avviati per “offesa al Presidente”, giornalisti fatti licenziare, arrestati e aggrediti. La libertà d’espressione è stata sottoposta a gravi limitazioni anche in Russia. Alla fine dell’anno il numero delle organizzazioni non governative inserite nella lista degli “agenti stranieri” aveva superato il centinaio. La storica ong “Memorial” è stata multata per non aver inserito sulle copertine delle sue pubblicazioni l’infamante etichetta di “agente straniero”. È entrata in vigore anche una legge sulle organizzazioni straniere “indesiderabili”. In Azerbaigian, nonostante il positivo rilascio di Leyla Yunus (presidentessa dell’Istituto per la pace e la democrazia) e di suo marito Arif Yunus, il numero dei prigionieri di coscienza è rimasto elevato, almeno 18 alla fine dell’anno. Gli attentati di Parigi di gennaio e novembre hanno dato luogo all’adozione di misure pericolose per i diritti umani: nuove leggi antiterrorismo, aumento dei poteri di perquisizione
e arresto, espulsioni sommarie, sorveglianza indiscriminata e di massa, provvedimenti “antiradicalizzazione” di portata ampia e potenzialmente minacciose per la libertà d’espressione. Per l’Italia il 2015 è stato un ulteriore anno perso nel campo dei diritti umani. È perdurata la discriminazione contro i rom, con migliaia di persone segregate in campi monoetnici. Il parlamento non è riuscito a introdurre il reato di tortura nella legislazione nazionale, a creare un’istituzione nazionale indipendente per i diritti umani e a garantire il riconoscimento legale alle coppie dello stesso sesso.
TENTATIVI DI PACE A cura di Giovanni Scotto
In crisi l'architettura istituzionale Nel 2015 il continente europeo è stato investito in pieno dagli effetti delle guerre alla sua periferia. In particolare, la guerra civile siriana e l'instabilità nell'Africa a Sud del Sahara hanno prodotto un flusso di rifugiati e richiedenti asilo stimato in più di un milione di persone nel 2015. Nella pericolosa traversata del Mediterraneo, durante l'anno sono morte o disperse 2800 persone. L'architettura istituzionale europea è entrata in crisi con l'arrivo di decine di migliaia di migranti, e molti Paesi, a partire dall'Ungheria, hanno deciso di chiudere le frontiere. La Germania ha annunciato di accogliere tutti i rifugiati provenienti dalla Siria, ma nonostante questo l'Ue ha preferito, nel marzo 2016, accordarsi con la Tur-
chia di Erdogan per delegare di fatto a quest'ultima la gestione del flusso di rifugiati dal vicino Paese in guerra. Le istituzioni sovranazionali di cui gli Stati europei fanno parte faticano a tenere il passo delle crisi: lo si è visto in campo economico con la crisi greca, risoltasi in un braccio di ferro in cui Atene alla fine ha ceduto a tutte le richieste di Bruxelles e Francoforte. Anche l'Osce, un tempo la camera di compensazione in cui Usa, Russia e Paesi Europei gestivano le crisi seguite alla fine della guerra fredda, è solo riuscita ad arginare la guerra in Ucraina, senza riuscire finora ad avviare il conflitto a una soluzione. La responsabilità è certo del Cremlino, ma non solo.
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