Ecologia, arte e musica di Emanuele Galvan
Un’ecologia da ascoltare
S
embra che l’essere umano si sia dimenticato del suono. Eppure, ognuno di noi è quotidianamente immerso in un vasto paesaggio sonoro che influenza le nostre vite plasmando in maniera continua i luoghi in cui viviamo. Ma perché il recupero di un ascolto critico e cosciente della nostra Terra dovrebbe essere preso in seria considerazione dalle società in cui viviamo? Tre brevi esempi ci aiuteranno a comprendere come una più attenta e profonda “lettura” del paesaggio sonoro possa portare a serie considerazioni di carattere sociale, politico, culturale e, soprattutto, ecologico. Una prima importante testimonianza sul ruolo ‘socialè del suono ci è data da una popolazione remota, la tribù dei Kaluli, abitanti della foresta pluviale in Papua Nuova Guinea. In una ricerca durata quasi venticinque anni, l’etnomusicologo Steven Feld scoprì come la vita dei Kaluli, le loro tradizioni, i riti, i miti e i canti siano da sempre influenzati dall’ambiente sonoro della
Suoni liquidi (ph. Emanuele Galvan)
foresta. Da elementi naturali come il vento, l’acqua o il canto degli uccelli prendono vita numerosi aspetti sociali della tribù, del loro linguaggio e del loro modo di orientarsi. La produzione di suoni, così come l’esperienza sensuale e corporale ad essi legata, non ha scopi artistici, ma rappresenta un aspetto centrale del sapere acustico – ed ecologico – dei Kaluli. A proposito di coscienza ecologica, un secondo esempio molto più vicino a noi è costituito dal lavoro di Nicola Di Croce, architetto e artista che nel suo libro Suoni a margine. La territorialità delle politiche nella pratica dell’ascolto ci aiuta a riflettere sul concetto di identità territoriale non solo attraverso l’osservazione del paesaggio fisico ma anche attraverso l’ascolto del paesaggio sonoro. Questo, infatti, così come il paesaggio fisico, è il “risultato di segni e testimonianze impressi dall’uomo” che funge da prova della storia di una popolazione, delle sue tradizioni, delle sue abitudini e pratiche
sociali. Anche la nostra identità, quindi, ha un suono, la nostra storia, la nostra evoluzione. Comprendere tutto questo è fondamentale per lo sviluppo di una coscienza eco-sonora nelle nostre comunità: basti pensare, ad esempio, ai potenziali risvolti di tale approccio sulla pianificazione urbanistica, sul governo di una città, del suo traffico e del suo territorio o, ancora, sulla tutela di aree naturali e di beni intangibili e sullo studio di fenomeni come la gentrificazione o lo spopolamento di determinate aree. Anche una maggiore consapevolezza sonora nell’arte porta con sé delle conseguenze politiche ed ecologiche rilevanti. Il terzo esempio che si vuole portare all’attenzione del lettore ha come protagonista un’opera sonora creata per Arte Sella, un museo all’aria aperta nelle montagne del Trentino. Qui gli artisti sono chiamati ad esprimere la propria relazione con la natura utilizzando esclusivamente materiali di origine naturale. Ogni costruzione è effimera e svanisce nel
Suoni cittadini (ph. Emanuele Galvan)
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