Il personaggio di Veronica Gianello
La danza come arma per il cambiamento: Alvin Ailey american dance theatre Stiamo vivendo un periodo di grande fermento. Sì, può sembrare paradossale, vista la pandemia che ci ha colpito qualche mese fa e che ci ha costretti a casa. Eppure, in questo tempo digitale, ipertecnologico e perennemente connesso, nascono reti di persone che diventano idee reali di supporto e cambiamento.
U
rlare sui social “Io non ci sto più” è una pratica ormai facile e comune, e non per questo il loro contenuto perde forza, anzi. Uno dei tanti hashtag nati da tristi episodi di cronaca è stato in questi mesi il #BlackLivesMatter, diventato poi motto contro ingiustizie e abusi razziali. Cambiano i tempi e il modo di esprimersi, ma quella delle minoranze, in questo caso quella afro-americana, è una lotta ininterrotta. Ogni grande pensatore del secolo scorso ha compreso l’importanza di far sentire la propria voce utilizzando mezzi e parole consoni al proprio tempo e alla propria persona. Siamo negli anni ’50 degli Stati Uniti d’America e Martin Luther King parla al mondo di sogni e futuro. Nella stessa meticcia nazione un giovane afro-americano parla delle difficoltà del suo popolo, degli stessi sogni e futuro, utilizzando il movimento. La danza moderna e poi contemporanea è in piena sperimentazione e creazione, una danza che diventa più di un semplice virtuosismo tecnico, che trascende l’arte in sé per diventare la voce di una comunità. Cum tempus, contemporaneo, che avviene nello stesso tempo. Così arte e vita annullano la distanza e si caricano in spalla il peso di vivere davvero il proprio tempo. 62
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Alvin Ailey
Negli anni ’50 è un giovanissimo danzatore afro-americano, pupillo del grande Lester Horton, già impegnato nella stessa causa di giustizia e uguaglianza. Nato a Rogers, in Texas nel 1931, Ailey si trasferisce ancora bambino con la madre a Los Angeles e qui inizia ad interessarsi all’arte contemporanea e in particolare alla danza. È proprio a Los Angeles che inizia a studiare con Horton che diventerà suo maestro e mentore, instillando in lui una sempre viva curiosità e desiderio di ricerca. Mentre studia con Horton, Ailey segue all’università corsi di lingue romanze, frequentando la UCLA, il Los Angeles City College e la Berkeley. Inizia a farsi strada l’idea di un danzatore, e più in generale di
un artista, che non limita le proprie conoscenze all’ambito in cui opera, ma espande il proprio studio a tutto il materiale che possa essere funzionale alla crescita personale, alla propria arte e alla comunità in cui vive e opera. L’ormai affermato maestro Horton nelle sue coreografie si lascia spesso ispirare da artisti come Klee, Lorca e Ellington ma anche e soprattutto dalle culture minoritarie come quella dei Nativi Americani, e il giovane Ailey cerca di assorbire più insegnamenti possibili. Ha solo 22 anni, quando Horton, prima di morire, gli affida il compito di portare avanti la già rinomata Lester Horton Dance Theatre diventandone coreografo e direttore, e abbracciando le responsabilità di