Conflitti Ambientali
fiume. I sistemi di irrigazione necessari all’agricoltura intensiva, lo sbarramento operato dalle dighe e i bacini artificiali, uniti al riscaldamento globale e alla siccità, potrebbe ridurre del 70% l’afflusso di acqua al lago Turkana con conseguenze facilmente intuibili. Il livello delle acque, secondo gli studi idrogeologici, potrebbe subire un calo compreso tra i 16 e i 22 metri a fronte di una profondità media dell’invaso pari a 31 metri. A rischio i fragili ecosistemi, le riserve di pesca e la piccola agricoltura da cui dipendono le tribù Bodi, Daasanach, Kara, Kwegu, Mursi e Nyangatom che vivono sulle rive del Turkana e del fiume Omo. Altri popoli, come gli Hamar, i Chai, i Suri e i Turkana possono accedere alle risorse generate dalle piene attraverso un antico sistema di alleanze etniche. Anche se tra le varie tribù ci sono rapporti di cooperazione e scambi commerciali, l’accesso a risorse scarse è da sempre motivo di periodici conflitti ma la sottrazione di risorse e il loro deterioramento ha accentuato la competizione e messo la popolazione in costante rischio di “catastrofe umanitaria”. L’introduzione delle armi da fuoco ha poi radicalizzato la pericolosità di questi conflitti rispetto al passato. A tutto ciò, bisogna aggiungere le operazioni militari condotte dai soldati etiopi a danno, ad esempio, dei pastori Hamar e delle altre tribù che si oppongono alle politiche governative di “villagizzazione”. Nel 2013, la guerra armata per il controllo dell’acqua causò decine di morti e 60mila profughi. Nello stesso anno l’Unesco ha scoperto, proprio nel deserto del Turkana, una delle falde acquifere sotterranee più grandi al mondo, circa 250miliardi di metri cubi di cui possono esserne sfruttati 3,4 l’anno senza intaccare la portata della falda. Tutto ciò a patto di non stravolgere l’ecosistema in superficie. L’anno precedente, nella stessa Regione, era stato scoperto un giacimento di petrolio, il cui valore sembra irrisorio rispetto alle enormi riserve d’acqua.
L’Isis e la guerra in Siria e Iraq: tra clima e controllo delle risorse Il conflitto siriano, innescato nel marzo 2011 dalle proteste contro il regime monopartitico del Presidente Baššār al-Asad e velocemente sfociato in guerra civile ha ridotto in povertà il 60% della popolazione e generato 7milioni di profughi. Al comando della ribellione armata vi era inizialmente l’Esercito Siriano Libero il cui ruolo è andato però marginalizzandosi a vantaggio dell’estremismo jihadista di stampo salafita che mira all’istituzio-
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