Rivista Marittima Febbraio 2021

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O SSERVATORIO Sudan ed Etiopia: una pace difficile Nella seconda metà di dicembre l’Esercito sudanese ha dichiarato di essere stato vittima di un’imboscata da parte delle Forze armate etiopi nei pressi del confine tra i due Stati. Gli scontri sarebbero avvenuti al ritorno di una pattuglia presso la sua base di Jebel Abutiour. Nella dichiarazione l’Esercito non ha fornito dettagli sugli scontri, a parte il fatto che un suo reparto sarebbe caduto in un’imboscata da parte di «forze e milizie etiopi». Infine, l’Esercito di Khartoum ha affermato la sua determinazione a difendere i confini e respingere qualsiasi aggressione. La zona è un importante punto di contesa tra il Sudan e l’Etiopia e si aggiunge a uno scenario regionale peggiorato. È un terreno agricolo molto fertile, coltivato per 25 anni dai contadini etiopi Amhara. Questo territorio appartiene legalmente al Sudan, che l’Etiopia non mette in discussione, anche se per anni ne ha avuto il controllo diretto. Il problema è emerso recentemente; infatti gli etiopi civili che vi abitano sono protetti dalle milizie della vicina provincia di Amhara, che fungono da braccio armato supplementare per le forze federali etiopi, nel recente conflitto contro le forze del Tigrai. Queste milizie, che i sudanesi chiamano in senso peggiorativo «shiftas» (banditi), sono accusate di compiere regolari incursioni per rubare bestiame o compiere sequestri a scopo di estorsione. È stato quindi grazie al conflitto in Tigrai che l’Esercito sudanese ha preso il pieno controllo di questo territorio agricolo che si estende per oltre 250 chilometri quadrati. Questa zona rappresenta migliaia di ettari di terreno fertile e coltivabile. Una questione economica e alimentare cruciale per gli abitanti (e per Khartoum). La regione è nota per la sua violenza e i traffici illeciti. L’Esercito sudanese avrebbe quindi beneficiato del ri-dispiegamento delle truppe etiopi a seguito dell’emergenza del Tigrai. Secondo diverse fonti, i soldati di Khartoum avrebbero così preso il controllo dei settori confinari di Kurdia, Jebel Tayara e Khor Yabis, occupati dagli etiopici da 25 anni.

Una nuova crisi fra Somalia e Kenya Il Corno d’Africa, nonostante alcune occasionali fasi positive, sembra non riesca a uscire dal tunnel delle crisi, siano esse interstatali, intrastatali o tribali/claniche, eco-

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INTERNAZIONALE nomiche (siccità, locuste). L’ultima vicenda, in ordine di tempo è la sospensione delle relazioni diplomatiche tra Somalia e Kenya le cui relazioni si sono inasprite su diverse questioni, compreso il sostegno di Nairobi al governo della regione federale somala del Giuba, al confine con il Kenya, in conflitto con il governo di Mogadiscio. La Somalia ha annunciato di aver sospeso i legami con Nairobi, accusando il suo vicino di interferire nei suoi affari interni in previsione delle elezioni anticipate del 2021. Il brusco peggioramento si è avuto quando il Kenya a metà dicembre ha ospitato Muse Bihi Abdi, presidente del Somaliland, entità autoproclamatasi indipendente, non riconosciuta da Mogadiscio. I diplomatici kenioti a Mogadiscio hanno avuto sette giorni di tempo per lasciare il paese, alla stregua dei rappresentanti della Somalia richiamati in patria. Il ministro somalo dell’Informazione, Osman Abukar Dubbe, ha dichiarato: «Il governo somalo considera il popolo del Kenya Modadiscio, il comandante AMISOM, generale una comunità Diomede Ndegeya, durante una riunione da remoto con i sectors Commanders (AMISOM). amante della pace che vuole vivere in armonia con le altre comunità della regione. Ma l’attuale leadership sta lavorando per allontanare le due parti», aggiungendo che: «Il governo somalo ha preso questa decisione per rispondere alle ricorrenti interferenze del Kenya contro la nostra sovranità». Questa nuova crisi arriva in un momento difficile. Mentre i due paesi hanno avuto problemi in passato, il Kenya, che ospita circa 200.000 somali nei campi profughi nell’est del paese (ma anche a Nairobi), è anche un importante contributore di truppe all’operazione militare dell’Unione Africana (AMISOM), con quasi 4.000 militari, schierati nel Giubaland e combattendo gli insorti del movimento terrorista islamista di al-Shabaab che hanno colpito pesantemente

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