Italia Ornitologica, numero 11 2022

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Rivista mensile di Ornitologia Scientifica - Tecnica - Pratica Organo Ufficiale della F.O.I.-Onlus

ANNO XLVIII numero 11 2022

Canarini di Colore

Estrildidi Fringillidi e Ibridi

Caratteristiche e giudizio Il Diamante Nero Pastello Ali grigie di Gould bruno

Didattica & Cultura

Estrildidi Fringillidi e Ibridi

Dimorfismo Il colore giallo, e dicromatismo sessuale arancio e rosso



ANNO XLVIII NUMERO 11 2022

sommario 3

Aiuti ai novizi Giovanni Canali

Caratteristiche e giudizio del Nero Pastello Ali grigie

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C.T.N. Canarini di Colore

Il colore giallo, arancio e rosso Francesco Faggiano

Associazione Ornitologica Nuova Drepanum Francesco Badalamenti

Photo Show Le foto scattate dagli allevatori

Il re dei Cardilli major di Eboli Luca Gorreri e Paolo Meduri

Canarini di Colore

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Estrildidi Fringillidi Ibridi

Il Diamante di Gould bruno Luigi Montini e Sergio Lucarini

La nuova classificazione dei Carpodachi Daniele Scarpa

Un week-end di formazione tecnica dui CFPA Luigi Mollo

La “Carugla” (rucola selvatica) Pierluigi Mengacci

Dimorfismo e dicromatismo sessuale Giovanni Canali

AMMINISTRAZIONE E PUBBLICITÀ: Segreteria F.O.I.-Onlus Via Caorsana, 94 - Località Le Mose 29122 Piacenza Tel. 0523.593403 - Fax 0523.571613 Web: www.foi.it - E-mail: redazione@foi.it

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Didattica & Cultura

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Photo Show

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Donacola petto castano x Passero del Giappone (2ª parte)

55 OrniFlash News al volo dal web e non solo 60 Attività F.O.I. - Sintesi verbali C.D.F. del 24/25 giugno, 5 agosto e 27 agosto 2022 62 Lettere in Redazione 64 Simone Olgiati

Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana ISSN 0391-254X (International Standard Serial Number) Autorizzazione del Tribunale di Bologna n. 4396 del 12-3-1975

Direttore Responsabile: Antonio Sposito Caporedattore: Gennaro Iannuccilli Collaboratori di Redazione: Giovanni Canali, Maurizio Manzoni, Francesco Rossini

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Italia Ornitologica è la rivista ufficiale della F.O.I. - Federazione Ornicoltori Italiani, pubblicata in 10 (dieci) numeri annuali a cadenza mensile, 2 (due) dei quali in versione bimestrale nel periodo estivo (Giugno/Luglio e Agosto/Settembre). Il numero 11 - 2022 è stato licenziato per la stampa il 3/11/2022



Editoriale

Aiuti ai novizi di G IOVANNI CANALI

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el libricino “L’ABC del Canarino” reperibile in F. O. I., ove fornisco le nozioni di base, prendo in considerazione diversi aspetti dei rapporti con i bambini e con gli aspiranti allevatori anche adulti, magari attempati. Il tutto più dalla parte del canarino che non dell’allevatore, come ritengo giusto. Del resto, bisogna anche dire che, quando il rapporto è corretto, non c’è contrasto fra i due aspetti, anzi meglio sta il canarino e migliori sono le soddisfazioni dell’allevatore. Non a caso la parte delle malattie, del testo suddetto, è a cura di un provetto veterinario ricercatore universitario, quale Tiziano Iemmi. Del resto io non ho mai dato farmaci senza il parere del veterinario e lo considero doveroso. A questo proposito, è bene che l’allevatore esperto si esprima solo quando è sicuro di quello che dice, a livello di allevamento, ed in nessun caso si atteggi a terapeuta senza essere veterinario. Molti di noi cercano di fare proselitismo diffondendo il nostro bellissimo, impegnativo e creativo hobby; personalmente non condanno questo aspetto, anzi per certi versi lo apprezzo, tuttavia io preferisco non fare proselitismo, non me la sento. Sono certo, molto volentieri, a disposizione dei novizi cui elargisco pareri ed aiuti, talora ho anche donato soggetti. Però non faccio pressioni per indurre ad allevare; infatti desidero che la motivazione sia forte. Dato che l’impegno che comporta la cura di un allevamento, anche piccolo, è elevato, temo che qualcuno si stanchi. Ebbene, se qualcuno si stancasse e cedesse i suoi soggetti, non vi sarebbe nulla di male, solo un numero di allevatore in meno, ma se taluno trascurasse i suoi soggetti sarebbe grave. Valuto sempre le cose dalla parte degli uccellini, che devono essere trattati sempre al meglio. A questo proposito io dono volentieri qualche soggetto a persone meritevoli, esordienti ed amici, ma solo se sono sicurissimo che il dono sia gradito, più che altro quando il soggetto è richiesto. L’uccellino comprato, quindi sicuramente desiderato, ha più probabilità di finire bene rispetto a quello donato, non molto gradito o quasi imposto. Consiglio quindi di non insistere con i doni o farne di inaspettati, quando non sicuramente graditi. Questo anche perché, talora, il soggetto non pagato bene appare meno bello, è un fatto psicologico.

Quando il novizio è un bambino, bisogna che i famigliari adulti lo seguano. Sarebbe diseducativo se venissero tollerate trascuratezze e profondamente ingiusto verso gli uccellini. Inoltre, se capitasse qualcosa di male, il bimbo potrebbe avere anche un senso di colpa. Quindi l’adulto controlli e ove sia il caso intervenga. Ricordo che da bambino ero molto motivato verso i miei uccellini di varia specie, ma se talora mi distraevo, una zia, mai sufficientemente ringraziata, interveniva anche con qualche sollecitazione. Il bambino deve anche avere il massimo rispetto per tutti gli animali, non deve mai considerarli balocchi. L’adulto è bene che non lasci accarezzare un gatto contro pelo, si rischia anche un graffio. Se il bambino volesse accarezzare con il ditino il capo di un canarino o di un pappagallino, lo si conceda una sola volta, magari appena arrivato, tenendo il soggetto in mano, ma non una volta di più; il piccolo pennuto non deve essere stressato, e se pappagallino c’è il rischio che becchi pure. Quando il novizio è un adulto la cosa è più semplice, data la diversa maturità. Accade anche che adulti i quali avevano avuto uccellini da piccoli, li riscoprano al momento della pensione. In ogni caso, l’allevatore navigato ritengo abbia quasi il dovere di collaborare con il nuovo venuto. È bello come comportamento lodevole in sé, ma può essere anche utile per chi aiuta. Un socio in più in un’associazione è sempre un supporto in più, inoltre un domani potrebbe essere il socio navigato a poter avere un aiuto. I casi possono essere tanti: una mano durante le vacanze o una indisposizione, la cessione di un soggetto ecc... Uno dei comportamenti peggiori per un esperto è quello di buggerare il novizio con la cessione di soggetti scadenti o peggio in non perfette condizioni di salute. Trattasi di un comportamento di per sé riprovevole e scoraggiante per chi lo subisce, ma che potrebbe ritorcersi contro chi lo ha commesso, visto che certe “furbate” si vengono sempre a sapere. Inoltre chi è stato maltrattato se ne ricorderà a lungo, o peggio, deluso potrebbe rinunciare. Inutile ricordare che i soci per le associazioni sono vitali e la vita moderna non favorisce certo l’allevamento amatoriale. Difficile avere il luogo adatto, non facile trovare il tempo necessario, per non parlare degli interessi diversi che hanno spesso i giovani, così informatici, forse troppo informatici.

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Editoriale Utile fornire agli incerti che sarebbero motivati argomenti a favore dell’allevamento. Argomenti eventualmente efficaci da contrapporre a chi contestasse l’allevamento in quanto tale, oggi accade abbastanza spesso. Gli argomenti a favore dell’allevamento sono come armi dialettiche da usare in certe conversazioni o dibattiti, ed è bene che anche il novizio li conosca. Un argomento principe è che l’allevamento protegge dall’estinzione. Del resto un motto della FOI è che “allevare è proteggere”. In effetti si rende inutile il prelievo in natura, si mantiene una popolazione domestica, in qualche caso utilizzabile per una re-immissione in natura. Si possono effettuare studi impossibili in natura, già i nidi artificiali ne consentono alcuni altrimenti impossibili. C’è poi l’aspetto della pet therapy, non trascurabile. Ci potrebbe essere perfino un lato artistico, attinente alla bellezza di certe razze selezionate, sul quale però non è il caso di soffermarsi poiché non tutti l’apprezzano. Sulla protezione si può anche dire che ci sono esempi storici sulla difesa della specie e con il loro salvataggio dall’estinzione. Si può citare il Condor della California (Gymnogyps californianus) e, più vicino a noi allevatori amatoriali, l’oca delle Hawaii detta “nene” dai nativi con una onomatopeia (Branta sandvincesis), che spesso cito. Esistono anche specie purtroppo estinte in natura, ma presenti allo stato domestico, come l’ara di Spix (Cyanopsitta spixii), c’è mancato poco che si riuscisse a salvarla anche in natura. È bene sottolineare che allevare è cosa ben diversa dal cacciare, visto che non si uccide ma si fa nascere, differenza certo non piccola. Ovviamente è perentorio esprimersi

Alcuni dei soggetti all’interno della voliera della Federazione

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con adeguata severità contro chi commettesse maltrattamenti o abusi. Talora vengono fatti discorsi contro le specie esotiche. Ebbene, in effetti ci sono grossi rischi nell’immissione in natura di specie alloctone e ben lo vediamo. Tuttavia vi sono specie alloctone o esotiche che dir si voglia, che sono diventate domestiche e non comportano rischi, bisogna saper valutare caso per caso. A questo proposito si può ricordare che in origine il Gallo (Gallus gallus) è asiatico, il Tacchino (Meleagris gallopavo) americano, la Gallina faraona (Numidia meleagris) africana ed altro ancora. Questi concetti è bene che vengano recepiti anche dai novizi, anche perché qualcuno potrebbe essere incerto, per dubbi infondati sulla liceità morale dell’allevamento. Bisogna però informare molto bene i neofiti sulle leggi ed i regolamenti. Le specie che richiedono registri o comunque documentazioni devono essere segnalate come tali. Sarebbe grave se il neofita subisse sanzioni per ignoranza. Certo l’ignoranza della legge non è ammessa, ma non tutti sono informati e quindi a rischio. Spetta in primo luogo a chi cede i soggetti rendere edotto l’acquirente sulle incombenze che ci sono, tuttavia tutti possono farlo rendendosi utili. Questi aspetti di informazione sono particolarmente necessari oggi che l’allevamento amatoriale è nel mirino di alcuni che non lo considerano accettabile. Insomma ritengo che i novizi vadano aiutati a tutto campo. Certo consigli su come condurre un allevamento, ma anche fornendo loro un supporto filosofico, pratico e “politico” in senso lato, sull’utilità dell’allevamento stesso.


CANARINI DI COLORE

Caratteristiche e giudizio del Nero Pastello Ali grigie testo di C.T.N. CANARINI COLORE, foto A. J. SANZ

M. Nero Pastello AG Mosaico Rosso con tonalità eumelaninica complessiva inferiore alle prescrizioni dello standard e con presenza di melanina bruna particolarmente evidente sulle remiganti

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l Nero Pastello ad Ali Grigie è senza dubbio un Canarino affascinante e di impatto per originalità e oggettiva bellezza. È un Canarino che, tuttavia, richiede perizia ed esperienza, non adatto a chi si affaccia alla canaricoltura di colore, per intenderci. Non intendiamo, in questa sede, disquisire della storia della sua selezione né della particolare complessità che interessa la trasmissione delle caratteristiche tipiche, argomenti interessanti ma corposi. Obiettivo del nostro lavoro è invece quello di rammentare le caratteristiche previste dallo standard e, conseguentemente, favorirne il rispetto sia da parte dei giudici sia da parte degli

M. Nero Pastello AG Mosaico Rosso insufficiente nella voce tipo in quanto evidenzia difetti di rilievo: melanina bruna diffusa su tutta la livrea e scarsa ossidazione delle parti cornee

È un Canarino che richiede perizia ed esperienza, non adatto a chi si affaccia alla canaricoltura di colore

allevatori, fornendo le opportune indicazioni. La ragione del nostro intervento è dettata dalla presa d’atto, ormai da tanti anni, del livello medio assai modesto, spesso scadente, dei soggetti esposti anche nelle più importanti mostre nazionali.

Il livello medio-basso dei soggetti presenti nelle esposizioni ha portato fino ad oggi a premiare molto spesso il soggetto “meno peggiore”, con forzature che portano sul podio soggetti con evidente presenza di melanina bruna (difetto grave anche a fronte di un’ottima conformazione del disegno) o con scarsa espressione della tonalità dell’eumelanina richiesta dallo standard (per intenderci, ci riferiamo a quei Canarini che nel nostro gergo vengono definiti “slavati”). È intuibile che in tale contesto l’allevatore medio non trovi alcuno stimolo a migliorare le caratteristiche del proprio ceppo: il podio assicurato con soggetti modesti in un contesto generale di scarsa qualità può costi-

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alluminio con evidenti bordature grigio antracite su tutta la livrea · la rachide assume la stessa tonalità grigio antracite delle bordature · becco, zampe ed unghie ossidati. · tollerati maggiori residui di eumelanina grigio antracite all’apice delle remiganti Per essere completi, elenchiamo anche i difetti che non possono in alcun modo giustificare l’attribuzione di punteggi da podio: · presenza evidente e diffusa di melanina bruna · tonalità complessiva inferiore alle prescrizioni dello standard (soggetti “slavati”) · parti cornee scarsamente ossidate · melanizzazione dell’apice delle penne che interessa tutta la livrea e non solo l’apice delle remiganti (difetto riscontrabile soprattutto nelle femmine) · tendenza al Nero Pastello tradizionale (percezione di striature eumelaniniche) Un discorso a parte merita l’aspetto

M. Nero Pastello AG Mosaico Rosso con tonalità eumelaninica complessiva inferiore alle prescrizioni dello standard con riduzione delle bordature di remiganti e, soprattutto, timoniere

tuire una soddisfazione che limita o scoraggia il miglioramento selettivo. Tale situazione è maggiormente riscontrabile tra i mosaico giallo, sicuramente a causa della scarsa qualità dei Nero Mosaico Giallo in circolazione fino a qualche anno fa. Oggi, invece, la qualità di questo canarino è notevolmente migliorata, per cui, lavorando con un ottimo tipo base, in un paio di anni si potranno ottenere eccellenti Nero Pastello ad Ali Grigie anche nel mosaico giallo. È arrivato il momento, dunque, di attuare una politica che possa indirizzare l’allevatore nella giusta direzione. Come? Innanzitutto pretendendo il rigoroso rispetto dello standard. Cominciamo con la corretta valutazione della voce “tipo” e delle caratteristiche prescritte dallo standard in oggetto che di seguito si riportano in sintesi: · eumelanina ridotta · assenza di melanina bruna · disegno a scaglie di tonalità grigio

M. Nero Pastello AG Mosaico Rosso campione italiano 2019 che evidenzia tipicità nella conformazione del disegno, nella tonalità complessiva, nella melanizzazione della rachide e nell’ossidazione delle parti cornee

F. Nero Pastello AG Mosaico Rosso Avorio con Tipo valutabile Buono che si discosta dall’ottimo per la tonalità eumelaninica leggermente inferiore

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della melanizzazione più scura all’apice delle remiganti e, in misura minore, delle timoniere. Storicamente in Italia l’orientamento è stato quello di penalizzare questa caratteristica, mentre a livello OMJ e all’estero era considerata una caratteristica essenziale. Attualmente nei due standard si parla di “tolleranza”. Tuttavia i risultati di allevamento, che sappiamo essere eterogenei avendo a che fare con fattori quantitativi, dimostrano che i soggetti più belli, quelli che raggiungono livelli di eccellenza nella tonalità prescritta, nella conformazione del disegno e nella melanizzazione della rachide, presentano questa caratteristica. Ovviamente, a parità di espressione delle caratteristiche tipiche si darà preferenza ai soggetti che non la presentano. Avvertiamo, tuttavia, che si tratta di un traguardo che, ad essere ottimisti, è abbastanza difficile, se non improbabile, da raggiungere. È quanto mai necessario chiarire che le foto pubblicate nel presente arti-

colo non hanno un valore meramente decorativo ma ritraggono soggetti opportunamente individuati dalla Commissione Tecnica come punto di riferimento per illustrare caratteristiche e difetti. Al fine di fornire un ausilio pratico agli allevatori, abbiamo pensato di concludere riportando i consigli e le esperienze di tre colleghi giudici, ovvero Marco Gazzetti, Franco Fontana e Luciano Savini, che si sono dimostrati particolarmente abili ed esperti nella selezione di soggetti di qualità che, come tecnici, abbiamo avuto modo di apprezzare nelle mostre. Marco Gazzetti Rispondo all’invito della CTN e descrivo il mio modo di selezionare il canarino Nero Pastello Ali Grigie. Io accoppio in purezza massimo per due anni, poi inserisco sempre i portatori. Per produrre i portatori utilizzo neri senza feomelanina e da alcuni anni utilizzo neri monomelanici.

F. Nero Pastello AG Mosaico Rosso campione italiano 2019. Pur con residue incrostazioni di melanina bruna che si intravede su remiganti secondarie e copritrici secondarie, presenta ottima conformazione del disegno e ottima tonalità eumelaninica

Nero Pastello AG Bianco con eccessiva presenza di melanina bruna

La differenza che ho riscontrato tra i due tipi di portatori è che con i monomelanici occorrono tre anni per pulire l’ala (punte delle remiganti nere), mentre con i neri non monomelanici un anno in meno, ma il grigio antracite si ottiene solo con il monomelanico. Altra cosa importante: io per fare i portatori uso maschio nero x femmina ad Ali Grigie e non il contrario, come fanno in tanti. Dall’accoppiamento maschio ala grigia x femmina nera le femmine che nascono presentano caratteristiche del Nero Pastello tradizionale. Queste femmine, accoppiate con maschi ad Ali Grigie, già in prima generazione producono figli che presentano la feomelanina su timoniere e remiganti. Riassumendo, per arrivare il più vicino possibile allo standard, la strada che consiglio di percorrere è quella che prevede di utilizzare il canarino monomelanico o canarino nero senza feomelanina, seguendo il percorso selettivo sopra descritto.

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Nero Pastello AG Bianco. Pur con residue incrostazioni di melanina bruna sulle remiganti, presenta una buona conformazione del disegno e un’ottima tonalità eumelaninica

Franco Fontana Ho notato che i soggetti che presentano un disegno dorsale e sulla testa più evidente e tipico presentano an-

che le puntine antracite alle remiganti, mentre i soggetti senza puntine antracite presentano un disegno meno evidente, a volte troppo chiaro

Nero Pastello AG Intenso Rosso. A parte gli evidenti difetti che interessano la varietà e il piumaggio, il Tipo risulta insufficiente per l’evidente tonalità bruna e per la scadente conformazione del disegno

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e con poco contrasto fra l’interno e il bordo delle penne. Per disegno intendo le bordature grigio scuro delle penne, ben evidenti, che contornano l’interno di tonalità grigio alluminio chiaro. La feomelanina bruna deve essere assente. Per questo motivo, nella descrizione dello standard sarebbe meglio scrivere che la puntina antracite è ammessa e consigliata purché sia limitata a circa 5 mm (dico “circa” perché non bisogna misurarla con il micrometro). Sono pertanto da preferire soggetti con puntina antracite leggermente superiore alla norma ma che presentano un ottimo disegno dorsale e sulla testa, rispetto a soggetti senza puntina antracite ma con disegno poco evidente e troppo chiaro (slavati). Lo standard deve essere lo stesso per il fattore rosso, giallo, bianco e nelle categorie mosaico, brinato e intenso. È meglio ribadirlo, perché si vedono dei giudizi sugli intensi sia gialli che rossi totalmente errati. L’accoppiamento raccomandato è maschio A.G. per femmina A.G., quando si è raggiunto un ottimo livello nella selezione come nei mosaico rosso. Per l’ A.G. giallo, data la scarsità di materiale tipico, sarebbe conveniente inserire il fattore giallo in soggetti A.G.

Nero Pastello AG Intenso Rosso. Soggetto con buona espressione del disegno sul dorso, scarsa ossidazione delle parti cornee, presenza di melanina bruna sulle remiganti, scarsa melanizzazione delle timoniere probabilmente accentuata dall’incidenza della luce


a fattore rosso tipici, utilizzando anche femmine nero giallo mosaico ben ossidate e senza feomelanina bruna. Negli accoppiamenti è comunque raccomandabile seguire una linea maschile e una linea femminile. Per la linea maschile è meglio utilizzare maschi con puntine antracite mentre per la linea femminile maschi senza puntine antracite. Le femmine vanno scelte con più o meno effetto di A.G. in funzione del maschio e di che cosa si vuole ottenere. Io preferisco seguire prevalentemente la linea maschile, riuscendo ad ottenere una buona percentuale di soggetti tipici ed esponibili (35-40%), mentre per le femmine la percentuale scende al 5 o 6%. Data la difficoltà ad ottenere femmine tipiche, si suggerisce di essere un po’ più tolleranti nel giudizio delle stesse. Raccomandazione: sia i maschi che soprattutto le femmine con bordature brune per presenza di feomelanina vanno fortemente penalizzati a livello di giudizio. Questi soggetti non devono mai raggiungere 90 punti. Luciano Savini Ho cominciato per caso ad allevare il Nero Pastello ad Ali Grigie quando, tanti anni fa, mi è capitato di entrare in possesso di un Nero che, senza saperlo, era portatore di Pastello e che negli anni successivi mi ha consentito di selezionare un ceppo con buone caratteristiche tipiche. Nella selezione presto particolare attenzione a tre caratteristiche principali: · Copritrici (dove si manifesta di più la Feo) · Becco e zampe neri (non nerastri) · Bordatura remiganti e timoniere (5 mm tollerati!) Chiaramente, l’ordine è puramente casuale.

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ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI

Il Diamante di Gould bruno Considerazioni sulla nomenclatura testo di LUIGI MONTINI e SERGIO LUCARINI, foto e allevamento di NICOLA CASCELLO e FILIPPO PAGLIARINI

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oi siamo allevatori e allevare significa selezionare; questo è vero dalla notte dei tempi, da quando il primo animale si avvicinò all’uomo. Ma affinché la selezione sia possibile, c’è bisogno che la popolazione di animali presenti una sufficiente variabilità genetica. Variabilità che è prodotta dal progressivo formarsi di nuovi alleli grazie alle mutazioni e dal conseguente loro continuo riassortimento casuale nelle successive generazioni. In ornitofilia per mutazione si intende qualunque variazione riguardi il colore o il disegno che si evidenzi sul mantello degli uccelli allevati. Questo è vero, ma è solo una parte di una più complessa realtà; la stragrande maggioranza delle mutazioni risulta infatti a noi invisibile ed è a carico di processi biochimici interni agli uccelli. Fenomeni che non si vedono nell’immediato

Queste mutazioni sono relativamente rare e si verificano sia negli uccelli selvatici che in quelli allevati; la differenza è che in quelli selvatici la selezione naturale, non permettendo agli individui anomali di sopravvivere, o comunque di riprodursi, solitamente le elimina

Femmina Bruno Testa nera

ma sono loro, accumulandosi, che danno quella variabilità che con la selezione ci consente di ottenere soggetti più grossi o più piccoli o più colorati o di forme e portamenti particolari. Inquadrato il fenomeno, per non divagare oltre, possiamo comunque dire che le mutazioni che come ornitofili più ci appassionano sono quelle che riguardano il mantello degli uccelli, mutazioni che per nostra fortuna sono relative a un solo gene e si trasmettono secondo le leggi di Mendel, perciò facili da capire e gestire. Queste mutazioni sono relativamente rare e si verificano sia negli uccelli selvatici che in quelli allevati; la differenza

è che in quelli selvatici la selezione naturale, non permettendo agli individui anomali di sopravvivere, o comunque di riprodursi, solitamente le elimina. Negli uccelli allevati, invece, queste mutazioni sono altamente apprezzate, quindi vengono fissate e preservate. Questo ovviamente è possibile perché in ambiente controllato la selezione naturale non ha modo di agire. Il numero di mutazioni che si verificano non varia molto da specie a specie ma, per mere ragioni probabilistiche, è generalmente in funzione del numero degli uccelli prodotti. È per questo che il Diamante di Gould ha annoverato per diverso tempo un nu-

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Maschio Bruno testa arancio

mero limitato di mutazioni, numero che è significativamente aumentato negli ultimi dieci anni a seguito dell’incremento fortissimo dei soggetti allevati. È ovvio che, parallelamente alla sua forte diffusione negli allevamenti, si è

Maschio Bruno Blu

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registrato anche un aumento della sensibilità degli allevatori nell’individuare le nuove mutazioni, cosa che nel passato non è avvenuta, tanto che diverse sono andate perdute in quanto non riconosciute.

Femmina Bruno Testa rossa

Una delle ultime mutazioni, ma forse una delle più importanti, che è stata fissata e poi si è diffusa negli allevamenti è la bruno. Questa mutazione è particolarmente importante perché, a differenza delle altre precedentemente comparse, non produce la riduzione o l’eliminazione di un determinato pigmento, bensì porta ad una sostituzione di una melanina con un’altra di differente formula chimica. Si è osservato, infatti, con studi al microscopio, che all’interno della matrice cheratinica delle piume dei soggetti bruni non sono presenti i melanosomi allungati e piuttosto grandi contenenti eumelanina nera tipici dei soggetti ancestrali, bensì melanosomi più piccoli e tondeggianti, gli stessi trovati in tutte le altre specie dove la mutazione è apparsa. In definitiva, nelle penne dei soggetti bruno, il numero di melanosomi resta invariato ma la loro dimensione è inferiore e al loro interno è contenuta eumelanina di colore grigio marrone. Sarebbe interessante sapere se la dimensione dei melanosomi influenzi il tipo di melanina in essi contenuta o se sia il tipo di melanina a influenzare la dimensione dei melanosomi… oppure,


come pensiamo più probabile, se l’effetto della mutazione si esplichi in contemporanea sui due fenomeni. Per ora, almeno per noi, questa è una domanda che non ha una risposta. Questa modifica strutturale a carico dei melanosomi, che come detto è stata osservata a livello microscopico, ha ovviamente effetto anche a livello macroscopico; infatti, tutto il mantello del soggetto mutato appare di colore differente rispetto a quello dell’ancestrale. La differenza tra mutato e ancestrale è più o meno evidente a seconda di quale area del mantello si prenda in esame: le parti originariamente di colore nero, come la testa nei Testa nera e la gola nei Testa lipocromica, dove l’intensità melanica è ovviamente massima, appaiono di un colore che va dal marrone scuro al quasi nero, una colorazione che in determinate condizioni di luce può essere scambiata per nero assoluto, cosa che però non succede alla luce diretta, dove anche nei soggetti più ossidati affiora un ben apprezzabile gradiente bruno, diciamo testa di moro, con una variabilità soggettiva accentuata. Le aree del dorso, che sono mediamente melanizzate e dove è presente il peculiare effetto diffrattivo, appaiono leggermente più chiare, simili a quelle di un Pastello singolo fattore; questo anche perché il colore strutturale blu è meno intenso a causa della differente forma dei melanosomi. Tutte le aree a bassa melanizzazione, come le remiganti e le timoniere, appaiono piuttosto schiarite e di colore beige nocciola: qui la melanina originaria è poca e il rimpicciolimento dei melanosomi è più impattante. Le aree dove incidono in prevalenza solo i lipocromi, come il ventre, restano ovviamente identiche a quelle di un fenotipo classico. Nel complesso, diciamo che la mutazione dà luogo ad un mantello piuttosto simile a quello di un soggetto ancestrale ma con toni più caldi e più luminosi, decisamente attraenti. Perché riteniamo corretto chiamare questa nuova mutazione BRUNO? Negli ultimi tempi, negli ambienti legati all’allevamento di questo esotico sono fiorite delle proposte alternative circa la denominazione da assegnare al feno-

Femmina Satiné

tipo di cui stiamo trattando. Denominazioni che intendono certificare una possibile natura genetica diversa rispetto al ben noto meccanismo che da sempre in tutte le specie produce il classico e ben diffuso fenotipo bruno. Francamente, anche armati dalle migliori intenzioni, non riusciamo a comprendere quali siano le basi tecnico-genetiche sulle quali possano poggiare queste diverse interpretazioni della fisiologia dei fenomeni sopra descritti. Anche non volendo considerare l’evidente e peculiare manifestazione fenotipica, cioè soggetti in cui predominano tonalità brune apprezzabili fin dalla nascita e poi, ancora di più, dopo la muta, oppure la caratteristica degli occhi, che nei pulli di pochi giorni appaiono di un evidente colore rosso cupo, ovviamente diverso dal rosso dei soggetti Ino ma del tutto assimilabile a quello di tutti i soggetti mutati bruno di altre specie, secondo noi dirimenti sono i riscontri

delle analisi al microscopio dei pigmenti presenti nelle barbe di questi mutati: negli ingrandimenti sono ben visibili granuli tondeggianti di eumelanina di colore marrone. Nell’universo delle specie ornitiche di nostro interesse, melanosomi di questa forma e colore sono il marchio di fabbrica del fattore che in ornitocoltura abbiamo sempre definito bruno. Dubbi in merito non possono essercene, in quanto tutte le altre mutazioni recessive sessolegate conosciute, quando analizzate, hanno presentato strutture melanosomiche macroscopicamente differenti rispetto a quelle sopra descritte. Ad esempio, nelle mutazioni che provocano una diluizione, come è il caso della pastello del Canarino, oppure la stessa pastello a dominanza parziale peculiare del Diamante di Gould, essendo fattori caratterizzati da una carenza a livello del “trasporto” dei melanosomi dal melanocita al germe della penna, i radi granuli che riescono

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ad arrivare nelle barbe si presentano spesso sformati ed ipertrofici, certamente non confondibili con quelli piccoli e tondeggianti che troviamo nelle barbe dei mutati bruno. In definitiva, nei cosiddetti diluiti le melanine sono contenute in melanosomi radi e giganti; nei mutati di tipo “qualitativo” come i bruno, i melanosomi sono numericamente invariati ma, invece di presentarsi a forma di bastoncello e neri, sono tondeggianti e di colore grigio-bruno. Quanto sopra sconta comunque la nostra realtà amatoriale, realtà che in ogni caso ci porta a classificare le diverse mutazioni e il conseguente giudizio alle esposizioni, basandoci su osservazioni del fenotipo. Pertanto se un uccello mutato, come in questo caso la variante del Gould che stiamo discutendo, mostra tutte le caratteristiche di un soggetto bruno, per come lo abbiamo inteso fino ad ora, è necessario che venga chiamato con il nome corretto, perché sappiamo tutti benissimo che la denominazione definisce anche l’iter selettivo cui i sog-

Maschio Satiné

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getti vanno indirizzati. Non è infatti lo stesso definire un soggetto bruno o definirlo diluito perché diversa sarà la selezione, essendo diversi i fenotipi di eccellenza attesi. Ci sono anche altri aspetti che depongono a favore della denominazione bruno; uno molto importante è dato dal risultato fenotipico assolutamente peculiare che scaturisce dall’abbinamento della mutazione bruno con la mutazione ino. Anche nel Diamante di Gould, come in tutti gli altri uccelli in cui questo abbinamento è stato fatto, si verifica una inaspettata interazione che porta a soggetti molto più colorati rispetto a quanto la somma di due mutazioni “difettive” farebbe preconizzare. La mutazione ino, che nel Diamante di Gould produce un fenotipo che per le sue colorazioni prevalentemente lipocromiche è stato denominato lutino, ha la capacità di annullare completamente la feomelanina, il poco colore melanico presente è costituito da una piccola frazione di eu bruna contenuta in melano-

somi estremamente piccoli e degradati. Questa caratteristica di lasciare un residuo di eu bruna, probabilmente una frazione del totale di tale pigmento originariamente presente nell’ancestrale, fa sì che la sua sovrapposizione su una base bruna, cioè in soggetti in possesso di dosi molto elevate di tale pigmento, produca un fenotipo marcatamente colorato. Questi appariscenti soggetti caratterizzati da evidenti soffusioni di toni bruno/beige, sempre apparsi in tutte le specie dove l’abbinamento bruno e ino è stato realizzato e che in ambiente EFI vengono comunemente chiamati satiné, sono la prova vivente che la mutazione che stiamo discutendo in questa nota è veramente la bruno, in quanto non esiste altro fattore mutato che in abbinamento con ino riesca ad indurre un rafforzamento così vistoso delle cromie. Secondo alcuni, spinti dalla volontà di trovare una possibile spiegazione alternativa, la comparsa di tali soggetti lutino molto “ossidati” è dovuta a “fattori semidominanti di scurimento”, cosa in linea di massima possibile, ma in questo caso è una possibilità assolutamente da escludere dato che numerosi soggetti satiné di cui abbiamo conoscenza diretta sono nati da coppie che nel loro mantello non presentavano alcun fattore di scurimento, impossibilitate quindi a trasmetterlo a loro volta. Da prove di accoppiamento di tre ottimi allevatori (Filippo Pagliarini, Nicola Casciello e Gianluca Pastillo), cui abbiamo personalmente fatto visita, è risultato che accoppiando satiné x satiné si ottengono tutti e solo figli satiné, risultato non possibile se i riproduttori anziché satiné fossero stati dei lutino dark factor. Anche questi risultati dimostrano che, nel caso dei satiné (o bruno ino), siamo di fronte ad una combinazione genetica stabile e non casuale, come sempre avviene in quelle che si generano grazie ad un crossing over. In conclusione, fiduciosi di non aver troppo annoiato quanti hanno avuto la pazienza di leggere queste nostre riflessioni, chiudiamo nella speranza di aver aggiunto un minimo di conoscenza o di curiosità in più verso quello che indubbiamente è il più bello degli esotici di nostro interesse.


ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI

La nuova classificazione dei Carpodachi di DANIELE SCARPA, foto AUTORI VARI

Q

uando sono stati pubblicati i primi studi di Biologia Molecolare riguardanti la Classificazione dei Fringillidi ad opera di Villena et altri (1998-1999-2001) e da Sibley and Ahlquist (1982- 1990), ammetto di essere rimasto perplesso ed un pochino scettico sulla collocazione sistematica di alcune Specie. In seguito, con la pubblicazione di notevoli studi di Biologia Molecolare e Nucleare da parte di altri ottimi ricercatori, mi sono dovuto ricredere ed ho accettato le nuove Classificazioni redatte in questi ultimi anni. Con ciò non voglio dire che queste opere mettano la parola fine sulla stesura della sistematica dei Fringillidi, anche perché sono riuscito a leggerne qualcuna e non traspare niente di definitivo; accanto ad una miriade di dati scientifici, questi ricercatori mettono sul piatto anche i vari studi morfologici, il canto, il comportamento e, per alcune Specie, decidono di inserirle tassonomicamente in uno o in un altro Genere senza una assoluta certezza. Ecco allora troviamo che i “veri” Fringuelli vengono affiancati dalle Clorofonie e dalle Eufonie, Specie che, fino a pochi anni fa, erano inserite tassonomicamente nella famiglia degli Emberizidi; poi i Drepanidi vengono considerati Carduelidi mentre prima erano in una famiglia assegnata solo ad essi, Drepanidae. Sicuramente, in futuro, ci saranno nuovi sviluppi e, ne sono convinto, avremo nuovi cambiamenti nella Classificazione degli uccelli, specialmente nei Fringillidi. Da allevatore-ibridatore mi piacerebbe

Haemorhous mexicanus, Ciuffolotto messicano maschio, foto: B. Matheson

dare un contributo e provare ad ibridare: Fringuello X Eufonia, Clorofonia X Peppola, Cardellino X Akepa, Akialoa X Verdone, ecc. Credo che ciò non potrà essere possibile per diversi fattori quali la difficilissima reperibilità, adattamento e mantenimento delle Specie esotiche. Dobbiamo accettare serenamente le nuove Classificazioni basate sulla Biologia Molecolare e Nucleare, però possiamo su alcuni di questi risultati essere un po’ dubbiosi? Basandomi sulle principali Checklist mondiali, con note prese da Checklist di aree ristrette e da articoli di Biologia Molecolare, cercherò di mettere un po’

d’ordine nella lista di quelle Specie di uccelli che mi hanno sempre affascinato e che, nell’arco di vari decenni, ho allevato, ibridato e studiato. Inizierò dai “veri” Carpodacus, che nelle nuove Classificazioni hanno mantenuto la sistematica di Genere. Carpodacus erythrinus Carpodaco scarlatto Tutte le Checklist riconoscono cinque sottospecie. Viene confermata l’appartenenza al Genere Carpodacus. Solo Howard and Moore nella loro Checklist quarta edizione coniano il Genere Erythrina e lo definiscono Erythrina erythrina.

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Carpodacus subhimachalus, Carpodaco dei ginepri maschio, foto: J. Tang

Carpodacus grandis Carpodaco di Blyth È considerato buona Specie da: Avibase Taxonomic Concept V. 01 (Agosto 2013) Clements, versione 2015 eBird versione 2015 Howard and Moore terza edizione IOC World Bird Names versione 1.0 Mentre è considerata una sottospecie del Carpodacus rhodochlamis da: HBW and Birdlife Taxonomic Checklist V. 5 (2020) Handbook of the birds of the world and Birdlife (2018) James Lee Peters seconda edizione. Carpodacus rhodochlamis Carpodaco mantorosso Sono riconosciute due o tre sottospecie in quanto alcune Checklist elevano la “grandis” a buona Specie. Carpodacus waltoni Carpodaco gropponerosa Ancora prima dell’avvento della Biologia Molecolare applicata ai Fringillidi, alcuni Autori lo consideravano come una buona Specie. È ancora considerato una sottospecie del Carpodacus pulcherrimus da James Lee Peters seconda edizione, mentre Zoonomen - Zoological Nomenclature Resource lo considera una sottospecie del Carpodacus davidianus, la quale viene considerata come buona Specie. Del Carpodacus waltoni vengono considerate due sottospecie, una delle quali, il C. w. eos, fino al 2014 era consi-

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Carpodacus roborowskii, Carpodaco tibetano maschio, foto: J. And J. Holmes

In futuro, ci saranno nuovi sviluppi e, ne sono convinto, avremo nuovi cambiamenti nella Classificazione degli uccelli, specialmente nei Fringillidi

derata come buona Specie. Questo Carpodaco, assieme al Carpodaco meraviglioso, è la Specie che ha avuto più stravolgimenti nel Genere Carpodacus. Carpodacus pulcherrimus Carpodaco meraviglioso Sono riconosciute due sottospecie: C. p. pulcherrimus e C. p. davidianus da: HBW and Birdlife tassonomic checklist V. 5 (dicembre 2020) Handbook of the birds of the World and Birdlife (dicembre 2018). Carpodacus davidianus Carpodaco splendido di Mongolia Viene considerato come buona Specie da: Avibase Tassonomic Concept V. 6 (febbraio 2018) Clements sesta edizione (2011) Ebird versione 2015 Howard and Moore quarta edizione IOC World bird names versione 3.1 Zoonomen- Zoological Nomenclature Resource.

Carpodacus edwardsii Carpodaco di Edwards Vengono riconosciute due sottospecie. Carpodacus rodochroa Carpodaco sopracciglirosa Specie monotipica conosciuta fino al 2017 come Carpodacus rodochrous. Carpodacus verreauxii Carpodaco di Sharpe Specie monotipica. Fino al 2013 era conosciuta come sottospecie del Carpodacus rodopeplus. Carpodacus rodopeplus Carpodaco alimaculate Specie monotipica. Carpodacus vinaceus Carpodaco vinaceo Specie monotipica. Carpodacus formosanus Carpodaco di Formosa Considerata fino al 2013 come sottospecie del Carpodaco vinaceo. Specie monotipica. Carpodacus synoicus Carpodaco del Sinai Specie monotipica. Carpodacus stoliczkae Carpodaco pallido Considerata fino al 2014 come sottospecie del Carpodaco del Sinai. Vengono riconosciute due sottospecie.


Carpodacus edwardsii, Carpodaco di Edwards maschio, foto: R. Sreenivasan

Carpodacus rubicilloides Carpodaco scarlatto striato Vengono riconosciute due sottospecie. Carpodacus rubicilla Carpodaco scarlatto maggiore Vengono riconosciute tre sottospecie. Carpodacus puniceus Carpodaco pettorosso Vengono riconosciute cinque sottospecie. Handbook of the birds of the World Alive (31-01-2015) lo aveva rinominato Pyrrhospiza punicea, salvo correggersi nella versione del 03-072017.

Carpodacus subhimachalus, Carpodaco dei ginepri femmina, foto: S. Roy

Dobbiamo accettare le nuove Classificazioni basate sulla Biologia Molecolare e Nucleare, però possiamo su alcuni di questi risultati essere un po’ dubbiosi?

Molecolare, nel Genere Carpodacus e che prima trovavano collocazione in altri Generi.

Carpodacus sipahi Carpodaco fiammante Specie monotipica. Fino al 2016 è stato inserito nel Genere Haematospiza, ma le nuove Classificazioni lo inseriscono tra i Carpodacus; solo Howard and Moore quarta edizione lo designa ancora Haematospiza sipahi. Carpodacus sibiricus Carpodaco codalunga Fino al 2013 veniva considerato un Fringillide appartenente al Genere Uragus e denominato Uragus sibiricus. Vengono riconosciute cinque sottospecie.

Carpodacus roseus Carpodaco del Pallas Vengono riconosciute due sottospecie. Carpodacus trifasciatus Carpodaco trifasciato Specie monotipica. Carpodacus thura Carpodaco sopracciglibianchi Vengono riconosciute due sottospecie. Carpodacus dubius Carpodaco di Przewalski Fino al 2011 era conosciuta come sottospecie del C. thura Vengono riconosciute tre sottospecie. Ora passiamo alle Specie che sono state inserite, con il contributo della Biologia

Carpodacus davidianus, Carpodaco splendido di Mongolia maschio, foto: P. Jones

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ture sia del maschio che della femmina è simile. Le prossime due Specie vengono ancora oggi considerate estranee ai Carpodachi da alcuni Autori. Questi le identificano come appartenenti al Genere Leucosticte, per via del becco allungato e giallastro e per le ali allungate che arrivano a tre quarti della coda. Comunque, gli ultimi studi di Biologia Molecolare inseriscono queste Specie tra i Carpodachi. Carpodacus roborowskii Carpodaco tibetano Specie monotipica. Spesso era conosciuto con la designazione Kozlowia roborowskii o Leucosticte roborowskii. Sibley and Monroe lo hanno inserito nei Carpodachi nel 1993. Nel 2017 tutte le Checklist lo hanno inserito nei Carpodacus. Carpodacus sipahi, Carpodaco fiammante maschio, foto: R. Suvarna

Alcuni Autori riconoscono le sottospecie più piccole come buona Specie e le denominano Carpodacus lepidus. Carpodacus subhimachalus Carpodaco dei ginepri È stato inserito nel Genere Carpodacus nel 2015, mentre prima era inscritto nel Genere Pinicola. È simile nel portamento e nelle movenze al Ciuffolotto delle pinete Pinicola enucleator; anche il colore grigio di fondo con poche stria-

Carpodacus sillemi Carpodaco di Sillem Specie monotipica. Inserito fino al 2016 nel Genere Leucosticte, alcune delle ultime Checklist lo considerano un Carpodacus. A mio parere, morfologicamente ha poco dei Carpodachi (principalmente l’assenza del colore rosa-rosso), ma gli ultimi studi si pronunciano in questo modo. Leggendo le impressioni di Clements (Checklist quarta edizione), credo che le prossime scoperte di Biologia Molecolare cambieranno ancora la collocazione di questo e di altri Fringillidi.

Carpodacus sibiricus, Carpodaco codalunga maschio, foto: S. Price

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Ed eccoci arrivati a quei Fringillidi che prima facevano parte del Genere Carpodacus ed ora sono stati sistemati in altri Generi, con diversa collocazione, nell’albero sistematico. Nel 2012 molti studi di Biologia Molecolare sono giunti a staccare dai Carpodacus i Fringillidi americani; Chesser et al., 2012, hanno scelto per essi il Genere Haermorhous poi adottato da tutte le Checklist. Haermorhous mexicanus Ciuffolotto messicano Vengono riconosciute 12 o 13 sottospecie in base agli Autori. Il “messicano” e le altre due Specie simili (H. purpureus – H. cassinii) si differenziano dai Carpodacus principalmente per la postura a 45 gradi e per il raggiungimento alla prima muta dell’abito adulto. Come potete notare, sono tornato al vecchio nome noto da tutti gli studiosi e agli allevatori prima del 1998. Questo perché non fa più parte dei Carpodacus e poi perché gli “allevatori” ne parlano (a torto) citandolo spesso solo come Carpodaco o, peggio, Capodarco!!! Haemorhous purpureus Ciuffolotto purpureo Conta due sottospecie. B. Tilston Smith et al. (2012) nel loro ottimo articolo si sono soffermati sulla reale differenziazione delle due sottospecie (orientale e occidentale), arrivando quasi a ipotizzare la divisione in due Specie distinte. La Checklist di Clements è stata la prima a inserirlo nel Genere Haemorhous (2012).

Agraphospiza rubescens, Ciuffolotto di Blanford maschio, foto e all. D. Scarpa


Haemorhous cassinii Ciuffolotto di Cassin Specie monotipica. Inserito da Clements sesta edizione (2012) nel Genere Haemorhous. Agraphospiza rubescens Ciuffolotto di Blanford Specie monotipica. Inserito nel Genere Agraphospiza nel 2015, situato sistematicamente vicino ai Generi Callacanthis e Pyrrhoplectes e imparentato con il Genere Pyrrhula. Procarduelis nipalensis Ciuffolotto scuro del Nepal Sono riconosciute due sottospecie. Inserito nel 2014 nel Genere Procarduelis, come per il Ciuffolotto di Blanford, è considerato vicino ai Pyrrhulini. In questo scritto non ho volutamente inserito il Chaunoproctus ferreorostris perché è considerata una Specie estinta. Fino ad ora ho considerato i Carpodachi dal punto di vista tassonomico, ma ora vorrei parlare dell’allevamento. Negli anni “d’oro” della commercializzazione degli uccelli esotici sono state importate quasi tutte le Specie di cui ho parlato nella descrizione sistematica. Il boom c’è stato negli anni ‘70, ‘80, ‘90 e nel 2000. Tranne poche eccezioni, noi allevatori abbiamo perso la possibilità di allevare con assiduità i nostri Carpodacus. Probabilmente non eravamo preparati con delle Specie abbastanza delicate e tentavamo più facilmente una ibridazione che l’allevamento in purezza. Ad oggi possiamo contare un buon numero di allevatori di Ciuffolotto messicano, ma pochi si sono dedicati alle altre Specie. Qualcuno, in Italia ed all’estero, alleva il Carpodaco scarlatto, il Carpodaco del Pallas; rari i casi di riproduzione del Carpodaco codalunga e del Ciuffolotto di Blanford. Sono stati ottenuti molti ibridi di rara bellezza tra queste ed altre Specie di Fringillidi; tra essi ricordo: Ciuffolotto messicano X Fringuello, Carpodaco vinaceo X Ciuffolotto, Carpodaco del Pallas X Ciuffolotto, Ciuffolotto di Blanford X Canarino, Carpodaco del Pallas X Leucosticte, Carpodaco del Pallas X

Carpodacus stoliczkae, Carpodaco pallido maschio, foto: P. Jones

Crociere, Cardinalino del Venezuela X Ciuffolotto messicano, Ciuffolotto Messicano X Crociere, Ciuffolotto messicano X Ciuffolotto, Trombettiere X Ciuffolotto messicano, Carpodaco scarlatto X Ciuffolotto, Carpodaco scarlatto X Crociere delle pinete, Ciuffolotto messicano X Crociere fasciato, Ciuffolotto messicano X Ciuffolotto delle pinete. Sicuramente ne ho dimenticati tanti altri e molti si potrebbero ancora ottenere se avessimo allevato in purezza tutte le Specie arrivate negli anni passati. Nei miei trascorsi di allevatore-ibridatore, oltre al Ciuffolotto messicano, ho allevato il Carpodaco scarlatto, il Carpodaco del Pallas, il Ciuffolotto di Blanford e il Carpodaco scarlatto striato. Con altre Specie di Carpodachi ho avuto alterne fortune sia in allevamento che in ibridazione. Tra i miei ibridi voglio ricordare: Carpodaco scarlatto X Ciuffolotto, Ciuffolotto di Blanford X Canarino, Carpodaco scarlatto X Canarino e Ciuffolotto messicano X Ciuffolotto. Con questo mio scritto spero di aver fatto un po’ di chiarezza sul mondo dei Carpodachi e delle Specie che fino a qualche anno fa ne facevano parte.

BIBLIOGRAFIA - A complete checklist of the Birds of the World Howard and Moore 1980. - A complete checklist of the Birds of the World Howard and Moore version 4.1 (agosto 2018). - HBW and BirdLife international Checklist of the Birds of the World Version 4 (dicembre 2019). - The eBird/Clements Checklist of The Birds of the World (agosto 2019). - IOC World Bird List Vol. 10.1 (gennaio 2020). - Enciclopedia illustrata degli Uccelli – C. M. Perrins 1991. - Finches & Sparrows, an identification guide – P. Clement, A. Harris and J. Davis 1993. - The Birds of Pakistan vol. 2 Passeriformes – T. J. Roberts 1992. - All the Birds of the World – J. del Hoyo, Linx Edictions 2020. - The phylogenetic relationships and generic limits of finches (Fringillidae) D. Zuccon et altri, 2011. - Taxonomy of True Finches (Fringillidae, Passeriformes): a review of Problems 1 – V. A. Payevsky - Zoological Institute St. Petersburg, 2014. - Speciational history of North American Haermorhous finches (Aves: Fringillidae) inferred from multilocus data – B. Tilston Smith, R. W. Bryson, V. Chua, L. Africa, J. Klicka, 2012. - Philogeny and classification of Birds – S. C. Sibley and J. E. Ahlquist, 1990. - I Fringillidi – Renzo Esuperanzi, edizioni F.O.I. 1996. - I Ciuffolotti del Genere Carpodacus – Daniele Scarpa, edizioni F.O.I. 1998. - Il Ciuffolotto e le Specie affini – Daniele Scarpa, Acherdo Edizioni 2010. - Avibase- Il Database degli Uccelli del Mondo.

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CRONACA

Un week-end di formazione tecnica sui CFPA di LUIGI MOLLO, foto di E. SABATINO e B. COZZOLINO

“I

l cambiamento è la legge della vita. Quelli che guardano solo al passato o al presente, sicuramente perderanno il futuro”. Questa frase, con la quale ha esordito Emilio Sabatino presidente della nuova CTN-CFPA, sintetizza lo spirito del Congresso Tecnico di Specializzazione tenuto a Fiuggi il 10 e 11 settembre 2022. Il Congresso, finalizzato all’aggiornamento procedurale e tecnico di tutti i giudici FOI, indipendentemente dalla loro specializzazione, ha visto nella mattinata di sabato 10 confluire a Fiuggi giudici FOI da tutta l’Italia. Dopo le registrazioni di rito fatte presso i rappresentanti dei Collegi di Specializzazione, alle ore 14,00 sono iniziati i lavori del Congresso Tecnico con l’Assemblea Plenaria dei Giudici. L’Assemblea plenaria si è aperta con i saluti, nell’ordine, del Presidente dell’Ordine dei Giudici Andrea Benagiano e del Presidente della F.O.I., Antonio Sposito.

I giudici presenti in sala, foto: E. Sabatino

Subito dopo, il consigliere Davide Soncini ha illustrato il nuovo software di supporto al giudizio. Relazione molto complessa e dettagliata a valle della quale i giudici hanno evidenziato le criticità e chiesto numerosi, interessantissimi chiarimenti. Alle ore 15,30, chiusa l’Assemblea plenaria, i giudici si sono suddivisi per specializzazione. In particolare, la Specializzazione Canarini di Forma e Posizione Arricciati (CFPA) si è riunita in una luminosa sala a piano terra dell’Hotel Fiuggi Terme all’uopo predisposta.

La prima impressione che si riceveva entrando nella sala era quella di un cambiamento rispetto al passato

La prima impressione che si riceveva entrando nella sala era quella di un cambiamento rispetto al passato. Il colpo d’occhio dato dalle bandiere, dal logo, dalle gabbie da mostra piene di uccelli malgrado la muta ancora in corso, dagli strumenti multimediali, evidenziava la volontà di innovazione della nuova Commissione Tecnica Nazionale (CTN-CFPA) la cui cifra distintiva è sintetizzabile in tre parole: Specializzazione, innovazione, identità. I lavori del Congresso Tecnico di Specializzazione CFPA si sono aperti con l’intervento del rappresentante di Collegio CFPA, Angelo Ceccarelli. Egli, dopo aver ringraziato i presenti, ha ricordato a tutti che l’aggiornamento tecnico è un dovere istituzionale del giudice ma è, soprattutto, un atto di profondo rispetto nei confronti degli allevatori-espositori. Subito dopo ha preso la parola Emilio Sabatino, presidente della Commissione Tecnica Nazionale (CTN-CFPA) organizzatrice dell’evento.

Da sinistra, R. Vicchitto, A. Ceccarelli, G. Pisani, E. Sabatino, A. Rosa, foto: E. Sabatino

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Un vivace momento di confronto e discussione intorno alle gabbie, foto: E. Sabatino

Il presidente della CTN-CFPA ha salutato e ringraziato il rappresentante di collegio e tutti i giudici presenti, anche a nome del segretario Giulio Pisani e del terzo componente, assente per motivi di lavoro, Michele Larenza. Il presidente Sabatino si è detto compiaciuto della numerosa partecipazione anche se ha dovuto constatare, con grande rammarico, l’assenza di quasi tutti i giudici residenti nel Nord Italia. È passato poi ad illustrare l’innovativa modalità di svolgimento del corso di aggiornamento tecnico ideata dalla CTNCFPA. Per rendere più efficace l’aggiornamento, la CTN-CFPA ha deciso di limitare a sole tre razze il corso annuale e di coinvolgere nell’aggiornamento i club di specializzazione, ove esistenti. In mancanza si è scelto di coinvolgere allevatori di comprovata fama, esperti della stessa razza. Tutto questo nella speranza di ridurre il divario di valutazione dei soggetti fra il giudice e l’allevatore che, con passione e dedizione, seleziona la singola razza. Ovviamente l’obiettivo è solo quello di dare una lettura condivisa degli standard che restano l’unica guida nel giudizio e nella selezione. Pertanto, è stato disposto che per ogni razza avrebbe relazionato un giudice esperto della stessa razza affiancato da un rappresentante del club o da un allevatore di chiara fama. Per rendere il tutto più efficace, la relazione sarebbe stata integrata con il commento dei singoli e con la visione di esemplari presentati in gabbie regolamentari. Sabatino ha quindi comunicato che, a seguire, si sarebbe parlato dell’Arric-

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Da sinistra E. Sabatino, P. Peluso, G. Pisani e L. Mollo, foto: E. Sabatino

ciato Padovano e, domenica mattina, dell’Arricciato del Sud e del Benacus. Il presidente annunciava, sul Padovano, la relazione del giudice Giulio Pisani affiancato dal rappresentante del Club del Padovano, il collega Antonio Percannella; sull’arricciato del Sud, quella del giudice Antonio Rosa affiancato dal rappresentante del Club dell’Arricciato del Sud e del Gibber Italicus, il collega Rosario Vicchitto e, infine, sul Benacus, la relazione del giudice Luigi Mollo affiancato dal creatore della razza sig. Pietro Peluso. Alle 16.30 passava la parola a Pisani e Percannella per la relazione sul padovano. Gli oratori, Pisani e Percannella, relazionavano sui singoli considerando della razza evidenziando le problematiche interpretative e l’orientamento da assumere in fase di giudizio. È stato evidenziato che ormai da diversi anni, per questa razza, in occasione di tantissime mostre, ci troviamo di fronte a numerosi soggetti di ottima fattura; infatti si registra una sempre più alta percentuale di esemplari veramente eccellenti. Questa realtà comporta il massimo impegno e capacità nella valutazione, necessaria nell’individuare anche i più piccoli dettagli; ciò è possibile solo con un tasso di conoscenze elevato ed una preparazione tecnica specialistica nel settore. Adesso è molto più difficile determinare e giudicare con precisione il migliore assoluto su tanti soggetti eccellenti, con un preciso ordine decrescente, stilando correttamente la giusta classifica di tutti i premi d’onore. Subito dopo i giudici si avvicinavano ai

soggetti in esposizione avviando una costruttiva discussione a partire dalle criticità evidenziate nella relazione. Un importante contributo alla discussione è stato dato dal collega Giuseppe Nastasi. I lavori della giornata si sono chiusi alle 19.30. Alle 20.30 ci si è ritrovati, insieme ai colleghi delle altre specializzazioni, per la cena sociale; durante la serata il clima di cordialità che si era vissuto nell’intera giornata si trasformava in un’atmosfera di serena familiarità. La mattina dopo, alle 8.30, sono ripresi i lavori. La sessione, presieduta da Emilio Sabatino, prevedeva due relazioni. Alle 8.45 il Presidente passava la parola a Rosa e Vicchitto per la relazione sull’Arricciato del Sud. I relatori Rosa e Vicchitto, a partire dagli aspetti teorici, si riportavano sul piano del dibattito tecnico, culturale ed a scopo didattico-istruttivo, con l’ausilio delle slides, riferivano principalmente su problematiche e procedura di giudizio che riguardavano la razza prescelta, oggetto di questo Meeting, con suggerimenti tecnici e proposte. Subito dopo i giudici si avvicinavano ai soggetti esposti avviando una costruttiva discussione sulla base della relazione appena conclusa. Alle 11, dopo una breve pausa caffè, il presidente dava la parola a Mollo e Peluso per la relazione sul Benacus. Mollo e Peluso, con l’ausilio delle slides, relazionavano sui singoli considerando della razza rilevando le problematiche interpretative e, trattandosi di una nuova razza, discutendo con la CTN-


CFPA e i colleghi l’orientamento da assumere in fase di giudizio. In particolare, veniva evidenziato il ruolo centrale che il piumaggio assume in questa nuova razza. Il piumaggio del Benacus, infatti, deve essere scarso ma non “ruvido” come quello di un Gibber Italicus. Anzi, pur essendo poco voluminoso, deve apparire composto e brillante, in una parola: serico. Questo particolare piumaggio, a cavallo fra quello dell’Arricciato del Sud e del Gibber Italicus, dà origine ad una specifica caratterizzazione delle cinque arricciature principali che risultano ben evidenti ma molto contenute. Subito dopo i giudici si avvicinavano ai soggetti esposti continuando il costruttivo confronto, anche con i relatori e la CTN, sulla definizione delle criticità evidenziate nella relazione. Conclusa la terza ed ultima presentazione, la CTN-CFPA, nella persona del presidente Sabatino, dopo i ringrazia-

Luigi Mollo durante la relazione sul Benacus. Alla sua sinistra il sig. Peluso, creatore della Razza, foto: B. Cozzolino

menti di rito al CdF, all’OdG e ai relatori, ringraziava per l’attiva partecipazione tutti i colleghi presenti che hanno dimostrato in maniera chiara e consapevole l’impegno, l’interesse e la responsabilità posti nello svolgere il delicato ed importante compito di Giudici della Federazione Ornicoltori Italiani.

Il presidente, soddisfatto dei risultati raggiunti sia dal punto di vista tecnico sia dal punto di vista sociale, dopo aver distribuito l’attestato di partecipazione unitamente alla copia delle relazioni, alle 13.00, dichiarava chiusi i lavori e dava appuntamento a tutti per il prossimo incontro.

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ALIMENTAZIONE

La “Carugla” (rucola selvatica)

Dal libretto dei miei appunti orto-ornitofili e non solo

Un superfood pungente, amarognolo e croccante testo di di PIERLUIGI MENGACCI, foto P. MENGACCI e LAMA D’ANTICO (www.pinterest.it)

Premessa Fra tutte le erbe selvatiche mangerecce che ad inizio primavera spuntano nel mio giardino ce n’è una, forse la più rustica di tutte, che compare nei posti più impensati del prato; al piede di un ulivo o di una pianta di melo, vicino alla compostiera, e persino nelle fessure dei muretti di pietre a secco. A prima vista le giovani foglie basali frastagliate e lisce si possono confondere facilmente con quelle del dente di leone o tarassaco, oppure col ravanello selvatico, ma ad una attenta ed esperta osservazione se ne notano le differenze. Le prime volte, per non sbagliare, assieme a mia moglie raccoglievamo alcune foglie basali di un color verde intenso che, appena assaggiate, sprigionavano un sapore intenso, forte, amarognolo molto piccante e ci facevano esclamare: “Questa è la Carugla selvatica”. Con il nome dialettale pesarese (“marchignolo”) di Carugla (rucola) si identificano due piante diverse: la verdura coltivata (Eruca sativa o Eruca vessicaria) a foglie più larghe e fiori bianchi, che viene commercializzata in mazzetti per insalate, risotti, pasta e contorni e l’erba aromatica selvatica (Diplotaxis tenuifolia, la più diffusa, e la Diplotaxis muralis), a foglie più piccole e fiori gialli la prima, bianchi la seconda, che cresce spontanea, dall’odore e dal sapore più intenso e pungente di quella coltivata, ma dagli identici valori nutrizionali.

Cespuglio di rucola selvatica in primo piano nel giardino dell’autore

Le foglie basali frastagliate e lisce si possono confondere con quelle del dente di leone o tarassaco, o col ravanello selvatico, ma osservandole se ne notano le differenze

Su quest’ultima pianta erbacea selvatica, che raccolgo nel mio giardino dal mese di marzo fino a tutto ottobre, ho voluto redigere questo articolo, estrapolando alcuni dati presenti nei miei appunti orto-ornitofili, per descriverne non solo dati botanico-storici, ma soprattutto le sue grandi proprietà che fanno della rucola un superfood per la nostra salute e, perché no, anche per quella dei nostri volatili.

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Cespuglio di rucola selvatica in fiore, fonte: www.pinterest.it, autore: Lama d’antico

Cenni botanico-storici La rucola selvatica più diffusa nella mia zona è quella che botanicamente viene chiamata Diplotaxis tenuifolia. È una pianta perenne ed appartiene alla grande famiglia botanica delle Brassicaceae. Le sue origini vengono fatte risalire all’area mediterranea e all’Asia centro-occidentale. Come detto in premessa, si tratta di una pianta molto rustica. Chi può fare una passeggiata in campagna o in qualche parco cittadino, può trovarla anche fra ruderi ed incolti, in terreni difficili, ghiaiosi e di natura calcarea, persino tra le fessure dei marciapiedi in cemento o in altri luoghi più improbabili, il più delle volte esposti in pieno sole. Chi è amante della montagna la può trovare nei sentieri solatii fino ad una altezza di circa 1.000 metri s.l.m. Se calpestata, si fa riconoscere e non si può essere insensibili all’aroma sprigionato se viene sfregata. Le caratteristiche fisiche che distinguono la rucola selvatica da altre piante similari possiamo così riassumerle: - Innanzitutto, il suo cespo non supera mai i 40 - 50 cm di altezza.

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È una pianta perenne ed appartiene alla grande famiglia botanica delle Brassicaceae - Il fusto ha numerose ramificazioni, in cui troviamo le foglie che formano una pianta molto voluminosa e appariscente. - La rosetta basale ha foglie più lunghe, anche fino a 15 cm. Si riducono di dimensione e sono più coriacee a salire lungo il fusto e lungo le ramificazioni. - Le foglie sono di tipo pennato-lobato, profondamente incise, strette e dentate, di un colore verde intenso ed hanno una consistenza carnosa croccante e un sapore molto piccante. - I fiori sono di colore giallo, riuniti in racemi terminali allungati e dall’aspetto tipico delle brassicacee. - Se viene sradicata, troviamo una lunga radice fittonante con altre radichette; si presenta come un grosso cespo, da cui ha origine un fusto eretto.

Notizie storiche riportano che fin dai tempi degli Egizi, dei Greci e dei Romani se ne faceva largamente uso attribuendole qualità curative e magiche. Il nome scientifico Eruca potrebbe derivare dal latino urere, che significa “bruciare”. Gli antichi Romani, oltre alle foglie, ne consumavano anche i semi e, poiché era ritenuta afrodisiaca, veniva utilizzata per filtri amorosi. Ovidio nella Ars Amatoria la chiamava eruca salax o herba salax, cioè “erba lussuriosa”. Dioscoride, medico greco, affermava che mangiata cruda in abbondanza “destava Venere”. Veniva utilizzata nel culto della dea Cerere, legata alle piante medicinali. Durante il Rinascimento troviamo molti scritti sugli effetti afrodisiaci della rucola e l’erborista Matthias de Lobel (XVI sec.) narrava che alcuni monaci abbandonarono il voto di castità in quanto eccitati da un liquore a base di rucola. Diversi studi e ricerche, nel corso degli anni, hanno confermato le proprietà eccitanti e stimolanti della rucola, tramandate dalla medicina popolare, oltre ad altre proprietà che di seguito verranno elencate.

Piccolo cespuglio di Carugla fra le pietre nel giardino dell’autore


Proprietà e benefici La sottostante tabella, in cui sono riportati i componenti della rucola (ritenuti simili per entrambe le varietà, coltivata e selvatica), evidenzia la ricchezza di principi attivi che contiene questa pianta erbacea. Valori nutrizionali e composizione della rucola calcolati per 100 gr. di prodotto edibile - Fonte: www.valori-alimenti.com/nutrizionali/tabella11959.php Principali Calorie Calorie

Grassi Carboidrati Proteine Fibre Zuccheri Acqua Ceneri

kcal kj

g g g g g g g

25 105

0.66 3.65 2.58 1.6 2.05 91.71 1.4

mg mg mg mg mg mg mg mg mg mcg

160 27 52 369 1.46 47 0.47 0.076 0.321 0.3

0

Alpha-tocoferolo (Vit. E)

mg

0.43

Vitamina E, aggiunta

mg

0

Fillochinone (Vit. K)

mcg

108.6

Colina totale (Vit. J)

mg

15.3

Carotene, beta

mcg

1424

Carotene, alfa

mcg

0

Criptoxantina, beta

mcg

0

Licopene

mcg

0

Luteina + zeaxantina

mcg

3555

Zuccheri Lipidi Acidi grassi, monoinsaturi

g

0.049

Acidi grassi, polinsaturi

g

0.319

g

0.086

Acidi grassi, saturi Colesterolo

mg

0

4:0

g

0

6:0

g

0

8:0

g

0

10:0

g

0

12:0

g

0.003

14:0

g

0

16:0

g

0.072

18:0

g

0.004

g

0.001

Grassi monoinsaturi 16:1 indifferenziato

Vitamine Retinolo (Vit. A) Vitamina A, IU Betaina Vitamina A, RAE Tiamina (Vit. B1) Riboflavina (Vit. B2) Niacina (Vit. B3) Acido Pantotenico (Vit. B5) Piridossina (Vit. B6) Acido folico (Vit. B9 o M o Folacina) Folato alimentare Folato, DFE Folati, totali

IU

Grassi saturi

Minerali Calcio Sodio Fosforo Potassio Ferro Magnesio Zinco Rame Manganese Selenio

Colecalcifenolo (Vit. D)

mcg IU mg mcg_RAE mg mg mg mg mg mcg mcg mcg_DFE mcg

Cobalamina (Vit. B12)

mcg

Vitamina B-12, aggiunta Acido ascorbico (Vit. C) Vitamina D (D2+D3)

0 2373 0.1 119 0.044 0.086 0.305 0.437 0.073 0 97 97 97

18:1 indifferenziato

g

0.046

20:1

g

0

22:1 indifferenziato

g

0

g

0.13

18:3 indifferenziato

g

0.17

18:4

g

0

20:4 indifferenziato

g

0.002

20:5 n-3

g

0

22:5 n-3

g

0

22:6 n-3

g

0

Grassi polinsaturi 18:2 indifferenziato

Aminoacidi

0

Altro

mcg

0

Alcol etilico

mg

15

mcg

0

g

0

Caffeina

mg

0

Teobromina

mg

0

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Dai componenti suesposti si può comprendere come le proprietà della rucola siano dovute ad un insieme di vitamine (vitamina A, vitamine del gruppo B, vitamina C e vitamina K), dalla ricchezza di minerali (calcio, potassio, magnesio e ferro) e dalle pochissime calorie contenute. L’insieme dei componenti suddetti rendono la rucola un superfood. Con il termine superfood (supercibo) vengono identificati quei cibi benefici per la salute, imputabili alle loro caratteristiche nutrizionali. I superfood sono altresì definiti “alimenti funzionali” o “cibi nutraceutici”. Inoltre, la rucola compare tra i primi 20 alimenti nel punteggio A.N.D.I. , ovvero tra gli alimenti particolarmente ricchi di nutrienti e con un basso potere calorico. Per descrivere le proprietà nutraceutiche della rucola riporto un articolo della Dott.ssa Barbara Ziparo* che ho trascritto tempo fa nei miei appunti ortoornitofili del quale, purtroppo, non ho riportato la fonte: in esso vengono elen-

Piantina di Rucola Selvatica nata in un vaso

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cati in modo semplice ed esaustivo le caratteristiche nutrizionali della pianta e i relativi benefici. Rucola: proprietà nutrizionali La rucola è ricca di elementi essenziali per il corretto funzionamento di vari processi cellulari e importanti per la protezione dell’organismo da varie aggressioni. - Calcio, Magnesio e Potassio sono i minerali più presenti, mentre le vitamine più abbondanti sono la vitamina C e la vitamina K insieme ai folati. La rucola ha, inoltre, un ottimo contenuto di antiossidanti come beta-carotene, luteina e zeaxantina - Calcio: la rucola ha un buon contenuto di calcio, minerale che rappresenta un costituente fondamentale di ossa e denti, quindi una sua adeguata assunzione è importante per la salute dell’apparato osseo e per la struttura dei denti. Il calcio è essenziale anche per la salute del cuore e dell’apparato muscolare;

- Magnesio: una carenza di questo minerale può comportare nervosismo, insonnia e crampi muscolari. Questo perché il magnesio interviene in processi come la trasmissione degli impulsi nervosi e la contrazione muscolare; - Potassio: questo minerale abbassa la pressione arteriosa, facilitando l’eliminazione dei liquidi in eccesso e quindi contrastando ritenzione idrica e cellulite. Interviene, come il magnesio, nella trasmissione degli impulsi nervosi e nel processo di contrattilità muscolare. È importante anche per regolare la frequenza cardiaca e il pH; - Vitamina K: ha principalmente una funzione anti-emorragica, ma protegge anche l’apparato osseo e regola la risposta infiammatoria; - Beta-carotene: protegge le cellule dai radicali liberi, grazie alla sua potente azione antiossidante. Rappresenta il precursore della vitamina A o retinolo, la quale è essenziale per la corretta funzione visiva e interviene nei processi di crescita e riparazione cellulare; - Luteina e zeaxantina: presenti nella retina, questi due antiossidanti proteggono gli occhi dagli effetti dannosi delle radiazioni luminose. Rucola: benefici per la salute Il consumo di rucola offre diversi benefici per la salute. Approfondiamo ora questo aspetto, analizzando nel dettaglio tutte le proprietà di questo alimento. • È remineralizzante: grazie al contenuto importante di sali minerali, il consumo di rucola è ideale per reintegrare i sali persi attraverso la sudorazione estiva o dopo l’attività fisica. A differenza di altri vegetali a foglia verde, la rucola non contiene molti ossalati, sostanze che ostacolano l’assorbimento dei minerali. • Ha funzione digestiva. La rucola ha proprietà digestive in quanto presenta alcuni composti antiossidanti in grado di proteggere il fegato e, di conseguenza, migliorare l’intero processo digestivo. Inoltre, servita come antipasto, la rucola è in grado di stimolare l’appetito. • Abbassa la pressione. Il consumo di rucola contrasta l’ipertensione in quanto il potassio in essa contenuta favorisce l’eliminazione dei liquidi in eccesso, equilibrando la pressione arteriosa.


• Grazie alla buona quantità di antiossidanti presenti nella rucola quali il beta-carotene, la vitamina C, la luteina e la zeaxantina ma anche i flavonoidi e gli isotiocianati come il sulforafano, previene l’insorgenza di varie patologie. • Rinforza le unghie e le ossa. Il calcio contenuto nella rucola può aiutare a rinforzare la struttura delle unghie e delle ossa. Inoltre, come abbiamo visto sopra, la vitamina K svolge un’azione protettiva dell’apparato osseo. • Come abbiamo visto, la rucola è ricca di folati, i quali, trasformandosi in acido folico, potrebbero svolgere un’azione preventiva delle malformazioni fetali, risultando utile per la corretta crescita del bambino. • Disintossica l’organismo. L’alto contenuto di acqua e di minerali e la presenza di fibre conferiscono Foglie di rucola selvatica alla rucola proprietà disintossicanti, risultando quindi un aiuto per espellere tossine e sostanze danun sacchetto di carta (mai di plastica). nose da fegato e reni. Il consumo di rucola non presenta par• È protettiva nei confronti dell’ulcera. ticolari effetti collaterali o controindiUno studio del 2009 pubblicato sul cazioni, soprattutto se non si esagera World Journal of Gastroenterology ha con le quantità. evidenziato come un estratto di rucola Generalmente il suo utilizzo è in mistisia stato efficace nei topi per inibire la canze di insalata, ma piatti come bresecrezione acida e stimolare, invece, la saola rucola e scaglie di parmigiano produzione di muco che protegge le pasono un ottimo antipasto o secondo, reti dello stomaco, prevenendo così lo oppure pesti alla rucola possono sostisviluppo di ulcera. L’effetto sarebbe dotuire quelli classici con il basilico. Non vuto agli antiossidanti presenti nella ruda meno sono le pizze con la rucola o la cola e alle prostaglandine, con effetto caprese ed altre combinazioni alimenanti-infiammatorio. tari più o meno note a tutti. Può essere • Ha una funzione rilassante. Se assunta utilizzata anche cotta, ad esempio per come infuso, la rucola ha proprietà riqualche frittatina, ma perde un po’ dei lassanti ed è consigliata per favorire il suoi “superpoteri”. E che dire della piabuon sonno. Fa parte infatti di alcune dina con rucola e prosciutto crudo, op“tisane della sera””. pure con mozzarella o formaggio? Un’altra proprietà divulgata nei tempi I giorni scorsi mia moglie, per rimanere antichi è quella afrodisiaca, come ripornel tema, ha portato in tavola un primo tato in premessa. piatto fatto con pasta, pesto di rucola (realizzato i giorni precedenti) e cozze Utilizzo della Rucola fresche, molto sfizioso e particolare. Per Per sfruttare al meglio le proprietà della la pasta ha usato le mezze maniche, per rucola, è opportuno consumarla fresca il pesto la nostra rucola selvatica (gli ale ben lavata. Le foglie devono essere di tri ingredienti erano quelli del pesto alla un colore verde intenso e non ingiallite. genovese). Risultato: un piatto molto Se dobbiamo mantenerla qualche delicato, ma saporito, e data la sua fregiorno in frigo, dopo averla lavata, va schezza molto adatto per il periodo asciugata molto bene e conservata in estivo assai caldo.

Alcuni consigli che vengono dati sull’uso alimentare della rucola: - Va consumata con moderazione, può essere irritante. - Va limitato il consumo per chi usa anticoagulanti, data la presenza di vitamina K, e per chi ha problemi di calcoli, per la buona presenza di sali minerali. - Non ha controindicazioni, a meno che non si sia allergici o intolleranti. Uso in ornitologia Anche i nostri amici alati potrebbero beneficiare delle proprietà della rucola. Infatti, viene usata da molti allevatori di fringillidi, ma in modo particolare di cardellini. Betacarotene, luteina e zeaxantina sono ottimi coloranti per intensificare il colore della mascherina. Anche per gli allevatori di canarini a fattore rosso è un ottimo alimento naturale da integrare agli additivi pigmentanti. Così facendo, possiamo ridurre l’impiego di coloranti sintetici e “alleggeriamo” il carico di grassi al fegato dovuto all’impiego di pastoncini durante la muta. Nel mio piccolo allevamento di canarini di colore a fattore rosso somministro la rucola selvatica che raccolgo nel mio giardino, ben lavata ed asciutta, alternata ad altre erbe selvatiche tipo portulaca e farinello, soprattutto nel periodo della muta che va da giugno a tutto settembre-ottobre. Ho anche provato a fornirla nella preparazione alle cove, nella speranza di sfruttare le sue “potenzialità afrodisiache”. Non so dirvi se i riproduttori ne abbiano beneficiato; l’estro dei maschi mi è parso più o meno simile a quello degli anni precedenti… Comunque, mi son detto, almeno avranno beneficiato di tutte le proprietà nutrizionali di questo superfood! Ad maiora, semper! Alcune Fonti - * Dott.ssa Barbara Ziparo, Biologa Nutrizionista - https://www.valori-alimenti.com/nutrizionali/tabella11959.php - https://www.cucinarefacile.com/alimentazionee-salute/rucola-coltivata-e-selvatica-proprietabenefici-ricette-e-controindicazioni/24264

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DIDATTICA & CULTURA

Dimorfismo e dicromatismo sessuale di GIOVANNI CANALI, foto WIKIPEDIA.ORG, WWW.SUMMAGALLICANA.IT, E. DEL POZZO e J. SANZ

Coppia di Eclectus roratus, fonte: Wikipedia.org, autore: Doug Janson

D

imorfismo significa “due forme”, dicromatismo “due colori”; aggiungendo “sessuale” si intende che la differenza riguarda i due sessi. Spesso il termine dimorfismo è usato anche per i colori, direi che sia espressione non del tutto precisa, ma accettabile. La causa del dimorfismo e dicromatismo è il più delle volte determinata dagli ormoni. Nel dimorfismo e nel dicromatismo sessuale vi sono regole di tendenza diffuse, ma si rilevano anche eccezioni in diversi casi.

Una regola è che il maschio sia di dimensioni maggiori e più forte della femmina. Le eccezioni attengono a diversi casi; ad esempio nei ragni la femmina è molto più grande, tanto che i maschi spesso passano inosservati e talora anche mangiati. Negli uccelli, di regola è il maschio più grande e più forte oltre che più colorato, ma le eccezioni sono molte: attengono alle specie nelle quali il comportamento è invertito, cioè è la femmina a corteggiare il maschio e a

competere con altre femmine, mentre il maschio si prende cura della cova e dell’allevamento dei piccoli. In questi casi è diffusa la poliandria. Esempi noti sono: Casuario, Piviere tortolino, Jacane, Turnici, Falaropi ecc... In queste circostanze il dimorfismo e talora anche il dicromatismo sono invertiti; nei Falaropi il dicromatismo è evidentemente invertito. In queste specie la situazione ormonale è particolare. Un caso noto per la peculiarità è dato dall’Ecletto dai fianchi rossi. A lungo si

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Coppia di Falaropo di Wilson (femmina in primo piano), fonte: www.summagallicana.it

ritenne che maschio e femmina fossero specie diverse. Il maschio è prevalentemente verde, con fianchi rossi e la femmina prevalentemente rossa. Ebbene, anche il comportamento è particolare. Non mi soffermo poiché occorrerebbe un articolo ad hoc, segnalo però che i colori sono tali già alla nascita, cosa rarissima, poiché è ampia regola che i piccoli somiglino alla madre, per ragioni ormonali e mimetiche; i maschi assumono i caratteri maschili solo in seguito con la maturità sessuale. Nell’Ecletto mi pare abbastanza logico che il dicromatismo non debba essere indotto dagli ormoni e mi sono permesso di ipotizzare un’eredità ologinica, legata cioè al cromosoma W; non so quanto apprezzabile questa mia ipotesi, ma non mi risulta che ve ne siano altre.

Accade, in certi casi, che le dimensioni siano maggiori nella femmina, anche quando i ruoli sono nella norma, cioè con il maschio che corteggia e l’allevamento dei piccoli spesso è in comune; è il caso dei rapaci, sia diurni che notturni. In questi casi il dicromatismo è nella regola a differenza delle dimensioni. Secondo una tesi, le maggiori dimensioni della femmina la tutelerebbero da corteggiamenti troppo violenti, ipotizzabili nei predatori. Un’altra tesi ritiene che sia una circostanza che favorisce il reperimento di prede di diverse dimensioni (più grandi per la femmina) riducendo competizione e creando una maggiore possibilità di approvvigionamento. Un esempio evidente lo troviamo nelle Albanelle, ove le dimensioni sono maggiori nella femmina ma i colori della mede-

Albanella reale maschio, fonte: Wikipedia.org, autore: Matteo Sorrentino

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sima sono tipicamente femminili e quelli del maschio tipicamente maschili (vedremo in seguito questa tipicità). Una tendenza abbastanza generalizzata è che la femmina abbia forme più arrotondate, direi più giunoniche, ed il maschio più snelle, con rilevanze diverse a seconda della specie. Nel Gallo questa caratteristica è evidente. Per quanto concerne i colori, i maschi di regola sono colorati più vivacemente delle femmine. Esiste una tendenza molto importante, da me evidenziata e discussa più volte, con poche eccezioni, che vede l’eumelanina ed i colori ad essa collegati maggiore nei maschi, e la feomelanina ed i colori ad essa collegati maggiore nelle femmine. I colori connessi all’eumelanina sono: nero, grigio, marrone scuro, e quando intervengono strutture particolari della penna: blu, azzurro, violetto. Il viola ed il verde, oltre alle strutture della penna richiedono il concorso di altri pigmenti, spesso lipocromici: il rosso per avere il viola ed il giallo per avere il verde. Fa eccezione la turacoverdina esclusiva dei Turachi che è un pigmento verde. Il tipo di effetto fisico del colore strutturale, certo non è la rifrazione come spesso si dice ma probabilmente fenomeni interferenziali, da non escludere fenomeni diffusivi. La feomelanina ha colori che vanno dal giallo al marrone chiaro, passando attraverso il rosso e l’arancio. Si badi però che giallo, rosso ed arancio a base di feomelanina, di solito sono meno vivaci dei corrispondenti colori lipocromici. La

Albanella reale femmina, fonte: Wikipedia.org, autore: Matteo Sorrentino


circostanza che favorisce la feomelanina nelle femmine è data dal fatto che la penna, appunto nelle femmine, si sviluppa più lentamente e questo favorisce il deposito della feomelanina. In tal senso dimostrano gli studi sperimentali di Trinkaus (1953) su ormoni e crescita della penna. Alla regola di cui sopra, ci sono poche eccezioni: una è quella già vista quando c’è un’inversione del comportamento sessuale, ed una parziale quando in certe specie la feomelanina è come se fosse usata al posto dei lipocromi. In questo caso, nei maschi rimane maggioritaria l’eumelanina con i colori da essa

Accade, in certi casi, che le dimensioni siano maggiori nella femmina, anche quando i ruoli sono nella norma

prodotti, ma anche la feomelanina, specialmente in certi punti. Tipico il caso del Diamante mandarino, ove nel maschio i carotenoidi sono maggiori nel becco che è più rosso, ma nel piumaggio mancano e vengono in qualche modo sostituiti dalla feomelanina, che colora di arancio le guance e produce assieme all’eumelanina i fianchi di tono marrone. Casi del genere sono presenti in altri Estrildidae e forse anche nei Turdidae. Non è noto il meccanismo di fondo di questa particolare situazione; suppongo, ma è solo una mia mera supposizione, che la melanogenesi della feomelanina possa essere più rapida nei casi suddetti e che quindi nella femmina non sia favorita dalla crescita più lenta della penna. Un aspetto che merita segnalazione è che le specie poligame di regola hanno un dimorfismo ed un dicromatismo sessuale accentuato, ad esempio il Pavone (spesso anche per selezione sessuale). Poche sono le eccezioni come lo Strillozzo che è poligamo, ma pochissimo dimorfico e dicromatico. Eccezioni inverse sono numerose, come nel Ciuffo-

lotto che è monogamo nonostante il dicromatismo elevato. La circostanza è presente in alcuni Fringillidae, ma anche maggiormente in Cardinalidae e Thraupidae; il fatto è che sono appunto monogami (si riproducono quasi tutti i soggetti), non vi è selezione sessuale, ed entrambi i sessi collaborano nell’allevamento della prole (Massa R., 2021 Gli uccelli di tutto il mondo – Presentazione sintetica per ordini e famiglie Museo Regionale di Scienze Naturali, Torino). Ritengo comunque che si debba fare attenzione alle valutazioni sui colori, poiché gli uccelli vedono nell’ultravioletto e quindi potrebbero vedere colori a noi non visibili. Il dimorfismo ed il dicromatismo nel canarino Il canarino, uno degli uccelli a noi più noti ed allevati, presenta sia dimorfismo che dicromatismo sessuale; tuttavia il dimorfismo è a livelli molto modesti ed il dicromatismo è a livelli sufficienti ma non elevati. Il canarino selvatico, dal quale bisogna sempre partire, pena quasi inevitabili errori talora gravi, a livello di dimorfismo presenta maschi leggermente più lunghi e snelli, femmine leggermente più corte ed un poco più arrotondate, in linea con la tendenza generale. Tuttavia le differenze sono modeste, si ripercuotono sui domestici, ma possono essere anche ingannevoli, causa la poca differenza ed il fatto che maschi corpulenti e femmine snelle possono trarre in inganno, specialmente se di ceppi diversi. Anche la zona cloacale più pronunciata nei maschi, specialmente durante il periodo degli amori, soprattutto se lontano dalla stagione riproduttiva, può ingannare, in particolare se i maschi sono grassi e le femmine magre. Di qualche aiuto il fatto che i maschi presentano più penne attorno alla zona cloacale, utili a dirigerla durante l’accoppiamento. Il dicromatismo è un poco superiore al dimorfismo. Ne ho parlato molto, ricordo che il selvatico a livello di tipo, vale a dire melanine, presenta nel maschio più nero quindi più eumelanina mentre la femmina presenta più bruno; nella femmina, inoltre, sono maggiori le strie di testa (fronte più bassa), fian-

Phaeo mosaico giallo maschio, foto: E. del Pozzo

Phaeo mosaico giallo femmina, foto: Javier Sanz

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Canarino selvatico maschio, fonte: Wikipedia.org, autore: Juan Emilio

chi, petto e le piccole strie fra i mustacchi. Nel maschio sono più marcati i mustacchi. Tutto ciò si ripercuote nel domestico, essendo aspetti quantitativi; tuttavia nel domestico sono sensibili alle selezioni più o meno buone e ci possono essere situazioni ingannevoli. Per quanto riguarda la varietà, cioè i lipocromi che nel canarino sono carotenoidi, l’espressione è maggiore nei maschi. Anche qui si ripercuote sui domestici ed è sensibile alle selezioni ed agli accoppiamenti, specie se errati. Anche l’alimentazione colorante ha il suo peso ma non attiene al dicromatismo, che magari può molto leggermente sottolineare. Il problema grosso è la categoria, nella quale si sono fatti troppi discorsi errati. Nel canarino selvatico la categoria è il brinato. Nel selvatico la brinatura è maggiore nella femmina e le zone di elezione intense sono maggiori nel maschio. Le zone di elezione sono: maschera facciale, cosiddette spalline e codione. Aggiungo che in tutte le specie la forma selvatica è il brinato. Come già spiegato in passato, l’intenso non può essere carattere selvatico, in quanto mutazione subletale. Anche il mosaico non è noto come carattere selvatico, come attestano gli incroci. In alcune specie la categoria sembra l’intenso solo perché il piumaggio è saturato dai carotenoidi, ma la struttura è normale. Nel canarino, ed ora a quanto pare anche nel lucherino e nel verdone, la mutazione intenso agisce riducendo le produzioni cutanee, nella penna con

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Canarino selvatico femmina, fonte: Wikipedia.org, autore: Juan Emilio

accorciamento delle barbe, e quindi restringendo il vessillo. Non si ha quindi una saturazione ad opera di maggiori carotenoidi spinti avanti, ma appunto un accorciamento del vessillo, con conseguente saturazione del medesimo. In soggetti carenti si notano residui di brinatura, molto più frequenti nella femmina per ragione del dicromatismo. Il mosaico, che io ed altri inquadriamo come mutazione, si è sempre detto che fosse un aumento del dimorfismo sessuale; si è perfino detto che fosse il dimorfismo del Cardinalino del Venezuela, che è ben diverso. In realtà non vi è alcun vero aumento del dimorfismo o meglio del dicromatismo sessuale, ma solo una sua sottolineatura. Si crea una situazione simile a quella della mutazione phaeo che sottolinea il dicromatismo sessuale, ma certo non l’aumenta: mette cioè in risalto la feomelanina avendo inibito l’eumelanina. Come noto le melanine hanno diversa espressione nei due sessi. Il mosaico comporta solo l’aumento della brinatura, che è già maggiore nella femmina e quindi il mosaico è più evidente nella femmina stessa. Per giunta le zone di elezione sono maggiori nel maschio rispetto alla femmina e, quando sono evidenziate dalla brinatura abbondante, il dicromatismo si nota meglio. Se si accoppiasse correttamente, cioè: intenso x mosaico oltre che intenso x brinato, le zone di elezione intense sarebbero identiche e sovrapponibili, sia fra di loro che con il canarino selvatico.

Il fatto è che dopo la comparsa della mutazione intenso, il brinato (e di conseguenza il mosaico che altro non è che un super brinato) se accoppiato in purezza accentua in modo degenerativo la brinatura, arrivando a corrodere le zone di elezione intense. Questo aspetto negativo si evita con l’accoppiamento misto intenso x brinato (e quindi anche intenso x mosaico). L’aumento della brinatura è evitato per fare brinati, che si richiedono fini ed uniformi di brinatura, mentre è ricercato nei mosaico ove si intende esasperare l’aumento della brinatura fino al biancastro, a costo di danneggiare le zone di elezione. Anzi, nella femmina si pretendono i ciliari, inesistenti in natura, e non la naturale mascherina femminile. Il guaio è che gli standard per il mosaico sono errati, soprattutto per la femmina. Errore favorito anche dal fatto di non aver considerato le caratteristiche del canarino selvatico. I temi della categoria sono molto complessi ed unici; l’intenso è una mutazione mai descritta in letteratura scientifica. Per approfondimenti, vedere mie pubblicazioni: il testo “I colori nel Canarino” ed. FOI ivi reperibile, “Un dubbio sul mosaico” I. O. n°4 2017, “L’unicità della mutazione intenso”, con nota a margine del dr. Pasquale De Luca I. O. 8/9 2018. Nella rubrica “OrniFlash” I. O. n°1 del 2021 si segnala un intervento del dr. Marco Baldanzi e mio pubblicato sulla rivista scientifica informatica “Science” a commento di un articolo sull’origine del mosaico di Gazda et al.. Inol-


tre sul sito www.adop-parma.com della mia associazione vi sono diversi scritti su tanti temi fra cui le categorie. In questa sede, per sintetizzare il concetto di sottolineatura, desidero fare l’esempio dei tovaglioli che mi sembra ben recepito. Se avessimo due tavoli uguali con sopra, in uno una tovaglia bianca e nell’altro una tovaglia rossa a lunette bianche, e ponessimo su entrambi 4 tovaglioli rossi in tinta unita identici, di certo vedremmo subito i tovaglioli rossi sulla tovaglia bianca ma, se non attenti, i tovaglioli rossi sulla tovaglia rossa a lunette bianche forse ci sfuggirebbero, magari li vedremmo facendoci caso. Non potremmo però dire che il secondo tavolo abbia meno tovaglioli; potremmo solo dire che si notano molto meglio nel primo, poiché sono sottolineati dalla tovaglia bianca. È situazione analoga alle zone di elezione del mosaico e del brinato (nati dall’accoppiamento con intenso). Per giunta si fanno selezioni diverse a

Il mosaico comporta solo l’aumento della brinatura, che è già maggiore nella femmina e quindi il mosaico è più evidente nella femmina stessa

seconda del sesso per accentuare ad ogni costo le differenze. Se un non esperto del nostro ambiente, anche se ottimo biologo, vedesse i maschi vincenti e le femmine vincenti alle mostre nei mosaico lipocromici, potrebbe pensare davvero in un aumento del dicromatismo sessuale, ma non dopo aver saputo che i padri delle femmine vincenti spesso hanno meno maschera delle madri dei maschi vincenti. Le due linee selettive, maschile e femminile, alterano artificiosamente il dicromatismo.

Quindi io non mi scandalizzo se qualcuno parla di aumento del dimorfismo e dicromatismo, come accade, magari però sarebbe bene che non insistesse dopo aver saputo il retroscena. Un ulteriore cenno al canarino selvatico; nel selvatico la categoria brinato vede brinatura molto abbondante con evidenziazione delle zone di elezione diverse, nei due sessi. Non a caso mi è capitato di sentire da qualcuno, anche preparato, dire che il canarino selvatico sarebbe mosaico. Questo non è esatto, trattasi di brinato abbondante. Anche nel domestico, mosaico molto diffusi e brinati molto abbondanti possono essere confusi. Viene in aiuto il taglio netto sulla zona ventrale del mosaico, altrimenti in certi casi non si uscirebbe dal dubbio. A questo proposito ho anche sentito parlare di selvatici realmente mosaici, però non è stata fornita documentazione. Chi avesse soggetti del genere, sicuramente non frutto di incrocio, farebbe bene a segnalarli.

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ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI

Il colore giallo, arancio e rosso Genetica, biochimica e prospettive in ornicoltura testo di FRANCESCO FAGGIANO, foto F. FAGGIANO, D. ZANICHELLI E M. ALLEGRETTI Introduzione da “Oggi Scienza”: identificate le basi genetiche del colore rosso negli uccelli di Eleonora Degano … Cardinale rosso, ibis scarlatto, ara rossa, tessitore fiammante e molti altri; non sono poche le specie di uccelli che sfoggiano un’abbagliante colorazione rossa. In molte di esse questo colore gioca un ruolo preciso nell’intimorire i rivali – magari con display minacciosi di dominanza – o attirare le femmine, concentrando il colore rosso non solo nel piumaggio ma anche nel becco, come per le gallinelle d’acqua. Ora due diversi studi scientifici, lavorando in modo indipendente, sono riusciti a identificare i geni che codificano per gli enzimi “responsabili” della colorazione rossa: questi enzimi sono prodotti da geni specifici e permettono a varie specie di uccelli

Confronto tra ruficauda, guttato e codalunga mutati arancio

Codalunga hecki ino ed ino becco arancio, all Di Bella

di convertire i carotenoidi, pigmenti gialli o arancio assunti attraverso il cibo, in pigmenti rossi che sono poi depositati a livello del piumaggio. I risultati sono stati pubblicati su Current Biology. Che ci fossero geni, e quindi enzimi, responsabili della trasformazione dei carotenoidi gialli e arancio in pigmenti rossi era già noto, ma finora non sapevamo quali fossero esattamente né dove si trovassero. Per identificarli, i ricercatori hanno confrontato i canarini gialli e rossi con il cardinalino del Venezuela (Carduelis cucullata). Questa specie, incrociata da circa un secolo con il canarino giallo, ha permesso di ottenere

gli esemplari rossi (attraverso la stabilizzazione di un arricchimento genetico del Serino domestico). Confrontando il cardinalino con le due colorazioni di canarino, i ricercatori hanno identificato l’enzima e quindi il gene più importante in questo meccanismo (che fa parte della famiglia dei citocromi) responsabile di “ossidare” le molecole di carotenoidi e farle apparire rosse, per poi scoprire che l’attività dello stesso enzima viene espressa a livelli particolarmente alti nella pelle (a livello dei follicoli delle piume) e nel fegato: un segnale piuttosto indicativo del fatto che fosse questo enzima il responsabile

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sorpresi nello scoprire che il “gene del rosso” è presente nel genoma di molte specie, ipotizzano addirittura nella maggior parte, comprese quello che non lo presentano sulla livrea. “Gli uccelli diurni sembrano sfruttare il gene per produrre pigmenti rossi anche nella retina e che promuovono la visione dei colori”, spiega Joseph Corbo della Washington University School of Medicine, co-autore di Carneiro. “Eppure, solo gli uccelli dal piumaggio rosso hanno la capacità di produrre piume rosse e per farlo devono aver sviluppato un modo per esprimerlo nella pelle e annessi, oltre che nella retina”.

Diamante codalunga hecki classico. all. Zanichelli

del colore rosso nella specie. Il gruppo di ricerca di Nick Mundy, alla University of Cambridge, è arrivato allo stesso risultato, ma confrontando i diamanti mandarini normali con becco rosso, con quelli mutati a becco giallo. In questa specie sono tre i geni legati alla produzione del colore rosso: uno principale indicato come CYP2J19 e due collaboranti; i ricercatori hanno trovato mutazioni multiple in queste regioni genetiche solo negli uccelli dal becco giallo. Se da un lato abbiamo nuove risposte, sono comparse anche nuove domande: il gene CYP2J19, ovvero il principale responsabile della produzione di pigmento rosso, spiegano gli scienziati, appartiene a una famiglia di geni noti per il ruolo nella detossificazione, dunque come collegare le due attività? Alcune spiegazioni le conosciamo e sono collegate allo stato di salute del piumaggio; dunque non solo le condizioni di salute ma anche l’intensità e brillantezza del colore contribuiscono a segnalare alle femmine la qualità genetica del maschio, pertanto il suo valore come partner e potenziale padre è dato dal legame tra benessere fisico e livrea. Queste sono informazioni note oggi, da integrare in questa conoscenza sul pigmento rosso. Dobbiamo considerare che anche il tipo (e la quantità) di pigmentazione (giallo, arancione o rossa)

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Culturalmente siamo stati abituati a credere che esistano colori primari e colori derivati

potrebbero essere collegati proprio ai processi di detossificazione dell’organismo. “I nostri risultati, che collegano il gene al metabolismo dei carotenoidi, potrebbero fare luce sui segnali basati sui carotenoidi, un argomento molto dibattuto”, dice Staffan Andersson della University of Gothenburg, collega di Mundy e co-autore del secondo studio. Questi segnali, infatti, si sarebbero evoluti proprio per mandare un messaggio onesto: essendo legati all’alimentazione, non è possibile “mentire” sulla propria qualità di individuo. Eppure, il bilanciamento di costi e benefici tra il loro ruolo nei processi fisiologici e quello di “ornamento” – grazie al colore delle piume e delle altre parti del corpo – è stato studiato a lungo facendo capire che non ne sappiamo ancora abbastanza e che andrebbe indagato ulteriormente spaziando al di fuori della classe degli uccelli e dell’ambito della selezione sessuale. I ricercatori sono stati particolarmente

Il colore arancio Culturalmente siamo stati abituati a credere che esistano colori primari e colori derivati. In canaricoltura, quando parliamo di varietà, ci riferiamo essenzialmente a colori derivati dai carotenoidi che determinano il colore giallo o rosso del piumaggio. È un’esemplificazione estrema, oggi chiaramente superata tecnicamente in molte specializzazioni grazie alle conoscenze biochimiche e genetiche sviluppate in merito. Sappiamo che il colore del piumaggio comunemente detto lipocromico, ovvero dato da pigmenti legati ai grassi, è dato dal metabolismo dei carotenoidi, e che ogni tipo di carotenoide assume un colore giallo, arancio o rosso a seconda della struttura della molecola (come si legano gli atomi tra loro e assorbono differentemente la luce) e in funzione del fatto che alla molecola stessa siano legati o meno atomi di ossigeno. La possibilità che si leghi l’ossigeno al pigmento avviene grazie ad un enzima chiamato citocromo P450, prodotto da un gene (CYP2J19, detto “gene per il pigmento rosso”) attivo nel fegato ma anche nel follicolo della piuma, che trasforma i carotenoidi alimentari in chetocarotenoidi. Un esempio per tutti è la molecola di betacarotene, uno dei carotenoidi più diffusi nel mondo vegetale e pertanto abbondante negli alimenti dei nostri uccelli e protagonista della colorazione rossa di molte specie, che proprio grazie all’enzima citocromo P450 si lega a due atomi di ossigeno, ovvero viene ossidato (chetonizzato) e da arancione diventa rosso ed assume il nome di cantaxan-


tina. Sono spiegazioni di natura chimica che ci mettono nelle condizioni di affermare che lo stesso pigmento può essere depositato sul piumaggio con un colore visivo diverso. Ricordiamo che il colore visibile di una sostanza dipende dalla struttura della molecola (cioè da come si dispongono gli atomi nello spazio), che determina la quantità di luce assorbita e in particolare la specifica lunghezza d’onda riflessa dalla molecola stessa, a sua volta funzione dei legami chimici tra gli atomi della molecola. A tal proposito, si faccia riferimento come esempio esplicativo al fenomeno che possiamo definire “una molecola, due colori”, dove ritroviamo molte specie coinvolte. Per fare un esempio, mettiamo a confronto la livrea del diamante ruficauda classico (ancestrale) e il suo mutato “a lipocromo arancio”. Mentre la livrea classica è caratterizzata da un diffuso lipocromo giallo con becco, maschera e sovracoda rossi, il mutato, avendo l’enzima ossidante i carotenoidi inattivo, è caratterizzato sempre da diffuso lipocromo giallo ma con becco, maschera e sovra coda arancio! Da questo si intuisce che, a differenza dell’idea popolare che in natura esistano solo il giallo ed il rosso e che l’arancio sia un giallo inquinato di rosso o peggio un rosso scadente, determinati pigmenti riflettano una precisa lunghezza d’onda

Diamante codalunga hecki con becco difettoso

alla quale corrisponde un colore esatto quale può essere il giallo, il rosso oppure l’arancio. Sull’identità dei colori possiamo fare un altro esempio ancora più esplicativo: la carota non è né rossa né gialla, ma chiaramente arancione grazie alla grande quantità di betacarotene contenuto, il principale substrato di produzione del pigmento rosso negli uccelli granivori. Per questo oggi, alla luce delle attuali conoscenze tecnico-scientifiche, continuare ad ignorare o disconoscere l’esistenza del colore arancione nel mondo dell’ornicoltura sarebbe una grave omissione tecnica, perseverando in un errore del passato non più tollerabile. Se un tempo, in modo un po’ forzato, convinti che esistesse solo il giallo ed il rosso e che fossero pigmenti diversi e non solo differenziati a colorare le aree somatiche degli uccelli, si è indicato ad esempio il Diamante di Gould come Testa gialla, oggi l’imbarazzo è dato dal fatto che ancora non si è acquisita in Italia la corretta denominazione COM di Testa arancio! La mutazione “Giallo”, o meglio “Arancio”, in ornicoltura Mentre in canaricoltura, come ci ricorda la ricercatrice ed autrice dell’articolo su riportato, per oltre un secolo, ibridando più volte il cardinalino del Venezuela con il canarino domestico, si è stabiliz-

zata la varietà a pigmento rosso, grazie all’arricchimento genetico che il Serinus domestico ha sviluppato, acquisendo così geni che prima non aveva, tra cui quello del pigmento rosso, in molte altre specie, spaziando dagli estrildidi ai fringillidi per arrivare agli psittacidi, è avvenuto un passaggio inverso, ovvero ci siamo trovati ad ammirare, tra le varie mutazioni fissate negli ultimi 50 anni, anche quella che fa perdere la funzione al gene per il colore rosso, il CYP2J19, determinando un fenotipo a pigmento arancio. Si noti che laddove nell’ancestrale abbiamo pigmento di colore rosso, in presenza della mutazione si fissa sempre pigmento arancione. La mutazione consiste nella perdita di capacità di chetonizzare i carotenoidi da parte dell’enzima deputato a legare l’ossigeno alla molecola di pigmento. In questo modo il soggetto mutato non trasforma più i carotenoidi gialli ed arancioni in pigmenti rossi, così che l’esemplare presenta nella sua livrea pigmento giallo e arancio. La tonalità del giallo o il colore arancio sono dati dal tipo di carotenoide assorbito maggiormente con la dieta e, soprattutto, che la specie metabolizza. Tra i casi più noti in ornicoltura riguardanti questa variante che potremmo definire “mutazione arancio” del gene per il rosso, ritroviamo l’Agapornis roseicollis detto correttamente “a

D. Gould testagialla, foto: Marco Allegretti, all. Maglia

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faccia arancio”, il diamante guttato, il diamante variopinto, il ruficauda, il fetonte e le amadine, tutti indicati, ahimè erroneamente, come mutati a “lipocromo giallo” quando in realtà le aree considerate appaiono e possono apparire per ovvie ragioni sempre e solo di un intenso color arancio, come avviene nella recente mutazione dell’Agapornis fischeri detta purtroppo “Yellow face”, pur presentando maschera arancio… Ancora nei fringillidi ritroviamo come espressione della mutazione del gene responsabile del colore rosso il ciuffolotto europeo, detto giallo, aggettivo che dice il vero più appropriato, perché il petto del maschio in questa specie assume un colore giallo caldo e non arancio e questo dipende dal tipo iniziale di carotenoide principalmente assorbito dalla specie (probabilmente luteina e non betacarotene). In pratica questi geni, quando funzionano correttamente, ovvero nella loro forma ancestrale, producono enzimi detti “citocromi” che legano atomi di ossigeno alla molecola di carotenoidi che la specie assorbe e metabolizza, ossidandoli, così da acquistare un colore visibile rosso, grazie ai nuovi legami chimici, e poter essere gestiti a livello metabolico nell’attività di detossicazione dell’organismo. In pratica, come abbiamo detto, la stessa molecola a seconda che contenga o meno ossigeno risulta più o meno reattiva a livello metabolico, ma soprattutto quello che a noi interessa sapere

Diamante di gould testa corallo

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è che in funzione della presenza o meno dell’ossigeno la stessa molecola/pigmento assume nome e colore differente, mostrandosi all’occhio umano di colore giallo oppure arancio come in origine, se non legata all’ossigeno, o rossa se ossidata. Dobbiamo aggiungere che nella costituzione della specie, i geni poi preposti alla scelta sessuale hanno evoluto la capacità molto complessa di differenziare la colorazione delle aree somatiche in funzione dell’importanza attrattiva verso il partner, così che ad esempio il cardellino usa il processo di ossidazione dei carotenoidi gialli solo per marcare la maschera facciale, così come fa il diamante di Gould, che a fronte di un piumaggio interessato totalmente da pigmento giallo, più o meno caldo e carico, presenta come forma tipo la maschera rossa. Gli uccelli a pigmento rosso sono la forma tipo di riferimento La scoperta che il gene CYP2J19 sia il principale responsabile della colorazione rossa di parti o dell’intera livrea di tutte le specie aviarie è di recente ac-

Stiamo parlando quindi di un gene facente parte di un pool genico complesso, con carattere pleiotropico

quisizione. La prima parte della ricerca si è basata sullo studio di ben 70 specie non tutte presentanti il carattere “pigmento rosso”, rispetto alle quali si è visto che il gene è presente ovviamente in tutte le specie, compresi gli psittacidi, che palesano il carattere, ma curiosamente lo stesso gene è anche presente in specie non interessate da lipocromo rosso sul piumaggio o annessi tegumentari come ad esempio il becco, ma presentanti la pigmentazione rossa nella parte profonda dell’occhio, cosa che permette di migliorare la visione diurna a colori. Inoltre, gli enzimi che legano l’ossigeno ai carotenoidi nell’organismo prodotti da questi geni hanno funzione di detossicazione metabolica a livello epatico. Stiamo parlando quindi di un gene facente parte di un pool genico complesso, con carattere pleiotropico che è stato cooptato nella funzione pigmentante solo in un secondo momento evolutivo. In altri termini, il gene inizialmente ha avuto funzione inerente la visione a colori e la detossicazione dell’organismo e solo in tempi successivi ha acquisito la funzione di produrre pigmento rosso da depositare sulla livrea, probabilmente grazie al successo riproduttivo che i partner più vistosamente colorati riscuotono. La ricerca evidenzia come questo gene, essendo condiviso da molti vertebrati e non solo dagli uccelli, fosse già presente prima dell’irradiazione delle specie aviarie e che durante questo processo abbia acquisito

Diamante mandarino grigio becco giallo, all. Valentini


funzione pigmentante. Questo ci fa affermare che in ogni specie la forma che presenta pigmento rosso (sia esso di derivazione esogena o endogena come negli psittacidi) nella livrea è la forma tipo e che le popolazioni che presentano varianti della colorazione rossa o assenza di pigmento sono interessate da mutazioni successive del gene considerato. In pratica, nel cammino evolutivo, per diversi fattori alcune specie hanno perso questi carattere. Questo è importante nella conoscenza di molte specie ed in ornicoltura in modo particolare per la selezione del colore di molte specie, tra cui il diamante di Gould, dove sappiamo esistere un polimorfismo della maschera, ma ancor più in specie come il diamante codalunga, dove questo sapere incide nella classificazione e nella selezione ornicolturale. Una mutazione presente già nelle popolazioni selvatiche Mentre nel canarino si è fatto un grosso sforzo selettivo per portare i geni del pigmento rosso del cardinalino nella razza domestica del Serinus, curiosamente in molte specie in cui il gene per il pigmento rosso è presente ed espresso, è comparsa spontaneamente già nelle popolazioni selvatiche una mutazione che fa perdere la funzione ossidativa all’enzima CYP450, impedendo di trasformare i pigmenti da giallo e arancio in rosso. Il caso più noto, di cui ho ipotizzato già anni fa sulla rivista Alcedo si trattasse effettivamente di una mutazione della forma più evoluta a maschera rossa e non viceversa, è il Diamante di Gould Testa “arancio”. Agli albori dell’ornicoltura moderna, quando anche le conoscenze scientifiche erano spesso supportate più dalle opinioni che dai fatti, si riteneva che la varietà che presenta pigmento arancio della maschera, ancor oggi chiamata erroneamente Testa gialla mentre il colore è chiaramente arancione carico, fosse la forma arcaica perché ritenuta la meno evoluta. Lo stesso grossolano errore è stato fatto nel Diamante codalunga, questa volta da ornitologi sistematici del tempo, senza poi nessuna revisione, dove addirittura si considera la popolazione a becco rosso la sottospecie, Poephila acuticauda hecki, di quella a becco

Agapornis roseicollis classico e faccia arancio

giallo indicata come specie di riferimento, Poephila acuticauda acuticauda, considerata erroneamente la meno evoluta e quindi la forma di riferimento iniziale. Peraltro, gli ornitologi hanno sostenuto che, frapposta tre le due popolazioni con colore ben distinto del becco, vi fosse una grande popolazione intermedia con becco arancio, che oggi azzarderei a definire forma mutante intermedia come il “Testa di corallo” del Gould. Alla luce delle ricerche scientifiche attuali e dei dati di ornicoltura che abbiamo oggi, questa situazione sistematica andrebbe modificata, se non addirittura ribaltata… Peraltro, nell’ultimo triennio è comparsa in un ceppo di diamante codalunga domestico una variante (genetica) a lipocromo arancio che presenta becco arancio! Questi soggetti nati da comuni Hecki, accoppiati con gli Hecki producono figliolanza con becco rosso. In questa nostra dissertazione va tenuto conto che a differenza delle popolazioni selvatiche, dove è dominante la variabilità espressiva dei caratteri, nei Diamanti codalunga domestici Hecki abbiamo migliorato, ovvero

potenziato moltissimo, la capacità di sintesi di pigmento rosso sul becco tanto da ottenere esemplari dal becco rosso molto scuro, probabilmente supportati anche da un aumento del fondo melanico dello strato profondo del becco. Se su queste selezioni oggi riportiamo una mutazione genetica che determina perdita di funzione per il rosso, a livello di ossidazione del pigmento e non della quantità che per selezione abbiamo potenziato, probabilmente il colore che otterremo presenterà livelli quantitativi simili alla qualità del pigmento rosso e quindi difficilmente giallo carico, ma più probabilmente arancio come possiamo apprezzare dalle immagini. La stessa cosa possiamo affermare per il diamante di Gould, dove per 50 anni si è selezionata la maschera più arancione carico possibile, mentre si è mantenuta una denominazione che già agli albori era forzata, ma basata sulla conoscenza di allora e su fenotipi scarsamente selezionati. Ecco perché parlare oggi di becco giallo e testa gialla è tecnicamente improprio e fortemente fuor-

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una coppia di codalunga Hecki classici arrivati dal mercato di Reggio Emilia; è chiaro che parlassimo degli stessi soggetti. Con un gesto di grande amicizia, Daniele a scopo di studio mi ha regalato una coppia di questi codalunga a “becco arancio” composta da un maschio classico e una femmina topazio, da cui riesco a riprodurre 6 soggetti di cui due topazio che presentavano il becco arancio saturo e caratteristico come i genitori. Anche nella primavera 2022, entrambi abbiamo riprodotto con regolarità questi soggetti, ma lui è riuscito ad ottenere anche un paio di femmine Ino a becco arancio! La mutazione è molto caratterizzata sul classico, sul topazio e sulla ino, mentre perde di espressività perché si “scurisce di tonalità” sui grigi; purtroppo non abbiamo il bruno, per il quale possiamo immaginare, sulla scorta dei risultati avuti con i grigi, che il becco dovrebbe di contro schiarirsi come tonalità. Quest’anno, Covid permettendo, esporremo i soggetti alla specialistica del club del codalunga e speriamo anche al mondiale.

Agapornis fischeri yellow face, all. Stefano Greco

viante per la selezione. Anche in altre specie nelle popolazioni selvatiche, così come in quelle domestiche, è presente abbastanza regolarmente la varietà a lipocromo arancio geneticamente determinata, tra cui il diamante quadricolore. Nei fringillidi trovo corretto riportare il curioso caso del carpodaco messicano nella sottospecie frontalis che presenta maschi a lipocromo arancio, condizione determinata però da una transitoria combinazione di “debolezza metabolica” e carenza di carotenoidi nel cibo, fattori intuitivamente correlati strettamente tra loro, che inattivano il citocromo P450. Alimenti poveri di carotenoidi saranno probabilmente anche poco nutrienti, determinando l’indebolimento metabolico del soggetto, che diventa momentaneamente incapace di ossidare i pigmenti e fissare il rosso nelle aree geneticamente determinate. Qualcosa di simile succede nel cardellino, che per motivi diversi a volte stenta nella muta e produce una maschera arancio.

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Una nuova mutazione del Diamante Codalunga Nell’ultima edizione dell’internazionale S.O.R. in Reggio Emilia, girovagando esausto e frastornato tra gli stand della mostra mercato, in un affollato gabbione di diamanti codalunga, probabilmente provenienti dall’est Europa, mi colpì un esemplare che spiccava per il colore arancio del becco. Erano con me due allevatori a cui feci senza pathos la domanda fatidica: voi di che colore vedete il becco di quel soggetto? Entrambi risposero arancione! Acquistai il soggetto per 20 euro e lo portai assieme ad altri estrildidi acquistati in fiera in quel di Lecce. Due giorni dopo trovai il codalunga a becco arancio stecchito. Fine della storia. L’anno successivo, tra un lockdown e l’altro, riesco a fare un salto dall’amico Damiano Daniele Di Bella, grande allevatori di estrildidi, dove tra i quasi 250 novelli di vari estrildidi in un gabbione vedo una decina di diamanti codalunga col “becco arancio”! Daniele mi racconta che gli sono nati da

Ricapitolando e concludendo Solo recentemente il mondo scientifico ha individuato un gene ad azione pleiotropica che ossidando i carotenoidi gialli e arancioni, siano essi esogeni o endogeni, produce il pigmento rosso semplicemente aggiungendo alcuni atomi di ossigeno, necessario in primo luogo a migliorare la capacità visiva di percezione dei colori in molte specie di vertebrati e poi a detossificare l’organismo e, solo dopo e non sempre, a pigmentare la livrea. Tale conoscenza si è acquisita attraverso la comparazione tra il genoma del cardinalino e il canarino a fattore giallo ed a fattore rosso, stabilendo che lo stesso gene è responsabile, tra le altre cose, anche della pigmentazione rossa di piume ed annessi cutanei. Questo gene è presente nella maggioranza delle specie di uccelli, anche in molte di quelle che non presentano lipocromo rosso sulla livrea. In molte specie, oltre alla funzione visiva e di detossicazione metabolica, questo gene ha acquisito anche la funzione di produrre pigmento rosso che viene depositato nel tessuto tegumentario, in particolare becco, zampe e piume per ragioni riproduttive. La capacità del gene di pigmen-


tare di rosso la livrea di molte specie di uccelli è avvenuta appena prima dell’irradiazione delle specie moderne ed è ancora positivamente mantenuta dalla selezione naturale, oltre che domestica, perché etologicamente parlando più sei colorato più sei sano e forte e più sarai attraente per i tuoi potenziali partner. In questo modo, un gene inizialmente importante per altre funzioni (vista e detossicazione), quindi già pleiotropico, acquisisce la funzione di miglioramento della comunicazione fenotipica delle qualità di partner e per questo viene preservato in molte specie anche durante il lungo processo di irradiazione degli uccelli. Da quanto detto, deduciamo che la forma tipo di molti uccelli contemporanei è quella che presenta pigmento rosso nella propria livrea, perché correlata alla presenza di un gene atavico, condiviso ancora con altri tipi di animali (ad esempio, pesci e crostacei), che permette a più specie di colorare di

Parlare oggi di becco giallo e testa gialla è tecnicamente improprio e fortemente fuorviante per la selezione

0iamante codalunga hecki a becco arancio, all. Di Bella

rosso parte o tutta la livrea. Pertanto, come noi ornicoltori abbiamo avuto modo di verificare nel lungo cammino di selezione domestica che oggi possiamo vantare, in molte specie che presentano già nelle popolazioni selvatiche e ancor più spesso nelle stirpi domestiche varianti fenotipiche in cui il pigmento rosso è sostituito da pigmento giallo o arancio, è avvenuta una mutazione del gene responsabile del pigmento rosso, che perde la capacità di legare ai carotenoidi gialli e arancio l’ossigeno, per cui le molecole continuano a palesare il colore di origine e non quello rosso. Questo nuovo sapere, correlato all’esperienza ornicolturale, ci mette nella condizione di considerare che alcune classificazioni, denominazioni e selezioni debbano essere rivisitate per rimanere tecnicamente corrette e basare il nostro impegno animalista su informazioni scientifiche e non sull’opinione.

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CRONACA

Associazione Ornitologica Nuova Drepanum … formazione, informazione, attività culturali, ornitologiche, sociali e sportivo-espositive testo e foto di FRANCESCO BADALAMENTI

Il logo dell’Associazione Ornitologica Nuova Drepanum

Grazie al socio fondatore Andrea Zichichi, l’Associazione è stata sempre attiva in tutti gli eventi organizzati dal Raggruppamento, puntualmente presente nel calendario delle esposizioni ornitologiche siciliane e sempre partecipe a tutte le Assemblee Nazionali e Regionali, distinguendosi oltre che

per un costante contributo di proposte e suggerimenti, in particolare per aver magistralmente organizzato nel 2012 un Campionato Regionale Siciliano tra i più belli. In quell’occasione graditissima, oltre che di gran soddisfazione per l’Associazione, è stata la visita del Presi-

L’Associazione Ornitologica Nuova Drepanum Sebbene sia una tra le più “giovani”Associazioni della Sicilia, si distingue per vitalità, operosità, intraprendenza. L’Associazione Ornitologica, fondata nel 2006 per iniziativa di un gruppo di ornicoltori residenti nelle province di Trapani e Palermo, ha sede in Custonaci, Comune di circa 5.000 abitanti in provincia di Trapani, conosciuto con l’appellativo di “Città internazionale dei marmi” per la presenza nel suo territorio del secondo bacino marmifero d'Europa, con circa 100 cave in attività e una cinquantina di opifici industriali. Con la scelta del nome “Nuova Drepanum” i fondatori hanno idealmente inteso continuare l’attività della storica Associazione Drepanum di Trapani, da diversi anni non più operante e di conseguenza non più affiliata alla FOI. La città di Trapani è collocata sul promontorio dell’antica Drepanon (in greco), divenuto in latino Drepanum, che significa falce, assegnandole il nome attuale derivato dalla forma della penisola su cui sorge.

Locandina del Campionato Regionale Siciliano 2022 (Il Presidente dell’Associazione Giuffre’ e il Presidente del ROS Sciacca)

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I Relatori al I Convegno Ornitologico Città di Custonaci

dente Salvatore Cirmi che si congratulò con i promotori, sia per gli aspetti organizzativi, sia per il clima favorevole e operoso, che da diversi anni contraddistingue il movimento ornitologico Siciliano. Da qualche anno il Presidente dell’Associazione è Giuseppe Giuffrè che intende proseguire, seguendo il solco tracciato dal mentore Andrea Zichchi, con le attività ornitologiche, sociali e culturali a beneficio degli ornicoltori; attualmente l’Associazione conta oltre settanta iscritti. In questo contesto, domenica 18 settembre 2022, con il patrocinio del Raggruppamento Ornicoltori Siciliani e con l’intervento del Presidente Ignazio Sciacca, dei Dirigenti Regionali e di numerosi Presidenti di Associazione sono state organizzate: - la cerimonia di presentazione del Campionato Regionale Siciliano 2022 (nella foto la presentazione della locandina del Campionato che ritrae numerose specie di diffuso allevamento che insieme compongono la forma della Regione Sicilia); - la presentazione dei più recenti libri, edizioni F.O.I., dell’autore Gianni Matranga; - il Convegno Ornitologico Regionale Città di Custonaci. Il Campionato Regionale Siciliano 2022 Il Campionato Regionale è sempre stata una manifestazione particolarmente attesa e sentita in Sicilia.

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Quest’anno la 19ª Edizione, organizzata dall’Ass. Ornitologica Nuova Drepanum, si terrà in territorio del Comune di Valderice in provincia di Trapani, dal 6 all’11 dicembre 2022 presso una spaziosa e luminosa palestra. Mi piace ricordare tuttavia che sono soltanto diciannove i Campionati Regionali Siciliani sin qui organizzati, poiché a partire dal 1974 (anno in cui in F.O.I. sono stati istituiti i Raggruppamenti Regionali e Interregionali) e sino al 2000 (anno in cui il Raggruppamento Calabro-Siculo si è scisso in Raggruppamento Sicilia e Raggruppa-

Il Banner del Convegno Ornitologico Città di Custonaci

mento Calabro), sono stati organizzati non meno di ventitre Campionati Interregionali, con i consueti criteri di alternanza tra Sicilia e Calabria. In occasione della presentazione del prossimo Campionato Regionale Siciliano 2022, gli organizzatori hanno comunicato che intendono predisporre un capillare servizio di convogliamento gratuito, in favore di tutti gli espositori siciliani, al fine di garantire la più agevole ed estesa partecipazione possibile. Giova ricordare che il territorio regionale dell’Isola di Sicilia è tra i più estesi, da Valderice (TP) a Messina vi sono


circa 320 km, mentre ben 420 sono i kilometri che separano la sede mostra dalle più distanti province di Ragusa e Siracusa. La presentazione dei più recenti libri edizioni F.O.I. L’autore Giovanni Matranga ha presentato, con il supporto di numerose slide, le sue ultime fatiche, frutto di estenuanti e pluriennali ricerche in campo ornitologico. In particolare l’autore ha sinteticamente esposto i contenuti di: Il pianeta dei pappagalli - Origine, Evoluzione, Distribuzione, Caratteristiche e Classificazione (Edizioni F.O.I. 2021). Il testo parte dalle ere geologiche descrivendo la situazione dei continenti in tali epoche e dai primi ritrovamenti di fossili. L’Autore considera con puntuale precisione le diverse famiglie, i generi, le

Il Campionato Regionale è sempre stata una manifestazione particolarmente attesa e sentita in Sicilia

specie e sottospecie, inquadrandoli sotto i vari punti di vista. Il tutto corredato da disegni e foto di ottima qualità, con spiegazioni che, pur rispettando il rigore scientifico, appaiono chiare e accessibili anche per un pubblico vasto di appassionati. Insomma, un’opera davvero ampia e dettagliata, tale da soddisfare le esigenze più diversificate. Avifauna d’Italia (Volume I) - Osservare, Riconoscere e Catalogare gli Uccelli in Natura (Edizioni F.O.I. 2022).

Pregevole volume corredato da numerose e bellissime immagini a colori, con foto di elevata fattura, che aiutano l’appassionato di ornitologia o chiunque desideri approcciarsi per la prima volta a quest’affascinante mondo. Il testo è suddiviso in due parti. Nella prima parte, l’autore con molta accuratezza introduce l’ornitologia, attraverso informazioni su biologia e anatomia degli uccelli. Nella seconda parte, tratta n. 192 specie nidificanti in Italia con notevole precisione e rigore scientifico, descrivendole con molta cura. L’autore ha in anteprima comunicato che sono in fase di definizione i lavori del prossimo libro, Avifauna d’Italia (Volume II), la cui pubblicazione (Edizioni F.O.I.) potrebbe concretizzarsi nei primi giorni del prossimo anno, per modo da essere disponibile in occasione del più grande evento ornitologico della stagione, in altre parole il

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Locandine dei Campionati Nazionali di specializzazione

70° Campionato Mondiale di Ornitologia COM - Mostra d’Oltremare Napoli 2023. Il Convegno Ornitologico Città di Custonaci Il Convegno tenutosi presso la sala conferenze del Villa Zina Park Hotel di Custonaci, ha registrato la partecipazione di numerosi tesserati F.O.I. in rappresentanza delle Associazioni Ornitologiche Siciliane: “Acese” (CT), ”Nuova Drepanum” (TP), “dei Castelli” (PA), “Lilybetana” (TP), “Paternese” (CT), “Trinacria” (PA), “Venere Ericina” (TP). Il Presidente dell’Associazione Giuseppe Giuffrè ha presentato i lavori del convegno, il programma della giornata ed i singoli relatori. L’apertura dei lavori ed il saluto di benvenuto sono stati curati dal Presidente del Raggruppamento Ignazio Sciacca. Il primo intervento è stato sviluppato dal Consigliere Federale Francesco Badalamenti, il quale con un supporto video ha relazionato su: Finalità e scopi, Organi Federali e struttura organizzativa della Federazione Ornicoltori Italiani. Al termine della relazione, Badalamenti ha ricordato alcuni tra i più im-

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portanti eventi che caratterizzeranno la stagione espositiva 2022, soffermandosi sulla particolare attenzione che la F.O.I. ha dedicato al Campionato Nazionale di Specializzazione che si terrà in contemporanea in tre differenti sedi: - a Montesilvano (PE) dal 14 al 18 dicembre 2022 per i Canarini di Colore, gli EFI, gli Ondulati e altri Psittaciformi; - a Nocera Inferiore (SA) dal 16 al 18 dicembre 2022 per Canarini di Forma e Posizione Lisci e i Canarini di Forma e Posizione Arricciati; - a Pievequinta (FC) dal 15 al 18 dicembre 2022 per i Canarini da Canto Timbrado, Harzer e Malinois. Il CDF auspica grande successo per tali Campionati Nazionali per i quali saranno predisposte le attività di convogliamento a titolo gratuito sia per la ricezione dei soggetti, sia per il ritiro degli stessi a fine manifestazione. Due distinte relazioni, intervallate da un rapido coffe break, sono state curate dall’ornitologo Giovanni Matranga, il quale ha presentato in powerpoint numerose belle immagini e fotografie sui temi oggetto del convegno ed in particolare su: - “Benessere animale ed elementi strutturali degli allevamenti”

- “Eredità, selezione e consanguineità – strategie per una migliore selezione” Ha concluso i lavori del Convegno il Presidente della C.T.N. EFI Carmelo Montagno, trattando l’argomento che suscita sempre maggiore interesse e attenzione: “Il Cardellino: tassonomia e mutazioni genetiche che interessano il fenotipo”. Una minuziosa descrizione audio e video delle dodici sottospecie del Carduelis carduelis, (compreso il gruppo caniceps dei Cardellini Asiatici dell’Himalaya che contempla tre ulteriori sottospecie), con le relative mutazioni, evidenziando la non ammissione a concorso per le multi-sovrapposizioni di oltre due mutazioni. A conclusione di questa nota, desidero esprimere in rappresentanza della F.O.I. un sentito plauso all’Associazione Ornitologica Nuova Drepanum che, con l’organizzazione e gestione di attività culturali, ricreative e di interesse sociale, incluse le esposizioni ornitologiche, le attività editoriali, di promozione, di volontariato e di interesse generale, interpreta correttamente il nostro statuto federale, cogliendo la parte più nobile della diffusione della cultura ornitologica.


Questo mese, il protagonista di Photo Show è: FABIO SAPIENZA - RNA 3BBV con la fotografia che ritrae il soggetto “Ibrido mutato di Becco d’Argento x Diamante Mandarino” Complimenti dalla Redazione!

(*) Tutte le foto inviate, anche quelle non pubblicate, rimarranno a disposizione della FOI a titolo gratuito e potranno essere utilizzate, senza alcun limite o vincolo temporale, per pubblicazioni, iniziative e scopi promozionali della Federazione

• Invitiamo tutti gli allevatori a inviare foto di soggetti provenienti dai propri allevamenti, con descrizione della specie, razza e mutazione, all’indirizzo: redazione@foi.it

• All’autore della foto mensilmente prescelta da un comitato interno, verrà offerto in omaggio un libro edito dalla FOI in base alla preferenza e alla disponibilità.



CRONACA

Il re dei Cardilli major di Eboli testo di LUCA GORRERI e PAOLO MEDURI, foto L. GORRERI

L

o scorso anno, in occasione dell’internazionale di Salerno, visitando l’allevamento del nostro amico Pasquale Caruso, si notarono delle belle coppie di cardellini major che volavano in belle voliere immerse nel verde tra ruscelli e numerose piante da frutto nella collina di Giffuni Valle Piana (SA). Chiedemmo la provenienza e ci parlò di don Angelo, grande allevatore di major che alleva ogni anno un gran numero di novelli. Purtroppo, eravamo alla conclusione della mostra e i nostri impegni non ci consentirono di soffermarci oltre. Partimmo con il ricordo della calda ospitalità dei nostri amici campani. Con il ricordo delle bellezze di Salerno, città pulita, dinamica, in continua trasformazione. Fra questi pensieri si affaccia spesso alla mente il ricordo di quei cardellini. La visita dell’allevamento la faremo, diciamo, ai no-

Le serre voliere e le mangiatoie in serie

Le belle serre-voliere sono alte circa 4 metri e sono divise in quattro sezioni da circa 100 mq ciascuna stri compagni del viaggio di ritorno. Nel luglio di quest’anno, tornando a Salerno, chiediamo al nostro amico Pasquale di poter visitare l’allevamento di don Angelo Zaccaria. Ci spostiamo ad Eboli, in un’aperta campagna caratterizzata da serre destinate alle coltivazioni più importanti d’Italia della quarta gamma (insalate, cicorie, aromatiche...). Proseguiamo fino all’allevamento. All’ingresso ci accoglie l’allevatore, davanti ad un mosaico che

presenta un disegno di due cardellini con le iniziali di Angelo, già ad indicarci la passione che lo stesso nutre per questi amici alati che compaiono anche sul logo della nostra Federazione. Ci troviamo di fronte a delle serre-voliere coperte da reti per ornitologia, da ombreggiante e da zone coperte per proteggere dalle intemperie. In queste voliere piantumate da alberi non molto alti, trovano alloggio tante coppie di riproduttori delle diverse mutazioni. I posatoi sono posizionati in modo da poter evitare attacchi da parte dei rapaci. Le belle serre-voliere, per un totale di circa 20 metri per 20 metri, sono alte circa 4 metri e sono divise in quattro sezioni da circa 100 mq ciascuna; in ogni sezione una tipologia di mutazione: agata per agata, ancestrale per ancestrali, isabella per agata portatori di isabella e bruni. I gialli, essendo una mu-

Un nutrito gruppo di "Cardilli" nella parte alta di serra-voliera al sole

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Cardellina mut. giallo nel nido infrascato

Una tecnica pulita di fornire frutta e verdura

tazione dominante, sono sparsi nelle 4 serre-voliere in quantità uguali. Il rapporto femmine maschi è di 10 a 7. Quindi, come si può ben comprendere, uno dei perni dell’allevamento dei major di Angelo è quello di disporre di molto spazio per gli alati, cioè permettendo ai cardellini di disperdere molte energie svolazzando in su e giù, in alto e basso in queste ampie voliere immerse tra i raggi del sole campano e l’ombra delle piante e dei teli ben tirati sopra le reti. Ecco quindi che per tali variopinti uccelli occorre un cibo ricco: l’allevatore fornisce a volontà, in mangiatoie ben posizionate, pulite, sanificate con cura e costanza e coperte da idonee tettoie, semi di canapa (in maggioranza) ed anche niger e piccoli girasoli sgusciati e di qualità. Appena abbiamo notato questi semi, altamente oleosi, non trovandoci in località montane (con freddi inverni e rigide notti) subito ci viene un dubbio che però è chiarito da don Angelo grazie alla sua notevole esperienza di allevamento di tale specie: basti pensare ai numeri che ottiene, poiché supera i mille piccoli all’anno (di cui ben 500 agata). Un risul-

tato eccezionale rapportato alla suprema qualità dei soggetti che ci indicano che il “re dei cardilli di Eboli” è proprio lui. Allevatore che nel periodo riproduttivo, che inizia in aprile (per alcune coppie di major già a fine marzo, visto il clima mite della costa salernitana), somministra e sostituisce uova sode anche ogni 2-3 giorni, onde evitare avarie di questo prezioso alimento animale che fornisce agli alati fondamentali proteine ad alto valore biologico per la presenza di amminoacidi essenziali. Abbiamo notato che alcuni suoi collaboratori fornivano in continuazione (togliendo quelli meno freschi) pezzi di verdura che venivano infilati in chiodi apposti in fila su specifiche mangiatoie; in particolare cetrioli e mela (ogni tanto un po’ di carota). I major, poi, potevano anche cibarsi di ciuffi di tarassaco, centocchio e varie cicorie che Angelo coltiva in appezzamenti non trattati intorno alle voliere e che raccoglie due volte al giorno con cura. Molte zone del terreno nelle voliere sono cosparse di paglia di grano, dove i cardellini amano posarsi e trastullarsi con gli steli della paglia o alimentarsi della cicoria. Non mancano certo semi ammollati e germinati che devono germinare entro le 24 ore (in quanto oltre tale tempi presentano problematiche sanitarie con le muffe), altrimenti, dopo accurati lavaggi, vengono forniti come ammollati. Angelo utilizza enormi contenitori di ferro alimentati da acqua limpida e fresca e ben protetti dalla luce dove immerge sacchi appositi contenenti i semi che poi fornisce due volte al giorno agli uccelli. Angelo ci svela un segreto: i major devono essere sempre occupati per stare

Don Angelo ci mostra una docile cardellina in cova

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Semi ammollati con pastoncino (serve per asciugare i semi) idonei per i cardellini

in salute; prende in mano un nido e ci fa osservare una cardellina con sotto 4 bellissimi pulli di agata e ci fa emozionare. Ci dice anche che per ottenere ottimi risultati occorre non andare in ferie, in quanto tali uccelli, così come la vigna per produrre buon vino vuol “vedere” tutti i giorni l’agricoltore, vogliono vedere tutti i giorni e spesso l’allevatore. Angelo fornisce insieme all’uovo sodo (di allevamenti di ovaiole alimentate a terra) anche del pastoncino secco, utile soprattutto per mantenere asciutti i semi ammollati e l’uovo stesso, in quanto i cardellini non si alimentano molto del pastoncino. I nidi sono collocati sulle piante, soprattutto cipressi o dentro ciuffi di rami di cipressi, e riportano un cartellino con la numerazione in modo da consentire all’allevatore, vista la grande quantità di nidi presenti, di individuarli e magari appuntarsi note tecniche in merito alle femmine in cova e ai nati. Gli ampi spazi sono protetti sugli accessi da doppie porte anche calamitate (per una chiusura automatica), in modo da evitare che gli uccelli possano fuggire. L’area è anche ben con-

Simpatico mosaico all'ingresso dell'allevamento


trollata e protetta da telecamere di sorveglianza e dagli amici cani da guardia. I giovani cardellini, dopo il periodo del post-svezzamento, vengono spostati in gabbie grandi poste in apposito locale ben areato e luminoso (caratterizzato da ampie finestre) onde evitare di recare disturbo alle cardelline in cova nelle grandi voliere, ma vengono poi nuovamente liberati nelle stesse per affrontare lì il periodo delicato della muta. Don Angelo ci parla delle problematiche dell’allevamento e della necessità di evitare lo stress, che è una delle principali cause della proliferazione dei coccidi, proprio permettendo agli uccelli di essere sempre in buono stato e ben occupati nei voli tra le mangiatoie disposte con razionalità, con ampi spazi, con cibi sani in modo da evitare trattamenti medici spesso inutili o che poi influenzerebbero negativamente le nuove riproduzioni. Angelo ci suggerisce altresì che per ottenere una buona

Molte zone del terreno nelle voliere sono cosparse di paglia di grano, dove i cardellini amano posarsi e trastullarsi con gli steli della paglia o alimentarsi della cicoria

prole occorra partire con ceppi di riproduttori ben prolifici fin da subito, in quanto la genetica di partenza con soggetti ben predisposti (grazie ai loro geni) fornisce poi buoni risultati. Anche nei turdidi o in altre specie, oltre al cibo e all’ambiente idonei, è fondamentale per poi allevare bene; cioè, spesso è la “giusta” coppia che dà risultati, quindi

anche il lavoro di selezione deve basarsi su tali concetti. L’allevatore deve porre particolare attenzione alla provenienza della coppia, informandosi al meglio, acquisendo notizie sull’allevatore, andando a visitare direttamente, osservando con minuziosità i particolari e se necessario (se non convinto da qualcuno di questi parametri) anche rimandando l’acquisto. Spesso da una coppia giusta si ottengono più pulli in un’annata riproduttiva che magari da altre 3, 4 coppie anche se tutte ben allevate, negli stessi ambienti e con gli stessi cibi; quindi l’allevatore si deve basare principalmente sulla genetica (ceppi prolifici) che rappresenta il perno per ben allevare. La nostra visita ad Eboli qui modestamente illustrata ha avuto anche lo scopo di comunicare al meglio, agli allevatori che ci hanno letto, l’esperienza di un grande allevatore messa a disposizione di tutti noi.

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ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI

Donacola petto castano x Passero del Giappone Ibridi e reincroci Seconda parte testo e foto di SIMONE OLGIATI

I tre fratelli R0,5 tutti insieme. Sebbene la foto non sia molto donante, viene qui evidenziato il disegno del fianco di una delle due R0,5 perlate

R

iprendiamo la narrazione della storia di Donacola petto castano x Passero del Giappone dal momento in cui ci siamo interrotti, quando non ottenni prole dai miei F1. Come detto alla fine della prima parte, qualcun altro effettivamente ebbe qualche risultato. In collaborazione con un amico, decidemmo di provare un’impresa non da poco: traslare la mutazione perlato dal Passero del Giappone alla Donacola petto castano. Nel Nord Europa già in passato si è avuta la traslazione della mutazione rosso-bruna e della ino, que-

Con un amico decidemmo di provare un’impresa non da poco: traslare la mutazione perlato dal Passero del Giappone alla Donacola petto castano

st’ultima a trasmissione sesso-legata come la “perlato”. In Italia ci fu già un tentativo in passato di compiere tale

lavoro, ma si concluse con un nulla di fatto. Personalmente ebbi “in mano” un passaggio intermedio della trasmutazione, una femmina R1 mutata perlata in direzione Donacola p. c., risultata sterile poiché non depose mai un uovo mentre era accoppiata ad un maschio puro. Visti i presupposti, ritenemmo che la sfida fosse ardua ma non impossibile; era però necessaria un’attenta programmazione di ogni accoppiamento, nonché una precisa conoscenza delle leggi dell’ereditarietà, della genetica e dell’allevamento delle specie coinvolte.

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Maschio R0,5 con femmina di Donacola petto castano. Da notare la barra pettorale che, seppur interrotta, è presente ed evidente

Lo schema che utilizzammo come linea guida è quello riportato in figura. Ottenuti in prima battuta gli F1, ovviamente eterozigoti per la mutazione che ci interessa, vengono accoppiati a femmine di Passero del Giappone perlate per ottenere R1 maschi mutati. Gli R1 a loro volta vengono reincrociati con femmine di Donacola petto castano generando maschi tutti sicuri portatori e

con una “percentuale di sangue” di Donacola p.c. del 62,5%. Questi ultimi sono stati chiamati R 0,5 poiché hanno una “percentuale di sangue” che è esattamente la media tra quella di un F1 e di un R1 [(50+75) ÷ 2 = 62,5]. Da questo punto in poi, si lavora esclusivamente in direzione della Donacola p. c., usando solo i maschi per la generazione successiva (R1,5) e da quella dopo an-

Confronto tra il dorso del maschio R0,5 con quello di una Donacola petto castano. La coda, seppur lanceolata, si presenta giallastra. I disegni, tra cui quello del fianco, ricordano molto quelli materni.

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cora anche le femmine (R2,5) fino ad arrivare a soggetti che si presentano, geneticamente e fenotipicamente, identici alla Donacola petto castano, con “percentuale di sangue” maggiore del 98% al nono anno di lavoro. Ho messo volutamente “percentuale di sangue” tra virgolette perché questa caratteristica non corrisponde esattamente al fenotipo rappresentato: per esempio, si possono avere reincroci fratelli tutti dissimili tra loro, con maggiore somiglianza verso una specie genitrice o verso l’altra. Tale fenomeno è dato dalla ricombinazione genica casuale (cioè dall’assortimento aleatorio dei geni) che causa variabilità fenotipica (ossia differenze d’aspetto tra un soggetto e l’altro); quando sono interessati corredi genomici appartenenti a due specie diverse, la variabilità è ancora più accentuata. Una volta stabilito il percorso teorico, venne il momento di metterlo in pratica. Il primo passo fu di accoppiare il maschio F1 con una femmina di Passero del Giappone perlata; dall’accoppiamento nacquero due R1 mutati e due nero-bruni. Uno dei due mutati era chiaramente un perlato e si rivelò maschio; l’altro invece era più somigliante alla nonna paterna. Aveva un colore decisamente più brunastro, specialmente sul dorso, petto e coda; sulla testa aveva una calotta grigio alluminio, dello stesso colore erano le remiganti. Alla luce di ciò, si può tranquillamente affermare che la nonna paterna non fosse altro che una Passero del Giappone mutata perlata con scarsa tipicità, priva di quelle perlature che danno il nome alla mutazione. Il fenotipo degli R1 era pressappoco uguale a quello di un P. del G. puro, soprattutto riguardo il maschio perlato; i due nero bruni, invece, avevano un disegno ventrale scadente, con la lisca di pesce presente solo a livello dei fianchi, mentre nel resto del ventre avevano dei puntini neri su sfondo bianco. Struttura, posizione, colore del becco e forma della coda erano praticamente uguali a quelli dei P. del G. Solamente il maschio R1 perlato venne impiegato in riproduzione, accoppiato ad una femmina di Donacola petto castano; dall’accoppiamento nacquero


tre R0,5, un maschio nero bruno e due femmine perlate. La somiglianza con la specie materna è decisamente evidente, in particolar modo riguardo il nero bruno. La ripartizione dei disegni è tipica della Donacola petto castano; riferendoci ai colori, abbiamo un tono generale più scuro, soprattutto nei confronti della testa, dove non appare il classico grigio argenteo ma un bruno nerastro molto simile a quello della faccia. Sorprendente il colore giallastro della coda, carattere che non ho mai visto in altri reincroci dal Passero del Giappone ai Cappuccini o Donacole se non in R2. Colore del becco grigio azzurro come nella Donacola p.c.; forma della coda ancora lanceolata: posizione del corpo intermedia tra quella delle specie parentali. Le due sorelle perlate erano leggermente diverse l’una dall’altra: la prima aveva testa, dorso, ali e coda grigio alluminio con sfumature brunicce, più marcate sul codione, petto nocciola e ventre crema. La seconda aveva la faccia sempre grigio alluminio, ma inquinata dal bruno castano del petto; inoltre, presentava una tonalità di colore generale più fredda, avendo il ventre praticamente candido, così come quello del fratello. Entrambe avevano una coda più squadrata e quindi simile a quella della ma-

dre, nonostante non fosse giallo ocra. Siamo quindi giunti al 2019: l’anno prima avevo iniziato l’allevamento dei Fringillidi, cambiando genere di specie allevate, mentre il mio collaboratore aveva deciso di dismettere il proprio di allevamento. Non volendo assolutamente perdere il frutto di tutti i precedenti anni di lavoro, decisi comunque di prendere i soggetti utili a proseguire l’impresa. In totale portai a casa tre maschi e tre femmine di Donacole petto castano, il maschio R1 perlato riproduttore e il trio di R0,5. Accoppiai tutti i reincroci, sia maschi che femmine, con le Donacole p.c. e formai una coppia in purezza allo scopo di ottenere altri soggetti per poi proseguire il lavoro. I risultati non furono quelli sperati. Nessuna femmina di Donacola petto castano depose uova nonostante tutte le coppie avessero costruito il nido, probabilmente a causa di temperature troppo basse nel periodo invernale. Col tempo, dedicandomi sempre più agli Indigeni, trascurai il gruppetto di Esotici, i cui membri morirono uno ad uno fino all’ultimo, un maschio di Donacola petto castano. L’unico risultato degno di nota fu la causa della morte di una delle due R0,5: ritenzione dell’uovo. Infatti, la povera femmina non riuscì a deporre un uovo che, pur essendo com-

Proiezione frontale delle due sorelle R0,5 perlate. Evidenti le differenze che intercorrono tra le due, sebbene siano strettamente imparentate

pleto di tuorlo e albume, aveva un guscio talmente sottile che pareva di gomma. Il fatto che stesse per deporre potrebbe essere un indizio sulla sua eventuale fecondità, evento raro per le femmine Ibride. Disgraziatamente non sapremo mai la risposta, anche se questo fatto può spingere gli allevatori a testare sempre la fertilità anche delle femmine Ibride, allo scopo di avere più soggetti con cui lavorare per traslare le mutazioni. Alla luce di quanto raggiunto e di quanto ci sarebbe stato ancora da fare, ritengo importante fare delle considerazioni. Per lavorare ad un progetto di trasmutazione è necessario impiegare un cospicuo numero di coppie già dalle prime fasi, in modo tale da avere il numero maggiore possibile di novelli con cui lavorare successivamente. Con gli Ibridi non si è mai certi della fecondità, soprattutto andando avanti con le generazioni; di conseguenza, avendo un cospicuo numero di soggetti da testare, le probabilità di trovare soggetti sufficientemente fertili aumentano. Essendo noi partiti da un’unica coppia, già eravamo svantaggiati in partenza. I soggetti puri da impiegare in questi lavori devono essere della massima qualità possibile: per poter esprimere al meglio una mutazione, bisogna che

Proiezione dorsale di una femmina R0,5 perlata. Sebbene la forma e la posizione ricordino quelle materne, la coda lanceolata e il colore generale tradiscono i geni del Passero del Giappone

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In primo piano il maschio R1 mutato perlato. Notevole la somiglianza con un P.d.G. puro

questa si manifesti in animali tipici, con colori intensi e disegni netti, altrimenti si otterrebbero solo uccellini dal colore inedito, ma nulla di più. Lo stesso discorso vale anche per gli Ibridi ed i Reincroci utilizzati: anch’essi devono presentarsi al meglio, oltre al fatto che devono essere scelti tra quelli più simili alla specie parentale verso cui si sta andando. Anche per questo, avere un grande numero di soggetti tra cui scegliere è di grande aiuto.

È necessario disporre di uno o più ceppi puri della specie nella quale si va ad inserire la mutazione, pena il ritrovarsi senza soggetti da accoppiare agli Ibridi. Considerando lo schema qui proposto, servono almeno quattro femmine e due maschi di Donacola petto castano per raggiungere l’obiettivo; se già tre allevatori seguono lo stesso schema partendo da tre gruppi di soggetti diversi, per un totale di nove ceppi “transmutanti”, è lampante la necessità di

avere un gran numero di Donacole p. c. per poter proseguire nell’intento. Una delle concause alla fine del progetto fu appunto quella di mancanza di “materia prima” in riferimento alle Donacole p.c. La collaborazione tra allevatori è un altro fattore fondamentale: in queste avventure ci si può anche imbarcare in solitaria, però il rischio di perdere tutto il lavoro svolto in una sola volta, per un evento accidentale, è davvero troppo elevato. Distribuire gli Ibridi ed i Reincroci ad un buon numero di persone consente di suddividere gli uccelli in più sottopopolazioni: in questo modo, se in un allevamento il ceppo dovesse avere problemi o dovesse estinguersi per un qualsiasi motivo, il progetto non sarebbe concluso per sempre ma potrebbe continuare da altre parti. L’impresa atta a realizzare la Donacola petto castano perlata si è conclusa con un pugno di mosche, sebbene sia stata un’esperienza arricchente dal punto di vista tecnico e scientifico. Ha permesso di scoprire di più riguardo la genetica degli Ibridi, come i caratteri di due diverse specie vanno a manifestarsi e a ricombinarsi secondo la mescolanza casuale dei rispettivi genomi. Inoltre, il fatto di essere riusciti ad arrivare al quarto anno di lavoro è indice di grande speranza per il futuro.

Donacola petto castano perla Anni

Accoppiamento

Risultati maschi

Risultati femmine

Percentuale sangue Donacola petto castano

1° anno

Donacola petto castano x PdG perla F1/perla x PdG perla R1 perla x Donacola petto castano R0,5/perla x Donacola petto castano R1,5/perla x Donacola petto castano Donacola petto castano x R2,5 perla R3,5/perla x Donacola petto castano Donacola petto castano x R4,5 perla Donacola petto castano/perla x R4,5 perla

F1/perla

F1

50%

R1 perla; R1/perla

R1 perla; R1

25%

R0,5/perla

R0,5 perla

62,5%

R1,5/perla; R1,5

R1,5 perla; R1,5

81,25%

R2,5; R2,5/perla

R2,5; R2,5 perla

90,625%

R3,5/perla

R3,5

95,3125%

R4,5; R4,5/perla

R4,5; R4,5 perla

97,65620%

Donacola petto castano/perla

Donacola petto castano

98,828100%

Donacola petto castano/perla; Donacola petto castano perla

Donacola petto castano; Donacola petto castano perla

98,2422000%

2° anno 3° anno 4° anno 5° anno 6° anno 7° anno 8° anno 9º anno

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O rniFlash Gli uccelli stanno cambiando le proprie abitudini in risposta al cambiamento climatico

News al volo dal web e non solo

A

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causa del cambiamento climatico, la migrazione primaverile degli uccelli verso i siti di nidificazione e la loro riproduzione sono anticipate di circa 2-3 giorni ogni decennio, a partire dal 1811. E le specie che tendono ad anticipare maggiormente le loro attività sono quelle residenti e i migratori parziali, quelle che hanno una dieta generalista, si nutrono di piante, e si trovano nell’emisfero boreale, a latitudini più elevate, proprio dove le temperature sono aumentate con maggiore intensità. Sono questi i risultati di uno studio coordinato da Andrea Romano, ricercatore presso il Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università degli Studi di Milano e recentemente pubblicato su Ecological Monographs. La ricerca ha raccolto oltre 5.500 serie storiche di dati fenologici (variazioni temporali di attività come la migrazione e la riproduzione), compresi tra il 1811 e il 2018, relativi a 684 specie di uccelli a livello mondiale. Nel complesso, questo studio a livello globale sottolinea diversi modelli di variazione di fenologica (ovvero relativi alla modifica delle tempistiche delle attività annuali) nel tempo che prima erano stati solo ipotizzati o verificati a scala locale, mostrando che le caratteristiche ecologiche e biologiche possono influenzare fortemente il modo in cui le specie stanno rispondendo ai sempre più pervasivi effetti dei cambiamenti climatici. Questi risultati potrebbero anche essere utili per identificare le specie più suscettibili agli effetti futuri del riscaldamento globale per eventuali interventi di tutela e conservazione. Fonte: Ufficio Stampa - Università Statale di Milano – Immagine: www.bto.org

In Antartico rapido calo dei pinguini di Adelia, -43% in 10 anni

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ltro effetto dannoso dei cambiamenti climatici, questa volta sui pinguini di Adelia, specie emblematica della costa antartica dove un team di scienziati australiani ha “sorprendentemente” riscontrato un loro “rapido declino”. Da un monitoraggio nella stazione di ricerca nei pressi di Mawson è emerso che la popolazione che si riproduceva nelle 52 isole vicine è diminuita del 43% in 10 anni. Per raccogliere i dati, gli specialisti di uccelli marini hanno esaminato in ciascuna delle isole un tratto di costa di 100 chilometri ogni anno, dal 2010 al 2020, monitorando così i pinguini riproduttori. Hanno scoperto che il numero di nidi occupati è sceso da 176.622 a 99.946, il che si traduce in un calo di circa 77 mila nidi o 154 mila uccelli nidificanti. Gli studiosi ritengono che il declino della popolazione vicino alla stazione di ricerca di Mawson sia correlato ai cambiamenti ambientali che hanno reso difficile il foraggiamento, ovvero un habitat favorevole per nutrire i piccoli appena nati. Inoltre hanno evidenziato che il declino in quest’area è in netto contrasto con altre popolazioni di pinguini di Adelia nell’Antartide orientale, dove il loro numero è rimasto stabile o in aumento. Invece, nella penisola antartica gli effetti della pesca, dei cambiamenti climatici e di altre attività umane sono stati più evidenti sulla specie. Quando il gruppo è più piccolo, i pinguini diventano più vulnerabili ai predatori e sono meno efficaci nel trovare e mangiare cibo. I ricercatori stimano che la popolazione in una buona stagione riproduttiva avesse 80 mila uccellini in meno rispetto al picco di popolazione nei primi anni 2000. Fonte: https://www.agi.it/scienza/news/2022-10-12/clima-antarticorapido-calo-pinguini-adelia-18419258/


O rniFlash “All that breathes”, documentario bellissimo sull’imprescindibilità del nibbio per l’ecosistema l nibbio bruno, uccello bellissimo e intelligente, ha un ruolo essenziale nell’ecosistema perché è capace di adattarsi all’inquinamento urbano. Nel nostro pianeta si trova in concentrazioni significative solo a Nuova Delhi: sostenuto dagli abbondanti rifiuti della città, soprattutto dell’industria della carne, negli ultimi tempi è cresciuto di numero. Il nibbio per la capitale indiana funziona allo stesso modo della flora batterica per il nostro apparato digerente: la ripulisce dalla spazzatura. Ma a causa dell’inquinamento, degli aquiloni che gli abitanti di Delhi usano far volare con fili che spezzano le ali di questi uccelli, i nibbi cadono a terra e muoiono. La gente di Delhi si priva così di un prezioso alleato. “All that breathes”, del regista Shaunak Sen, racconta che per decenni i fratelli Mohammad Saud e Nadeem Shehzad, veterinari autodidatti di Nuova Dehli, si sono occupati di salvare questi volatili, ricavando da un fatiscente magazzino quello che oggi è diventato un vero ospedale per uccelli. I due fratelli credono nell’interconnessione tra la vita umana e quella animale; nel film espongono il concetto che gli uomini non sono uniti tra loro per credo religioso, politico o per etnia, ma fanno parte di “quell’universo d’aria” nel quale vivono tutte le creature. Il nibbio, dicono i due fratelli, è “solo” quando è percepito come un diverso, come accade tra gli uomini se praticano l’odio o il razzismo: nel documentario, sullo sfondo, si vedono rivolte religiose e razziali che mettono a ferro e fuoco Nuova Dehli. “All that breathes” ha vinto il Gran Premio della Giuria per il miglior documentario al Sundance 2022 e poi l’Oeil d’or per il miglior Documentario a Cannes. È stato proiettato anche alla Festa del Cinema di Roma. Fonte: https://www.pressenza.com/it/2022/10/festa-cinema-roma-all-that-breathes-documentariobellissimo-sullimprescindibilita-del-nibbio-per-lecosistema/

La beccaccia è specie minacciata, è l’allerta che arriva da BirdLife

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reda dei cacciatori, disturbata dalle attività ricreative nei boschi e prossimamente circondata dalle turbine eoliche: la beccaccia dei boschi è in pericolo. L’associazione svizzera per la protezione degli uccelli BirdLife chiede l’intervento delle autorità. Con una popolazione nazionale stimata tra i 1.000 e i 4.000 maschi, la specie figura già sulla lista rossa degli uccelli minacciati in Svizzera, ma nonostante ciò è ancora cacciabile, ha comunicato BirdLife. L’associazione ha aggiunto che nel 2021 sono state uccise 326 beccacce nei cantoni romandi e 1.256 in Ticino, cifre in aumento rispetto all’anno precedente. Questo volatile da riproduzione non viene cacciato negli altri cantoni. I cacciatori si giustificano dicendo che uccidono solo beccacce migratorie. Tuttavia, le ricerche degli ornitologi, basate sull’installazione di trasmettitori, dimostrano che un numero significativo di uccelli nidificanti rimane nei luoghi di riproduzione molto tempo dopo l’inizio della caccia, sottolinea l’associazione confermando che tra il 14,3 e il 32,7% delle beccacce uccise sarebbero uccelli indigeni. La caccia ricreativa a questo uccello dovrebbe quindi essere vietata, sostiene BirdLife che chiede una protezione a livello federale. L’associazione deplora il fatto che a livello cantonale siano state adottate solo “misure cosmetiche” per il 2022, come lo spostamento dell’inizio della caccia di qualche giorno, cioè dal 20 ottobre. Oltre alla caccia, è necessario adottare altre misure, in particolare per preservare gli habitat forestali della beccaccia, in declino da diversi decenni. Fonte: https://www.laregione.ch/rubriche/curiosita/1612876/ associazione-birdlife-uccelli-caccia-beccaccia-autorita

News al volo dal web e non solo

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Attività F.O.I. Sintesi verbale del Consiglio Direttivo Federale del 24 e 25 Giugno 2022 (La versione integrale è pubblicata sul sito www.foi.it/verbali) - Affiliazione Associazione Ornitologica Catanese; Il CDF, dopo aver ricevuto l’istruttoria con parere favorevole da parte del Raggruppamento Ornicoltori Siciliani, delibera l’affiliazione dell’Associazione Ornitologica Catanese con sede sociale a San Gregorio di Catania (CT), alla Via Umberto Nobile Generale 30, costituita con atto del 2 aprile 2022 registrato in pari data presso l’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Catania, con numero 0091064. L’affiliazione è subordinata al versamento della relativa quota ed all’espletamento di tutte le altre pratiche amministrative. La Segreteria Federale è autorizzata, all’esito, all’assegnazione del codice identificativo, alla generazione dell’indirizzo PEC ed all’accredito nelle piattaforme di iscrizione e di richiesta anelli. - Verbale di riunione CTN-EFI n. 1/2022 del 27/5/2022: determinazioni; Il CDF, preso atto del parere favorevole espresso dall’OdG (delibera n° 19/2022 del Verbale n° 5 del 27/05/2022) ratifica la delibera n. 2/2022 per modo che, già a far tempo dalla campagna 2023 entri in vigore l’elenco anelli distinti unicamente per tipologia e per diametro interno, senza l’indicazione dell’altezza che potrà variare in funzione del materiale di produzione (alluminio colorato, duralluminio colorato e acciaio), rimanendo pertanto ininfluente l’altezza degli anellini medesimi. La eventuale diversa tipologia di anelli utilizzati nonché la diversa altezza degli stessi in uno stamm non costituirà segno di riconoscimento e quindi non potrà essere motivo di squalifica. - Richieste da inoltrare alla COM-Italia; Il CDF richiede al presidente della COM–Italia di avviare presso la COM/OMJ la procedura relativa alla terza fase per il riconoscimento del canarino Benacus nonché quella relativa alla prima fase per il riconoscimento del canarino Perla. Nel contempo il CDF richiede al presidente della COM–Italia di inoltrare alla COM/OMJ il materiale tecnico relativo al Satinè Ossidato,

all’Urucum ed al Lizard da esaminare in occasione del prossimo congresso. - Il CDF costituisce presso il Comitato organizzatore del Campionato Nazionale di Specializzazione Colore, EFI e O&aP un fondo spese di euro 3.500,00, presso il Comitato organizzatore del Campionato Nazionale di Specializzazione CFPA e CFPL un fondo spese di euro 3.500,00 e presso il Comitato organizzatore del Campionato Nazionale di Specializzazione Canto un fondo spese di euro 500,00. - Il CDF acquisisce conferma dal presidente della COM Italia della candidatura del giudice Riccardo Rigato per l’elezione di responsabile OMJ sezioni G – H. Il CDF ritiene di non inviare ulteriori indicazioni al presidente COM Italia relativamente alle altre candidature COM/OMJ aperte per il congresso statuario 2023. - Il CDF, in accoglimento di diverse sollecitazioni in tal senso pervenute da associazioni federate, dispone che venga dato risalto mediante pubblicazione su tutti i canali ufficiali il principio della incedibilità a terzi di anellini. Tale ultima pratica infatti ha carattere illegale e, oltre a costituire una grave violazione dello statuto FOI, indurrebbe altresì l’ipotesi di reati penali, perseguibili con pene molto rilevanti. - Il CDF, nel prendere atto della nota a firma del presidente CTN CFPL cav. Salvatore Alaimo, osserva che indipendentemente da ogni valutazione nel merito della stessa, non è possibile dare corso alla richiesta ivi contenuta in quanto carente del preventivo parere obbligatorio del Consiglio dell’OdG e della ratifica da parte del CDF. Nel merito della questione trattata (punteggio complessivo degli STAMM e diversa metodologia di pervenimento al punteggio finale ai fini della premiazione), assurgendo la stessa a questione generale di sistema, il CDF indica specificamente la concertazione fra tutte le CCTTNN della FOI, i presidenti dei collegi di specializzazione e del presidente dell’OdG.

Sintesi verbale del Consiglio Direttivo Federale del 5 Agosto 2022 (La versione integrale è pubblicata sul sito www.foi.it/verbali) - Il CDF, esaminato il contenuto delle mail del 27 giugno 2022 e dell’11 luglio 2022 provenienti dalle associazioni As.OC. ed AMO del gruppo Ornitologico La Fenice, contenenti comunicazioni in ordine ai trofei offerti da ditte o privati per la premiazione speciale della 15° esposizione Ornitologica la Fenice che prevede, nell’intento di dare visibilità alla manifestazione, di mettere in palio il Trofeo Canarino d’Oro, osserva quanto segue: pur ritenendo il valore del trofeo “Canarino d’Oro” eticamente non consono al significato squisitamente sportivo delle mostre ornitologiche FOI, non essendovi sul punto sufficiente chiarezza, il CDF non può disporre il divieto di tale premiazione. Essendosi in ogni caso evidenziata una situazione limite, sin d’ora il CDF dispone che, a far tempo dalla prossima stagione mostre 2023, anche i premi offerti da Enti pubblici o privati o comunque da terzi rispetto all’orga-

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nizzazione della mostra, non potranno avere un valore superiore ad euro 300,00. - Il CDF, in riferimento alla richiesta mail del 18 luglio 2022 da parte del C.O. della manifestazione “PIUME 2022 MOSTRA ORNITOLOGICA NAZIONALE” nella quale viene richiesto l’esonero dall’obbligo dell’applicazione delle “etichette con descrizione del soggetto esposto” sulle gabbie, dopo aver raccolto parere favorevole da parte dell’Ordine dei Giudici, osserva: pur essendo l’autorizzazione richiesta in contrasto con l’art. 26 del Regolamento Generale Mostre che contiene espressa previsione di astensione da parte del Giudice in caso di inosservanza concede, solo per quest’anno, l’esonero a titolo sperimentale. Per gli anni a venire, rivestendo la questione carattere sistematico, dovrà essere attuato un approfondimento sul punto che coinvolga l’Ordine dei Giudici e le Commissioni Tecniche Nazionali ancor prima del CDF


Attività F.O.I. Sintesi verbale del Consiglio Direttivo Federale del 27 Agosto 2022 (La versione integrale è pubblicata sul sito www.foi.it/verbali) - Commissione Disciplinare: determinazioni; Il CDF, visto l’art. 11 del Regolamento Organico della FOI-Onlus che prescrive l’obbligo di esclusività dei tesserati FOI e di astensione dal partecipare a manifestazioni ornitologiche organizzate in contrasto con i regolamenti della FOI-Onlus, ha deliberato, in data 14 ottobre 2020, un provvedimento inibitorio nei confronti dei sotto riportati tesserati FOI che hanno preso parte, in qualità di espositori, alla mostra di Marineo (PA) del 4 ottobre 2020: … omissis … … in data 18 dicembre 2021, un provvedimento inibitorio nei confronti dei sotto riportati tesserati FOI che hanno preso parte, in qualità di espositori, alle mostre di Olbia (SS) del 14 novembre 2021 e di Misilmeri (PA) del 5 dicembre 2021: ...omissis … Valutato che non ricorrono, allo stato, elementi che consentano di ipotizzare il perpetrarsi delle infrazioni regolamentari oggetto di precedente addebito, il CDF delibera di attivare la procedura prevista dall’art. 14 del Regolamento Organico FOI-Onlus, “avvertendo” i suddetti tesserati che in caso di recidiva sarà attivata nei confronti degli stessi la procedura sanzionatoria prevista dagli articoli 16 e 17 del Regolamento Organico. Esaminata la posizione dei sotto riportati tesserati FOI-Onlus, già sottoposti a precedente provvedimento inibitorio, che con comportamenti perpetrati hanno continuato a infrangere le norme regolamentari previste dall’art. 11 del Regolamento Organico, per aver più volte partecipato a manifestazioni ornitologiche organizzate in contrasto con i regolamenti della FOI-Onlus: … omissis … il CDF delibera: - di sottoporre gli stessi a nuovo provvedimento inibitorio a prendere parte a tutte le mostre, gli eventi e le iniziative promossi o organizzati dalla FOI-Onlus o sotto l’egida della FOI-Onlus nel 2022, fino alla definizione di tutti gli aspetti collegati alla compiuta valutazione della vicenda; - di attivare, sussistendo la recidiva, la procedura sanzionatoria prevista dagli articoli 16 e 17 del Regolamento Organico. Qualora i suddetti tesserati, sottoposti a provvedimento inibitorio, avessero già effettuato iscrizioni a mostre a calendario FOI 2022, le Associazioni Ornitologiche e i Comitati Organizzatori delle stesse provvederanno a restituire le relative quote versate. Le Associazioni e i Comitati Organizzatori che non rispettassero il presente deliberato saranno sanzionabili e sottoposti a procedimento disciplinare.

- Con riferimento alla partecipazione di alcuni tesserati FOI-Onlus alla mostra di Alicante nel mese di gennaio 2022, il CDF, all’esito di specifica interlocuzione avvenuta in videoconferenza con il Presidente COM Carlos F. Ramoa, ha preso atto della non previsione regolamentare di assumere provvedimenti (disciplinari o inibitori) nei confronti degli stessi. Tale circostanza, infatti, non rientra nella competenza territoriale della Federazione, poiché la mostra in argomento si è tenuta fuori dal territorio nazionale. Casi come quelli in rassegna, pertanto, non sono contemplati nella previsione normativa di cui all’art. 11, ultimo comma, del Regolamento Organico. Il CDF profonderà ogni impegno a che tale interpretazione venga sistematicamente modificata nel senso che la COM nazionale e le Federazioni che della stessa fanno parte possano assumere provvedimenti anche in caso di violazioni dei propri regolamenti perpetrate all’estero. In altri termini, la FOI potrà certamente assumere provvedimenti disciplinari qualora allevatori propri tesserati partecipino a mostre promosse nel territorio italiano da altre confederazioni o federazioni. Al contempo, resta impregiudicata la facoltà del CDF di assumere decisioni di qualunque tipo nei confronti di tesserati che si rendano responsabili di condotte pregiudizievoli del buon andamento delle attività federali ovvero lesive dell’immagine o in danno della stessa Federazione, specie se tali comportamenti provengono da chi ricopre ruoli di qualunque natura in seno FOI. É di tutta evidenza, infatti, che le attività di un tesserato debbano assumere carattere di promozione e crescita della federazione di appartenenza e mai di contrasto a tali propositi, giacché un siffatto contegno minerebbe i principi statutari e lo spirito associativo, privo di finalità lucrative, che devono caratterizzare e ispirare tutte le attività che si realizzano all’interno della Federazione. Ne consegue che potrebbero essere assunte altre modalità atte a stigmatizzare le predette condotte. - Il CDF valuta la posizione di alcuni tesserati FOI, Giudici nazionali e internazionali, i quali si sono resi protagonisti di una serie di interventi sul social network facebook in favore delle iniziative assunte da altra organizzazione non membro della COM. … omissis … Gli atteggiamenti sopra descritti, qualora comprovati, costituiscono esempio di slealtà verso la Federazione e verso la COM, di disonestà intellettuale, in quanto perseguono finalità personali, artatamente celate al fine di non assumere in maniera chiara una posizione, ma tenersi buone entrambe le parti, assecondandole a seconda della convenienza del momento. Il CDF delibera, pertanto, di inviare stralcio del presente verbale all’Ordine dei Giudici affinché lo stesso valuti l’opportunità di avviare un’istruttoria disciplinare nei confronti di detti giudici ed intervenga a stigmatizzare tali condotte ed altre simili che dovessero emergere.

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Parlando ancora di C.T.N. di G IUSEPPE NASTASI

Lettere in Redazione

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eggendo l’articolo apparso su Italia Ornitologica n° 6/7 del 2022 “Commissioni Tecniche” del signor Giovanni Canali prendo spunto per dire cosa penso io sull’argomento, nella speranza di non annoiare nessuno e che il mio contributo venga pubblicato. La cosa che mi trova d’accordo con il Canali, e che sarebbe auspicabile, è il fatto che sarebbe meglio che una autorevole istituzione come una Commissione Tecnica venisse nominata e non eletta. Aggiungerei che anche una figura come il Rappresentante di Collegio debba essere nominata direttamente dalla FOI e non eletta, per gli stessi motivi dell’eventuale nomina della Commissione Tecnica. Nominare componenti direttamente dalla FOI è certamente più logico perché si sa chi può essere così competente per rivestire una carica tanto importante: Commissione Tecnica e Rappresentante di Collegio, per tutti. L’andamento delle elezioni lo conosciamo tutti: si tende a votare l’amico, come scrive il Canali, il conterraneo o l’elemento suggerito dall’amico, indipendentemente dalla competenza o dalla preparazione. Le Commissioni Tecniche dovrebbero essere sempre presiedute da figure eccellenti, come fu il Professor Zingoni per la specializzazione degli Arricciati; all’epoca del grande Professore, il 50-60% degli allievi giudici superava l’esame, gli altri erano bocciati e alla seconda bocciatura si era fuori dal giro. Scriveva il Professor Zingoni nel suo bellissimo libro “Canaricoltura”: “le Commissioni Tecniche hanno il compito di stabilire le norme di giudizio, le norme dell’organizzazione delle mostre, l’eventuale modifica degli standard e delle schede di giudizio; infine, di favorire il progresso tecnico degli ornicoltori mediante riunioni, pubblicazioni ecc”. Per seguire il suo esempio, le Commissioni Tecniche dovrebbero quindi essere sempre attive nella pubblicazione di articoli, modifiche o ritocchi allo standard, operazioni per favorire il progresso tecnico della rispettiva specializzazione. Quando c’era il Professore, le pubblicazioni erano quasi mensili; adesso sono io e pochi altri ad avere l’onore di veder pubblicato qualche articolo sugli Arricciati, e per questo ringrazio la Redazione; sebbene nella nostra specializzazione di problemi ce ne siano tantissimi. In primis l’azzeramento degli allevatori di Arricciati: ricordo che mi sono iscritto alla F.O.I. nel 1987 e allora, dopo i canarini di colore, gli arricciati erano la seconda categoria più presente alle mostre; adesso siamo caduti in basso, addirittura ci sono mostre che non prevedono l’ingabbio della categoria 1, cioè gli Arricciati, oppure in molte mostre sono esposti 10-12 canarini, una situazione assolutamente deprimente in quanto tu giudice perdi un giorno, fai tanti chilometri per raggiungere la mostra e ti ritrovi 10 soggetti… assurdo. Sarebbe auspicabile che la C.T.N. si adoperasse per favorire l’evoluzione dell’allevamento di Arricciati, ed evitare di conseguenza l’allontanamento di tanti allevatori senza una guida tecnica di riferimento.

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La Commissione Tecnica dovrebbe accertarsi, quando qualcuno si candida ad allievo giudice, che lo stesso sia almeno un allevatore con una buona di esperienza nel campo. Dico questo perché, tempo fa, mi telefonò un signore che chiese di venire a casa mia a vedere il mio allevamento e i soggetti dal vivo. Questo signore mi disse di aver fatto la richiesta per diventare allievo giudice di Arricciati, pur non avendone mai allevati. Io obiettai che il fatto di non conoscere le razze Arricciate rappresentasse una seria difficoltà per diventare giudice, ma lui sosteneva che sarebbe potuto diventare un ottimo giudice proprio perché non li allevava, partendo così da zero in ogni razza di arricciati! Bisognerebbe decisamente evitare queste situazioni: ogni allievo giudice dovrebbe conoscere la bibliografia ornitologica, dovrebbe aver letto almeno il grande libro “Canaricoltura”, studiando i criteri di giudizio della propria specializzazione. Ai tempi del Professor Zingoni la Commissione Tecnica Italiana era ritenuta la migliore al mondo: non si muoveva foglia in ambito Arricciati che non volesse la C.T. presieduta da Zingoni; ricordo che nel 1990, durante il Campionato Italiano di Latina, il Professore mi telefonò e mi disse: “Vieni a Latina per fare una prova da allievo”. Naturalmente partii subito e trovai la C.T. Arricciati allora composta dal Professore, dal grande Sansone e dal mio carissimo amico Luigino Valentino, pace alle loro anime; riunitici, il Professore ha letto una lettera della C.O.M. che invitava la C.T. a dare indicazioni sulle pezzature degli Arricciati, così ne abbiamo parlato e abbiamo concordato su quali fossero le giuste definizioni per reputare un Arricciato unicolore, pezzato ecc. Il Professore trasmise poi le indicazioni da noi date e subito vennero approvate. Adesso ci sono nuove regole per definire un Arricciato unicolore, pezzato ecc.; sono passate le direttive senza possibilità di dire la nostra, stravolgendo le vecchie regole e creando a mio avviso una notevole confusione. Comunque sono convinto che, come afferma il Canali, sarebbe auspicabile che le Commissioni Tecniche venissero nominate e, io aggiungo, anche il Rappresentante di Collegio, scegliendo le persone che magari hanno pubblicato qualche articolo tecnico, che partecipano a mostre e che comunque siano degli ottimi tecnici e degli ottimi comunicatori: questo è quanto auspichiamo tutti perché dobbiamo ricordarci che le Commissioni Tecniche sono molto, ma molto importanti e lasciare questo compito a persone non all’altezza, come a volte succede, è un vero peccato. Qualcuno penserà che io abbia scritto queste parole perché mi reputo in grado di rivestire un compito così delicato; ebbene, assicuro a chi pensa ciò che io non mi ritengo affatto all’altezza di rivestire un compito così importante e infatti non mi sono candidato: lascio a persone più colte e più all’altezza di me tale incarico.




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