Feltrino News n. 11/2022 Novembre

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Periodico GRATUITO di Informazione, Cultura, Turismo, Attualità, Tradizioni, Storia, Arte ANNO 3°N° 11Novembre 2022Supplemento al periodico Valsugana Newswww.feltrinonews.com SPECIALE SCI CLUB CROCE D’AUNE Pag. 51
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PORDENONE

Società oggi di Patrizia Rapposelli

Ambientalismo, nobilissimo proposito fuori controllo

Cosa ne è oggi della serietà dell’e cologia? Oggi è stata risucchiata nell’impeto demagogico dell’am bientalismo. A tutti è caro l’ambiente e a tutti interessa la salvaguardia, ma imbrattare di salsa un quadro di Van Gogh aiuta l’am biente? Prendere in ostaggio il Grande Rac cordo Anulare di Roma, provocando rabbia e disagio a migliaia di cittadini, è combat tere il cambiamento climatico? Questi atti dimostrativi aiutano davvero gli attivisti a sostenere le loro cause o è fanatismo? L’ambientalismo è un’attività politica e, come tale, tende a sfuggire al controllo e a precipitare nella propaganda e nel proseli tismo.

L’ambientalismo – per usare le parole di Federico Rampini- è una religione talebana del nostro tempo che ha una moltitudine di giovani adepti che, sulla base del loro edonismo garantito dalla civiltà occidentale

che denigrano, adorano la natura. “Just stop oil” – letteralmente fermate il petrolio e basta- è la scritta sulle t-shirt indossate da due giovani attiviste che hanno gettato salsa di pomodoro contro i Girasoli di Van Gogh, un’azione dimostrativa – ricorda la condot ta della “cancel culture” - che ha generato interrogativi e polemiche sull’attivismo ecologico più radicale e ideologico. “Fermate il petrolio e basta” non è solo uno slogan, ma un movimento politico strutturato, di giovani e giovanissimi, con un programma rivoluzionario e radicale. Il gesto delle due ragazze alla National Gallery di Londra ha fatto scalpore online, suscitato rabbia e sdegno. Va detto che con questo coup de theatre non si è fatto male nessuno. L’opera era protetta da un vetro. Il gesto dei giovani più che vandalico è un grido di rivalsa. In tutto il mondo attiviste e attivisti dei movi menti ambientalisti stanno cercando nuovi modi per farsi ascoltare.

Siamo tutti d’accordo che il clima che cambia mette in pericolo il mondo, ma il fanatismo non ha mai porta to nulla di buono. A Roma, nelle ultime settimane, un monopolio di sedicenti ambientalisti del collettivo Ultima Generazione, si siede trasversale sull’asfalto bloccando il passaggio delle

auto. Fermi. Impassibili davanti alle richieste delle persone che devono andare al lavoro. Disagi, che toccano il fondo con quattro persone sdraiate sull’asfalto, immobili alle ri chieste di una donna che si stava recando in ospedale per fare terapie antitumorali. Per convincere gli attivisti a spostarsi, la donna ha dovuto sollevare la parrucca. Un gesto intimo, umiliante e ignorato.

Così come le richieste di automobilisti che chiedevano di far passare un’ambulanza bloccata tra le auto ferme. Davanti a questo si chiede dove sia l’umanità. I fanatici è questo quello che vogliono? Essere ascoltati a costo di umiliare una donna costretta a dimostrare che sta facendo chemio? Salvare la terra è un nobilissimo proposito caro a tutti. Una protesta ideologica non dovrebbe preoccuparsi solo di salvare l’aria, l’acqua e la terra, ma anche le radici, i valori umani, la nostra civiltà.

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Sommario

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Ambientalismo: nobilissimo proposito fuori controllo 3 Sommario

A parere mio: ma questi sono normali? 7

Segre – La Russa: verso la pace sociale 8

Giovani, scuola e società: la dispersione scolastica 10

Borgo Valbelluna: inziati i lavori della Mycardy Arena 12

Società oggi: Progetto Mediazione diffusa 15 40 anni di emoticon 16

Società

oggi: la parità di genere arretra

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La ragione, il senso religioso e il potere 21

Insegnanti: categoria non valorizzata 23

Pianeta donna: l’Armocromia 25

Pianeta donna. Influenzer, il caso Chiara Ferragni 28

Tra storie e tradizioni: la festa di Halloween 30

In filigrana: Autunno, tempo di quiete e di riposo 33

Conosciamo il territorio: Arquà Petrarca 35

Borgo Valbelluna in cronaca: NO al vigneto 36

La sanità a Feltre: nominato il nuovo direttore di Anestesia 39

Il personaggio: Lorenzo Iannetti, esempio di vita sportiva 40

Il pannello di informazione turistica 43

Il personaggio: Anita Berber 46

Pianeta donna: Potere femminile tra le pagine 48

La famiglia Mazzocato: un secolo di florovivaismo 50

SPECIALE SCI CLUB CROCE D’AUNE 51

Non solo animali: le setole del maiale per i pennelli 61

Marina Summa, campionessa mondiale 62

Il personaggio: il dr. Giovanni Alberton 64

Il Coro Monti del Sole. Tra musica e vera amicizia 67

I lupi sono tornati: attenti al lupo 70

Il Museo etnografico di Belluno 72

Conosciamo il territorio: Il Santuario dei Santi Vittore e Corona 75

SPECIALE COMUNE QUERO VAS 79

Azienda Agricola BIASIOTTO 89

Racconti d’Arte: Un lutto insolito 90

Tra Volontariato e Solidarietà:

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La campionessa MARINA SUMMA Pagina 62 Novembre 2022 Pianeta donna L’ARMOCROMIA Pagina 25 Il personaggio LORENZO IANNETTI Pagina 40
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il Charity Shop 92 Storie di altri Paesi: Buffalo Bill 95 Storie di guerra: il Sentiero Rommel 98
– Feltre- Le vendite a domicilio e le Televendite 101
sanità feltrina in cronaca: la cura dei tumori al seno 102
& Salute: OneDent. Gli allienatori trasparenti 104
nostri piccoli amici: la pensione per cani e gatti 105
storie e tradizioni: la leggenda del Mazarol 106 Il rinnovo della patente in presenza di patologie 108 Il libro sullo scaffale: le fortezze Bastiani 110 Fotografando questa promozione riceverai un BUONO di 60 € per - LENTI DA VISTA - MONTATURE SOLE E VISTA COMUNICATO AI LETTORI CONVENIENZA E RISPARMIO OTTICA di MONTAGNA BUONO SCONTO riservato allo SCI CLUB CROCE D'AUNE e ai lettori di FELTRINO NEWS. Fotografando la pubblicità - PROMOZIONE - a pagina 54 di questo giornale si riceverà un BUONO SCONTO di euro 60,00 per lenti da vista e montature sole e vista.
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MA QUESTI SONO NORMALI?

Non è più questione di Meloni o di Letta solo in Italia, ma di pazzia mondiale graduale e progressiva con i Putin, Biden e quello della Bielorussia, nell'intero pianeta!!!

Quando si legge uno spartito musi cale di una canzonetta, ad un certo punto si arriva al cosiddet to “refrain” che dice al musicista di rilegge re lo spartito da detto punto fino alla fine del brano musicale. Ebbene, facendo un accostamento più o meno pertinente, detto refrain, negli ultimi anni, si sta ripetendo in chiave bellica anziché musicale, con la differenza non da poco che, al posto del suddetto punto dello spartito che invita al refrain, si riparte invece dalla guerra fredda, ora anche rovente, che, puntualmente, suonando con altri strumenti, alias le armi, esattamente come sta succedendo ora per

Russia-Ucraina, fa correre il rischio non scontato che non si arrivi mai alla fine, come invece è previsto nel pentagramma relativo ad una qualsiasi canzone. Detto questo, anche perché ormai ho esaurito le parole per parlare del conflitto in atto fra Putin e la controparte, mi vien da pensare che una fine non ci sarà mai in quanto, da una parte, Zelensky umanamente non può accettare di essere calpestato e beffato nei suoi sacrosanti diritti democratici, dall’altra, Putin, non accetterà mai di etichettarsi la fine dell’Impero russo e di sè stesso. Ergo:

la guerra andrà avanti, posto che la pazzia non sia già in uno stadio avanzato e pensi davvero all’atomica, fino a quando ci sa ranno forze, armi, e quant’altro, sia da una parte che dall’altra, tenuto in debito conto che anche i canali diplomatici - come abbiamo già visto – sortiscono più o meno gli effetti dell’acqua fresca. La libertà in Russia, ma anche in altri paesi a regime dittatoriale, sarà pertanto un obiettivo da raggiungere attraverso le nuove generazioni con copiose perdite di sangue, e ciò nella speranza che certe facce che hanno indebitamente invaso l’Ucraina, abbiano a scomparire “motu proprio” o per opera appunto delle nuo ve leve, se non addirittura ad opera degli stessi oligarchi, che aspirano alla libertà di pensiero. Farei fatica a pensare che, in Russia, la gente possa piangere ai funerali di Putin, al quale auguro peraltro lunga vita, ma solo nella speranza che il tempo lo possa rinsavire, insieme con il suo entou rage.

Farei anche fatica ad ipotizzare l’uso dell’atomica a meno che la pazzia di cui

a titolo non finisca per prendere il posto della razionalità, realtà quest’ultima – e mi dispiace molto spaventare chi mi legge –sembra venir meno giorno dopo giorno, sia da una parte che dall’altra in merito al conflitto in atto che porterà alla fame, alle malattie e relative conseguenze.

Nel caso di cui trattasi, le diplomazie non servono più a niente e, se mi è concesso un pensiero fuori dalle righe, io penso che, in futuro, le terre occupate dal dittatore Putin, finiranno per ribellarsi ad opera dei giovani che, come insegna la storia, amano la libertà.

C’è da sperare infine che la Cina, da sem pre storicamente tranquilla sotto l’aspetto bellico, non tradisca la sua conclamata realtà innescando analogo conflitto anche per Taiwan e che il “tizio” a capo della Bielorussia, tale Aljaksandr Lukasenka, non metta ulteriore benzina sul fuoco come pare stia facendo a favore di Putin.

Di certo, lo ripeto ancora una volta, chi oggi crede ad una soluzione diplomatica, sta emulando i suddetti pazzi.

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A parere mio di Arnaldo De Porti

SEGRE - LA RUSSA: VERSO LA PACE SOCIALE

presidente.

Ignazio Benito Maria La Russa, appar tiene infatti a quella destra estrema che fa propri i temi cari a Benito Mussolini quali “Dio Patria e Famiglia”, imposti agli altri ma da lui vissuti liberamente.

Ignazio Benito, è nato a Paternò il 18 luglio 1947, da Antonino, già segreta rio del partito Nazionale Fascista della cittadina catanese negli anni '40 e nel dopoguerra divenuto senatore del nuovo partito, il Movimento Sociale Italiano, fondato da Giorgio Almirante.

L’avvocato Antonino tuttavia non ha mai dimenticato Benito Mussolini, tanto che ha fatto delle sue case una sorta di memoriali, con i cimeli del Duce.

Fragile come una farfalla, forte come una bambina di 8 anni, di origini ebraiche, capace di regge re all’umiliazione di essere stata esclusa dalla scuola nel 1938, a causa delle leggi razziali fasciste, la Senatrice a vita Liliana Segre (92 anni) con un discorso memorabile, doloroso ed intenso, ha presieduto il 13 ottobre alla nomina a presidente del Senato Italiano del senatore Ignazio Benito Maria La Russa, di 75 anni. Due storie, due vite dagli opposti ideali, che si incontrano per uno strano caso del destino. Liliana Segre è riuscita a vivere nono stante il dramma di doversi nasconde re, fuggire, sopravvivere ai campi di concentramento nazisti. Ha sopportato la prigionia con il padre quando aveva 13 anni, fino alla loro deportazione dal binario 21 della Stazione di Milano al campo di concentramento di Auschwi tz Birkenau, che raggiunsero dopo 7 giorni di viaggio; quando arrivarono fu

separata dal padre, che non rivide più e che morì il 27 Aprile 1944. Il 18 maggio dello stesso anno anche i suoi nonni paterni furono arrestati ad Invengo (Como) e dopo qualche settimana ven nero deportati ad Auschwitz e messi nelle camere a gas il giorno dell’arrivo, 30 giugno 1944. Sopravvissuta all’Olo causto è diventata una testimone attiva della Shoah italiana; dal 15 Aprile 2021 Presidente della Commissione straor dinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo ed istigazione all’odio ed alla violenza. La Segre ha vissuto pienamente la propria nuova vita dopo la liberazione avvenuta nel 1945, tuttavia la “vertigine” di quella bambina di 8 anni strappata alla scuola ed ai suoi affetti non è mai scomparsa, ed improvvisamente ha fatto capolino nel momento in cui, adempiendo ad un suo dovere di Senatrice anziana dello stato italiano, ha accolto con il suo discorso l’insediamento del nuovo

Il giovane Ignazio ha studiato a San Gal lo, in un collegio della Svizzera tedesca e si è laureato in giurisprudenza presso l’Università di Pavia proseguendo le orme del padre. Nel 1971 fu respon sabile del Fronte della Gioventù di Milano nelle manifestazioni organizzate dal Movimento Sociale Italiano, contro quella che veniva indicata come Violen za Rossa.

Gli anni '70, passati alla storia come anni di Piombo,furono anni di vio lenze, bombe, come sempre accade quando si perde il senso della vita e la democrazia lascia il posto agli istinti più barbari. Ma alla fine la Politica ha saputo riprendere il proprio ruolo di media zione ed i partiti hanno dato voce alle varie istanze sociali offrendo soluzioni pacifiche, pur presentando modelli di società diversi.

La Russa, diventato avvocato, è entrato nel Parlamento italiano nel 1992 prima alla Camera dei deputati e poi dall’8 maggio 2008 al 16 Novembre 2011

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al Senato nel IV governo Berlusconi, diventando Ministro della Difesa. Nel dicembre del 2012 ha fondato con Guido Crosetto e Giorgia Meloni il partito “Fratelli d’Italia” di destra che in Europa fa parte dei Conservatori e Riformisti d’Europa. Nazionalista ed Europeista convinto, La Russa appar tiene ai partiti lontani dalla visione del mondo della Segre che nel discorso al Senato, ha fatto sentire la vertigine di quella bambina di 8 anni, istintivamente preoccupata dal modello sociale di “Fratelli d’Italia”, nel trovarsi a 92 anni, seduta sul banco più prestigioso del Senato, a consegnare il Senato nelle mani di La Russa, che nel nome Benito rievoca echi di un terribile passato. Ma siamo in democrazia: il popolo ha scelto e va rispettato. “Incombe su tutti noi in queste settimane l’atmosfera agghiac ciante della guerra tornata nella nostra Europa, vicino a noi, con tutto il suo ca

rico di morte, distruzione, cru deltà e follia senza fine...la pace è urgente e necessaria.” Un grande discorso il suo, punteg giato dagli applausi di questo nuovo senato della XIX legisla tura, che si è concluso invitan do i presenti a non perdere tempo. “Dalle istituzioni deve venire il segnale che nessuno verrà lasciato solo, prima che la paura e la rabbia possano raggiungere i livelli di guardia e tracimare. Senatrici e senatori, cari colleghi, buon lavoro”. Il fra goroso e prolungato applauso ha dimostrato la comprensione e l’approvazione dei Senatori al discorso della Segre, sancito poi dall’offerta di un mazzo di rose bianche ed un grande ab braccio da parte del neo eletto Presidente Ignazio La Russa.

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Società e Vita
Buon lavoro alla XIX legislatura della Repubblica Italiana.

La dispersione scolastica

Una sconfitta sempre più frequente tra i giovani del “Bel Paese”

Nonostante gli sforzi degli ultimi anni atti a contrastare la disper sione scolastica, l’Italia, culla della cultura classica, patria dell’Umane simo e del Rinascimento, sede ambita dei Grand Tour e crogiuolo di usi e costumi da sempre imitati, registra tassi di abbandono precoce dei percorsi di istruzione e formazione che risultano essere tra i più alti del Vecchio Mondo. Nonostante il comma 3 e 4 dell’ art. 34 della Costituzione della Repubblica Italiana esprimano il diritto dei capaci e meritevoli a raggiungere i più alti gradi di istruzione, anche grazie all’ausilio di incentivi alle famiglie e borse di stu dio, i giovani italiani, soprattutto nelle regioni economicamente più disagiate, rinunciano all’appetibile opportunità di successo culturale, approdando ad una situazione di marginalità sociale ed occupazionale e generando danni economici e sociali.

Con l’iperonimo “dispersione sco lastica” si suol definire in realtà un fenomeno che al suo interno ingloba varie forme di insuccesso scolastico, dall’assenza totale di istruzione agli ab bandoni precoci, dalle ripetenze degli anni di studio ai ritardi nei percorsi di formazione, una vera e propria piaga sociale che costringe i giovani a vagare alle soglie della vita economica, politica, sociale ed occupazionale.

A conferma di ciò l’abbandono preco ce, ossia il mancato conseguimento di un titolo d’istruzione superiore, viene adoperato spesso come indice e sento re delle situazioni di marginalità sociale ed occupazionale di una determinata popolazione.

Da recenti studi statistici emerge ancora

più palese questa triste verità: coloro che hanno abbandonato precocemente gli studi hanno una maggiore pro babilità di essere inoccupati o inat tivi, sottopagati e precari rispetto ai loro simili istruiti.

A ciò si aggiunge anche il fatto che spesso tali indivi dui risultano maggiormente esposti al rischio di esclusione sociale e povertà, di precarie condizioni di salute e scarsa soddisfazione per la propria vita. Inoltre, l’abbandono precoce aumenta il rischio di cadere nelle dipendenze e nei malaffari della criminalità, la quale pesca le sue prede nel mare magnum dell’ignoranza e della povertà. Le conseguenze del fenomeno, in termini economici e sociali, sono tutt’altro che trascurabili, considerando che vanno ad aumentare i divari sociali e territoriali, come quello tra Nord e Sud, dato che si traduce in un potente vortice che risucchia dalla società non solo alti livelli di conoscenza, ma anche risorse economiche ed entrate fiscali che risultano sempre più scarse in un Paese o in una regione di disoccupati e non scolarizzati.

Dai dati ISTAT del 2020, i quali testi moniano un abbandono scolastico per quell’anno di 543 mila giovani, emerge che i ragazzi che rinunciano alla scuola (in inglese early leavers) sono per la maggiore individui provenienti da fami

glie svantaggiate.

Secondo questi dati, infatti, la pover tà economica è fortemente correlata alla povertà educativa: nelle famiglie meno abbienti si avverte come esigen za primaria quella del sostentamento e del lavoro, spesso in condizioni di sfruttamento ed iniqua remunerazione, sempre anteposti all’istruzione.

A suggello di ciò vi è il fatto che ad abbandonare prima la scuola sono i ragazzi e non le coetanee (15,7% di early leavers dei ragazzi contro il 10,6% delle ragazze), per lo più negli istituti professionali e tecnici del Sud o delle isole e maggiormente nelle famiglie con genitori non laureati, stranieri o immi grati di prima generazione.

Recenti studi psicologici testimoniano che, oltre al contesto in cui i giovani vivono, altre cause di tale fenomeno risultano essere l’incertezza lavorativa avvertita dai giovani, atti di bullismo subiti, demotivazione causata da insulti di insegnanti o genitori.

Quest’ultimo aspetto è particolarmen te deleterio per la fascia d’età presa in esame (14-18 anni) perché spesso tali offese risultano essere un potente

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Giovani, scuola e società di Francesco Scarano

dardo che si abbatte su una personalità ancora fragile, vitrea, in costruzione ed evoluzione. E’ proprio per questi eccessi di arro ganza e pretese che stanno diventando noti alla cronaca i casi di molti giovani studenti che sono arrivati all’estremo atto del suicidio negli ultimi anni per il semplice motivo di essere fuori corso,

in ritardo sulla tabella di marcia che la ci viltà dell’evoluzione superveloce, del 5G, dello stress e della corsa frenetica ci impone. Forse è il caso di tornare alla sana istruzione, dove studiare non era una necessità sociale ma un diletto personale, dove si lavorava me glio sulla formazione di base, per evitare che il monumento della cultura, costruito con fragili fonda menta, cascasse in corso d’opera. Forse dovremmo educare, cioè tirare fuori il meglio, dai genitori prima che dai figli, così che essi stessi possano capire l’importanza e le difficoltà di tale processo costruttivo, prendendosi una

Giovani, scuola e società

pausa dal mondo frenetico e riflet tendo sull’etimologia di scuola, cioè “tempo libero” da dedicare alla mente.

Va ricordato che l’istruzione non è un robotico e freddo atto di assorbimento di nozioni, ma una lenta rielaborazione e riflessione con lo scopo di emulare, cioè aggiungere qualcosa di nuovo e creativo a quanto hanno detto e fatto finora, perché gli studenti non sono macchine o calcolatori che fanno a gara sulla velocità di download o scrittura e memorizzazione dei dati su un hard disk, ma potenziali genialità e menti ar tistiche che, se curate e incentivate, col tempo possono costruire ed elaborare qualcosa di grandioso.

Solo allora saremmo stati in grado di insegnare, di lasciare cioè un segno nelle giovani menti pensanti, stimolan do i ragazzi a dare il meglio di sé nella massima libertà creativa.

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Iniziati i lavori della Mycandy Arena

Sono iniziati i lavori per la realizza zione della Mycandy Arena nei pressi degli impianti sportivi a Len tiai di Borgo Valbelluna. Il progetto forte mente voluto dall'associazione Prealpi Rc guidata da Michele Dalla Piazza e Andrea Grigoletto sta piano piano prendendo corpo dopo mesi di attesa per svolgere le pratiche burocratiche. "L'obiettivo è la realizzazione di un mini autodromo per auto modelli radiocomandati, elettrici e a scoppio, con un bacino d'interesse nazionale ed internazionale. Il progetto nasce dalla voglia di portare nel nostro territorio un'attività ludico sportiva grazie alla quale bambini, ragazzi, persone di tutte le età e con qualsiasi caratteristica fisica, possano partecipare instaurando nuove sinergie e collaborazioni”, afferma Grigoletto, particolarmente sensibile alla necessità di sensibilizzare la mission, ossia il perché un mondo fantastico come quello del modellismo dinamico abbia l'esigenza e il dovere di entrare nuova mente a far parte della routine dei nostri giovani. "I tempi sono cambiati, questo è vero, ma non sempre devono cambiare in peggio! Una pista per automodelli radiocomandati dovrebbe essere vista come una bella opportunità e motivo d'orgoglio nel potere essere realizzata nella nostra Provincia, nel nostro territo rio di Lentiai".

Andrea, come i suoi familiari hanno fatto in passato, vuole continuare a fare del bene per la propria comunità mettendo idee, energie e anche tramite l'associazio ne Prealpi Rc, i fondi raccolti dagli spon sor e dall'attività passata. Altro obiettivo che si sono posti i membri dell’associa zione Prealpi Rc è quello di sviluppare il concetto di Mycandy Academy: una nuova esperienza per coinvolgere tutti i ragazzi compresi tra gli 8 e i 12 anni delle scuole primarie del comune di Borgo

Valbelluna, per poter dare loro la possibilità, senza spese ini ziali da parte dei genitori, di un coinvolgimento nel mondo del modellismo dinamico. Espe rienza similare a quella fatta provare quest’e state ai ragazzi che hanno partecipato al LG camp 2022. "Questa nuova visione di attività nasce soprattutto nel constatare che, negli ulti mi anni, troppi ragazzi sin dalla giovane età, dedicano troppo tempo alle attività video ludiche, internet, tablet, smartpho ne, perdendo di vista il vero senso del tempo, delle amicizie, delle passioni e, soprattutto, delle relazioni sociali”. Grigo letto confida anche di riportare manua lità, dimestichezza e curiosità ai ragazzi, peculiarità che nelle ultime generazioni sono purtroppo andate perse".

La realizzazione di questo progetto è stata fatta coinvolgendo un'associazione che potesse garantire la massima pro fessionalità nella gestione immediata e futura della Mycandy Arena, la preferen za è andata all'unica in grado di poterlo fare: l'A.S.D. Prealpi Rc, presieduta da Michele Dalla Piazza, anch'egli modellista dal 1990, con alle spalle molte gare e competizioni nazionali e internazionali. L' Associazione è nata nel 2014 per conti nuare e subentrare alla gestione prece dente della storica Pista Verde di Fener, uno dei primi circuiti italiani di questo tipo realizzato nel 1978 e ancora oggi molto utilizzato. Il motivo che ha spinto Grigoletto a pensare ad una nuova pista a Lentiai è che i tempi si sono evoluti e

la realtà di Fener sta diventando troppo piccola per poter ospitare gare di livello internazionale. "Dopo due anni spesi a depositare tutte le carte per le certifi cazioni ambientalistiche ed acustiche, e tutto l'iter per poter essere al 100% con sapevoli di poter essere in regola con le dinamiche burocratiche, il demanio ha concesso l'area per la nostra attività, que sto perché il posto destinato a quest'uti lizzo è in zona preposta ad esso", afferma Grigoletto. Una cosa importante e non scontata è che i costi della realizzazione e del ripristino dell'area circostante, saran no totalmente a carico dell'associazione A.S.D. Prealpi senza pesare sui bilanci del Comune, quindi senza toccare le tasche dei contribuenti. Non solo il circuito! L'investimento privato prevede infatti anche la sistemazione dell'area preposta attraverso lo spostamento e il rifacimento della stradina attuale (ad oggi mal tenuta) parallelamente alla pista che sarà anche illuminata, per delle passeggiate serali. Verranno piantati anche alcuni alberi ol tre a quelli già esistenti, questo per crea re un piacevole passaggio tra la zona dei parcheggi dello stadio e la zona Piave, mentre l'area della pista verrà recintata per ovvie motivazioni di sicurezza.

La pista, come detto in precedenza, an drà a soddisfare le esigenze richieste per poter ospitare gare nazionali ed interna

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Borgo Valbelluna in cronaca di Alex De Boni

zionali avendo una carreggiata di 5 metri e una lunghezza di circa 300 metri lineari. Come tutte le piste avrà necessità di un palco guida, alcuni gazebi per i tavoli box, una cabina per il cronometraggio e servizi igienici. Il pubblico potrà seguire le nostre gare direttamente da tutto il perimetro esterno della recinzione. La pista sarà usufruibile da tutti gli appassio nati con una tessera annuale o giorna liera. Info e regolamentazione saranno disponibili tramite il sito on-line ufficiale. Queste gare si differenziano per catego rie, elettrico e a scoppio, scala 1\8 – 1\10 – 1\5. Tutte le gare comprendono fasi di prove libere, prove ufficiali, qualifica e gara finale ma tutti i dettagli avrò piacere insieme a Michele Dalla Piazza, presiden te dell'associazione, di elencarli quando

Onlus, daranno la possibilità di fare donazioni al grup po natura, per il mantenimento dell'area dedicata ai laghetti della Rimonta, meta obbligata per le famiglie e amici della nostra futura pista. Importanti saranno poi le collaborazioni con i vari ristoranti, bar e alberghi della nostra zona, che ad ogni gara saranno fonte preziosa di appoggio per tutti i piloti che giungono spesso da mete distanti. La pista ovviamente avrà poi un sito web con tutte le info dei posti di interesse

da più di 30 anni con la realizzazione di un sogno per noi ma soprattutto per i giovani, per il nostro territorio sempre più arido di iniziative positive, di aggre gazione e di attività d'interesse generale". Per rimanere aggiornati sui progressi dei lavori in corso basta visitare il sito web

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Società oggi di Monica Argenta

Progetto “Mediazione Diffusa”

Per un servizio di mediazione linguistico-culturale sul territorio

Sono stati appena diffusi i risultati del progetto “Mediazione Diffusa”, iniziativa finanziata dalla Regione, approvata dai Comitati dei Sindaci di Belluno e Feltre, e concretamente realizza to dalla cooperativa Blhyster su mandato dell'Unione montana Alpago. Ma facciamo un passo indietro: innanzi tutto, che cosa è la mediazione linguistico-culturale? In realtà non è facilissimo dare una risposta semplice ed univoca a questa domanda. Si potrebbe però definire la mediazione linguistico-culturale come quell'insieme di competenze e tecniche utilizzate per facilitare la comunicazione e la relazione tra la società ospitante e gli immigrati. La mediazione mira non solo a favorire l'inclusione della popolazione straniera ma anche a garantire il corretto funzionamento e fruizione delle istituzioni e dei servizi, come ad esempio l'accesso al sistema sanitario, la scuola, gli uffici della Questura, eccetera. Infatti, più un immigrato ha origini lontane, più sono le barriere che ostacola no la comunicazione con le realtà ospitanti, dalla incomprensione della lingua alla non conoscenza dei diritti-doveri civici, fino alla diversa percezione di come porsi in modo adeguato all'interno della nuova comunità. Ecco quindi giustificata la presenza dei mediatori, persone cioè in grado di fare da ponte tra lo straniero e la realtà ospitante. In Italia l'utilizzo dei mediatori linguisti co-culturali professionali è ancora abba stanza limitato e il territorio della Provincia di Belluno non fa eccezione. Alla luce di quanto detto, quindi, assume particola re importanza il progetto “Mediazione diffusa” svolto dalla cooperativa Blhyster. “Fondamentale innanzitutto è l'aver trac ciato un quadro di quali enti e istituzioni in provincia utilizzano la figura del media

tore, ascoltare le loro esigenze e difficoltà e poi confrontarle con le risorse già esistenti sul territorio, come ad esempio gli elenchi dei mediatori disponibili agli operatori dell'Ulss, dei Comuni, della Poli zia”, mi spiega France sco Santin, Presidente della cooperativa. Parallelamente, sono stati contattati i mediatori e le mediatrici già operativi e, tramite questionari e diversi focus group, si è cercato di raccogliere gli spunti per migliorare il servizio dal loro punto di vista. Il progetto ha assunto quindi le caratteristiche di una ricerca-azione, ov vero un lavoro di raccolta di informazioni mirate a cambiamenti, svolto coinvolgendo direttamente i soggetti interessati. Coordi nato da Elisa Di Benedetto, assieme alla sua equipe, il progetto ha prodotto un'im portante mole di dati che ha fatto capire innanzitutto che anche in provincia, come nel resto del nostro Paese, la realtà dei mediatori è molto disomogenea, sia per quanto riguarda l'impiego di questa figura, sia per il tipo di formazione ed esperienza dei singoli mediatori. Sul territorio bellu nese infatti operano mediatrici e mediatori di origine italiana e straniera che in questa occasione forse per la prima volta hanno potuto confrontarsi in modo approfon dito sulle proprie esperienze, esigenze, formazione. La figura del mediatore infatti non è regolamentata a livello nazionale e alcuni, pur svolgendo un lavoro ben fatto, mancano completamente di percorsi for mativi specifici e si sono ritrovati a svolgere un ruolo complicato solo per il buon cuore

bellunese

di aiutare il “paesano” appena arrivato. La cooperativa Blhyster si è dunque adope rata nell'organizzare un percorso formativo ad hoc, predisponendo una serie di lezioni in grado di informare e aggiornare rispetto i “nodi” focali di questa delicata profes sione e rilasciando infine un attestato ai partecipanti.

Il progetto “Mediazione Diffusa”, per quan to ambizioso, complesso ed egregiamente concluso, è però solo il primo passo per far sì che la nostra provincia sia in grado di favorire una convivenza proficua tra popo lazione straniera e locale. Lo scarso utilizzo di un servizio di mediazione linguistica-cul turale finora risulta essere stato legato a fattori strutturali, in particolare alla man canza di risorse, ma anche a precise scelte politiche. Tuttavia, in un mondo sempre più in movimento, la figura del mediatore linguistico-culturale, o meglio i princìpi su cui si basano i suoi interventi, dovrebbero diventare quanto prima di interesse per tutti coloro che auspicano una serena e partecipativa comunità, inevitabilmente multi etnica anche in provincia di Belluno.

Si ringrazia la cooperativa Blhyster per il lavoro svolto e il materiale messo a disposizione.

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Lo sapevate che? di Chiara Paoli

40 anni di emoticon

piccolo simbolo è possibile esternare il nostro sentire e anche pochi caratteri possono esprimere senti menti importanti come l’amore .

interi libri come “Pinocchio”, tradotti in emojitaliano e i film, non solo quelli dove gli emoji prendono vita divenen do i protagonisti.

19 settembre 1982, nasce l’emo ticon, noti anche come smile o faccine, quelle che ormai fanno parte del nostro modo di comunicare attraverso la tecnologia e che sono andate ad arricchire e rendere più accattivanti i messaggi di testo. L’ideatore di questa nuova modalità di comunicazione è il professor Scott Fahlman, che per primo ha messo insieme punti, trattini e parentesi sulla tastiera ASCII per dare l’idea di un volto, mandando un messaggio ad una bacheca elettronica dell’univer sità Carnegie Mellon di Pittsburgh, in Pennsylvania.

I messaggi di testo hanno la pecca di non riuscire a trasmettere il nostro stato d’animo, a volte le parole possono essere fraintese e l’uso delle espres sioni facciali introdotte con l’emoticon serve a comunicare la nostra tristezza o la nostra felicità, ma anche una risata se il nostro messaggio deve essere preso in modo scherzoso. Le emoticon si configurano come sostitutive del linguaggio non verbale, quando due persone non hanno la possibilità di vedersi faccia a faccia e nell’intento di comunicare sensazioni e emozioni. Le faccine e non solo quelle hanno avuto un grande successo, perché con un

In quarant’anni anche questa tecnologia si è evoluta, oggi parliamo infatti di emoji (termine composto dalla ‘e’ che significa ‘immagine’ e ‘moji’ che in giapponese vuol dire lettera/carattere). Le emoji come le conosciamo noi oggi, nascono nel 1999 grazie al grafico giapponese Shigetaka Kurita, che per realizzarle si ispira alla cultura manga. All’epoca egli faceva parte del team di sviluppo della società di telefonia mobile NTT DoCoMo, e si dedicò alla progetta zione di 176 pittogrammi o icone; il set originale è conservato all’interno del MoMA di New York (Museum of Modern Art).

Nel 2014 Jeremy Burge, storico delle emoticon e fondatore di Emojipedia propone di dedicare una giornata a queste faccine che fanno parte della nostra quotidianità e da allora il 17 luglio si celebra il World Emoji Day. Questi piccoli disegni si evolvono secondo gli avveni menti, ne sono nate di nuove nel perdu rare della pande mia e costellano le nostre giornate anche attraverso la letteratura con

Sempre più vicine alla realtà le serie televisive scelgono di mostrare allo spettatore i messaggi che i personaggi si scambiano e così anche le emoji si stagliano sullo schermo di casa nostra. Le più diffuse tra gli italiani rimangono il romantico bacio, la risata con lacri me e il pollice alzato come risposta breve per dire ok. Se pensiamo che siano i giovani ad abusarne, sbagliamo, perché le maggiori utilizzatrici sembra no essere le donne fra i 35 e i 44 anni. Nonostante l’Accademia della Crusca e Treccani ci dicano che il termine emoji è maschile, c’è ancora chi lo ritiene femminile, visto che la traduzione italia na potrebbe corrispondere al termine icona. Tra le stranezze, qualcuno ritiene che addirittura Abraham Lincoln abbia inserito un emoticon in un suo discorso del 1862, ma forse, lo ha fatto solo per correggere e quindi nascondere un er rore di battitura. In realtà sotto il nome di “arte tipografica” le emoticon fecero la loro prima apparizione nel lontano 1881 nella rivista americana Puck.

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Il senso religioso di Franco Zadra

LA RAGIONE, IL SENSO RELIGIOSO E IL POTERE

Un pensiero che è saltato in mente a tutti noi, almeno una volta nella vita, e sul quale abbiamo costruito spesso la nostra opinione riguardo alla religione, o forse più semplicemente alle “cose di Chiesa”, è che la ragione, il raziocinio, sia una cosa e lo Spirito, la fede, o il soprannaturale siano un’altra cosa. Tanto che comunemente si “pensa” che il credere sia un atto “irrazionale”, senza che la cosa ci ponga alcun pro blema. Per questo, un confronto tra fede e ragione sembra nella mentalità corrente, del tutto improponibile, e dire “lo dice la scienza” risulta molto più autorevole e di un’altra categoria di un “lo crede la Chiesa”. Ma basta riflettere un po’ più a fondo sulla nostra esperienza di esseri umani per capire che – come scrive Luigi Gius sani – «proprio «per esperienza» viviamo moduli e fenomeni che non si riducono all’ambito biologico e fisico-chimico, e l’esperienza stessa nella sua totalità guida alla compren sione autentica del termine ragione o razionalità».

La ragione è uno strumento del quale l’uomo – quel livello della natura in cui la natura si chiede «perché ci sono?» – è naturalmente dotato, per arrivare alla verità delle cose, senza riduzioni indotte da preconcetti o ideologie, come vedevamo la volta scorsa; una realtà che si dispiega in tutti i suoi fattori, illuminati proprio dalla razionalità. «La razionalità – scri ve ancora Giussani – è la trasparenza critica, che avviene cioè secondo uno sguardo totalizzante, della nostra esperienza umana», e insiste, «la

caratteristica dell’esistere proprio dell’uomo è quella di essere trasparente a sé stesso, cosciente di sé, e in sé di tutto l’orizzonte del reale».

Il termine “ragione”, che un detto dialettale dileggia senza remore nel dire “la reson l’è dei aseni”, trova proprio nel “senso religioso” la sua più autentica appli cazione; il senso religioso, dunque, come il vero volto della razionalità, poiché funziona come una sete inesauribile di quello per cui ha senso essere dotati di ragione, l’unica “ragio ne” per la quale esiste la ragione, cioè, la ricerca di un significato.

Un’esigenza insopprimibile, questa del significato, che si pone prima o poi e per forza di cose contro quella fiducia nel potere, o anche quel ago gnare il potere che tanto ci preoccu pa, quando non lo abbiamo, (che è in definitiva il rendersi autonomi da Dio, l’illudersi che l’uomo si salvi da sé), e che Giussani legge nella testimonianza dello scrittore Andrej Sinjavskij. Ateo, comunista inquadrato in quella logica di potere, per la quale perfino “Il libro della giungla” di Kipling era ritenuto una farsa letteraria al servizio del capitalismo, Sinjavskij, una volta convertito, si oppose a l’establishment comunista, e nel 1966 fu condannato a sette anni di lavori forzati presso un lager penale per attività anti sovietica e propaganda reazionaria contro il

regime sovietico.

Per Sinjavskij – che nel suo “Il libro della giungla” scrive: «Non bisogna credere per tradizione, per paura della morte, oppure per mettere le mani avanti. O perché c’è qualcuno che comanda e incute timore, oppure ancora per ragioni umanistiche, per salvarsi o per far l’originale. Bisogna credere per la semplice ragione che Dio esiste» –, “il reale”, o meglio, il rea lismo socialista, è giudicato un’illusio ne perché nega l’esistenza di quello che non si vede ma esiste.

Possiamo, con Sinjavskij, intendere la ragione come un paio di occhiali spe ciali che ti permettono di osservare l’aldilà, alla faccia del “potere” che di volta in volta s’incarica di farti guarda re da un’altra parte.

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Scuola e società

Insegnanti, categoria non valorizzata, tra critiche e limiti

Lo scorso 5 ottobre si è celebra ta la Giornata Mondiale degli Insegnanti. La giornata è stata istituita nel 1994 e commemora la sottoscrizione delle Raccomandazioni dell’UNESCO sullo status di insegnan te. L’occasione invita alla riflessione sul ruolo occupato dai docenti nella società. Da qualche tempo la scuola non gode di buona fama, perché vista asimmetri ca rispetto ai cambiamenti sociali, eco nomici e culturali. Infatti, molti italiani sono sfiduciati. Le famiglie vorreb bero una scuola diversa: più risorse, maggiori relazioni con il mercato del lavoro, insegnanti più competenti. Il sistema ha delle falle evidenti, ma l’o pinione pubblica colpisce - senza se e senza ma – il corpo docente. Quella dell’insegnante è una delle professionalità più importanti per il Paese, poiché legata alla sua crescita. Sono gli insegnanti a costruire la qua lità di una scuola. Sono loro, nel bene e nel male, ad avere ruolo decisivo all’interno del sistema educativo. Un sistema ricco, diversificato, una geo grafia frastagliata, con realtà sociocul turali molto varie tra loro. Nell’epoca dei nostri nonni, la professione “ma estro” godeva del rispetto pubblico che meritava. Negli anni ci sono state riforme e controriforme, mutamenti sociali e cambiamenti culturali, ma di fatto il prestigio di questa categoria è tramontato. Rimane la Giornata Mondiale del Prof. Ci sono insegnanti per caso. Sono quelli che non sanno bene cosa insegnare. I depressi. Quelli

sull’orlo di una crisi di nervi. I frustati. Quelli, che hanno sbagliato lavoro. Poi, ci sono gli inse gnanti per voca zione. Competenti, preparati, capaci di motivare i ragazzi e accompagnarli nel percorso di matu rità. Professori con esperienza e nuove leve appassionate. Docenti capaci di strategie peda gogiche, di sperimentare didattiche innovative, anche nei contesti disagiati. La tendenza della cultura odierna è di tralasciare quest’ultimo gruppo e di mettere in primo piano ciò che non va. Gli inadatti sono una minoranza e, spesso, non si considerano le difficoltà incontrate quotidianamente da chi insegna. Non c’è di fatto differenza tra chi non svolge bene il lavoro e chi lo fa con passione e chi al minimo sindacale. Allo stesso modo non c’è riconoscenza. È necessaria una mag gior considerazione, anche econo mica. Oggi, il sistema socioculturale è molto complesso e questo si riflette nel rapporto scuola – famiglia, pro fessore- studente, genitori- figli. Basti pensare al decadimento dell’autorità e ai recenti fatti di cronaca. Prof. ag grediti, accusati, denunciati: la scuola è diventata un ring e l’insegnante il “sacco da allenamento”. Il fenomeno bullismo e violenza, di studenti e geni tori verso l’insegnante, è in crescita in molte parti d’Italia. L’autorità perduta

della politica, delle istituzioni e delle famiglie, riflette una crisi del sistema. L’atteggiamento generale è contrad dittorio. Le famiglie cercano nella scuola un supporto alle difficoltà, ma non permettono al docente di fare il suo lavoro. La tendenza è di raggirare i problemi e limitare la libertà di chi insegna. La Giornata Mondiale del Prof. quest’anno ha concentrato l’at tenzione sul tema “insegnare in libertà, dare maggior potere agli insegnanti”. È necessario ridare autorevolezza e fiducia al docente. L’attitudine è di as secondare, soprattutto a seguito della pandemia, la politica lassista delle famiglie, smettere di esigere e trovare scusanti. L’insegnante ha un ruolo cru ciale, rappresenta una linea di demar cazione tra il successo e l’insuccesso, tra l’analfabetismo e l’alfabetizzazione, tra uno stile di vita dei futuri cittadini inseriti in una società laboriosa e il fallimento. È ora di ridare valore ad una categoria bistrattata, che ricopre un ruolo importante nella società. Gli insegnanti non sono tutti uguali, anzi, sempre più giovani si avvicinano a questo mestiere per vocazione.

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L'armocromia

Quali sono i tuoi colori amici?

Si tratta di uno dei temi trend del momento, che ha saputo catturare la curiosità da parte del mondo femminile. Si chiama armocromia: di certo non una scienza esatta ma più un’arte che ha a che fare con i colori e le loro innumerevoli sfumature. Grazie infatti a questa disciplina è possi bile stabilire quali tonalità vadano a valorizzare maggiormente i tratti naturali del viso. Nello specifico, i colori dei capi di abbigliamento, degli accessori e del make-up che indossiamo sono in grado, se ben abbinati tra loro, di far risaltare la bellezza di ogni donna, sminuen dola al contrario se si scelgono gli accostamenti sbagliati. L’armocromia nasce per opera del pittore ed insegnante svizzero

Johannes Itten (1888 – 1967). Quest’ultimo, per facilitare i suoi studenti del corso di ritrattistica, raggruppò i colori in base alle sfumature associate alle diverse stagioni dell’anno. Que sti colori che Itten osservò, vennero asso ciati poi ai colo ri di incarnato, occhi e capelli del soggetto ritratto. Ulteriori contributi a questa disciplina arrivarono dalle costu miste dell’industria del cinema hollywoodiana. Con l’avvento del cinema a colori infatti, le costu miste giunsero alle stesse considerazioni elaborate da Itten, vale a dire determinate tonalità riuscivano più di altre a valorizzare l’incarnato, il colore degli occhi e di ca pelli della persona. Recentemente si sono sviluppate delle figure professionali, come il consulente d’immagi ne o analista del co

lore, che grazie alle conoscenze in materia, riescono a fornire al cliente un’analisi completa, determinando a quale “stagione” si appartiene. Si definisce “stagione” infatti il grup po o palette di colori che meglio mettono in risalto le caratteristiche naturali di ognuno di noi.

L’armocromia si basa su quattro pilastri fondamentali:

1. il sottotono di pelle (caldo o freddo);

2. il valore cromatico (chiarezza o scurezza dei colori da utilizzare);

3. il contrasto (alto o basso) tra il colore degli occhi e dei capelli;

4. l’intensità (alta o bassa) per capire se si addicono di più i colori opachi o brillanti.

ARMOCROMIA PRIMAVERA

Si presenta nelle donne con sot totono di pelle caldo sui colori dell’avorio, beige o pesca, con un

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Pianeta donna

tere la luminosità naturale dell’incarnato.

ARMOCROMIA ESTATE

Questa tipo di armo cromia si manifesta nelle donne con sottotono freddo quindi pelle medio-chiara, di base rosata, valore chiaro ed intensità bassa. Si predi ligono le tinte pastello e altre tonalità come il rosa cipria, verde acqua, grigio tenue e malva. Le donne “estate” presentano capel li biondo chiaro o castano medio e occhi sulle tinte del verde acqua, grigio o verde. Da non indossare i capi di tonalità troppo accese o sui toni caldi.

marrone, giallo, oro, bronzo, corallo e anche blu scuro. Sconsigliate le tinte pastello come anche le sfuma ture del viola, grigio o blu.

ARMOCROMIA INVERNO

valore cromatico chiaro, vale a dire prediligendo tinte chiare e calde da indossare come il rosa, l’azzurro, il color salvia, il rosso aranciato ed intensità alta quindi colori brillanti. Le donne appartenenti a que sta stagione hanno un incarnato radioso, occhi sui colori del verde, nocciola, azzurro e grande capacità di adattamento alle tonalità più for ti. Assolutamente da evitare per chi rientra in questa categoria i colori scuri che potrebbero compromet

ARMOCROMIA AUTUNNO

Le donne “autunno” presentano sottotono caldo e un viso luminoso, valore scuro, intensità bassa e con trasto poco marcato tra pelle e ca pelli, che tendono ad essere castani o rossi con riflessi dorati o ramati.

Come si potrebbe già facilmente intuire, alle donne appartenenti a questa categoria si addicono le cromie del foliage tipico autunnale, dall’arancione, al beige, al verde nelle tonalità del bosco ed oliva,

A distinguere l’armocromia inverno è il sottotono freddo, valore cro matico scuro in quanto si predili gono tinte scure come viola, rosso ciliegia, smeraldo, blu e nero, con poi un’intensità alta data dall’eleva to contrasto tra il colore dei capelli sul castano scuro, cenere e nero e occhi tipicamente grigi o azzurro chiaro. Come già menzionato, i co lori da utilizzare sono le tinte scure ma si potrebbe anche facilmente scegliere tinte chiarissime: grigio tenue, rosa pallido e il celeste. Nella palette dei colori da conside rare vanno scartati invece i colori dai toni caldi, ad esempio giallo dorato, arancione, beige e tutte le sfumature del marrone.

Ecco spiegati i segreti dell’armo cromia: la perfetta occasione per capire i colori giusti da indossare e quindi mirare i propri acquisti ver so ciò che più fa risaltare la bellezza di ogni donna. Insomma, un modo questo anche per creare un arma dio sostenibile senza sprechi.

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INFLUENCER: TRA LE PROFESSIONI DEL FUTURO?

IL CASO CHIARA FERRAGNI

rando sempre di più a sfruttare strategicamente per mettere in mostra prodotti e per veicolare nuove tendenze.

Nel nostro vocabolario cor rente, specialmente in quello giovanile, è entrato a far par te della quotidianità un nuovo termi ne, ovvero “influencer”, relativamente all’ambiente social e pubblicitario. Ma chi è l’influencer, cosa fa, come e quanto guadagna? Sono le doman de a cui cercheremo di rispondere con chiarezza, per fugare una volta per tutti la fitta coltre di dubbi che si cela dietro a questa professione del futuro, che attrae l’attenzione di sempre più giovani. L’influencer è, secondo la definizione Treccani, un “personaggio di successo, popolare nei social network e in generale mol to seguito dai media, che è in grado di influire sui comportamenti e sulle scelte di un determinato pubblico.” Una definizione breve e concisa, che accomuna la figura dell’influencer a quella del leader d’opinione, capa ce di condizionare e convogliare le scelte del suo pubblico verso una direzione ben precisa di mercato,

abile nell’accattivarsi le simpatie e il rispetto di una platea virtuale gra zie anche al suo carisma e alla sua dialettica.

Mettendo in atto strategie di comu nicazione e di marketing, gli influen cers vengono scelti dalle aziende per pubblicizzare un determinato prodotto, poiché la loro popolarità sui social è molto ampia e capillare. Sempre più persone di qualsiasi età, al giorno d’oggi, possiedono un profilo social Facebook, Twitter o Instagram e gli accessi e le interazioni virtuali di milioni di persone in tutto il mondo permettono una diffusione delle notizie che non è mai stata così vasta e globale come ora. Pertanto, un post pubblicitario di un influen cer di grande fama e seguito, può raggiungere migliaia di persone in un lasso di tempo relativamente breve. I profili social degli influencers sono diventati dei veri e proprio canali di comunicazione, delle vetrine di con tenuti, che le aziende stanno impa

Ma ora ci viene da chiederci: in che modo e quanto gua dagna un influencer? Prima di rispondere a questa domanda è opportuno fare una considera zione. Nel 2018, l’associazione americana Ana (Association of National Advertisers) ha suddi viso gli influencers in quattro ca tegorie, sulla base dell’ampiezza del loro pubblico social: si parla di micro-influencers (fino a 25.000 follower, ovvero seguaci), macro-in fluencers (fino a 100.000 follower), mega-influencers (fino a 500.000 seguaci) e infine le celebrities (ol tre 500.000 seguaci). Ovviamente, ogni influencer ha un tariffario che è determinato dal numero di follower e quindi dal bacino di utenti che può potenzialmente raggiungere con la sua attività social di promozione pubblicitaria e dal potere d’acquisto del suo pubblico.

Prendendo ad esempio un post pubblicato su Instagram, un micro-in fluencer può guadagnare tra i 250 e i 750 euro, mentre un mega-influencer può guadagnare dai 1000 ai 5000 euro a post. Per non parlare delle celebrities, che con le loro pubblica zioni possono guadagnare cifre da capogiro. Si pensi che un post spon sorizzato da Chiara Ferragni, prima tra gli influencers italiani, è valutato 51.000 euro.

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Mezzanotte

Ed è proprio la Ferragni, con la sua indole dinamica, la sua simpatia e la sua lungimiranza, che ha inaugurato il mestiere di influencer. Nel 2009 ha fondato il blog di moda The Blonde Salad, dove si proponeva al pubblico come fashion blogger, dispensando consigli di stile e cominciando a pro muovere alcuni prodotti. Intuendo il potenziale comunicativo e persuasi vo dei social, in pochi anni la bionda lombarda ha raggiunto un pubblico di vaste dimensioni non solo in Italia, ma su scala globale. Nel 2015 niente meno che l’università di Harvard l’ha presa come caso studio, invitandola presso la sede della Harvard Business School per tenere una lezione e raccontare i segreti della sua ascesa al successo e nel 2016 Forbes l’ha inserita tra gli under 30 più influenti

al mondo. L’influenza che Chiara Ferragni esercita sul suo pubblico è merito anche della sua straordinaria umiltà: episodi della sua vita quoti diana sono raccontati con leggerezza, simpatia e trasparenza, facendoci apprezzare la persona prima del personaggio. Consapevole della possibilità di arri vare a milioni di persone, la Ferragni ha spesso associato la sua immagine a campagne sociali e umanitarie importanti, nonché ha collaborato con istituzioni e associazioni per la promozione di eventi, iniziative e opportunità culturali. L’abbiamo vista di fronte alla Venere del Botti celli mentre faceva visita agli Uffizi di Firenze per documentarne la bellez za, l’abbiamo vista impegnata nella raccolta fondi per i malati Covid e

per il rafforzamento del reparto di terapia intensiva del San Raffaele a Milano. Più di recente è apparsa al fianco di Liliana Segre al memoriale della Shoah di Milano, per trasmet tere storie di vita e farci conoscere i luoghi della memoria che ancora oggi conservano le tracce di quella che è stata una parentesi drammatica della nostra storia recente. Perché il ricordo di quegli avvenimenti possa essere conservato, tutelato e trasmes so alle generazioni future, affinché la storia non si ripeta. Un personaggio che ha saputo fare del suo mestie re uno stile di vita e che ha saputo prima di tutti cogliere le potenzialità dei social network per trasformarle in una realtà professionale redditizia, stimolante e, in ultima analisi, umana mente arricchente.

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LA FESTA DI HALLOWEEN

Spaventoso e commerciale, americano e inventato di sana pianta, come anche diabolico e senza senso: queste sono solo alcune delle definizioni a cui spesso si lega Halloween, la festa celebrata in tutto il mondo il 31 ottobre. Amata da grandi e piccini, un po’ per le grandi quantità di dolciumi su cui è possibile mettere le mani in quei giorni, come anche per i divertimenti vari che porta con sé, la festa più spaventosa dell’anno risveglia però ogni volta grandi dibattiti sulle sue origini, nonché sulle motivazioni per cui festeggiarla o meno. È bene dunque porre un po’ di ordine tra le varie notizie e leggende metropolitane e sfatare subito un mito: Halloween non è americana e non è certo quella la sua origine. Questa ricorrenza ha infatti radici ben diverse e forse per alcuni inaspettate. Volen do essere più precisi, l’Halloween di oggi non è altro che il discendente di antiche celebrazioni precristiane pra ticate dalle popolazioni celtiche che si stabilirono in tutta Europa in età antica.

Infatti questa festa molto sentita, che cadeva verso la fine dell’autunno, aveva lo scopo di onorare l’ultimo rac colto dell’anno in attesa dell’arrivo del freddo inverno. Si trattava dunque di un momento di transizione, in cui fare le ultime provviste in vista di un perio do alquanto difficile, a cui si cercava di sopravvivere fino alla rinascita portata dalla primavera. Per gli antichi questo momento di passaggio tra una sta gione e l’altra rappresentava dunque oltre che la fine di un ciclo naturale anche quello di un anno intero, anche se l’antenato del moderno Halloween era molto festeggiato anche per un altro motivo. Questa fase liminale era infatti ritenuta il momento in cui il velo tra il mondo dei morti e quello dei vivi si faceva più sottile, tanto da riportare tutti i propri cari defunti a casa per una breve visita.

Per questo, era tradizione lasciare delle offerte per i propri antenati, per aiutarli a rifocillarsi per il lungo viaggio. Come anche, ricalcando un’usanza più recente, illuminare le proprie case

intagliando delle rape e inserendovi dentro una candela, per illuminare la via agli spiriti buoni e spaventare quelli maligni. Sebbene dunque Halloween abbia profonde radici in questa antica festività celebrata in tutta Europa, il suo attuale nome deriva dall’inglese All Hallow’s Eve, tradotto in italiano come Vigilia di Ognissanti. Fu infatti la Chiesa Cattolica, nel tentativo di tenere sotto controllo le influenze pagane di questa antica usanza, a decidere di spostare la propria festa dei morti (Ognissanti, che cadeva prima il 13 maggio) verso la fine dell’autunno, per farla coincide re con l’antico Halloween, in modo da cristianizzarlo e inglobarlo sotto la pro pria influenza. Tuttavia, come si può ben comprendere, Halloween non era una tradizione di cui avere timore o paura, poiché era la rappresentazione del desiderio di accettare e abbraccia re il ciclo naturale della natura e tutto ciò che esso comportava.

Ad ogni modo, si tratta però di un si gnificato della festa andato purtroppo perduto nel tempo, rendendo il mo

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Francesca Benvegnù
Tra storie e tradizioni di

derno Halloween sempre più sinoni mo solo di divertimento e leggerezza. Anche se, il suo fascino fu così forte nei secoli che perfino i primi coloni inglesi, una volta partiti per il nuovo Con tinente, portarono con loro questa tradizione anche oltreoceano. Dando inizio così all’usanza delle zucche intagliate e illuminate, che sostituirono presto le rape e divennero il simbolo più conosciuto dell’Halloween di oggi. Tuttavia, come accennato prima, tracce di questa magica e sentita ricorrenza si possono trovare anche molto più vicino, senza per forza scomodare gli Stati Uniti. Sebbene infatti pochi la ricordino e quasi nessuno delle nuove generazioni ne sia a conoscenza, anche in Veneto è presente una tradizione molto simile e che ricalca le antiche usanze di Halloween. Chiamata di soli to “suca baruca”, ma conosciuta anche con altre varianti, questa festa prende

proprio il nome dalle zucche che si usava intagliare ed esporre illumi nate alle proprie finestre. Anche se capitava che a volte potessero invece essere usate da ragazzini che, nel buio della sera, si divertivano a spaventarsi tra loro o fare scherzi paurosi a qualche malcapitato. Dall’altra parte in casa invece, era consuetudine preparare sul davanzale, insieme ad un bicchiere di vino o acqua, un piatto con dentro “i os dei mort”, ossia del cibo per i pa renti defunti che quella notte (quella a cavallo tra il 31 ottobre ed il 1° no vembre) facevano brevemente ritorno a casa. Pare dunque chiaro che per

Tra storie e tradizioni

quanta discussione la festa di Hallowe en sollevi -molto spesso per mancanza di reale conoscenza sull’argomento- ci siano molti validi motivi per festeggiar la. Oltre che per divertirsi e tornare bambini ancora una volta, anche per riscoprire le proprie radici, siano esse le proprie tradizioni andate perdute o il ricordo dei propri cari passati oltre.

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Autunno: tempo di quiete, riposo e meditazione

Chi di noi non si è mai fermato davanti allo spettacolo multico lore di un bosco in piena trasfor mazione durante il periodo autunnale? Mi riferisco a quell'immagine, solitamente pomeridiana, in cui il sole oramai basso illumina le foglie delle tinte accese del giallo, del rosso, dell'arancione e del marroncino, quasi sapesse dipingere come un pittore della scuola fiamminga del Quattrocento (la verità è che - ov viamente - il sole e, in generale, la Natura sanno fare molto meglio di qualsiasi pittore mai apparso sulla Terra!). E, in uno scenario diametralmente opposto, chi di noi, ancora, non prova una sensazione di piacevole abbandono all'idea delle prime piogge autunnali, quando il tepore dell'estate non è anco ra diventato gelo e il crepitio del fuoco nella stufa accompagna le prime lunghe serate domestiche, fatte magari di una leggera coperta e di un bicchiere di vino rosso con le castagne? Cose semplici, quindi essenziali. Colori, profumi e sensazioni caratteristi che dell'autunno e dell'autunno soltanto, che come nessun'altra stagione porta con sé il senso del riposo e della quiete, dopo i tumulti della pri mavera e dell'estate. Tutto questo parallela mente a quanto accade, nello stesso periodo, alla natura che ci circonda e soprattutto alla grande madre Terra, che dopo averci donato tutti i suoi frutti si prepara alla quiete invernale. Pos siamo così ben dire che mai come in autunno i ritmi dell'uomo e quelli dell'ambiente che lo ospita diventano un tutt'uno, in un solo respi

ro che avvolge corpo e anima. Attenzione, però, a non cadere nell'erro re di giudicare per questi motivi l'autun no come una stagione poco utile, ferma, quasi “persa”. Basterà a questo scopo ricordare l'etimologia della parola “au tunno”, da ricollegarsi (come spiega bene il sito etimoitaliano.it) al verbo latino au gere, ovvero aumentare, arricchire, il cui participio passato auctus + la desinenza -mnus danno origine, per l'appunto, al latino autumnus. Andando ancor di più alle origini della parola, rintracciamo la radice sanscrita av- o au- che esprime l'idea del saziarsi, del godere. Dunque, contrariamente a quanto si potrebbe es sere portati a pensare, la parola autunno non significa la stagione che prepara al tramonto, bensì, al contrario, la stagione ricca di frutti che la natura ed il lavoro dell'uomo hanno preparato.

L'autunno non è quindi la stagione delle privazioni, ma della pienezza e del raccolto, come ben sanno del resto le nostre famiglie contadine, che nei mesi autunnali riempivano granai, magazzini e cantine dei sudori dell'estate in vista di inverni che, allora più che oggi, erano lunghi e coperti da una spessa coltre di

neve.

L'autunno, proprio per questo, è dunque anche il momento più opportuno per potersi ritagliare qualche spazio di tran quillità da dedicare ai “buoni pensieri”, alla riflessione (mamma mia che termine spaventoso!), ad immaginare il tempo che verrà.

Me ne rendo conto perfettamente: si tratta di un esercizio oramai per molti desueto, per qualcuno forse addirittura incomprensibile; che mai ci sarà da sco prire o inventare che non ci sia già stato propinato?

Assolutamente nulla, o molto poco. Qui però non stiamo parlando del medita re per conoscere, ma del fermarci per riscoprirci e guardare, una volta ogni tan to, dove stiamo andando. E' l'occasione, rara nei “tempi moderni”, di parcheggiare l'auto, salire sulla collina e guardare per un pochino dall'alto dove porta la strada che stiamo percorrendo. Senza illusioni o paure, ma con sano realismo. Dentro e fuori le nostre storie personali, le nostre case, il nostro quotidiano tran-tran. La sciandoci affascinare dai colori delle fo glie, dai profumi del sottobosco, dall'az zurro terso di un cielo oramai senza più caligine. E', insomma, il tempo di rallentare, vive re (per quanto possibile) quella dimensione slow che sembra spesso aver abbandonato definitiva mente la nostra dimen sione contemporanea. La Natura ci chiama a farlo, ci consiglia di farlo, adesso più che mai. Per correre ci sarà tempo e modo, spesso incon sapevolmente, con le prossime primavere e le prossime estati.

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In filigrana di Nicola Maccagnan
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Arquà Petrarca: secondo borgo più bello d’Italia dal 2017

La sfida ‘Il Borgo dei Borghi’ lanciata dal programma televisivo Kiliman giaro, che conduce i suoi spettatori attraverso i luoghi più incantevoli del pianeta, nel 2017 ha decretato come secondo borgo più bello d’Italia Arquà Petrarca (PD), inferiore solo a Venzone (UD). Il paese, che sorge nei Colli Euga nei, deve il suo nome al poeta Francesco Petrarca che scelse di trascorrere qui l’ultimo periodo della sua vita fino al 1374, anno della sua morte. La Casa del poeta è attualmente accessibile al pubbli co e, grazie alla serenità del luogo e agli incantevoli panorami da cui è circondata, rappresenta una meta amata dai visita tori. L’interno dell’abitazione è ricco di affreschi che, commissionati nella metà del Cinquecento dall’allora proprietario Paolo Valdezocco, evocano le opere let terarie del Petrarca. L’odierno allestimen to museale della Casa ospita una mostra fotografica che illustra le principali tappe della vita del poeta toscano, gli itinerari e i soggiorni trascorsi nel Veneto. Un altro

luogo suggestivo del borgo di Arquà è rappresentato dalla Chiesa di Santa Maria Assunta, testimoniata sin dall’anno 1026, di fronte alla quale si impone l’arca sepolcrale in marmo rosa contenente le spoglie del poeta. Fulcro del borgo medievale è il complesso architettoni co che sorge presso la piazzetta di San Marco comprendente l’Oratorio della S.S Trinità e la Loggia dei Vicari; quest’ulti ma, recentemente oggetto di restauro, è stata per secoli la sede dell’amministra zione locale e la sua costruzione risale al XIII secolo. Anche dopo la conquista da parte della Repubblica di Venezia, avvenuta nel 1405, la vicaria di Arquà ha continuato ad esistere oltre che a rappresentare un luogo di prestigio per i nobili veneziani incari cati di ricoprire le cariche amministrative della Serenissima. Arquà è poi

sede della fondazione musicale Ma siero e Centanin che, istituita nel 1997, racchiude la storia della musica attraverso l’esposizione di pianoforti del XVIII e XIX secolo annoverando tra le firme dei costruttori anche quelle di autori del ter ritorio veneto. Le attività proposte dalla Fondazione animano il borgo di Arquà durante tutto l’anno attraverso corsi di apprendimento della musica, lezioni per le scuole e conferenze senza dimenticare l’organizzazione del Festival Euganeo d’Estate. Storia, cultura ma anche gastro nomia perché Arquà si contraddistingue per i suoi prodotti locali e le sue ricette speciali: dal vino all’olio, dagli insaccati ai dolci, numerose sono le prelibatezze da gustare presso il borgo veneto. In parti colare, Arquà è noto per la produzione di giuggiola; si tratta di un frutto origina rio della Siria ed importato in Italia dagli antichi romani che in quest’area dei Colli Euganei pare aver trovato le condizioni ideali per la sua crescita. Concludiamo dunque affermando che, come ha corret tamente evidenziato la quarta edizione del ‘Borgo dei Borghi’, Arquà ci permette di vivere un viaggio nel tempo durante il quale ammirare a 360 gradi il fascino antico dei borghi medievali.

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Conosciamo il territorio di Sonia Sartor

NO al vigneto

Sono settimane di trepidazione a Borgo Valbelluna, in particolare nella frazione di Trichiana dove da tempo aleggia l’ipotesi della realizzazione di un nuovo vigneto di 51 ettari. Cosa che ha messo in allarme diversi cittadini che hanno scritto una lettera al sindaco Stefa no Cesa affinché si muova per tutelare la salute dei cittadini. Infatti alcuni cittadini di Casteldardo sono stati avvisati della compravendita dei terreni per l’eventuale utilizzo del diritto di prelazione, un ope razione che si aggira su circa 1,8 milioni di euro.

Con la lettera, datata il 12 settembre, ven gono esortati gli amministratori a favorire, nei terreni che diventeranno un vigneto, le colture tradizionali «impedendo la coltura intensiva, a salvaguardia dell’am biente, della fauna, della biodiversità del territorio e della salute dei bambini, ciò anche apportando le opportune modifi che al regolamento di polizia rurale». Inoltre gli stessi cittadini che si sono rivolti a Cesa rilevano come in quella zona vi è un’ampia area «di torbe con l’acqua che viene scaricata verso il torrente Ardo, con relativi pericoli anche se gli stessi fossero

adibiti a coltura biologica», non solo. Vie ne anche sottolineato come l’area abbia carattere storico, architettonico e paesag gistico, essendo la sede della villa Piloni Federico Foscolo, risalente al XVI secolo. La villa è situata in una zona di grande valore paesaggistico, probabilmente vicino ai resti dell’antico castello di Castel dardo e vi si accede da un imponente viale alberato in leggera salita. È compo sta da un corpo padronale su tre piani, con la parte centrale in aggetto rispetto alle più basse ali laterali. Sulla facciata, a fianco dell’ingresso principale, si trova una lapide che ricorda l’antica battaglia del 1193 per il controllo del territorio tra Bellunesi-Feltrini e i Trevigiani, trascrizione di un documento che rappresenta una delle primissime testimonianze in lingua veneta. All’interno della villa, in cui pare abbia soggiornato anche il pittore Tiziano Vecellio ed i cui giardini furono descritti dal pittore miniaturista Cesare Vecellio, gli arredi sono ancora in parte originali. La questione è stata ripresa dal gruppo di minoranza che con il consigliere Dario Dal Magro ha dato risalto alla faccenda: «A sud della villa già esiste un vigneto di circa

60 ettari; ora siamo venuti a conoscenza che è stato venduto il terreno a nord della villa e pare che anche qui verranno impiantati nuovi vigneti. Già l’insediamen to attuale ha creato numerosi problemi legati ai pesticidi ed anche se in modo contenuto, grazie alla ventilazione che proviene dal san Boldo, l’inquinamento rischia di arrivare all’intera Valbelluna. Ora, un ulteriore vigneto, chiaramente creerebbe un peggioramento della situazione». Cosa si può fare? Dal Magro risponde: «Al di là che questo territorio, una volta e tutt’ora come destinazione urbanistica è adibito per la costruzione di un campo da golf di 18 buche, che però non impedisce l’insediamento di una nuova attività agricola. A mio parere e di molti cittadini è opportuno far si che questa zona sia adibita a coltivazioni tipiche della nostra zona, non ulteriori vigneti. Sarebbe importante che vengano ristrutturati tutti gli immobili decadenti e quindi proseguire con turismo lento che può portare benessere su tutto il territo rio. In questo senso auspico che l’Ammi nistrazione Comunale si faccia parte attiva con la nuova proprietà.».

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Borgo Valbelluna in cronaca di Alex De Boni
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Nominato il nuovo direttore di Anestesia

Carlo Malavisi è il nuovo direttore di Anestesia di Feltre. Il medico trevigiano classe '72 si è laureato in Medicina e Chirurgia all’Università degli Studi di Padova, dove ha poi conseguito la specializzazione in Anestesia e Rianimazione, indirizzo Terapia An talgica. Nel corso della sua carriera, il dottor Malavisi ha consolidato competenze ed esperienze nella di sciplina di anestesia e rianimazione, ricoprendo diversi incarichi anche nell’Ulss 2 Marca Trevigiana, dove dal 2010 aveva assunto un incarico di alta specializzazione per la “parto analgesia e controllo del dolore postoperatorio”. Dal 2017 presta servizio all’Azienda Sanitaria Friuli Occidentale di Pordenone dove, tra il resto, ha maturato una solida capacità di gestione organizzativa dell’attività cliniche presso il blocco

operatorio dell’O spedale di Porde none che potrà mettere al servizio anche del blocco operatorio di Feltre. Inoltre è stato tutor per i medici specia lizzandi in Anestesia e Rianimazione dell’Università degli studi di Udine, con tribuendo al per corso di formazione di numerosi giovani medici. Tra le competenze tecniche, il dr. Ma lavisi è riconosciuto come esperto nella gestione delle viee aree difficili, fondamentale per la gestione di pazienti critici fragili, e nell’utilizzo di tecniche infiltrative sia periferiche che neurassiali in terapia antalgica. «Mi com plimento con il dr. Malavisi per il nuovo incarico che sono certa saprà interpre tare nel migliore dei modi, valorizzando la squadra di professio nisti dell’Anestesia e Rianimazione di Feltre che si è dimostrata efficiente e generosa soprattutto in periodo covid e mettendo a servizio di tutte le uni tà operative che colla

borano nel blocco chirurgico le sue capacità organizzative», commenta il direttore generale Maria Grazia Carraro. «Colgo l’occasione per ringraziare la dottoressa Sitta che ha traghettato il reparto dopo il pen sionamento del dr. Innocente con grande disponibilità e competenza, riuscendo a mantenere i volumi di prestazioni del blocco operatorio di Feltre in un periodo non facile. Con questa nomina si completa, in pochi mesi, il quadro degli apicali dell’Ospedale di Feltre che ha visto in questi mesi prendere attività il dr. Stefano Di Fabio, primario dell’or topedia, la dottoressa Cinzia Omi ciuolo, primario della geriatria, la dottoressa Lucia Dalla Torre, diretto re del Distretto. Tra poco prenderà servizio anche il nuovo primario dell’oncologia Nicodemo».

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La sanità a Feltre di Alex De Boni

C’era anche un bellunese nella na zionale italiana di nuoto composta da atleti con sindrome di down nella decima edizione del mondiale Dsiso (down Syndrome international Swimming Organisation) appena terminati in Porto gallo. Si tratta di Lorenzo Iannetti, classe 2003, nato e cresciuto a Belluno, dove ha iniziato anche a nuotare fin da piccolino. “Poi -dice papà Andrea-abbiamo cono sciuto tramite un istruttore di nuoto della

Lorenzo Iannetti, un esempio di vita sportiva

piscina di Belluno la società Sport Life Onlus di Montebelluna che promuove lo sport per i ragazzi disabili e siccome Lorenzo era portato per il nuoto, fin da piccolo, ha iniziato a fare le gare allenandosi princi palmente con la squadra agonistica della Sportiva mente Belluno di Belluno ma gareggiando con la Sport Life di Montebelluna, con la quale ha vinto gli ultimi campionati nazionali della FISDIR (federazione italiana sport paralimpici degli intellettivo relazio nali) ed è stato convocato dalla nazionale italiana per i campionati del mondo di nuoto della sindrome di down.”Nei recenti campio nati mondiali in Portogallo, ad Albuferia, Lorenzo ha conquistato due bei quarti posto uno negli 800 metri e l’altro nei 1500, ma durante la manifestazione aveva gia’ ottenuto un settimo posto sulla distanza dei quattrocento metri e un ottavo posto nei duecen to. A livello cumulato, i quattro risultati realizzati da Iannetti gli sono valsi il ventiseiesimo po sto complessivo a livello mondiale. La convocazio ne ai mondiali-prosegue papà Andrea “era attesa da tempo e per la quale Lorenzo si era allenato con dedizione, ci pensa va ai mondiali, anche se

non lo diceva espressamente e quando è arrivata la lettera era molto contento: probabilmente, molto più di quanto lo desse a vedere. Siamo davvero orgogliosi di lui".

Lorenzo oggi si allena due ore al giorno assieme ai ragazzi "esordienti’A', giovani agonisti che frequentano le scuole medie, e svolge lo stesso loro programma. Anni all'insegna di duro lavoro, che ha permes so all'oggi diciannovenne di guadagnarsi innumerevoli vittorie e medaglie. Prima dei recenti mondiali nello scorso giugno ha vinto i 400, gli 800 e i 1500 metri stile libero ai campionati nazionali di Chian ciano e poi questi bei risultati ai recenti mondiali di nuoto che si sono tenuti in Portogallo.

Ma ora Lorenzo a cosa punta?

“A breve ci saranno i campionati italiani a Colle Val d’Elsa in Toscana, questa volta in vasca corta e punto anche li a farmi valere. Ci sarà anche la possibilità di festeggiare i risultati in Portogallo ben

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Il personaggio di Claudio Girardi

27 medaglie mondiali e il bello di questo sport è anche quello di fare gruppo con altri ragazzi speciali”

Anche Lorenzo ha comunque un suo campione cui ispirarsi e si chiama Gre gorio Paltrinieri, detto Greg. “Mi piace -sottolinea il nuotatore bellunese- perché come me gareggia per le lunghe distan ze.”

Anche il papà di Lorenzo, Andrea,

sottolinea che “il nuoto mantiene vivo Lorenzo e gli da’ la possibi lità di confron tarsi anche con gli altri, e allo stesso tempo è uno sport che riesce a creare gruppo tra di loro.”

A Lorenzo in bocca al lupo per i prossimi traguardi e che sia d’esempio ai tanti gio vani perché con la sua costanza, allena mento e tenacia si possono raggiungere traguardi insperati e, anche sia un buon esempio ai diversamente abili e non, af finché trovino la forza di mettersi in gioco per abbattere qualsiasi barriera, sia essa materiale o di altra natura.

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Il personaggio
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Novità assoluta a livello regionale e nazionale

IL PANNELLO DI INFORMAZIONI TURISTICHE

Mercoledì 28 settembre 2022 è stato inaugurato ufficialmente un nuovo strumento di promozione delle attrat tive turistiche del territorio a servizio di turisti e viaggiatori, unico nel suo genere per contenuti, aspetti innovativi e potenzialità di sviluppo. Hanno presenziato alla conferenza stampa: Federico Caner, Assessore al Turismo della Regione del Veneto; Carlo Zanella Sindaco di Cesiomaggiore; Davide Praloran Presidente Comitato Pro Loco UNPLI Belluno; Ennio Vigne Presidente Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi; Modesto De Cet e Antonio Bortoli rispettivamente Presidente e Direttore Lattebu sche; Alessandra Magagnin, Presidente Consor zio DMO Dolomiti; Lionello Garza, Presidente Consorzio Turistico Dolomiti Prealpi; Eugenio Garlet Presidente Coop. Agricola La Fiorita; Diego Donazzolo Vice Presidente Coop.Valcarne. L'evento ha visto inoltre la partecipazione degli amministratori di vari Comuni, dei Presidenti

e Ristoratori, Guide e altri operatori turistici del territorio. Il Pannello di informazioni turistiche "Bon disnar in Valbelluna", commissionato dal Comitato Pro Loco Unpli

è stato ideato da Sergio Mondin in collaborazione con le ditte Nemes Srl, Veneto Marketing Srl, Mivy grafica&web e iamin web&multimedia.

INTERVISTA a DAVIDE PRALORAN

Presidente UNPLI Belluno

Presidente, è indubbio che il “Pan nello interattivo ha ottenuto un buon risultato. Come intendete pro cedere per riproporre e rilanciare questa iniziativa?

Abbiamo già riscontato interesse da parte di altri consorzi di Pro Loco e Comitati provinciali. E quindi sarebbe bello che questo pannello venisse installato su alcuni punti strategici e in altre realtà come strutture ricettive e realtà associative di categorie del mondo agricolo, agriturismo e risto razione.

A suo avviso cosa è necessario fare o mettere in atto per valorizzare il territorio?

Credo sia impor tante lavorare sempre di più e insieme con tutte le varie realtà del settore associativo di promozione del territorio e i vari enti pubblici. La DMO è fondamen tale che ci coinvol ga, visto che le Pro Loco organizzano varie e molteplici manifestazioni quali: sagre estive con piatti di ristorazione locale, fiere autunnali, promuovendo

le realtà agricole e lattiero casearie, eventi culturali di diverso genere e tipo e di tradizioni locali.

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delle Pro Loco, Albergatori Belluno,

CONTENUTI INNOVATIVI DEL PANNELLO TOUCH

CONTENUTI MULTILINGUA

Il pannello touch screen, come un ufficio informazioni turistiche, risponde a tutte le esigenze e alle richieste che può fare un turista di passaggio, in tre lingue (italiano, inglese e tedesco) in partico lare:

Luoghi di interesse naturalistico.

Luoghi storici, città d'arte, chiese, castelli, musei, mostre, artigianato artistico, ecc.

Vacanze attive, passeggiate a piedi in bici con possibilità di scaricare il GPS dei percorsi, attività outdoor (aria, terra, acqua), sport invernali, punti di sosta per famiglie.

Dove mangiare e dove dormire.

Prodotti tipici e dove poterli acquistare.

Piatti tipici a prezzo certo e dove poterli gustare.

Pacchetti turistici con escursioni e attività outdoor (bike, canoa, canyoning, parapendio, ecc.) anche con guide specializzate, degustazione divini e prodotti tipici, esperienze per tutti i gusti e tutte le età.

Eventi e Manifestazioni annuali storiche di tutto il territorio della Valbelluna.

Eventi da non perdere: iniziative che coinvolgono più attività, associazioni e operatori turistici, che portano ricadute economiche positive nel territorio.

Possibilità di richiedere ulteriori informazioni tramite telefono o email.

Aperto tutti i giorni con costi ridottissimi

Il pannello è consultabile 365 giorni all'anno, dalle ore 06.00 alle 22.00, con costi di gestione e aggiornamento di diversi pan nelli dislocati sul territorio può costare qualche migliaio di euro all'anno.

Un solo ufficio turistico, anche in alta stagione, consente un ser vizio molto più ridotto e richiede dei costi di gestione di alcune decine di migliaia di euro all'anno per l'impiego di personale con competenze linguistiche.

Accessibile anche online

Tutti i contenuti del pannello interattivo sono consultabili anche da computer, tablet o cellulare, tutto l'anno e 24 ore al giorno, ovunque ci si trovi. Visitando il sito web www.bondisnar.it il turista può quindi programmare da casa la sua vacanza in Valbelluna, anche como damente seduto sul divano!

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Questa facilità di accesso alle informazioni può essere sfruttata anche da tutte le strutture ricettive e gli operatori turistici, che possono farsi portavoce delle eccellenze e delle proposte del territorio, fornendo così un ulteriore prezioso servizio ai propri ospiti e clienti.

Replicabilità nel territorio

Il punto informativo può essere replicato anche in altri luoghi del la Valbelluna, beneficiando degli stessi contenuti e condividendo i costi di mantenimento e aggiornamento.

L'operazione richiederebbe le sole spese aggiuntive di acquisto, installazione e manutenzione del monitor.

I luoghi ideali dove posizionare altri pannelli (in Valbelluna ne sono già stati individuati cinque) sono: Piccoli borghi dove non è sostenibile la gestione di un punto informativo. Località turistiche. Stazioni treni e pullman.Luoghi con grande afflusso di persone.Punti vicini agli uffici informativi, consultabili quando questi sono chiusi.

Promozione del sito web

www.bondisnar.it

In attesa di aprire un punto informativo o allestire il pannello interattivo, è possibile installare delle ta-belle informative che possano comunicare l'esistenza del sito web www.bondisnar.it, prediligendo la promozione su totem, espositori e bacheche pre senti nei centri commerciali, nei manifesti dedicati alle iniziative e agli eventi delle Pro Loco, delle Associazioni e degli Enti Pubblici, nei servizi tv e nei giornali, ecc.

NOSTRA INTERVISTA A SERGIO MONDIN

Per saperne di più e per me glio integrare il nostro servizo abbiamo intervistato Sergio Mon din che del pannello “Touch” è stato l'ideatore che non è nuovo all'ideazione di altri progetti an che sull'agricoltura che sottolinea come” Non vi può essere svilup po turistico se vi è abbandono delle campagne dei pascoli e lo spopolamento dei piccoli borghi.

A mio avviso il binomio vincente è agricoltura e turismo.

Sergio, quale futuro turistico prevede per la Valbelluna? A mio modesto avviso è necessario superare tre punti deboli considerando anche che il turismo è un'attività che non può essere delocalizzata.

1)essere coscienti delle grandi possibilità di valorizzazione turistica del nostro territorio. Cominciando da chi vi abita, dalle associazioni, dagli operatori turistici e agli enti pubblici. Riflettia mo: se ogni estate presso il lago di Arsiè arrivano a soggiornare centinaia di turisti stranieri, (olandesi tedeschi ecc) che fanno migliaia di chilometri per arrivarci,vuol dire che il nostro territorio ha delle caratteristiche eccezionali anche per il fatto che posso no visitare a poca distanza il sito Unesco delle Dolomiti o il sito Unesco del Prosecco o il lago di Garda ecc…

2) Bisogna far squadra

La nostra caratteristica è che ognuno guarda il proprio orticello. Vi è la necessità di sederci tutti intorno ad un tavolo e una volta concordati gli obbiettivi da raggiungere farsi tutti parte attiva per realizzarli in maniera coesa ed efficace.

3) Miglior utilizzo dei fondi pubblici. Oltre quaranta anni fa un assessore al turismo di Trento in una riunione presso la Comunità Montana Feltrina affermava: “Basta progetti calati dall’alto. I progetti devono partire dal basso e coinvolgere in modo attivo e vincolante chi vive e opera nel territorio altrimenti rischiamo di fare carte per archivi, talvolta opere inutili o le cosiddette cattedrali sul deserto”. Noi continuiamo a calare progetti dall’alto. Se riusciamo in questo obbiettivo (temo purtroppo sia solo un sogno), la Valbelluna può veramente diventare IL CUORE DEL TURISMO TRIVENETO

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richieste di inserimento strutture ricettive e punti vendita o inserimento eventiinviare documentazione a:
Per
info@bondisnar.it

Il personaggio di Alice Vettorata ANITA BERBER

Anita Berber si muove sulla scena in modo accattivante e freneti co mentre il suo volto è quello tipico del cinema muto degli anni venti. Occhi appesantiti da un intenso trucco scuro per enfatizzarne l’espressività e per poter risaltare nelle riprese la gonna, che a sua volta crea dei movimenti interessanti mentre lei danza sul palco. Sembra essere pienamente a suo agio mentre viene ritratta dalla cinepresa in preda a una danza ipnotica.

Questo probabilmente perché la sua carriera iniziò presto, all’età di sedici anni, trasferendosi da Dresda, la città in cui visse con la nonna causa il divorzio dei genitori, a Berlino, un ambiente ricco di opportunità. Arrivando nella capitale portò con sé un bagaglio personale non da poco: i suoi studi di danza intrapresi con l'insegnante Rita Sacchetto, ballerina e attrice del cinema muto di spicco. A Berlino, quindi, inizia a lavorare nell’am bito artistico, dapprima come modella e successivamente dedicandosi quasi esclu sivamente alla danza e al cinema. Fino a questo punto potrebbe trattarsi della

biografia di diverse ragazze che cercando una carriera e futuro migliori, durante il periodo della Repubblica di Weimar, si trasferirono in centri urbani ricchi di op portunità. La Berber però fu uno di quei casi che si contraddistinse, detenendo primati interessanti e talvolta controversi rispetto alle sue colleghe. Lo stile di vita che iniziò a seguire a Berlino contribuì a renderla celebre tanto quanto stavano già facendo le sue doti artistiche. Le movenze della sua danza, capaci di riempire le stan ze dei cabaret, erano caratterizzate anche dal vestiario assente della ballerina. Fu la prima infatti a calcare i palcoscenici di Weimar nuda, solo con la sua corta chioma di capelli a caschetto tinta di rosso. I titoli che Anita Berber decideva di associare a ciascuna sua coreografia esplicitavano un altro motivo per cui il suo atteggiamento veniva considerato strava gante e pericoloso. Ai numeri venivano dati nomi come ”Morphium” o “Cocai ne”, per citarne alcuni. Cocaina, morfina e oppio, oltre all’alcolismo, furono le dipendenze principali delle quali soffriva e che tragicamente la resero interessante agli occhi del pubblico. La sua vita privata era diventata l’opera d’arte da osservare, così distante da quella comune. Arrivò a oscurare le sue abilità, rendendola un bersaglio della curiosità morbosa dei suoi contemporanei. Ciò non la ostacolò però nel proseguire la sua carriera prendendo parte a venti cinque pellicole in soli sette anni, tra le quali alcune firmate da Fritz Land. Le movenze nei film erano quelle tipiche della danza espres sionista tedesca sotto la Repubblica di Weimar, caratterizzata da pose plastiche come quelle presenti nel celebre film “Metropolis”. Come av viene ancora oggi, la vita degli artisti

viene spesso amalgamata con la loro sfera privata e così accadde per la Berber, sulla quale spesso si scrisse della sua bisessuali tà, dei matrimoni falliti e delle azioni viste come trasgressioni dal suo pubblico. Una vita simile, ricca di curiosità e talento, è stata, ed è ancora oggi, una fonte d’ispi razione importante. Anita Berber fu molto vicina ai Dadaisti, lavorò con il direttore teatrale espressionista Max Reinhardt, stregò l’artista Hannah Höch con un libro intitolato ”Dances of Vice, Horror and Ecstasy”. Una delle immagini più note che è possibile trovare su Anita Berber è il ritratto realizzato da Otto Dix nel 1925, il quale la ritrasse con l'iconico caschetto rosso ma stranamente vestita, nonostante si fosse messa in posa come danzava, senza veli. Il caschetto rosso rimane in una recente illustrazione dell’artista Elisa Ta lentino, che con pennellate ben studiate sembra ritrarre la vera essenza di Anita Berber. Rapida e fugace, come la sua vita. Una breve danza giunta al termine a soli ventinove anni.

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Potere femminile tra le pagine

Damigelle da salva re e le splendide fidanzate del pro tagonista maschile, questi erano essenzialmente i ruoli che spettavano ai personaggi femminili di pellicole e fumetti fino a pochi anni fa. Oggi, forse anche grazie al sempre più crescente numero di lettrici femmi nili che, se fino a 5 anni fa si potevano contare sulla punta di una mano, ora sono decisamente di più e appassionate in egual misura alla loro controparte maschile, i ruoli nei media di intrattenimento si sono ampiamente rinnovati. Ci sono parecchi personaggi degni di nota da elencare tra le grandi personalità del fumetto femminile ma in questo articolo voglio descrivere una triade di donne diverse tra loro e tuttavia valide allo stesso modo, rappresentanti di un concetto di femminilità giusta.

Wonder Woman

Nel 1942 nasce la prima supereroina, e non una qualsiasi… stiamo parlando dell’i

conica Wonder Woman.

Immaginata e creata dallo psicologo Wil liam Moulton Marston e dal disegnatore Harry G. Peters nel 1941, è da sempre simbolo delle lotte femministe contro la supremazia maschile.

Subì vari cambiamenti di “stile”, in partico lare negli anni 40 del ‘900, con la fine della guerra e il “ristabilirsi” dei ruoli canonici della donna casa e chiesa; da supereroe divenne presto damigella da salvare, poi spia protagonista di vicende romantiche e infine segretaria.

È solo dagli ’70 che il suo ruolo viene ristabilito a quello di eroe.

Principessa guerriera ma prima di tutto donna saggia e diplomatica, molto più all’avanguar dia di alcuni personaggi femminili creati oggi: potenti ma instabili oppure troppo perfetti.

Diana cerca di fare la cosa giusta favorendo la pace e la diplomazia prima di tutto.

Affronta volta per volta le difficoltà, fallendo o vin cendo senza vergogna, così come mostra il suo corpo, dai tratti più femminili a quelli più maschili come i muscoli, non così conven zionale per quegli anni ma neanche per quelli correnti. La scrittrice Gail Simone affermò: “Se devi fermare un asteroide chiami Superman. Se devi risolvere un mistero chiami Batman. Ma se devi finire una guerra chiami Wonder Woman.” Black Widow

Passiamo ad un’altra grandissima icona di stile e femminismo: la Vedova Nera. Creata nel 1964 da Stan Lee, Don Rico

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Pianeta donna in controluce di Laura Paleari
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Pianeta donna in controluce

e Don Heck e nata come antagonista, il personaggio di Natasha Romanov ben presto si ritagliò il suo spazio nelle testate fumettistiche entrando a far parte non solo della squadra degli eroi Marvel ma, sopratutto, dei personaggi fumettistici tra quelli più amati.

Nata come un'affascinante spia russa molto arguta e dotata di un'intelligenza sopra la media, senza rinunciare alla sua femminilità, ma anzi facendone un’arma, Vedova Nera riesce sempre a ottenere ciò che vuole. Non è la classica eroina, anche a causa del suo passato dal quale, però, si redime e, proprio per questo, rappresenta un esempio di femminilità “sano”: non vuole mostrare la perfezione ma la realtà dell’es sere umano nelle sue parti belle e brutte, giuste e sbagliate.

Valentina

Per ultima, ma non per importanza, non possiamo non citare Valentina. Nata dalla matita di Crepax come com

pagna di Neutron, un critico d’arte con speciali poteri, nella rivista Linus nel 1963, il perso naggio venne creato proba bilmente proprio prendendo ispirazione dalla stessa moglie di Crepax, Luisa Mandelli, la quale come la stessa Valentina era riconosciuta proprio per il suo iconico caschetto e il suo look anni ’20.

Ben presto però Valentina divenne, naturalmente, la vera protagonista del fumetto. Una donna giovane che vive delle avventure quasi “psichedeliche”, ma soprattutto una donna vera, con tutto quello che ne comporta: Valentina trasmette passione, erotismo ma al tempo stesso invecchia e sta male, proprio come una persona vera. Quello che permea in tutto il fumetto di Valentina è il sentimento di una sorta di liberazione sessuale; vive avventure legate

a doppio filo a temi ricorrenti nella psicoa nalisi e della sessualità, toccando temi fisici e mentali.

Tutte loro rappresentano una delle tante facce del femminismo: non rinunciano al loro essere donna e non odiano gli uomini, affermandosi come individui, persone, non come esseri speciali ma “semplici” esseri umani.

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UN SECOLO DI FLOROVIVAISMO PER LA FAMIGLIA MAZZOCATO

Chissà cosa direbbe Paolo Mazzo cato, che in quell’Italia dei primi del ‘900 venne mandato in giovanissi ma età a lavorare presso la fami glia Van Den Borre, noti produttori e giardinieri della zona di Treviso, se oggi vedesse la quarta generazione festeggiare i cent’anni di attività flo rovivaistica. Di sicuro ne sarebbe entusiasta, lui

Garden Mazzocato festeggia cent’anni di attività ricordando le radici di una storia fatta di perseveranza, dedizione e innovazione nel feltrino.

Chissà cosa direbbe Paolo Mazzoca to, che in quell’Italia dei primi del ‘900 venne mandato in giovanis sima età a lavorare presso la famiglia Van Den Borre, noti produttori e giardinieri della zona di Treviso, se oggi vedesse la quarta generazione festeggiare i cent’anni di attività florovivaistica. Di sicuro ne sarebbe entusiasta, lui che come era d’uso ai tempi, aveva addirittura dovuto pagare, nei primi mesi, per farsi insegnare quel mestiere così bello e poeti co, ma allo stesso tempo faticoso e fatto di

dei crisantemi. Correva l’anno 1922 e questo certificato custodito amore volmente ancora oggi, rappresenta per il Garden Mazzocato la prima e preziosa testimonianza della profes sione florovivaistica di un membro di questa famiglia.

coltivazione dei crisantemi. Correva l’anno 1922 e questo certificato custodito amo revolmente ancora oggi, rappresenta per il Garden Mazzocato la prima e preziosa testimonianza della professione florovivai stica di un membro di questa famiglia. Ne sono sbocciati di fiori, e cambiate di cose, da quel giorno!

Ne sono sbocciati di fiori, e cambia te di cose, da quel giorno! Paolo rimase al servizio della Con tessa finché, diventata vedova, su bentrò nella gestione della villa la figlia con la quale non riuscì mai a instaurare un buon rapporto.

Fu così che insieme alla famiglia si trasferì a Feltre.

Paolo rimase al servizio della Contessa fin ché, diventata vedova, subentrò nella ge stione della villa la figlia con la quale non riuscì mai a instaurare un buon rapporto. Fu così che insieme alla famiglia si trasferì a Feltre.

che come era d’uso ai tempi, aveva addirittura dovuto pagare, nei primi mesi, per farsi insegnare quel me stiere così bello e poetico, ma allo stesso tempo faticoso e fatto di im percettibili equilibri. Si appassionò presto all’arte del giardinaggio: era portato per il la voro e in poco tempo seppe distin guersi e diventare una figura di rife rimento tra i dipendenti della ditta. Tra i migliori clienti dei Van Den Bor re c’era la Contessa Valier che sem pre chiedeva di Paolo quando arri vava il momento di prendersi cura dei giardini della sua villa. A causa della morte del giardiniere preposto, Paolo fu richiesto per so stituirlo e molti furono gli anni al ser vizio della Contessa nei quali vinse anche il premio per la coltivazione

impercettibili equilibri. Si appassionò presto all’arte del giardi naggio: era portato per il lavoro e in poco tempo seppe distinguersi e diventare una figura di riferimento tra i dipendenti della ditta. Tra i migliori clienti dei Van Den Borre c’era la Contessa Valier che sempre chiedeva di Paolo quando arrivava il momento di prendersi cura dei giardini della sua villa.

A causa della morte del giardiniere prepo sto, Paolo fu richiesto per sostituirlo e molti furono gli anni al servizio della Contessa nei quali vinse anche il premio per la

Sotto la magnifica Basilica dei San ti Vittore e Corona, nel Vincheto di Celarda, un dirigente della foresta le, venuto a conoscenza della sua vocazione particolare e unica per il mondo del verde, lo mise alla di rezione di questa Riserva naturale dove tutt’oggi fauna e flora vengono custodite con amore e provvidenza. Fu l’avvento del fascismo a dare, di nuovo, una forte svolta alla vita di Paolo, che rifiutò il tesse ramento obbligatorio al partito previsto per i dipendenti pubblici. Seguendo la sua vocazione e facen do tesoro delle svariate esperienze acquisite, iniziò a coltivare piantine da orto in un terreno vicino alla vec chia metallurgica nella zona mani fatturiera Feltrina.

Sotto la magnifica Basilica dei Santi Vittore e Corona, nel Vincheto di Celarda, un diri gente della forestale, venuto a conoscenza della sua vocazione particolare e unica per il mondo del verde, lo mise alla direzione di questa Riserva naturale dove tutt’oggi fauna e flora vengono custodite con amo re e provvidenza. Fu l’avvento del fascismo a dare, di nuovo, una forte svolta alla vita di Paolo, che rifiutò il tesseramento obbli gatorio al partito previsto per i dipendenti pubblici. Seguendo la sua vocazione e facendo tesoro delle svariate esperienze acquisite, iniziò a coltivare piantine da orto in un terreno vicino alla vecchia metallurgi ca nella zona manifatturiera Feltrina. Un inizio forse non propriamente voluto quello dei Mazzocato come produttori di piante a Feltre, ma che sicuramente dopo un secolo di florovivaismo, era in qualche romantico modo scritto nel loro destino. La richiesta dei prodotti e le esigenze, allora come oggi, comportarono nuove scelte e un susseguirsi di cambiamenti: prima con un trasloco della sede, posta

cambiamenti: prima con un trasloco della sede, posta dietro allo storico cinema di Feltre e negli anni a venire con il figlio Marcello, che proseguì questa attività creando il primo pun to vendita in Viale Piave nel 1968. Oggi ad accogliervi dietro al ban cone del nuovissimo Garden Maz zocato di Via Monte Lungo a Feltre troviamo il nipote Roberto, la moglie Paola e i figli Nicola e Luca, che rap presentano una nuova generazione pronta e preparata nello scrivere un nuovo capitolo di questa storia “di famiglia”, fatta di lavoro, passione, ricerca e innovazione.

dietro allo storico cinema di Feltre e negli anni a venire con il figlio Marcello, che proseguì questa attività creando il primo punto vendita in Viale Piave nel 1968. Oggi ad accogliervi dietro al bancone del nuovissimo Garden Maz-zocato di Via Monte Lungo a Feltre troviamo il nipote Roberto, la moglie Paola e i figli Nicola e Luca, che rap-presentano una nuova gene razione pronta e preparata nello scrivere un nuovo capitolo di questa storia “di famiglia”, fatta di lavoro, passione, ricerca e innovazione. (P.R.)

Un inizio forse non propriamente voluto quello dei Mazzocato come produttori di piante a Feltre, ma che sicuramente dopo un secolo di flo rovivaismo, era in qualche roman tico modo scritto nel loro destino. La richiesta dei prodotti e le esigen ze, allora come oggi, comportaro no nuove scelte e un susseguirsi di

UN SECOLO DI FLOROVIVAISMO PER LA FAMIGLIA
Garden Mazzocato festeggia cent’anni di attività
le
di una storia fatta di perseveranza,
e
Foto di famiglia della metà del ‘900 con Paolo Mazzocato e la mo glie Giustina al centro e i figli Marcello, Olga e Iolanda.
MAZZOCATO
ricordando
radici
dedizione
innovazione nel feltrino.
Feltre, Via Montelungo, 7 Tel. 0439 89027 Aperto dal lunedì al sabato 8.30-12.30 / 15-19 domenica 9.00-12.00 www.gardenmazzocato.it
Attestato rilasciato alla contessa Valier per la coltivazione dei cri santemi da parte di Paolo il giardiniere della villa. Foto di famiglia Mazzocato con Roberto e la Moglie Paola, la terza generazione e
i
figli Luca e Nicola, la quarta generazione.
51 SPECIALE SCI CLUB CROCE D’AUNE www.sciclubcrocedaune.it

SCI CLUB CROCE D'AUNE

Saluto con piacere i lettori de “Il Feltrino News” e tutti gli appassio nati di sci alpino. Dopo un’estate tra le più calde di sem pre che ha prolungato i suoi effetti fino alla fine di ottobre siamo pronti ad ini ziare un’altra stagione di sport invernali con fiducia ed entusiasmo pur sapen do che essa sarà condizionata dalle problematiche energetiche che stanno gravando sulla vita di tutti noi. Ma la speranza è che nonostante il mu tamento climatico, ormai confermato da un numero sempre maggiore di esperti, si creino le condizioni meteo rologiche favorevoli all’arrivo di abbon danti nevicate che vadano a ricoprire le nostre montagne di una spessa coltre bianca così da ridurre il più possibile il ricorso all’innevamento programmato e da rimpinguare le importantissime

risorse idriche.

E’ con questo auspicio che, tenendo fede alla propria tradizione, lo Sci Club Croce d’Aune è pronto con i program mi di promozione dello sci alpino, che comprenderanno l’attività agonistica giovanile e master; due corsi di avvia mento e perfezionamento durante i pomeriggi delle vacanze di Natale e uno nei sabati di gennaio e febbraio riservati ai bambini e ragazzi delle scuole elementari e medie.

Uno dei momenti più significativi soprattutto perché sorretto dall’impor tante principio della solidarietà sarà la fiaccolata con la quale, in collaborazio ne con altre tre associazioni del feltrino vogliamo riunire numerosi amici nel ricordo di Matteo e Sabrina con devo luzione del ricavato in beneficienza. L’importanza del passato, con i ricordi

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dei momenti importanti, per guardare al futuro, viene sottolineata dallo Sci Club Croce d’Aune assieme alla fami glia De Bortoli con l’assegnazione di una borsa di studio in ricordo di Sabri na De Bortoli ai 10 bambini più piccoli che ogni anno si dedicano con costan za e impegno all’attività di avviamento all’agonismo.

Colgo l’occasione per ringraziare tutti i nostri associati, i volontari, le famiglie dei ragazzi e gli sponsor per il puntuale sostegno che ogni anno ci manifesta no.

Chiudo ringraziando coloro che si soffermeranno sul nostro inserto leggendo Il Feltrino News e che magari verranno attratti dalla nostra attività.

Pedavena (BL) - Tel. 0439 304054
Dott. Liotta Alfonso PEDAVENA (BL)
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Forma e Colore snc di Zannin Elena & C. Viale Vittorio Veneto, 1 - Pedavena (BL)
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Croce d’Aune
Presidente dello Sci Club Croce

Parco Nazionale delle Dolomi ti Bellunesi, e si pone in posizione panoramica sulla vallata feltrina e sulla valbelluna. Oasi placida ed incantata capace di offrire una dimensione della montagna davvero particolare, vicinissi ma alle città, con ottima esposizione al sole, capace di combinare il piacere delle piste da sci con il candore dei grandi pianori sommitali, ideali per concentrare tutte le discipline degli sport invernali con la quiete e il relax di paesaggi ariosi e rilassanti. Il Monte Avena è una loca lità famigliare: accogliente e intima, il

IL MONTE AVENA

giusto per magnifiche giornate sulla neve lontano dalle grandi masse di sciatori, ma con davvero tutto a portata di mano: circa 20 km di piste da disce sa, boschi e spazi per l’esplorazione freeride con lo snowboard, ampi tracciati dedicati allo sci di fondo, vaste distese boscose per passeggiare a piedi o con le ciaspole e tanto spazio sicuro per il divertimento dei bimbi. Senza scordare… la calorosa ac coglienza e la cucina tipica delle malghe e degli chalet in quota. Nel perio

do estivo, è un luogo ideale per piacevoli passeggiate in solitaria tra ampi pascoli intervallati dall’accoglienza delle varie malghe d’alpeggio. Il Monte Avena, sede dei Mondiali di Parapendio 2017, inoltre, è frequentato dagli amanti del volo libe ro, punto di riferimento per avvicinarsi alla magia dello sport dell’aria. Nel 2019 è stato protagonista con la tappa più rappresentativa del Giro d’Italia.

53 Tel +39 0439 83777 - Fax +39 0439 89671 Via Casonetto 15, 32032 Feltre (BL) info@menegonassicurazioni.com - www.menegonassicurazioni.com Seguici su: Speciale Sci Club Croce d’Aune VIA MONTE GRAPPA, 6 - FONZASO (BL) BAR INCONTROPiazza Giuseppe Giacomo Alvisi, 18 Tel. 0437.86027 32035 Meano (BL) ww w.albergodiffuso f alle r.i t Albergo Diffuso Faller il p a e s e delle mele p r u ss i a n e Come prenotare il vostro soggiorno: Tel: + 39 331 8418436 Email: info@albergodiffusofaller.it Luca Fontanive - Presidente Alex Fabiane - VicePresidente Giambattista De Bortoli - Segretario Luca De Biasi - Tesoriere Luca Carazzai - ResponsabileTecnico Giulia Pauletti - Consigliere Fulvio De Bortoli - Consigliere Stefano Gris - Consigliere Giovanni Carazzai - Consigliere Il Consiglio Direttivo per il quadriennio 2022/2026 PER INFORMAZIONI E PRENOTAZIONI (preferibilmente su WhatsApp): 329 3563394 - 329 9862482 www.sciclubcrocedaune.it - E.mail: sciclubcrocedaune1963@gmail.com
l Monte Avena si
I
trova all’ingresso del

MENS SANA IN CORPORE SANO

Charles Pierre de Frédy, barone di Coubertin, meglio conosciuto come Pierre de Coubertin, deve essere uno che nelle gare sportive arri vava sempre secondo, quando andava bene. Forse per questo s'inventò il motto, famoso ed universale: l'impor tante non è vincere ma partecipare, diventato il filo conduttore di tutto lo sport e delle Olimpiadi moderne in

particolare. Non è vero, arrivò sen z'altro primo assoluto quando, nel 1896, diede vita al Comitato Olimpico Internazionale, del quale fu presidente fino al 1925, ideando fra l'altro il motto Citius, Altius, Fortius Communiter, che significa "Più veloce, più in alto, più forte - insieme" dove l'invito è a vincere con la parola chiave "Communiter", comunità.

Lo sport è questo, una competizione con gli altri, fra gli altri, ma anche con sé stessi. Harpee Lee nel suo libro "Il buio oltre la siepe" scrive: "Avere coraggio significa sapere di essere sconfitti prima ancora di cominciare e cominciare ugualmente e arrivare fino in fondo qualsiasi cosa succeda." E' l'invito a rispettare il motto di de Coubertin ma attenzione: qualche volta succede di vincere comunque,

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Viale
Vittorio Veneto, 11 - PEDAVENA (BL)

com'è successo quest'anno alle Olimpiadi di Tokio. Lo sport, se vissuto con que sto spirito, è formativo per la persona e per la società. Ne siamo tutti convinti tanto che la disciplina sportiva è entrata nelle scuole e migliaia di società, in tutto il mondo, invitano i giovani a praticare attività sportiva. Atletica, calcio, nuoto...... sci. Proprio de Coubertin, nel 1924 promosse i giochi olimpici invernali, la cui prima edizione si svolse a Chamonix. E'

facile in Italia praticare lo sport dello sci, in tutte le sue specialità, visto che non mancano né le montagne, né la neve e soprattutto i tecnici, preparatori atletici, maestri grazie ai quali oltre alle splendide doti personali si sono affermati campioni come Zeno Colò, Gustav Thoeni, Alberto Tomba, Deborah Compagnoni, Kristian Ghedina.

Sulla neve con elevato spirito competiti vo e grande solidarietà, allegria, amicizia,

abbiamo visto centinaia di ragazzini partecipare al Trofeo Topolino e ad altre competizioni organizzate dalle nostre società di volontari e professionali, amanti dello sport. Lo sport praticato con di vertimento fa bene al fisico e alla mente liberando entrambi dalle tossine della vita quotidiana, troppo spesso vissuta con stress, quello si da evitare, meglio non arrivare primi se per farlo dobbiamo sacrificare la "vita" stessa.

Speciale Sci Club Croce
LAVORI EDILI REATO s.n.c. di Reato Simplicio Sede legale: Loc. Sorriva - 32030 SOVRAMONTE (BL) Tel. e Fax: 0439.2968 - Cell. 338.3411734 reatocostruzioni@virgilio.it
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dei Boschi
di Bertelle Luca Via Vittorio Veneto, 5 - Pedavena (BL) - E-mail: bargallopedavena@yahoo.it

CROCE D'AUNE: UNO SCI CLUB NELLA STORIA

Il villaggio di Aune (dal latino Alnus-Ontano), frazione di Sovramon te nel Feltrino, meno di duecento abitanti a 900 metri d'altitudine, sorge sulla strada che fino al Diciannovesimo secolo è stata la principale per il Primiero. Il paese è piccolo ma caratteristico e le belle vette circostanti alimentano orgoglio ed ambizione. In particolare per lo sci.

E' grazie a ciò che nell'autunno del 1962 è nata l'idea dello Sci Club Croce D'Aune resa ufficiale nel 1963 dal parroco don Remo Pasa. Il primo consiglio direttivo era formato da: Piero De Cia presidente, Don Remo segretario, De Bortoli Argillo (Tita Tiola) cassiere, De Bortoli Cirillo vice presidente.

I primi atleti provengono dalla stessa Aune e dalla vicina frazione di Sal zen. Sempre nel ’63 avviene l’affiliazione alla FISI e la partecipazione alla prima gara a Tambre D’Alpago con tre atleti: De Bortoli Vilmo, Facchin Fausto e Facchin Wolf. Le gare a quel tempo venivano effettuate nel Feltrino: Seren Del Grappa, Celarda, Cart, Villaga e Monte Avena, dove ancora le risalite avvenivano a piedi e i viaggi si facevano su autobus di linea.

La prima vittoria individuale arriva nel 1966 a Celarda. Nell'inverno 68/69 arriva la prima vittoria della società: il Club vince ad Enego il trofeo Castello D’Oro.

Il club cresce. A Piero De Cia, primo presidente, succede Pietro Gorza che sarà poi riconfermato. La presidenza più longeva spetta a Vilmo De Bortoli che, anche con il sostegno e l’amicizia della famiglia Marazzato, porta il Club tra le società più rinomate vincendo per la prima volta nel 2000 il Trofeo Delle Regioni (campionato italiano per club), seconda Società del Veneto, dopo Cortina, ad aver vinto nella stessa stagione, la fase provinciale, la fase regionale e diventando campione d’Italia sulle nevi di Piancavallo.

Gli atleti non sono più solo delle frazioni di Aune e Salzen, ma si iscrivo no da tutta la Provincia e anche da fuori, raggiungendo il numero attuale

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NEGOZIO
Venerdì
Via Vittorio Veneto, 30 32034 Pedavena (BL) DERATTIZZAZIONE - DISINFEZIONE DISINFESTAZIONE DEFOR ITALIANA s.n.c. Via alla Sega, 4 - FOLLINA (TV) Tel. 0438.970476 - Fax 0438.970125 www.deforitaliana.com - deforitaliana@libero.it AGRITURISMO MALGA CAMPON Cucina tipica feltrina, a base di piatti nostrani VENDITA PRODOTTI CASEARI Loc. Campon d’Avena - Fonzaso (BL) Per info e prenotazioni: cell. 340.8183732 - 348.9531944 AGRITURISMO MALGA CAMPET Loc. Monte Avena - 32034 Pedavena (BL) Aperto tutti i giorni da giugno a settembre Gradita la prenotazione cell. 340.1238355 - 347.3012648 BAR PUB EL TRAVO Via Roma, 1 - Pedavena (BL)
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Martedì Giovedì
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di cento tesserati FISI e venti tesserati sociali. In cinquanta anni di attività i risultati sono stati molteplici e prestigiosi. Nel 1987 la vittoria ai mondiali in Giappone di sci d’erba di Cinzia Valt; le 6 vittorie del trofeo delle regioni ora trofeo delle società (Piancavallo 2000, Zoldo 2002 e 2009, Sestriere 2003 Falcade 2013 e 2014), oltre ad innumerevoli podi individuali nelle varie categorie. Numerose sono pure le gare organizzate con grande passione e dedi zione, tanto da ricevere per due volte l’assegnazione della Fase Finale del trofeo delle Regioni organizzate in entrambe le occasioni a Falcade nel 2004 e nel 2013. Non va dimenticata neanche la finale del Grand Prix Lattebusche organizzata in collaborazione con le altre società del Feltrino a Pescul nel 1998. Attualmente lo Sci Club Croce d’Aune, fra i forti d'Italia, conserva l’attaccamento alle proprie tradizioni e origini nel paese di Aune dove mantiene la sede, ma nel quale non si è mai rinchiuso cercando di portare avanti la propria attività di promozione dello sci alpino a volte trovando sinergie con altre realtà. Spirito spor tivo, passione e voglia di divertirsi sono i principi che uniscono i propri associati impegnati anche in attività di volontariato nella comunità. La Società ha unito più generazioni e grazie ad un bel gruppo di giovani e master, è stato conquistato nel 2017 il secondo prestigioso posto alla Fase Finale del Trofeo delle Società sulle nevi di Sestola. Un successo che, ancor di più, esalta lo spirito di squadra, la capacità organizzativa dei dirigenti e l'affetto dei sostenitori. Ed è comprensibile che per una piccola realtà come quella della frazione di Aune di Sovramonte, avere un sodalizio sportivo come lo Sci Club Croce D’Aune, possa essere motivo di orgoglio. Se è stato possibile raggiungere certi risultati, lo si deve ad atleti e dirigenti e sostenitori, che hanno saputo dare il loro contributo in ogni attività dello sci club.

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Non solo animali di Monica Argenta

Le setole del maiale per i pennelli Una

materia prima naturale sempre più rara

Il pennello è un attrezzo comune che, almeno qualche volta nella vita, tutti noi abbiamo utilizzato per stendere con precisione una sostanza liquida o visco sa su una superficie. Infatti, ci sono pennelli per il trucco, per lo smalto per unghie, quelli usati nelle belle arti, pennelli per l’applicazione della colla e naturalmente anche i pennelli per pit turare le pareti di casa e i nostri manufatti, in qualsiasi materiale essi siano.

La nascita dei primissimi pennelli è antichissima e si perde nella nebbia della Preistoria. Tuttavia, sembra esistano delle prove storiche che il primo largo uso del pennello si sia sviluppato in Cina attorno al 200 a.C. con il diffondersi della scrittura a pittogrammi. Durante la sua lunga storia, svariati peli animali vennero utilizzati per la realizzazione dei pennelli, ma indubbiamente la materia prima che contraddistingue questo utensile sono i peli di maiale, o più correttamente, le setole suine. Per scoprire questo parti colare utilizzo del maiale da parte dell' Homo Sapiens ne ho parlato con Arturo Truccolo, vero esperto in materia essen do titolare di una azienda produttrice di pennelli a Cornuda (TV), azienda che affonda le sue radici in 70 anni di storia. Arturo, da quanti anni lavori in questo settore e come si chiama la tua azien da?

“L'azienda è la Veneto Setole e Crine Srl, nata e gestita da me e mio fratello dal 1987. Ciò nonostante, anche mio padre e suo fratello avevano un setolificio sorto dopo la fine della Seconda Guerra Mon diale. A quei tempi si andava nei macelli a recuperare le setole: camion di setole

raggiungevano la fabbrica per essere la vate, trattate e usate. Ora il mio lavoro è diverso: la mia azienda compra le setole dalla Cina. Inoltre le setole non son più quelle naturali, bensì quelle sintetiche.” Perché questo cambiamento?

“Sono molti i fattori. Per primo c'è da dire che le setole utilizzate per realizzare i pennelli sono di qualità solo se il maiale passa almeno un inverno in una condi zione di allevamento naturale perché è durante l’inverno che il pelo si irrobusti sce e cresce anche fino a 11/12 centime tri di lunghezza. Invece negli allevamenti intensivi moderni il maiale viene macella to a soli 6/8 mesi di età, vivendo peraltro la vita a temperatura costante, nutrito con una alimentazione innaturale, mirata esclusivamente ad un rapido aumento di peso. Quindi le setole sono deboli e corte, non possono più essere utilizzate per la produzione di pennelli. Inoltre, trattare le setole implica possedere dei macchinari e delle procedure per il filtraggio dei processi di lavorazione che sono divenuti economicamente insoste nibili. D'altronde in una realtà sempre più antropizzata come l'Italia nessuno giustamente vuole più vivere vicino a

fabbriche che emettono cat tivi odori o, peggio ancora, inquinano l'ambiente. Negli ultimi tempi anche la Cina è divenuto un paese sempre più industrializzato, anche per quanto riguarda gli alle vamenti di maiali, e anche lì si fa fatica a reperire la ma teria prima. Ecco perchè le setole naturali sono sempre più soppiantate da quelle artificiali. Per produrre seto le artificiali comunque persi stono tutte le problematiche ambientali di cui si parlava prima. La mia azienda ora importa princi palmente prodotti artificiali con i quali si producono pennelli dai peli totalmente sintetici o, tutt'al più, composti da miscele di sintetico e naturale per prodotti più di nicchia. In questo senso, siamo un unicum a livello nazionale.”

Si conclude così la mia intervista di que sto mese. Certo, le ultime battute che ci siamo scambiati io e Arturo Truccoli - che ringrazio - hanno lasciato un po' di amaro in bocca. Senza voler caldeggiare stili di vita esclusivamente vegetariani o vegani, a entrambi è apparso chiaro quanto la nostra attuale società così industrializzata abbia reso obsoleto anche l'antico detto che “del maiale non si butta via niente”. L' industrializzazione, estesa agli allevamenti, ha soddisfatto gli appetiti di intere popolazioni abituate alla fame fino alla generazione prece dente. Ma attenzione, tutto ha un costo: come questo esempio delle setole suine ben dimostra, spesso un certo “benes sere” si paga con il deterioramento della qualità della vita nostra e di un animale che ha accompagnato e partecipato allo sviluppo della cultura dei Sapiens dalla notte dei tempi.

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La diciottenne Marina Summa è campionessa della categoria creativa

Si è conclusa il 9 ottobre scorso, dopo 3 giorni di competizioni, la sesta edizione della Tiramisù World Cup. Un lungo weekend che ha animato Piazza dei Signori a Treviso attirando la partecipazione di oltre duecento concor renti, tutti rigorosamente non professio nisti, alle prese con uova e mascarpone per conquistare il titolo di campioni del mondo. Giuseppe Salvador di Martellago (VE) si è aggiudicato il premio per la ri cetta originale del dessert italiano, mentre ad eccellere nella sezione creativa è stata la giovanissima Marina Summa, diciotten ne di Cerano (NO) con una rivisitazione del tiramisù che abbraccia la tradizione siciliana. I due vincitori vedranno pub

blicata la loro ricetta nella testata gastronomica ‘La Cucina Italiana’ diretta da Maddalena Fossati. La ceranese Marina ci ha raccontato la sua storia e svelato i segreti che si racchiudono nel tiramisù al cannolo con il quale ha ottenuto il riconoscimento a livello mondiale. Il pasticcere tedesco Ernst Knam ha definito l’arte del preparare i dolci come un gesto d’amore, si rispecchia in questa definizione?

Assolutamente sì. La pre parazione di un dolce è sempre un gesto d’amore. Da questo gesto d’amore è nata la relazione con il mio fidanzato: su Insta gram pubblico le foto dei miei dolci e lui si è fatto avanti incuriosito dalle mie creazioni. Più di tutti però, ad avermi dimostra to che in cucina bisogna metterci amore è stata la mia famiglia; ho sempre fatto assaggiare i miei dolci ai miei familiari e anche quando avevo la certezza

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World Cup 2022 di Sonia Sartor
Tiramisù

che non fossero per niente buoni loro si mostravano felici di averli potuti gustare. Nella preparazione di un dolce gustoso l’amore si intreccia però con la dedizione; ha dovuto sostenere una lunga preparazione in vista della Tiramisù World Cup?

Sicuramente disponevo già delle basi tec niche acquisite dalla frequentazione della scuola professionale, ma prima di mettere a punto la ricetta vincente ho fatto nume rosissimi tentativi: dal tiramisù al pesto al tiramisù cacio e pepe. Ad un certo punto,

Ci racconta quale è stato a suo dire l’elemento vincente nel tiramisù creativo da lei preparato?

Oltre all’attenzione con cui ho curato l’estetica del piatto, direi che un altro elemento decisivo può essere rappre sentato dalla qualità dei prodotti che ho utilizzato.

Alla sfida più golosa del 2022 han no preso parte centinaia di partecipan ti provenienti da numerose parti del mondo; qual è stata la fatica maggiore nel confrontarsi con gli sfidanti in gara?

cose da mettere a punto, però è andata bene.

Cosa sente di aver imparato dalla par tecipazione, oltre che dalla vittoria, ad una competizione di livello mondiale?

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2022
Tiramisù World Cup

Il personaggio di ieri di Domenico Grazioli

IL DR. GIOVANNI ALBERTON, medico condotto di Seren del Grappa

Il dr. G. Alberton, primogenito di 9 fratelli, nasce a Pove del Grappa (VI) il 25 agosto 1893, studia medicina a Padova e, appena laureato, viene arruo lato come ufficiale medico ed inviato ad operare sul fronte del Carso; poi, dopo Caporetto, sul Monte Grappa. Alla fine del conflitto, dopo essersi sposato il 28 gennaio 1921 a Padova con Lisa Guidi, nell’estate dello stesso anno prende ser vizio come medico condotto a Seren del Grappa, nel Feltrino, dove opererà fino al 1924, per andare poi a San Pietro in Gu (PD), sempre come medico condotto, fino al 19 febbraio 1953 quando morirà di infarto, mentre guidava la sua Fiat “Giardinetta”.

I tre anni a Seren sono pochi confronto ai trent'anni a San Pietro in Gu, tuttavia per tutto quel tempo egli mantenne dei costanti rapporti con quel picco lo comune di montagna dove aveva

scoperto un’acqua talmente salutare che lui stesso ebbe a denominare Soterìa (dal greco antico: salvezza, salute) e, secondo le sue ricerche, tale da migliorare così tanto lo stato di salute dei serenesi, che gli si ridussero i clienti… Ciò, unitamente al ri gido clima invernale, che consentiva le vi site a domicilio solo a piedi o con una slitta trainata da un “ronzino”, e causa an che la lontananza da ospedali importanti, rese allettante San Pietro in Gu, dove lo attendeva “una palazzina nuova di sana pianta al centro di un comodis simo paese, disteso fra ubertose e feconde campagne: facile l’esercizio della professione, per niente fati coso, una popolazione mite, vicino a centri ospedalieri importanti, più facile e meno dispendiosa l’istruzio ne dei figli, forse migliore reddito…” Così scriveva nel suo libro: “La fonte Soterìa o della Salvezza – Confiden ze di un medico”, del 1937. Ebbe 5 figli: il primogenito, Giannan tonio, detto Nino, nato nel 1921 e quindi quasi coetaneo di mio padre, Napoleone Grazioli, classe 1920, di cui fu amico e compagno di studi a Padova. Entrambi poi iniziarono a lavorare nel Feltrino: mio padre in Ospedale e Nino prima in condotta

a Fonzaso e poi in manicomio, fino al 1960, dove fu l’unico in Italia in grado di leggere gli elettroencefalogrammi col prof. Hrair Terzian di Verona, infine come neuropsichiatra e direttore sani tario in Casa di cura Bellati, a Feltre, fino alla morte avvenuta nel 1986. Altro figlio del dr. Alberton fu Alberto, deceduto nel 1938 per una caduta dalla bicicletta, e poi le figlie Rosina, e Franca, che si sposò a San Pietro in Gu con Alberto Bortolaso; si trasferirono poi in Cile, dove per breve tempo andò anche Nino, ma lo misero a fare il mandriano e…preferì tornare a casa. In ultimo nacque Giorgio, che andò a lavorare alla Perugina.

Interessanti e documentate sono le notizie sulle iniziative del dr. Alberton espletate durante il breve periodo in cui operò in quel di Seren del Grappa:

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infatti, oltre al libro succitato, egli scrisse varie lettere da San Pietro in Gu: nel 1937 - XVII Imp. e nel 1938 al cav. Anto nio Bassani, Podestà di Seren del Grappa “una relazione sull’azione farmacotera peutica dell’acqua Soterìa”, scritta a San Pietro in Gu il 3 marzo 1938, con allegate le lettere di ringraziamento di Mussolini e del Re, cui aveva inviato il suo libro, pervenutogli tramite il Commissario pre fettizio di San Pietro in GU, dr. Giuseppe Biamonti.

In questi documenti si narra come, nei tre anni trascorsi a Seren, dopo l’inau gurazione di questa Fonte (in realtà nuovo acquedotto comunale derivante dalla unione delle acque di due diverse sorgenti, la sorgente Valscura e la Pissaòr, poste dirimpetto in Val Carbonaia in

una vasca di accumulo per essere poi condottate alla fontana e alle case del paese) le condizioni di salute degli abitanti fossero molto migliorate con “guarigioni insperate che hanno del miraco loso”, scriveva, “soprattutto per il contenuto di calcio facilmente assorbibile”, generando una “vera e propria pandemia di benessere generale!”. Infatti rilevò “migliora menti eclatanti” nei soldati reduci ammalati di malaria; ”miglioramenti sensibili delle malattie renali e degli alcoolisti cronici”, “non si avevano più casi di diabete”, “in pochi anni scompariva completamente a Seren la tubercolosi e gli ipertesi, i nefritici, gli uremici, le polmoniti, le bronchiti, le pleuriti e il rachitismo”. E ancora: “Arteriosclerosi grave, congestione epatica, magrezza, nevropatia, albuminurie post-infet tive”. Ed infine determinando “in un rilevante numero di bimbi una cre scita ed uno sviluppo clinicamente perfetti, un'immunità assoluta ad ammalare o contagiarsi di malattie croniche…”

Perciò, oltre ad attenta osservazio ne clinica ed epidemiologica, pro mosse vari prelievi, analisi e studi chimici di quest’acqua da parte di vari Enti fino a farla decretare nel 1937 come Acqua Minerale. Gli studi analitici proseguirono nel 1942/43 col prof. Mascherpa dell’Università di Pavia e nel 1955 due serenesi, Giovanni Rech e Savio Bof, impiantarono lo stabili mento “La Serenella”, per produrre acqua di seltz e varie bevande gasate: spuma, chinotto, aranciata e cedrata. Uno dei primi a lavorar ci fu Elvio Bof, nato a Seren il 15 novembre 1938, sposatosi con Va leria Rech nel 1961 e deceduto nel 2011. Nel 1985 l’attività cessò, ma da allora, specie nei fine settimana, si vedono file di auto, provenienti

dal Feltrino ma anche da fuori provincia, che attendono di riempirsi le taniche, in località Narcisa Bassa, dalla fontanella di troppo pieno della vasca d’accumulo sottostante.

Per inciso, nei 20 anni in cui ho seguito professionalmente le acque potabili del Feltrino, si fecero vari prelievi ed analisi di quest’acqua, molto simile per com posizione chimica alle altre acque della zona e con, talora, un inquinamento bat teriologico, per cui fu fatto installare un debatterizzatore a UV, a valle della vasca di accumulo in località Pietena: pertanto è sempre consigliabile prelevare, per uso potabile l’acqua debatterizzata dal rubinetto lato strada, a sinistra salendo in loc. Pietena.

Ma torniamo al dr. Alberton. Egli, arrivato a San Pietro in Gu, mantenne sempre i contatti con Seren, dove aveva iniziato a costruirsi una grande casa nel 1926, terminata 10 anni dopo: in realtà era una specie di casa di cura, da lui denominata Soterìa come l’acqua, per persone che volevano sottoporsi a cure idropiniche, per villeggianti, ospiti e per la sua fami glia. La Soteria fu gestita dalla famiglia Al berton fino al 1965, poi ceduta a privati e, nel 1980, acquistata dall’Ente morale Associazione Soteria che la gestisce tutt’ora come Casa di Riposo.

65 Il personaggio di ieri
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Il Coro Monti del Sole Un coro di voci, un gruppo di amici.

Tutti per uno, uno per tutti”: questo il brillante gioco di parole che Alexander Dumas aveva creato per evocare il senso più nobile e più profon do di un’amicizia nel noto romanzo “I tre moschettieri”; questo il “mastice” che da cinquant’anni unisce, salda e rinsalda l’anima del Coro Monti del Sole, un ma gnifico coro di voci, un grande gruppo di amici.

Tutti gli anniversari sono un evento da condividere, da omaggiare e da festeg giare, ancora di più se questo appunta mento unisce tante persone accomunate da una passione, e a maggior ragione se questa ricorrenza affonda le sue radici in una storia lunga 50 anni. Ed è così che tra orme e traguardi del passato, successi e impegni presenti, aspirazioni e progetti futuri, il Coro Monti del Sole giunge al suo cinquantesimo complean no, coronando questa tappa con l’uscita dell'album “Là dove senti cantare” e l’incisione di un cd. Il libro e il cd saranno presentati in occa sione del concerto del 3 dicembre che si terrà presso il Palaskating di Sedico

alle ore 20:45, serata che vedrà anche la partecipazione di un coro ospite, il Coro Code di Bosco di Orsago. Una tappa appunto, non una meta; un passaggio importante, non un approdo fisso e statico.

Sotto questo profilo l’attuale maestro del coro, Luca Lotto, aggiun ge: “Il verbo che ci lega è cantare, il nome che ci guida è coro, l’aggetti vo che meglio ci descrive è operosi. Per operosità non intendo incessante attività a livello di produzione canora, di pro

grammazione di uscite, di concerti, ma costante tensione verso il miglioramento, verso nuove frontiere, nuovi orizzonti di sperimentazione che uniscano alle composizioni tipicamente di tradizione corale rivisitazioni delle canzoni classiche e anche un repertorio del tutto nuovo, pur sempre accompagnato dai temi popolari”.

Il libro è uno scrigno di ricordi sempre vivi come tizzoni ardenti, il cui proget to di stesura è stato avviato durante la pandemia: nella lontananza e nel dolore di quel periodo scaturisce l’esigenza di dare udienza al passato per colmare l’incertezza e il vuoto di quel presente difficile. Alle pagine di sofferenza si è voluto così rispondere con pagine che rievocassero la memoria della gioia di stare insieme, la fiducia nella solidarietà sociale e la speranza nei tempi migliori che da sempre alimenta l’essere umano. La realizzazione dell’album narrato ha

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Tra musica e vera amicizia di Caterina Michieletto

Tra musica e vera amicizia

visto la partecipazione all’unisono di cia scun corista per raccontare e raccontarsi in una raccolta di immagini, documenti, didascalie e brevi narrazioni.

Un po' di storia…

L’amicizia è l’ingrediente essenziale in questa realtà di associazionismo. Per capire quanto questo elemento sia indispensabile per la vita e la continuità del coro vi propongo questa similitudi ne culinaria, che da amante dei fornelli non posso non condividere: nella ricetta di una torta sappiamo per esperienza che le uova sono il collante dell’impasto e il lievito è quel “quid” senza il quale

la torta avrebbe sì un buon gusto, ma non sarebbe soffice e fragrante. Ebbene, l’amicizia nel Coro Monti del Sole è al tempo stesso un collante proprio come le uova in una torta, e un prezioso valore aggiunto come quella polvere magica che è il lievito.

Se il piacere di stare insieme ha porta to il coro a tagliare un traguardo così importante, è altrettanto vero che esso è stato anche l’origine di questa bellissima storia.

Era il 1971 quando un gruppo di amici, allora coristi del Coro Mas diretto dal maestro Mattiuz, uniti dall’attaccamento al proprio territorio e dalla passione per il canto, avviarono la fortunata esperienza del Coro Monti del Sole. La

ricerca li vide impe gnati ad individuare un maestro e radunare coristi da tutti gli angoli della Provincia. Il primo nome ventilato come potenziale maestro fu Paolo Bon, il quale, già allora molto impegna to, aveva rinunciato proponendo però il nome di Gianni D’Incà, allora maestro del Coro delle “tosate”, così era soprannominato al tempo il Coro Femminile di Codissago, che aveva riscontrato un apprezzamento diffuso non solo a livello locale. Sotto la guida di personalità già note nell’ambien te il coro ebbe l’occasione di stagliarsi nell’affre sco variegato dei cori di tradizio ne popolare e ambire a concerti e trasferte anche al di fuori dell’ab braccio materno delle montagne bellunesi. Memorabili in questo senso i ricordi dei concerti a Roma, al cospetto del cardinale Luciani poco prima della sua proclamazione a papa, e a Parigi presso il Moulin Rouge. I primi vent’anni del coro si festeggiaro no sotto la guida del maestro don Sandro Capraro che nono stante le difficoltà di un periodo non facile della sua vita, portò avanti la direzione sotto l’egida del suo prede cessore, conservando il tipico repertorio e introducendo anche

nuovi canti derivanti dall'esperienza con il coro della Brigata alpina Cadore.

Nel 1993 fu la volta del maestro Pao lo Bittante, fucina di idee, intuizioni e sperimentazioni, che mise a disposizione del coro la sua vivacità culturale per rilanciare il repertorio con reinterpreta zioni dell’essenza dei testi e con armo nizzazioni originali. La sua esperienza fu bruscamente interrotta dopo due anni e la sua morte prematura lasciò un profon do dolore e uno smarrimento generale tra i coristi.

L’equilibrio su cui si reggeva il coro era ancora precario ed in fase di assesta mento, per proseguire in modo conti nuo la linea appena tracciata si decise di individuare il successore all’interno del gruppo.

Fu così che il timone passò all’allora giovanissimo Luca Lotto, attuale maestro, il quale con l’entusiasmo e la freschezza tipiche dell’età dei sogni e dei progetti e con il suo carattere allegro e coinvol

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gente ha traghettato la sua nave verso nuove rotte, porti conosciuti e scono sciuti, verso mete vicine e lontane. Oggi il coro continua ad incontrarsi due volte alla settimana per le prove presso la nuova sede di Mas di Sedico, ed è co stantemente impegnato in appuntamenti sia in provincia che fuori e in altre re gioni come Emilia-Romagna e Sardegna. Almeno una ventina sono i concerti ogni anno, spesso anche all’estero, tra cui si ricordano le trasferte degli ultimi anni

Tra musica e vera amicizia

in Svizzera, Francia, Austria, Spagna, Argentina e Perù. Per altro, non mancano le uscite presso i centri turistici di Auronzo e Val Badia. La ricchezza e l’unicità del Coro Monti del Sole risie dono nella sua capacità di innestare nella tradizione dei canti popo lari anche elementi

innovativi ed origina li, sicché nel tempo cambia nella forma ma nell’anima rimane uguale a sè stesso, nella sua vocazione ad esse re un coro locale che attinge e dona nello scambio con altre realtà regionali ed estere. Un coro che spicca il

volo, per tornare sempre al suo nido, le montagne bellunesi, con un bagaglio ogni volta più ricco e brillante.

Al Coro Monti del Sole che porta avanti una passione che è storia, cultura, identità sociale, l’abbraccio più grande e più forte della sua comunità e del suo territorio in questo cinquantesimo anniversario.

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I lupi sono tornati, ATTENTI AL LUPO

Il lupo, dopo quasi due secoli di as senza, è ritornato sulle Vette Feltrine e, sporadicamente, si muove anche nell’omonima vallata. Nel corso di questi ultimi anni è stato immortalato da fototrappole, ma è stato anche visto direttamente da varie perso ne e soprattutto sono stati trovati resti di animali, per di più ungulati, senza dubbi uccisi a seguito della sua predazione. Se gnalazioni ci sono state nella non lontana frazione di Cornei nel comune di Puos D’Alpago, ma anche sulle Vette Feltrine, sul monte Telva e a San Paolo dove il temibile predatore ha ucciso tre pecore e nei cui pressi è stata avvistata una cuc ciolata di lupacchiotti e poi, addirittura, in prossimità del centro storico di Feltre, all’interno dei confini di villa Binotto. Quella del Feltrino non è certo una situazione eccezionale, da una decina di anni, infatti, questo mammifero, di cui in Italia si temeva l’estinzione, si è mol

tiplicato in un modo inaspettato fino a ri apparire in quasi tutte le regioni italiane, isole escluse.

Il lupo è un animale gregario che caccia gli ungulati di media taglia, cioè caprioli, mufloni e daini, ma al bisogno anche cin ghiali, cervi e non disdegna animali più piccoli quali lepri, conigli, volpi, uccelli, lucertole, rane e perfino pesci. Attacca con grande facilità quelli domestici, in particolare pecore, capre, vacche ed asini arrecando spesso gravi danni alle attività di pastorizia.

Nei secoli è stato considerato, spesso ingiustamente, un pericolo anche per bambini, donne ed anziani cioè per le persone più deboli che abitavano in località montagnose e collinari ricche di boschi.

Proprio per tali ragioni è stato oggetto di una caccia spietata anche in tutto il bellunese e, quindi, pure nella vallata Feltrina.

I lupi, però, sono da sempre animali dif ficili da insidiare, in quanto furbi e dotati di sensi altamente sviluppati. Hanno una grande resistenza nell’inseguimento e, messi alle strette, sono in grado di uccidere e storpiare velocemente un buon numero di cani, anche di grosse dimensioni.

In passato innumerevoli sono state le tecniche ed i mezzi usati per la loro caccia, alcuni di tipo tradizionale come le terribili tagliole o i trabocchetti scavati nel terreno, ma spesso si è ricorsi allo sterminio dei cuccioli nelle tane o all’uso della stricnina, potente veleno ad alta struttura chimica.

Un tempo la presenza del lupo anche lungo il corso boscoso del Piave non era un fatto eccezionale, tanto è vero che il comune di Treviso aveva ordinato ad ogni paese di costruire una “loviera” o tagliola, o insidia, per la sua cattura.

La tipica caccia dell’Ottocento veniva

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Uomo, natura, ambiente di Alvise Tommaseo Ponzetta

Uomo, natura, ambiente

esercitata con l’ausilio del fucile e dei cani, di solito incroci tra levrieri, fox ter rier e le Chiens di Saint Hubert. Anche se il vero cacciatore di lupi era, pro babilmente, quello in grado di imitare perfettamente il suo ululato attirando, così, la preda verso di sé.

Dopo il medioevo, il pagamento dei premi per chi uccideva un lupo, fu posto a carico della municipalità ed il caccia tore per l’incasso doveva presentare la testa dell’animale a cui venivano mozza te le orecchie per impedire che lo stesso venisse portato in più comuni con lo scopo di riscuotere più taglie. Il rapido ridimensionamento della specie si registrò soprattutto nel corso del XVIII° e XIX° secolo e subito dopo la nascita del Regno d’Italia. L’ultimo abbattimento ricompensato nell’intera Penisola risulta essere avvenu to nel comune di Valdieri, in provincia di Cuneo, nel 1921.

E, così, un po’ alla volta, il lupo è anda to scomparendo del tutto dalle Alpi, restando confinato nel solo Appennino, in Abruzzo e con qualche nucleo isolato sui monti della Calabria.

In Europa due popolazioni resistettero in Spagna, nei Balcani e nei paesi nordici, oltre che in Russia ed in qualche nazione dell’ex blocco sovietico. In Italia i lupi sono stati ucciso fino agli anni ’50 del novecento. Una ventina di anni dopo si erano ridotti a poche

decine di esemplari, forse un centinaio. Fu in quegli anni che venne lanciata la famosa “Operazione San Francesco” in difesa della specie.

La legge n. 157 del 1992, oggi in vigore, inserisce questo predatore tra gli animali particolarmente protetti.

Grazie a questa normativa innovativa e ad una diversa mentalità della gente, i lupi, piano piano, hanno cominciato a ripopolare vaste aree delle Alpi favoriti anche dal contemporaneo aumento del numero degli ungulati, che costituiscono la loro primaria fonte di cibo.

Di recente si è verificata la “saldatura” tra le popolazioni appenniniche e quelle delle Alpi, come confermato dall’arrivo in Lessinia, in territorio veronese, di un piccolo branco di lupi il cui numero sta aumentando. Stesso fenomeno si è ripetuto in questi ultimissimi anni anche nel Bellunese oltre che trevigiano, in una zona ricompresa tra Vittorio Veneto e l’al tipiano del Cansiglio. Attualmente, in Italia, la presenza di questo canide è piuttosto consistente; si stima che complessivamen te ci siano tra i 1800 ed i 2.000 esempla ri, tanto che in più

province si è ipotizzata ed auspicata una riapertura della sua caccia, naturalmente solo di Selezione. Molti temono però che alcuni branchi possano addirittura aggredire l’uomo. Si tratta di un’ipotesi estremamente improbabile. Questo carnivoro, istintivamente, alla vista di persone si allontana e fugge, tanto è vero che i lupi temono l’uomo più di quanto l’uomo tema loro.

In Italia è da circa due secoli che una persona non viene sbranata dai lupi. Di certo si può sostenere che in un Pa ese moderno e civile il futuro di questo canide vada sicuramente tutelato e pre servato; qualora, però, in alcune zone la sua presenza fosse troppo numerosa ed avesse rotto l’equilibrio naturale potreb be allora intervenire una seria caccia di selezione.

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Museo etnografico di Belluno di Walter Laurana

UN ANNO D'INTENSA ATTIVITÀ

e in Scozia i bambini fanno rotolare delle uova colorate lungo un pendio.

E dall’altra parte, gli ucraini (alcuni dei quali giunti al museo in abito tipico tradi zionale) hanno cantato un canto popolare del loro Paese e mostrato come fare la pysanka, vale a dire la decorazione delle uova di Pasqua, con disegni a cera, che caratterizza la festività ucraina.

Nell’occasione, il Museo ha raccolto una piccola somma da destinare alle attività solidali di Insieme si può.

Anche le galline hanno fatto festa all'inaugurazione d'anno del Museo etnografico della provin cia di Belluno.

La festa dei pennuti ha inaugurato l'intensa attività 2022 del museo, ma le galline in penne e piume non c'erano ma erano rappresentate dalle forme sculto ree in versione ornamentale realizzate da Giancarlo Dalla Zanna e Claudia Alpago Novello con l'appoggio dell'Azienda agri cola Vallenzai. Il tutto senza spargimento di penne.

L'anno nuovo, il primo post pandemia, ha anche rinnovato l'appuntamento con le tradizioni pasquali, notoriamente legate alle uova, che ha visto la partecipazione di una rappresentanza della comunità ucraina attualmente ospitata nel Bellune se.

I bambini bellunesi hanno spiegato il gio co del rolo ai loro coetanei ucraini. Anche questa volta, le piste per il gioco vengono attrezzate con tavola inclinata per far prendere velocità alle uova (al lavador). Il rolo è un gioco assai diffuso, nel territorio bellunese. E' un gioco antico e “povero”, lasciato in soffitta per diversi anni, che,

grazie anche al Museo, è stato recuperato. Rolo prende il nome, con ogni proba bilità, dal verbo “rotolare”: infatti, l’uovo sodo e colorato viene preso e fatto scivolare su un “lavador” verso la “leda” con l’intento di arrivare il più lontano possibile. Se si raggiunge lo scopo, si può ripetere il lancio. E l’uovo che arriva più lontano vince. In caso contrario, l’uovo rimane nel piano sabbioso, in attesa di essere colpito da altri partecipanti. In provincia esistono alcune varianti: a Belluno l’uovo veniva fatto correre sulla tavola per lavare i panni, mentre nel Feltrino e nella zona di Limana si usava una tegola (“coppo”) come piano inclinato. In genere, il rolo si gioca nel giorno di Pasquetta. Qualcosa di simile ha radici slovene dove si pratica una sorta di gioco delle bocce. E an che nei Paesi Bassi

L'appuntamento delle "Galline in festa" ha segnato la ripartenza delle attività didattiche del Museo etnografico, in collaborazione con l’associazione Isoipse. Con la ripresa delle gite scolastiche, sono circa 50 le classi che hanno programmato un percorso con il museo con visita alla villa di Seravella, un edificio che, dice il presidente della Provincia Roberto Padrin: " è uno dei fiori all’occhiello del nostro patrimonio provinciale e in quanto tale dobbiamo continuare a valorizzarlo, facendolo conoscere prima di tutto ai bellunesi e poi anche fuori provincia».

Il Museo etnografico, situato in località Seravella di Cesiomaggiore, ha sede nell’ottocentesca villa di campagna ap partenuta ai conti Avogadro degli Azzoni composta dall’edificio padronale e dagli

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Museo etnografico di Belluno

annessi rustici, ed è organizzato in spazi funzionali: l’edificio padronale ospita l'allestimento permanente su tre piani e il laboratorio didattico, mentre negli annessi rustici si trovano lo spazio per le esposi zioni temporanee, la biblioteca specializ zata, l’archivio sonoro e fotografico, la sala conferenze e un piccolo laboratorio per la pulizia degli oggetti. Il Museo si trova in una splendida posizio ne panoramica ai piedi del Parco Nazio nale Dolomiti Bellunesi, ed è circondato da un giardino di rose. Conserva e valo rizza un importante patrimonio di beni materiali e immateriali relativi agli aspetti più significativi della vita rurale in un'area alpina e prealpina. Di particolare interes se sono le sezioni dedicate alla mobilità della popolazione (balie da latte, esodo di fine XIX secolo in Brasile) e ai modi di adattamento ad un ambiente difficile (for te pendenza dei terreni, rigidità del clima, sfruttamento scalare dei versanti, sviluppo

dell'allevamento ovino e bovino). Una peculiarità del Museo è l'attenzione per il patrimonio immateriale (fiabe, leggende, suoni, testimonianze) che si traduce, a livello di allestimento, nell'utilizzazione di linguaggi diversi (sonoro, visivo, testua

le). Il Museo è dotato di una biblioteca specializzata, di un archivio fotografico e filmico e di un archivio sonoro. La valoriz zazione del patrimonio avviene attraverso un'intensa attività didattica e numerose

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Conosciamo il territorio di Arnaldo De Porti

Il Santuario dei Santi Vittore e Corona

Un gioiello spirituale (e non solo) della città di Feltre.

Non tanto tempo fa, quando si scriveva molto in relazione ad un certo argomento, si soleva dire di aver consumato fiumi di inchiostro, mentre ora, in un mondo informatizzato, questo modo di dire ha abdicato ad un certo modernismo tecnologico che, per quanto utile ed efficace, sembra aver però ossidato i valori, soprattutto intrinseci, dell’uomo nei confronti del suo prossimo quanto a socializzazione: questo passaggio però non sembra aver minimamente sfiorato il Santuario dei Santi Vittore e Corona, istituzione abbarbicata sul Monte Miesna di Feltre che, malgrado i suoi 926 anni di vita, continua ad avere ed infondere, ad ogni livello sociale, lo stesso crisma spirituale di quasi nove secoli fa, come se, da allora, nul la fosse cambiato, facendo anzi alimentare il bisogno di consolidare e di seguire passo passo il cammino che percorriamo anche attualmente, non esimendoci dalla necessità di estraniarci per riflettere, almeno per un momento, sui problemi che investono noi stessi ed il mondo intero. Dico subito di avere una qualche benevola remora nel ripetere quanto ho già scritto parecchie volte su detto gioiello che è il

Santuario dei Santi Martiri Vittore e Coro na, corredando peraltro il tutto da centinaia di foto sia degli interni che degli esterni, tuttavia mi pare di avvertire sempre una sorta di “vis mistica” che spinge a ripetermi percependo, ad ogni visita, nuove sensa zioni interiori, anche al di là dell’aspetto meramente cristiano: il luogo infatti si presta, ogni volta che lo si visita, a variegate riflessioni che ritemprano il fisico e la men te, realtà che, ove potenzialmente potesse essere estesa in chiave collettiva, sprigio nerebbe un positivo apporto, in termini di concordia e di pace, verso la stes sa nostra società, e ciò sulla base delle risorse personali di ciascuno: questo è appunto il Santua rio dei Santi Martiri Vittore e Corona che, a mio modo di sentire, esprime ed invita verso un obiettivo non lontano da uno straniamento quasi

di natura catartica.

Per mia fortuna, ho conosciuto e conferito con tutti i rettori del Santuario succedutisi a partire da Mons. Giulio Gaio ma, senza mancare nei confronti degli altri, questa volta vorrei citare solo quest’ultimo, e ciò per una ragione molto singolare se non ad dirittura unica: una intervista da me fatta a detto Rettore all’età di 105-106 anni, forse l’ultima della storia, in quanto, purtroppo, di lì a pochi mesi, egli è stato chiamato dal “Paron Grando”, come don Giulio Gaio stesso soleva chiamare il Padreterno.

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Conosciamo il territorio

edificio religioso; il suo interno è stato affrescato dal XII al XV secolo in vari stili: il tutto è ben conservato grazie anche a conti nue opere di mantenimento. Ul timamente da un famoso artista: l’arch. Vico Calabrò, titolare di una scuola a livello internaziona le in materia di affreschi.

Un breve excursus storico sul Santuario che dista poco più di due chilometri da Feltre, nella frazione di Anzù, va doverosa mente ripetuto, anche se ormai a conoscen za di tutti: si tratta infatti di un complesso religioso fra i più belli d’Italia: una sorta di documento di identità della Città di Feltre. La chiesa, in stile romanico in bianco e nero, annessa al complesso, i cui lavori sono iniziati nel 1096, risale pertanto alla fine dell'undicesimo secolo, ed è stata presu mibilmente edificata su un preesistente

A quanto si legge, il chiostro, dotato di capi telli spartani, è stato invece aggiunto quasi cinquecento anni dopo.

I Santi Martiri, citati a titolo, sono i protettori della Città di Feltre ed il Santuario è stato definito come un "dado di pietra posizionata in bilico con il campanile sulla rupe a strapiombo".

Si dice che durante la perse cuzione di Marco Aurelio (II

secolo d.C.), il soldato e cittadino romano Vittore, militare in Siria, dichiaratosi aper tamente cristiano, fosse stato bruciacchiato con pece e olii ardenti e infine decapitato; stessa sorte ebbe Stefania Corona, una bellissima ragazza locale quando professò anch'essa la sua fede cristiana: venne infatti legata per i piedi alla cima di due alberi piegati a forza, alberi che, drizzandosi vio lentemente, ne squarciarono miseramente

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il corpo.

Pare che, mentre il carro portava le spoglie dei predetti martiri verso Feltre, appena lasciata la valle del Piave per imboccare la stretta gola della Chiusa, anche i cavalli si arrestassero per protesta e, benché frustati, non volessero più tirare il carro. Sin dall'antichità il santuario venne visitato quasi sempre per devozione da imperatori e prìncipi che ne rispettarono lo status ecclesiale: nel 1354, durante la prima ricognizione delle reliquie dei due santi, l'Imperatore Carlo IV sostò a Feltre donan do al Santuario il suo manto, ma portando a Praga il capo di San Vittore che, inserito in un busto d'argento, venne collocato nel tesoro della cattedrale di San Vito. Suc

ricordo più tragico. “No sta star qua, te sa che te se tallonà dalle SS" - mi dice vano. Alle 3 del mattino ci fu un continuo scoppiare di bombe: i tedeschi avevano circondato il Seminario. Fuggire era inutile, mi avrebbero fucilato. Mi han no chiesto chi fossi: "sono don Giulio Gaio" dissi. “Ed allora si alzi!” Fui ripetuta mente percosso a sangue, con schiaffi al viso, con pugni e colpi di moschetto al ventre ed in varie parti del corpo. Infine, mi portarono in caserma a Feltre, mi venne chiesta la carta di identità. Mi accorsi che nel portafoglio era rimasta solo la carta di identità di un certo Ermanno, un ebreo a cui avevo dato rifugio nel convento di San Vittore .”

al Santuario, partono colpi di mitragliatrici e parabellum. Sono partigiani sconsiderati che sparano sui tedeschi in ritirata. Poteva succedere una tragedia.”

cessivamente, nel 2011, la reliquia è stata riportata per un anno nel Santuario, come ho potuto vedere anch’io durante una cerimonia indimenticabile per presenze e spessore religioso.

Durante l’ultima guerra i tedeschi violarono il Santuario. Ecco cosa ha scritto Mons. Giu lio Gaio, rettore per 60 anni del Santuario, personalità politico-religiosa fra le più prestigiose del '900 feltrino, che venne arrestato il 19 giugno 1944, percosso a sangue e incarcerato, messo sotto accusa per aver nascosto un ebreo nel Santuario nonché per avere contatti con i partigiani sovversivi: "Che fossi sorvegliato speciale lo sapevo. Ero consapevole dei rischi che stavo cor rendo. Avevo ricevuto una lettera anonima che mi annunciava di essere in cima alla lista nera già dal marzo del 1944. Poi venne il peggio. L'alba del 19 giugno 1944 è il mio

Mons. Lino Mottes, mio grande amico, di cui ho parlato in questo docu mento storico, autore di diversi libri sul Santuario ed esponente del Mu seo Diocesano di Feltre, racconta, a proposito delle “SS”, che gli par di sentire ancor oggi i passi, con stivaloni, dei tedeschi che andavano alla ricerca di partigiani o persone nascoste: in un suo libro dedicato agli affreschi di Vico Calabrò fatti nel Santuario, scrive: "E' sera tardi di lunedì 30 aprile 1945. Nella cappella della Madonna, locata subito dopo il portone d'ingresso, i seminaristi, alla luce di due sole candele, stanno recitando le ultime preghiere della sera, prima del necessario riposo. Le flebili luci delle due candele si spengono. Siamo immersi nella notte esteriormente e interiormente. Un prolun gato silenzio angosciante e penoso. Cosa poteva succe dere? Improvvisamente, dal costone che si allunga dalla Cappella dell'Angelo fino

Attualmente, rettore del Santuario è Mons. Sergio Dalla Rosa, persona umile, colta e capace, sempre disponibile, che sa tenere alto il valore di questa istituzione, ormai conosciuta ed amata ovunque. Tra l'altro collega giornalista dal quale è possibile ap prendere notizie storiche su detta istituzio ne che tocca l'animo anche delle persone prive di sensibilità e pensiero, col quale, proprio alcune settimane fa, ci siamo incon trati per una Santa Messa di ringraziamento in occasione di un congresso internazionale di Greenaccord, Direzione di Roma. A conclusione, vorrei scusarmi con i lettori per il passaggio fin troppo… sportivo ed affrettato di questo lungo excursus storico, realtà che, stante la sua ecletticità molto variegata, non può ovviamente essere compressa in poche righe, demandando pertanto alle foto il compito di integrarla, se del caso, chiedendo di vedere le nume rosissime altre presso la redazione, almeno un centinaio, da me scattate di recente.

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Conosciamo il territorio

Giovane, aperta, innovativa

Questa è Teknomotor, azienda che dal 1983 progetta e realizza, presso le proprie officine, elet tromandrini e motori elettrici per applica zioni meccaniche su macchine a controllo numerico e su robot.

Quarant’anni di cammino che hanno portato l’azienda ad essere tra i leader mondiali, non è una frase fatta, nella pro duzione di motori ad alta frequenza per l’industria della lavorazione del legno, con motori installati sulle macchine bordatrici

di tutti i più grandi produttori, in Germa nia, Stati Uniti, Nord Europa, Turchia, Cina. Teknomotor, però, non si è accontentata e negli anni ha sviluppato un importante ca talogo di soluzioni per altri svariati settori industriali e per la lavorazione di materiali diversi tra i quali, per l’appunto, legno, alluminio, PVC e compositi. Il segreto del successo di Teknomotor è l’ambizione di realizzare un prodotto sem pre migliore. “Il prodotto migliore nasce dal lavoro delle persone migliori con a disposizione gli strumenti migliori “sono le parole dell’Ing. Stefano Perli che, sulle tracce del nonno Leo Chiodero e racco

gliendo il testimone dal papà Sandro, ha portato Teknomotor alla sua attuale dimensione. “Questo modo di pensare ci ha spinto a investimenti costanti in tecnologie e strumenti evoluti e all’a vanguardia e a credere nella formazio ne e nella crescita di consapevolezza del nostro personale”. E numerosi sono i progetti e gli investi menti già programmati per i prossimi anni per lo sviluppo di nuovi prodotti, nuovi servizi, infrastrutture e personale. Nel 1983 l’azienda era formata da 5 persone, oggi quasi 60, provenienti da diver se nazioni e continenti, rappre sentati negli uffici tecnici come nei reparti di produzione. “Siamo profondamente legati alla cultura e ai valori del nostro territorio ma, da sempre, siamo aperti al mondo, continua l’Ing. Perli, e il mondo è pieno di opportunità. Nel corso degli hanno abbiamo incontrato persone, imparato nuove lingue, servito aziende e mercati che non conoscevamo. E questo è quello che vogliamo continuare a fare”.

“Fare parte di Teknomotor significa condividere il desi derio di dare il meglio di sé in ciò che si realizza, avere l’ambizione e l’orgoglio di fare parte di un’azienda giovane, dinamica, che guarda al prossimo passo da fare, che pensa al futuro.” - racconta l’Ing. Stefano Bertocco, responsabile

risorse umane.

Condizioni di flessibilità, un ambiente sereno e pulito, opportunità di formazio ne – ndr. spesso aperta anche ai giovani e alle scuole del territorio -, opportunità di crescita professionale, premi produzione, sono solo alcune delle attenzioni rivolte alle donne e agli uomini di Teknomotor.

“Vivere bene il proprio lavoro, fa lavorare meglio. Quello che cerchiamo di fare è di mettere tutti nelle condizioni di esprimersi al meglio” - spiega l’Ing. Bertocco. La persona in Teknomotor è al centro del progetto.

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QUERO VAS: storia, arte e architettura

Quero Vas è un paese relativa mente giovane fondato sulla storia millenaria di due centri: Quero e Vas. Due paesi uniti dal Piave, il fiume tragico ed eroico della storia d'Italia, il cui esercito il 24 maggio del 1915 lo attraversò per attaccare gli imperi centrali di Austria e Germania e sul quale, dopo Caporetto, nel 1917 si attestò per fermare l'avanzata nemica.

I toponimi dei due paesi hanno in comune l'acqua poiché Quero potrebbe derivare dal latino Aquarium, fontani le, abbeveratoio, mentre il nome Vas risalirebbe al termine Vas, vaso o conca, oppure, per altri esperti, a Flumen de Avasio, un rio che attraversava il piccolo centro.

L'acqua dunque è un elemento fonda mentale per l'attività agricola e il com mercio, perché lungo il Piave si svolgeva il traffico commerciale con Treviso e altre parti del Veneto, ma anche per la lavorazione della carta in una cartiera che fu parte del patrimonio della famiglia Remondini, storica tipografia bassanese i cui prodotti cartacei, icone e santini compresi, erano venduti dai Perticanti nell'Europa orientale fino alla Russia. I due paesi uniti nella storia romana, medievale e moderna, comprese due guerre mondiali disastrose, hanno trovato unità amministrativa con un referendum popolare con cui i quasi 500 abitanti di

Vas si sono uniti ai 2.500 di Quero, e così è nato Quero Vas. La scelta fu sancita dal referendum che si tenne il 27 ottobre del 2013 e solo due mesi dopo la Regione Veneto recepì e istituzionalizzò il risultato ponendo la sede amministrativa a Quero. La storia ci racconta di Vas paese agricolo e di Quero dove, grazie ai dazi sui transiti fluviali e a quelli terrestri sulla via Claudia

la quale non fu avara con il territorio che difese ed arricchì.

Il castello Proprio alla Repubblica di Venezia si deve la costruzione di Castelnuovo o Castello di Quero. Artefice dell'edificazione fu nel 1376 il capitano della Serenissima, Jacopo Cavalli. E' caratterizzato da un corpo cen

Augusta Altinate, i mercanti dovevano ne cessariamente passare attraverso la porta del Castello e pagare la tassa. Ne godette per secoli anche la Repubblica di Venezia

trale con una porta attraverso cui transita la strada e dunque passo obbligato per il commercio. La sua funzione fu essen zialmente di dogana, riscossione tasse. Ai

Sede Legale: Via Riva Grassa, 5 - 31040 Segusino (TV) Sede Operativa: Via del Fagher, 14/A - 32038 Quero Vas (BL) Tel. 0439.780677 - Fax 0439.822509 - ellemme-sas@libero.it

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lati la proteggono due torri, la più grande dotata di feritoie e caditoie per gettare proiettili sugli assalitori; la torre minore è costruita sulla riva del Piave e collega ta con una catena alla riva opposta. La catena era una porta sull'acqua ovvero il mezzo con cui tutte le città attraversate da un fiume, Verona e Trento per esempio, regolavano il flusso della barche, zattere e dunque il commercio. Durante la guerra della Lega di Cambrai contro Venezia (1508-1516) il castello ebbe funzioni difensive e fu più volte conteso dalle truppe condotte da Massi miliano Primo che devastarono il Feltrino. Infine Venezia ottenne un'onorevole pace ma il castello di Quero perse d'importan za e divenne poi osteria, albergo, infine oratorio dei padri Somaschi, un ordine

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religioso fondato da san Girolamo Maini (1486-1537) per adempiere al voto fatto in cambio della liberazione dalla prigionia sofferta proprio nel castello. La fonda zione padri Somaschi accoglie e assiste minori, donne vittime di violenza, persone senza fissa dimora...

Arte: La chiesa dell'Annunciazione

La seconda è il Monumento funebre Rinaldo Lazzari, edificato nel Cimitero comunale di Quero, su progetto dell'Ar chistar Carlo Scarpa per la suocera Francesca Rinaldo Lazzari. Vi sono sepolte con i rispettivi mariti, le figlie Gina e Bice, pittrice e poeta.

della

Beata Vergine Maria L'edificio della chiesa parrocchiale viene citato già nel XIII secolo e fu restaurato e ampliato nel secolo XVI, in coincidenza con la fine della guerra di Cambrai. Venne rinnovata nei secoli successivi fino al 1806 quando venne riedificata su progetto ne oclassico di Sebastiano De Boni. È dotata di belle e importanti opere artistiche e fra queste la Madonna di Jacopo Bassano, la Discesa agli Inferi di Domenico Tintoretto e la Trasfigurazione di Cima da Coneglia no. Sono conservate alcune tele attribuite a Francesco Salviati e a Palma il Giovane, del quale purtroppo durante i lavori di ricostruzione dopo la Grande Guerra fu rubata la tela Apoteosi di San Marco. Importanti anche una lapide funeraria ro mana e il campanile dotato di un concerto da tre campane.

Due testimonianze funebri

La prima è il cimitero militare germanico dove riposano i resti di 229 soldati del Corpo alpino austriaco e 3232 soldati dell'esercito austroungarico.

Il 12 dicembre 2006 al comune  di Quero è stata concessa la  medaglia d’argento al merito per le violenze subite dalla popo lazione durante l'occupazione nazista e l'apporto dato alla resistenza partigiana.

Il 28 dicembre 2013 è stato istituito il comune di Quero Vas mediante la fusione dei comuni contigui di Quero e Vas. Lo ha sancito la Legge Regionale n.34 del 24 dicembre 2013, pubblicata sul Bollettino Uffi ciale della Regione Veneto n.115 del 27 dicembre 2013 Quero Vas è l'unica fusione di comu ni in Veneto approvata nel 2013. Il referendum consultivo regionale per la fusione dei comuni di Quero e di Vas si è svolto il 27 ottobre 2013. A Quero ha risposto Sì il 94,10% dei votanti con un'affluenza alle urne del 40,75% degli aventi diritto. A Vas ha prevalso il Sì con il 77,16% Ha prevalso e affluenza del 49,45%.

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Dialogo aperto con Bruno Zanolla, sindaco di Quero Vas.

Sindaco Zanolla, lei di fatto, seppur uniti, amministra due comuni. Quali le problematiche, se ce ne sono?

Non si può parlare di due Comuni in quanto la fusione dei Comuni di Quero e di Vas è avvenuta ancora alla fine dell’an no 2013 e già dal 2000 tra i due enti c’era stata un’intensa attività di associazione attraverso l’Unione dei Comuni. Grazie alla collaborazione di tutti ed in particolare dei cittadini che hanno favorevolmente votato il referendum per la fusione dei Comuni è stato possibile progressivamente raffor zare e consolidare il processo di fusione. Fusione che ha portato indubbi vantaggi alla nostra comunità ad iniziare dal man tenimento dei servizi (trasporto scolastico gratuito, agevolazioni mensa scolastica, ecc.), esenzione dalla TASI mai applica ta, applicazione delle aliquote minime previste dalla legge per i tributi, sostegno alle attività ed alle associazioni oltre che, la possibilità di cofinanziare innumerevoli opere di investimento in tutto il territo rio. Penso ad esempio alla realizzazione dei Centri Civici nelle frazioni di Scalon, Marziai e Carpen, alla sistemazione delle Piazze, alla ristrutturazione della scuola

dell’infanzia di Vas e della Palestra della scuola media. E come ha vissuto il comune di Quero Vas la difficile crisi socio-economica determina ta dalla pandemia Covid. È stato un periodo difficile come d’altronde per tutti i Comuni, ma un plauso va fatto al nostro tessuto produttivo e dei servizi particolarmente fiorente che, ancora una volta grazie alle indiscusse capacità, ha “resistito” alle problemati che connesse alla pandemia, in alcuni casi anche affrontan do nuovi investimenti al fine di migliorare ulteriormente l’offerta. Ogni comune, e quindi anche Quero Vas, ha sempre in programmazione o in scadenza specifici progetti mirati allo sviluppo socio-economico della propria comunità. Ce ne vuole parlare?

Da sempre l’Amministrazione è impegnata su più fronti e negli anni ha realizzato e portato a termine innumerevoli progetti ed investimenti.

In questo periodo siamo particolarmente impegnati, da una parte nel mantenimen

to delle condizioni generali raggiunte mediante la manutenzione periodica del territorio (manutenzione strade, illumina zione pubblica, sfalcio piazze giardini, ecc.) per altro quasi tutti i lavori sono realizzati in economia diretta e dall’altra, in collabo razione con gli altri Comuni del Feltrino, nell’ambito dei Fondi Comuni di Confi ne, sulla grande opera di collegamento ciclabile “Dalle Dolomiti a Venezia” per la quale è in corso la progettazione esecutiva del tratto tra Busche e Fener e contiamo di poter appaltare i lavori nel corso dell’anno 2023.

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Altro intervento strategico è la collabora zione con il FAI per la riqualificazione di Malga Fontana Secca e Col de Spadaròt sempre con i Fondi dei Comuni di Con fine. Nell’ambito del progetto PNRR di riqualificazione dei Borghi Storici è inoltre prevista la realizzazione di un punto FAI nel nostro territorio.

E in merito alle iniziative e collaborazio ne con il volontariato e le varie associa zioni di solidarietà sociale? Abbiamo la fortuna di avere nel nostro Comune numerose associazioni di vo lontariato che costituiscono un vanto per l’intera Comunità le quali offrono, da un lato servizi indispensabili per i cittadini e dall’altra un’offerta culturale e di valorizza zione turistica di tutto il territorio. Nell’economia di ogni realtà la voce turismo assume un vero e concreto signi ficato. Cosa ci dice in proposito, anche alla luce delle varie manifestazioni che si organizzano?

Le manifestazioni ed i convegni che vengono organizzati sono di alto livello

e richiamano tantissime persone da tutto il Veneto e costituiscono una indubbia valorizzazione del territorio e dei prodotti tipici.

Parallelamente l’Amministrazione è im pegnata nel creare e favorire la nascita di nuove attività destinate in particolare alla valorizzazione del territorio attraverso l’o spitalità diffusa e la realizzazione di percor

LA GIUNTA

Bruno ZANOLLA: Sindaco

si pedonali e ciclabili sia verso il Grappa sia verso le Prealpi Venete (ricordo che il nostro è uno dei pochi Comuni il cui ter ritorio si articola in destra e sinistra Piave, storicamente una situazione di divisione anche amministrativa) nonché, nella valoriz zazione della Valle di Schievenin e di tutto il complesso della nostra sentieristica.

Ketty BAVARESCO: Vicesindaco e Assessore con delega a: Cultura ed istruzione, Urbanistica e Lavori Pubblici.

Alberto COPPE: Assessore con delega a: Politiche sociali, Rapporti con le Associazioni ed Ecologia.

Cristina DALLA ROSA: Assessore con delega a: Turismo, Ambiente, Politiche agricole e referente Valle di Schievenin.

Cristian CORRÀ: Assessore con delega a: Sport, Politiche giovanili ed Attività produttive.

ORARI DI APERTURA

Martedì 09.00/17.00 - Mercoledì 12.00/20.00

Giovedi e Venerdì 09.00/18.00

Sabato 08.00/17.00

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LA PROLOCO DI CAORERA

BAR AL SOLE

La ProLoco di Caorera nasce uffi cialmente il 13 di settembre 1973 grazie a Walter Zanell (attuale presidente), Gian ni Dorz, Armando Dorz, Luciano Gal lina, Luigi Reghin, Liberale Zuglian e Giacomo Zanel la che davanti al notaio Colò fondarono questa associazione. Le prime iniziative promosse erano manifestazioni di piazza, la ricorrenza annuale della Ma donna del Piave in agosto, ed un programma artistico culturale con mostre, concorso di fotografia, concorsi di disegno per gli studenti, un programma sportivo con la partecipazione della squadra frazionale SCM (Scalon, Caoera e Marziai) ai tornei serali ed una grande gara regionale di pesca alla trota sul Piave. L’attuale presidente è Walter Zanella. Operò fino al 1991 quindi una sospensione e la nuova rifondazione nel 2005 con presidente ancora Walter Zanella. Molte sono le manifestazio ni che oggi a Pro Loco organizza tra le quali di gite a carattere ricreativo, sportivo Sagra di s. Gottardo in maggio ,un raduno dei fuoristrada 4per4,ai primi di luglio, un motoraduno alla fine di luglio, la Madonna del Piave il 13, 14, 15 agosto, la Sagra della Zucca, il primo fine settimana di ottobre. La Sagra della Zucca è il fiore all’occhiello delle manifestazio ni della Pro Loco, nata per festeggiare e valorizzare questo ortaggio tanto umile quanto necessario per la cucina. Convinti nella necessità di proporlo a livello culinario si è deciso di fare una manifestazione dove la zucca fosse offerta in tutte le sue

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versatilità. Dopo le iniziali difficoltà la costanza ha avuto la me glio. Negli anni la sagra ha avuto un successo incredibile tanto da superare le migliaia di visite. Tanti i piatti preparati esclusi vamente a base di zucca: gnocchi, crespelle, lasagne, risotti e tagliatelle, zucca in umido come contorno, pane, torte biscotti, dolci, gelato, zucca in agrodolce, marmellate, sughi alla zucca per risotti e pasta, grappa aromatizzata alla zucca. Tutti prodotti trasformati sono di zucche lavorate, seminate, col tivate e raccolte direttamente dalla stessa ProLoco di Caorera e rigorosamente biologiche. Dal 2011 è operante il “Consorzio tutela della Zucca Santa bellunese” con sede a Caorera. La Zuc ca Santa Bellunese inoltre è iscritta nell’Elenco Nazionale dei Prodotti Agroalimentari del Ministero dell’Agricoltura La nostra produzione si aggira ogni anno sui trenta quintali dei quali 12 vengono trasformati. Numerose sono le presenze della Pro Loco e del Consorzio alle fiere che si svolgono nel feltrino, con i loro prodotti, ottenendo sempre ampi consensi e riscontri. Se si pensa che un ventennio fa la coltivazione della zucca era qua si abbandonata, ed il prodotto adoperato per l’alimentazione animale, Zanella e collaboratori possono ritenersi orgogliosi e soddisfatti del traguardo raggiunto.

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Dialogo aperto con Teresa Gallina, Presidente della Pro Loco di Quero

Presidente Gallina, come la Pro Loco contribuisce allo sviluppo turistico della comunità.

La Pro Loco contribuisce an nualmente con la Sagra dei Scios che porta un bacino turistico che si estende nel Triveneto.

Per lo sviluppo socio-eco nomico deve esserci una sinergia tra Pro Loco e Istituzioni. La sua opinione Certo, noi abbiamo una sinergia tra Pro Loco, amministrazione e altre associazioni Tra le manifestazioni organizzate quali sono quelle che hanno maggiore richiamo?

Le manifestazioni che hanno maggior richiamo sono la Sagra dei scios, eventi culturali al Centro Culturale Bice Lazzari, il Carnevale che coinvolge le tre comu nità di Quero, Vas e Segusino. Supporto logistico con Alpini, Protezione Civile seguiti per quanto riguarda l’enogastro

nomia. La collaborazione con l’ asilo tramite dona zioni e le scuole supportate con acquisto materiale scolastico.

E quali i progetti prioritari nella vostra programmazione futura?

Per la primavera è prevista l’ organizzazione del Festival delle Sensazioni con tre edi zioni nei prossimi tre anni. Collaborazioni con il Fai per iniziative collegate a Fontanasecca, con l’ amministrazione per lo sviluppo e pro mozione di un Bike Park che si estenderà in tutto il territorio della “Porta delle Dolimite”,oltre alle nostre manifestazioni.

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AZIENDA AGRICOLA

Un’eredità di famiglia tramandata da quattro generazioni Vini e Spumanti

Da quattro generazioni il nome Biasiotto è legato alla nobile tradizione della produzione e vendita di vini e spumanti di alta qualità.

Storia centenaria, cultura contadina, tra dizione, amore per la natura, sostenibi lità a 360 gradi, utilizzo delle più avan zate tecnologie e soprattutto passione, sono gli strumenti che ci permettono di ricercare equilibrio e armonia nei nostri vini, come fossero opere d’arte. Ora continuiamo il percorso che con tenacia hanno intrapreso prima di noi il nostro bisnonno Luigi, il nonno Silvio e il papà Luigi.

Seguiamo direttamente tutto il processo produttivo “dalla vite alla bottiglia”, “dall’analisi del terreno alla rete distributiva”, curando con impegno e professionalità ogni fase per ottenere il meglio da cia scuna di esse e permettere ai nostri clienti di avere una qualità non comune e in continua evoluzione. Due sono i concetti chiave che

riteniamo necessari per la conduzione della nostra azienda: un fermo rispet to della tradizione e dell’esperienza secolare tramandateci e l’utilizzo delle tecnologie moderne per una ricerca quotidiana dell’eccellenza.

Negli ultimi anni abbiamo ricevuto numerosi riconoscimenti sia in concor si nazionali che internazionali, tra cui quello di miglior Prosecco d’Italia dal 2016 al 2022 nell’Annuario dei migliori vini italiani di Luca Maroni.

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Azienda Agricola Biasiotto S.AG.S. - Via Piave, 16 - QUERO VAS (BL) - Italia TEL. 0439/788000 - www.vinibiasiotto.it - info@vinibiasiotto.it Premi ricevuti dai nostri Prosecco negli ultimi anni: Miglior Prosecco d’Italia per Luca Maroni negli ultimi sette anni; Prosecco doc rosé tra i top 5 Prosecco rosé d’Italia per Vinum World Of Rosè; 90 punti Decanter e medaglie di Bronzo Decanter; Medaglie d’oro e 90 punti Gilbert & Gaillard; Medaglie d’oro Berliner Wine Trophy; Medaglia d’oro Usa Wine Rating; Medaglia d’oro Bacchus; 90 punti IWC; 90 punti IWSC; 17 punti Jancis Robinson.

UN LUTTO INSOLITO

In queste giornate la testa gira in loop su due chiodi fissi: Parigi e l’azzurro. Cosa avranno a che vedere l’una con l’altro? – vi chiederete giustamente. E cosa poi con una rubrica che racconta l’arte?

Potrei iniziare con il dirvi che a Parigi si è appena svolta “Paris + Par Art Basel”, una nuova esperienza fieristica che ha incuriosito il mondo dell’arte monopo lizzando per giorni le storie Instagram, gli articoli dei giornali di settore online, le chat con gli amici, e incrementando a dismisura la mia voglia di essere lì. Dovrei continuare poi spiegandovi l’azzurro… quello dei cieli incantevoli di ottobre, quello – più tendente al blu – di un maglione ipnotico di mia nonna. Quello chiaro della giacca appena arrivata in regalo, quello che esce dagli anni Settanta dai mari spessi dell’artista Paul Thek e ancora quello, una via di mezzo con il verde, che con traddistingue il fondale salmastro di un allestimento, anch’esso per coincidenza parigino. Ma è stato quasi all’improvviso che

Parigi e l'azzurro hanno combaciato alla perfezione, sfogliando un giornale, e divorando immagini una dopo l’altra. Ha inaugurato da pochissimo alla Fondazione Louis Vuitton di Parigi – in collaborazione con il Musée Marmot tan Monet – la mostra “Monet-Mitchell”, che mette in dialogo le ultime opere di Claude Monet (1840-1926) con quelle di Joan Mitchell (1925-1992). È la storia di una relazione fatta di tocchi a distanza, di luoghi in cui gli artisti hanno entrambi vissuto, di albe in cui uscendo hanno incontrato lo stesso viola, di influenze, di pennellate sempre più libere e sciolte, di tele di grandi formati – vi siete mai chiesti quale coinvolgimento fisico comporti la realizzazione di un grande dipinto? – di giardini, laghi e stagni. Di attenzioni a luci e spazi. Di risonanze. Guardate adesso il quadro. Risale al 1981. L’autrice è Joan Mitchell, artista americana che ha vissuto lungamente in Francia. Immaginatelo occupare una grande parete: si tratta di un olio su tela, un quadrittico lungo sette metri

e mezzo circa e alto quasi tre. Il tito lo è “Edrita Fried”, nome di un’amica dell’artista, una psicanalista da poco deceduta. Non storcete subito il naso perché vi sembra di non capire cosa ci sia raffigurato.

Mitchell ci dice di cosa si tratta: «Il mio dipinto è astratto, ma è anche un pae saggio senza essere un’illustrazione»[1]. Non è un paesaggio copiato punto per punto, ma restituito dopo averne fatta l’esperienza, trascrivendo le sensazioni. Eppure, anche senza imitazione della natura, non facciamo fatica a leggere un cielo, acqua, piante, e fiori, mescolati con una forte luce che si tende fino a evadere i bordi nel tentativo di non chiudere troppo lo spazio aperto. È un luogo che racconta una persona, Edrita Fried, e mi fa pensare subito al diario del lutto scritto da Roland Barthes e al suo continuo riportare alla presenza fi sica e spaziale l’assenza della madre[2]. L’azzurro di cui parlavamo prima, è ovunque. Da sinistra a destra, si muove in un crescendo notevole che ab braccia, lega e coinvolge tutto: il viola,

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Zangrando*
Racconti d'arte di Daniela
Joan Mitchell, Edrita Fried, 1981. Olio su tela, 295.3x760.7 cm - Joan Mitchell Foundation, New York | © The Estate of Joan Mitchell

l’arancio, il marrone, il giallo, il bianco del primer, proprio quello che ci dà l’impressione di una spinta fortissima oltre la tela. Anche le tinte più brillanti vengono trascinate nella tristezza del lutto, ma credo siate d’accordo con me nel pensare che non c’è niente di irre versibile, non c’è indugio nel dolore. C’è energia, comunque. Rubo allora il titolo dell’articolo a quello di un libro di Yewande Omo toso, e vi dico che per me è un lutto insolito[3]. Quello di Joan Mitchell come quello della protagonista del libro, Mojisola, che cercando di mettere assieme e conoscere i frammenti di vita della figlia persa appenderà alle pareti i disegni trovati nella città in cui la ragaz za era andata a vivere. Evocazione di una persona e dei luoghi che le appar tenevano, ancora una volta. Ma il suo lutto non si fermerà qui, e avrà il gusto

di una rinascita, di un vigore nuovo. Chiudo citando la frase finale del testo scritto per il catalogo “Monet-Mitchell” da Suzanne Pagé, curatrice della mostra: «In un momento della loro vita in cui Monet e Mitchell stavano vivendo in melanconica solitudine, in uno stato simile di sofferenza, tristezza e lutto, noi sentiamo, al di là di tutto, il trionfo della pura gioia della pittura, una gioia di vivere, di quelle che ci invitano a con dividerle con vertiginosa e abbagliante emozione.»[4]

Mitchell ci fa sentire, condividere, e nostra diventa la vertiginosa abbaglian te emozione, nostro il lutto. Entrambi accordati con lei, e con Monet, Barthes, Omotoso. Con chiunque si perderà nelle sale della Fondazione Louis Vuitton, o guarderà a pieno un dipinto. Poteri salvifici dell’arte.

TETTI

[1] Intervista del 1982 citata in Suzan ne Pagé, Prefazione al catalogo “Mo net-Mitchell” presente nella cartella stampa della mostra “Monet – Mitchell”, 5 ottobre 2022 – 27 febbraio 2023, Fondazione Louis Vuitton, Parigi.

[2] Roland Barthes, Journal de deuil, Édition du Seuil / Imec, Parigi 2009; (trad.it) Dove lei non è, Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino 2010.

[3] Yewande Omotoso, An Unusual Grief, Cassava Republic Press, Londra 2021; (trad.it) Un lutto insolito, 66than d2nd, Roma 2022.

[4] Suzanne Pagé, op.cit.

91 Racconti d'arte
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*Daniela Zangrando è Direttrice del Museo d'Arte Contemporanea Burel di Belluno

Tra Volontariato e Solidarietà

Associazione Veneta Insieme verso Nuovi Orizzonti O.D.V.

Associazione Veneta Insieme verso Nuovi Orizzonti O.D.V. nata nel 2011 con sede operativa, de nominata Cittadella Cielo, sorge presso lo storico complesso della Vena D'Oro nel Comune di Ponte nelle Alpi (BL).  Centro di ascolto per chi crede di aver perso ogni speranza, centro di accoglienza e reinseri mento lavorativo, centro di for mazione umana e al volontariato internazionale, centro di sensibi lizzazione per prevenire dipen denze e disagi giovanili attra verso molteplici attività (tra cui campi di lavoro, testimonianze e dibattiti a tema) sono solo alcune delle atti vità offerte dall'Associa zione.   Dal 2019 presso il complesso della Vena D'Oro, l'As sociazione Veneta In sieme Verso Nuovi Oriz zonti O.D.V. ha dato vita ad un Cha rity Shop di abiti da sposa proponendo un’ampia scelta di capi, nuovi e usati di sponibili in varie taglie e colori, provenienti da diverse Maisons di alta moda come Valentino, Carlo Pignatelli, Armani ecc. Qui è possibile trovare anche una

vasta gamma di accessori da abbinare quali scarpe, veli, stole, guanti e bigiotteria di qualita’.  Nel 2022 apre lo spazio “Charity Shop Cerimonia Uomo, donna e bambino” ampliando l’offerta di abiti a noleggio. L’ampia scelta di modelli eleganti e raffinati permette di soddisfare tutte le esigenze seguendo i look e le tendenze moda sia piu’ attuali che di genere classico.

Inaugurazione del nuovo spazio “Charity Shop cerimonia uomo, donna e bambino”

noleggio, con indicazione mini ma di offerta, ha trovato un posi tivo riscontro sul territorio bellu nese. Molte le spose provenienti dal territorio ma anche da tutto il Veneto e dal Friuli. L’attenzio ne e la sensibilità al messaggio di fondo “coronare il giorno più bello aiutando il prossimo” ha aiutato questa piccola realtà a crescere.

Forte di questa bella esperienza, l’Associazione Veneta Insieme verso Nuovi Orizzonti O.D.V., ha creduto in questo progetto di solidarietà aprendo uno spazio dedicato ai vestiti da cerimonia uomo, donna e  bambino. Una conseguenza “naturale” det tata anche da una richiesta che le spose stesse manifestavano quando veniva no a noleggiare l’abito per il loro giorno piu’ bello.

Charity Shop Spose Vena D’O ro, presso la Cittadella Cielo Vena D’Oro Belluno, si rinnova ampliando i suoi spazi all’offerta di abiti da cerimonia uomo, don na e bambino.  La richiesta di abiti da sposa a

Gli abiti da cerimonia uomo e donna proven gono da atelier di moda e show room di tutta Italia. Gli abiti da bambino da rinomate azien de di cerimonia bambino che sostengono le attività sociali ed umanitarie del la Cittadella Cielo Vena D’Oro Belluno. Ogni abito puo’ essere noleggiato o dato in cessione, con un’ indicazione minima di offerta contenuta ed accessibile

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Tra Volontariato e Solidarietà

a tutti. Il ricavato del no leggio/cessione degli abiti da sposa e cerimonia verrà interamente devoluto per il progetto “Cittadella Cielo Vena d’Oro Belluno”, con lo scopo di aiutare e sostenere l'Associazione nel promuove re attività nel territorio e per il territorio.

Il laboratorio artigianale di ergoterapia, cuore pulsante della Cittadella, è il luo

go dove lavorano i ragazzi ospiti delle comunità. A comple tamento dell’offerta, vengono realizzate bomboniere arti gianali che possono essere personalizzate in base alle esigenze. L’ampia creatività ed il buongusto dan no vita a pezzi unici combinando materiali naturali quali il legno il vetro ed i sassi. La linea “Piccoli semi d’Amore”, interamente fatta a mano, espri me attraverso l’utilizzo di piccoli

- Personale a disposizione per la prova degli abiti

- Ampia scelta di bomboniere fatte a mano dai ragazzi del laboratorio artigianale

- Possibilità di effettuare il ser vizio fotografico matrimoniale nell’ampio e scenografico parco circostante

- Utilizzo dei saloni e degli esterni della struttura per or ganizzare cerimonie, banchetti, ricevimenti

sassi di varie misure, preziosi messaggi di amore e poesia. Il Parco naturale della Vena D’O ro, censito dal FAI  come “Luogo del cuore”,  offre un contesto naturalistico unico per servizi fotografici indimenticabili. Nei saloni di rappresentanza della struttura è possi bile organizzare pranzi, banchetti e ricevimenti utilizzando il servizio in terno o appoggiandosi a catering esterni. I servizi offerti sono: - Noleggio e cessione di abiti da sposa e da sposo, da cerimonia uomo, donna e bambino.

Charity Shop Spose e Charity Shop Cerimonia Vena d’Oro  c/o Associazione Veneta Insieme verso Nuovi Orizzonti O.D.V (Cittadella Cielo Vena d’Oro)  Via Vena d’Oro - Levego (Belluno) Tel. 345 8269834

E-mail: charitysposevenadoro@gmail.com

FB Charity Shop Spose Vena d’Oro  - www. nuoviorizzonti.org

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Storie di altri paesi di Elisa Rodari

Buffalo Bill

Leggenda intramontabile del Far West americano

Il celebre Buffalo Bill rappresenta una figura emblematica e poliedrica nella storia americana: cacciatore, soldato, esploratore, attore, impresario e volto noto persino in Europa. Buffalo Bill, pseudonimo di William Frederick Cody, nasce in Iowa nel 1846 ma poco dopo la sua nascita, il padre Isaac fece in modo di trasferire l’intera famiglia in Kansas. Durante un suo discorso contro la schiavitù, il padre Isaac venne brutalmente accoltellato, morendo a tre anni di distanza dall’accaduto. Già all’età di 9 anni, quindi, dovette trovare lavoro in una compagnia di trasporto merci per provvedere al sostentamento della famiglia.

Qualche anno più tardi, a 14 anni, venne invece assunto dalla compagnia Pony Express, un servizio di posta prioritaria ef fettuato per mezzo di corrieri a cavallo che permise di velocizzare le comunicazioni tra la costa est e ovest degli attuali Stati Uniti d’America. Dopo la morte della madre nel 1863, il diciassettenne William si arruolò

nel settimo reggimento di cavalleria del Kansas e prese attivamente parte alla guer ra di secessione americana. Fu proprio in questo periodo, durante una sosta in un campo militare a Saint Louis nel Missouri, che conobbe Louisa Maud Frederici, italo-americana, che nel 1866 diventò sua moglie. Dall’anno in cui si concluse la guerra di seces sione (1865) e fino al 1872, William venne impiegato come guida civile dall’esercito statunitense e dalla Kan sas Pacific Railroad. La curiosità più grande riguarda il suo soprannome, Buffalo Bill: si crede sia riconducibile ad un’impresa epica, in cui lui stesso uccise 4.280 bufali per sfamare le squadre che operavano nella costru zione della Union Pacific Railroad. Con questa impresa divenne noto come il campione assassino di bufali delle Grandi Pianure. A seguito di questo episodio eroico, William acquisì grande fama e un’ottima

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reputazione per l’accuratezza del suo tiro, la conoscenza delle usanze indiane, la sua resistenza e il coraggio dimostrato. Tale

Storie di altri paesi

era il suo spirito avventuriero che Buffalo Bill divenne presto il perfetto soggetto, quasi un eroe popolare, attorno al quale giornalisti e scrittori hanno iniziato a basare i propri racconti. Nel 1873 lo scrittore Ned Buntline chiese a Buffalo Bill d’interpretare la versione teatrale dei racconti che lo vedevano come protagonista, richiesta che accettò, proseguendo la sua carriera da attore improvvisato per ben undici stagio ni. A partire dal 1883 la figura di Buffalo Bill divenne ancora più famosa, in America come anche in Europa. In quell’anno infatti creò il Buffalo Bill Wild West Show, uno spettacolo di puro intrattenimento che si svolgeva all’aperto con un cast formato da un centinaio di persone, durante il quale venivano ricreate scene tipiche western. Fra i vari protagonisti dello spettacolo presero parte cowboy, nativi americani, cavalieri cosacchi, arabi, il leggendario capo Sioux Toro Seduto, Calamity Jane (la prima don na pistolero) e Alce Nero, altra importante figura nella comunità dei nativi americani. L’ideologia celata dietro questo grande

spettacolo sarebbe stata l’esaltazione della civiltà bianca anglosassone, che riuscì ad avere la meglio nei confronti dei popoli considerati “primitivi”, ovvero i nativi americani, i quali una volta sconfitti e sottomessi, potevano solo rappresentare un oggetto di divertimento. Esordi to il 17 maggio 1883 a Omaha in Nebraska, lo spettacolo ebbe gran de successo tanto che l’entourage al completo salpò nel 1887 alla volta di Londra. Qui in occasione delle celebrazioni per i cin quant’anni di regno della Regina Vittoria si tenne uno spettacolo unico nel suo ge nere. Dopo la tappa ingle se, lo show andò in tournee in Francia, arrivando anche in Italia nel 1890, toccando ben 6 città dal 26 gennaio al 16 aprile di quell’anno (Torino, Milano, Venezia, dove Buffalo Bill e gli indiani fecero un giro in gondola, Genova, Roma e Napoli). Il Wild West Show tornò nuovamente in Europa nel 1900 e in Italia a partire dal 1906. Lo spettacolo, della durata standard di 1 ora e 45 minuti, contava su un entourage di 1000 perso ne, 600 cavalli e si basava su una scaletta fissa, uguale per tutte le tappe: un qualcosa di mai visto, unico nel suo genere, considerando anche i mezzi a disposizione in quel tempo. Lo

spettacolo inoltre rese celebre un inno che segnava l’inizio dello show dal titolo “The star spangled banner” (la bandiera adorna di stelle): scritto nel 1814 dall’inglese Fran cis Scott Key durante la guerra anglo-ame ricana, fu poi adottato ufficialmente come inno nazionale degli Stati Uniti a partire dal 1931.

Che dire, Buffalo Bill fu senza dubbio una figura geniale e visionaria per il suo tempo: ideò infatti un nuovo concept di intratteni mento, diffuse la cultura western americana, portò i pellerossa in Europa e riuscì ad incantare intere platee di spettatori di tutta Europa ed America di fronte ad uno show che davvero non ha eguali nella storia.

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Storie di guerra di Davide Pegoraro

Sentiero Rommel

Un sentiero nel bosco, all’ombra di grandi alberi, ci guida verso un pomeriggio che ricorda l’estate, forse l’ultimo concesso prima del grande bianco. Luoghi solitari ideali per riflettere, luoghi che, potessero mai, ci mostrerebbero un diverso aspetto di loro, fonte di riflessioni meno spensierate e oggi più che mai necessarie. Sotto a quegli stessi faggi, alla fine del 1917, soldati da ogni parte d'Europa si erano trincerati per affrontare uno scontro decisivo, tale da determinare l’esito dell’intero conflitto sul fronte italo-austriaco.

etnie che componevano i loro vasti impe ri. Interpretare quei linguaggi non doveva essere cosa di poco conto e, proprio per questo, la presenza tra i comandi dei reparti di interpreti capaci era quanto mai preziosa.

Erano i giorni della Battaglia d’Arresto e la devastazione imperversava in ogni dove, tanto tra le linee forti ficate, tanto nell’animo dei protagonisti di quegli eventi. Volti cupi davano voce a parole sussurrate a pochi metri dal nemico o ad urla violente e improvvise, pronunciate in tantissimi dialetti delle regioni italiane ed anche in una enorme varietà di lingue, come quelle parlate dai “tedeschi”, definizione troppo riduttiva per descrivere germanici, austriaci, slavi, ruteni, cechi e molti altri nel carosello di

Una storia su tutte però è quanto mai singolare: quella di Anna Amalia von Hau ler. Una ragazza di poco più di vent’anni proiettata dalla sua Graz ai campi di bat taglia del Grappa; Fontanasecca, Fontanel, Valderoa e appunto Spinoncia. Croceros sina sul campo, rimasta orfana del padre, un colonnello dell’esercito imperiale caduto sull’Isonzo, decise di ingaggiarsi per poterlo vendicare noncurante del fatto che, per le donne, la vita militare non era prevista dalle leggi vigenti. Fu capa ce di contraffare i documenti necessari ad arruolarsi e approfittando del caos derivante dalla disfatta di Caporetto riuscì ad infiltrarsi con il ruolo di traduttrice tra le fila dell’esercito del Kaiser Gugliel mo, niente di meno che nel reparto dei fucilieri del Wurttemberg. Il fisico esile e minuto ed i lineamenti aggraziati, la fecero passare per un giovanotto, anche grazie ai capelli rasati.

Tra i commilitoni capitanati dal maggiore Theodor Sproesser, militava un giovane tenente: Erwin Rommel. Con lui, la ragazza partecipò ai combattimenti nei pressi di Udine, all’inseguimento degli italiani in rotta dal Tagliamento al Piave, agli scontri di Redona, Forcella Clautana e Cimolais, oltre che alla presa di Longarone, fino ai combattimenti nell’alta valle del Piave. Proprio nella località vicina al Vajont

verrà smascherata da un aiutante di sanità chiamato “ zio Paul” che, insospettito, con la scusa di una visita passò in rassegna tutti i piedi dei componenti della compagnia trasmissioni, verificando come, sugli alluci di Wolfe (lupetto era il soprannome dato ad Anna dai compagni), mancasse del tutto la peluria. Il maggiore non la punì, si congratulò per il comportamento fin lì tenuto e la propose per il conferimento della medaglia d’argento.

La vicenda non venne resa pubblica per evitare ripercussioni sul buon nome del reparto, ma nonostante la volontà di far assegnare la ragazza al comando di Feltre, questa si presentava puntualmente al fronte. Era a Quero per i preparativi

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della conquista del Fontanasecca ed infine giunse sul Tomba, all’alba dell’at tacco francese, quando i suoi stavano sotto al monte Palon, tra il Pian di Lou e le Forcelle, nell’alta Val Bicadora. Proprio quel 29 dicembre si offrì volontaria per consegnare un messaggio partendo da Alano, visti i ritardi dei portaordini costretti a percorsi lunghissimi dal fuoco a gas nemico. Respirò più volte le esalazioni e dopo aver assolto il suo compito, crollò a terra svenuta. Trasportata a spalla ad Alano, raggiunse la chiesa dove venne rianimata con l’ossigeno e subito traspor tata a Zermen, dopo essersi trascinata con le proprie gambe fino a Santa Maria di Quero. Causa un peggioramento fu por tata fino al 18 marzo al Kriegslazarett 131 di Udine, il 23 venne aggregata all’Ersatz Gebirgs Battailon, per poi essere di nuovo ricoverata all’ospedale di Leutkirch, dal 5 maggio al 9 luglio, per una ricaduta. Mentre era al sanatorio di Uberruh si diffuse la notizia della sua presenza come

donna tra i ranghi del battaglione e solo con grande difficoltà i comandi riuscirono a circoscriverla.

Solo dopo diversi mesi riuscì a rimet tersi. Ebbe una vita molto movimentata, dapprima facendo la scrittrice in patria e a Vinica, dove era nata la madre, e poi trasferendosi a Tokyo per prendere in marito un diplomatico giapponese cono sciuto a Vienna. Della signora Saka non si

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seppe più nulla dopo il 1940 quando, in un'ultima lettera inviata ad un camerata, raccontava di essersi separata e di voler acquistare una cinepresa ed un apparec chio da registrazione per documentare usi e costumi di quel paese dove faceva fatica ad ambientarsi, diversamente da quanto le riusciva nel dedalo delle trin cee o nella babele del parlare dei tanti che, lassù, ascoltò vivere e morire.

Storie di guerra
SNC di Cossalter Maurizio e Fabio Tel. e Fax: 0437.750840 Via dell’Artigiano, 38 Loc. Lentiai 32026 Borgo Valbelluna (BL) Italia E.mail: elettrautocossalter@libero.it

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VENDITE A DOMICILIO E TELEVENDITE

Da moltissimi anni, specialmen te per effetto di particolari programmi televisivi e per un diverso modo “accattivante” di pro porre i propri prodotti, due partico lari metodi di vendita, sempre di più, sono entrate nella case degli italiani: la famose “vendite a domicilio” e le “televendite” dove imbonitori, anche famosi, proponevano prodotti e oc casioni d'acquisto. Sistemi di vendita particolari che, se non sono praticate nel rispetto della legge e del codice etico commerciale, possono nascon dere le famose “fregature”, Ma quale la differenza tra i due sistemi?

"La vendita diretta a domicilio” viene effettuata attraverso la raccolta di ordinativi di acquisti o la sottoscri zione di contratti mirati alla fornitura di determinati servizi che vengono effettuati sia presso il domicilio del consumatore sia nei locali nei quali il consumatori si trova per i più svariati motivi che possono essere per lavo ro, per studio e anche per diverti mento e svago. Vendita che offre una grandissima quantità di prodotti nella loro diversa tipologia che esclude, però, l’offerta, la sottoscrizione e la propaganda ai fini commerciali di: prodotti o servizi finanziari; prodotti o servizi assicurativi; contratti per la costruzione, vendita e locazione di beni immobili. E' importantissimo sa pere che chi propone una vendita a domicilio deve essere sempre munito di un tesserino di riconoscimento (numerato e aggiornato annualmen te) e deve contenere la fotografia

e nome e cognome dell’incaricato nonchè le indicazioni della sede della ditta proponente.

La “televendita” invece si concretiz za con le più svariate offerte di pro dotti e quindi di acquisto attraverso una emittente televisiva che mette a disposizione della ditta proponente “spazi” che vengono acquistati dalla stessa e che sono gestiti direttamente dal produttore e dal venditore del bene stesso. Esiste una particolare forma di questo sistema vendita che è la "telepromozione", che di fatto è una particolare forma si pubblicità effettuata nell'ambito di un program ma televisivo, gestita (dietro compenso) dall'emittente televisiva stessa e che di solito è quasi sempre condotta dallo stesso presentatore del programma.

In questi due casi, onde evita re le prima citate “fregature”, è bene accertarsi dell'affida bilità del conduttore, della veridicità dell'offerta e che si rispettino tutte le promessi fatte in termini di quantità e qualità del prodotto.

Importante sapere che in caso di acquisti attraverso una televendita o acquisto a distanza, effettuata quin di non nei locali della ditta proponente, l'acquirente può sempre avvalersi della facoltà del “diritto di recesso o di “ri pensamento” che è il diritto del consumatore di sciogliere unilateralmente il contratto di

acquisto di un bene o di un servizio, concluso a distanza, o fuori dai locali dell’esercizio commerciale. Questo diritto potrà essere esercitato, senza alcuna penalità e senza indicare una motivazione specifica, entro il termi ne di 14 giorni lavorativi.

Il diritto di recesso si esercita con l'invio di una comunicazione scritta alla sede del professionista mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento E i 14 giorni decorrono, per i servizi dalla data di conclusione del contratto, per i beni dalla data di consegna della merce.

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FELTRE
Dalla Parte del cittadino in collaborazione con A.E.C.I

La sanità feltrina in cronaca di Alex De Boni

La cura dei tumori al seno

Il mese dedicato alla sensibilizzazione e alla cura del tumore al seno si apre con una buona notizia in Ulss Dolo miti: un innovativo trattamento radio terapico che consente di concludere il ciclo di cura in una sola settimana, con importanti benefici per la donna, sia in termini “logistici”, per risparmio di tem po e spostamenti, sia dal punto di vista psicologico: permette infatti, a parità di efficacia di risparmiare i tessuti circo stanti riducendo gli effetti collaterali. Alessandro Magli, Direttore della Radioterapia dell’Ulss Dolomiti, ci spiega le importanti novità su questo importante trattamento contro il cancro al seno. «Nel tumore al seno iniziale (non metastatico), la chirurgia è l'atto terapeutico più importante: senza l'intervento chirurgico è impossibile curare la malattia. Ma da solo, nella maggior parte dei casi, non è suffi ciente: radioterapia e terapia medica sistemica hanno un ruolo importantissi mo per aumentare le chance di soprav vivenza e guarigione. In generale, non c'è quasi mai un "protagonista" assoluto e il trattamento contro il cancro è fatto da più persone e da più approcci che, combinati, riducono il rischio che la malattia possa ripresentarsi negli anni. La radioterapia della mammella e/o dei linfonodi viene eseguita, nella stragran de maggior parte dei casi, in donne trattate con la chirurgia conservativa».

La radiotera pia al seno sta subendo negli ultimi anni un’importante evoluzione in termini di personaliz zazione dei trattamenti. Oggigiorno il trattamento di radioterapia si adatta sempre meglio alle esi genze cliniche delle singole pazienti, con conseguenti miglioramenti non solo in termini di risultati oncologici, ma anche di ridu zione degli effetti collaterali. Per questo motivo sono stati sviluppati schemi di trattamento sempre più rapidi, con un minor numero di sedute e con aree di trattamento sempre più localizzate. Tutto questo è possibile solo grazie alla continua ricerca e all’evoluzione tecnologica.

Grazie alle nuove tecnologie, unita alle competenze dei professionisti, presso il Centro di radioterapia oncologica di Belluno sono state introdotte inno vative metodiche di trattamento nel tumore della mammella, il cui obiet tivo è limitare gli effetti collaterali del trattamento e migliorare la qualità della vita delle donne. Tra queste l’irradia zione parziale della mammella (PBI): dove, per pazienti selezionate in base alle linee guida nazionali ed internazio nali, la Radioterapia dell’Ulss Dolomiti propone l’irradiazione parziale del seno operato con radioterapia a fasci esterni. Le dimensioni limitate del campo di radioterapia e l’utilizzo della intensità modulata (IMRT) consentono di risparmiare i tessuti sani circostanti e il trattamento può essere eseguito in una settimana, solo 5 sedute. (Ndr con altri tipi di trattamento le sedute sono 15 o 25, a parità di efficacia). La tecno

logia di recente acquisizione permette inoltre di risparmiare al massimo i raggi al cuore, riuscendo ad erogare il tratta mento sfruttando il movimento toracico del respiro. In altre parole viene chiesto alla paziente di compiere un inspiro profondo e di trattenerlo per almeno 15 secondi, durante i quali verrà eroga ta la dose di radioterapia. Non meno importante, al fine di ridur re intensità e frequenza degli effetti collaterali dovuti al trattamento radio terapico in seguito ad una ricostruzione mammaria, viene utilizzata una tecnica che consente di modulare l’irradia zione sulla mammella ricostruita dopo una mastectomia, e risparmia protesi/ espansore, garantendo la stessa effica cia terapeutica delle tecniche tradizio nali. In conclusione, l’indicazione alla radioterapia del tumore al seno deve essere condivisa con tutti gli speciali sti del gruppo multidisciplinare della Breast Unit e con la paziente, tenendo sempre in mente che la strategia più appropriata da adottare deve garantire il miglior risultato estetico senza alterare la “sicurezza” oncologica del trattamen to.

«Un altro importante passo avanti per la nostra Radioterapia al servizio delle donne, che ci fa essere all’avanguardia nelle cure proposte, come i maggiori centri di radioterapia italiani» commen ta il Direttore Generale, Maria Grazia Carraro «per un territorio come il nostro caratterizzato da grandi distanze, poter concludere il trattamento in una sola settimana ha un impatto importan te in termini di risparmio di tempo e chilometri percorsi. Ma penso soprat tutto al valore psicologico di questa tecnica innovativa che consente di chiudere un capitolo della propria vita in poco tempo. E ricominciare. Ringra zio i professionisti che permettono di realizzare tutto questo: le loro compe tenze capitalizzano gli investimenti in tecnologia per dare il massimo ai nostri assistiti»

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Gli allineatori sono un tipo di apparecchio ortodontico invisibile. Sono realizzati in plastica trasparente Essix e vengono prodotti su misura per adattarsi al meglio ai denti di ogni paziente.

Il trattamento prevede una serie di mascherine tra sparenti che varia a seconda del caso, ognuna esercita una pressione che sposta i denti per portarli alla posizione desiderata e a formare un sorriso perfetto. Dopo una prima visita iniziale dove verranno fatte alcune foto e delle impronte 3D Senza alcun utilizzo di paste potrai vedere immediatamente il risultato fina le in una anteprima digitale.

104 Medicina & Salute

LA PENSIONE PER CANI e GATTI

Per molti proprietari di animali do mestici, la pensione per cani e gatti è una struttura che quasi sempre viene utilizzata nel periodo delle ferie estive o di vacanze di breve durata. E non di rado capita che tale servizio é richiesto in alcuni particolari momenti, che per le diverse motivazioni, anche di salute, obbligano l'allontanamento dalla propria abitazione. Ed in tutti questi casi, infatti, che se non si ha nessuna persona fidata a cui lasciare il proprio “piccolo amico”, la pensione è l'unica e appropriata soluzione. Ecco perchè è molto importante scegliere quella che, per la competenza, prepara zione, professionalità dei gestori nonché per il possesso di tutta una serie di requisiti mirati a fare stare bene il “compagno” a quattro zampe, si dimostra essere quella più idonea e funzionale.

Indispensabile è sapere anche che una pensione deve essere in grado di garantire una buona permanenza al “piccolo amico” facendolo senti re come a casa sua. Buona regola, suggeriscono gli esperti del settore, è quella, in caso di lunghi periodi di as senza, di recarsi in anticipo presso la struttura scelta non solo per visitarne il luogo, ma anche e forse principal mente per permettere al cane o al gatto di prendere “conoscenza” con la struttura che dovrà ospitarlo. Altra buona regola, e prima di iniziare il soggiorno, è bene recarsi dal pro prio veterinario per una visita di controllo utile ad accertare la salute del cane o del gatto. E a proposito di salute è bene opta re per una pensione che richieda sempre i certificati di vaccinazione.

In ultimo, quando sarà il momento di salutarlo, cosa buona è quella di lasciargli un suo oggetto personale (un gioco, una copertina) che possa fargli compagnia nella sua casetta temporanea.

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Tra storie e tradizioni di Francesca

LA LEGGENDA DEL MAZAROL

Simpatico e giocoso, ma anche vendicativo e dispettoso, il “Mazarol” è un folletto la cui leggenda viene tramandata da generazioni nelle case venete, soprattutto quando si tratta di convincere i più pic coli a comportarsi bene. Si tratta infatti di un personaggio più che noto a chi ha avuto la fortuna di ascoltare le sue gesta diretta mente dai propri nonni, magari in qualche serata invernale come quelle che stanno per arrivare. Il “Mazarol” è dunque un prota gonista indiscusso del folklore veneto, uno dei principali spiritelli in cui si può rischiare di incappare tra le montagne e campagne della regione. In particolare, il “Mazarol” è un ometto dal viso rugoso, spesso con barba e capelli lunghi ed aggrovigliati. Tuttavia ciò che lo

calza un paio di scarpette a punta oppure degli zoccoli di legno, chiamati entrambi spesso come “zopele”. Essendo uno spirito della natura, la sua casa sono generalmen te boschi e monti, anche se non mancano le versioni in cui lo si vede invece residen te anche in zone più urbane.

Tuttavia, quando si parla di lui, di solito è nel verde che lo si può provare a ricono scere in mezzo agli alberi mentre sgatta iola via. È questo, infatti, il suo regno dove si sente più tranquillo, dove ogni animale è suo amico e sotto la sua protezione. È infatti proprio nei casi in cui uno di loro viene maltrattato o disturbato dall’uomo che emerge la sua indole più vendicativa: il “Mazarol” non si fa infatti alcun problema a dare qualche colpo col suo bastone al mascalzone di turno, oppure a buttarlo in un cespuglio di ortiche.

Il suo nome infatti, “Mazarol”, deriva pro prio da quel lungo ramo, liscio o nodoso, che porta sempre con sé per aiutarsi a camminare in giro per i boschi, oltre che

Benvegnù

amante

con gli uomini, ciò non lo ferma affatto dal divertirsi ogni tanto a prenderli in giro senza essere visto. È risaputo infatti che l’ometto possegga un certo senso dell’umorismo, a cui in passato molti contadini tendevano a dare la colpa quando capitava qualche guaio. Tra questi, per esempio, il trovare le criniere dei cavalli tutte attorcigliate: per molti un chiaro indizio del passaggio di un dispettoso “Mazarol”. Ma il folletto è un amante anche di altri scherzi, soprattutto quelli a danno di qualche malcapitato che si ritrova per sfortuna a incrociare il suo cammino.

Tra i divertimenti preferiti del suo reper torio spiccano infatti il far prendere paura al poveretto di turno imitando voci e versi diversi, nonché emettendo il suo famoso fischio che, nel bel mezzo di un bosco buio, non può far altro che spaventare a morte chi lo sente. Un’altra leggenda narra invece che calpestare le orme

Tra storie e tradizioni di Francesca Benvegnù

lasciate dal “Mazarol” (“le sue peche”) può portare a perdere la memoria e di conseguenza la strada di casa. Una versione che forse nasconde la racco mandazione, soprattutto per i bambini, di non avventurarsi nei boschi senza averne cono scenza.

Sebbene quindi la maggior parte delle storie racconti di un “Mazarol” solitario e poco de sideroso del contatto umano, nelle zone più montane si narra invece del folletto anche in una veste assai più significativa. Un’altra leggenda narra infatti che proprio l’ometto vestito di rosso avrebbe insegnato all’uomo a trasformare il latte in formaggio, burro e ricotta. Solo l’ennesima delle tante storie che vedono il “Mazarol” come protagonista, testimone quindi del fatto

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del contatto diretto
di quanto questo folletto faccia parte del patrimonio culturale e folkloristico veneto.

Conosciamo le leggi in collaborazione con Autopratiche Dolomiti

IL RINNOVO DELLA PATENTE IN PRESENZA DI PATOLOGIE

Il rinnovo patente è un adem pimento che per legge deve essere fatto con cadenza perio dica, per verificare che sussistano le condizioni psico-fisiche neces sarie a condurre e controllare un veicolo in qualsiasi situazione senza rappresentare un pericolo per se stessi e per gli altri. Purtrop po questo non è sempre possibile perchè a volte il conducente è soggetto a determinate patologie che possono menomare o influen zare la sua capacità di guida. In questo specifico caso la malattia “invalidante” non è mai da pren dere “alla leggera”, specialmente se le patologie o le diverse pro blematiche, che determinano la disabilità, sono insorte e diagnosti cate dopo il conseguimento della licenza di guida.

Secondo le vigenti normative,in fatti, fare il rinnovo della patente con invalidità non dichiarata crea, di fatto, una situazione illegale per il conducente perchè mettersi alla guida di un qualsiasi autoveicolo può creare una situazione molto

rischiosa e pericolosa sia per i pedoni e sia per la circolazione di altri veicoli. Da sapere che in caso di omissione potrebbero esserci risvolti anche penali molto gravi dovuti alla falsa dichiarazione o alla autocertificazione necessaria per il rinnovo della patente. In questi casi, oltre al pagamento di una grossa sanzione pecuniaria, si possono rischiare risvolti penali anche gravi (compreso il carce re) e, in caso di sinistro stradale, l'assicurazione non pagherebbe i danni causati.

Ecco perchè è indispensabile co municare al medico responsabile del rinnovo della patente la pro pria disabilità, il quale accerterà il possesso o meno dei requisiti richiesti per guidare ed eventual mente deciderà, in caso di partico lari patologie, se inviare il soggetto alla Commissione medica compe tente, per ulterio ri indagini. Ma quali solo le patologie che vanno “sempre” dichiarate il cui

accertamento da parte degli orga ni competenti può comportare il divieto di guida oppure la limita zione del periodo per il rinnovo della patente:

*Affezioni cardiovascolari quali aritmia, ictus, pacemaker perma nenti, sincope, trapianto di cuore ecc.;

- Diabete.

- Malattie endocrine.

- Malattie del sistema nervoso.

- Malattie psichiche.

- Uso di sostanze psicoattive (farmaci – alcool – sostanze stupe facenti)

- Malattie del sangue.

- *sindrome delle apnee ostruttive del sonno.

- Portatori di protesi. Per quanto riguarda la documen tazione e certificati medici da pre sentare attestanti la o le patologie è necessario rivolgersi al proprio medico curante, al Centro diabe tico (per i diabetici) o agli idonei servizi sanitari per il rilascio di altri e specifici certificati.

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di proprietà e immatricolazioni Radiazione per esportazione veicoli Consulenze
pratiche per
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Nazionalizzazione veicoli provenienti
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«Le fortezze Bastiani della Val d'Adige»

«Le fortezze Bastiani della Val d'Adige» è un libro del foto grafo Andrea Contrini del 2021 edito dall'Associazione Forte Colle delle Benne. È un lavoro capace di suscitare interesse, curiosità e fascino. È un libro attuale che racconta attraverso l'arte della fotografia quello che oggi rimane dell'imponente sistema difensivo, di fine Ottocento, presente in Valle dell'Adi ge e in Lessinia costruito per la difesa della città di Verona. Sono fortificazioni, alcune in calcestruzzo e altre solamente in pietra, che oggi raccontano il passato del veronese: un passato, quello otto centesco, diviso fra Impero d'Austria e Regno d'Italia.

Un tempo baluardo per difendere Verona da un possibile attacco pro veniente da nord, ora questo intricato sistema di difesa, composto da giganti di pietra e cemento, è solo un insieme di rovine disseminate, spiega Contrini «tra i vigneti del fondovalle, arroccati sui

pendii della Lessinia o troneggianti sulle creste del massiccio del Baldo, impo nenti scheletri di pietra e calcestruzzo segnano gli antichi confini del perduto Impero asburgico e del Regno d'Italia». Queste strutture militari, che non hanno mai sparato un colpo di cannone, sono in gran parte in stato di abbandono: alcune sono utilizzate a scopo civile, altre in parte demolite. L'idea per «Le fortezze Bastiani» della Val d'Adige ha preso forma durante l'estate 2019 quando, racconta Contrini «innanzi a Forte Mollinary, intuii delle analogie con il libro «Il deserto dei Tartari» di Dino Buz zati. Non era la prima volta -spiega sempre Contrini- che affrontavo con la macchina fotografica l'ar gomento legato alle fortificazioni. Avevo infatti già esplorato gli sbar ramenti della Grande Guerra che ancora oggi dominano gli altipiani cimbri del Trentino e dei Sette Co

muni (fotografie pubblicate nel libro I Guardiani del Silenzio del 2015), oltre a quello di Verdun in Francia (questo un lavoro con il National Geographic Italia nel 2016). Ma le strutture militari dell'alto veronese mi hanno subito incuriosito perché la loro è una storia e un'architettura molto diversa. Il mio scopo era di raccontare, attraverso l'obiettivo fotografico, proprio questa storia ora in parte dimenticata e nascosta dalla vegetazione. Riprendendo le alte mura assediate dalla vegetazione, le buie gallerie sommerse dai detriti ma anche i tramonti che inondano di luce gli spalti, mi sono accorto di come lo scorrere del tempo ha conferito a questi luoghi il fascino che la storia gli ha negato».

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Il
Andrea Casna
libro sullo scaffale di
Andrea Contrini, classe 1982, vive a Rovereto in Trentino. Si avvicina al mondo della fotografia nel 2010 muovendo i primi passi nell'ambito dell'architettura e del paesaggio. Per lui la fotocamera è un mezzo per raccontare. Negli anni ha curato diversi progetti di archeologia bellica, sui campi di batta glia delle guerre mondiali e sulle vestigia di fortificazioni antiche e moderne. Progetti questi realizzati sia autonomamente che in collaborazione con enti culturali come National Geographic Italia e da cui sono stati pubblicati i libri I Guardiani del Silenzio (2015), Echi nel Silenzio - Paesaggi della Grande Guerra dal Garda al Pasubio (2017 - Menzione Speciale Trentino al Premio ITAS del Libro di Monta gna 2018).
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