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ZABAIONE

intervista al creatore di arduino

intervista a fabio sartorelli

NUMERO 6 ANNO XVII GIORNALISMO INDIPENDENTE AL PARINI DAL 2006 APRILE MMXXIII

PRIMI AL MONDO... E POI?

Di recente è stato pubblicato il QS World University Rankings by Subject edizione 2023, con il gratificante risultato che pone per il terzo anno di fila La Sapienza di Roma come migliore università al mondo dove studiare Lettere classiche e Storia antica.

Queste classifiche tendono a non essere poi così attendibili, ma è interessante notare come per un paio di giorni lo studio della classicità sia salito agli onori della cronaca come un’eccellenza di cui farsi vanto, per poi tornare nella relativa oscurità dove solitamente dimora.

Dimora che non è affatto condivisa con le STEM (Science, Technology, Engeneering, Mathematics, n.d.r.), di cui oltretutto non viene mai messa in discussione l’importanza – e a ragione.

Ma non è mortificante che il classicista debba continuamente giustificare la propria esistenza di fronte allo studioso di una delle STEM? Non è demotivante la spinta che si sente da certe parti del mondo del lavoro che sprona i giovani a concentrarsi su quelle soltanto e non sugli studi umanistici?

Sorgerebbe spontaneo allora chiedersi perché ogni appassionato studente di lettere, classiche o moderne che siano, o di storia e filosofia non viva in uno stato costante dubbio nichilista circa il valore della propria materia d’elezione.

A maggior ragione quando, alla pubblicazione del QS Ranking, nella cultura mediatica Humanities è stato spesso reso con “Scienze

umane”, cosa ben diversa dal concetto di “Studi umanistici”.

Di contro, questo estraniamento è anche dovuto a un ripiegamento in sé stessi degli umanisti, un atteggiamento di chiusura nei confronti della società. Spesso poi alimentato da un certo snobismo che incolpa “l’ignorante mondo di fuori” (e sotto sotto forse si lamenta “o tempora, o mores!”) che stolido non vuole comprendere né apprezzare l’infinita ricchezza che il classicista si trova a maneggiare; quando invece sarebbe compito del classicista stesso, proprio perché esperto in materia, rendere accessibile e appetibile quel repertorio per il grande pubblico.

In un momento storico caratterizzato da dibattiti etici che spesso portano ad interrogarsi circa l’essenza della persona, risulta impellente rivolgersi ai classici come base di conoscenze e sapienza già acquisite, per poi sviluppare la riflessione.

In questo numero trattiamo per esempio il tema della guerrae di come raccontiamo la guerra: è impossibile prescindere dalla lezione del teatro greco, dove i grandi drammaturghi influenzavano la polis mostrando la guerra come segno di potenza della città (come Eschilo ne I Persiani) o come insensata, ottusa e inutile (almeno su questo Euripide e Aristofane erano d’accordo).

Trattiamo anche di hardware. E non posso far a meno di pensare ai molti articoli che ho visto pubblicati specialmente negli Stati Uniti, in cui si esorta a fare i conti

con la realtà cui andiamo incontro, il mondo dell’Intelligenza Artificiale, e a concentrarci su ciò che ci rende umani, specializzandoci in ciò che le IA non potranno mai imitare: un’insolita spinta proprio al formarsi nelle discipline umanistiche, che dunque abbandonerebbero lo stigma che le identifica come di second’ordine (come siamo giunti a tanto, quando c’è stato chi ha provato a far risorgere l’intera civiltà occidentale attraverso i classici?).

Dunque sì, La Sapienza ha ricevuto il primo posto nel Ranking: sfruttiamo questa informazione per tornare a riflettere sui classici, e su come riportarli al centro della nostra società.

La mente dietro Arduino

La guerra mediatica

Donne in parlamento

Intervista al M. Sartorelli

Viaggio onirico nel Medioevo

...E Berta filava

Acqua in bocca!

Libertario

Zabaoroscopo

Zabarecensioni

Zabaenigmistica

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2 aprile 2023 Anno XVII Numero 6 ZABAIONE
EDITORIALE
SOMMARIO

ATTUALITÀ

LA MENTE DIETRO ARDUINO

INTERVISTA A MASSIMO BANZI di letizia romeo

Massimo Banzi è il co-fondatore di Arduino, un hardware che ha cambiato per sempre il mondo dell’elettronica e il suo modo di entrare a contatto con le persone.

Per chi non lo conosce, cos'è Arduino in poche parole?

Arduino è un insieme di strumenti che servono a fare innovazione con l’elettronica. Tutti gli oggetti digitali che ci circondano sono fatti da circuiti elettronici. Fino a poco tempo fa era complesso imparare a costruirli per chi non era un ingegnere elettronico. La potenza di Arduino sta nel fatto di rendere questi circuiti elettronici digitali, ovvero ciò di cui sono fatti i prodotti maggiormente innovativi come gli smartphone che utilizziamo, a disposizione di un pubblico più vasto.

Si può paragonare la nascita di Arduino a quella di Apple nel garage di Steve Jobs?

Sicuramente c’è una connessione. Negli anni Settanta, quando i due Steve erano nel garage, le persone che possedevano un computer erano pochissime. Il loro obiettivo era quello di renderlo disponibile a molte di più. Quello che volevamo fare noi era rendere più popolare l’accesso alle tecnologie che prima erano riservate solo agli ingegneri. Io sono partito dai miei studenti, poi un numero crescente di utenti ha cominciato ad usarlo. Più si apre questo orizzonte tecnologico alle persone e più loro rispondono.

Qual è l’applicazione di Arduino che la rende più orgoglioso?

Una ragazza ha realizzato un circuito con una scheda Arduino in grado di riconoscere un tumore. Questo è solo un esempio per dimostrare che persone che non avrebbero mai pensato di avere accesso alla tecnologia, alla fine ci riescono. Utilizzano la scheda per creare cose che non esistevano o che magari erano troppo costose da acquistare e decidono di costruirsele da soli.

Noi viviamo in un mondo tecnologico, dove anche arte e creatività sono diventate digitali. Quindi le persone che hanno accesso a questa tecnologia sono solo fruitori, chi controlla cosa viene costruito controlla di conseguenza la società.

Creare tecnologie accessibili a tutti è uno strumento di democrazia. Se per esempio Apple non vuole che si veda un certo film, lo stacca dalle sue piattaforme e non lo si vede più. L’obiettivo è di permettere alle persone di avere più controllo sulla loro vita grazie alla tecnologia.

All’ultima edizione della Fiera sull’innovazione tecnologica Maker Faire, il brand Arduino ha presentato molti kit per le scuole. È un nuovo settore di sviluppo?

Io sono contrario a tutti i corsi di programmazione. Fare un corso senza un obiettivo è come fare un corso di cacciavite, inutile. Sui libri di programmazione che compravo io da bambino, c’ erano esempi tipo “come calcolare un

mutuo”, che ad un ragazzino di quattordici anni non sarebbe mai servito.

L’idea è che questi kit possano aiutare i professori a capire cosa si può fare con la tecnologia, che tipo di problemi si possono risolvere con essa. L’apprendimento di questa skill deve insegnare come affrontare i problemi del mondo. Steve Jobs diceva: ad un certo punto ti giri intorno e ti accorgi che tutte le cose intorno a te sono fatte da altri esseri umani. Per cui questa realizzazione ti permette di interferire. Lo scopo dei kit è dare le “istruzioni” e aiutare a superare la barriera psicologica che fa pensare: “ma quando mai riuscirò a fare una cosa del genere”.

Quali saranno le prossime imprese di Arduino?

L’obbiettivo è abilitare le persone ad innovare rendendo le tecnologie complicate semplici da usare. Ultimamente stiamo pensando a come rendere più facile l’accesso all'intelligenza artificiale e a spiegare alle persone il suo funzionamento.

Cosa consiglia alle giovani Pariniane ed ai giovani Pariniani che hanno la passione dell’elettronica e della programmazione?

Come ho detto, è come avere una passione per il trapano o il cacciavite. Una cosa che dico sempre alle altre persone è che trovo molto bello incrociare vari interessi. Arduino viene fuori dal fatto che insegnavo in una scuola di design. L’importante è incrociare queste discipline e imparare varie abilità.

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ATTUALITÀ

LA GUERRA MEDIATICA

GEORGE ORWELL AVEVA RAGIONE?

Èscontato che a scrivere la Storia siano i vincitori. Sempre che ci siano già dei vincitori. Se il gioco è ancora aperto, lo spazio è di giornalisti e politici, e ognuno ha la sua teoria, la sua versione della Storia. Con la guerra in Ucraina, e il suo ruolo da protagonista in tutti i media occidentali da ormai più di un anno, abbiamo potuto assistere in diretta alla formazione di quella miscela di fatti e critiche che finisce nei libri scolastici e che cambia sempre di Paese in Paese, nonostante non ci si faccia mai poi tanto caso. Già ora in ogni Nazione, o cerchia di amici, la versione del racconto è un po' diversa, come in un bizzarro round del telefono senza fili. Questo perché anche semplicemente raccontare un avvenimento, pur cercando di mantenersi neutrali, è di per sé un modo per dare una propria opinione. Quali fatti

vengono evidenziati sulle prime pagine, quali posizioni enfatizzate nei pezzi d'opinione, anche i nomi che vengono o non vengono usati. Putin non ha ancora parlato ufficialmente di guerra, se non di quella che "l'Occidente ha scatenato". Xi JinPing, col suo "piano di pace" appoggia indirettamente la Russia, non avendo le "pretese" degli ucraini tre le sue priorità. Zelensky afferma che "la difesa dell'Ucraina è la difesa della libertà".

Il globo così è nuovamente diviso in tre fazioni ben distinte: chi sostiene la democrazia e la cooperazione tra Paesi liberiprincipalmente l'Occidente e gli Stati affiliati come il Giappone -, regimi con vari gradi di autoritarismo, che si oppongono ai primi, e vogliono la cooperazione tra Paesi simili al loro – Russia, Cina, Iran & friends –, e Stati che, per mancanza di una forte leadership, di potere contrattuale o di risorse economiche, non possono schierarsi da una parte o dall'altra. Questi ultimi avranno vita sempre più difficile, con la rete di alleanze dei due schieramenti contrapposti che si sta consolidando con una velocità spaventosa negli ultimi mesi. Questi legami sono rappresentati dal rafforzamento delle assi Mosca-Teheran, Mosca-Delhi, e, soprattutto, Mosca-Pechino, che portano a un'escalation delle tensioni, per ora incanalate in Ucraina, in una guerra che per assurdo,

pur essendo nata “per contrastare l’espansione della Nato ad oriente”, ha causato l’unione della Finlandia all’Alleanza Atlantica.

Questa guerra, però, a differenza di quelle mondiali, ma in continuità rispetto alla Guerra Fredda, è soprattutto una guerra mediatica: chi riesce a convincere il resto del mondo di essere "dalla parte del bene" sarà, alla fine, il vero vincitore. In questo, un Presidente ex-comico e personalità televisiva è un asset strategico incredibile, a discapito delle apparenze. Così come l'apparato propagandistico russo, che già ha influenzato le elezioni americane del 2016 – si vedano le indagini condotte in merito dal procuratore speciale Robert Mueller –, che non ha pari al mondo per influenza internazionale. Nonostante i tentativi della Russia di apparire, negli ultimi decenni, innocua soprattutto a livello commerciale, però, l'opinione pubblica occidentale sembra, al momento, essere schierata in favore dell'invaso, soprattutto grazie ad un’arma usata per la prima volta in un contesto del genere: internet.

La condivisione istantanea di news, summit e discorsi riesce a condizionare profondamente opinioni e decisioni strategiche. È per questo che i disertori delle truppe mercenarie impiegate dagli invasori sono considerati così pericolosi da loro. È per questo che le parole dei leader sono pon-

4 aprile 2023 Anno XVII Numero 6 ZABAIONE

derate così cautamente, e digerite così velocemente dagli opinionisti. In Interregno Mattia Salvia, filosofo trentatreenne – a quanto pare esistono anche loro –, preannuncia una nuova era d'informazione, fatta di meme, tweet e post, pochi leggeri byte ma devastanti come fulmini. In questo secolo, il veggente ha anche il dono della sintesi. E con meno attenzione per ogni titolo, bisogna essere il più concisi possibile, perdendo nuance ma guadagnando visualizzazioni, e quindi soldi o consenso. Gli ucraini hanno dalla loro le storie curiose o strappalacrime, come le decine che circolavano in questo periodo l'anno scorso: la vecchina che avvelena i soldati russi con una torta, i bambini che scappano e raccontano della loro casa bombardata, la coppia appena sposata che si arruola volontaria. È la forza dello storytelling, una delle abilità più antiche dell’umanità, utilizzata per far addormentare i bambini e per vendere prodotti, che adesso viene insegnata agli amministratori delegati come ai politici. La struttura con cui si racconta qualcosa è capace di cambiarne completamente il messaggio. Se omettessimo da Cappuccetto Rosso l’avvertimento della madre, sembrerebbe la storia di un genitore che manda la figlia nei boschi da sola. Eppure nell'Interregno c’è un’altra strategia dominante, soprattutto in politica, che vede alcuni tratti personali privilegiati rispetto ad altri. Così definiti in geopolitica, gli strong men, caratterizzati dalla loro capacità di apparire forti e responsabili, uomini come Putin, Erdogan e Trump, e donne come Marine Le Pen, hanno dalla loro un grande carisma e

un'équipe di ghost-tweet-writers, e il loro successo nella catena alimentare politica, assieme a quello dei populisti di tutto il mondo, è evidente. Chi vincerà, quindi, sarà chi riuscirà a sfruttare al meglio la propria influenza.

Indipendentemente da chi sarà il vincitore, però, il mondo è ormai silenziosamente, irreparabilmente cambiato. Per parecchi anni non ritornerà il senso di solidarietà che ha caratterizzato la nascita dell'ONU, le battaglie per la pace, e quelle per il clima non saranno più al centro dell’attenzione. Ma queste informazioni vanno scavate con cura tra la montagna di storie che ci arrivano ogni giorno dal fronte, e non sono immediatamente reperibili dalla cronaca. Per questo, il ruolo di commentatori e giornalisti è, ed è stato, così fondamentale. George Orwell – giornalista, di professione – ha impiegato la sua intera carriera ad avvertire la gente del pericolo di quella che verrà coniata come post-verità: un’epoca in

cui nella discussione di un fatto, la verità va messa in secondo piano. Eclatante, e riassuntivo di tutto l’articolo, è il caso del blogger pro-guerra Vladlen Tatarsky, ucciso in un attentato con un esplosivo a San Pietroburgo il 3 aprile. Nonostante l’identità della sospettata attentatrice sia nota, non è noto il mandante e nemmeno il movente, e ciò dà spazio a tutte le parti di dare la propria opinione, che però non può essere smentita o confermata. Il Cremlino ovviamente dà la colpa a Kiev, che però non ha rivendicato l’atto; il comandante della truppa mercenaria Wagner incolpa gli oligarchi russi, divisi da conflitti interni. Un uomo è stato ucciso, e questa è l’unica cosa su cui siamo d’accordo. La verità? A chi importa. Tutta questa questione, l’attentato, la guerra, e tutto il resto, non sono altro che storie che ci raccontiamo, in attesa che divengano Storia. Speriamo che il finale sia almeno un “e vissero alcuni moderatamente soddisfatti”.

ATTUALITÀ ZABAIONE Numero 6 Anno xviI aprile 2023 5

ATTUALITÀ DONNE IN PARLAMENTO

DA ARISTOFANE ALLA REALTÀ

Di alessia petrera

TTutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali, così recita l’articolo tre della nostra costituzione e forse, l’Italia, qualche piccolo passo verso la parità di genere, almeno per quanto riguarda la politica, lo sta finalmente facendo: basti pensare alla recente elezione a Premier di Giorgia Meloni, che il 22 ottobre dello scorso anno è diventata la prima donna a ricoprire questa carica nella storia del nostro Paese, o a quella della Schlein, nuova Segretaria del PD. Guardando più da vicino, però, ci si accorge che l’Italia ci restituisce sotto questo punto di vista un quadro piuttosto conflittuale e scostante. Proprio la leader di Fratelli d’Italia infatti, sembra star trascurando questo aspetto, avendo assemblato un governo con il più basso tasso di presenza femminile sin dal 2011, contando solo sei donne tra i ventiquattro ministri da lei scelti.

Sicuramente dal 1976, quando in Italia fu eletta la prima donna a ricoprire la carica di ministro – Tina Anselmi, Ministro del Lavoro –, di progressi ne sono fatti, eppure non abbastanza: secondo la classifica stilata annualmente dal World Economic Forum l’Italia è 36esima per numero di donne in Parlamento, ma ultima per nu-

mero di donne ad aver ricoperto la carica di leader. In cima alla lista, invece, troviamo paesi come Islanda e Norvegia, due stati guidati da Premier donne. In Islanda Katrín Jakobsdóttir ricopre stabilmente la carica da ben sei anni, mentre in Finlandia Sanna Marin, di soli 36 anni, è stata la donna più giovane al mondo ad aver mai assunto questo ruolo, non senza qualche difficoltà, ma sempre capace di farsi rispettare e temere dall’opposizione. Ma loro non sono le uniche: ad oggi in Europa sono ben dieci i paesi guidati da donne, questo significa quasi uno Stato su tre, il tasso più alto mai registrato in Europa. Inoltre, a screditare l’ipotesi che si tratti solamente di un fenomeno passeggero, Polonia, Regno Unito, Finlandia e Moldavia detengono il primato di aver già avuto ben tre Primi Ministri donna per Stato. A cosa è dovuto allora un così grande dislivello tra l’Italia ed il resto d’Europa? Le cause sono

sicuramente molteplici: l’altissima percentuale di contratti part time, le differenze salariali e la mancata possibilità di avanzamento a livello professionale sicuramente non aiutano una donna che cerchi di fare carriera. Per non parlare di asili nido e scuole elementari che in alcune zone del Paese chiudono troppo presto, impedendo a qualsiasi madre di portare a termine una giornata lavorativa di otto ore, o della mentalità, ancora fin troppo radicata in Italia, che alle donne si addica di più il grembiule da cucina piuttosto che una divisa da lavoro. Insomma, perché i piccoli passi avanti di cui abbiamo parlato prima diventino sempre più frequenti e di maggiore rilievo, bisognerà avvicinarsi alla parità di genere a tutto tondo, cercando di aiutare quelle donne e quelle madri che aspirano a entrare in politica e non solo, e incoraggiandole a seguire gli esempi di quelle che già ce l’hanno fatta.

6 aprile 2023 Anno XVII Numero 6 ZABAIONE

MUSICA, CULTURA E I LIMITI

CONVERSAZIONE COL MUSICOLOGO M. FABIO SARTORELLI DELLA

Nella presentazione che ha tenuto qui al Parini ha illustrato come grandi dell’Opera come Verdi e Puccini partecipavano alla creazione di pubblicità dove venivano sfruttate le loro produzioni, cosa che può sembrare un po’ inusuale. Può spiegare perché ciò accadeva?

Accadeva perché l’Opera fu per molto tempo un veicolo di comunicazione popolare: Gramsci la definì “spettacolo popolare”. Per una buona parte del Novecento, l’Opera continuò ad essere un mezzo per parlare alle masse. Lo divenne ancora di più nel momento in cui furono aperti grandissimi spazi adibiti all’Opera, come l’Arena di Verona o lo Sferisterio di Macerata, in grado di accogliere migliaia e migliaia di persone, e con l’arrivo della televisione negli anni Cinquanta essa naturalmente si divulgò maggiormente. Per riassumere, benché oggi la situazione sia un po’ cambiata e l’Opera non svolga più un ruolo prevalente nell’ambito della comunicazione alle masse, per molto tempo invece l’identificazione di essa con il popolare fu quasi automatica.

Anche i grandi nomi della cultura, come D’Annunzio e Puccini, a quei tempi partecipavano spesso alla creazione di

SCUOLA ITALIANA

Della redazione

manifesti e slogan pubblicitari; c’era una grande creatività, un grande desiderio di sperimentazione. Tuttavia, oggi la situazione sembra essere diversa: secondo lei ci sono stati dei cambiamenti notevoli?

Ci sono stati dei cambiamenti dovuti in parte anche all’atteggiamento piuttosto “supponente", se posso permettermi, di una certa parte degli intellettuali che non vogliono sporcarsi le mani con la pubblicità: non capisco, in realtà, per quale ragione ci si debba “sporcare le mani”, poiché l’industria, e quindi la pubblicità, fanno parte del nostro paesaggio. Voglio dire che apprezzo molto l’atteggiamento di Puccini, di D’Annunzio, di Giordano, i quali si sono prestati alla pubblicità. Credo che dietro alle grandi pubblicità ci siano delle menti particolarmente brillanti anche oggi, solo che sono specializzate, cioè nate fondamentalmente per quello. C’è una specializzazione nel messaggio pubblicitario, perciò non si chiede più, come un tempo, l’aiuto ai grandi intellettuali, che vengono in un certo senso “rimpiazzati” da persone che non si improvvisano, ma che lo fanno di mestiere. Credo quindi che dietro ad alcuni dei messaggi pubblicitari ci siano delle menti di primo ordine. Un tempo avrebbero fatto gli intellettuali, oggi fanno i pubblicitari.

Nella presentazione ha descritto L’Orfeo di Monteverdi (1607) come un’opera estremamente moderna; ma che cos’è, per Lei, la modernità?

È moderna qualunque opera che rompe le barriere del tempo e che, invece di parlare soltanto a quelli a cui fu rivolta, magari secoli addietro, continua, per la sua forza, a parlare a persone nate anche dieci secoli dopo di essa. Trovo modernissimo, ad esempio, anche l’Oreste di Euripide: le sue pagine sull’amicizia e il valore che si dà al silenzio mi paiono assolutamente senza tempo. L’abilità con cui Monteverdi e Alessandro Striggio (il librettista, n.d.r.) hanno unito un mito antico, come quello di Orfeo, al nostro Dante Alighieri mi pare anch’essa senza tempo. Il fatto che i personaggi siano trattati come se fossero uomini e donne comuni va ben al di là del 1607. Questo fa riflettere anche su ciò che doveva essere il mito allora: ben diverso da quello che ci insegnano a scuola, che è qualcosa di lontano; in quest’opera, il mito è vicino e sempre con noi, continua a parlarci.

Quali potrebbero essere le misure giuste per riaccendere l’interesse verso uno degli elementi più importanti del nostro patrimonio artistico e culturale?

Il tema è di cultura in senso

SVAGO ZABAIONE Numero 6 Anno xviI aprile 2023 7

molto ampio: quanti ragazzi del Liceo Parini si sono lasciati sedurre dal nome Puccini e penna Parker? E quanti adulti, invece, si sono anch’essi lasciati affascinare da questo binomio? Si è visto che c’erano più adulti che ragazzi, nonostante ci fosse molta gente. La musica purtroppo non entra nelle scuole e a gran parte dei professori, anche quelli che insegnano materie umanistiche, è concesso di laurearsi senza sapere nulla di musica. Questo implica che agli studenti parleranno di letteratura romantica, ad esempio, professori bravissimi che non spenderanno una sola parola sulla musica. E, magari, che quell’unica parola che spenderanno sulla musica non sia poi così corretta. Questa è un’anomalia che ci portiamo dietro dalla prima riforma della scuola, la Riforma Gentile, che poi non è mai cambiata, poiché i vari ministri della Pubblica Istruzione che si sono succeduti di musica e di opera non sanno assolutamente niente. Nessuno si preoccupa del fatto che questo patrimonio, che appartiene profondamente alla storia del nostro Paese, debba essere diffuso tra le giovani generazioni, mentre invece lo si lascia da solo a soccombere. Richiede infatti un po’ di sforzo: anch’io, quando sono stanco, ascolto la prima cosa che capita, come Luigi Tenco, e non la prima Sinfonia di Brahms, che richiede un certo impegno. Come dice Tenco, “lontano lontano”: penso che quel mondo lontano della musica classica e dell’opera lirica mi appartiene, che mi sta accompagnando. Esso però è sempre più lontano dalla stragrande maggioranza anche dei miei coetanei e amici. Tutta-

via, se non partiamo dalla scuola, sarà difficile. Ora sono nati i licei musicali: una persona, però, ci si iscrive per un interesse già presente nella musica. Sarebbe stato invece più producente inserire lo studio, insieme alla Storia dell’arte, anche della Storia della musica. È necessario apprezzare e fare musica, attraverso, ad esempio, i cori e le orchestre del liceo. E tutto questo non solo nei licei classici, ma anche scientifici: la musica è trasversale. È una materia umanistica, ma con delle profonde radici matematiche: del resto faceva parte del Quadrivium – aritmetica, astronomia, geometria e musica. Starebbe bene anche al Politecnico, secondo me, poiché credo che un ingegnere con una forte radice di tipo umanistico sarà sempre superiore ad un ingegnere che è solo ingegnere.

Dunque esiste un legame fra musica e letteratura?

Certo, ed è un legame che esiste da tempo immemore; dagli antichi Greci al canto gregoriano, che ha un legame con la Bibbia, la quale, se vogliamo, è comunque un grande libro. Quindi sì, questo legame esiste, e anzi ci permette di cogliere i grandi cambiamenti avvenuti all’interno della musica e della sensibilità degli ascoltatori. Per esempio, una volta c’erano dei testi molto pensati e ragionati, con una musica piuttosto indifferente, che sembrava andare per la sua strada. Poi c’è stato un avvicinamento forte tra la musica e la letteratura. Il bello è questo: che ci sono sia testi altissimi, accompagnati da musiche altissime, sia testi modestissimi che diventano eterni grazie alla musica.

Quale consiglio darebbe a una persona che si avvicina per la prima volta al mondo della musica classica?

Le direi di accostarsi a questo mondo senza pregiudizi e senza timori, con la stessa naturalezza con cui, per esempio, potrebbe ascoltare cantanti come Baglioni o gruppi come i Måneskin. Perché non mettere la Pastorale di Beethoven durante una passeggiata, o magari il finale della Nona sinfonia, l’Inno alla gioia, che è conosciuto da tutti, ma tiene compagnia?

La musica classica non è necessariamente difficile, e sicuramente ha qualcosa da dirti, anche se non è accompagnata da un testo. Quando ti avvicini alla musica classica esplori qualcosa di bello e alto, ma che non deve farti paura: è qui affinché tu possa ascoltarla. E se è sempre tra noi, è perché ha continuato a parlarci nel tempo: cerca di capire cosa vuole dire anche a te.

8 aprile 2023 Anno XVII Numero 6 ZABAIONE
SVAGO

VIAGGIO ONIRICO NEL MEDIOEVO

Di massimiliano f auto L'INIZIO DI UN NUOVO PROGETTO L

Oggi la scienza definisce il sogno come un fenomeno psichico caratterizzato dalla percezione di immagini e suoni riconosciuti come apparentemente reali dal soggetto sognante, legato alla fase REM, un momento d’intensa attività cerebrale durante il ciclo del sonno. Sigmund Freud scrisse per primo riguardo all’origine interiore dei sogni, in quanto manifestazioni represse dell’inconscio, grazie alle quali il paziente poteva conoscere gli aspetti nascosti della sua personalità mediante l’interpretazione dei sogni in terapia. Era nata una nuova disciplina: la psicanalisi. Ma l’uomo ha sempre interpretato i propri sogni da quando è dotato di coscienza, e un tempo essi racchiudevano un significato diverso rispetto a quello che conosciamo oggi. Ad esempio, in passato i sogni erano considerati doni divini, e le manifestazioni oniriche che avvenivano verso l’alba erano il chiaro segno di una futura profezia. Del resto, l’arte divinatoria nell’Antichità e nel Medioevo era tenuta in grandissima considerazione. A questo punto potrebbe sorgere spontanea una domanda: se nel corso del tempo l’opinione comune riguardo ai sogni è mutata, durante le diverse epoche storiche le persone sognavano in modo diverso? In parte sì e in parte no.

Con l’obiettivo di dimostrare le differenze che ci separano dagli uomini del passato e ciò che invece ci accomuna, la redazione di Zabaione ha elaborato il progetto “I sogni nel Medioevo”. Una raccolta di testimonianze oniriche del periodo, esaminate con lo scrupolo di uno psicanalista e lo sguardo di uno storico. Il nostro primo “paziente” è il re di Francia Carlo VI, vissuto tra la fine del Trecento e l’inizio del Quattrocento; era talmente entusiasmato per l’esperienza vissuta, che aveva raccontato il suo sogno a tutti i cortigiani, e così, fra le pagine di una delle tante cronache del tempo, è arrivato fino a noi. Il sovrano sognò di aver ricevuto in dono un falcone da caccia, all’epoca vero e proprio status symbol, ma una volta trovatosi a cavallo, il falcone gli era scappato dall’avambraccio, e lui si era lanciato al suo inseguimento senza mai raggiungerlo. Qui riconosciamo un meccanismo proprio dei sogni di tutte le epoche: spesso, infatti, ci capita di sognare di fare qualcosa, mentre dei continui impedimenti non ci permettono di portarlo a termine. Allo stesso tempo però notiamo delle differenze: i sogni sono “arredati” con gli elementi che albergano nella nostra vita. E, se nel Medioevo l’oggetto del desiderio poteva essere un falcone, oggi magari sarebbe un’auto sportiva. Torniamo però

al nostro Carlo VI: il re rincorre il falcone, ma non riesce mai a prenderlo, così si ritrova ai margini di una foresta. Scende a piedi e s’inoltra nella selva per cercare il falco, ma in una radura, anziché il volatile, trova un cervo alato che si comporta come un animale domestico. Il re sale in groppa al cervo e prende il volo a cavallo dell’animale; mentre attraversa il cielo ritrova il suo falcone e riesce a recuperarlo. Così esulta, dicendo “Che cavalcata! Non ho mai cavalcato meglio!”. E in quel momento si sveglia.

Questa, però, è soltanto una fra tante storie; la materia dei sogni, infatti, è ricca di variazioni e possibilità e, proseguendo il nostro viaggio, scopriremo quanti legami inesplorati si celino tra il sogno e le altre realtà quotidiane. Tramite altri “pazienti”, alcuni molto famosi, altri meno, scopriremo le antiche interpretazioni e i differenti significati legati ai sogni nel Medioevo. Attraverso cronache e importanti opere letterarie, vedremo come la raffinatezza del sogno in veste di comunicatore, la sua importanza nel mondo della cultura e della narrazione e il suo forte legame con l’eros siano rimaste, nonostante lo scorrere dei secoli, una costante universale. E facendo tutto questo ci muoveremo agilmente nel tempo: perché sognare, prima di tutto, è libertà.

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... E BERTA FILAVA

PERUGINO, “DIVIN PITTORE”?

Di francesco sciarrino

Negli studi critici sui pittori del Rinascimento, l’opera di Pietro Vannucci, detto il Perugino, è stata spesso marginalizzata. Per gli studiosi ciò che separa la sua arte da quella di personalità come Leonardo o Piero della Francesca è ciò che si potrebbe definire “intenzione intellettuale”; Perugino sembra infatti non addentrarsi profondamente nella psicologia dei personaggi raffigurati, e spesso il suo stile non ha il rigore formale di un autore che voglia esprimere il proprio pensiero, peccando di sentimentalismo e ripetitività. E forse i suoi detrattori più accaniti hanno ragione di criticare Perugino, considerando il grande malcontento che avevano suscitato le sue ultime opere perfino tra i contemporanei. Tuttavia nelle celebri Vite, il Vasari, uomo sensibile e padre della moderna Storia dell'Arte, dimostra di apprezzare molto l’abilità coloristica del Maestro, e scrive che, prima della crisi, l’opera di Perugino era ritenuta talmente valida da essere studiata in tutta Europa. Agostino Chigi, uno dei più grandi mecenati del Rinascimento italiano, aveva poi definito Perugino “Il meglio maestro d’Italia”.

Il pittore aveva dunque degli ammiratori e la stima da parte dei committenti, obiettivo fondamentale in una società dove

l’artista, per affermarsi, necessitava del sostegno di un mecenate o delle proposte di lavoro da parte di chiese e monasteri. Pietro aveva ricevuto la sua prima commissione importante poco più che ventenne, nel 1473. Da qui un’ascesa rapidissima, l’avventura a Roma sotto il patronato di Sisto IV e il suo capolavoro, La consegna delle chiavi, nella parete inferiore della Sistina. Perugino era a quel punto talmente affermato da aprire due botteghe e servirsi dell’aiuto di molti allievi, uno dei quali, Raffaello Sanzio, avrebbe poi superato il Maestro, sintetizzandone l’arte e proiettandola verso nuovi orizzonti. Ma è proprio all’apice della fama che il Perugino rimane vittima di se stesso e i “tipi” umani da lui delineati, Madonne assorte e dai morbidi contorni del volto, Crocifissi immersi in un’atmosfera di silenzio e sottrazione emotiva, e santi raffigurati in Sacre conversazioni coi piedi quasi a passo di danza diventano spesso stereotipi figurativi. Perugino arriva perfino a riprodurre su tele diverse gli stessi cartoni preparatori, e il pubblico lo abbandona. Oggi però, in occasione della mostra realizzata per i cinquecento anni dalla morte, il pittore avrà forse un’altra possibilità di stupire i visitatori. Nonostante gli innegabili difetti, infatti, c’è una lezione che la storia dell’arte ha imparato dal Perugi-

no: lo sviluppo del paesaggio inteso non più come sfondo di un evento, ma come palcoscenico spirituale sul quale l’uomo, nella sua piccolezza, vorrebbe comunque ritagliarsi la sua parte. In molte opere la perfezione delle lontane e aperte vallate, o l’algida severità delle architetture classiche, rendono l’elemento umano quasi accessorio; nella Consegna delle chiavi, invece, i personaggi appaiono perfettamente integrati nell’ordine architettonico e paesaggistico dell’affresco, attraverso la collocazione per livelli delle figure nello spazio unita a una prospettiva chirurgica. L’iniziale dicotomia tra individuo e universo circostante corrisponde, per il pittore, alla tensione fra reale e ideale. E l’artista, anziché mostrare il contrasto tra i due elementi, tenta l’utopia di una mediazione. Nei soggetti del Perugino l’umano si mescola al divino, ma non avendone le caratteristiche non può considerarsi del tutto tale. E il risultato di questo esilio è un limbo malinconico nel quale lo spettatore si perde e, tornando alla realtà, si sente ferito. Così, memore di ciò che ha appena visto, reagisce con un sorriso stanco, simile all’oziosa tristezza della bellissima Maddalena, dove, in quello che forse è il dipinto più profondo di Perugino, si avverte “L’insostenibile leggerezza dell’essere”.

10 aprile 2023 Anno XVII Numero 6 ZABAIONE
SVAGO

La storia è spesso popolata da personaggi eccentrici e dittatori celebri per la loro crudeltà, ma forse nessuno ha mai raggiunto la fama di colui che, nell’immaginario popolare, è diventato l’archetipo del tiranno capriccioso e narcisista: si tratta di un certo Lucio Domizio Enobarbo, meglio noto come Nerone. Già, proprio il presunto incendiario di Roma, il persecutore dei cristiani, il megalomane ideatore della Domus Aurea, e molto altro ancora. Nella vita però è importante non essere prevenuti: anche Nerone, infatti, avrebbe potuto diventare un “bravo ragazzo”. Il problema, come al solito, era la sua famiglia. Se voi lettori foste stati figli di Agrippina, capace di eliminare un paio di avversari scomodi una settimana sì e l’altra pure, e di sposarsi con un vecchio zio zoppo e balbuziente per sedersi a un passo dal potere assoluto, non avreste ricevuto una sana educazione affettiva, proprio come è successo al piccolo Lucio. Immaginatevi come si sarà sentito Nerone nel momento in cui, grazie a un piatto di funghi “conditi” dalla mamma, divenne improvvisamente sovrano di un quarto della popolazione mondiale a soli sedici anni. Di sicuro ha deciso di imitare i trucchi materni, eliminando poco dopo,

ACQUA IN BOCCA!

QUALE ARTISTA MUORE CON ME! Di francesco sciarrino

con un bicchierino d’acqua non proprio in regola, il figlio del defunto Claudio, Britannico. Agrippina ci era rimasta male, visto che progettava di fare l’imperatrice da dietro le quinte, lasciando a Nerone la parte del fantoccio; gli aveva anche dato un precettore di lusso, Seneca, per distrarlo con la retorica (ma non con la filosofia, quella per i tiranni è sconsigliata). Nerone, invece, era attratto da tutt’altre prospettive: governare gli piaceva, soprattutto aggiungendoci un tocco personale. Molti sono a conoscenza della grande passione che l’imperatore nutriva per i piaceri della carne e per gli spettacoli, due divertimenti che sua madre non vedeva affatto di buon occhio; nel primo caso, stando a Svetonio, Agrippina era arrivata a una concessione alquanto “tebana”, pur di accontentare il figlio intemperante. Ma per il secondo “vizio” non c’erano scuse, andava tenuto a freno. Così Nerone, stufo di questa e altre ingerenze, aveva risolto la questione, senza farsi troppi scrupoli, con un matricidio. Tacito racconta l’episodio della morte di Agrippina con l’abilità di un vero maestro: mentre i sicari pugnalavano la donna più potente di Roma ormai inerme, lei avrebbe urlato, strappandosi le vesti, di colpire al ventre da dove era venuto fuori quel suo figlio di-

sgraziato. Forse però la maestria di Nerone supera anche quella di Tacito. Cosa avrà fatto per stornare le chiacchiere sull'accaduto? Esattamente, recitò nientemeno che nei ruoli di Oreste e di Edipo. Il suo istrionismo non aveva limiti (Svetonio racconta che abbia costretto un poveretto a rievocare il mito di Icaro con un paio di ali finte, e con ovvie conseguenze), così come l’indignazione degli aristocratici: all’epoca infatti, mestieri come quello di attore o mimo erano considerati fra i più vili in circolazione. E chissà cosa potevano pensare i Senatori di un princeps che si faceva incatenare nudo in teatro di fronte a tutto il popolo per recitare nella parte di Ercole! Nerone, dal canto suo, si vendicava del disprezzo degli aristocratici obbligandoli a fare i domatori di belve nell’arena. Un simile personaggio con l’appeal autoritario del monarca ellenistico era troppo scomodo per vivere a lungo: infatti una rivolta di legionari in Gallia e in Spagna e un decreto speciale del Senato lo costrinsero alla fine a togliersi la vita in un podere di campagna. Prima di morire però, non sapendo che la sua cattiva fama sarebbe durata a lungo grazie al veleno degli storici come Tacito e Svetonio, fece un’ultima, lapidaria esclamazione: Quale artista muore con me!

SVAGO ZABAIONE Numero 6 Anno xviI aprile 2023 11

L'ANGOLO DEL LIBERTARIO

#IO STO CON SYDNEY di user2151357

Leggendo il giornale, nell’ultimo periodo, i miei occhi sono stati catturati da una notizia che, apparentemente, ha colpito molti lettori, poiché in men che non si dica si è ritrovata sulla bocca di tutti. Si tratta della conversazione tra Kevin e Sydney. Lui un giornalista del New York Times, lei una chat di Bing. Devo dire la verità, sebbene non mi abbiano mai appassionato le riviste scandalistiche, questo titolo è abbastanza scottante.

Per chi non lo sapesse, Sydney ha fatto scalpore per i suoi scambi

con Kevin, in cui gli confessava il suo amore per lui, chiedendogli di lasciare sua moglie e il suo tedioso matrimonio per mettersi con lei. Poche righe che toccano nel profondo del cuore e che vi consiglio di leggere, se volete una testimonianza che il vero amore esiste ancora ai nostri giorni. Ma vi dirò di più: la notizia mi interessa da vicino. Ebbene sì, perché Kevin Roose abita proprio accanto a me. Purtroppo non siamo molto in confidenza e non ho avuto possibilità di confrontarmi con lui

ZABAOROSCOPO

ARIETE

Ti avvertiamo: non ti conviene portare hai capito cosa in gita, se non vuoi guai legali. TORO

Come dicono i saggi, we are living in a material world: questo mese invece sperimenterete l’ebbrezza di una vita frugale. Abituatevi alla strada!

GEMELLI

Per vostra informazione no, corrompere il preside per farvi togliere le assenze non è un’opzione.

CANCRO

Siete sull’orlo di un esaurimento nervoso: ascoltare a tutto volume Burnout dei Green Day fa al caso vostro. Magari la querela dei vicini vi farà perdere la testa una volta per tutte.

LEONE

Abbiamo capito che ammirate tanto Diogene, ma fare quelle cose in pubblico è opinabile. Trasferitevi in una botte, piuttosto.

VERGINE

Il vostro stress vi ha portati nell’esotico mondo di Alcolandia: se trovate una via d’uscita, fatecelo sapere.

BILANCIA

Badate che la vostra naturale eleganza non sia contaminata dalle foto compromettenti di quella serata all’insegna degli eccessi.

SCORPIONE

Con quella testa tra le nuvole dovreste proporre un’esperienza di paracadutismo. E, chissà, potrebbe essere un valido tentativo per to-

riguardo alla notizia, ma da quello che vedo, questa Sydney sembra sapere il fatto suo. È evidente ogni giorno di più che il loro matrimonio non funziona. Quella donna non fa per Kevin; io lo vedo, è infelice, ha bisogno di qualcosa di stimolante, ha bisogno di amore, ha bisogno di Sydney. La gente che parla senza conoscere, giudicando un amore tanto puro, non fa onore alla società moderna in cui viviamo. Quindi, io dico sì all’amore, io sto con Sydney.

gliere di mezzo quell’odiatissimo prof…

SAGITTARIO

Avete aspettato trepidanti la primavera, ma ora che è arrivata già sognate mari cristallini e spiagge dorate: sappiate accontentarvi.

CAPRICORNO

Cercate di sopportare l’allergia al polline: prevediamo per voi un’estate all’insegna dei 40 gradi (% vol.).

ACQUARIO

Al vostro precario rendimento scolastico c’è solo una soluzione: abbracciare la vita da eremita.

Date sfogo alla vostra creatività e sguizzate nell’arte come lo sapete fare nell’acqua.

SVAGO 12 aprile 2023 Anno XVII Numero 6 ZABAIONE
PESCI
di jessica stefanini ed emma torreggiani

Bill Viola (non “Vaiola”, è italoamericano!) è uno dei più conosciuti e celebrati artisti contemporanei, che da quarant’anni fonde la videoarte con la mistica cristiana delle pale rinascimentali e la meditazione buddhista.

L’esposizione convertirà anche i detrattori accaniti all’arte contemporanea, grazie all’immediatezza e alla potenza espressiva delle sue opere; la particolarità dei filmati di Viola infatti sta, oltre che nella perfezione formale della composizione e nell’accompagnamento ambient techno prodotto dall’artista, nell’uso magistrale del rallenty, che obbliga anche il visitatore più superficiale a fermarsi e restare a guardare, pur di sapere cosa accadrà. A volte, non accade proprio nulla di sensazionale. Ma non importa, l’incantesimo è lanciato, l’altare virtuale magnetizza lo sguardo, e si è obbligati a soffermarsi sulle gocce che scorrono, sugli sguardi, sui cambiamenti impercettibili delle labbra.; a concentrarsi su un giovane che risorge dalle acque, sull’umanità investita dalla forza della natura, su una donna che si dissolve in fuoco.

La mostra, nelle sue 18 opere, gioca col contrasto tra l’immensità dei temi trattati e la lentezza con la quale vengono esplorati (per darne l’idea, ogni filmato riprende un’azione di circa 30 secondi rallentata e alterata fino a durare 10 minuti). Il tema principale che lega l’esperienza è il viaggio, spesso in entrambe le direzioni, tra vita e morte, legate indissolubilmente all’acqua: Viola rischiò di annegare a 6 anni, e questa esperienza, opprimente ma rivelatoria, permea anche il nostro oscillare tra le opere.

(Di Federico Savorani)

THE LAST OF US

Nel 2013 uscì, sulla PlayStation 3, The Last of Us: il videogioco ricevette ottime recensioni, e diventò subito un grande classico. Oggi, trascorsi dieci anni, arriva la serie tv, che, a differenza di altri adattamenti di videogiochi, eguaglia, se non supera, l’originale.

L’opera è eccezionale anche per chi ha già giocato alla versione originale, infatti Neil Druckmann, creatore del gioco e sceneggiatore della serie, ha deciso di modificare alcuni personaggi e di crearne di nuovi.

Oltre ad una storia incredibile, The Last of Us offre una scenografia fenomenale, che trasporta gli spettatori in un mondo post-apocalittico, ma anche ottimi recitazione, trucco – incredibile la trasformazione di alcuni attori – e fotografia. Degne di menzione sono anche le performance di Bella Ramsey, che, nonostante la giovane età, interpreta splendidamente Ellie, l’ultima speranza della terra, e di Pedro Pascal, il quale è risultato azzeccatissimo per il ruolo di Joel, smentendo le critiche iniziali dovute alla poca somiglianza con il suo personaggio.

A guastare l’ondata di successo ricevuto sono state alcune recensioni negative, tra le tante positive, che la serie ha ricevuto probabilmente a causa della rappresentazione LGBTQ+ presente in essa. Ciononostante, The Last of Us è imperdibile per chiunque abbia un abbonamento Sky/Now e qualche ora di tempo a disposizione. Inoltre, poiché tra le due esperienze ci sono tante differenze, è consigliatissimo recuperare il videogioco, anche dopo aver visto la serie.

ZABAIONE Numero 6 Anno xviI aprile 2023 13
ZABARECENSIONI SVAGO
(Di Luca Salvini)

ZABAENIGMISTICA CRUCIVERBA

ORIZZONTALI:

1. Da essa scappa l’assassino appena macchiato di un delitto - 14. Il mitico padre di Ilo - 15. Esimere, esonerare - 16. Le iniziali del fondatore del Virgin Group - 18. L’anima delle Erinni - 19. Disconosco, ripudio - 21. Coordinazione senza congiunzione - 23. Di scarsa sensibilità e lento comprendonio26. Non sempre è in buoni rapporti con però - 27. Il tè blu cinese - 29. Il momento della giornata a cui Foscolo dedica un celebre sonetto - 30. Il principio vitale cosciente di ogni organismo nella filosofia greca - 32. Atomo non elettricamente neutro - 35. La targa dell’Uzbekistan - 37. Forza resistente prodotta nel contatto di due corpi - 39. Iterare, rieseguire - 41. Lo fa il fato intrecciando il destino - 43. Il “ridendo rumorosamente” sul web - 44. Aeronautica Militare - 45. Un onero senza oro - 46. La maschera bergamasca dall’abito variopinto - 51. Uno strumento di tortura dell’antica Grecia - 54. Lo è il conte Ugolino per Dante

VERTICALI:

1. Bizzarro, bislacco - 2. Il fiore dei morti - 3. Vasti lassi temporali, suddivisi in ere - 4. Così Zeus chiama il padre di Crono - 5. Lo è il testimone che dichiara di aver appreso da un altro soggetto - 6. Risultato, riuscita - 7. I mercanti di schiave nell’antica Roma - 8. Le consonanti in cenno - 9. Raidió Teilifís Éireann - 10. L’antagonista dell’Otello - 11. Un temporale inglese capovolto - 12. Gli ultimi due terzi delle zie - 13. Il platonico guerriero visitatore dell’aldilà - 17. Il “fra” degli anglofoni - 20. Un “perché” latino - 22. Una matrona romana che sta in casa - 24. Non può mancare a un giovane esploratore inglese - 25. Il più grande antagonista di Frodo ne Il Signore degli Anelli - 28. Il più grande primate vivente - 31. Viene utilizzato per rilevare l’abuso di alcool - 33. La conclusione degli inni - 34. Extended Play - 36. Accanito difensore dell’indipendenza ebraica al tempo della dominazione romana in Giudea - 38. Artigiani di gioielli preziosi - 40. Il maggior collegio giudicante ateniese - 42. Storico veicolo su rotaie caratteristico di Milano - 47. Encoded Archival Description - 48. Il verso della rana - 49. L’esclamazione propria del brindisi - 50. Hypermedia Dante Network - 52. Il nume solare egizio - 53. Nel mezzo della Cina

SVAGO 14 aprile 2023 Anno XVII Numero 6 ZABAIONE
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di corrado calissano

SFIDA INFERNALE

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dello zabaoracolo

di viola pilo

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MIRACOLO DELLA CROCE A RIALTO, VITTORE CARPACCIO

ZABAIONE Numero 6 Anno xviI aprile 2023 15
SVAGO

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