Atlante delle Guerre - settima edizione

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Editoriale

Il silenzio dell’informazione

E' questo il peggior nemico della pace

Il Direttore Raffaele Crocco

5

C

osa dire: il 2015 è stato un anno durissimo, ancora una volta. Il Vicino Oriente, con la crisi militare e politica creata anche dall’arrivo dell’Isis, è un campo di battaglia permanente, in cui si scontrano potenze mondiali, medie e eserciti e milizie assolutamente locali. Un esempio di “glocal” inquietante. Se ci pensate, quella combattuta laggiù è una piccola guerra mondiale concentrata in poche migliaia di chilometri quadrati. I confini e il futuro di Paesi che abbiamo conosciuto, Siria e Iraq ad esempio, sembrano destinati a mutare per sempre. Non basta? Bene: in Ucraina c’è una tregua fragile, che non regala alcun futuro al Paese. Si muore come sempre in Nigeria, nella Repubblica Centrafricana, in Mali. In Niger, e Nagorno Karabakh invece la guerra è ripresa. Se tiriamo le somme, ci ritroviamo con 36 guerre tra le mani e decine di situazioni di crisi, sempre a combattere per il controllo di risorse fondamentali: cibo, acqua, materie prime. E tutto mentre restano pesanti gli squilibri:128milioni di individui, controllano il 60 per cento del Pil mondiale. Il risultato sono, anche, 60milioni di profughi in cerca di una vita in qualche angolo di mondo. Di tutto questo sappiamo poco, parliamo poco. Eppure, senza saperlo ci confrontiamo con questi problemi, anzi con questi fatti, ogni giorno. Ogni giorno, discutiamo della questione dell’arrivo di richiedenti asilo dalle zone di guerra. Ogni giorno, un po’ dei nostri soldi finiscono nelle zone di conflitto per mantenere le nostre forze armate all’estero: ci costano due miliardi di euro l’anno, quanto i tagli alla sanità in Finanziaria. Dobbiamo saperne di più e il 2016 potrebbe essere l’anno buono per cominciare a capire l’importanza di queste informazioni, di queste notizie. Potrebbe essere il momento per chiedere al servizio pubblico televisivo di smetterla di programmare nel cuore della notte le rubriche che parlano del mondo. Potrebbe essere l’ora per pretendere dagli editori che sulle prime pagine dei quotidiani non si parli sempre e solo del pettegolezzo politico locale. Non ci credete? Si può fare, andate in Spagna e comprate El Paìs, il quotidiano più importante. Le prime pagine, le prime dieci-dodici pagine, ogni giorno raccontano quello che accade nel mondo. Solo dopo arrivano la politica e la cronaca del Paese. Sapere cosa accade nel mondo è fondamentale per ognuno di noi. Ci permette di decidere che fare, come agire. Ci regala libertà, perché il silenzio è il peggior nemico anche per la pace e la democrazia.


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