infetto prelevato da malati di tifo. Molte donne, comprese quelle incinte, vengono violentate e uccise. Giocano un ruolo importante alcune tribù kurde, che attaccano gli armeni durante le marce. Le case delle vittime vengono poi occupate da famiglie turche e kurde. Per quanto strano possa sembrare, Atatürk non partecipa al genocidio. Il futuro padre della Turchia è impegnato nella Prima Guerra Mondiale e riveste vari incarichi di rilievo nell'esercito ottomano. Rientra a Istanbul, ormai occupata dalle forze vincitrici, soltanto alla fine del 1918. Qualche anno dopo, ormai presidente, condanna verbalmente le stragi. 10