La causa dei popoli 1-2 (seconda serie)

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In difesa del pluralismo linguistico Intervista a Cemal Atila

Una delle novità più recenti e più interessanti che arrivano dalla Turchia è il Geoaktif Kültür ve Aktivizm Merkezi (Centro Geoaktif per le attività culturali), fondato nel 2010 da Cemal Atila. Non ha una sede clandestina in un polveroso sottoscala, ma opera alla luce del sole in Piazza Taksim, nel centro di Istanbul. Oggi (2016) in questo centro culturale si insegnano sedici lingue: albanese, arabo, armeno, assiro, bosniaco, circasso, ebraico, farsi (persiano), georgiano, greco, kurdo, laso, latino, pomak, turco ottomano e zazaki. Dopo quasi un secolo di intolleranza nei confronti delle lingue diverse dal turco, queste cominciano ad acquistare uno spazio e una visibilità che non avevano mai avuto. Davanti a una novità di questo rilievo, intervistare Cemal Atila era un dovere. Cominciamo con una breve nota biografica... Buona idea. Sono nato nel 1968 a Varto, un paese situato nella provincia di Muş, nella Turchia orientale. Decimo di una famiglia zaza, ho studiato lì, ma l'unica cosa che ho imparato era il turco. A quindici anni sono partito da casa per lavorare nelle città della Turchia occidentale. Ho fatto di tutto, dal venditore ambulante al cameriere. Nel frattempo ho imparato alcune lingue e ho cominciato a lavorare come traduttore per dei giornalisti stranieri. Alla fine degli anni Novanta ho iniziato a lavorare per le case editrici. A oggi ho tradotto 20 libri dall'inglese al turco e al curdo. Poi ho imparato danza greca e latina. Oggi insegno due lingue, kurdo e zazaki, e danza greca. Oltre allo zazaki, la mia madrelingua, parlo curdo, inglese, turco e un po' di greco. Quando hai deciso di fondare la tua scuola? La nostra attività è cominciata nel 2004. Nei primi anni ci siamo concentrati sulla cultura greca: facevamo corsi di danza, musica, storia e letteratura. Poi abbiamo cominciato a occuparci anche di altre culture. Nel 2010 abbiamo deciso di trasformare la nostra sede in un centro multiculturale. Il motivo è semplice: la Turchia è un paese ricchissimo sotto il profilo linguistico e culturale. Ma l'apparato repressivo dello stato ha sempre cercato di soffocare questa varietà e di turchizzare tutto. In seguito a questa oppressione, che è durata almeno 80 anni, molte culture si sono quasi estinte. Quindi noi abbiamo cercato di creare una struttura che le potesse salvare. Oltre a questo, i popoli della Turchia non si conoscono; ognuno ignora la lingua, la cultura e la musica degli altri. Noi vogliamo aiutarli a colmare queste gravi lacune. Quante sono le persone che lavorano nella scuola? Due persone (io e un altro) lavorano a tempo pieno facendo di tutto. Un'altra quindicina lavorano part-time come insegnanti. Certe volte, quando siamo più impegnati, possono diventare venti. Il nostro lavoro comprende l'insegnamento di sedici lingue (vedi sopra); seminari dedicati ai vari popoli e alle loro culture; insegnamo balli armeni, greci, lasi e rom; organizziamo eventi pubblici con musiche e cibi tradizionali. Il centro realizza anche iniziative politiche, per esempio stimolando il governo e i Kurdi a cessare le operazioni militari e trovare una soluzione pacifica del loro contenzioso. Immagino che abbiate incontrato una forte ostilità.. Certo, non è stato facile... come sai, per tanti anni parole come greco e armeno sono state al bando, al massimo si potevano usare come offese. Anche oggi, nel 2016, certa stampa li usa in questo modo. Quindi un centro come il nostro è un bersaglio ideale per fascisti e razzisti. Una volta, durante un'iniziativa dedicata alla danza greca, un uomo è salito sul palco gridando "Qui siamo in Turchia, non potete ballare questa roba, i Greci sono nostri nemici, andate a ballare da loro". Era un profes25


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Autori

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Biblioteca

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INTERVENTI

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Nuvole di carta

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Film e documentari sulle minoranze della Turchia

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Cronologia della questione kurda

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In difesa del pluralismo linguistico Intervista a Cemal Atila

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Gli Armeni dimenticati del Mar Nero Hovann H. Simonian

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Perché il genocidio armeno resta un tabù Erol Özkoray

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Israele deve riconoscere il genocidio armeno Intervista a Israel Charny

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Il cerchio si stringe Alessandro Michelucci

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E D I T O R I A L E

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page 3
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