N.25 FEBBRAIO 2021
IN QUESTO NUMERO // ORIZZONTE MONDIALE // BATTISODO SENZA FINE // INSIDE A1: EMPOLI, AFFARE DI FAMIGLIA // FOCUS: ROSA IN PANCHINA // INSIDE A2: LA LOTTA È TOTALE // ISABEL HERNANDEZ, LA TALENTUOSA // AZZURRE D’AMERICA // A UN PASSO DAL CIELO // RUBRICHE PINK
FEBBRAIO 2021
N.25
in questo numero 1 EDITORIALE
Orizzonte mondiale
3 inside a1
Affare di famiglia
9 PINK GLOSSARY 11 Focus
Rosa in panchina
17 cover story
Battisodo senza fine
23 inside A2
La lotta è totale
29 Primo piano
Isabel la talentuosa
35 altri mondi
Azzurre d’america
41 storie
A un passo dal cielo
DIRETTRICE RESPONSABILE Alice Pedrazzi caporedattore Massimo Mattacheo REDAZIONE Silvia Gottardi,
Francesco Velluzzi, Giulia Arturi, Manuel Beck, Simone Fulciniti, Antonia Peresson, Roberto Lurisi, Alice Buffoni, Susanna Toffali
44 pink mix
PROGETTO GRAFICO Linda Ronzoni/
47 PALLA E PSICHE
IMPAGINAZIONE Grazia Cupolillo/
Vittoria e felicità
48 guardia e ladri
La trasferta intercontinentale
50 BUZZER BEATER
Minors al via
Meccano Floreal Meccano Floreal
FOTO DI Marco Brioschi,
Roberto Liberi, Marco Picozzi, Sara Tumeo, Gianni Nucci, Alessandro Vezzoli PINK BASKET è un periodico di proprietà di Silvia Gottardi
editoriale
ORIZZONTE MONDIALE DI ALICE PEDRAZZI
Da Cagliari, novembre 2019, a Istanbul, febbraio 2021, un cammino alla ricerca della Qualificazione ad EuroBasket 2021 e di una nuova identità. Centrate. Entrambe. Una cinquina, si dirà: il pass conquistato dalle Azzurre di Lino Lardo dà accesso alla quinta partecipazione consecutiva a quella competizione che, con un po’ di fascino nostalgico, chiamiamo come una volta, il Campionato Europeo. Allora cosa celebriamo? Forse la conquista della qualificazione come miglior seconda assoluta, fra tutti i nove gironi. Probabilmente l’aver strappato il pass europeo con una squadra capace di costruirsi nuove gerarchie in pochi mesi. Il fatto di essere stati capaci di imporsi con carattere e determinazione e, soprattutto, con un gioco che non dipende dalle prestazioni della stella di turno, nella fattispecie Zandalasini, ma che – piuttosto – la fa (ri)splendere grazie ad una costruzione collettiva (Cecilia per le azzurre è stata, con 16.2 punti di media, la miglior realizzatrice, ma non l’accentratrice). Quasi certamente celebriamo la scoperta di volti nuovi, come Pan, Attura e Romeo, giocatrici di belle speranze ma con un presente già luminoso, e la riscoperta di atlete capaci di costruire una versione 2.0 di se stesse, con un ruolo di maggior rilevanza negli equilibri-squadra (Carangelo, Bestagno). Ci auguriamo, soprattutto, di poter (presto, prestissimo) considerare questo EuroBasket 2021 in modo che, come dice Erri De Luca, “la cima non sia traguardo, ma sbarramento”. Uno sbarramento da superare, questa volta, a differenza di quanto avvenuto nelle ultime quattro partecipazioni continentali, per proiettarci nuovamente sulla scena mondiale. Questo Europeo, infatti, qualificherà le prime sei classificate al pre-Mondiale, anticamera per la competizione iridata che si svolgerà in Australia nel 2022. Corsi e ricorsi storici. Le Azzurre mancano da un Mondiale da Australia 1994. 27 lunghissimi anni di una assenza silenziosa ma dolorosa. Coraggio, dunque, che la cima (dell’Europeo) non sia davvero traguardo, questa volta, ma l’ultima barriera che ci separa da una competizione iridata. Che manca, tantissimo, da troppo.
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“EMPOLESE” GABRIELE NARVICIUTE È LA GIOCATRICE PIÙ RAPPRESENTATIVA DELLA SQUADRA. AL QUINTO ANNO IN TOSCANA, È UNO DEI SIMBOLI DELLA CRESCITA DELLA USE ROSA.
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AFFARE DI FAMIGLIA USE ROSA EMPOLI È UNA DELLE PIÙ BELLE REALTÀ DEL NOSTRO CAMPIONATO:
UNA SQUADRA IN CONTINUA CRESCITA, CAPACE DI PRENDERSI SCALPI IMPORTANTI E DI CENTRARE LA QUALIFICAZIONE ALLA FINAL EIGHT DI COPPA ITALIA. CON UNA PREROGATIVA FONDAMENTALE: UNA FAMIGLIA FORTE ALLE SPALLE
Di Francesco Velluzzi
È
una famiglia. Basta questo per spiegare la cresci-
ta di Empoli, per la precisione Use Scotti Rosa. L’ultima perla è stata il successo, tirato, di un punto arrivato contro la Virtus Segafredo Bologna. Se rapportiamo il divario tra la super potenza bolognese di Basket City e la piccola società mandata avanti con buon senso, giudizio, passione, testa da Piero Benassai e Luca Sesoldi non ci sono paragoni, ma il “cuore grande può far molto, come nella partita che abbiamo vinto contro di loro, tenerle a 60 punti non era facile”, racconta la lituana Gabriele Narviciute, giunta al quinto anno a Empoli dove gioca da italiana. L’Use ha anche una squadra maschile in B, insomma, fatte le debite proporzioni, è un po’ come la Virtus. Con l’indispensabile ausilio di coach Alessio Cioni e di Guia Sesoldi, figlia di Luca che ha accettato non senza lacrime di smettere di sudare sul parquet e di mettersi dietro la scrivania a studiare strategia, marketing, comunicazione per la creatura di famiglia, una squadra
che si è guadagnata con pieno merito le Final Eight di Coppa Italia di Bologna e si è stabilizzata al sesto posto in classifica con la possibilità di scalare, a sorpresa qualche altra posizione. “Perché anche il Geas lo abbiamo battuto e quella è stata un’altra splendida vittoria che ci rimarrà dentro in questa stagione bellissima”, spiega ancora Narviciute, 190 centimetri, esperienza e sostanza quando entra da cambio delle lunghe. Lei che è diventata italiana per il basket avendo fatto 6-7 anni di formazione a Parma, arrivando dal piccolo Alytus, paesino non lontano dalla capitale Vilnius.
Il miracolo Empoli è al terzo anno di A1. Il primo
anno si è salvata, come sperava, poi ha continuato a crescere. Senza mai fare il passo più lungo della gamba, come si conviene a chi deve far quadrare ogni giorno i conti. Per fortuna un sostegno c’è: Computer Gross è il main sponsor dell’intero club che ha chiamato il suo impianto PalaSammontana,
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GRUPPO LA FORZA DI EMPOLI, CAPACE DI CRESCERE ANNO DOPO ANNO FINO A CONSOLIDARSI COME UNA DELLE SQUADRE PIÙ CONCRETE DELL’INTERA SERIE A1.
ovviamente in nome dell’azienda empolese di gelati della famiglia Bagnoli che non ha mai negato un contributo a chi fa sport in loco. Poi si è aggiunta Beyfin che ha dato una grossa mano per resistere in un momento delicato come questo. “Se devo dire come arrivano i successi della nostra squadra femminile posso solo confermare che qui ti senti come a casa”, spiega Guia Sesoldi, entrata pure in Lega come consigliere. “Le ragazze si trovano bene da noi, vivono quasi tutte in due in un appartamento. Se vedete un loro allenamento pensate che a ogni azione possa scoppiare una rissa, tale è l’agonismo e la voglia di vincere. C’è davvero tanta intensità. Ma le ragazze in campo, in partita, lottano una per tutte, tutte per una. Noi, come società, cerchiamo di non far mancare nulla alle nostre ragazze. L’orgoglio è averne tre empolesi, Lucchesini, Ruffini e Manetti, in prima squadra che recitano un ruolo e non sono semplici comparse. Accanto alla squadra c’è Francesca Papini che è mamma di una bimba, Lucrezia Malquori (2001) che è nelle 12 del roster. In cui sicuramente la dirigenza e il tecnico sono stati bravi ad azzeccare le straniere”. Che sono tre, più tre, e qui c’è un altro piccolo segreto dell’Use. Al talento Smalls, macchina da punti, all’esperta Premasunac, formatasi in Italia a Broni, e al centro Mathias, si aggiungono Narviciute, lituana, Chagas, argentina
prestata da Schio e Ravelli che è italiana, ma ha formazione americana.
Dieci anni Ma soprattutto ad assemblarle tutte nel mi-
gliore dei modi c’è lui, il tecnico, Alessio Cioni, 42 anni, che arriva dalla vicina Castel Fiorentino. Dieci anni a guidare questa squadra che cresce ogni giorno con lui. “Avevo cominciato con la maschile, pensavo di fare uno o due anni con le ragazze, sono arrivato a 10. Sto a 15 chilometri da Empoli, faccio ancora avanti e indietro”. Perché oggi Cioni ha una bimba di 6 anni, avuta da Giulia Lucchesi, la compagna che ha allenato e che non faceva giocare: “Sì, è vero, Ma è stato solo un anno. Certo che l’approccio non è stato semplice, non le stavo così simpatico. Si partiva dall’odio. Ci siamo messi insieme due anni dopo che l’allenavo. Oggi lei gioca ancora, si diverte in Promozione, anche da mamma. E Noemi non ha altro in testa che il basket, vuole far quello sport, non ne contempla altri”. Cioni è l’architetto del miracolo Empoli: “La squadra la allestisco in estate con Luca Sesoldi, sempre con un occhio attento al budget che è modesto. Non possiamo permetterci di sbagliare. Abbiamo scelto le straniere. Con Premasunac siamo andati sul sicuro, abbiamo pescato Smalls e abbiamo avuto fortuna, grazie ai buoni uffici del procuratore Luigini. Lei aveva finito con
Indiana. Poi Baldelli e Ravelli si sono rivelate innesti di qualità. Hanno esperienza in campionato, Baldelli era già venuta fuori molto bene a Costa Masnaga”. Poi il totem Famila Schio ha deciso che il talento argentino (2001) Florencia Chagas dovesse bocciare proprio a Empoli dove con le piccole si lavora bene con pazienza e passione. “Chagas è un talento puro, fortissima in attacco. Deve disciplinarsi, imparare a difendere meglio e lavorare sempre con impegno e costanza. Flo ha tutti i mezzi per diventare una giocatrice di alto livello”. Play o guardia, Flo dà il meglio quando deve attaccare il canestro. Poi ci sono le tre ragazze di casa che piano piano conquistano spazi e minutaggio. E quindi Narviciute, ormai una di famiglia. Empoli difende sempre forte, aggressiva senza dar mai respiro alle avversarie. “Il concetto base è quella della difesa a uomo a tutto campo, ma ovviamente alterniamo a seconda delle situazioni. Mi rendo contro che facciamo sempre un piccolo passo in avanti. Essere arrivati ancora e da sesti alle finali di Coppa Italia (quarti di finale contro Ragusa) è motivo di grande soddisfazione. Fa parte del nostro processo di crescita. Che è continua. Lo vedo dagli allenamenti. E non posso che confermare quel che diceva Guia: il livello degli allenamenti è sempre molto alto, si sfiora la rissa, l’intensità è forte, perché nessuna delle ragazze vuole mai perdere”.
In famiglia “Neppure a carte, quando giochiamo nelle
lunghe trasferte”, afferma Narviciute. Che conferma che lo spirito dell’Use è la vera forza di un gruppo che non si accontenta mai. “Ho girato tanto. Sono cresciuta a Parma, ero una bambina, avevo 15 anni. Poi le esperienze a Spezia, Ariano Irpino, Napoli. Quindi sono arrivata a Empoli. Sono al quinto anno e sto benissimo. Se a Parma ero diventata pazza di torta fritta e salumi, qui ho imparato ad apprezzare non soltanto la bontà della mitica fiorentina e della carne in generale, ma anche gli ottimi vini toscani. Oggi so riconoscere un buon vino. E in questa società ho trovato una famiglia. Ero una vagabonda. Spesso quando giochi a basket e giri ogni anno da una città all’altra quel che cerchi è l’affetto, il calore. A Empoli l’ho trovato. E vorrei continuare a giocare. Sono arrivata a 30 anni, ma non mollo. Mi piace ancora moltissimo andare in palestra ad allenarmi e sostenere le battaglie con le mie compagne. In questi anni italiani se devo assegnare due Oscar li do ad Antibe tra le straniere e a Francesca Zara tra le italiane. Io vivo in casa con Baldelli che ha anche il cane (un Labrador). Stiamo bene, ognuna cucina per conto proprio, perché ha le proprie abitudini, ma quando facciamo le serate siamo insieme”. Oggi si esce poco o nulla. Ma le ragazze di Empoli è più facile incontrarle al Vinegar che al Cristallo, il bar
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inside A1 più famoso frequentato da tutti i calciatori. Potere della semplicità delle ragazze del basket. Narviciute dovrebbe giocare con la Nazionale lituana. “Ma dopo alcuni anni fatti con le rappresentative giovanili, qualcosa è andato storto e non ho mai giocato in quella maggiore. Però la Lituania la sto riscoprendo. È successo con la pandemia perché la scorsa estate sono stata due mesi e mezzo a casa, una lunga sosta, una lunga vacanza. Ho rivisto tanto la famiglia e la nostalgia un po’ mi è venuta. Fino a giugno scorso avrei detto che probabilmente sarei rimasta per sempre in Italia, ora devo riflettere e la scelta è molto delicata. Sento spesso i miei genitori, mia mamma lavora, papà no. Io non ho mai pensato seriamente di legarmi sentimentalmente perché non è una cosa semplice”. Si è innamorata di Empoli che veleggia nelle prime posizioni della classifica, appena sotto le big. “Puntiamo su una difesa forte, lottiamo sempre, vogliamo vincere, nelle
nostre partite si evidenzia ogni volta tanta grinta”. L’Use continua a salire gradino dopo gradino in questo modo. Con la forza della famiglia Sesoldi, di Piero Benassai (giornalista), delle mamme e di tutti coloro che hanno il piacere di passare ogni giornata al PalaSammontana vedendo crescere “le bimbe”, come le chiamano loro, alla toscana. L’unico peccato è non poter avere questa gente innamorata dello sport pulito sulle tribune dell’impianto. Empoli andrà a Bologna senza tifosi, ma con la passione e l’intensità che le 12 ragazze di Cioni mettono ogni giorno sul parquet. E nei playoff fate tutti attenzione, perché Smalls è davvero difficile da contenere quando è in giornata e la solidità del gruppo ora è nota. Empoli non ha più paura di nulla e di nessuno. In tre anni squadra e società hanno fatto il salto di qualità senza spendere e spandere, solo con la passione di una famiglia che vive per il basket.
L’Use continua a salire gradino dopo gradino in questo modo. Con la forza della famiglia Sesoldi, di Piero Benassai (giornalista), delle mamme e di tutti coloro che ogni giornata hanno il piacere di passarla al PalaSammontana vedendo crescere “le bimbe”. COPPA ITALIA: FINAL EIGHT A BOLOGNA Sarà Bologna il “centro del mondo” della pallacanestro femminile italiana nel primo weekend di marzo. Nella prestigiosa cornice della Virtus Segafredo Arena, casa delle Vu Nere, si assegnerà la Coppa Italia di Serie A1, secondo trofeo stagionale dopo la Supercoppa Italiana conquistata a fine settembre dalla Reyer Venezia. L’evento avrà luogo dal 4 all’8 marzo, giorno della Festa della Donna, e vedrà di scena le migliori otto squadre al termine del girone di andata. Una cinque giorni di pallacanestro tutta da vivere, in cui le atlete più forti del nostro torneo si daranno battaglia, sul campo, per conquistare la Coppa Italia. Tutte le gare saranno trasmesse in chiaro su LBF TV e MS Group sarà il partner televisivo dell’evento. Di seguito il programma completo della manifestazione:
QUARTI DI FINALE - giovedì 4 marzo
QF1: Ore 16:30 Umana Reyer Venezia - Fila San Martino di Lupari QF2: Ore 20:00 Famila Wuber Schio - Limonta Costa Masnaga
QUARTI DI FINALE - venerdì 5 marzo
QF3: Ore 16:30 Passalacqua Ragusa - Use Rosa Scotti Empoli QF4: Ore 20:00 Virtus Segafredo Bologna - Allianz Geas Sesto San Giovanni
SEMIFINALI - domenica 7 marzo
Semifinale 1: Ore 16:30 Vincente QF1 - Vincente QF3 Semifinale 2: Ore 20:00 Vincente QF2 - Vincente QF4
FINALE - lunedì 8 marzo
Ore 19:00 Vincente Semifinale 1 - Vincente Semifinale 2
FAMIGLIA DOPO AVERE SMESSO DI GIOCARE, GUIA SESOLDI, FIGLIA DEL PRESIDENTE, È ENTRATA IN SOCIETÀ COME RESPONSABILE DELLA COMUNICAZIONE. RAPPRESENTA LA FAMIGLIA.
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w w w. c u c i n a c r a c c o . i t
glossary
PINKGLOSSARY Parole del basket che raccontano storie (perlopiù divertenti).
Espressioni baskèttare (p.1) “Ero libera!” Tipica espressione cestisca utilizzata da una giocatrice in seguito a un’azione offensiva appena conclusa (solitamente senza successo). Nello specifico, si tratta di una modalità pacifica ed educata con cui la giocatrice informa la propria compagna che invece di schiantarsi in area contro quattro difensori poteva passarla a lei, che appunto era libera per tirare. Tradotta in lingua francese e con dei termini sicuramente più vicini alla realtà, ”Ero libera” si potrebbe così definire: “Oh, ma perché c**** non me l’hai passata?! Ma mi hai vista?!”. Poi ci si vuole bene, comunque. “Colpa della linea” Formula ormai celebre, messa in atto per sdrammatizzare momenti imbarazzanti. Succede spesso infatti che alcune giocatrici, ad un certo punto, così, correndo per il campo, inciampino nel vuoto e caschino scompostamente a terra. Giusto un momento prima che compagne, staff e persino custodi scoppino a ridere, la giocatrice, che ancora giace a terra paonazza, pronuncia flebilmente e con un sorriso sghembo la formula: “colpa della linea”. Salvandosi così, in corner, dal capitombolo memorabile che comunque le verrà ricordato a vita. “Cosa fai, cerchi l’oro?” A volte capita che le giocatrici non palleggino, ma trivellino. Sì, è questo il termine corretto. Trivellare. Che tradotto in pallacanestrese vuol dire: compiere un numero infinito di palleggi in uno stesso identico punto. Significa, intestardirsi a palleggiare in un minuscolo angolino di campo, senza curarsi delle compagne che chiamano disperatamente la palla, dei secondi che scorrono inesorabili e del parquet che si logora. Soltanto l’allenatore può porre fine a questa agonia, fermando il gioco con un fragoroso “STOOOP!” da 1000 Decibel, per poi rivolgersi con occhi infuocati alla giocatrice e urlare:“Ma cosa fai?! Cerchi l’oro?”. Ma l’oro sotto il parquet non c’è, mai. “Telefonata!” Nel basket “telefonata” non indica due persone che chiacchierano allegramente al telefono, anzi, di allegro c’è ben poco. Ci sono 9 giocatrici incazzatissime, perché la loro compagna ha passato la palla dritta nelle mani dell’avversaria (involontariamente certo, ma stupidamente). E così, mentre l’avversaria è già in contropiede, dalla panchina si leva una un urlo del coach paragonabile a quello di Munch: “TE-LE-FO-NA-TA!!!”. Subito dopo, quasi con un riflesso incondizionato, il coach si precipita verso gli ufficiali di campo, incrocia le braccia con foga e ringhia: “Cambio”. Altro che minuti illimitati, il prezzo della “telefonata” è carissimo: panchina + IVA (Insulti Vari A-raffica).
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ESPERTA ANNA ZIMERLE, COACH DI SARCEDO, HA INIZIATO IL PROPRIO PERCORSO DA ALLENATRICE NEL MINIBASKET, SVOLGENDO POI TUTTA LA TRAFILA DEI SETTORI GIOVANILI FINO AD ALLENARE ORA UNA PRIMA SQUADRA.
focus
ROSA IN PANCHINA IN SERIE A1 E A2 CRESCE IL NUMERO DI ALLENATRICI. MOLTE DI LORO,
CON UNA ESPERIENZA PREGRESSA IN CAMPO, DA GIOCATRICI DI ALTO LIVELLO. TUTTO, NEL SEGNO DELLA PASSIONE PER LA PALLACANESTRO, CHE LE ACCOMPAGNA DA SEMPRE E PER SEMPRE.
DI ALICE PEDRAZZI E MASSIMO MATTACHEO
R
osa in testa. O meglio in panca. Se ne vede ancora
troppo poco, eppur qualcosa si muove. O forse si tinge, soprattutto nella serie cadetta del nostro basket femminile. In serie A2, infatti, cominciano a vedersi sempre più panchine affidate alla gestione di allenatrici che vestono i panni da head-coach con una competenza tecnica, e non solo, di assoluta qualità. Avremmo voglia di non scriverli più, questi pezzi, che raccontano di come le donne, debbano faticosamente e a colpi di bravura e risultati, ritagliarsi ancora a fatica tutti gli spazi che in realtà meritano. Ancor più quando si parla di discipline femminili. Avremmo voglia di non scriverli più, perché solo quando non saranno più necessari, al pari delle “quote rosa” nei cda delle aziende o in politica, vorrà dire che davvero la questione di genere sarà superata e che avremo una parità raggiunta, con scelte fatte non per equilibrare a tavolino una presenza di uomini e donne, ma solo ed esclusivamente sulla base delle competenze. Sulle compe-
tenze tecnico-tattiche e motivazionali sono basate le scelte delle società che hanno deciso di affidare le loro squadre alle sapienti (è il caso di dirlo) mani delle allenatrici. Così, dopo il caso globale di Becky Hammon, diventata la prima donna a guidare da head-coach una partita NBA, quando nella gara contro i Los Angeles Lakers ha preso in mano i suoi San Antonio Spurs, sostituendo coach Popovich, espulso, e quello nazionale di Cinzia Zanotti, unica donna ad essere capo-allenatrice di una squadra di A1 (femminile) ed in attesa (speriamo non lunga) che una delle tante (bravissime e preparate) allenatrici nostrane, possa essere messa nelle condizioni di mostrare tutto il proprio valore anche in una squadra professionista maschile, proviamo ad accontentarci nel veder crescere il numero delle capo-allenatrici donne nella nostra serie cadetta. Ma sempre tenendo a mente le parole di Ligabue…”Chi si accontenta, gode. Così così…”, augurandoci, dunque, che questo sia solo l’inizio di un trend che porti al definitivo ri-
focus
PRIMO ANNO A CASTELNUOVO PER FRANCESCA ZARA, DOPO ALCUNI TRASCORSI A BRONI COME PREPARATRICE FISICA E VICE ALLENATRICE. SOTTO LA SUA GUIDA, PRIMA QUALIFICAZIONE ALLA COPPA ITALIA DI A2 PER LE PIEMONTESI.
conoscimento delle competenze che molte donne allenatrici mostrano, al pari – se non di più – dei colleghi maschi. Possiamo dirlo? E diciamolo… Anche, e forse soprattutto, in termini di comprensione della complessità della gestione dei rapporti di spogliatoio. Francesca Zara, Monica Stazzonelli, Mara Buzzanca, Anna Zimerle. Rispettivamente: Castelnuovo Scrivia, Albino, Patti e Sarcedo. Sono loro le head-coach del campionato di serie A2 nostrano, divise tra il girone nord (Zara, Stazzonelli e Zimerle) e quello sud (Buzzanca). Minimo comun denominatore? Ex gio-
catrici di alto livello. Tutte. Come pure, diciamolo, le già citate Zanotti e Hammon. Anche questo qualcosa dovrà pur significare e, soprattutto, probabilmente meriterebbe più di una riflessione.
Francesca Zara, che di esperienza come assistant ne
vanta già parecchia, al suo prima anno da head-coach ha centrato la prima storica qualificazione alla Coppa Italia per Castelnuovo Scrivia ed ha portato la sua profonda competenza tecnica al servizio di un club che ha voglia di crescere, puntando su una allenatrice dal pedigree indiscusso per raggiungere
risultati importanti. “Da capo allenatrice hai molte più responsabilità che da vice, sei la responsabile dell’area sportiva della squadra, ti confronti con lo staff e prendi le decisioni, organizzando il piano di allenamenti e di crescita nel corso della stagione. E soprattutto, puoi esprimere e sviluppare la tua idea di pallacanestro. Che nel mio caso richiede tempo per potere essere messa pienamente in pratica”.
La prima storica qualificazione alla Final Eight di Coppa Italia
– racconta Zara - “è un traguardo molto importante
per la società. Per me, l’obiettivo rimangono i playoff, perché credo che possiamo competere alla pari con tutte le altre squadre del nostro girone”. A Brescia, teatro della tre giorni di Coppa, le “Giraffe” affronteranno San Giovanni Valdarno nei quarti di finale. In campionato, gli scalpi contro Crema e Moncalieri, e le sconfitte in volata contro Vicenza e Udine nel girone di andata, chiuso al quarto posto (nove vittorie in tredici incontri) confermano la tesi espressa dall’allenatrice, che riconosce che uno dei punti di forza della sua squadra sia che lo zoccolo”gioca insieme da diversi anni, in cui Fabio Pozzi è stato il
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focus capo allenatore: a lui e alla società vanno i meriti per la crescita avuta stagione dopo stagione”. Da grande ex playmaker, Zara ha le idee chiare su come le giocatrici che allena debbano interpretare il ruolo: ”Da loro mi aspetto personalità e leadership in campo, voglio che leggano le partite e ne capiscano i momenti. Devono essere libere di potere esprimere il proprio talento e guidare la squadra nel modo più opportuno”.
Anna Zimerle, che con Franci Zara ha giocato in na-
zionale (giovanile e non solo) e ha vinto la medaglia d’argento ai Giochi del Mediterraneo di Tunisi del 2001, ha raccontato di come passare dal campo alla
Quelli di chi ha la responsabilità delle scelte collettive, mentre il giocatore è responsabile solo di quelle individuali. Ecco, una delle differenze è proprio questa: assumersi la responsabilità, tecnica ed emotiva, del gruppo squadra e delle prestazioni di tutti, non solo delle proprie. Una gran bella differenza. Una differenza che Buzzanca riconosce anche in molte altre sue colleghe: “Ho conosciuto tante allenatrici – racconta -. Credo che Cinzia Zanotti e Monica Stazzonelli siano due ottime coach. E Francesca Zara, con cui ho fatto il corso a Bormio due anni fa, ama come me, in modo viscerale questo sport. Anche io sono così: la pallacanestro è l’amore della mia vita.
Sulle competenze tecnico-tattiche e motivazionali sono basate le scelte delle società che hanno deciso di affidare le loro squadre alle sapienti mani delle allenatrici. panca sia stato, per lei, un fatto del tutto naturale: “Quando ho smesso di giocare – ha detto Zimerle mi hanno chiesto di iniziare ad allenare i bimbi… per me un mondo sconosciuto, ma ho accettato con entusiasmo ed ho iniziato a formarmi così, lavorando e studiando, perché l’approccio non è semplice né scontato”. Voglia di imparare e di migliorarsi, attenzione ai dettagli e cura di quel che si fa, ogni giorno. Così Anna Zimerle, dai bambini del minibasket è arrivata, in fretta, alla serie A2 di Sarcedo, non rinnegando mai la sua anima da giocatrice e riconoscendo che “è più difficile allenare – ammette – senza dubbio! Ma anche più stimolante, forse. Perché devi cambiare setting mentale, devi approcciarti alle cose in modo differente. La dimensione da giocatrice è quella in cui sono cresciuta, possiamo dire che fosse la mia dimensione naturale, quella in cui meglio mi riconoscevo e mi sapevo esprimere anche come persona. Ora allenando, la prospettiva cambia e sto crescendo molto anche a livello personale”.
Il passaggio da giocatrice ad allenatrice, dal legno del
campo al legno della panca, che per molti profani potrebbe essere scontato ma che richiede un grande lavoro, sia di studio, che di crescita personale, è al centro delle riflessioni anche di Mara Buzzanca, siciliana doc, sulla panchina della sua Patti: “Credo che una atleta – dice Buzzanca – possa diventare allenatrice solo quando nella sua testa è convinta di togliersi davvero la canotta di dosso, per abbracciare, in modo consapevole, un nuovo ruolo”. Un passaggio che prima – e più – che formale, deve essere dunque sostanziale, interiore: abbandonare (ma non dimenticare) la testa ed i riflessi mentali della giocatrice, per accogliere quelli di chi deve gestire.
Il pallone è sempre stato tra le mie mani. Anche per questo
sono contenta di vedere sempre più colleghe assumere ruoli di responsabilità in panchina: ci meritiamo sempre più spazio, in tutti i settori ed in tutti i ruoli della nostra pallacanestro”. Già, e come si diceva prima, non per mere rivendicazioni di genere, ma per competenza e professionalità. Il trait d’union tra campo e panchina lo incarna Monica Stazzonelli, quest’anno head-coach di Albino, che dice: “Ho sempre allenato, anche quando giocavo. Ho iniziato da giovanissima, avevo 19 anni e allenavo, fra le altre, anche Raffaella Masciadri. Quando ho smesso di giocare, dopo una breve pausa, non ho potuto far altro che tornare alla pallacanestro”. Uno di quegli amori che, alle volte, fanno dei giri immensi ma poi ritornano, insomma. “Sì – conferma Stazzonelli – anche se la differenza tra giocare ed allenare è tanta: io ho avuto la fortuna, nella mia carriera da giocatrice di avere grandi allenatori, ai quali ho cercato di rubare molto…ma la visione che un allenatore deve avere è completamente differente da quella di chi sta in campo”. Essere state giocatrici, soprattutto di alto livello, indubbiamente rappresenta un vantaggio, però… ”Certamente – conferma Stazzonelli -, soprattutto perché si conoscono molto bene le dinamiche dello spogliatoio”.
Una memoria non solo tecnica, ma anche emotiva, che guida
scelte e comportamenti e che certamente diventa il tratto distintivo di chi ha giocato ed ora allena. Alla quale, però, vanno uniti studio e competenze nuove. Quelle che le donne del nostro basket hanno mostrato di possedere. Al basket stesso ora l’onere, ma soprattutto l’onore, di valorizzarle.
VOCAZIONE MONICA STAZZONELLI HA SEMPRE ALLENATO ANCHE QUANDO È STATA GIOCATRICE: PRIMA NEI SETTORI GIOVANILI, ADESSO ANCHE IN PRIMA SQUADRA. IN FOTO, ALLA GUIDA DI ALBINO DURANTE UN TIME-OUT.
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VALERIA BATTISODO, CLASSE 1988, HA INIZIATO IL SUO PERCORSO IN A1 A PARMA, NELLA STAGIONE 2006/2007. È ALLA SUA 15ESIMA STAGIONE IN A1.
cover story
BATTISODO SENZA FINE
QUINDICI STAGIONI IN A1 ALLE SPALLE, IN TESTA E NELLE MANI IL MANUALE DEL PLAY: LA REGISTA DELLA VIRTUS BOLOGNA HA UNA CARRIERA STRAORDINARIA, CON FERMATE DA SCUDETTO A LUCCA E SCHIO. LA RIPERCORRIAMO PARTENDO DALLE GIORNATE INTERE PASSATE A GIOCARE A PIEDI NUDI SUI CAMPETTI DELLA SPIAGGIA DELLA SUA PESARO
DI giulia arturi
I
l ruolo di playmaker è questione di equilibrio. Tra la squa-
dra, l’allenatore, se stessi. Tra tirare, passare, gestire. Bisogna sapere chi sta segnando, chi deve entrare in ritmo, dove sono i vantaggi, quanto tempo manca, se è il momento di correre o quello di rallentare. Il manuale è corposo. Sembra che per centrarle tutte si debba abitare in un perenne stato di grazia, ma alla fine è tutta questione di consapevolezza. Il playmaker deve sentire dentro anche la responsabilità della squadra e contemporaneamente gestire se stessa come un quinto della squadra, quindi quasi sdoppiarsi. Le sfumature sono degne di un paesaggio impressionista: migliaia di pennellate si fondono in un colpo d’occhio di perfetta armonia. Valeria Battisodo potrebbe teorizzare tutto questo anche dormendo: con il senso del gioco e della guida della squadra, ci è nata. Nella sua carriera ha avuto anche tante occasioni di “studiare” con delle grandi interpreti del ruolo, senza mai restarne nell’ombra, più spesso camminandoci a fianco. Avere occasioni
di rubare qualche segreto ai saggi è sempre una fortuna. La buona sorte però ha poco a che fare quando si parla di una carriera che conta 15 stagioni di A1: Parma, Faenza, Umbertide, due scudetti a Schio e uno a Lucca, due anni di Eurolega e ora saldamente alla guida della Virtus Bologna. Alcune pennellate poi illuminano più delle altre: nello specifico andatevi a cercare il passaggio bowling da un canestro all’altro per lanciare la compagna in contropiede nella partita contro Lucca. Questo nel manuale lo trovate alla voce “colpi di genio”. Tu sei di Pesaro, una delle capitali italiane del basket. Che cosa ti lega alla tua città e alla pallacanestro pesarese? Come sono stati i tuoi esordi? “Ho iniziato da piccola a giocare al mare, nei campetti di fianco alla spiaggia con gli amici, a piedi scalzi. Si andava avanti fino a che non veniva buio alle nove e non arrivava qualche urlo dei genitori per cercare di riportarci a casa, era bellissimo. Passavo l’estate così
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BOLOGNA CON LA MAGLIA DELLA VIRTUS STA VIAGGIANDO A 7.6 PUNTI E 4.3 ASSIST DI MEDIA E IL 42% DA 3 PUNTI.
e non ho più smesso. Pesaro è una città dove si respira basket, è difficile non essere coinvolti dalla passione. Poi a casa c’era mio papà che giocava e andare a vedere con i miei genitori le partite della “Scavo” era un appuntamento fisso. Poi sono approdata all’Olimpia Pesaro ed è iniziato il mio percorso”.
grazie agli allenamenti individuali. Avevo vent’anni, ho fatto dei gran gradoni, su e giù nel palazzetto di Umbertide (risata). Mi sono fatta una bella corazza dal punto di vista mentale e l’anno seguente sono andata a Faenza”.
Il riepilogo della tua carriera ormai prende una schermata intera di video, ma nel grande basket hai esordito a Parma. Come sono state quelle prime tre stagioni? “Mi sono trasferita a Parma l’anno della quarta superiore. Ho fatto lì gli ultimi anni di giovanili ma già ero in prima squadra appena arrivata. È stato difficile, io venivo dalla B regionale, non ho mai fatto neanche una stagione di A2 per esempio, il salto è stato grande. Mi divertivo: avevo il gruppo delle giovanili, ci allenavamo con la prima squadra e ho avuto comunque spazio e fiducia da parte di coach Scanzani. Giocavo a fianco di Monica Bello, e tante giocatrici di spessore con cui ho iniziato a crescere per davvero, e avevo già tante responsabilità in campo”.
In Romagna ti trovi a giocare con Adriana, playmaker brasiliana, tra le più forti che il nostro campionato abbia mai visto. “Esatto. Era un motorino instancabile. Mi ricordo gli allenamenti con Paolo Rossi, dei grandi uno contro uno in continuità: se la difesa subiva canestro cambiava l’attacco e si andava avanti. Diciamo che con Adriana, Modica, Alexander in squadra qualche giro in difesa in più me lo sono fatto (risata). Sono contenta di tutto quello che ho vissuto, sono cresciuta tantissimo grazie a queste sfide. Ripensandoci adesso è stato sia difficile che bello. Tutt’ora non mi spiego come facesse Adriana: non solo era una delle più forti del campionato, ma non mancava mai un’uscita post allenamento. E poi sempre fresca e decisiva come se nulla fosse!”.
Poi il passaggio a Umbertide, alla corte di quel Lollo Serventi che hai ritrovato quest’anno alla Virtus Bologna. “Sì, una stagione di grande lavoro e di miglioramento
Dopo Faenza il ritorno a Parma, stavolta da “grande” e per quattro stagioni: che cosa ricordi di quella cavalcata? “Sono tornata a Parma e ho avuto spazio e responsa-
bilità, ho messo in pratica tutto quello che avevo imparato. Per due stagioni ho giocato anche con Francesca Zara, ero ammirata dal suo modo di passare la palla in tutte le situazioni e da come vedeva il gioco. In più aveva un grandissimo carisma, una leader sia in campo che fuori, ma comunque una persona umilissima. Ho cercato di prendere tutto il buono che potevo. Lei poi aveva avuto già moltissime esperienze ovunque, dalla Wnba alla Russia, era veramente al top. La stagione con Harmon, Sonja Kireta, “Fra” Zara e coach Procaccini è stata forse la migliore della mia carriera, un campionato davvero indimenticabile. Mi ricordo ancora la vittoria in campionato contro Schio”. Hai giocato in tante grandi squadre. Più le ambizioni sono alte, più la squadra è attrezzata e hai spesso condiviso il ruolo con grandi giocatrici. “Sì, ho giocato con gente anche più forte di me, non è mai stato un peso, anzi, ho imparato a dare il mio contributo in qualsiasi situazione, che fosse entrando dalla panchina o in quintetto. Tutte esperienze che mi hanno dato la tranquillità di esser sempre pronta a prendermi responsabilità. Quando ti alleni con gente forte è sempre un momento di miglioramento. A Lucca con Francesca Dotto, per esempio, mi sono trovata a mio agio: eravamo complementari. Lei veloce, attaccante, istintiva. Io un po’ più ragionatrice, da gioco
schierato che da transizione. Quindi molto diverse, ma ci siamo trovate benissimo insieme, anche fuori avevamo un bellissimo rapporto di amicizia e questo in campo ci è servito. C’era la rivalità giusta, quella che deve esserci in un gruppo, abbiamo appreso una dall’altra e poi abbiamo anche vinto”. A proposito di Lucca. Quello scudetto è la soddisfazione più grande? “Sì, è stato un momento veramente emozionante. Eravamo un gruppo unico anche per merito dell’allenatore Diamanti. Stavamo bene insieme anche fuori e questo in campo si sentiva: eravamo sempre unite e pronte a reagire di fronte a qualsiasi difficoltà. E lo ha dimostrato il modo con cui abbiamo vinto la finale contro Schio: era scritto, perché quel rimbalzo e canestro di Wojta ha dell’incredibile. E poi c’era il palazzetto strapieno, abbiamo festeggiato per una settimana in centro a Lucca con i ristoranti che ci davano da mangiare gratis!”. Di partite tese e importanti ne hai giocate molte, ma come le affronti? Visto anche il tuo ruolo di responsabilità che non prevede passaggi a vuoto. “Mi trovo a mio agio: giocare play richiede delle grandi responsabilità, ma quando riesci a reggerle le soddisfazioni sono altrettanto grandi. Ovviamente ogni vol-
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cover story ta è un banco di prova, ma quando riesci a guidare la squadra nelle scelte giuste per una vittoria, quello del play è il ruolo più bello. Mi è capitato di giocare minuti da guardia, ma se dovessi scegliere rinascerei tutta la vita playmaker!”. Dopo Lucca sei tornata a Schio, dove avevi già giocato una stagione, com’è nata quella scelta? “Mi aveva cercato proprio coach Vincent: sapevo che avrei avuto delle grandi responsabilità, sia in campionato che in Eurolega e volevo fare bene a tutti i costi, perché il coach si aspettava parecchio da me, quindi un po’ di pressione la sentivo. Ma mi ha aiutato molto, e penso sia stato il più bravo allenatore che abbia mai avuto: preparato, calmo, molto chiaro in quello che voleva da me. Mi ha fatto migliorare nelle cose in cui pensavo di non averne più bisogno. Anche il suo modo assolutamente professionale di relazionarsi con le giocatrici, come se fossero ‘colleghe’, mi ha colpito. È un allenatore molto intelligente, ogni esercizio ha
“Allie Quigley: aveva una facilità di tiro impressionante, anche quando era raddoppiata trovava sempre il giusto equilibrio. Faceva sempre canestro, era veramente il top. Abbiamo fatto una cena con la società alla fine della stagione per salutarla ed io e Dotto abbiamo scritto su un lenzuolo ‘Stay’ e glielo abbiamo lasciato di notte davanti a casa sul marciapiede! (risata). D’altra parte, lei ci toglieva sempre le castagne dal fuoco: un sogno per qualsiasi playmaker! Un talento indiscutibile”. Hai mai pensato al dopo? “Sono laureata in Scienze Motorie e sto facendo la magistrale, ma il mio sogno è quello di fare Fisioterapia. Ma a giocare mi diverto ancora parecchio”. Il tuo rapporto con la Nazionale? Hai fatto molti europei giovanili e qualcosa di meno con la senior. Ti è mancato quest’ultimo passaggio? “Con la Nazionale ho un rapporto molto strano. Ho fatto tutte le giovanili, anche con impegni doppi du-
Giocare nel ruolo di play richiede delle grandi responsabilità, ma se riesci a reggerle bene le soddisfazioni sono altrettanto grandi. uno scopo preciso: un’attenzione a tutti i dettagli che poi alla fine fa la differenza. Le due stagioni a Schio sono state una grande avventura, soprattutto l’Eurolega: un’esperienza che auguro a tutti”. In cosa ti ha fatto fare un altro salto di qualità coach Vincent? “Sul ritmo, sulla gestione della squadra, su cosa scegliere in ogni momento della partita. Certo, ci pensavo anche prima, ma sono andata oltre. Lui vuole dal playmaker un contributo preciso: selezione dei tiri, comprensione di quando si deve attaccare e quando no. È un approccio molto tattico e quindi in questo senso mi ha aiutato moltissimo”. Hai avuto molti allenatori con approcci totalmente differenti. Sei sempre riuscita ad interagire nel modo giusto con ognuno di loro? “Sì, per esempio Diamanti a Lucca era tutto difesa, un’ossessione! Ho avuto i miei momenti difficili, ma crescendo sono riuscita a trovare la chiave per rapportarmi con tutti. Ho sempre cercato di trarre il buono da ogni allenatore: bisogna imparare ad adattarsi al meglio ad ogni situazione in qualsiasi posto ti trovi, e vale sia per il basket sia per un luogo di lavoro”. La compagna di squadra che più ti ha impressionato?
rante le estati con under 18 e 20, poi sono stata chiamata presto sia da Lambruschi che da Ticchi in quella senior: tanti raduni senza però mai partecipare a competizioni ufficiali. L’anno in cui, secondo il mio parere, dopo una bella stagione a Parma, avrei dovuto essere in Nazionale non fui convocata da Ricchini e da quella volta sono stata praticamente tagliata fuori, nonostante penso che un posto in quel momento me lo sarei veramente meritata. Ho fatto poi ancora qualche raduno, ma non sono mai riuscita ad essere presente a nessuna competizione ufficiale e mi è dispiaciuto molto, è l’unico rimpianto che ho”. Ora Bologna, una città dove si respira basket come nella tua Pesaro. “Sono contenta di essere in questa squadra. È un società dove si sta davvero molto bene, Bologna è una bellissima città, il gruppo è super: le italiane mi hanno fatto sentire da subito a casa e anche le straniere sono bravissime. Sono venuta alla Virtus con l’idea di portare tutto quello che ho imparato in questi anni e spero di esserci riuscita e di continuare a farlo, sono soddisfatta di come sono andate sinora le cose e dobbiamo dimostrare che quanto fatto non è stato un caso. Purtroppo la situazione Covid non mi permette di vivere al massimo la città, di vedere allenamenti e partite della Virtus maschile come vorrei, ma vale la pena di prendere sempre il buono delle situazioni”.
SUCCESSI IN CARRIERA HA VINTO 3 SCUDETTI (DUE A SCHIO E UNO A LUCCA) E 3 SUPERCOPPE.
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La lotta è totale
LE MIGLIORI 8 DELLA CATEGORIA SONO ATTESE A BRESCIA PER CONTENDERSI LA COPPA ITALIA. LA BATTAGLIA CONTINUA ANCHE IN CAMPIONATO: SUL CAMPO E CONTRO IL COVID, TORNATO A TORMENTARE SOPRATTUTTO IL GIRONE SUD, CHE HA COMUNQUE VISSUTO UN MESE AD ALTA INTENSITÀ. NUOVI ARRIVI E INFORTUNI
di manuel beck
F
ebbraio senza tregua in A2. Non c’è stato un giorno sen-
za notizie, tra turni del weekend, recuperi infrasettimanali, infortuni, colpi di mercato, stop per Covid. La situazione sanitaria sembrava sotto controllo verso fine gennaio; invece da metà mese sono tornati a fioccare i rinvii nel girone Sud, dove non erano ancora terminati i recuperi dell’andata. Il Cus Cagliari ha scontato quasi due mesi di stop; altre rimangono ai box mentre scriviamo (24 febbraio). Al Nord va meglio, ma Vicenza ha avuto delle positività e a Bolzano è scattato un nuovo blocco generale dello sport. Un applauso a tutte per la tenacia, comunque vada a finire. Ma intanto, il Nord ha vissuto un sorpasso al vertice (Crema su Udine) e il Sud ha regalato una serie di finali all’ultimo tiro, con il titolo d’inverno assegnato in ritardo di quasi due mesi, dopo il recupero vinto da S. Giovanni Valdarno sul Cus Cagliari. Toscane che, paradossalmente, nel frattempo sono scivolate a -8 in classifica da Faenza capolista, la quale (altra stranezza) sareb-
be stata esclusa dalla Coppa in favore di Selargius se avesse perso il recupero con le sarde, che nella graduatoria attuale stanno ben sotto. Ma non è successo; Ballardini e compagne ci saranno, dovendo però, mentre scriviamo, scontare un nuovo fermo per Covid. L’evento di metà stagione torna alla sua normale collocazione in calendario dopo che lo scorso anno fu rinviato a settembre. È Brescia – matricola delle meraviglie, seconda al Sud – ad essersi aggiudicata l’organizzazione. Tutte in Lombardia, dunque, dal 12 al 14 marzo, nella regione che monopolizza il trofeo da ben 6 edizioni: Broni nel 2014, poi Geas, Costa Masnaga e 3 volte Crema. La pluridetentrice c’è ancora e mira a un clamoroso poker. Questi gli accoppiamenti dei quarti: Udine-Umbertide; Faenza-Moncalieri; Crema-Brescia; Valdarno-Castelnuovo. La forma attuale (vittorie di fila e niente stop per virus) indicherebbe Crema e Moncalieri come prime favorite. Ma due settimane, in tempi di Covid, possono cambiare ogni scenario, specie in partite secche.
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Girone Nord // 9 vittorie di fila per Crema, che strappa il primato a Udine. In agguato Moncalieri. Sale Milano, spera Carugate, in calo Mantova e Ponzano. Reazioni di Vicenza e Bolzano, cambia coach San Martino Arrivano Milano e Alpo, imbattute nel mese (4 e 3 “W” rispettivamente), lanciano l’assalto al quarto posto. Le veronesi, dopo aver inserito Mancinelli e salutato Dzinic, hanno portato a casa due battaglie con Mantova e Carugate; in quest’ultima “ribaltone” nel 4° periodo con un 17-0 in 4 minuti, firmato dalle triple di Conte e Coser. Di carattere anche la rimonta a Ponzano, con un 8-26 nell’ultima frazione (Mancinelli 13 punti e 13 rimbalzi). Per le milanesi, fiducia in crescita e solidità difensiva, con la perla del colpo a Vicenza (63-68, Guarneri 17 punti e 16 rimbalzi) che era campo imbattuto. Non banali gli scarti in doppia cifra su Albino, Ponzano e S. Martino, specie dopo l’infortunio a Quaroni; salito il rendimento di Novati. Ultim’ora: presa Chiara Pastore. Cambio Mese sofferto per S. Martino. Prima l’infortunio di Varaldi (stagione finita), poi 4 sconfitte che costano l’ultimo posto con 4 punti da rimontare. Rotazioni profonde e pressione costante non stanno bastando contro avversarie più esperte (e con qualche riferimento sicuro in più, anche se Rosignoli ha toccato due volte quota 17). In panchina Francesca Di Chiara ha lasciato il posto all’ex vice Tomei. Diciassette Non porta male a Silvia Viviani, che condisce con un 17/17 ai liberi i suoi 29 punti nella vittoria di Sarcedo a S. Martino. L’infortunio della leader Pieropan ha dato più responsabilità alle compagne, e il play classe 2001 ha anche segnato 15 punti, a supporto dei 20 di Santarelli, nel prezioso successo contro Mantova, rivale diretta per i playoff (63-57). Poi è mancata la stessa Santarelli ma è tornata in campo Anna Colombo dopo mesi “sabbatici”: 19 punti alla sua seconda presenza, coincisa però con una rocambolesca sconfitta contro Bolzano. Freccia Quella messa da Crema su Udine al vertice della classica. In realtà le due sono appaiate dopo 5 giornate di ritorno, ma le lombarde hanno il 2-0 negli scontri diretti, e sono salite a 9 vittorie di fila liquidando, tra le altre, Castelnuovo (84-53) con un clamoroso 16/21 da 3. Spettacolare la forma di Nori (17 punti e i 12 rimbalzi di media nell’ultimo mese) e Melchiori (30 punti contro Ponzano per 37 di valutazione). Udine ha perso in volata a Vicenza, ma è uscita bene da altre due trasferte-trappola: a Mantova con 24 di Peresson, poi a Castelnuovo (62-74) pur senza la sua leader, con 19 di Cvijanovic, 17 di Blasigh, il ritorno di Turel e la seconda uscita di Milani (aveva giocato anche a Vicenza). Magie Safy Fall estrae dal cilindro un “tiro da 4” allo scadere (tripla e libero aggiuntivo) con cui corona una
prova da 20 punti e fa vincere il BC Bolzano a Sarcedo (62-64): cruciale per tenere vive le speranze-playoff delle altoatesine, poi fermate di nuovo dal blocco dello sport provinciale. Forte anche la reazione di Vicenza, che dopo la crisi di gennaio, con cambio d’allenatore, al debutto di coach Sinigaglia fa l’impresa con Udine: thrilling risolto da un canestro di Monaco e da una buona difesa sull’ultimo possesso friulano (61-59; Villarruel 21 punti). Le biancorosse non si sono però ripetute con Milano e dovranno ritrovare ritmo dopo due rinvii. Potenza Con meno riflettori degli scorsi anni, Moncalieri è ancora lì, nei giochi di vertice, a un passo dalla coppia Crema-Udine. Ha avuto un calendario favorevole ma ha impressionato con 3 vittorie sempre oltre il +20 e subendo meno di 50 punti. Al consueto predominio fisico, Cordola, Katshitshi e compagne stanno abbinando qualità delle esecuzioni. Si è rinforzata con il ritorno di Landi da Vigarano. Scendono (1) Un mese con la freccia in giù per Castelnuovo e Mantova. Le piemontesi restano salde in fascia-playoff ma vedono allontanarsi il vertice dopo i 3 stop di fila con Carugate, Crema e Udine, per quanto solo il primo inatteso; pesa l’assenza di Valentina Gatti, ha avuto guai anche Podrug; nota lieta la crescita della 2001 D’Angelo, 5 volte in doppia cifra nelle ultime 7 gare. Mantova, sorpresa positiva dell’andata, è ora fuori, seppure di un’unghia, dalla zona-playoff dopo 4 sconfitte maturate negli ultimi minuti (contro Carugate non bastano i 22 rimbalzi di Llorente); manca qualcosa in regia senza Antonelli e sta tirando male da sotto. Scendono (2) Periodo senza vittorie anche per Ponzano e Albino, a rischio di playout. Per le venete sono 5 k.o. di fila, con scarto medio di 12 punti; contro Alpo sembrava possibile il colpo (23 di Iannucci) ma il crollo nell’ultimo quarto ha guastato tutto. A loro volta le bergamasche vengono da 3 sconfitte in doppia cifra di scarto, peraltro con clienti difficili come Milano, Moncalieri e Crema (24 punti e 9 rimbalzi di Carrara contro la capolista). Viva Batte due colpi Carugate, staccando l’ultimo posto: imprese con Castelnuovo e Mantova, in quest’ultimo caso senza Micovic (14 punti e 8 assist di Diotti; 27 di valutazione per Colognesi). Senza la rimonta subita in casa di Alpo dopo 3 quarti dominati, sarebbe stato tris. È emersa la tiratrice classe 2002 Discacciati; trovato equilibrio tra chi canta in attacco e chi (come Laura Meroni e Grassia) porta la croce in difesa.
IN CRESCITA IMBATTUTO NEL MESE DI FEBBRAIO, IL SANGA MILANO RILANCIA LE PROPRIE AMBIZIONI DI ALTA CLASSIFICA. TRA LE PROTAGONISTE, ARIANNA BERETTA.
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inside A2 LEADER ROSA CUPIDO È UNA DELLE GIOCATRICI DI RIFERIMENTO DELL’ALMA PATTI, CHE STA RISALENDO LA GRADUATORIA. PER LEI 24 PUNTI CONTRO L’EX CAPOLISTA SAN GIOVANNI VALDARNO.
Girone Sud // La Nico ferma a 14 la striscia di Brescia; Valdarno campione d’inverno ma perde terreno dalla leader Faenza. Grande equilibrio fra 3° e 8° posto; mercato attivo nella metà bassa della classifica Acrobazia Quella con cui la 2001 Frustaci (23 punti) realizza a -4” il canestro-partita per la Nico nel big match a Brescia (72-74). È stata la punta dell’iceberg di un periodo da 10 vittorie in 11 gare per Ponte Buggianese: le ultime ottenute pur dopo l’infortunio di Gianolla (stagione finita), avvenuto durante l’unica sconfitta con Faenza. Successi nel big match con Umbertide (73-63 con 26 punti di Ramò, 30 di valutazione per Zelnyte e il neo-acquisto Perini) e nel derby con Livorno (Zelnyte 20 rimbalzi). Prezioso, tra i vari fattori, il rientro di Botteghi. Bestiale Il mese senza mezze misure di S. Giovanni Valdarno, che si prende il titolo d’inverno ma accumula anche un pesante -8 dalla vetta del girone. È valso il “pass” per la Coppa Italia il recupero vinto su Faenza: pur prive di Bona e Trehub, le toscane sprecano un +15 tirando 29/51 dalla lunetta; le romagnole pareggiano sulla sirena con assist di Ballardini per Franceschelli, e replicano alla fine del 1° overtime con Schwienbacher, salvo arrendersi nel secondo (85-78; Miccio 21 punti contro 23 di Morsiani). Poi però Valdarno è beffata di un punto sia da Patti che da Firenze; sommando il -20 casalingo con La Spezia, il bilancio del ritorno è 4 k.o. in 4 turni. Ma l’ultimo episodio, il recupero col Cus Cagliari, vinto con 23 punti di Isabella Olajide, conta per l’andata: e dunque per classifica avulsa su Faenza e Brescia, il primato di metà stagione è delle aretine. Capolista È Faenza, dopo aver giocato 6 volte in un mese con 3 recuperi. Il più importante con Selargius, vero spareggio per l’ultimo biglietto di Coppa Italia, vinto 67-55 (Porcu 20 punti, Vente 19). Per il resto, a parte il disco rosso con Valdarno, ha collezionato gli scalpi di Nico (63-53 con 16 di Porcu), Patti in trasferta (64-72 con 20 di Morsiani), Bolzano e Firenze. Sul più bello, però, nuova irruzione del Covid e stop obbligato. Da playoff Continua la scalata per Patti. Fallito solo l’assalto a Faenza (18 di Galbiati), in compenso è colpo grosso a Valdarno: 80-81 con due liberi di Verona a -20” (27 punti per l’ex Palermo, 24 per Cupido). Poi in scioltezza con la Pall. Bolzano. Più in alto, Umbertide fa quadrato con il collettivo per sopperire all’infortunio di Giudice; ha travolto Firenze con 23 punti di Pompei (9/10 al tiro, 5 assist e 30 di valutazione). La sconfitta con la Nico, nonostante 18 di De Cassan, non le impedisce di essere ancora terza. Intermittenza Non hanno potuto trovare continuità di gioco La Spezia e Pall. Bolzano. Le liguri, dopo
un’andata altalenante ma comunque in zona-playoff, hanno rifilato un doppio “ventello” a Valdarno (4767 con 21 di Hernandez) e Virtus Cagliari, ma poi è subentrato il Covid. Le altoatesine, prima del blocco provinciale dello sport, hanno anche rinviato una partita per convocazione di Kuijt in nazionale olandese. Interessante esordio di Garaffoni, guardia ’99 da Orvieto, unica in doppia cifra contro Faenza (14). Nero Il mese delle tre sarde, in una stagione già critica. A parte la vittoria di Selargius nel derby con la Virtus Cagliari (con 45 punti e 55 di valutazione in coppia per Granzotto e Manzotti; non basta il 12+12, punti e rimbalzi, di Podda), lo stesso team giallonero, che comunque è saldo in zona-playoff, ha perso con Livorno e Faenza, complici assenze. Sul fondo della classifica il Cus Cagliari, tornato in campo il 24 febbraio dopo 53 giorni di stop per Covid (esordio stagionale per Striulli); e una Virtus che non ha ancora assaporato la vittoria in 16 gare (presa l’esterna polacca Kowalska; separazione da Favento). Rinforzata Doppio blitz di mercato per Civitanova, che vuole rimontare sulla zona-salvezza diretta: nelle Marche ecco la lunga bosniaca Dzinic da Alpo e l’ala Zanetti, la scorsa stagione ad Ariano. Nell’unica partita giocata con loro due, vittoria d’oro su Firenze: risolve proprio Dzinic che sul +2 a pochi secondi dalla fine realizza il 64-60. Ma già nel colpo mancato a Brescia (vedi sotto) le marchigiane erano apparse toniche, con 12 triple a bersaglio. Striscia Quella di Brescia, terminata per mano della Nico, ma solo dopo essere giunta a 14 vittorie di fila con il dominio a Firenze e, in precedenza, una vittoria strappata con le unghie su Civitanova (77-76; Turmel 22 punti, 18 rimbalzi e 39 di valutazione): le marchigiane dopo la tripla del +2 di Rosellini (26 punti; 22 di Paoletti) mandano sul ferro due liberi e commettono fallo su De Cristofaro che ci provava da metà campo: 3/3 glaciale dalla lunetta. Subito dopo, la capitana bresciana Sozzi ha interrotto l’attività. Toscane Livorno ha inserito la lunga croata Peric, lo scorso anno a Vicenza: al suo debutto ha contribuito a un’impresa di stampo difensivo (49-41) su Selargius. Resta difficile per le labroniche evitare i playout. Cerca invece di tornare in fascia-playoff Firenze, che con la vittoria su Valdarno (50-49, canestro-chiave di Marta Rossini che sfiora i 19 di media in febbraio) è uscita da un tunnel di 5 sconfitte di fila. Ha preso Gramaccioni (ex Vicenza) e Albanese (ex Ariano).
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AMERICANA DUE LE ESPERIENZE COLLEGIALI DI ISABEL IN CARRIERA: PRIMA NEL MAINE, POI IL TRASFERIMENTO ALLA ST. EDWARD’S, IN TEXAS. CONCLUSO IL QUADRIENNIO USA, IL RITORNO IN ITALIA.
primo piano
ISABEL LA TALENTUOSA CON UNA MANO GIOCA A BASKET, CON L’ALTRA SFOGLIA I LIBRI.
STA DISPUTANDO UN ECCELLENTE CAMPIONATO NELLE FILA DELLA CESTISTICA SPEZZINA E NEL FRATTEMPO SI PREPARA PER RAGGIUNGERE I SUOI PRESTIGIOSI OBIETTIVI POST CARRIERA
Di SIMONE FULCINITI
U
na storia intrigante, per un personaggio pirotecnico.
Nata a Roma, da padre messicano e mamma italiana; una suggestiva esperienza americana tra i paesaggi rurali del Maine, e i petrodollari soleggiati del Texas. Laureata in “relazioni internazionali”, con un master alla Luiss, sogna un futuro da cooperante internazionale nei paesi dell’America latina. Lei è Isabel Hernandez Pepe, classe 1996, guardia-ala della Crédit Agricole La Spezia, tra le protagoniste assolute del campionato di A2, girone Sud. Testa, talento, aggressività offensiva i suoi punti di forza. L’asso spagnolo Ricky Rubio, il giocatore di riferimento. Empatia la parola fondamentale.
Una ragazza pizza e sombrero “Sono cresciuta in Italia, ma fin da piccola ho passato tutte le estati e le vacanze natalizie in Messico. Oltre alla doppia nazionalità, ho anche una doppia cultura e, a volte, una doppia personalità; che si manifesta a seconda del paese in cui mi trovo. L’Italia è senz’altro la madrepatria, ma ho anche
visibili caratteristiche del paese di mio padre”. Quel Messico, che dalle nostre parti è sinonimo di sparatorie e narcotraffico. “Il fatto dei “narcos” non è solo un mito che sta su Netflix, ma una realtà: spesso ci sono notizie terrificanti che lo fanno apparire una sorta di far west. Ma non è del tutto così. Quando visiti città come Guadalajara, per esempio, nonostante siano legate al famoso “cartello”, ti accorgi di quanto siano pregne di cultura”. Uno stato con diverse sfumature. “In generale consiglio di visitarlo, perché è speciale: colori così accesi non si trovano da nessuna parte del mondo. Persone talmente gentili che ti lasciano senza parole: caratteristiche provenienti dal passato indigeno, e le influenze europee che lo rendono unico”. Figlia di un ingegnere civile e di una giornalista, Isabel ha una sorella maggiore, Sara classe 1993, anche lei giocatrice di pallacanestro, attualmente militante in serie B, e quindi in attesa di poter ripartire. “Viviamo separati, in giro per il mondo, ma il concetto che portiamo avanti è quello di famiglia unita”.
primo piano Il basket ha un ruolo chiave. I genitori e la zia giocavano,
ma nessuno ha mai spinto Isabel alla scoperta del parquet. “I miei primi approcci sono stati alle elementari, con il doposcuola che proponeva pallacanestro. Finivo le lezioni e cominciavo a giocare, con l’allenatore Marco Peduto, un gran divertimento: sicuramente uno dei motivi per i quali ho continuato. Poi, data l’altezza, qualcuno si accorse che avevo potenzialità; fui avvicinata dall’Athena Roma, e cominciai a fare le cose seriamente. Grazie a un altro coach decisivo, Mauro Casadio”. A tredici anni la prima grande avventura, con una finale nazionale Under 15 a Cagliari. “Un ricordo meraviglioso di un gruppo formidabile, e la netta sensazione che sarei potuta diventare una vera giocatrice. Ero già un metro e ottanta, giocavo da post tra ganci, gancetti e rimbalzi”. Subito dopo quella indimenticabile soddisfazione, c’è un primo infortunio al ginocchio, con intervento conseguente, assai delicato visto che all’epoca Isabel è ancora giovanissima. La ripresa è
onore; lui fu l’alunno nettamente più famoso. Sono riuscita a girare lo stato, è molto affascinante. Per certi versi è l’America autentica, dove trovi tutti i tipi di fast food, ma non esiste un ristorante normale. Ho visto la casa di King, col cancello a forma di ragno. Lo scrittore ci mette parecchio del suo per alimentare il mito del luogo”. Un inizio duro, la voglia di mollare che passa spesso per la testa. La fase atletica tremenda, i problemi con la lingua, nonostante la forte preparazione. Poi arriva il campo e l’ansia si placa. “Il mio primo canestro in amichevole fece saltare la panchina di gioia. E in un torneo contro il Boston College misi a segno dieci punti di fila, una sensazione davvero super. Ma la giornata che mi è rimasta impressa fu in South Carolina, contro le fortissime padroni di casa allenate dalla leggendaria Dawn Staley: c’era un contorno fantasmagorico, col dj che metteva la musica, la banda che suonava, un palazzetto enorme esaurito e un’atmosfera irripetibile”. Nonostante le belle avventure tra Isabel e lo staff tec-
Ho trovato un gruppo coeso e collaudato, giocatrici esperte. Essendo una delle poche nuove sono entrata in punta di piedi. Volevo adeguarmi al contesto, capire il miglior modo di inserirmi. E poi è cominciato il bello. molto buona, e continuano i successi tra le under. Lo step successivo si chiama serie B. “L’ingresso in un roster di giocatrici che per me erano miti, di cui collezionavo gli autografi. Fui accolta benissimo, riuscimmo a fare il salto di categoria passando in A3”. Nel frattempo ancora due interventi alternati alle ginocchia e poi l’accordo con la Polisportiva Battipagliese, grazie alla lungimiranza del presidente Giancarlo Rossini, in un momento critico nel quale anche fermarsi definitivamente rientrava nel ventaglio delle opzioni.
Un buon preludio alla mirabolante esperienza americana. “De-
cisione partita da me, con l’influenza di mia sorella, che già era stata oltreoceano. Mi disse: “Non ti preoccupare. Buttati, vedrai che andrà bene”. Aveva ragione. Non ero troppo sicura, temevo che la mia personalità non si adattasse a quel tipo di scenario. Che poi è identico a quello dei film”. Una ricerca personalissima. “Avevo scritto a tutte le università che potevano interessarmi, contattando direttamente i vari allenatori. Email dove mi presentavo, allegando video di partite. Qualcuno ha risposto e alla fine la scelta è ricaduta sull’università del Maine, forse perché c’erano alcune giocatrici europee”. E quando si dice Maine, la mente corre a Stephen King. “Ci sono borse di studio in suo
nico del team non scatta la scintilla. “Ero convinta di poter dare molto di più. Poi mi serviva un posto più caldo dei -30°C del Maine. Ho colto l’occasione della St. Edward’s, ad Austin in Texas. Una roccaforte progressista, una città bellissima, la capitale della musica, dove si ascolta Willie Nelson. Quando esci dal centro sei proprio nel Texas puro, quello dei cappelloni e degli stivali in stile J.R. Ewing. Era ciò di cui avevo bisogno. Poi ho trovato un’allenatrice, JJ Riehl, che mi ha concesso spazio e fiducia, e sono tornata a giocare come facevo in Italia”. Con un finale cinematografico: il giorno della laurea, tra saluti, sorrisi, e il “Tocco”, il tipico berretto nero, iconografico, decorato con le bandierine italiana e messicana. “Dopo quattro anni pieni di emozioni, ti rendi conto che hai finito; e rifletti sul fatto che sovente avevi pensato di scappare. Un momento magico”.
Nel 2019, il ritorno in Italia a casa Athena. “La mia idea?
Continuare a studiare, quindi mi ero informata per i master, quello che mi interessava era alla Luiss a Roma. Potevo conciliare le due cose. L’avventura è durata poco, la società è stata esclusa dal campionato di A2 dopo qualche giornata. A quel punto sono arrivate proposte da diverse squadre, anche di A1, ma
AL TIRO OLTRE 13 PUNTI DI MEDIA PER HERNANDEZ PEPE IN QUESTA STAGIONE, CON PERCENTUALI DI LIVELLO DA DUE E TRE PUNTI. GRAZIE ALLE SUE PRESTAZIONI, SPEZIA È STABILMENTE IN ZONA PLAYOFF.
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primo piano
TALENTO ISABEL È UNA GIOCATRICE IN GRANDE CRESCITA, FORGIATA DALL’ESPERIENZA AL COLLEGE. OLTRE ALLA PALLACANESTRO, HA CONSEGUITO UNA LAUREA IN RELAZIONI INTERNAZIONALI.
visto l’impegno col master ho preferito restare in zona, con la Stella Azzurra in serie B. Fino allo scoppio della pandemia”. Alla ripresa, squilla il telefono, e il prefisso è quello di La Spezia. “Ho trovato un gruppo coeso e collaudato, giocatrici esperte. Essendo una delle poche nuove sono entrata in punta di piedi. Volevo adeguarmi al contesto, capire il miglior modo di inserirmi. E poi è cominciato il bello. Nel nostro girone c’è un ottimo livello, con sette-otto squadre forti; partite equilibrate, sempre interessanti. Ci divertiamo, però ci si deve preparare bene. Rispetto agli States le differenze sono fisiche: laggiù vige l’enfasi del correre, dell’essere esplosivi ed
atletici. Fattori di enorme importanza”. Isabel scopre le bellezze della Liguria, con la sua conformazione unica, i piccoli centri incantati, e il privilegio di vivere una città di mare. “Essendo di Roma non mi capita spesso; solo il fatto di camminare lungomare, prendere un autobus e arrivare a Portovenere è bellissimo. Zone e colori permettendo, cerco sempre di muovermi, vedere e visitare, quel panorama mozzafiato”.
Dal profilo Twitter non nasconde le sue idee politiche,
e condivide questioni di estrema attualità. “L’assalto a Capitol Hill, per esempio, l’ho vissuto in maniera
scioccante, certo, ma non troppo. Nell’ultimo anno vissuto negli Usa, avvertivo nell’aria l’agitazione. Circolavano notizie un po’ strane. La bomba si stava preparando da tempo. Ho contattato le mie ex compagne e le ho trovate molto agitate per questi fatti allucinanti. La nuova presidenza dovrebbe garantire un sospiro di sollievo almeno dal punto di vista sociale. Ricordo che nel Maine gli episodi di razzismo e sessismo non erano rari. Quasi legittimati da Donald Trump”.
Il Covid-19 un nuovo avversario da battere: anche per la
Cestistica. “Siamo state colpite dal virus, e costrette a
fermarci. Inizialmente si vive male, specie i primi giorni. Poi abbiamo si cominciato a reagire, insieme, un team building anormale. Una volta superato il problema, la chimica tra noi sarà ancora più forte. Ci sentiamo nel gruppo Whatsapp: parliamo, ridiamo, e commentiamo gli eventi. Poi c’è la lettura, col mio libro del cuore, Norwegian Wood di Haruki Murakami, sempre sul comodino. E Fleabag, la serie che adoro, su Amazon prime. Abbiamo a che fare con un campionato strano, pieno di difficoltà fisiche e psicologiche impreviste. Ma siamo comunque fortunate ad aver la possibilità di giocare; di questo ne siamo tutte convinte”.
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CERTEZZA LORELA CUBAJ È L’ITALIANA DI MAGGIORE TALENTO IMPEGNATA NEL TORNEO NCAA. ARRIVATA QUASI AL TERMINE DELLA SUA CARRIERA UNIVERSITARIA, SOGNA DI CHIUDERLA IN BELLEZZA.
altri mondi
AZZURRE D’AMERICA UN VIAGGIO UNIVERSITARIO TRA TUTTE LE ATLETE ITALIANE IMPEGNATE
NELLA STAGIONE IN CORSO, CHE VEDRÀ IL SUO CULMINE NELLA FINAL FOUR IN PROGRAMMA A SAN ANTONIO DAL 2 AL 4 APRILE
DI ANTONIA PERESSON
E
ra l’ 11 Marzo 2020, quando il presidente della Natio-
nal Collegiate Athletic Association (NCAA) annunciava che tutte le attività dell’NCAA invernali e primaverili sarebbero state cancellate. Questo significava che molti sport non avrebbero avuto nemmeno l’opportunità di iniziare la stagione sportiva, e per la pallacanestro indicava solo una cosa: niente March Madness.
Per chi non lo sapesse “March Madness” sono le iconiche
parole con cui si descrivono le finali del mese di Marzo, nel quale le migliori 64 squadre del Basket collegiale della Division 1 si giocano il titolo NCAA. Vi chiederete perché la parola “Madness”. Si tratta di un termine per indicare che succedono davvero delle follie in questo mese di pallacanestro: buzzer beater e vittorie impensabili di squadre quasi sconosciute contro corazzate, davanti a decine di milioni di telespettatori incollati agli schermi delle dirette trasmesse in tutti i locali.
Quest’anno, invece, la March Madness si giocherà. Dal 2 al 4 Aprile le Women’s Final Four si terranno a San Antonio, con l’annuncio il 15 Marzo delle 64 squadre partecipanti con il rispettivo “tournament bracket”. UConn, Stanford, South Carolina e Louisville sono le favorite. Qualche italiana potrà fare la voce grossa e ambire a fare una gran bella figura all’NCAA Tournament. Tra queste, Lorela Cubaj e Elisa Pinzan, con le rispettive squadre, Georgia Tech e South Florida, potrebbero essere delle avversarie da temere nella “Madness” di Marzo.
Lorela Cubaj é una giocatrice che si è fatta conoscere anche prima del suo arrivo nel 2017 a Georgia Tech. Il centro, nativo di Terni, ha infatti indossato la maglia azzurra in molteplici Europei e Mondiali Giovanili, vincendo una medaglia d’argento al Mondiale U17 nel 2016 e una medaglia di bronzo con la na-
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altri mondi
zionale U16, fino a giocare Eurobasket 2019 con la maglia della Nazionale A.
Dal 2017 indossa la casacca di Georgia Tech dove, anno dopo
anno, la sua crescita individuale è stata direttamente proporzionale al miglioramento della squadra. Oggi Georgia Tech è attualmente terza nella ACC, la Conference più importante e competitiva in America, e le uniche due squadre con un record migliore del College di Atlanta sono Louisville, la numero 3 nei rankings nazionali, e NC State, 4 in America. Lorela sta viaggiando a 32 minuti di impiego tirando con il 44% da 2, ruggendo sotto canestro con 11.4 rimbalzi, e segnando 12 punti di media. Ha già registrato una doppia doppia 10 volte in questa stagione, più di quante ne avesse totalizzate nei primi tre anni al College. Sta battendo record della scuola ed
entrando nella Top 10 in diverse voci statistiche, tra cui quella delle stoppate date e dei rimbalzi totali di Georgia Tech. Il centro ternano sta mostrando una maturità impressionante e guida la squadra con una solidità cementata anno dopo anno di duro lavoro in palestra. Il suo quadriennio vedrà la “senior night” (l’ultima partita in casa, momento di addio sportivo al College) a fine Febbraio. Sicuramente, quando l’esperienza sarà finita, inizierà il capitolo successivo, con i colori azzurri della Nazionale nel corso dell’estate.
Compagna di squadra in Reyer e in Nazionale, dove ha vinto
5 scudetti in 5 anni e varie medaglie con la nazionale (compreso l’oro europeo U20 nel 2019), anche Elisa Pinzan sta registrando numeri importanti oltre oceano.
LITTLE ITALY EASTERN KENTUCKY È IL COLLEGE CHE OSPITA IL MAGGIORE NUMERO DI AZZURRE E AMBISCE A TRAGUARDI IMPORTANTI. IN FOTO ALICE RECANATI, PLAYMAKER DELLA SQUADRA.
La giocatrice nativa di Murano é la leader indiscussa della squadra che é attualmente dodicesima in America negli ultimi rankings.
Elisa, playmaker puro con tanti punti nelle mani, nel suo
terzo anno a South Florida ha migliorato i suoi numeri in ogni voce statistica ma, soprattutto, ha preso in mano le chiavi della squadra in regia, producendo numeri davvero sorprendenti. Attualmente è seconda in America nella media degli assist e terza nel rapporto tra assist e e palle perse. È passata da 4.3 assist a partita a 7.3 di media, con dei picchi da record, registrando contro Houston 14 assist, entrando nella storia dell’Universitá come seconda migliore prestazione per assist in una singola gara. Ha anche sfiorato la tripla doppia nella miglior vittoria stagionale fino ad ora, con 14 punti, 11 rimbalzi e 9
assist contro Mississippi State(#6 in America al momento della partita), prestazione che le è valsa l’inserimento nelle NCAA Starting Five per la settimana. Se South Florida é imbattuta nella Conference e sta avendo questo anno da record con 11 vittorie consecutive, un grande merito é della nostra Elisa Pinzan. A Tampa ormai c’é il detto “Don’t stop the Pinzanity”, perché Elisa sta veramente portando il suo swag sul campo e sta facendo la differenza nella grande cavalcata del team di coach Fernandez.
Un altro play che sta seguendo le orme di Pinzan avendo un
ruolo chiave fin da subito è la bergamasca Alice Recanati, giunta negli USA insieme ad altre due italiane con le quali condivide quest’avventura. Difatti Eastern Kentucky é diventata un po’ una Little Italy, con Dafne Gianesini, ex giocatrice di Vigarano
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altri mondi e Mirabello, Clara Rosini, ex giocatrice di Trieste e Reyer, ed Alice. Sono tutte e tre freshmen, quindi al primo anno del College, ma stanno contribuendo alla crescita di Eastern Kentucky. EKU é momentaneamente 8-12 e 7-9 nella Conference, e lotta per un posto al Conference Tournament. Questo è il migliore avvio di stagione dell’Università dal 2012/13, e “the future is bright” per le italiane in Kentucky, in una delle dieci squadre più giovani dell’intera Division 1. Alice su tutte ha avuto un inizio boom, cominciando la stagione come play titolare e vincendo anche il premio OVC Freshman of the Week nella settimana in cui ha viaggiato a 16.5 punti, 5.5 rimbalzi e 4 assist a partita.
Clara Rosini, tiratrice mancina, reduce da un oro con la
Nazionale U18 nel 2019 con l’annata superiore, risolti alcuni problemi fisici patiti a inizio stagione, ha dimostrato sprazzi di maturità e di grande intelligenza cestistica quando le è stata data l’opportunità (ha giocato 30 minuti contro Louisville, squadra #3
come seconda casa: Maria Visone a Stetson, e Giulia Bongiorno a Florida International. Maria Visone, dopo 2 stagioni a Coastal Carolina, dove è stata inserita anche nella Sun Belt Conference Commmissioner’s List (un riconoscimento a livello accademico), ha deciso di cambiare scuola e passare a Stetson. In quest’ultima Università, dopo un anno di redshirt, ha trovato minuti e fiducia, raddoppiando tutte le statistiche rispetto agli anni precedenti, arrivando a produrre 6 punti e 2 rimbalzi di media con molteplici partite in doppia cifra.
Giulia Bongiorno, sophomore all’Università di Miami, ha visto
il suo College cambiare allenatore dopo il primo anno, ma si è sempre dimostrata pronta ed estremamente efficiente nei minuti giocati, tirando con l’83% dal campo. Florida International dopo il cambio allenatore ha notevolmente migliorato il proprio record: dal 6-23 dell’anno scorso al 10-10 di quest’anno. Un’altra squadra che può contare su un’italiana con numeri importanti è Albany, da tre anni la casa di Lucia Decortes, centro di Bergamo che quest’anno sta
Dieci storie di atlete che hanno deciso di mettersi in gioco nel difficile mondo dell’NCAA, inseguendo un sogno irto di difficoltá e di ostacoli da superare, come lo è ogni strada che porta alle stelle. in America, reggendo gagliardamente il campo con le avversarie), e sicuramente continuerà a crescere e trovare spazio in una squadra molto giovane che punta a vincere nei prossimi anni. Che il talento tra le freshmen di Eastern Kentucky non manchi, lo dimostra anche Dafne Gianesini, che nei suoi primi minuti in campo al College ha registrato 14 punti in 12 minuti contro Northwestern, la 15° squadra in America. Dafne Gianesini si sta dimostrando sempre pronta quando l’opportunità bussa alla porta, con percentuali importanti (63% da 3 punti), dando l’impressione di poter essere una tutto fare per la squadra.
Oltre alle tre ragazze in Kentucky, c’è un’altra freshman
che ha vinto tanto in Italia (scudetti U18 e U20 con la Reyer) e che sta cercando di inserirsi in una squadra formata da molte “upper classmen”, ovvero giocatrici del terzo e quarto anno. Chiara Grattini, giocatrice cresciuta a Torino e poi passata alla Reyer Venezia si sta ritagliando il posto in una solida Tulane che sta registrando una buona stagione sotto la guida di Coach Stockton. Guardandola sotto il punto di vista geografico, altre due italiane, oltre Pinzan, hanno scelto la Florida
producendo career highs in tutte le categorie: minuti, punti, rimbalzi, percentuali.
Lucia sta viaggiando a 6.5 punti e 5.1 rimbalzi di media, dimo-
strandosi sempre più leader e veterana in una squadra con solo 3 upper classmen. Albany è qualificata matematicamente come quarta della Conference e inizierà gli America East Women’s Basketball Playoffs la prossima settimana. L’ultima Italiana, ma la più anziana tra quelle oltreoceano è Chiara Bacchini, che è stata capitana della nazionale della sua annata agli europei U16 e U18 e ora é una senior a Quinnipiac, squadra che sta competendo ad alto livello nella MAAC e che vede la ex giocatrice di Parma ricoprire un ruolo sempre più importante. Chiara infatti ha prodotto 8 punti di media nelle ultime 3 partite tirando con quasi il 50% dal campo. Ha anche ottenuto una vittoria molto importante non solo a livello di record stagionale ma anche per se stessa nella sua senior night contro Fairfield.
Dieci storie di atlete che hanno deciso di mettersi in gioco nel
difficile mondo dell’NCAA, inseguendo un sogno irto di difficoltá e di ostacoli da superare, come lo è ogni strada che porta alle stelle.
TALENTO PLAYMAKER DOTATA DI ESTRO OFFENSIVE, ELISA PINZAN È UNA DELLE GIOCATRICI DI RIFERIMENTO DEL ROSTER DI SOUTH FLORIDA.
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LEADER VALENTINA GARDELLIN È STATA UNA DELLE GIOCATRICI DI RIFERIMENTO DELLA LAVEZZINI PARMA CAPACE DI RAGGIUNGERE LE FINAL FOUR DI EUROLEGA NEL 2002.
storie
A un passo dal cielo ALL’INIZIO DEGLI ANNI DUEMILA, LA LAVEZZINI PARMA VIVE IL SUO MOMENTO
DI MAGGIORE SUCCESSO. DOPO LO SCUDETTO DEL 2001, LE EMILIANE ARRIVARONO ALLA FINAL FOUR DI EUROLEGA L’ANNO SEGUENTE, ESSENDO TUTTORA L’ULTIMA ITALIANA A CENTRARE IL TRAGUARDO
DI ROBERTO LURISI
C’
era una volta una squadra che vinceva poco in Italia, ma
in Europa sapeva sempre farsi rispettare. C’era una volta una città in cui il basket era soltanto “al femminile” ed era comunque una realtà di primo piano, nonostante la concorrenza del calcio, della pallavolo, del rugby e del baseball spesso vincenti nei rispettivi campionati. C’era una volta il Basket Parma, 54 anni di storia vissuti con onore, prima del clamoroso fallimento societario del 2016. Non solo, ma soprattutto l’ultima squadra italiana in grado di conquistare una Final Four di Eurolega, nel 2002 a Lievin nel Nord della Francia, conclusasi con un terzo posto finale. Il tutto in un mix di grande gioia per essere arrivati lì e di delusione per quel risultato non ritenuto all’altezza: “I ricordi sono talvolta rarefatti e non nego che di quell’annata ho molti più buchi nella mente rispetto alle due stagioni precedenti, quella della vittoria in Coppa Ronchetti nel 2000 e quella dello scudetto del 2001. Sarà un caso?”. Parla così Valentina Gardellin, play, mestrina di nascita ma ormai parmigiana di adozione, una carriera lunga e
prestigiosa tra Nazionale (argento europeo nel 1995 a Brno) e squadre di club (Spinea, Cesena, Ancona, Faenza e soprattutto Parma). No, la sensazione è che non sia un caso perché quel 2002 che oggi ha ancora un valore da record, fu in realtà l’anno dei grandi contrasti, quasi a voler annebbiare un risultato ugualmente prestigioso.
SQUADRA CHE VINCE... SI TOCCA Parma aveva vinto l’unico scu-
detto della sua storia il 29 maggio del 2001, sconfiggendo la corazzata Comense di quegli anni e ci era riuscita grazie ad un clamoroso colpo di mercato: l’ingaggio a gennaio di Yolanda Griffith, stella delle Sacramento Monarchs ed una delle giocatrici americane più forti di allora. Una straniera che aveva la capacità di essere una lunga di sostanza, in grado di far giocare bene le compagne e non eccessivamente individualista sul piano tecnico e tattico. Perlomeno a determinate condizioni: “Lei arrivò con le orecchie basse, come si dice, e si inserì in un gruppo che era solido e coeso e la mise all’interno di un meccanismo in cui non poteva camminare
storie da sola. C’era una straniera come Yerushia Brown che era davvero molto concreta ed era sempre disponibile per tutti. C’era una giocatrice importante come Gordana Grubin ed il gruppo italiane era di livello con Balleggi, Schiesaro, Nicosia, Costalunga, Magaddino, Arcangeli (e Gardellin, aggiungiamo noi ndr). Il tutto con un allenatore come Paolo Rossi che aveva vinto e sapeva come vincere. Insomma fu davvero la ciliegina sulla torta per uno scudetto che nessuno a Parma può dimenticare”. Ma l’anno dopo l’Eurolega aveva altre pretese e se l’arrivo di Griffith fu una scelta forte della dirigenza, definizione dello stesso Rossi, ecco che le idee diventano tre. A Griffith si aggiungono la playmaker portoghese di scuola USA Ticha Penicheiro (compagna di Griffith in WNBA) e l’ala Delisha Milton (Los Angeles Sparks), che fecero triplicare la spesa per la squadra. D’altronde si gioca l’Eurolega (per Parma è la seconda partecipazione) e perché non si può pensare di rivincere il campionato? “L’Eurolega andava onorata al meglio – precisa Gardellin – e l’obiettivo era realmente, anche se nessuno lo dichiarava, quello di puntare alla Final Four. D’altronde se fai ingaggi del genere, non ti puoi nemmeno nascondere. Ma le condizioni erano diventate diverse sotto molti
sempre stato una persona concreta, mal digeriva i funambolismi indisciplinati delle sue straniere: “Lamentavano che gli schemi proposti non si adattassero alle loro caratteristiche – racconta Valentina - Rossi rispondeva che loro non erano in grado di imparare quelli che lui proponeva e come potevano pretendere di farne altri. La replica era che in WNBA con un pick&roll alto, e un paio di blocchi, la guardia si liberava per il tiro, la lunga riceveva il pallone giusto. Era un conflitto dai toni duri e non sanabile. La società scelse le straniere”.
IL CAMMINO IN EUROLEGA E...VESKOVIC Rossi il suo dovere lo
aveva già fatto e con gli interessi, portando in anticipo Parma alla qualificazione ai quarti di finale. Un girone che la squadra cominciò con 7 vittorie su 10 partite. Le tre sconfitte furono quella risicata a Valenciennes (59-55) ed una leggermente più netta in casa (62-74) sempre contro le francesi, oltre ad una batosta a Sopron (94-55) che si rivelò un clamoroso colpo di fortuna a posteriori. Esonerato l’11 febbraio 2002, Rossi fu avvicendato con il bosniaco Miodrag Veskovic, allenatore di fama nella ex Jugoslavia e a più riprese alla guida della nazionale femminile. Al 100%
Eravamo queste con straniere definibili alla pari di “tre cavalli pazzi”, pur con sfumature diverse, e noi italiane che cercavamo di ritagliarci uno spazio. Magari ogni tanto lo trovavamo. punti di vista. Una di queste è che erano cambiate due straniere come Brown e Grubin che probabilmente a livello tecnico puro e semplice potevano apparire inferiori, ma erano una chiave fondamentale per Parma. In verità Grubin era andata in rotta con Rossi e quindi per lei il discorso fu diverso. E poi noi italiane a livello di Eurolega non avevamo tanta esperienza. Eravamo forti, sì, ma non abbastanza”.
CAMBIO DI REGOLE E... ROSSI le differenze di cui parla Gardellin
affondano le loro radici in un cambio di regola. Nella stagione precedente si potevano tesserare 3 straniere (2 extracomunitarie e 1 comunitaria FIBA), ma solo 2 potevano giocare in quintetto. Dall’annata 2001-2002 i 3 spot stranieri occupavano insieme i 3/5 dello starting five: “Noi italiane abbiamo sempre dato un supporto, anche con questo cambio di regola, ed è altrettanto vero che in Eurolega tre straniere in campo erano già una regola fissa. Ma nel nostro caso la novità cambiò gli equilibri della squadra dello scudetto, e Griffith, Milton e Penicheiro fecero “gruppo” tra loro. Non tanto fuori dal parquet, quanto in campo e sul piano tecnico. Un atteggiamento che le fece andare in rotta di collisione con l’allenatore”. Paolo Rossi, il vincente dalla personalità ingombrante, non amava i compromessi ed essendo
uno slavo nelle logiche (o illogiche) concezioni della pallacanestro: “L’opposto di Rossi perché lasciava andare il talento e lo assecondava senza regole, potendo così gestire meglio le tre straniere. A proposito del suo pensiero, mi ricorderò sempre quando mi diceva che, se difendevo su una giocatrice che cercava di segnare una tripla, potevo lasciarle tranquillamente spazio perche tanto avrebbe segnato la prima, magari anche la seconda, ma dopo avrebbe cominciato a sbagliare. Paradossale e per certi versi fantastico!” racconta Gardellin.
IL CAPOLAVORO DEI QUARTI E... GRIFFITH Si diceva del colpo di “for-
tuna” della sconfitta pesante a Sopron. Proprio così perché per la differenza canestri avversa contro le ungheresi, Parma arrivò 4a, incrociando la 1a dell’altro girone Bourges, ovvero l’unica squadra che pur avendo lunghe importanti come Antibe (protagonista nelle stagioni successive anche da noi) e Dijon, aveva poco gioco interno e non poteva togliere possessi alle esterne. Laddove aveva tanta qualità e personalità con Melain, Souvrè, Korstin e l’australiana Poto. Veskovic giocò l’andata con sole 6 giocatrici, la settima, Schiesaro restò in campo la miseria di 5’. Griffith, al rientro dopo un infortunio al ginocchio che l’aveva tenuta fuori due
CAMPIONESSE A SORPRESA, NEL 2001, PARMA RIUSCÌ A VINCERE LO SCUDETTO, L’UNICO DELLA SUA STORIA, BATTENDO IN FINALE LA COMENSE, LA FORMAZIONE PIÙ FORTE DI QUEGLI ANNI.
mesi, ne segnò 29, con 21 tiri effettuati sui 52 di squadra. Si rivelarono fondamentali anche i 10 chirurgici di Gardellin ed un secondo quarto (9-22) in cui il pubblico francese non proferì parola. Un 66 a 58 che al ritorno fu bissato da un più netto 72 a 57 (35 di Griffith con 24 rimbalzi) e minutaggi più spalmati: “Ricordo l’inizio del pezzo sulla Gazzetta di Parma – confida Gardellin – recitava... Griffith, Penicheiro e una spruzzata di Magaddino (in campo per 8’ decisivi con una tripla pesante ndr) portano il Lavezzini al sogno dell’Eurolega. Eravamo queste con straniere definibili alla pari di “tre cavalli pazzi”, pur con sfumature diverse, e noi italiane che cercavamo di ritagliarci uno spazio. Magari ogni tanto lo trovavamo. Però non nego che a quel punto, un po’ tutti stavamo facendo un pensierino alla vittoria finale”. Parma fu l’unica in quella stagione ad arrivare alla Final Four senza far ricorso alla “bella”.
IL TRADIMENTO DELLE STRANIERE E... GRUBIN dal 26 al 28 aprile si
gioca a Lievin in Francia, pochi chilometri da Valenciennes, squadra qualificata insieme alle slovacche del Ruzomberok ed alle polacche di Gdynia. Qui Gardellin va a ruota libera: “La partenza per la Francia è stata un vero evento, con la società che aveva lavorato perfettamente per portare i tifosi in aereo in trasferta, tanta attenzione in città sui media locali e tanta voglia di fare il tifo da parte di tutti. Noi sentivamo questo e la cosa ci caricava. I problemi sono arrivati dopo perché una volta in Francia eravamo in un albergo a 45 minuti dal campo con le stanze ed i letti piccoli e le straniere hanno cominciato a lamentarsi, dicendo che non avrebbero giocato. Poi hanno giocato ma...”. Ma la semifinale con Gdynia della
compianta Dydek e dell’americana utile Katie Smith, si rivelò un disastro. Dopo un primo quarto equilibrato e 20’ centrali allucinanti (39-14 per Gdynia), Parma uscì dai giochi. Male Griffith, male Penicheiro, assente ingiustificata Milton per un 74 a 58 senza repliche. E dall’altra parte la vendetta di Gordana Grubin (9 assist in una gara ineccepibile), il play scaricato da Rossi l’anno prima che si vendica con la squadra guidata da quel Veskovic, legato sentimentalmente a lei. Per Parma una beffa dietro l’altra: “Tornammo in pullman verso l’albergo e ho un ricordo nitido di quel rientro, con Griffith, Penicheiro e Milton che tutte insieme si rivolsero a noi chiedendo scusa per la brutta prestazione che avevano offerto e per averci in qualche modo tradito. Devo dire che non ce l’aspettavamo ed in un certo senso queste scuse, sicuramente sentite, ebbero un peso dentro di noi. Ma capimmo che quella squadra era un insieme di due mondi diversi e con troppi contrasti”. E ancora la conclusione di Gardellin: “Alla fine rimane la soddisfazione di esserci arrivati in una stagione in cui vincemmo comunque la Coppa Italia e rimane la soddisfazione che se dopo 19 anni, con una pallacanestro oggi molto più fisica, nessuna squadra italiana ha raggiunto quel traguardo, qualcosa di buono abbiamo fatto”.
TITOLI DI CODA L’anno successivo Griffith e Milton vinsero
l’Eurolega con Ekaterinburg. Parma disputò altre edizioni di Eurolega (2003, 2004 e 2005), spingendosi al massimo fino agli ottavi nel 2005. Valentina Gardellin ha chiuso la carriera nel 2003, riprendendo a giocare 15 anni dopo nel 2018 nella Magik Parma di serie B, squadra di cui oggi è l’allenatrice.
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pink mix DI Manuel Beck
serie A1 serie A1 COPPE SCOSSA SCHIO ORSILI DICE 40 VIA AI PLAYOFF Cade dopo 25 partite (tra campionato, Supercoppa ed EuroCup) l’imbattibilità stagionale di Venezia: la giustiziera è una Schio elettrica nel big match del PalaRomare, 8462. Top scorer Sottana con 18 punti. Il Famila ribalta il -8 dell’andata, anche se l’Umana mantiene un +2 in classifica a 6 giornate dalla fine. Lo stesso turno ha visto anche l’infortunio di Tagliamento in S. Martino-Ragusa: per l’ala delle siciliane (che hanno vinto 12 delle ultime 13 partite) lesione al crociato, al collaterale e al menisco: sarà un lungo stop. È invece rientrata Arioli a Sassari dopo quasi 2 mesi di assenza. In coda, fondamentale doppietta di Battipaglia, nel giro di 5 giorni (ritorno e recupero andata), contro la rivale Vigarano, ora staccata di 4 punti. A metà griglia, è lotta tra S. Martino, Costa e Campobasso per due posti-playoff. Il Geas, con 7 successi di fila, ha quasi raggiunto Bologna per la quarta piazza.
“Tanta roba” per Alessandra Orsili contro Sassari. La 2001 di Lucca ha firmato 25 punti, 7 rimbalzi, 8 assist e 6 recuperi, con 40 tondo di valutazione, nella vittoria in rimonta (8091 d.t.s.) delle toscane in terra sarda. Nella stessa partita non è bastato il 37 di valutazione di Burke. Fra le valutazioni notevoli dell’ultimo mese anche il 40 di Elena Bestagno (Vigarano) nella seconda partita contro Battipaglia; il 33 di Matilde Villa nel colpo di Costa a Empoli; il 37 di Wojta (Campobasso) contro Sassari. MERCATO - Vigarano completa il suo “restyling” (4 arrivi e 3 partenze da novembre) con la guardia serbo-canadese Anja Marinkovic, che dopo una carriera in Ncaa militava nel campionato serbo. Pochi giorni prima, la società emiliana ha inserito la lunga italo-americana (ed ex azzurra) Maria Laterza, tornata all’agonismo dopo 4 anni e mezzo: già in doppia cifra nelle sue prime 2 partite. Nello stesso periodo hanno lasciato Vigarano Tapley e Landi.
Triplo derby nei quarti di finale di Eurolega che si disputano il 17 e 19 marzo (doppia sfida in sede unica; conta la differenza-canestri): quello spagnolo tra Salamanca e Girona, quello russo tra Ekaterinburg e Dynamo Kursk, e la classicissima rivalità turca tra il Fenerbahce di Zandalasini e il Galatasaray. Completa il quadro Sopron-Lione. In EuroCup si riparte dagli ottavi di finale, il 16 marzo. Qui si gioca in gara unica e il turno successivo sarà appena due giorni dopo, il 18. Chi li passa entrambi va alle Final Four del 9-11 aprile. C’è Venezia che, in base ai risultati della prima fase, ha guadagnato la testa di serie n° 1 del tabellone: affronterà le polacche di Gorzow e, se vince, una tra le basche del Gernika Bizkaia e le rumene del Sepsi Sfantu Gheorghe (che ospitano la “bolla”). Da notare che quest’anno non c’è il ripescaggio in EuroCup per le eliminate di Eurolega: vantaggio in più per la Reyer.
SCATENATE ALESSANDRA ORSILI ATTACCA MATILDE VILLA: LE DUE GIOVANI PLAY HANNO FATTO REGISTRARE PICCHI DA 40 E 33 DI VALUTAZIONE RISPETTIVAMENTE.
SERIE B START IN MARZO
VARIE DRAGHI C’ERA
covid-19 NNEKA RACCONTA
Dodici mesi dopo l’interruzione e l’annullamento della stagione scorsa, torna in campo la B regionale. Il 6-7 marzo è in programma la prima giornata di un campionato 2020/21 (ormai solo ’21...) che la seconda ondata di Covid aveva interrotto proprio alla vigilia dell’inizio previsto a fine ottobre. Si riprende ora con formule abbreviate, garantendo comunque il minimo di 14 partite richiesto dalla Fip. Solo una minoranza di squadre ha rinunciato a ripartire; in particolare mancano all’appello (mentre scriviamo) Sicilia e Sardegna. I campionati pronti a iniziare sono sette: Piemonte e Liguria (8 squadre); Lombardia (13); Veneto, Trentino-A.A. e Friuli-V.G. (11); Emilia-Romagna e Marche (16); Toscana (5); Lazio, Abruzzo e Umbria (12); Campania, Puglia, Basilicata e Calabria (8). A breve la Fip comunicherà la formula per il successivo tabellone nazionale che determinerà le promozioni in A2.
È lui o non è lui? Se lo chiedevano i presenti al PalaGiordani di Milano per Sanga-Crema di A2, il 14 aprile 2018. Sì, era proprio lui, Mario Draghi, ai tempi presidente della Banca Centrale Europea, avvistato e fotografato in tribuna, dove – a quanto risulta – accompagnava le nipotine a vedere uno dei più classici derby lombardi della categoria. L’episodio è stato rilanciato in queste ultime settimane, dopo la nomina di Draghi a presidente del Consiglio dei ministri: i suoi trascorsi da cestista sono noti, ma almeno in quell’occasione fu anche “uno dei nostri”, cioè del femminile.
Se volete leggere il racconto di un anno di Covid-19 dalla prospettiva di una giocatrice, di particolare interesse è l’articolo che ha pubblicato Nneka Ogwumike su “The Players’ Tribune”, il sito dove scrivono direttamente i protagonisti dello sport. Il titolo è “Hindsight 2020”; è facile rintracciarlo nella sezione Basketball. La stella delle Los Angeles Sparks riassume il suo particolare anno solare, dagli ultimi tempi di normalità ai mesi d’isolamento (allenandosi 6 giorni alla settimana nel garage di casa), e poi l’estate trascorsa nella “bolla” in Florida per la stagione Wnba. Pur riconoscendosi privilegiata rispetto a chi si è trovato in situazioni ben peggiori durante la pandemia, Ogwumike non nasconde difficoltà e paradossi di ciò che ha dovuto affrontare, arrivando a concludere, non solo per se stessa ma per l’umanità in generale: “Resilience has been the real MVP this year”. E guarda con ottimismo al futuro.
LUTTO Il basket italiano piange la
scomparsa di Marisa “Biba” Gentilin. Classe 1936, è stata una delle più grandi giocatrici degli anni ’60, vincendo 5 scudetti e 3 classifiche marcatrici con Vicenza. Anche un Mondiale e 4 Europei disputati con la maglia azzurra.
APPASSIONATO IL NEO PRESIDENTE DEL CONSIGLIO MARIO DRAGHI SULLE TRIBUNE DEL PALAGIORDANI DI MILANO IN OCCASIONE DI SANGA MILANO-CREMA, NEL 2018.
EMOZIONARSI LA GIOIA PER UNA VITTORIA, LA FELICITÀ AL TERMINE DELL’INCONTRO PER L’IMPEGNO PROFUSO. LE EMOZIONI CONDIVISE DAL GRUPPO SQUADRA: IN FOTO IL GEAS.
VITTORIA E FELICITÀ DI ALICE BUFFONI - Centro Studi e Formazione in Psicologia dello Sport Sono felice perché vinco! Chi potrebbe mettere in dubbio una tale affermazione? Nell’immaginario comune Vittoria e Felicità sono due concetti strettamente legati. Le immagini di gioia, entusiasmo, commozione degli atleti dopo una vittoria scatenano in noi spettatori sentimenti molto potenti. È facile essere portati a credere che la vittoria sia l’unica e naturale via per ottenere quella felicità travolgente. Ma facciamo un passo indietro: come si fa a ottenere, invece, la vittoria? Risposta comune: con impegno, spirito di sacrificio, programmazione, duro allenamento e così via, continuando sulla linea della fatica e della perseveranza. Oppure: con il talento. Il concetto di gioia viene sempre posto alla fine del viaggio, come conseguenza logica del trionfo. E se invece il rapporto andasse invertito? Le neuroscienze ci rivelano che è vera la formula opposta: quando troviamo quel senso di pienezza, soddisfazione ed equilibrio, che in modo semplificato definiamo felicità, il nostro cervello produce dopamina. La dopamina è l’ormone che accende i nostri centri dell’intelletto rendendoci più attenti, più creativi, più capaci e quindi più pronti a mettere in campo una prestazione in grado di portarci con molte più probabilità alla vittoria. Dunque è vero anche il contrario: vinco perché sono felice! Si, ma... come facciamo a diventare giocatori felici? Una prima cosa da sapere è che la dopamina si attiva in modo specifico quando festeggiamo un obiettivo raggiunto. Possiamo allora cominciare proprio da qui: stendiamo una lista di obiettivi tecnici, fisici e mentali. Dividiamoli poi in sotto-obiettivi a breve, medio e lungo termine: è un piccolo trucco non solo per assicurarci di non perdere la rotta o di poterla modificare e adattare in corso d’opera, ma soprattutto per moltiplicare le occasioni di festeggiare ogni volta che facciamo progressi. Lavorando per obiettivi di prestazione, crescerà con il tempo anche la fiducia in sé, la sensazione di autoefficacia. Sentirsi capaci aiuta a performare e farlo al meglio ci permette di ritagliarci un ruolo preciso e riconosciuto nel team. Ecco la pienezza e la soddisfazione, con cui abbiamo definito la sensazione di felicità. Non ci resta che affrontare la questione dell’equilibrio. Per quanto totalizzante possa sembrare la vita da atleti, rimaniamo pur sempre persone; l’espressione della nostra identità non si esaurisce con la prestazione in campo. È opportuno non dimenticarlo mai e ricordarsi di dedicare del tempo ad attività extra-sportive: studiare, frequentare persone esterne al gruppo squadra, visitare musei o città, pianificare un viaggio, dedicarsi a hobby che siano in grado di coinvolgerci in modo profondo. La spiegazione ancora una volta arriva dalle neuroscienze: il nostro cervello si rigenera imparando cose nuove. Rimanendo concentrati per troppo tempo su uno stesso ambito, le risorse mentali tenderanno a esaurirsi, lasciando un senso di stanchezza molto simile alla demotivazione e all’esaurimento, elementi decisamente lontani al concetto di felicità e quindi... di vittoria! Questa rubrica è tenuta da Centro Studi e Formazione in Psicologia dello Sport, una realtà che utilizza la Positive Psychology con atleti e allenatori, dai settori giovanili all’alto livello agonistico, per rispondere alle principali criticità che si incontrano sul campo di gara e di allenamento, per migliorare performance individuali e ottimizzare il rendimento di squadra.
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GUARDIA E LADRI
LA TRASFERTA INTERCONTINENTALE L’immancabile viaggio in Sardegna Di Susanna Toffali Aeroporto di Orio al Serio. Alle cinque e venticinque di una glaciale mattinata di inizio febbraio, il tavolino numero nove del McDonald’s è con ogni probabilità il penultimo posto dove ti vorresti trovare. L’ultimo è la ripida scala di metallo che conduce al portellone d’ingresso del velivolo, la meta ideale dove trascorrere una buona mezz’ora in coda durante i rigidi inverni bergamaschi. Ma questo lo scoprirai di lì a poco. Annegando le ore di sonno perse nel cappuccino slavato, butti un occhio disinteressato al tabellone delle partenze. Casablanca, Fuerteventura, Istanbul, Madrid, Bucarest, Londra, Tenerife, Valencia... Il volo per Sogaer ha ben 55 minuti di ritardo. Provi addirittura un pizzico di compassione per i poveri sciagurati che dovranno girarsi i pollici contando il numero di piastrelle della pavimentazione del gate per far passare il tempo. Ma poi, dove diamine si trova Sogaer? La scritta sul monitor scorre, e compare il nome della destinazione per intero: Aeroporto di Cagliari - Sogaer. Volo FR 4706 delle sei e dieci. Ovviamente è il tuo. La tangibile inquietudine generalizzata non è data tanto dal viaggio in sé, quanto più dal patimento emotivo causato dall’interminabile preparazione psicologica e dal minuzioso lavoro di distillazione dei liquidi in flaconcini rigorosamente non superiori ai 100 millilitri. Regole non particolarmente chiare nemmeno alle compagnie aeree stesse accompagnano l’alone di incertezza che da sempre circonda questo irrisolvibile mistero. Le pinzette sono davvero un’arma di distruzione di massa? Gli orsetti gommosi della Haribo costituiscono materiale pericolosamente infiammabile e potenzialmente deleterio per gli altri passeggeri? Perché si chiama “bagaglio a mano” se viene puntualmente preso a calci fino al nastro trasportatore dell’aeroporto di arrivo? Le ammaccature che puntualmente compaiono sul trolley (delle dimensioni massime di 55x40x20 centimetri, ndr) non si spiegano in altro modo. Da giocatrice, ci sono più di mille modi per affrontare un viaggio aereo. C’è quella che si addormenta ancor prima del decollo, quella che si arrabbia per la mancata risoluzione di sudoku e cruciverba, quella che inizia a chiacchierare con passeggeri, hostess, steward, sedili, finestrini, cappelliere e quella che si cala circa il doppio della dose indicata di Valium, cadendo in uno stato semi-comatoso difficilmente smaltibile prima dell’inizio della partita. All’interno del lungo elenco delle incognite riguardanti questo tipo di trasferte, in grassetto ci sarà sicuramente segnata una voce in grado di mettere in crisi qualsiasi scaramanzia: il pranzo delle 12.15.
Nel 92% dei casi, il ristorante prescelto si chiamerà “Da Marco”, si troverà nel raggio di un chilometro dal palazzetto ed offrirà un variegato menù a base di penne al pomodoro (almeno un etto e mezzo a testa) e petto di pollo alla piastra. Nonostante il pasto perfettamente conforme ai canoni di quella che dovrebbe essere l’alimentazione tipo dell’atleta, la strada per arrivare in palestra sarà sempre troppo breve per fare in tempo a digerire e, nella peggiore delle ipotesi, vi toccherà ricorrere al più antico e funzionale rimedio per accelerare le funzioni gastrointestinali: il limoncello. Dopo due ore e dieci di pranzo, il buon Marco capirà che è ora di smetterla di proporvi bis, tris, caffè, ammazzacaffè e dolcetti vari e, quasi impietosito, vi lascerà andare. Non prima di aver promesso solennemente di fare il tifo per voi.
BUZZER BEATER
MINORS AL VIA Di Silvia Gottardi Il 6 marzo riparte la Serie B femminile. Se io fossi ancora una giocatrice, non avrei mai avuto alcun dubbio: giocare, giocare, giocare sarebbe stato il mio unico pensiero fisso, un po’ tipo Matley con la medaglia. So però di essere troppo istintiva e malata di basket, sono perciò sono andata a fare qualche domanda ad ex compagne, avversarie e addetti ai lavori della B milanese per capire come la stanno vivendo loro, a più di un anno dall’ultima partita. Prima di tutto inquadriamo la situazione delle Minors con Chiara Mariani, vice allenatrice di Milano Basket Stars: “In Lombardia le Società del femminile sono state interpellate solo 20 giorni fa ed è stato un peccato, perché avremmo potuto cominciare prima. 13 Società su 16 infatti hanno deciso di riprendere. Solo Lodi, Villasanta e Valmadrera hanno deciso di ritirarsi. È un anno che non giochiamo, abbiamo tutti voglia di ricominciare... E non dimentichiamoci anche che per tanti di noi è un lavoro a tempo pieno, e non percepiamo uno stipendio da tantissimo tempo!” Silvia Bassani, da poco passata a Giussano, mi ha detto: “Ero a Valmadrera, alcune giocatrici non le sentivano di riprendere e così non abbiamo raggiunto il numero necessario per l’iscrizione. La Società ha giustamente lasciato libere quelle che come me invece volevano giocare. Dopo un anno ferma non aspettavo altro che il momento della ripresa, forse più si invecchia più si ha voglia di giocare?” Ride. “Per via del mio lavoro ho recentemente fatto il vaccino, è stata quindi anche una scelta facile.” “In Lombardia – continua Mariani - ci hanno divisi in 2 gironi, al termine dei quali ci sarà una fase ad orologio e poi i playoff. La formula non è ancora chiara - al momento non si sa né se ci saranno retrocessioni o il numero di promozioni, nemmeno se ripartirà la C – ma comunque il numero minimo di partite da disputare è 14. Sarà quindi un campionato complesso perché ci saranno tanti turni infrasettimanali che non sono facili da gestire quando si hanno giocatrici che studiano o lavorano. Abbiamo alcune ragazze che vengono da fuori e devono farsi un’ora di macchina alle 23.00 per tornare a casa senza nemmeno la possibilità di farsi la doccia... Sarà difficile, ma l’entusiasmo è tanto. Siamo stra-carichi e non vediamo l’ora di ricominciare! ” Sulla stessa lunghezza d’onda Chiara Odescalchi (Sant’Ambrogio): “Io sono felicissima di poter giocare. Chiaro, seguiremo i protocolli e faremo i tamponi, ma non vedo l’ora di poter riprendere. Ho zero paura, mi basta avere la palla in mano per essere felice!” Ma la situazione tamponi com’è? “In B c’è il tampone obbligatorio ogni settimana, che fa abbastanza sorridere visto che in A2 è quindicinale” – ci spiega Paolo Fassina, coach del San Gabriele. “Facendo parte del mondo Sanga e gravitando attorno alla A2 noi ci siamo subito adeguati ai protocolli già da dicembre, anche perché
VALENTINA RUISI (STARS) “NON VEDO LO STRACAZZO DI ORA DI COMINCIARE, SCUSATE IL FRANCESISMO.”
abbiamo 2 giocatrici in doppio tesseramento che fanno parte del roster della A2 e altre che si allenano con loro. A novembre alcune ragazze hanno contratto il virus, ma ne sono uscite senza problemi. Siamo sereni, abbiamo imparato a conviverci. Siamo contenti e non vediamo l’ora di ripartire, ma vogliamo fare le cose cum grano salis per garantire prima di tutto la sicurezza, sia alle giocatrici che allo staff. Certo sarà un campionato molto particolare con tante difformità, perché c’è chi ha iniziato settimana scorsa, chi come noi si allena da febbraio e chi ha giocatrici che si sono praticamente allenate sempre, come Costa.” Ma c’è anche chi la vive in maniera un po’ diversa, ad esempio Alice Ranzini (BFM): “Ho tanta voglia di giocare, ma questo virus non riguarda solo noi. A settembre onestamente avevo più ansia che altro ad andare in palestra. C’erano pochissimi controlli, la settimana dopo che ci hanno fermate due compagne si sono rivelate positive. Se non ci avessero fermate ci saremmo contagiate tutte... Ora è tutto più sicuro e monitorato, ma in squadra restiamo dubbiose: da una parte abbiamo una voglia pazza di tornare in palestra e giocare, dall’altra viviamo quasi tutte in casa con i genitori. Siamo consapevoli di esporci comunque ad un rischio, e va bene fino a che riguarda solo noi, ma non vorremmo mettere in pericolo le nostre famiglie. È un misto di gioia e ansia.” Questa ripartenza delle Minors è un misto di “gioia e ansia”, con poche certezze ma tanta voglia di tornare a fare quello che tutti noi amiamo così tanto: giocare a pallacanestro. Come dice Chiara Mariani: “Un po’ è voglia di giocare, un po’ è che abbiamo tutti voglia di normalità. Riprendere in qualche modo ci da l’impressione che il peggio sia passato e che il mondo sia più normale”.
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