L'Espresso 43

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Istruzione / Le opportunità

STESSE CHANCE A C DI GAJA CENCIARELLI

N

ell’arco di tempo intercorso dal risultato delle elezioni all’insediamento del nuovo governo, una delle pratiche più diffuse è stato il cosiddetto totoministri. Nel lungo elenco dei ministeri non compariva quasi mai quello della Pubblica istruzione. Non c’è da stupirsene: la scuola è stata, negli ultimi decenni, praticamente invisibile nell’agenda politica e, quand’anche abbia goduto di una certa attenzione, le conseguenze sono state disastrose. Una delle più recenti innovazioni è stata la costosissima informatizzazione delle supplenze. Esperimento riuscito? Stando alle dichiarazioni del ministro uscente, è stato un successo: tutti i docenti erano in cattedra dal primo settembre. Gli insegnanti precari la pensano diversamente: numerosissimi gli aventi diritto con punteggi alti e titoli aggiuntivi – in ogni classe di concorso, comprese le graduatorie sul sostegno - scavalcati in graduatoria da candidati con un punteggio inferiore; i vincitori del recente concorso ordinario che, in alcune regioni, non sono stati immessi in ruolo e si sono visti costretti ad accettare supplenze per un’altra annualità; i dirigenti scolastici che hanno iniziato a convocare da graduatorie di istituto o a pescare dalle Mad (acronimo per Messa a disposizione) per tappare buchi che somigliano a voragini e che rischiano di sottrarre tempo prezioso alla didattica. Senza addentrarci sul danno economico che questi errori causano all’affollatissima categoria dei docenti, senza nemmeno sottolineare il meccanismo farraginoso che ostacola la stabilizzazione dei precari storici, ci sia concesso di avanzare qualche legittimo dubbio sull’effettivo, assoluto successo di questo sistema che si proponeva di essere risolutivo. Del resto, non è mai accaduto che negli Uffici scolastici regionali – soprattutto quelli delle grandi città – non si siano verificati errori: la gran mole di lavoro da gestire ha molto influito sull’accuratezza. Fin qui il cahier de doléances che entra nel merito del sistema scolastico dal punto di vista organizzativo. Ciò nonostante, con i suoi difetti e le sue pecche strutturali, la scuola è – e resta, grazie ai docenti e agli studenti – teatro di quel nobilissimo atto politico che è l’insegnamento. Da qualche giorno, tuttaGaja Cenciarelli via, sia chi insegna sia chi impara si è riScrittrice trovato, a percorrere non solo la strada 22

30 ottobre 2022

Una lezione al liceo classico, linguistico, scientifico Virgilio di Milano

dell’istruzione ma anche del merito. Sono due gli articoli della nostra Costituzione che disegnano le linee guida della scuola pubblica con particolare attenzione nei confronti dei discenti. L’articolo 3 recita: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese». L’articolo 34 precisa: «La scuola è aperta a tutti. […] I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi». Se, dunque, la nostra Costituzione già contempla il merito e le capacità, di cosa si parla quando si introduce il concetto di merito? Qual è la sua portata (o la sua deriva) semantica? Secondo il nuovo governo, la scuola progressista ha fallito, si è appiattita al ribasso: «La scuola senza qualità,


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