Atlante delle Guerre - settima edizione

Page 41

Asia

A cura di Amnesty International

Qualcosa cambia ma troppo lentamente In un contesto caratterizzato da repentini cambiamenti economici e sociali, il quadro dei diritti umani è rimasto spesso segnato da repressione, ingiustizia e impunità (che, nel caso dell'Indonesia, ha raggiunto il mezzo secolo in relazione all'uccisione, nel 1965, di centinaia di migliaia di iscritti e presunti simpatizzanti del partito comunista locale). La crisi globale dei rifugiati si è fatta sentire anche in questa Regione, soprattutto nel Golfo del Bengala e nel mare delle Andamane, dove i trafficanti hanno abbandonato migliaia di migranti e rifugiati, lasciandoli alla deriva per settimane prima che Indonesia, Malesia e Thailandia prestassero i primi, parziali soccorsi. L'Australia ha portato avanti la sua politica di "esternalizzazione" dell'esame delle richieste di asilo politico, coinvolgendovi Papua Nuova Guinea e Nauru. Una commissione d'inchiesta indipendente ha accertato che nel centro di detenzione di Nauru vi sono stati casi di aggressione sessuale e stupro. Amnesty International ha raccolto prove sul coinvolgimento della marina militare australiana in attività criminali, quali

l'aver pagato l'equipaggio di navi di trafficanti per portare migranti e rifugiati al largo, verso l'Indonesia. Centinaia di migliaia di persone hanno continuato a languire nei campi di prigionia della Corea del Nord, dove carestia, lavori forzati e torture sono all'ordine del giorno. Cambogia, Cina, India, Indonesia, Malesia, Thailandia, Vietnam e i Paesi dell'ex spazio sovietico hanno intensificato la repressione nei confronti delle voci critiche, degli avvocati e dei difensori dei diritti umani introducendo e applicando rigorosamente nuove e vecchie leggi liberticide, soprattutto in relazione all'espressione delle opinioni sui social media. Il Pakistan è rimasto uno dei Paesi più pericolosi al mondo per i giornalisti mentre in Bangladesh sono stati uccisi almeno quattro blogger. La vittoria, dopo quasi mezzo secolo di regime militare, della Lega nazionale per la democrazia alle elezioni di novembre, ha aperto la speranza in un profondo cambiamento in Myanmar: speranza su cui grava l'ipoteca dell'impunità per i crimini del passato e del perdurante silenzio che continua ad accompagnare la persecuzione della minoranza musulmana rohingya. In Afghanistan, India, Myanmar e Thailandia tanto le forze di sicurezza quanto i gruppi armati hanno commesso violazioni dei diritti umani. In Afghanistan, quando a settembre i talebani hanno preso il controllo della Provincia di Kunduz, sono emerse denunce di uccisioni e stupri di massa. Sempre nel contesto del conflitto


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