EUROCARNI
Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXVII N. 3 • Marzo 2022
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Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo è impaginato con Adobe® InDesign® CC 2019. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CC 2019.
EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD
Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi Segreteria di redazione Gaia Borghi
Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 0598671709 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.eurocarni-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23/10/1985 – ISSN 0394-2910 Iscritta nel ROC – Registro degli Operatori di Comunicazione al n. 11256 del 14/6/2005 Tariffe abbonamenti Annuale (12 numeri): Italia € 65,00 – Estero € 85,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA Stampa
Ufficio stampa e Media Partner
Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Luigi Credi – Chiara Zaccaroni Fotografia Luigi Credi Abbonamenti Fioretta Fiorentin Amministrazione Andrea Tomassone Comitato di redazione Franco Ferrari – Clara Fossato (UNICEB) – Giuliano Marchesin (UNICARVE) – Gianni Mozzoni (LEGACOOP) – Manrico Murzi – François Tomei (ASSOCARNI) Comitato scientifico Prof. Giovanni Ballarini – Dr. Alfonso Piscopo Collaboratori scientifici Dr. Marco Cappelli – Dr. Massimo Chiappini – Prof. Eugenio Del Toma – Dr. Emanuele Guidi – Dr. Pierluigi Roncaglia – Prof. Andrea Strata Euro Annuario Carne
EURO ANNUARIO CARNE 2022
Eurocarni, 3/22
La banca dati internazionale del mercato delle carni sempre aggiornata, utile strumento di lavoro per gli operatori del settore lavorazione, commercio e distribuzione carni. Edizione 2022 Copia cartacea: € 95,00
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EUROCARNI
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La prima rivista veramente europea
A pagina 82. In questo numero:
La carne nel mondo
Romania – Francia
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Agenda
Verona – Val d’Ega (BZ) – Evento digitale
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Immagini
Arthur Mair
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Michele Ruschioni presenta “Steak House e Macellerie d’Italia”
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Naturalmente carnivoro
Carlo Alberto Menini e i suoi butcher
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Attualità
La PSA è arrivata in Italia, misure, task force e progetti a salvaguardia del settore
Anna Mossini
OMS Europa, attenzione ai surrogati vegetali di carne e latte: non fanno bene
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Come cambiano le etichette dei prodotti in GDO?
La carne in rete
Eurocarni, 3/22 1/21
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No, non è la crisi del 2008, è peggio
Sebastiano Corona
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Social meat
Elena Benedetti
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Aziende
Fileni primo produttore di carne al mondo certificato B Corp La carne di Arthur Mair
52 Elena Benedetti
Carne Genuina, la start-up a impatto zero Macelleria Marchesi: la rivoluzione dietro e davanti al banco passa da Criocabin
56 62
Gaia Borghi
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Info alle imprese
Contributi a fondo perduto
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Speciale ready to eat
Ready to eat, la bella stagione è in arrivo
Marketing
Simone Rugiati si riconferma Ambassador per l’Italia della carne irlandese
Tendenze
Muushi, il sushi di carne
Indagini
Ismea: suini, le tendenze del settore
Mercati
Beef please, la passione dei Britannici per il bovino
Roberto Villa
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Il pollo biologico prende il volo
Roberto Villa
94
L’allevamento dello struzzo, esempio di compatibilità ambientale
Nunzia Manicardi 98
Elena Benedetti
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Federica Cornia
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Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXVII N. 3 • Marzo 2022
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A pagina 62. In copertina: carpaccio di manzo, un grande classico dei ready to eat.
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Il mio ERP. Così ho tutto sotto controllo. (FLHQ]D WUDVSDUHQ]D ÁHVVLELOLWj ² TXHVWR q FLz FKH FRQWD RUD /·,7 q OD FKLDYH SHU RWWHQHUOR &KH VL WUDWWL GL (53 0(6 PDFHOOD]LRQH H VH]LRQDPHQWR R GL VRIWZDUH SHU OD SLDQLÀFD]LRQH LQWHOOLJHQWH LO &6% 6\VWHP q OD VROX]LRQH FRPSOHWD SHU OH D]LHQGH GHO VHWWRUH &DUQH &RVu JLj RJJL SRWHWH RWWLPL]]DUH OD YRVWUD SURGX]LRQH H GRPDQL GLJLWDOL]]HUHWH O·LQWHUD D]LHQGD
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Buona carne non mente
Porcomondo! Il Campionato del mondo del musetto
Elisa Guizzo
Carne e dintorni
Carnerie, l’impronta naturale della Val di Vizze
Riccardo Lagorio 106
Macellerie d’Italia
Da Armando: trasmettere qualità, passione e esperienza
Gian Omar Bison 112
Meat franchising
Diego Abatantuono sempre più re delle polpette
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Augusto Contract per Kebhouze, nuovo format di kebab firmato Gianluca Vacchi
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Ristoranti carnivori
Truffle Meat Experience
Gaia Borghi
Locali di gusto
Fortunato Aricò, artigiano del gusto tra terra, mare e fantasia
Riccardo Lagorio 124
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A pagina 46.
A pagina 98.
A pagina 106.
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A pagina 144.
A pagina 116. A pagina 128. Fiere
Tutti a Barcellona!
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Alla scoperta di IFFA 2022
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Vassoi R-XPS: facciamo il punto!
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Sostenibilità, protezione e riduzione dello spreco alimentare al centro della sfida di Sealed Air
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Tecnologie
Gestione ricette ed etichettatura degli alimenti: tutti i dati dall’ERP CSB-System, direttamente
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Sono 180 grammi, lascio?
We. The Pigs
Statistiche
Dati Anas: classificazione delle carcasse suine 2021
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Libri
Nati sostenibili: storie dalla campagna italiana tra scienza e coscienza
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Tre libri
Confesso che ho mangiato – Meat London-The Book – Steak house e macellerie d’Italia
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Packaging
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RAPPRESENTANTE ESCLUSIVO PER L’ITALIA
LA CARNE NEL MONDO
Romania Nel 2021 la Romania ha esportato più del 20% del bestiame allevato, per un valore totale, secondo i dati forniti dall’Istituto nazionale di statistica, superiore ai 225 milioni di euro. Pur essendo tra i primi 5 Paesi allevatori di ovini e caprini nell’UE, la Romania non è ai primi posti per la produzione di carne. Il suo principale mercato di esportazione è la Giordania, con oltre 1.000.000 di animali esportati, la metà dei quali circa è costituita da pecore e capre. Altri importanti mercati sono Arabia Saudita, Grecia, Italia e Bulgaria. Alla fine del 2020 il Paese si è classificato al secondo posto per quota di ovini sul totale dell’UE, con una percentuale del 16,8%, dopo la Spagna, che detiene una quota di circa 25%. Secondo il presidente della federazione Romalimenta, i motivi di questa differenza tra produzione locale di carne e esportata sono le abitudini dei consumatori. Gli animali sono infatti venduti vivi, il che viene considerato un vantaggio in quanto il mercato non è regolato. La maggior parte del bestiame viene trasferito da porti come Brăila, Constanța e Tulcea da dove viene trasportato via mare, principalmente verso i Paesi musulmani. Questi Stati che consumano soprattutto ovini e caprini costituiscono anche la maggioranza degli azionisti presenti nelle aziende romene, secondo i dati forniti al quotidiano ZIARUL FINANCIAR (fonti: ICE Bucarest; EFA News – European Food Agency; photo © costin motea/EyeEm – stock.adobe.com).
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Francia Facendo seguito ad un iter che ha richiesto l’approvazione della Commissione europea e un importante lavoro legislativo portato a termine nella legge EGAlim (“Legge Alimentazione”) 2 dell’ottobre 2021, la Francia ha pubblicato un decreto per rafforzare le indicazioni di origine sulla carne nei ristoranti. Pertanto, a partire dal 1o marzo prossimo, dovrà essere indicata l’origine delle carni (suino, pollame, agnello, pecora) servite in tutti i servizi di ristorazione fuoricasa (mense e ristoranti, anche aziendali), così come viene già fatto per la sola carne bovina dal 2002. L’etichettatura di origine della carne dovrà menzionare il Paese di allevamento e il Paese di macellazione per la carne fresca, refrigerata, congelata o surgelata. Queste informazioni sull’origine della carne venivano già fornite ai consumatori nei supermercati e nelle macellerie, ma non nei ristoranti. Questo nuovo obbligo risponde ad una forte richiesta da parte dei consumatori di trasparenza e tracciabilità sull’origine degli alimenti e dei prodotti di consumo. Con la pubblicazione di questo decreto, quindi, il Governo francese risponde ad una legittima richiesta, offrendo maggiori informazioni affinché i consumatori possano prendere decisioni informate sugli alimenti che consumano (fonti: agriculture.gouv.fr – 3tre3.it; photo © Kirill Ivanov 1993).
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AGENDA
Verona Dal 1898 Fieragricola accompagna il mondo agricolo nel proprio percorso di crescita e ammodernamento, per favorire la produttività e la redditività delle imprese e sostenere lo sviluppo delle aree rurali. Il prossimo appuntamento è dal 2 al 5 marzo a VeronaFiere, con un’edizione che farà luce sui nuovi modelli di business che hanno al centro le aziende agricole e zootecniche. La trasversalità espositiva, la verticalizzazione delle filiere, l’attenzione alle produzioni ad alto valore aggiunto, l’innovazione sono i pilastri della manifestazione. Una panoramica completa che pone l’accento anche su sostenibilità, agro-ecologia, economia circolare, protezione del suolo, delle risorse, dell’ambiente e della natura. Il futuro sarà dell’agricoltura smart, caratterizzato da uno sviluppo rurale sempre più digitale e attento alle risorse produttive, ai fattori ambientali, climatici e sociali, alla trasparenza e alla cooperazione delle filiere, all’economia circolare, così da ridurre gli sprechi e valorizzare il riuso. L’innovazione in campo agricolo è quindi tra le leve più determinanti per il prossimo futuro. Fieragricola intende sostenere tale innovazione con un’area dedicata a tutte le soluzioni innovative, tecnologiche e digitali volte a migliorare l’attività del settore in termini di resa, sostenibilità ambientale, efficienza tecnica e qualità (photo © fieragricola.it). www.fieragricola.it
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Val d’Ega (BZ) Dall’11 al 27 marzo il rinomato manzo del cuore delle Dolomiti sarà il protagonista assoluto di un’iniziativa che porterà direttamente in pista, nei rifugi di Obereggen, Carezza, Passo Oclini e nei ristoranti aderenti, la miglior carne bovina della zona, proveniente solo da allevamenti dell’altopiano della Val d’Ega: Beef & Snow. Il panorama culinario del Patrimonio dell’Umanità UNESCO si unisce a quello proposto dalla natura, creando l’immagine di un’enorme tavola bianca, alla quale è possibile sedersi senza nemmeno togliersi gli sci, mentre la tradizione enogastronomica incontra la creatività dei più fantasiosi interpreti dei fornelli. www.valdega.com
Evento digitale Si svolgerà dal 28 al 31 marzo l’edizione PLMA Global, la fiera on-line dedicata al marchio del distributore organizzata da Private Label Manufacturers Association. Concepita per riunire espositori e buyer dei due eventi di riferimento del settore gestiti dall’organizzazione, ovvero le fiere commerciali in presenza di Amsterdam e Chicago, PLMA Global sarà organizzata attraverso una piattaforma esclusiva supportata da una pianificazione di appuntamenti e videochiamate di gruppo tra i produttori di articoli a marchio del distributore e gli acquirenti di tutto il mondo. «Gli effetti dirompenti della pandemia sulla vendita al dettaglio e sul settore del marchio del distributore non accennano a calare. Oggi la sfida principale è garantire un flusso affidabile di merci, dai produttori agli scaffali», ha dichiarato PEGGY DAVIES, presidente della PLMA. L’appuntamento in presenza ad Amsterdam è invece confermato per le giornate del 31 maggio e del 1o giugno prossimi. www.plmalive.eu
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IMMAGINI
Nella piccola località di Tulve, all’ingresso della Val di Vizze e non lontano da Vipiteno, vive e lavora la famiglia Mair nel suo maso Pretzhof, tra azienda agricola, bottega, ristorante e lavorazione di salumi e formaggi. Da cinque anni Arthur Mair gestisce la parte allevatoriale e la produzione delle carni del maso, che all’interno è dotato di un impianto di macellazione e di un laboratorio con certificazione UE preposto alla lavorazione delle carni. L’articolo di Elena Benedetti su questa bella realtà lo potete leggere a pagina 56.
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CONSORZIO SIGILLO ITALIANO Allevamenti sostenibili per il benessere degli animali e dell’ambiente
ALIMENTAZIONE SANA SPAZI ADEGUATI
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FEASR Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale: l’Europa investe nelle zone rurali Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020 Sottomisura 3.2
È fresca di stampa “Steak house e macellerie d’Italia”, la prima guida italiana dedicata a questo settore articolata in 350 pagine utili a raccontare oltre 400 realtà carnivore sparse per tutta la Penisola. Un lavoro che da Nord a Sud (isole comprese) tocca tutte le province italiane raccontando storiche conferme e scovando novità emergenti. Il progetto è di Michele Ruschioni (in foto), giornalista e youtuber romano fondatore di Braciamiancora, network editoriale dedicato al mondo della carne che, tra Facebook, Youtube, Instagram, TikTok e Telegram, conta un milione di follower. «In Italia esistono guide gastronomiche di ogni genere, dal sushi alla pizza, passando per il pianeta gourmet, ma mancava un lavoro che si concentrasse su macellerie e steak house», spiega Ruschioni, che ha fondato Braciamiancora nel 2016 con lo scopo di raccontare il pianeta carne. La pubblicazione di questo lavoro è una novità assoluta per il panorama editoriale italiano, poiché nessuno, fino ad oggi, aveva dedicato pagine e pagine solo e soltanto ai migliori indirizzi “di carne” dello Stivale. La guida, acquistabile su Amazon, è segnalata nella rubrica “Tre Libri” a pag. 144. 22
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NATURALMENTE CARNIVORO
Carlo Alberto Menini, qui con la sua brigata di butcher “Naturalmente carnivori”, è uno dei professionisti più interessanti di questi anni e da prendere ad esempio per professionalità e visione. Nelle sue due botteghe nulla è lasciato al caso e l’offerta è ampia, dalle carni grass fed, brade, selvatiche, equine, etiche e sostenibili. Lo trovate a San Giovanni Lupatoto e a Cadidavid, nella provincia veronese. Ovviamente è anche on-line con l’e-shop su macelleriacarloalberto.it (photo © facebook.com/macelleriacarloalberto).
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ATTUALITÀ
La PSA è arrivata in Italia, misure, task force e progetti a salvaguardia del settore Il primo caso scoperto il 6 gennaio scorso nell’Alessandrino. Ben presto il numero è salito coinvolgendo anche parte del territorio ligure. Recinzioni degli allevamenti suinicoli e adozione di rigidi protocolli di biosicurezza sono le armi attualmente a disposizione per contrastare la diffusione del virus di Anna Mossini
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La Peste suina africana (PSA) è una malattia virale che colpisce suini e cinghiali. Altamente contagiosa e spesso letale per gli animali, non è, invece, trasmissibile agli esseri umani. Le epidemie hanno però pesanti ripercussioni economiche nei Paesi colpiti.
on l’irruzione della Peste Suina Africana nel nostro Paese l’intero settore suinicolo nazionale è entrato in uno stato di fibrillazione e in un più che giustificato allarme. Sono 28, al momento di andare in stampa con questo numero della Rivista, le carcasse di cinghiale risultate infette: 14 in Piemonte e altrettante in Liguria, a fronte delle 160 rinvenute e monitorate nel periodo immediatamente successivo alla scoperta del primo caso avvenuto il 6 gennaio scorso. Attualmente, nella zona infetta, sono inseriti 114 Comuni. Lo conferma ANGELO FERRARI, nominato dal MIPAAF Commissario per la gestione dell’emergenza PSA nei territori infetti di Piemonte e Liguria che sottolinea: «Il nostro obiettivo è l’eradicazione del focolaio. Non sarà semplice perché la zona interessata, situata in territorio appenninico, è abbastanza impervia, ma la posta in palio è troppo alta per non mettere in campo tutte le energie di uomini e mezzi necessarie a scongiurare un’evoluzione che se l’epidemia dilagasse metterebbe in ginocchio l’intero settore suinicolo italiano». Sì, perché la PSA non è una malattia contagiosa per l’uomo, ma lo è in maniera devastante per i maiali. E là dove si è manifestata o si sta manifestando tuttora con numeri decisamente molto importanti rispetto ai nostri lo sanno bene. Quadro europeo La Cina, dove tutto ha avuto inizio alcuni anni fa, ha dovuto fare i conti con decine di milioni di abbattimenti e la conseguente scomparsa di migliaia di allevamenti che con l’aiuto dello Stato, in realtà, oggi stanno sorgendo nuovamente; per non parlare della situazione che ancora si registra nel Nord-Est dell’Europa con una diffusione purtroppo molto estesa, o della Germania che dal 2020 lotta per eradicare la malattia senza riuscirci. Cosa che invece è avvenuta in Belgio, dove l’insorgenza del primo focolaio ha fatto scattare un rigoroso Piano di controllo grazie al quale oggi il
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Paese può essere definito indenne dalla PSA. Ma torniamo all’Italia. La scoperta della prima carcassa di cinghiale infetta è avvenuta il 6 gennaio scorso a Ovada, in provincia di Alessandria. Un luogo di ritrovamento che si potrebbe definire anomalo, perché lontano sia dalle regioni come il Friuli Venezia Giulia che per vicinanza ai Paesi del Nord-Est Europa potrebbero essere più facilmente raggiunte da animali infetti, sia perché lontano dai territori come il Cuneese, la Lombardia, l’Emilia-Romagna, il Veneto o lo stesso Friuli Venezia Giulia dove si concentrano i maggiori allevamenti di suini presenti in Italia. «Non è facile stabilire come mai il rinvenimento di carcasse di cinghiali infette sia avvenuto proprio in quelle zone — sottolinea Angelo Ferrari — purtroppo la popolazione di questi animali ha ormai raggiunto numeri fuori misura e la loro circolazione un livello di diffusione preoccupante. Occorre pensare a un riequilibrio di questi numeri». Soluzioni sul tappeto Secondo alcune indicazioni una delle strade scientifiche da adottare in questa direzione potrebbe essere la immunocontraccezione dei cinghiali, su cui è stata avviata di recente una sperimentazione. «In effetti se ne sta parlando, ma i risultati finora ottenuti evidenziano non poche contraddizioni che non depongono, almeno per il momento, verso un parere unanimemente positivo. In ogni caso qui stiamo parlando di futuro, mentre ora siamo chiamati a intervenire con tempestività ed efficacia in una situazione immediata, che oltre alla tutela degli allevamenti suinicoli sul territorio deve prevedere anche la possibilità di continuare a macellare i maiali presenti in quelle strutture che si trovano loro malgrado nella zona infetta e che hanno raggiunto il peso richiesto per la macellazione. La situazione è molto complessa, ma sono moderatamente fiducioso che si possa risolvere senza gravi
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Rabobank: il Covid continua a condizionare la produzione mondiale di carne suina Secondo l’ultimo Rapporto Global Pork di Rabobank, anche per il primo trimestre del 2022 il Covid19 continuerà a essere la maggiore incertezza nell’approvvigionamento globale di carne suina. L’aumento delle tariffe di spedizione, i rincari dell’energia e dei cereali foraggeri insieme al costo della manodopera stanno mettendo a dura prova la tenuta delle aziende con allevatori e trasformatori in difficoltà a trasferire i loro costi di produzione sul mercato, dovendo in questo modo far fronte a margini di guadagno in forte stress. Rispetto al 2021 — secondo il Rapporto Rabobank — è probabile che le importazioni e le esportazioni mondiali di carne suina diminuiscano soprattutto a causa di una riduzione della domanda di importazione da parte della Cina che sta riprendendo a ritmi sostenuti la produzione di carne suina. Per ogni Paese grande produttore suinicolo, Rabobank ha indicato alcuni punti cardine. Vediamoli: • CINA – Una domanda debole preme al ribasso i prezzi della carne suina, anche se la produzione è prevista in aumento trainata da una migliore qualità delle scrofe. • EUROPA – Anche il Vecchio Continente deve fare i conti un calo dei prezzi determinato da un eccesso di offerta con i casi di Psa in Germania e in Italia che potrebbero penalizzare la commercializzazione dei prodotti. • USA – Nel primo semestre 2022 l’offerta di suini sarà in diminuzione e questo favorirà un aumento dei prezzi che compenseranno il già registrato aumento dei costi di produzione. • BRASILE – Un’estate siccitosa ha fatto salire nuovamente i prezzi dei mangimi e le prossime elezioni politiche potrebbero influire sulla volatilità del mercato. • SUD-EST ASIATICO – Sia la pandemia da Covid 19 che l’epidemia di peste suina africana hanno colpito i mercati di numerosi Paesi di quest’area geografica. Ciononostante in Vietnam e nelle Filippine la produzione è vista in lenta crescita. • GIAPPONE – La domanda si indebolisce mentre il Covid continua a diffondersi. Le importazioni di carne suina viaggiano a ritmi sostenuti soprattutto perché la carne bovina è più costosa. A. Mo.
contraccolpi per il nostro settore suinicolo. Anche i 50 milioni di euro stanziati dal governo a sostegno delle imprese danneggiate solo perché inserite nell’area infetta sono un primo segnale di grande vicinanza da parte delle istituzioni». Dopo un iniziale risalto alla notizia anche da parte della stampa generalista, i riflettori sulla presenza del virus della PSA nel nostro Paese si sono abbassati. Non si è invece mai fermato il lavoro degli esperti che fanno capo all’Unità di crisi convocata immediatamente dai Ministeri della Salute e delle Politiche Agricole, al pari dell’attività delle regioni confinanti con le zone dove le carcasse sono state via via rinvenute:
in Emilia-Romagna, oltre alle linee guida istituite anche in Lombardia e in Piemonte, sono stati attivati sull’Appennino della regione dei droni dotati di termocamere per individuare la presenza di carcasse o resti di cinghiali morti. «Il contagio tra suini della PSA non si caratterizza per un andamento molto veloce — spiega VITTORIO GUBERTI, medico veterinario presso l’istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale (ISPRA) — il vero problema è che non smette mai di correre, il che la rende se possibile ancor più pericolosa perché non è mai concesso abbassare la guardia». L’assenza di un vaccino, al quale gli scienziati di tutto il mondo
Se un briciolo di fortuna è indispensabile, lo è ancor di più una sempre maggiore sensibilizzazione di allevatori e cittadini a investire in biosicurezza e in sistemi di protezione e a non lasciare rifiuti alimentari in giro che potrebbero favorire l’avvicinamento dei cinghiali alle porcilaie
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stanno lavorando da anni, il monitoraggio, l’isolamento e soprattutto l’adozione di scrupolose misure di biosicurezza in allevamento restano allora e al momento le sole vie da seguire. Non solo biosicurezza Isolamento degli allevamenti che prevede la loro delimitazione con apposite recinzioni per impedire ai cinghiali di entrare in contatto con i suini, esattamente come hanno fatto in Belgio che con un investimento di 3 milioni di euro sono riusciti a eradicare la malattia. Cosa che non hanno mai fatto in Polonia, dove l’infezione tuttora dilaga e dove da anni, ogni anno, lo Stato spende qualcosa come 10 milioni di euro per effettuare test che consentano la movimentazione dei maiali all’interno del Paese, soluzione estremamente costosa che oltretutto non si rivela in grado di sconfiggere la malattia. Ma le recinzioni, che in un territorio impervio e vasto come quello ligure e piemontese dove sono state rinvenute le carcasse di
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dellla
Opperaa dei foornittorri di carrne bellga Cosa rende la carne belga un’opera d’arte? È il connubio unico tra la carne fresca e una triade vincente: massimo rendimento, efficienza e flessibilità del servizio. Ecco in cosa eccellono i fornitori di carne belga. Ne vuoi un assaggio?
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cinghiale pongono seri problemi di installazione, non possono essere le uniche soluzioni. Dalla biosicurezza non si può prescindere. E se al riguardo sull’adozione delle misure più rigorose i pareri non sempre concordano tra chi afferma che molto è stato fatto e chi ritiene che molto sia ancora da fare, non vi è alcun dubbio che recinzioni e biosicurezza rappresentino al momento le uniche armi a disposizione contro il rischio che il virus entri in porcilaia, dove le conseguenze che ne deriverebbero sarebbero disastrose sia ovviamente per gli allevatori e l’intera filiera produttiva sia per l’economia nazionale, che dall’export dei nostri prodotti di salumeria DOP e IGP ottiene valori molto importanti. A fare due conti su cosa questo scenario diciamo pure apocalittico potrebbe provocare ci ha pensato ASS.I.CA., l’Associazione degli Industriali delle Carni afferente a CONFINDUSTRIA, che in uno studio ha stimato in 20 milioni di euro mensili la perdita derivante dal
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blocco delle esportazioni di prosciutto e salumi per ogni mese di sospensione. Iniziativa che peraltro alcuni Paesi come Cina, Giappone, Taiwan e Svizzera hanno già adottato, penalizzando un intero settore senza considerare che diverse regioni come la Lombardia, l’Emilia-Romagna, il Veneto, il Friuli Venezia Giulia e la Toscana non hanno registrato la presenza di alcun focolaio di PSA. Ecco perché gli esperti puntano alla regionalizzazione, che di fatto salverebbe le produzioni di quei territori non colpiti dall’infezione. In un quadro in costante evoluzione, dove ogni soggetto coinvolto, da quelli istituzionali ai produttori passando per i veterinari è a vario titolo coinvolto, il fattore “fortuna” può giocare un ruolo non indifferente. Uno sguardo al futuro Non si tratta di una considerazione semplicistica bensì reale. Da anni il virus della PSA circola come abbiamo letto in Europa. La capa-
cità del Belgio di essere riuscito ad eradicarlo grazie ad un Piano di controllo efficace ma anche costoso, rimane purtroppo un fatto isolato dal momento che non solo nei Paesi dell’Est-Europa il virus dilaga, ma in altri come la Germania, che sicuramente vanta sistemi di allevamento all’avanguardia, pur adottando tutte le misure previste non si riesce a spegnere i focolai. Quindi sì, un briciolo di fortuna è indispensabile. Come lo è ancor di più una sempre maggiore sensibilizzazione degli allevatori e della popolazione affinché i primi investano sempre più in biosicurezza e in sistemi di protezione, mentre i cittadini devono imparare a non disperdere rifiuti alimentari che potrebbero richiamare i cinghiali favorendo il loro avvicinamento alle porcilaie esistenti sul territorio. Almeno fino a quando non si deciderà per un Piano di controllo e contenimento della popolazione di questi animali e la scienza non troverà un vaccino in grado di scongiurare un’epidemia da PSA. Anna Mossini
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OMS Europa, attenzione ai surrogati vegetali di carne e latte: non fanno bene L’Organizzazione Mondiale della Sanità – Ufficio regionale per l’Europa pubblica un documento che sottolinea la necessità di considerare attentamente i cibi “plant-based” e il loro impatto negativo su salute, sostenibilità e ambiente. Non sono migliori rispetto a carni e salumi, anzi 34
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rriva dall’OMS l’avvertimento pubblicato di recente in un nuovo paper: “Plant-based diets and their impact on health, sustainability and the environment”. La scheda informativa sull’impatto delle diete vegetali sulla salute, la sostenibilità e l’ambiente pone i riflettori sui surrogati vegetali della carne e del latte, sottolineando che non sono migliori per la salute. Secondo il documento di OMS/Europa, questi sostituti vegetali sono a tutti gli effetti degli alimenti ultra-trasformati. Questo significa che hanno un’elevata densità energetica, un alto contenuto di sodio, grassi saturi e zuccheri semplici, e allo stesso tempo poveri di fibre, di vitamine e di minerali essenziali. Insomma, una combinazione dannosa per la salute, che non ha niente a che vedere con la bontà del valore nutritivo dei cibi animali naturali che pretendono di sostituire. Infatti, anche se vengono chiamati “analoghi della carne” o “succedanei del latte”, non gli sono per nulla equivalenti. Nel comunicato stampa, l’OMS/Europa evidenzia che “La ricerca ha dimostrato che il consumo frequente di questi alimenti ultra-trasformati ha impatti negativi sulla salute, tra cui sovrappeso, obesità, malattie cardiovascolari, rischi cardiometabolici, diabete di tipo 2 e cancro. La situazione è preoccupante in quanto i consumatori sono portati a credere che questi prodotti siano sani perché a base vegetale, mentre in realtà non lo sono”. Nonostante i benefici per la salute di una dieta ricca di alimenti a base vegetale, non tutte le diete a base vegetale sono salutari Come spiega anche il DOTT. KREMLIN WICKRAMASINGHE, capo dell’Ufficio europeo dell’OMS per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie Non Trasmissibili: «Le diete vegetali possono essere molto diverse l’una dall’altra e non dovrebbero automaticamente essere considerate sane. I principali punti ciechi rimangono quando si tratta della composizione nutrizionale di questi prodotti surrogati, e come contribuiscono alla qualità e alla varietà alimentare. Questa mancanza di informazioni impedisce ai governi di formare linee guida dietetiche efficaci, con potenziali conseguenze negative per la salute della popolazione». Per questo l’OMS/Europa raccomanda di realizzare studi basati su modelli dietetici reali, per trasmettere un messaggio coerente. Si rende quindi necessaria l’analisi del contenuto nutrizionale dei surrogati delle carni e del latte e la comparazione con i veri cibi di origine animale. “Questo servirà per avere conoscenze ben consolidate e trasmettere informazioni chiare e trasparenti”, conclude l’OMS: “Aiuterà a costruire una politica alimentare forte ed efficace per guidare l’industria e i consumatori e assistere i responsabili politici nello sviluppo di linee guida dietetiche basate su dati concreti. Questo è fondamentale quando si tratta di consigli per una buona salute”. Fonte: Carni Sostenibili carnisostenibili.it
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Come cambiano le etichette dei prodotti in GDO? Attenzione all’ambiente e rispetto degli animali, salutismo ed edonismo, italianità ed eticità: la nuova edizione dell’Osservatorio Immagino racconta come cambiano le etichette dei prodotti in GDO
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andamento di 11 fenomeni di consumo (dal free from alla regionalità) e un approfondimento sulla sostenibilità in tutte le sue declinazioni: la decima edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 ITALY mette ai raggi X il carrello della spesa e racconta come cambiano le preferenze d’acquisto degli Italiani. Un capitale informativo esclusivo (quello delle indicazioni presenti sulle etichette dei prodotti di largo consumo registrate da Immagino), una base statistica senza eguali (costituita dai dati di vendita di oltre 125.000 prodotti) e un punto di vista innovativo, che individua i fenomeni trasversali in atto nel carrello della spesa e ne misura i trend, semestre dopo semestre: sono queste le caratteristiche che rendono l’Osservatorio Immagino di GS1 ITALY uno strumento unico per mettere a fuoco i fenomeni di consumo e seguirne l’evoluzione. La decima edizione dello studio ha ampliato ulteriormente il suo raggio d’analisi, incrociando i dati Nielsen su venduto, consumo e fruizione dei media, con le informazioni, rilevate dal servizio Immagino di GS1 ITALY, presenti sulle etichette di 125.431 prodotti, tra alimentari e non alimentari, venduti nei supermercati e ipermercati italiani. Un paniere ampio e diversificato che, nell’anno finito a giugno 2021, ha generato un giro d’affari di poco meno di 39 miliardi di euro, pari all’83% del sell-out totale realizzato da ipermercati e supermercati
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L’Osservatorio Immagino GS1 Italy ti racconta i consumi degli Italiani in un modo nuovo. Monitora i fenomeni di consumo nel nostro Paese mettendo in rapporto le informazioni delle etichette dei prodotti già digitalizzati da Immagino e i dati di Nielsen di venduto, consumo e uso dei media.
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L’Osservatorio Immagino monitora i trend che guidano le scelte d’acquisto degli Italiani nella distribuzione moderna, seguendo l’evoluzione di panieri che rappresentano altrettanti fenomeni e tendenze di consumo. Leggendolo scopri: come cambiano i comportamenti dei consumatori; quali sono le tendenze di consumo e di offerta dell’alimentare, del cura persona e del cura casa; come soddisfare al meglio i consumatori. in Italia. «L’Osservatorio Immagino ha introdotto un nuovo modo di leggere i fenomeni di consumo e i relativi cambiamenti. Industria e distribuzione del largo consumo hanno così una chiave di lettura utile per creare nuovi prodotti e calibrare assortimenti che incontrino i gusti di un consumatore sempre più pre-
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parato e consapevole» ha dichiarato MARCO CUPPINI, research and communication director di GS1 ITALY. I contenuti Food • Italianità: in tutte le declinazioni, dal “100% italiano” alle
indicazioni geografiche (come DOP e IGP) fino alla presenza di un richiamo alla regione di provenienza; Free from: i 17 claim più importanti nel mondo dei prodotti “senza”; Rich-in: i 12 claim più rilevanti nel paniere dei prodotti ricchi o arricchiti; Intolleranze: la dinamica dei prodotti “senza glutine” o “senza lattosio”, e quella dei claim emergenti, come “senza lievito” o “senza uova”; Lifestyle: i claim del cibo identitario, come “vegano”, “vegetariano”, Kosher e Halal; Loghi e certificazioni: bollini, indicazioni e claim che forniscono garanzie precise, come il logo EU Organic o le 8 certificazioni del mondo della Corporate social responsibility (come Fairtrade, Friend of the sea, FSC, Sustainable cleaning e UTZ); Ingredienti benefici: dall’avena alla canapa, dal matcha all’avocado, dallo zenzero ai semi di sesamo, i 27 sapori più trendy nel mondo dei superfruit, delle spezie, di supercereali/farine, dei dolcificanti, dei semi e dei superfood; Metodo di lavorazione: “estratto a freddo” e “lavorato a mano”, “non filtrato” o “a lievitazione naturale”, quando la tecnica produttiva fa la differenza; Texture dei prodotti: morbido o ruvido, soffice o croccante, sottile o fragrante? Le 11 consistenze più evidenziate in etichetta.
Non food Anche in questa edizione è presente il “Barometro sostenibilità”, che misura e racconta come le aziende comunicano sulle etichette le misure che hanno adottato per migliorare il loro impatto ambientale. A giugno 2021 hanno superato quota 30.000 i prodotti che riportano in etichetta almeno un claim o una certificazione relativi alla sostenibilità. Il loro giro d’affari è arrivato a 11,5 miliardi di euro, in aumento di +3,2% rispetto ai 12 mesi precedenti. Nello stesso periodo è cresciuto anche il numero delle indicazioni “green” rilevate
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Considerando il dato ponderato sulle unità di vendita, nella maggior parte delle aree merceologiche è aumentata la quota dei prodotti Immagino sulle cui confezioni vengono fornite indicazioni sulla riciclabilità. L’area merceologica più “virtuosa” è il freddo (69,4%), subito seguita dall’ortofrutta (63,9%). Per la drogheria alimentare la quota sfiora il 57% delle confezioni vendute, mentre per il pet care e per le carni il valore è decisamente più marginale (rispettivamente 18,7% e 15,2%) ma comunque in crescita rispetto all’anno finito a giugno 2020. sulle loro confezioni (ben 40 tra claim e certificazioni), suddivise in quattro aree: • management sostenibile delle risorse; • agricoltura e allevamento sostenibili; • responsabilità sociale. • rispetto degli animali. Un’analisi approfondita è dedicata alla comunicazione in etichetta della riciclabilità dei packaging: quasi un terzo di tutti i prodotti analizzati fornisce indicazioni che aiutano a conferire correttamente le confezioni e la loro quota è aumentata di +4,1% nei 12 mesi rilevati. Packaging green Continua ad aumentare il numero dei prodotti sulle cui etichette è stato inserito almeno un riferimento alla riciclabilità del packaging. Un trend che l’Osservatorio Immagino ha individuato e monitorato da tempo e che nell’ultimo anno ha guadagnato nuovo terreno nel mondo del
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largo consumo, arrivando a coprire quasi un terzo delle 125.431 referenze rilevate. Rispetto all’anno finito a giugno 2020, questa quota è salita di 4,1 punti percentuali. Si riduce, dunque, anche se resta sempre predominante l’incidenza dei prodotti venduti in super e ipermercati che sono silenti sul tema della riciclabilità dei pack. Il fatto che sette prodotti rilevati su dieci non presentino un’indicazione che
possa aiutare i consumatori a conferire correttamente le confezioni non significa che non siano effettivamente riciclabili. Emblematico è il caso di bottiglie e vasetti in vetro, su cui spesso non compare alcuna indicazione anche se questo materiale è riciclabile al 100%. Soffermandosi su quel 32,3% di referenze che esplicita sulle confezioni come conferirle, emerge che in oltre 80 casi su 100 il packaging è
Ogni dieci confezioni che finiscono nel carrello della spesa degli Italiani più di cinque comunicano chiaramente in etichetta se il packaging può essere smaltito. E, nella maggior parte dei casi, è effettivamente possibile riciclare la confezione interamente o largamente. Dall’elaborazione dell’Osservatorio Immagino è emerso che il 32,3% dei prodotti “parlanti” rilevati sviluppa il 51,2% delle unità vendute nel canale e che questo dato è cresciuto del +3,9% rispetto a giugno 2020
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Uno strumento fondamentale per informare bene Oggi l’informazione è la nuova materia prima delle aziende. Infatti, anche grazie alle tecnologie digitali, il data management consente di migliorare l’efficienza, ridurre i costi e aumentare il livello di servizio al consumatore. Un consumatore che è immerso appieno in questa rivoluzione dell’informazione “fluida”: disponibile in qualunque momento, in qualunque luogo e in quantità inimmaginabili fino a qualche anno fa. Accanto alla rivoluzione digitale il consumatore risponde, poi, agli stimoli della cultura alimentare e delle scoperte scientifiche su come il cibo influenzi la salute e il benessere. L’informazione sui prodotti alimentari diventa così un elemento fondamentale e l’etichetta è il primo posto“fisico” per entrare in contatto con il consumatore, educarlo e soddisfare la sua esigenza di informazioni complete e trasparenti. Le persone sono alla ricerca di punti di riferimento e i punti di vendita e le marche dispongono di strumenti informativi importanti per costruire una relazione di valore con loro: “informare bene” è oggi una delle mission costitutive per le imprese. Mancava ancora, tuttavia, una misurazione reale del rapporto tra informazione ricercata e risultati di mercato in termini di vendite. Per colmare questo vuoto, nel 2016, è nato l’Osservatorio Immagino GS1 Italy: l’integrazione tra le oltre 100 variabili (ingredienti, tabelle nutrizionali, loghi e certificazioni, claim e indicazioni di consumo) registrate da Immagino sulle etichette dei prodotti già digitalizzati da un lato e i dati Nielsen di venduto (retail measurement service), consumo (consumer panel) e di fruizione media (panel TV-Internet) dall’altro, apre la strada a un modo nuovo di guardare i fenomeni di consumo che si verificano Questa decima edizione dell’Osservatorio Immagino raccoglie i dati dell'anno terminante a giugno 2021. È stata realizzata su una base di oltre 125.000 prodotti del largo consumo, nata dal confronto tra i prodotti della banca dati Immagino a giugno 2021 e i prodotti in vendita nella Grande Distribuzione rilevati da Nielsen. A ottobre 2021 i prodotti digitalizzati da Immagino sono arrivati a 130.000. Declinando i prodotti Immagino all’interno dei reparti in cui si segmenta il largo consumo confezionato, secondo l’Albero delle categorie ECR, si evidenzia una copertura differente a seconda del reparto considerato. Per le carni si è arrivati al 73%. Stessa percentuale anche per l’ittico (photo © Robert Kneschke).
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totalmente o largamente riciclabile e che, rispetto ai 12 mesi precedenti, è diminuita la quota di quelli non riciclabili (scesa dal 5,7% al 4,9%), a prova che, quando viene comunicato sulla confezione, l’impegno delle aziende del largo consumo per la raccolta differenziata è il più delle volte effettivo e concreto. Guardando alle aree merceologiche, il freddo si conferma quella in cui viene maggiormente comunicata la riciclabilità del prodotto (54,9% dei prodotti), mentre al secondo posto si attesta ancora una volta l’ortofrutta (46,0%). Invece bevande (principalmente per il vetro), petcare e cura persona sono le aree con la minor percentuale di prodotti che indicano in etichetta la possibilità di riciclo del packaging, con quote al di sotto del 20% delle referenze. E quando la riciclabilità viene comunicata in etichetta nella maggior parte dei casi la confezione è effettivamente riciclabile o largamente riciclabile, ma tra le aree merceologiche la situazione è disomogenea. Se in ortofrutta, cura casa, bevande e carni il packaging è riciclabile per oltre il 90% dei prodotti rilevati dall’Osservatorio Immagino, in drogheria, fresco, freddo e cura persona le quote di riciclabilità si abbassano intorno all’80%. Sempre quando viene specificata la riciclabilità in etichetta, le categorie con packaging meno riciclabili restano i condimenti freschi (24,1% totalmente o largamente riciclabile), i prodotti da ricorrenza (28,6%), i preparati e piatti pronti (45,2%). Infine, complice l’effetto rimbalzo sui picchi di vendita registrati nei mesi precedenti durante l’emergenza Covid-19, nell’anno terminante a giugno 2021 le unità vendute sono rimaste pressoché stabili (+0,7%). Ma quelle dei prodotti con indicazione di riciclabilità (totale, largamente o parzialmente) sono cresciute a differenza di quelli dei prodotti non riciclabili, gestibili in base al Comune oppure dove non è comunicata la riciclabilità. Fonte: Osservatorio Immagino osservatorioimmagino.it
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No, non è la crisi del 2008, è peggio Inflazione galoppante, prezzi alle stelle, manufatti e materie prime introvabili, caro bollette. Famiglie, imprese, pubblica amministrazione e distribuzione accomunati da un’emergenza senza precedenti
Photo © Ta Nu
di Sebastiano Corona
I
fattori negativi sono troppi e tutti concomitanti. Non avevamo ancora finito di osannarci per la più grande ripresa di sempre, un PIL schizzato a livelli elevatissimi, mai visti negli ultimi decenni — frutto non tanto e non solo di merito specifico, quanto di naturale rinascita dopo la pandemia — che arriva quella che dai più è stata definitiva la tempesta perfetta. Il leitmotiv del momento, il tema della transizione energetica, si fa quanto mai attuale, ma allo stesso tempo si infrange sulla dura realtà, oggi più condizionata da fattori di geopolitica che da una rinnovata attenzione all’ambiente. Una situazione che riguarda molti Paesi dell’Unione Europea, mettendone in ginocchio però solo alcuni, Italia in testa. Mai come oggi tocchiamo infatti con mano le conseguenze di scelte sbagliate
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degli ultimi 30 anni, il procrastinare di decisioni che andavano assunte in tempi non sospetti, l’esserci messi in mano di altri Stati, sottovalutando il pericolo che ne poteva derivare. Abbiamo a suo tempo abbandonato l’idea di certe fonti di energia che, pur rischiose per l’ambiente, non hanno trovato valide alternative. E oggi che ragioniamo su altre modalità di approvvigionamento, più che in altri momenti paghiamo il conto del fatto di essere rimasti inermi nel momento storico sbagliato. Siamo alla resa dei conti. I prezzi delle materie prime avevano iniziato ad aumentare già nel 2021, anche a causa della carenza di prodotto, per moltissimi settori e non solo alimentari. Stesso discorso per innumerevoli tipologie di manufatti, soprattutto di provenienza
asiatica e cinese nello specifico, che sono funzionali a diverse filiere. Ma a chiudere il circolo vizioso di una situazione senza precedenti nel recente passato si è presentato l’aumento smisurato del costo dell’energia elettrica e del gas. Un incremento che si distribuisce a tutti i livelli e falcia indistintamente famiglie e imprese, senza appello e senza clemenza. Non solo, sappiamo quando è iniziata. Ma non abbiamo idea di quando e se potrà finire. Stavolta non saranno sufficienti soluzioni tampone o misure a macchia di leopardo. Mai come oggi ci troviamo di fronte ad un meccanismo capace di generare reazioni negative a catena che vanno a stanare tutti gli anelli di ogni filiera, dove più dove meno. E chi pensa che la questione si risolva nell’affrontare sommariamen-
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te l’emergenza bollette si sbaglia di grosso, perché stavolta si tratta di una situazione che non ha molti precedenti e che rischia davvero di sfuggire di mano, generando danni irreparabili. Il problema non è solo l’aumento di energia elettrica e gas. L’inflazione ha raggiunto il livello più alto degli ultimi 26 anni, siamo prossimi al 5%. Una stangata, questa, che appare solo all’inizio e si scaglia su famiglie e imprese peggio della pandemia. Non basterà fare i parsimoniosi su riscaldamento e luce, perché con aumenti di questa portata su tutti i prodotti in maniera indistinta le imprese perderanno completamente il loro margine e le famiglie faranno una fatica immane a sbarcare il lunario, in un momento in cui anche i salari sono piantati a terra. Rincara l’energia, ma non si può dire diversamente delle materie
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prime, dal grano alla carne e, per chiudere la filiera, dei materiali per il packaging, i macchinari per la trasformazione, i prodotti per la pulizia degli ambienti e tanto altro ancora. Molti di questi sono inoltre introvabili e la loro penuria sul mercato sta generando ulteriori problemi alle imprese e ha ovvie conseguenze anche sui prezzi. Non bastasse, in alcuni settori dell’agroalimentare le questioni sono ulteriormente complicate da una stagione siccitosa, da condizioni climatiche generali avverse, ma anche dalla crisi aviaria che si ripercuote su uova e pollami e dalla Peste Suina Africana che ora si affaccia nelle regioni del Nord e crea grattacapi serissimi. Un comparto che fa i conti con l’atteggiamento non sempre favorevole della Grande Distribuzione Organizzata e che vive il confronto con la concorrenza estera, partendo da un profondo svantaggio che genera una guerra combattuta ad armi impari. Secondo l’ISTAT, il carrello della spesa fa segnare un 3,8% in più e i trasporti rincarano del 7,7%. A gennaio sono aumentati sia i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona (da +2,4% di dicembre a +3,2%), sia quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +4,0% a +4,3%). Solo per la tavola, gli Italiani si ritrovano oggi a spendere 285 euro in più a famiglia su base annua. Soffrono, dunque le famiglie, ma non va meglio alle imprese. Secondo COLDIRETTI, i prezzi delle materie prime alimentari sono al massimo degli ultimi dieci anni nel mondo, con un incremento medio dei prezzi (sulla base dell’Indice FAO 2021 su 2020) del 28,1%. Un aumento, a livello internazionale, che si riflette anche in Italia dall’agricoltura alle industrie, dagli alimentari nei supermercati fino alla colazione al bar. E a proposito di bar, le quotazioni della qualità arabica sono volate al +80% e quelle della robusta al +70% ed ecco perché non dobbiamo sorprenderci se anche la tazzina di caffè dovesse toccare € 1,50.
Ma non mancano all’appello gli oli vegetali, i cereali, lo zucchero. Quest’ultimo è aumentato del 29,8%, arrivando al livello più alto dal 2016. Salgono anche i grassi vegetali, cresciuti del 65,8% rispetto all’anno scorso, e i prodotti lattiero-caseari, giunti ad un +16,9%, seguiti da quelli della carne, con +12,7%. Per i cereali l’impennata era iniziata già nel 2021, raggiungendo il livello annuo più alto dal 2012, con un +27,2 % di media rispetto al 2020. Il mais è aumentato del 44,1%, mentre il grano del +31,3%. Un colpo duro per gli allevamenti. Lancia un grido d’allarme anche FABIO FONTANETO, amministratore delegato del raviolificio Fontaneto Srl e presidente nazionale di APPAFRE (Associazione produttori di pasta fresca della piccola e media impresa) che dice: «da settembre abbiamo registrato aumenti delle semole di grano duro anche a doppia cifra percentuale, ma non basta. Facciamo pasta fresca ripiena e abbiamo subito un’impennata dei prezzi di molte altre materie prime come il burro, salito di quasi il 70%; il semolino di riso, che usiamo per “spolverare” i ravioli, aumentato di oltre il 40%; le uova, impiegate per la pasta all’uovo, anch’esse lievitate del 40%; la carne bovina, usata per il ripieno, con un + 30%». Non è finita: non sono mancati rincari considerevoli, dal 20 al 50%, dei materiali da imballo, come vaschette, cartoni, etichette e persino dei bancali di legno, indispensabili per la movimentazione dei prodotti alimentari, che oltre ad essere quasi introvabili, hanno ormai un costo proibitivo. Poi è arrivata la madre di tutti i rincari: l’energia elettrica. «Sono tante le piccole e medie aziende che rischiano di chiudere, perché non saranno in grado di sostenere i maggiori costi produttivi» sottolinea Fontaneto. Perché se ci sono imprese che riescono ad aumentare i prezzi al consumatore finale, ce ne sono altrettante, soprattutto quelle che operano con la GDO, i cui contratti erano stati stipulati in tempi non
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sospetti, che non possono uscire dagli accordi e pretendere condizioni diverse da quelle sottoscritte. Il paradosso è che chi ha impegni che non possono essere rivisti deve sperare di lavorare il meno possibile per limitare il danno. Ma se si lamentano i trasformatori, schiacciati tra il primario e il cliente finale, la Distribuzione Moderna non ci sta più ad assumersi le colpe denunciate dai fornitori. Sconti e promozioni non bastano per mitigare la situazione, divenuta ormai insostenibile per le famiglie e di riflesso per il commercio. Ognuno cerca di mettere in campo le proprie armi per attutire il colpo, ma pare non basti nemmeno per certi colossi della DO e della GDO. FRANCESCO PUGLIESE, amministratore delegato di Conad denuncia: «Abbiamo avuto un incremento dell’1,8% complessivo con punte del 16% per la pasta, del 12% per il pollo, del 20% per le zucchine, solo per fare alcuni esempi». Inoltre, l’energia elettrica è un costo ormai insopportabile tanto per i fornitori, quanto per le insegne della distribuzione, con un aumento dell’85%. «E c’è qualcuno — aggiunge Pugliese — che rischia di vedersi azzerare i profitti perché il calo dei consumi si può forse smorzare, ma non fermare, presto si andrà a risparmiare
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ulteriormente sul cibo». E a catena ne pagheremo tutti le conseguenze, aggiungiamo noi. Non sta meglio chi deve fare i conti con la concorrenza estera, in Italia, o peggio, Oltralpe, dove le condizioni di maggior favore, sul piano fiscale, infrastrutturale e dei costi generali, permette a chi produce lontano dallo Stivale,di partire da condizioni di netto vantaggio. Insomma una situazione a cui non si potrà far fronte con provvedimenti tampone o con soluzioni temporanee. Nelle ore in cui scriviamo, il premier DRAGHI ha annunciato misure di ampia portata per calmierare i prezzi delle bollette a famiglie, imprese e pubblica amministrazione. Una manovra che dovrebbe aggirarsi tra i 5 e i 7 miliardi di euro: una cifra elevatissima in termini assoluti, ma del tutto insufficiente a mitigare i rincari. Si apprezza lo sforzo, ma è evidente che non servirà a risolvere il problema. Ci vorrà ben altro per cambiare la rotta. Pretendere politiche di armonizzazione in ambito energetico a livello europeo è doveroso e quanto mai urgente. Così come lo è sul piano fiscale e del costo del lavoro. Bisogna accelerare sul Recovery, sia per quanto concerne il breve e
medio termine, sia per affrontare l’attuale emergenza. Ma è soprattutto il momento di fare scelte coraggiose, dando anche un colpo al cerchio e uno alla botte, perché la tanto sospirata transizione ecologica, oggi sempre più necessaria, non potrà essere fatta in un battito di ciglia e continueremo, piaccia o meno per decine d’anni, ad approvvigionarci dalle stesse fonti energetiche che abbiamo utilizzato sinora, la stragrande maggioranza delle quali di provenienza estera. Se da una parte possiamo sperare nella virata lenta ma inesorabile verso efficienti mix di fonti energetiche rinnovabili, è evidente che i passaggi saranno lunghi e complessi. Anche grazie al PNRR, il nostro Paese può iniziare una fase che trasformi singole best practice in campo energetico, in modalità consolidate e in un’azione forte di politica strategica. La drammatica situazione che stiamo vivendo deve servire, più di ogni altra cosa, ad indirizzarci verso azioni non più procrastinabili sul piano della politica economica e della politica energetica. La storia ci ha presentato il conto e non fare tesoro degli errori commessi non avrà altra conseguenza che farceli ripetere in futuro. Ma stavolta non ce lo possiamo permettere. Sebastiano Corona
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QUALITA’ Costante In Modo Prodotta SOSTENIBILE Dawn Meats, con la sua divisione Dunbia nel Regno Unito, e’ una delle principali industrie in Europa di carne bovina ed ovina. DMS S.r.l, T: +39 0524 84414 E: dms@dawnmeats.com
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LA CARNE IN RETE
Social di Elena
1. Beker Selection Chi non conosce FABRIZIO NONIS, il beker d’Italia che ci accompagna attraverso l’Italia col suo programma di Gambero Rosso Channel a scoprire il patrimonio enogastronomico del nostro Paese? “Gastronomo errante”, come ama definirsi, è da seguire su www.instagram. com/fabriziononis per la sua visione del mondo e per le idee e i suggerimenti in materia di carne (photo © instagram.com/fabriziononis).
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2. To the bone La cultura italiana legata alla lavorazione e alla preparazione delle carni nella ristorazione è profondamente radicata nel locale To the bone di Berlino. Nell’attesa di riprendere a viaggiare noi li seguiamo su instagram. com/totheboneberlin. Sono eleganti, sono innamorati della moderna cucina italiana e lavorano la carne con rispetto e passione. Infine, sono bravissimi a gestire il feed di Instagram, cosa di non poco conto! (photo © instagram.com/totheboneberlin).
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meat Benedetti
3. Taste 2022 anche su Instagram Slice the unexpected! Un po’ cartoon, un po’ pop art: è la nuova campagna dalla grafica coloratissima, piena di energia e tutta da gustare con gli occhi che annuncia il ritorno di “Taste. In viaggio con le diversità del gusto” (taste.pittimmagine.com), la manifestazione di Pitti Immagine che presenta il meglio delle eccellenze enogastronomiche italiane e della food culture contemporanea. L’appuntamento è in Fortezza da Basso, Firenze, dal 26 al 28 marzo coi buyer internazionali, gli operatori specializzati, la stampa italiana ed estera e il pubblico di appassionati. Da seguire anche su instagram.com/ pittitaste (photo © instagram.com/pittitaste).
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4. Da Saturnia alla griglia LORENZO e ALESSANDRO portano avanti con passione il lavoro del padre MICHELE, fondatore del ristorante I Due Cippi, a Saturnia (GR). Attraverso il loro sito www. iduecippi.com puoi prenotare non solo un tavolo ma anche un posto al Meat Bar o un taglio di carne che ti spediranno direttamente a casa. Ovviamente brandizzato (LorenzoMeat) e certificato “Qualità Toscana”. Noi Lorenzo lo seguiamo anche su www.instagram.com/ lorenzomeat. Super bravo! (photo © instagram.com/ lorenzomeat).
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Progetto LEO: sul nuovo portale aperto il “forziere” per fruire dell’immensa mole di dati sulla zootecnia italiana Da gennaio 2022 la zootecnia italiana è ancora più trasparente, a vantaggio degli stessi allevatori, degli studiosi, dei ricercatori, degli operatori del settore e, in prospettiva, anche delle Istituzioni, del mondo della comunicazione e dei cittadini. È infatti aperto, sul nuovo portale www.leo-italy.eu, quello che si potrebbe definire il “forziere” del nostro allevamento, grazie ad un importante step del Progetto LEO (Livestock Environment Open Data), giunto nel 2022 al suo penultimo anno di attuazione e che ora mette a disposizione una prima parte della mole impressionante di dati prodotti, circa 2 miliardi, in modalità open, per cui può dirsi pienamente raggiunto l’obiettivo iniziale di acquisire nuovi dati e riunire in un’unica banca dati digitale tutte le informazioni relative al comparto zootecnico. L’allevamento nazionale, con la sua specificità e distintività, costituisce un unicum ed è alla base di produzioni dell’agroalimentare made in Italy fatto di eccellenze e tesori che in molti casi possono essere solo imitati, ma che costituiscono il “marchio di fabbrica” del saper fare degli allevatori italiani. Per raggiungere questo obiettivo, il Progetto LEO si sta avvalendo di un partenariato di alto profilo, con l’Associazione Italiana Allevatori come capofila, che opera coi Dipartimenti di Zootecnia di tre Università (Palermo, Tuscia e Cattolica), due Istituti Zooprofilattici (Umbria-Marche e Abruzzo-Molise), un Istituto Sperimentale (Lazzaro Spallanzani), un Consorzio che opera per la tutela della biodiversità (ConSDABI), una società informatica che realizzerà l’Open Data (Bluarancio). L’AIA, oltre alla funzione di capofila del progetto, ha messo a disposizione l’esperienza di raccolta dati sistematica nelle aziende zootecniche e la propria banca dati. Dopo tre anni di intensa attività di raccolta ed organizzazione dei dati e sviluppo informatico, il Progetto LEO ha compiuto un altro importante passo avanti. È infatti attivo, dal 19 gennaio, il link da cui accedere agli Open Data, vero fulcro dell’iniziativa finanziata dall’Unione Europea, con Fondi FEARS (Sottomisura 16.2 – PSRN 2014-2020), supportata anche dalla Direzione Generale dello Sviluppo Rurale del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (il MIPAAF è l’autorità di gestione del progetto). L’obiettivo è chiaro: lo sviluppo di nuovi processi, pratiche e tecnologie attraverso la creazione di un sistema di gestione unitario delle informazioni per la biodiversità zootecnica. Ancor prima del punto di arrivo del progetto, nel 2023, i numeri che può vantare questa raccolta dati sono già importanti. Delle svariate decine di razze ovine, bovine e caprine censite, sono già disponibili oltre 140 milioni di dati relativi all’anagrafica e oltre 2 miliardi e 300 milioni di dati di interesse zootecnico, compresi ad esempio oltre 20 diversi parametri di qualità del latte. Un prezioso patrimonio, raccolto a livello nazionale e in costante aggiornamento, riguardante l’ambiente, la biodiversità, il benessere animale ed il clima che — negli obiettivi di realizzazione — porteranno ad una maggiore sostenibilità del settore zootecnico italiano. Il libero accesso alla sezione Open Data punta infatti a favorire lo scambio, la condivisione e la trasparenza di questo importante settore e favorire la transizione verso una zootecnia 4.0 (fonte: AIA – Associazione Italiana Allevatori). >> Link: www.leo-italy.eu
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CARNI BIOLOGICHE CERTIFICATE
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AZIENDE
Fileni primo produttore di carne al mondo certificato B Corp L’azienda leader nella produzione di carni italiane bio, e già Società Benefit, raggiunge l’ambita certificazione e rafforza il proprio impegno verso la sostenibilità ambientale e sociale
L
a notizia è di fine gennaio: FILENI ALIMENTARE SPA è ufficialmente una B Corp. Un traguardo di quelli importanti, in quanto è la prima azienda al mondo che alleva e produce carne a conquistare l’ambita certificazione. L’azienda marchigiana si aggiunge dunque al network globale di oltre 4.000 aziende certificate dalla non profit B Lab che si distinguono per l’impegno a coniugare profitto, creazione di valore per la società
e attenzione all’ambiente. Le B Corp integrano e promuovono un nuovo paradigma economico che vede il business come strumento fondamentale per la creazione di benessere per le persone e il pianeta. Il Gruppo Fileni, stimolato dall’urgenza di agire e operare avendo un impatto positivo, ha scelto di abbracciare questa visione consapevole di come solo la creazione di valore sociale e ambientale, insieme al biologico come punta più avanzata
della transizione ecologica italiana, possano rafforzare la competitività del sistema agroalimentare e contribuire alla ripresa del Paese e alla risoluzione dei grandi problemi del XXI secolo. Questo traguardo storico, raggiunto con il supporto di Nativa, Regenerative Design Company che accelera l’evoluzione delle aziende verso paradigmi rigenerativi, rappresenta il riconoscimento di un percorso di innovazione sostenibile ventennale coronato da numerosi
Fileni promuove in Italia e nel mondo il consumo di prodotti bio nel rispetto della natura, delle persone e degli animali.
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successi: l’impegno nel biologico, l’utilizzo di energia 100% rinnovabile all’interno degli stabilimenti, la conversione di quasi la totalità della produzione in Antibiotic free, la redazione del Bilancio di Sostenibilità esteso a tutta la filiera, l’adozione della qualifica di Società Benefit. Ora, con una rinnovata motivazione come B Corp, Fileni proietta nel futuro altri ambiziosi progetti per contribuire a trasformare in maniera positiva l’economia globale, impegnandosi a realizzare un modello di filiera rigenerativa, aperta, interdipendente e replicabile, capace di ispirare lo sviluppo di imprese responsabili, delle comunità locali e del territorio. Le B Corp nel mondo e in Italia: i numeri In pochi anni, la comunità italiana delle B Corp è cresciuta fino a diventare la più importante e dinamica in tutta Europa. Quello delle B Corp è un movimento fatto di aziende diverse per storia, settore e dimensione, pronte ad unire le proprie forze in direzione di un impatto comune. Oggi nel mondo ci sono oltre 4100 B Corp certificate e più di 150.000 aziende in 80 Paesi e 150 settori ne utilizzano gli strumenti per misurare e migliorare il proprio profilo di sostenibilità. Attualmente in Italia si contano più di 130 B Corp certificate, di cui 14 nel settore del Food & Beverage. Come si diventa una B Corp? Il raggiungimento della certificazione B Corp richiede un rigoroso processo di misurazione e di analisi del profilo di sostenibilità dell’azienda da parte di B Lab, l’ente certificatore nato nel 2006. Il primo passo è quello di misurare le performance dell’azienda attraverso il B Impact Assessment (BIA), lo standard più utilizzato al mondo per la misurazione degli impatti ambientali e sociali e che prende in considerazione, oltre al business model, cinque macro-aree: governance, comunità, persone, ambiente e clienti. Col raggiungimento della soglia degli 80 punti (su una scala da 0 a
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Le B Corp integrano e promuovono un nuovo paradigma economico che vede il business come strumento fondamentale per la creazione di benessere per le persone e il pianeta. Il Gruppo Fileni ha scelto di abbracciare questa visione consapevole di come solo la creazione di valore sociale e ambientale, insieme al biologico come punta più avanzata della transizione ecologica italiana, possano rafforzare la competitività del sistema agroalimentare e contribuire alla ripresa del Paese. 200), è possibile richiedere la verifica del punteggio che, se convalidato, permette l’ottenimento della certificazione appena raggiunta da Fileni. L’evoluzione in Società Benefit e il Report di Sostenibilità Nel 2021 Fileni aveva evoluto la propria forma giuridica in Società Benefit, ufficializzando all’interno
dello Statuto l’impegno dell’azienda nel perseguire obiettivi di Bene Comune. Inoltre Fileni promuove in Italia e nel mondo il consumo di prodotti biologici nel rispetto della natura, delle persone, degli animali, nella piena convinzione che l’interesse comune venga prima di quello individuale. La pubblicazione del proprio Manifesto di Sostenibilità
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Roberta Fileni. testimonia e rafforza l’impegno del Gruppo a favore dell’ambiente, del lavoro, del territorio, delle persone e degli animali. Una lunga storia di innovazione L’azienda Fileni ha fatto dell’innovazione, della qualità, del capitale umano, del benessere animale e della sostenibilità ambientale i principali driver di competitività, declinandoli nella mission strategica e di sviluppo, in linea con gli obiettivi delle B Corp. La prima pietra è stata posta da GIOVANNI FILENI nel 1978 a Jesi, dando vita ad un’azienda attiva da oltre 40 anni nel settore dell’allevamento e vendita di prodotti avicoli. «Il nostro approccio alla sostenibilità è, di fatto, basato sul rispetto per la natura e per i suoi tempi» sottolinea ROBERTA FILENI, vicepresidente del Gruppo. «Lo spirito di innovazione è sempre stato una parte fondamentale del nostro DNA di impresa, ma, ne siamo consapevoli, non esiste innovazione senza attenzione all’ambiente. Non è un caso che trasparenza, rispetto e coraggio siano i valori che stanno alla base della filosofia Fileni: trasparenza nel raccontarci e nel mostrare la nostra filiera, rispetto verso le persone che ci scelgono, verso l’ambiente e verso gli animali, coraggio di innovare accettando sempre nuove sfide e ponendoci traguardi sempre più ambiziosi. Per molti, essere sostenibili è una scelta tra le tante. Per noi è l’unica scelta possibile. Ora essere una
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B Corp dà voce al nostro modo di interpretare il cambiamento: costruire un sistema economico-produttivo inclusivo, equo e rigenerativo per tutte le persone e il Pianeta». Il modello Fileni: etico, circolare, sostenibile Lo scoppio della pandemia da Covid-19 fin dai primi mesi del 2020 ha imposto una riflessione e un ripensamento del modo di affrontare i problemi legati al futuro prossimo del Pianeta, tanto dal punto di vista economico quanto sociale ed ambientale. Ma Fileni era già pronta per rispondere alla sfida. «Tutta la filiera è già un modello esportabile di economia circolare» aggiunge Massimo Fileni, vicepresidente del Gruppo. «A conferma dell’impegno del Gruppo nella lotta contro il cambiamento climatico tutte le emissioni generate nel 2020 dagli impianti del Gruppo sono state compensate attraverso l’acquisto di certificati di compensazione, riferiti ad attività di riforestazione e installazione di impianti eolici. Inoltre, attraverso l’acquisto di energia elettrica con garanzia di origine, per tutti gli stabilimenti produttivi e gli allevamenti, si è evitata l’emissione in atmosfera di 15.812 tonnellate di CO2. Grazie a queste due attività gli stabilimenti del Gruppo sono considerati Carbon Neutral. Il concetto di Carbon neutrality è sinonimo di zeroimpatto climatico. La Carbon neutral-
ity viene raggiunta tramite riduzioni nelle emissioni di CO2 combinate con l’utilizzo estensivo di energie rinnovabili. Già da novembre 2019 è in uso l’ecovassoio Fileni BIO, il primo packaging davvero amico dell’ambiente che abbatte l’utilizzo della plastica in favore della carta. Il Gruppo aderisce al Disciplinare di etichettatura volontaria delle carni avicole elaborato da UNAITALIA e approvato dal MIPAAF (Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali) con l’obiettivo di fornire ai consumatori una serie di informazioni relativamente al sistema di allevamento, alla tipologia di alimentazione e al rispetto del benessere animale, requisiti importanti per identificare la qualità del prodotto. Gli animali biologici vengono alimentati con mangimi vegetali biologici no OGM. Questi mangimi sono 100% italiani. Gli allevamenti biologici rispettano stringenti standard di qualità, nel pieno rispetto del benessere dell’animale, dagli spazi vitali, all’illuminazione. Nel 2021 Fileni ha sancito passi importanti per il miglioramento del benessere dei polli che alleva. È la prima azienda italiana ad impegnarsi, anche grazie alla collaborazione con Compassion in World Farming (CIWF), a rispettare i criteri dello European Chicken Commitment. Il Gruppo, inoltre, è promotore del progetto ARCA (Agricoltura per la
Fondato da Giovanni Fileni nel 1970, il Gruppo Fileni è il primo produttore italiano ed europeo di carni avicole da allevamento biologico e il terzo player nel settore avicunicolo nazionale. È sul mercato da oltre 40 anni e ha sede a Cingoli, in provincia di Macerata. Con i marchi Fileni, Fileni BIO, Sempre Domenica e Club dei Galli, presenti in maniera capillare nei canali GDO, Normal Trade e HO.RE.CA, è una delle principali aziende italiane del settore. Fileni Alimentare Spa può contare oggi su un fatturato di 500 milioni di euro, oltre 1.800 dipendenti e circa 300 allevamenti. L’azienda fa del benessere animale e della sostenibilità ambientale i suoi tratti distintivi: per questo, dal 2000 ha acquisito la certificazione per la produzione biologica e da allora ha investito con decisione per potenziare la propria filiera, arrivando a proporre — nel 2019 — una gamma di prodotti biologici completa e in linea con i bisogni dei consumatori di oggi che include anche prodotti servizio come uova e brodo e un’esclusiva proposta di carni rosse. Dal 2013 Fileni è Partner Strategico dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. >> Link: www.fileni.it
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Massimo Fileni. Rigenerazione Controllata dell’Ambiente) insieme al fondatore BRUNO GARBINI e al GRUPPO LOCCIONI, il cui obiettivo è riportare in equilibrio il rapporto dell’uomo con la terra, valorizzare il ruolo dell’agricoltore che ne è il custode e rendere consapevoli le persone che, con le loro scelte di acquisto, possono trasformarsi da consumatori a “rigeneratori”. Italiani sempre più attenti a salute e sostenibilità ambientale Il momento è quello giusto, anche perché durante i due anni pandemici gli Italiani hanno fatto scelte più salutari, orientandosi verso cibi biologici e biodinamici. Le vendite alimentari bio nel mercato interno — considerando tutti i canali – hanno raggiunto nel 2021 4,6 miliardi di euro (fonte: Osservatorio SANA 2021 curato da NOMISMA su survey dirette, dati NIELSEN. ASSOBIO, ISMEA, AGENZIA ICE), registrando un aumento del 5% rispetto allo scorso anno. Fileni: i progetti futuri L’attenzione per l’inclusione, la salute e il benessere delle persone rimangono prioritarie per Fileni. Proficue le collaborazioni con le Università anche attraverso il contributo della Fondazione Marco Fileni che, anche in pandemia, ha garantito sostegno all’istruzione e continuerà ad investire sul binomio donne e occupazione e sui giovani. Oggi, con più di 500 milioni di fatturato di filiera nel 2021, Fileni è pronta ad affrontare nuove sfide e a far crescere le proprie quote di mercato anche in nuovi paesi esteri, sempre nel segno della sostenibilità e dell’etica di impresa.
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La carne di Arthur Mair di Elena Benedetti
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economia di un territorio è spesso il risultato di un saper fare che si è come stratificato nel tempo, anno dopo anno, generazione dopo generazione. E che si sviluppa e si modifica seguendo la visione dei suoi imprenditori. Ecco, nel contesto che sto per raccontare questa dinamica è ancora più accentuata perché ci troviamo in una valle dell’Alto Adige, più precisamente in Val di Vizze, un comune di 3.000 abitanti circondato dalle Alpi di Tux e dai Monti di Fundres e che confina direttamente con l’Austria. Un luogo che per noi visitatori è l’apoteosi del bello e della natura che dà spettacolo, anche a tavola. Nella piccola località di Tulve, proprio all’ingresso della
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Valle e non lontano da Vipiteno, vive e lavora la FAMIGLIA MAIR nel suo maso Pretzhof, tra azienda agricola, bottega, ristorante e lavorazione di salumi e formaggi. Da cinque anni ARTHUR MAIR, figlio di ULLI e KARL, gestisce la parte allevatoriale e la produzione delle carni del maso, che all’interno è dotato di un impianto di macellazione e di un laboratorio con certificazione UE preposto alla lavorazione delle carni. Se da una parte oggi gli impianti e le tecnologie consentono di gestire e operare ottimizzando tempistiche e risorse proprie di un’azienda moderna ed efficiente, dall’altra qui sono ancora i tempi della natura a dare il ritmo all’attività di Arthur’s Mountain
Meat, che produce carne di manzo e maiale, oltre a salumi tipici prodotti e stagionati a Tulve. Ne abbiamo parlato con FEDERICO DESIDERI, che cura la parte commerciale per il mercato italiano. «L’attività della famiglia Mair è partita da questo splendido maso, una casa padronale del 1200 rilevata per la ristorazione di montagna, un luogo in cui la parte di accoglienza e ristorazione è integrata con stalle, macello interno e cantine per la stagionatura dei formaggi e dello speck» mi dice Federico. I bovini allevati sono di razze autoctone alpine e di Wagyu alpino. Da giugno a settembre i capi sono portati in alpeggio a 2.300 metri e qui restano per tutta la stagione
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“Come già facevano i nostri antenati, anche noi onoriamo i ritmi della terra e delle stagioni” si legge sul sito dell’azienda. “Dopo diversi mesi di crescita, anni nel caso dei manzi, la macellazione avviene in maniera etica all’interno del nostro stabilimento”. estiva, fintanto che le temperature lo consentono. In questo periodo l’accrescimento e l’alimentazione sono naturali, legati al pascolo, mentre nella stagione invernale il foraggio utilizzato è quello coltivato e raccolto nell’estate, a cui
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si aggiunge qualche cereale della Val Pusteria. Oltre agli animali da carne, dai contadini della valle vengono conferite all’azienda anche vacche da latte a fine carriera, principalmente Frisone. Gli animali sono macellati
nelle strutture interne e la produzione conta circa 3-6 capi lavorati a settimana. Qual è il mercato di Arthur’s Mountain Meat? «Per il 50% circa è rappresentato da macellerie italiane alla ricerca di carni con standard qualitativi molto elevati, mentre il restante è dato da media e alta ristorazione, bracerie e qualche piccolo distributore”. Come si può raccontare a parole la vostra carne? «È sicuramente differente. Ciò che fa la differenza, tutta la differenza, è il metodo di allevamento che segue il ciclo naturale vacca-vitello, senza stress, con un’alimentazione ad erba e a foraggio su in malga oltre i 2.000 metri, che conferisce sapore e profumi di giusta intensità. La nostra è una carne delicata, dalla lunga consistenza in bocca, con una punta di affumicato». È un progetto lungo quello di Arthur’s Mountain Meat, servono tempo e rispetto dei cicli della natura per ottenere il giusto accrescimento. ROBERTO LIBERATI ha atteso 4 anni per avere il suo Bue Wagyu in bottega lo scorso Natale, un bue che ha trascorso 4 estati in malga
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Non solo bovino Arthur Mair ha avviato un piano di sviluppo anche per la linea di suini a marchio Arthur’s Mountain Meat: avendo disponibilità di spazio nelle aree a cui si appoggia nel periodo estivo, ad un’altitudine di 2.300 metri, i maiali sono raccolti in una porzione di terreno all’aperto per tutta la stagione estiva. Le loro carni sono utilizzate principalmente per la vendita diretta nello spaccio del maso e nella macelleria di Trens/ Freienfeld, per la ristorazione nella malga Pretzhof e, soprattutto, per la lavorazione dei salumi (prosciutto cotto, prosciutto crudo, würstel e speck). Le stagionature e le affumicature avvengono nelle cantine a pietra del maso.
tra i profumi di un habitat unico e perfetto, celebrato con onore su tante tavole della Capitale. Servono visionari per portare avanti questo lavoro, in primis per chi tiene le redini di queste produzioni “eroiche” dettate dai ritmi della natura, poi per chi accoglie in sala un cliente e al suo tavolo ha la capacità di offrire in carta un piatto con questa carne. E, infine, per coloro che, come Liberati, hanno la sensibilità di lavorare un animale intero e di proporne ogni sua parte, valorizzandola e raccontandola in una narrazione che chiude meravigliosamente il cerchio. Elena Benedetti
Arthur’s Mountain Meat Snc Tulve 259 – 39049 Val di Vizze (BZ) Telefono: 333 749 35 74 E-mail: info@mountain-meat.it Web: www.mountain-meat.it www.pretzhofselection.com
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“Lombate frollate”, nuovo progetto di Cattel con prodotti ad alto contenuto di servizio per chef e ristoratori Continua l’innovazione di prodotto e di servizio di Cattel Spa, brand veneto leader nella distribuzione di prodotti food e no-food nel canale HO.RE.CA. nel Nord-Est d’Italia. Dopo l’adozione della tecnica di surgelamento rapido di prodotti freschi già porzionati nota come IQF (Individually Quick Frozen) — che comporta un enorme risparmio poiché consente di cuocere ogni volta solo la quantità di prodotto necessaria, mantenendone inalterate le proprietà organolettiche — l’azienda di Noventa di Piave (VE) ha trovato un altro modo di servire chef e ristoratori. Il nuovo progetto “Lombate frollate” consiste nel fornire ai ristoratori un’ampia varietà di lombate già frollate — pronte per essere cucinate — e a prezzo di mercato, evitando loro di investire nell’acquisto di un maturatore e l’attesa dei lunghi tempi necessari alla lavorazione/maturazione. Un servizio gratuito, nato su iniziativa del category manager carne di Cattel, Simone Fantato, e che ha subito riscosso un grande successo tra i clienti. L’assortimento di lombate già frollate offerte in esclusiva da Cattel comprende oggi 20 tipologie di prodotto, scelte in base alle loro specifiche caratteristiche in modo da poter soddisfare tutte le esigenze e preparazioni. Tra le carni disponibili: la Braslavia, la Galiziana, la Barrosa, la Rubia Gallega, la Rossa Danese, e ancora la Swami, Hereford, Sashi, Sashi Choco, oltre alle varietà Irlandese, Polacca e Scozzese (Highland). Forte dell’apprezzamento già in fase di start-up del progetto, ora Cattel sta pensando a un marchio ad hoc per contraddistinguere la linea, un’eccellenza ad alto contenuto di servizio grazie al quale chef e ristoratori potranno fare ciò che più amano: dedicarsi con abilità e creatività alla cottura della carne già pronta. “Lombate frollate” si inserisce in un programma ampio e articolato studiato per offrire al cliente prodotti di qualità unitamente ad un servizio integrato in grado di fare la differenza. Sono infatti numerosi i plus di prodotto e servizio offerti dalla veneta Cattel in quest’ambito, tra cui il controllo di qualità e processo della carne, sia fresca che surgelata, soggetta a verifiche lungo tutto il suo ciclo produttivo, dalla provenienza al prodotto finito servito in tavola. Oltre a quello del surgelamento e della frollatura, un altro plus molto apprezzato dai ristoratori è quello del disosso della carne. Cattel, infatti, è tra i pochi in Italia ad acquistare, rigorosamente da filiera protetta e controllata, grandi tagli di carne che poi settimanalmente disossa, taglia e porziona per offrire al cliente i tagli anatomici desiderati e pronti all’uso. L’assortimento di carni proposte da Cattel è ampio e in continua evoluzione. Comprende prodotti qualitativamente eccellenti, caratterizzati dall’alto contenuto di servizio grazie alla tradizionale capacità dell’azienda di evolvere insieme alla domanda e di fare della soddisfazione del cliente una sua priorità. >> Link: www.cattel.it – www.youtube.com/watch?v=0_us4c0bOyg
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Carne Genuina, la start-up a impatto zero Produrre carne di qualità rispettando l’ambiente è possibile. «Compensiamo le emissioni di anidride carbonica e puntiamo sul territorio coinvolgendo aziende a conduzione familiare. È questa la nostra innovazione» dice il CEO Mattia Assanelli
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ll’inizio è stata una sfida, ma abbiamo dimostrato a tutti che si può fare». A raccontarlo è MATTIA ASSANELLI, CEO di Carne Genuina, start-up innovativa fondata a Treviglio, in provincia di Bergamo, nel 2020, ma dalle origini molto lontane. «La mia famiglia alleva
bovini da fine Ottocento, ma oggi chiunque faccia questo lavoro ha il dovere di evolversi, perché è cambiata l’attenzione dei consumatori verso l’ambiente e perché è giusto che ognuno di noi si assuma la responsabilità di preservarlo». Per questo i fratelli Mattia e Simone, terza generazione di allevatori,
hanno fondato Carne Genuina, un progetto che compensa l’inquinamento prodotto con l’energia pulita e i baobab piantati in Kenya. Il progetto Carne Genuina «Gli studi di settore ci dicono che un chilo di carne di manzo produce 25 kg di CO2» racconta Assanelli.
Mattia Assanelli, CEO di Carne Genuina, start-up innovativa fondata a Treviglio, in provincia di Bergamo nel 2020 (photo © Carne Genuina).
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«In base alla nostra produzione di carne, in un anno produciamo mediamente 225 tonnellate di CO2. Per questo abbiamo installato pannelli fotovoltaici su tutta la struttura in grado di neutralizzare circa il 60% dell’anidride carbonica prodotta, mentre un altro 40% è compensato dai 35 baobab che abbiamo adottato in Kenya. Facendo due conti, compensiamo più CO2 di quanta ne produciamo e questo è un bene inestimabile per le persone e per l’ambiente». Se la sede fisica di Carne Genuina è in un piccolo comune della Bassa Bergamasca, il raggio di azione della start-up copre tutta l’Italia. Attraverso il sito carnegenuina.it è infatti possibile acquistare direttamente da una rete di allevatori selezionati e ricevere i prodotti a casa in tutta Italia, con corriere refrigerato. «La nostra start-up seleziona accuratamente aziende agricole a conduzione familiare e si occupa direttamente del packaging e della logistica fino alla spedizione» spiega Assanelli. È facile intuire come la sostenibilità sia nel DNA di Carne Genuina, dal momento che le aziende agricole a gestione familiare sono sostenibili per definizione, hanno terreni di proprietà e non si dedicano ad allevamento intensivo come fanno i grandi allevamenti industriali. Un mercato in forte ascesa Carne Genuina si inserisce in un mercato in rapidissima crescita. Secondo il Report 2020 del Politecnico di Milano e Netcomm, negli ultimi quattro anni il mercato del Food & Grocery on-line è aumentato in media del 40% all’anno. È il settore che cresce con il ritmo più sostenuto (+39%), sfiorando una cifra come 1,6 miliardi di euro nel 2019. In Italia, l’attuale penetrazione dell’on-line nel mercato del Grocery è pari all’1,3%, ma è previsto un aumento fino al 5% entro il 2023. «In questo scenario, Carne Genuina ha immediatamente assunto un ruolo da protagonista che va anche oltre la consegna dei prodotti. Pur essendo un servizio on-line, infatti, offriamo un’esperienza di
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La start-up Carne Genuina ha stretto collaborazioni con macellai esperti per assicurare alla propria clientela una qualità superiore della carne (photo © instagram.com/bovicarnegenuina). acquisto memorabile direttamente dall’allevatore. Instauriamo coi nostri clienti una relazione autentica sostenuta anche dalla narrazione costante e trasparente della realtà agricola e dalla promozione del consumo consapevole di cibo e risorse. Sempre nel rispetto dell’ambiente e della sostenibilità» sottolinea Assanelli.
La campagna di crowdfunding per continuare ad espandersi I numeri parlano chiaro: c’è un mercato pronto a recepire prodotti di alta qualità contraddistinti da una forte componente di sostenibilità e Carne Genuina offre proprio questo. Dal 2020, la start-up della carne a impatto zero ha iniziato un percorso di crescita continua che ha portato 10 nuove aziende agricole a entrare
I numeri sono chiari: c’è un mercato pronto a recepire prodotti contraddistinti da una forte componente di sostenibilità e Carne Genuina offre proprio questo. Dal 2020, la start-up ha iniziato un percorso di crescita che ha portato 10 nuove aziende agricole a entrare nella sua rete e oltre 2.500 clienti a ordinare dalla piattaforma on-line
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nella sua rete e oltre 2.500 clienti a ordinare dalla piattaforma on-line che vanta un fatturato in rapidissima crescita. L’espansione di Carne Genuina ha bisogno adesso di nuovi capitali per potenziare la propria scalata investendo in marketing e assumendo nuovo personale. Per questo è stata lanciata una campagna di equity crowdfunding su Opstart che ha un obiettivo minimo di 150.000 euro e ha già raccolto circa la metà del capitale. Investire in Carne Genuina rappresenta un’ottima occasione perché parliamo di una startup con un modello validato, che fattura e che ha un chiaro progetto di crescita. «Stimiamo che nel 2025 potremo già eseguire una exit strategica. Per raggiungere questo successo, gli obiettivi prefissati lungo il cammino sono un EBITDA positivo e un fatturato che tocchi i 5 milioni di euro» ha concluso Mattia Assanelli. • Per investire in Carne Genuina il link è: www.opstart.it/it/progetti/ dettaglio/13784-carne-genuina
Carne Genuina seleziona aziende agricole a conduzione familiare hanno terreni di proprietà e non si dedicano ad allevamento intensivo e si occupa direttamente del packaging e della logistica fino alla spedizione (photo © Carne Genuina).
Chi è Carne Genuina? Carne Genuina Srl è una start-up Innovativa costituita nel 2020 che permette di acquistare carne a impatto zero direttamente da una rete di allevatori selezionati e riceverla a casa in tutta Italia, con corriere refrigerato. Le sue principali operazioni sono il packaging, prestando molta attenzione all’ambiente, e la logistica fino alla spedizione, diretta alla tavola del consumatore. Il cliente che si accinge all’acquisto di cibo on-line è alla ricerca di un prodotto selezionato e di un’esperienza premium. Il caso della carne on-line non è un’eccezione. Il vantaggio competitivo dell’azienda è dare la possibilità al cliente di reperire un prodotto “direttamente dall’allevatore”, aggiungendo valore e trasformando l'acquisto in un'esperienza memorabile. La start-up ha stretto collaborazioni esclusivamente con aziende a conduzione familiare e con macellai esperti del settore, per assicurare una qualità superiore della carne e non solo. L’autenticità, la trasparenza e l’attenzione al cliente sono i driver della filosofia del brand. >> Link: carnegenuina.it facebook.com/bovi.carne.genuina instagram.com/bovicarnegenuina
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Macelleria Marchesi: la rivoluzione dietro e davanti al banco passa da Criocabin di Gaia Borghi
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acelleria Marchesi – MM dal 1964 (www.macelleriamarchesi.it) è un negozio storico sito nel cuore commerciale di Seriate (BG), più precisamente in Corso Roma 74, la seconda via principale del comune lombardo. L’attività nasce come piccola macelleria negli anni ‘60 e si evolve nel corso del tempo soprattutto grazie a GIUSEPPE MARCHESI, figlio del fondatore GIOVANNI, che
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negli anni ‘90, divenuto titolare del negozio, decide di ampliare l’offerta di carni e salumi inserendo il reparto di gastronomia e cambiando anima e volto a quella che era la classica macelleria di paese. Un nuovo arricchimento della proposta viene fatto negli anni 2000, con formaggi, pane e pasta fresca, trasformando e consolidando l’indirizzo come punto di riferimento per l’acquisto di una vasta gamma di specialità
gastronomiche e alimentari del territorio e non solo. Nel 2013, col pensionamento di Giuseppe, entrano ufficialmente alla guida del locale i figli, ANDREA e ALESSANDRO, i quali, insieme alla mamma TIZIANA CASATI, portano avanti le tradizioni famigliari cercando di stare al passo con l’evoluzione dei gusti della clientela e delle sue rinnovate esigenze. «Nel 2019 abbiamo deciso di “metterci del nostro”» mi racconta Andrea.
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Per il rinnovo e la ristrutturazione del proprio negozio a Seriate la Macelleria Marchesi ha scelto le attrezzature firmate Criocabin e in particolare il banco Etoile realizzato su richiesta del cliente con ventilazione frontale antiappannante e piano d’appoggio apribile in vetro extrachiaro. Sempre su richiesta specifica del cliente l’azienda ha canalizzato ed integrato a Etoile il banco Elisir. Etoile si distingue tra i banchi refrigerati per gastronomia perché estremamente versatile e personalizzabile: è possibile realizzarlo con angoli sferici di 90° o 45°, aperti o chiusi, con angoli a spigolo di qualunque gradazione, a seconda delle esigenze.
Un restyling completo dei locali, che sottende però un cambiamento più profondo. «Il negozio è rimasto tale e quale come dimensioni, mentre tutto il resto è stato letteralmente rivoluzionato» prosegue. «La trasformazione e il rinnovamento degli arredi è infatti legata alla volontà mia e di Alessandro di modificare la nostra attività, cambiando il concept del locale con un ulteriore ampliamento dell’offerta
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nella direzione della promozione del territorio e delle tante piccole attività locali, quelle a km 0 della provincia bergamasca, che ci riforniscono di prodotti di altissima qualità: confetture, formaggi, birre… Tante nuove aziende che abbiamo conosciuto in questo periodo, anche attraverso i nostri fornitori, e con le quali abbiamo iniziato a collaborare avendo come obiettivo questa nuova mission».
Il lockdown in questo caso, infatti, non è stato del tutto negativo, anzi. «A parte il fatto che in macelleria abbiamo continuato a lavorare moltissimo anche durante le settimane di massima emergenza sanitaria, possiamo dire che il rallentamento o le chiusure di “tutto il resto” ci hanno permesso di prenderci quel po’ di tempo in più per studiare, progettare e realizzare al meglio la nostra idea di “cambiamento”». Ed ecco anche perché la scelta finale di Andrea e del fratello Alessandro Marchesi è ricaduta su Criocabin di Praglia di Teolo (PD), affermata realtà nel mondo della refrigerazione in grado di unire tecnologie e design di altissimo livello. «Abbiamo conosciuto Criocabin a Modena, in occasione della fiera iMEAT 2019. Proprio perché il rinnovamento che stavamo affrontando era di dimensioni importanti, e volevamo fare una scelta con calma e ponderazione, non ti nascondo che abbiamo contattato altre aziende, visionato altre soluzioni, eppure, alla fine di ogni visita, il nostro pensiero tornava sempre là, alle attrezzature viste in fiera, che ci avevano colpito immediatamente e profondamente sia dal punto di vista estetico che per la qualità offerta. Oggi ti confermo che è stata proprio la scelta giusta».
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«La novità della riapertura per quanto riguarda le carni è l’integrazione dell’offerta di bovino, Garronese e vitello belga soprattutto, con una proposta più ampia e specifica per il dry aging grazie all’acquisto di un armadio maturatore» dice Alessandro Marchesi. «Carni adatte a frollature più lunghe, sia italiane che estere, dalla Spagna, il Black Angus irlandese e americano, la Chianina toscana, che proponiamo insieme a consigli su cotture, rub, marinature… Ci sono tanti appassionati del mondo della griglia e del BBQ e anche noi abbiamo studiato e continuiamo a farlo per avvicinarci a questa tipologia di clientela, molto preparata e sempre avida di novità. Da quando abbiamo riaperto, alla fine di agosto, abbiamo avuto un incremento delle vendite: in parte è merito nostro e in parte è merito sicuramente del nuovo locale». «Il nostro lavoro risulta facilitato grazie alla nuove attrezzature e grazie alla nuova esposizione, capace di valorizzare al massimo i prodotti, e la clientela si sente accolta ancora meglio di prima» puntualizza Andrea. «Possiamo offrire un servizio migliore e questo fatto ha soddisfatto in primis noi che siamo dietro al banco e al contempo i clienti che sono al di là». E a proposito di banco, per Macelleria Marchesi la scelta è caduta su Etoile, la superstar in casa Criocabin, banco refrigerato fatto su misura su richiesta del cliente con ventilazione frontale antiappannante e piano d’appoggio apribile in vetro extrachiaro. Sempre su richiesta specifica del cliente è stato canalizzato ed integrato in Etoile il banco Elisir. Ultimo ma non ultimo, il banco refrigerato verticale Ethos, ideale per il self-service. «Era proprio quello che volevamo» concludono i due fratelli. Gaia Borghi
In alto: banco refrigerato Ethos specifico per il Grab & Go in macelleria. In basso: i nuovi locali di Macelleria Marchesi.
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Criocabin Spa Via San Benedetto 40/A 35037 Praglia di Teolo (PD) Telefono: 049 9909100 E-mail: info@criocabin.com Web: www.criocabin.com
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Fortune favours the bold. ETHOS C, il perfetto espositore per la tua carne: quando si dice che un’immagine vale più di mille parole.
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INFO ALLE IMPRESE
Contributi a fondo perduto
Regione Lombardia Finanziamento agevolato ESL del 30% settore agroindustriale/ agroalimentare (copertura finanziaria complessiva 100% del valore dell’investimento) Reg. UE 1305/2013 Transizione PSR 2021/2022 Misura 4.2.01 Investimenti per trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli (ortofrutticoli, lattiero caseario, carni “bovini, suini, avicoli, cunicoli, ecc…”, uova, vitivinicolo, cerealicolo e riso, sementiero, olio d’oliva, miele, aceto, ecc…) È operativo il bando di finanziamento PSR Misura 4.2.01 per gli investimenti in aziende agroalimentari che consentirà di richiedere un contributo con una sovvenzione equivalente lorda (ESL) del 30% e una copertura finanziaria complessiva del 100% del piano di spesa ammesso ad agevolazione, su investimenti da realizzarsi negli anni 2022-2023, per:
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1. costruzione/ristrutturazione di immobili produttivi anche per fini di miglioramento energetico; 2. acquisto di macchine, attrezzature ed impianti tecnologici funzionali alla lavorazione, trasformazione, confezionamento, conservazione dei prodotti, ecc…; 3. acquisto di hardware e software specialistici per i processi produttivi; 4. investimenti per il risparmio energetico; 5. spese generali Regione Emilia-Romagna Finanziamento a fondo perduto del 35% settore agroindustriale / agroalimentare Reg. UE 1305/2013 Transizione PSR 2021/2022 Misura 4.2.01 Investimenti per la trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli (ortofrutticoli, lattierocaseario, carni “bovini, suini, avicoli, cunicoli, ecc…”, uova, vitivinicolo,
cerealicolo e riso, sementiero, olio d’oliva, miele, aceto, ecc…) Sarà operativo a breve il bando di finanziamento PSR Misura 4.2.01 per gli investimenti in aziende agroalimentari che consente di richiedere contributi a fondo perduto del 35% su investimenti da realizzarsi negli anni 2022-2023, presumibilmente per: 1. costruzione/ristrutturazione di immobili produttivi anche per fini di miglioramento energetico; 2. acquisto di macchine, attrezzature ed impianti tecnologici funzionali alla lavorazione, trasformazione, confezionamento, conservazione dei prodotti, ecc…; 3. acquisto di mezzi specialistici in grado di mantenere la catena del freddo nel trasporto della materia prima; 4. acquisto di hardware e software specialistici per i processi produttivi; 5. investimenti per la produzione di energia da fonti rinnovabili ad esclusivo uso aziendale; 6. spese generali.
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Regione Veneto
2014-2020 – Bando misura 4.2.01
Finanziamento a fondo perduto al 40% settore agroindustriale / agroalimentare
Sostegno delle imprese agroindustriali di trasformazione e/o commercializzazione di prodotti agricoli (ortofrutticoli, lattiero caseario, carni “bovini, suini, avicoli, cunicoli”, uova, cerealicolo, sementiero, vitivinicolo, ecc…)
Reg. UE 1305/2013 Transizione PSR 2021/2022 Misura 4.2.01 Investimenti per la trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli (ortofrutticoli, lattiero caseario, carni “bovini, suini, avicoli, cunicoli, ecc…”, uova, vitivinicolo, cerealicolo e riso, sementiero, olio d’oliva, miele, aceto, ecc…) È operativo il bando di finanziamento PSR Misura 4.2.01 per gli investimenti in aziende agroalimentari che consente di richiedere contributi a fondo perduto fino al 40% (PMI non in aree montane 30%) su investimenti da realizzarsi negli anni 2022-2023, per: 1. acquisto di terreni per la costruzione di immobili produttivi; 2. acquisto, costruzione e ristrutturazione di immobili produttivi; 3. costruzione e ristrutturazione di spacci aziendali; 4. acquisto di macchine, attrezzature ed impianti tecnologici funzionali alla lavorazione, trasformazione, confezionamento, conservazione dei prodotti, ecc…; 5. acquisto di mezzi specialistici in grado di mantenere la catena del freddo nel trasporto della materia prima; 6. acquisto di hardware e software specialistici per i processi produttivi; 7. investimenti per l’efficientamento energetico e per la produzione di energia da fonti rinnovabili ad esclusivo uso aziendale; 8. spese generali. Regione Piemonte Finanziamenti a fondo perduto del 40% settore agroalimentare Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR)
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È operativo il bando del settore agroindustriale/agroalimentare, per ottenere un contributo a fondo perduto del 40% su: 1. nuova costruzione o ristrutturazione di fabbricati adibiti alla conservazione, trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli; 2. acquisto di macchine e attrezzature di lavorazione, trasformazione, confezionamento; 3. acquisto di celle frigorifere; 4. investimenti per impianti termoidraulici, elettrici, ecc…; 5. investimenti per la produzione di energia da fonti rinnovabili ad esclusivo uso aziendale e per l’efficientamento energetico; 6. impianti ed attrezzature per la tutela ed il miglioramento dell’ambiente (ad esempio, impianti di depurazione); 7. impianti ed attrezzature che riducono i consumi idrici; 8. investimenti in hardware e software per la gestione operativa nell’azienda; 9. spese generali per consulenze tecniche di gestione dell’iniziativa. •
Per approfondimenti, siamo a disposizione per visite. Contattateci.
FABO S.I. Srl Telefono: 0545 84488 335 6060351 Giacomo 338 8918366 Marco Fax: 0545 84555 E-mail: info@fabosi.it Web: www.fabosi.it
SPECIALE READY TO EAT
Carni crude e tartare pronte al consumo
Ready to eat, la bella stagione è in arrivo di Elena Benedetti
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artiamo da due premesse. La prima ha che fare con le carni bovine, perché di prodotti a base di manzo si parlerà in questo articolo, e riprende quell’idea di mercato tratteggiata da ISMEA secondo cui l’offerta di prodotti è oggi polarizzata su due linee: da una parte i prodotti orientati verso la convenienza di prezzo e, dall’altra, quelli rivolti a consumatori più attenti e consapevoli dei problemi etici ed ambientali, che vogliono la qualità, il salutismo e la territorialità. “L’evolversi della filiera italiana delle carni bovine dovrà però intercettare e soddisfare soprattutto questa seconda tipologia di consumatore, diventando una filiera più ‘identitaria’, potenziando e valorizzando elementi di
valore aggiunto, qualità organolettica, modalità di frollatura, riconoscimenti territoriali, marchi di garanzia del rispetto animale e ambientale, valori etici e sociali, persino i miglioramenti che le nuove tecnologie possono aver apportato al prodotto” scrive ISMEA nel suo Rapporto a fine 2021. C’è poi un’altra questione, quella del “servizio”. Vera e propria parola d’ordine nel mercato delle carni che ci porta ad esigere prodotti facili da consumare. IL SOLE 24 ORE ha recentemente scritto che “i cosiddetti ‘ready to cook’ (ossia le terze lavorazioni bovine fresche come hamburger, macinato e polpette), sono il segmento più performante in GDO, le cui vendite sono cresciute in un anno del 20% a volume e del 25% a valore. Si
tratta, secondo NIELSEN, di un mercato da 285 milioni di euro che, a dispetto dei prezzi in salita, sta galoppando. E non solo nel fresco: anche tra i surgelati sono gli hamburger a registrare aumenti delle vendite a doppia cifra e a trascinare la riscossa della carne frozen (+8% a valore e +7% a volume)”. E come sottolinea spesso SALVO GARIPOLI, di SG MARKETING, «L’evoluzione del mercato passa sempre di più dalla capacità di interpretare i nuovi stili alimentari, che chiedono prodotti fast & easy ed elaborati gourmet ma a misura di intolleranti (in particolare nel gluten free). E la rassicurazione veicolata da prodotti made in Italy e locali, dalla filiera controllata e dalla garanzia del benessere animale, è il principale driver
L’Insalata di carne della linea Il Vitello di Casa Vercelli Perfetta da gustare fresca con un filo d’olio e qualche goccia di limone, oppure sull’insalata verde o sulla pizza o come ingrediente per rendere ancora più gustoso un piatto, l’Insalata di carne della linea Il Vitello di Casa Vercelli mette tutti d’accordo! Prodotta con carne di vitello magra, permette di raggiungere il fabbisogno di proteine giornaliero in maniera equilibrata. Prodotta dal Gruppo Vercelli attraverso un processo di filiera integrata con rintracciabilità certificata, è realizzata con carni di pregiati vitelli, nati, allevati e selezionati in Italia, e rigorosamente gluten free. www.ilvitellodicasavercelli.com
Coppiello Giovanni e i crudi “Quando la materia prima è di altissima qualità e controllata in ogni fase della lavorazione, cosa c’è di meglio dei crudi?” scrive Coppiello Giovanni sulle pagine del suo sito web. L’azienda padovana di Busa di Vigonza è forte di una lunga storia di famiglia mossa dalla passione per il proprio lavoro e dalla ricerca costante di qualità nella selezione di carni equine di prima scelta (oltre a bovino, suino e avicolo). Oltre alle linee di salumi, affumicati, speck e bresaola, Coppiello offre una selezione di prodotti che sono nutrienti e saporiti, mettendo così tutti d’accordo a tavola (in foto, Julienne di Bresaola di equino, senza allergeni, glutine e lattosio, ottima per insaporire le insalate e le pizze, aggiungendola a fine cottura). www.coppiello.it
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Leggerezza e gusto nei ready to eat di Fiorani Nel catalogo Fiorani i ready to eat hanno una considerazione speciale: è un ambito di grande interesse ed evoluzione, nel quale l’azienda emiliana ricerca un continuo miglioramento della sua proposta e dei prodotti in base alle tendenze emergenti. Ecco due degli ultimi prodotti lanciati da Fiorani.
Battuta di Fassone razza Piemontese Questa referenza, che amplia e completa la gamma delle tartare Fiorani, nasce dalla volontà di valorizzare le eccellenze zootecniche italiane. La razza Piemontese è infatti una carne pregiata, molto magra, ma allo stesso tempo decisamente tenera e saporita. Questa battuta è preparata con una ricetta che ne valorizza il sapore delicato e la nobile e tenera materia prima. Diventa, con pochi e semplici gesti, un antipasto ricercato o un secondo piatto gustoso e pratico. È ovviamente senza glutine, come tutti i prodotti Fiorani, pensati per mettere tutti d’accordo a tavola. Nel confezionamento si manifesta la riconosciuta attenzione Fiorani verso la sostenibilità: il pack in skin divisibile, oltre ad essere comodo, garantisce una maggiore durata del prodotto e minori sprechi.
Carpaccio Pic-Nic Fiorani ha pensato ad un’alternativa alimentare sana e pratica per la pausa pranzo in ufficio o in palestra. Si tratta di una porzione di carne di bovino marinata, tenerissima, in una comoda vaschetta abbinata a un delicato dressing dai sentori mediterranei e a una bustina di Parmigiano Reggiano DOP. Con il Carpaccio Pic-Nic si realizza l’emblema del ready to eat secondo Fiorani. Un piatto talmente versatile e pratico da poter essere portato e consumato ovunque senza rinunciare ai precetti del “mangiar sano”. Si tratta infatti di un prodotto gustoso e naturale, in opposizione rispetto ai tanti cibi processati e iper-sofisticati presenti sul mercato. Una porzione di carne magra e ad alto contenuto di proteine, senza sapori artefatti ed eccessi in conservanti e coloranti. Straordinariamente tenera, tanto che per consumarla è sufficiente una forchettina. Il carpaccio è il tipo di referenza che per Fiorani risponde ai nuovi stili di vita e alle richieste dei consumatori che cercano prodotti buoni, pratici e sani. >> Link: www.fioraniec.com 74
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La Tartare di Scottona Lidl La Tartare di Scottona prodotta da Lidl e commercializzata in skin pack. Sul retro della confezione sono riportate informazioni sul packaging (“Perché scegliere lo skin?”), sugli ingredienti e sulla conservazione. www.famigliaambrosini.com
Gran Selezione di razza Chianina di Ambrosini Carni La Tartare Gran Selezione di razza Chianina di Ambrosini Carni, da 160 grammi, leggermente marinata con olio extravergine di oliva, sale e pepe e priva di glutine. Nel retro del pack sono riportate informazioni sulla razza Chianina, caratterizzata da una “carne pregiata, gustosa, magra e tenera”. www.famigliaambrosini.com
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La Tartare con Chianina di Spiedì La Tartare con Chianina di Spiedì, prodotta con carne bovina di Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP. Nel retro del pack sono fornite indicazioni per il suo consumo oltre ai suggerimenti per la preparazione di un’emulsione gustosa con olio, poco succo di limone o arancia, qualche scorzetta dello stesso agrume, sale e pepe. www.spiedi.it
La Carne Salada del Salumificio Casa Largher La Carne Salada del Salumificio Casa Largher, contrassegnata dal marchio di Qualità Trentino, è ottenuta dai migliori tagli del bovino sottoposti a circa un mese di salatura (in foto la versione Carpaccio). www.largher.it
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Tonazzo 1888 e la linea “Cotti per me!” Il brand Tonazzo 1888 rinnova il proprio impegno nell’offrire prodotti pratici e versatili nel banco del fresco con una nuova proposta time-saving che mantiene tutta l’eccellenza della carne bovina di prima scelta, offrendo al consumatore “sempre il taglio migliore”. L’obiettivo di fornire l’articolo ideale per i bisogni di ognuno si conferma nella nuova linea di prodotti “Cotti per me!”, rivolta a coloro che, pur non avendo molto tempo a disposizione per mettersi ai fornelli, desiderano inserire nella loro dieta un prodotto gustoso e di qualità che possa essere una valida alternativa ai tradizionali tagli di carne. Tonazzo 1888 propone piccole e sfiziose polpette — al gusto classico, alla pizzaiola o con spinaci e speck — da scaldare e pronte in soli 3 minuti, per poter portare a tavola un secondo piatto completo o un finger food davvero appetitoso e adatto ad ogni occasione. Un piatto pronto a base di carne bovina ad alto contenuto di proteine, perfetto per tutti i gusti e per chi, a causa di ritmi frenetici, non sempre ha del tempo da dedicare alla cucina, incontrando anche le esigenze dei consumatori più attenti alla sostenibilità grazie ad un packaging realizzato con materiali riciclati e sostenibili. L’esperienza di una famiglia che da cinque generazioni si occupa di proteine animali Nelle linee di prodotti Tonazzo 1888 risiedono la storia e l’esperienza della famiglia Tonazzo, famiglia veneta che da cinque generazioni si occupa di produzione e lavorazione delle proteine animali con grande dedizione e passione, una realtà imprenditoriale dinamica e capace di distinguersi grazie a un’offerta di alta qualità con grande attenzione alla ricerca ed allo sviluppo. >> Link: tonazzo1888.com
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La Tartare di Marchigiana firmata Centro Carne Ecco qua la Tartare di Marchigiana dell’abruzzese Centro Carne: 160 grammi di prodotto, in cui vengono utilizzati solo e unicamente tagli pregiati di bovino razza Marchigiana “IGP Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale”. Il risultato è una tartare dal sapore gustoso, leggero, ideale per una giusta dieta equilibrata. È semplice e completa e necessita di un solo goccio di olio extravergine di oliva per essere perfetta. Confezionata con un pack innovativo, cartoncino 18x18 skin pack, certificato FSC, con conservabilità del prodotto fino a 21 giorni. Il colore roseo resta inalterato, come sapore e odore del prodotto. All’apertura darà l’idea di un prodotto fresco, pronto per essere consumato. www.centrocarne.com
La Battuta di Fassone Dal cuore del Cuneese in Piemonte la famiglia Formento produce carne bovina di qualità con un lavoro continuo di creazione del valore lungo tutta la filiera, dalla selezione dei capi bovini, agli allevamenti, lavorazione, monitoraggio e logistica. L’azienda MEC di Montanera (CN) è leader nella produzione della carne di razza Piemontese in una gamma articolata in varie linee, tra in osso, Iª, IIª, IIIª e linee dedicate tra cui questa Battuta di Fassone (in foto), già condita con olio extravergine d’oliva, sale e pepe, senza glutine, perfetta come antipasto o secondo piatto leggero. www.carnimec.it che sostiene e sosterrà l’acquisto di carni fresche». Data questa introduzione che ci aiuta a contestualizzare il prodotto, e forti del fatto che oramai le giornate si allungano sempre di più e che presto arriverà la tanto agognata stagione estiva, ecco che può essere interessante un focus sui ready to eat, preparati di carni cruda consumare senza la necessità di preparazioni o cotture. Qualsiasi carne o prodotto a base di carne considerato ready to eat
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non necessita di cotture aggiuntive per essere consumato in sicurezza, come ad esempio una tartare di carne e di pesce. È ovvio che, in questo caso, il livello di igiene del processo sia assolutamente fondamentale, soprattutto dove il prodotto è crudo e consumato tale. Progettato proprio per facilitare un consumo immediato, questo prodotto è oggi disponibile sul mercato in modalità e varianti
differenti, orientate a soddisfare un consumatore moderno amante della carne e abituato a mangiarla al naturale, senza previa cottura, e a riconoscerne il sapore dalla texture e dalla naturalezza dei condimenti, evitando dunque salse coprenti. In queste pagine trovate una carrellata dei prodotti scoperti nella GDO del nostro territorio per cogliere le novità e le innovazioni più interessanti. Elena Benedetti
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Bervini, il meglio dal mondo, pastrami compreso Punta di petto bovino, sale, pepe, rosmarino e timo: quella che ammirate in foto è la versione del pastrami prodotta dalla Ala carni del Gruppo reggiano Bervini nel suo stabilimento di Ala in provincia di Trento. La ricetta arriva direttamente da un viaggio in Québec fatto oltre 30 anni fa da Renzo Bervini, presidente dell’omonimo Gruppo. Il taglio per la preparazione della tipica Viande fumée à la montréalaise o Smoked meat, come viene più semplicemente chiamato il pastrami da quelle parti, è infatti la punta di petto, il Beef brisket per intenderci, mentre negli Stati Uniti si utilizzano solitamente tagli più grassi ed una speziatura più accentuata, con la presenza di pepe, paprika, chiodi di garofano, aglio, coriandolo… La punta di petto è un taglio generalmente piuttosto fibroso, ricco di tessuti connettivi, che necessita di lunghe cotture; è adatto ad esempio per il bollito e deve essere quindi di qualità elevata perché il pastrami che se ne ricaverà resti morbido e gustoso. Per questa versione pregiata parliamo di carne di bovino adulto selezionata e grain fed. La punta di petto viene immersa in salamoia, la si asciuga per bene e la si cosparge interamente di spezie, sale, pepe, rosmarino e timo, massaggiandola affinché penetrino all’interno il più possibile. Seguono l’affumicatura e la cottura a vapore. Prima del sottovuoto il pastrami è ripulito dall’eccesso di spezie rimasto in superficie, così la carne risulterà più dolce e sarà maggiormente gradita alla maggior parte dei nostri connazionali, non così abituati ad imbottire i propri panini con la carne quando non si tratti di insaccati, hamburger o della mitica fettina di pollo panata. Tagliato a fette piuttosto spesse si può gustare così, al naturale, con un contorno di insalata di patate condita con yogurt arricchito con erba cipollina e prezzemolo o con la classica coleslaw a base di cavolo cappuccio, carote e maionese. Per mangiare il pastrami come ripieno di un sandwich, un toast, un bun o tra due fette di pane preferibilmente “nero”, integrale o di segale (il tipico sandwich americano), meglio tagliare invece le fette molto sottili, magari usando l’affettatrice al posto del coltello (photo © Massimiliano Rella). >> Link: www.bervini.com
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Simone Rugiati si riconferma Ambassador per l’Italia della carne irlandese
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rosegue per il 2022 la collaborazione tra BORD BIA e SIMONE RUGIATI (in foto), che si conferma per il secondo anno consecutivo Ambassador della carne irlandese per l’Italia. Una collaborazione duratura, che permetterà allo chef di esaltare ancora di più le qualità di questa carne tenera e marezzata dal gusto deciso e ben distinto, caratterizzata da un colore rosso borgogna e dal grasso dorato, grazie alla sua creatività e continua ricerca in ambito culinario. «Sono davvero felice di estendere questa collaborazione: ho sempre sostenuto che la materia prima è fondamentale e in questo caso la qualità è davvero eccezionale. La storia che si cela dietro a questi prodotti è tutta da scoprire e li valorizzerò attraverso nuove ricette, rispettandone il gusto e caratteristiche, perché, ormai lo sappiamo, è Buona per Natura!». La collaborazione, nata con l’obiettivo di accrescere l’awareness della carne irlandese verso il grande pubblico, oltre a coinvolgere i profili social dello chef (Instagram e Facebook), quest’anno vedrà Simone Rugiati impegnato in attività di media relation, eventi e call to action. «Siamo molto contenti di portare avanti questa collaborazione con un personaggio così conosciuto e amato dal pubblico italiano» commenta FRANCESCA PERFETTO di Bord Bia Italia. «Lo scorso anno Simone si è dimostrato un grande estimatore della nostra carne realizzando ricette creative e trattando la materia prima nel miglior modo possibile. Le carni di manzo e agnello irlandesi sono estremamente versatili e, infatti, sono molto apprezzate sia nell’ambito della ristorazione che dal consumatore finale.
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In Irlanda bovini e ovini sono allevati secondo natura, al pascolo, e questo permette di ottenere una carne di elevata qualità. Non vediamo l’ora di scoprire cosa realizzerà Simone quest’anno!». Le carni irlandesi sono apprezzate da chef ed esperti del settore e rappresentano una grande ec-
cellenza gastronomica: tecniche di allevamento tradizionali, un’attenzione particolare al benessere animale, alimentazione Grass Fed, ovvero animali allevati al pascolo che si nutrono prevalentemente di erba fresca, rendono questa carne ricca di proprietà nutritive e “Buona per Natura”.
Bord Bia, Irish Food Board, è un ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari, bevande e prodotti ortofrutticoli irlandesi. Lo scopo di Bord Bia è quello di promuovere il successo dell’industria Food & Beverage e dell’orticoltura irlandese attraverso servizi di informazione mirati, la promozione e lo sviluppo dei mercati. Nel 2021 le esportazioni dell’industria Food & Beverage irlandese sono arrivate a quota 13,5 miliardi di euro, con una crescita del +4% in più rispetto all’anno precedente. L’Italia rappresenta uno dei mercati più importanti per l’export di manzo irlandese in Europa con scambi valutati, nel 2021, a 170 milioni di euro e una crescita dell’1%. >> Link: www.irishbeef.it
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L’eccellenza su misura struttura all’avanguardia per la lavorazione delle carni suine attività di stoccaggio a bassa temperatura, congelazione e scongelazione alto livello logistico in grado di soddisfare ogni esigenza con competenza e tempestività sostenibilità ambientale grazie ad impianti innovativi ad energia alternativa
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TENDENZE
Muushi, il sushi di carne
Gunkan di Chianina
di Federica Cornia
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igiri di Wagyu, sale Maldon, zenzero e wasabi. Oppure nigiri di Angus, salsa di soia e cipolle caramellate. O, ancora, nigiri di cervo, con sale alle erbe e mirtilli e maionese al rafano. Huramaki di Chianina, hosomaki di pollo e Fassona piemontese, sashimi di Wagyu e Angus. Poke di pollo croccante, di pollo teriyaki, di tartare di Fassona o straccetti di cervo. Solo a leggere questo adattamento nostrano della tradizione del sushi giapponese vien l’acquolina in bocca e il desiderio di provare i vari abbinamenti che sono in menu e portarseli a casa. Siamo ad Arese, comune di Milano, nell’Iper La grande i, nel centro commerciale Il Centro di Arese. È qui che il 4 dicembre scorso, nell’area gastronomia/macelleria, sono spuntate due bacchette da sushi che stringono un hosomaki in cui campeggia una testa bovina. Sotto, la scritta Muushi.
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Un logo che più chiaro di così non si può e che campeggia sul chiosco di fronte al banco macelleria. La coda di gourmet golosi e curiosi non si è fatta attendere. Tutti in fila attirati da questa fusione di tradizione giapponese e occidentalità nata da un’idea di SALVATORE CHIOETTO. Uno che il mondo della carne lo conosce bene, che ci ha lavorato a lungo svolgendo diverse mansioni, cosa che gli ha permesso di maturare un’esperienza a 360 gradi: prima operaio addetto alla lavorazione carni, poi impiegato, infine responsabile acquisti per ben 22 anni per METRO Cash & Carry. Nel 2018 la voglia di mettersi in proprio e il salto: nasce Conteco Food Srl, azienda che si occupa di consulenze tecniche e commerciali nel mondo delle carni e salumi e che lo vede direttore commerciale.
Poi la pandemia, il lockdown, il calo del fatturato. C’è bisogno di fare qualcosa di nuovo, di diverso, lontano dall’ambito della ristorazione dato il momento sfavorevole. E un’idea nel cassetto Salvatore ce l’ha, gliel’ha fornita con una frase, in tempi non sospetti, il figlio primogenito, che del sushi di pesce non sopporta nemmeno l’odore: «Se ci fosse il sushi di carne io lo mangerei». Ripescata e rispolverata, l’idea si concretizza e prende forma, da asporto, dentro le vaschette take away esposte nel chiosco di Muushi all’interno dell’Iper di Arese. Fatta la scelta se prendere sushi o sashimi, o magari, perché no, tutti e due, si può decidere se mangiare sul posto, nelle aree attrezzate dell’ipermercato, o portare tutto a casa. È ampia, selezionata con cura, la varietà di carni utilizzate nelle diverse preparazioni: c’è la carne
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Il corner di Muushi all’Iper La Grande i di Arese (MI). Muushi è un’esperienza gastronomica unica ed originalissima in cui la tradizione giapponese si fonde con l’alta cucina italiana sushi di carne & tanto altro: poke di carne, selezione di sushi e sashimi di carne, tartare e carpacci.
di cervo della Nuova Zelanda, che oltre a finire sul nigiri è utilizzato per il carpaccio; per quel che riguarda la carne bovina troviamo il Black Angus dagli USA, la Fassona piemontese, la Chianina e il Kuroge Wagyu giapponese proveniente dalla Prefettura di Gunma.
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Suino iberico e pollo completano la gamma. Poi ci sono i salumi: cotti di tacchino e suino, i salumi di anatra e il prosciutto crudo Bellota Pata Negra. Ad occuparsi dei vari abbinamenti e della declinazione carnivora, all’occidentale, della
tradizione giapponese del sushi, c’è FABIO GIBILLINI, giovane chef di 29 anni che ha affiancato Salvatore in quest’avventura. Della fornitura delle materie prime, invece, non può che occuparsene Salvatore. Insieme i due hanno dato vita ad una società che, sin da subito,
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Lo chef Fabio Gibillini e Salvatore Chioetto, Amministratore Delegato e ideatore di Muushi Srl. data l’idea forte, ha raccolto pareri favorevoli: è bastata la degustazione dei piatti ideati da Fabio abbinati a materie prime di qualità garantita per conquistarsi un corner nell’Iper La Grande i e far decollare il chiosco. «E se questo va bene, può darsi ce ne diano altri» dice Salvatore. Il progetto piace e promette bene infatti, nonostante il mese di gennaio registri una battuta d’arresto rispetto all’andamento di dicembre. Tanto bene che c’è nell’aria la proposta di aprire altri punti vendita, di certo un prossimo a Milano, in zona fiera. «I feedback sono stati positivi, non uno negativo» dice Salvatore, con quasi una punta di rammarico perché lasciato privo di spunti per poter migliorare ancora qualcosa. E prosegue: «Rispetto all’assortimento iniziale abbiamo rivisto alcuni prodotti perché ci sembrava non venissero recepiti bene. Tra tutti i preparati è il Wagyu che va per la maggiore». I prodotti si acquistano direttamente a banco e si possono ritirare anche su ordinazione, ma già è in
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programma il servizio di delivery per raggiungere anche il target dei più giovani. «Noi non è che siamo i primi a fare il sushi di carne — ci tiene a sottolineare Salvatore — ci sono ristoranti in Piemonte e in Liguria che lo fanno. Noi siamo i primi a farlo come quello di pesce con take away espresso all’interno della GDO. Le lavorazioni delle carni vengono fatte da aziende specializzate, tutta la merce è accuratamente selezionata da me. Io voglio offrire il top del prodotto, una qualità che si percepisca subito come diversa, superiore alla media». Il tutto nel rispetto degli standard di sicurezza richiesti: «Le tartare sono fatte in laboratori specializzati, confezionate in skin e vengono effettuate analisi su tutti i lotti di produzione. I carpacci per i nigiri sono semilavorati di Angus, Wagyu e Valtellinese. La carne di queste razze viene lavorata come se fosse bresaola ma, a differenza di quest’ultima, non viene stagionata e così rimane morbida».
Ad arricchire quest’originale esperienza gastronomica, all’esterno del chiosco, ci sono una serie di prodotti esclusivi, solitamente non presenti in GDO, come un prestigioso sakè, che nell’imitazione del consumo originale andrebbe bevuto durante il pasto, e le Patatas Nana, patatine in stick aromatizzate con ricette di Morgan, l’unione in un sacchetto di due aziende che sposano una stessa filosofia: quella dell’utilizzo di prodotti 100% naturali, l’una per le patatine, l’altra per gli aromi. «Una grande storia inizia da un grande incontro» è quel che si legge sul sito di Patatas Nana, riferendosi all’incontro dello chef MICHELE GILEBBI, l’ideatore dell’esclusiva chips ottenuta da un tubero andaluso tagliato sottilissimo, con FRANCESCO MAZZAFERRI, oggi responsabile commerciale di Patatas Nana. Chissà allora che non sia l’inizio di una grande storia anche l’incontro di Salvatore con Fabio. La registrazione del marchio Muushi è di buon auspicio. Federica Cornia
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Ismea: suini, le tendenze del settore
I
l mercato europeo dei suini è sotto pressione a causa dello squilibrio tra l’offerta abbondante e il rallentamento della domanda soprattutto da parte della Cina, che continua a rappresentare la principale destinazione delle carni suine comunitarie. La buona disponibilità di prodotto cinese, dovuta sia ad un aumento della produzione nazionale sia a un elevato livello degli stock di carni congelate, potrebbe determinare un ulteriore rallentamento delle importazioni nei prossimi mesi, facendo registrare, a fine anno, una variazione negativa dell’export — stimata tra il 10% e il 20%1 — rispetto ai livelli record del 2020. Ciò potrebbe imprimere ulteriore pressione al ribasso dei prezzi della carne suina
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sui mercati dei principali player esportatori determinando una redistribuzione degli scambi di prodotto nel mercato globale. Sui mercati europei, i prezzi medi dei suini sono progressivamente diminuiti negli ultimi mesi, sollevando preoccupazioni per la marginalità degli allevatori di suini: dopo il picco raggiunto a giugno, a partire dal mese di luglio i listini della carne suina sono costantemente diminuiti, portando la media dei primi nove mesi del 2021 a 151,2 €/100 kg peso carcassa (–11,2% rispetto a un anno fa, per i suini categoria S-E). Nel mese di ottobre, sulla base delle ultime quotazioni disponibili, si registra un ulteriore ribasso, con i prezzi scesi in media a 133,7 €/100 kg (–8,4%
nel confronto su base annua). Il calo delle quotazioni europee sta interessando, in misura anche più accentuata, i suinetti, che nei primi nove mesi hanno mediamente raggiunto i 45 €/capo, con una variazione del –18% rispetto ad un anno fa. Anche per questa categoria, la flessione non sembra arrestarsi con le ultime quotazioni del mese di ottobre attestatesi sotto i 30 €/ capo (–17% su base annua). La produzione di carne suina dell’UE è aumentata di 375.000 tonnellate nei primi sette mesi del 2021 (+2,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente), ma nel confronto bisogna tener conto delle interruzioni dell’attività di macellazione verificatesi nel corso del 2020 a causa dell’emergenza Covid.
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Dopo il fermo dovuto al Covid le macellazioni sono in ripresa in tutti i principali produttori UE (+3% nei primi sette mesi del 2021) La ripresa delle macellazioni ha interessato tutti i principali paesi produttori (Spagna +2,7% rispetto a gennaio-luglio 2020, Polonia +5,0%, Paesi Bassi +7,1%, Danimarca +9,3%, e Italia +7,4%), ad eccezione della Germania, dove la PSA (Peste Suina Africana) ha determinato la perdita del mercato cinese e il conseguente calo dei prezzi; l’impatto sulle macellazioni è già visibile con una flessione della produzione pari all’1,6% nei primi sette mesi del 2021. Di fronte al crollo dei prezzi dei suini e al contemporaneo aumento dei costi dei mangimi, il settore delle carni suine dell’UE dovrebbe reagire con una frenata della produzione e, secondo le previsioni della Commissione europea2, il 2021 dovrebbe chiudersi con un aumento dell’1,7% rispetto all’anno precedente. Questa tendenza
potrebbe continuare nel 2022, con una previsione di crescita del +0,6% su base annua. Se da un lato il calo dei prezzi ha impattato negativamente sui margini degli allevatori di suini dell’UE, dall’altro lato la carne suina comunitaria ha acquisito un vantaggio competitivo sui mercati mondiali. Nel complesso le esportazioni UE di prodotti suinicoli sono aumentate dell’8,7% nei primi otto mesi del 2021, soprattutto le carni congelate (+12,3%) che rappresentano quasi i due terzi dei volumi complessivamente diretti verso Paesi terzi (Regno Unito escluso). La performance complessivamente positiva dell’export UE, in realtà, è frutto di dinamiche contrapposte che hanno interessato i vari mercati di sbocco. Nel corso del 2021 sono diminuite, infatti, le esportazioni dirette verso la Cina (–5,1% nel periodo gennaio-agosto), a fronte di una crescita sostenuta della produzione interna (+38% nei primi nove mesi del 2021). Allo
stesso tempo, carni e preparazioni dell’UE hanno trovato sbocco in altre destinazioni dell’Asia (Filippine +170%, Vietnam +33%, Corea del Sud +10% nei primi otto mesi del 2021) in cui la PSA ha ridotto significativamente la produzione interna, negli Stati Uniti (+37%), in Australia (+41%) e in Ucraina (+11%). Con l’obiettivo di diversificare i mercati in alternativa a quello cinese, anche l’America Latina (soprattutto Cile) sta diventando una destinazione importante per le esportazioni di carne suina comunitaria, di quella spagnola in particolare. Nel complesso le esportazioni UE di carni suine dovrebbero rimanere dinamiche, con un aumento del +6% a fine 2021, ma la situazione del settore suinicolo comunitario sarà fortemente influenzata dagli sviluppi del mercato cinese, che sembra dirigersi verso una sempre maggiore autosufficienza anche grazie a un incremento del patrimonio e soprattutto del numero di scrofe da riproduzione.
Il settore suinicolo nazionale A partire da metà anno, con le progressive riaperture dei mercati esteri e la ripresa dei flussi turistici in Italia a seguito dell’allentamento delle misure anti-Covid, la richiesta da parte dell’industria nazionale di trasformazione è cresciuta, determinando una certa ripresa delle macellazioni. Nei primi otto mesi del 2021 in Italia sono stati complessivamente macellati 7,5 milioni di capi (di cui circa i ¾, pari a 5,5 milioni, all’interno del circuito DOP), facendo registrare un incremento produttivo dell’1,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+1,3% per le DOP). Il mercato suinicolo italiano, pur non essendo ancora direttamente coinvolto nei flussi verso la Cina, a fine estate ha iniziato a risentire negativamente delle dinamiche internazionali che hanno interessato la carne suina fresca e i suinetti da ingrasso — di cui l’Italia è importatrice netta — con un ripiegamento
dei listini dei capi vivi. Secondo l’Indice ISMEA dei prezzi all’origine, dopo i recuperi registrati nei mesi estivi, le quotazioni medie dei suini sono risultate in calo del 6,2% a settembre 2021 a causa delle flessioni che hanno interessato sia i capi da macello (–5,5% rispetto al mese precedete) sia quelli da allevamento (–11%). Rimane positivo il confronto col 2020 (rispettivamente +5,4% e +2%), ma si deve sottolineare che lo scorso anno il settore stava attraversando una profonda crisi causata da molteplici fattori legati all’emergenza Covid-19: da un lato la chiusura del canale HO.RE.CA. disposta ai fini del contenimento dei contagi in Italia e in tutti i principali mercati di sbocco delle produzioni tipiche nazionali aveva determinato un eccesso di disponibilità di prodotto e un calo della richiesta di capi vivi da parte dell’industria di trasformazione, dall’altro la necessità di adeguamento alle
disposizioni sanitarie aveva determinato il rallentamento dell’attività di macellazione con conseguente allungamento dei tempi di permanenza dei suini negli allevamenti da ingrasso e relativo sforamento dei limiti di peso ammessi in base ai disciplinari di produzione dei prosciutti DOP. Scendendo nel dettaglio delle quotazioni degli animali vivi, si evidenzia come il mercato nazionale sia stato sostenuto fino all’estate dalla straordinaria ripresa delle esportazioni, poi a partire da settembre il prezzo dei suini pesanti (160-176 kg) — principale specializzazione degli allevamenti italiani, destinata a prodotti trasformati di qualità certificata (DOP) — ha iniziato a calare, arrivando nel mese di ottobre a 1,53 €/kg peso vivo e posizionandosi al medesimo livello di un anno fa. Andamento simile per il prezzo dei suini leggeri (90-115 kg), destinati alla produzione di carni fresche, che ad ottobre ha toccato il valore
La situazione degli allevamenti suini nazionali si presenta attualmente critica, soprattutto sul fronte dei costi di produzione, considerando la spinta inflazionistica che ormai da diversi mesi sta interessando i prezzi delle materie prime destinate all’alimentazione dei suini, mais e soia in primis (photo © littlewolf1989 – stock.adobe.com).
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medio di 1,27 €/kg peso vivo. Per entrambe le categorie, come già anticipato, il dato medio da inizio anno presenta uno scostamento positivo rispetto al 2020, rispettivamente +7,5% e +5,9% per il cumulato gennaio-ottobre. La situazione degli allevamenti nazionali si presenta attualmente critica, non solo sul fronte dei ricavi, ma anche sul fronte dei costi di produzione, considerando la spinta inflazionistica che ormai da diversi mesi sta interessando i prezzi delle materie prime destinate all’alimentazione dei suini (mais e soia in primis). I listini degli alimenti zootecnici sono cresciuti sensibilmente a partire dall’inizio del 2021, arrivando a toccare livelli tra i più alti degli ultimi dieci anni: i prezzi del mais ad uso zootecnico hanno superato i 301 €/t nel mese di ottobre (+60% rispetto ai livelli di un anno fa) e per la soia sono arrivati a quasi 608 €/t (+57%).
Nel complesso l’Indice ISMEA dei prezzi degli input produttivi per gli allevamenti suini segna un incremento del 6,6% nei primi nove mesi del 2021, proprio sotto la spinta dei mangimi (+6,4%) e dei prodotti energetici (+5,5%). A partire dall’autunno gli annunciati rincari dei prodotti energetici — carburanti ed energia elettrica — potrebbero ulteriormente aggravare i bilanci delle aziende zootecniche italiane. Mercato all’ingrosso in controtendenza, ma solo per i tagli destinati all’industria I cali di prezzo che stanno interessato il mercato del vivo non si sono trasferiti nella fase all’ingrosso, in cui i prezzi dei tagli di carne suina industriale continuano la progressiva risalita cominciata a inizio 2021. Prosegue l’aumento delle quotazioni delle cosce fresche destinate alla stagionatura sia per il circuito DOP che non (rispettivamente +16% e +18%
rispetto a gennaio-ottobre 2020), in particolare grazie al balzo delle esportazioni dei prosciutti e alla ritrovata domanda da parte degli operatori dell’HO.RE.CA. In dettaglio, i prezzi delle cosce fresche destinate al circuito DOP sono arrivati a 4,5 €/kg nel mese di ottobre, registrando un aumento del 24% rispetto ai livelli di dodici mesi prima; per le cosce fresche del circuito non tutelato l’apprezzamento rispetto a un anno fa è stato del 28%, raggiungendo mediamente i 3,9 €/kg a ottobre 2021. In sofferenza, all’opposto, i tagli freschi che stanno risentendo del crollo della domanda domestica dopo gli straordinari aumenti delle vendite nella GDO registrate nel 2020: per il lombo taglio Padova, in particolare, i prezzi risultano assestati a ottobre 2021 su un livello di 3,2 €/kg, con un calo dell’11% rispetto a un anno fa. La flessione dei prezzi su scala internazionale dei capi vivi e dei tagli destinati al
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La flessione dei prezzi su scala internazionale dei capi vivi e dei tagli destinati al consumo fresco sta determinando nel corso del 2021 una significativa riduzione del deficit della bilancia commerciale del settore suinicolo italiano, considerata la strutturale dipendenza dall’estero di carni e animali da ristallo (photo © contrastwerkstatt – stock.adobe.com). consumo fresco sta determinando nel corso del 2021 una significativa riduzione del deficit della bilancia commerciale del settore suinicolo italiano, considerando la strutturale dipendenza dall’estero sia di carni che di animali da ristallo. Il disavanzo è diminuito di 238 milioni di euro nei primi sette mesi del 2021, come conseguenza di un calo degli acquisti dall’estero (7% in valore) e un contemporaneo aumento delle esportazioni (+14% in valore), principalmente da attribuire alle “preparazioni e conserve
suine” — che incide per l’82% sul valore dell’export totale del settore — che hanno fatto registrare un aumento su base annua del 12% in valore. L’aumento, sia in volume che in valore ha riguardato tutte le principali categorie di prodotti esportati, con la sola eccezione dei “prosciutti stagionati con osso”. Per quanto riguarda i “prosciutti disossati, speck e culatelli”, i principali mercati di sbocco si confermano Francia e Germania, generando complessivamente circa il 37% del valore delle esportazioni italiane. Ma, nel 2021,
Dei mesi del lockdown gli Italiani hanno tenuto alcune abitudini, continuando a spendere di più per cibi gourmet, per soddisfare il gusto o da consumare nei momenti di ritrovata convivialità e per prodotti legati alla salute e al benessere personale. Per i consumi domestici dei prodotti della filiera suinicola ciò si traduce in una variazione negativa sia per la carne fresca sia per i salumi
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il recupero più evidente, dopo le difficoltà connesse alla situazione pandemica, è quello realizzato negli Stati Uniti (+46% in volume e +37% in valore). Grande ripresa pure per le esportazioni di “salsicce e salumi stagionati” (+16% in valore e +22% in volume), con risultati molto positivi anche nel Regno Unito, che dopo la Germania, si conferma tra le principali destinazioni. Dopo gli straordinari andamenti dello scorso anno, i consumi domestici di carne suina tornano a calare A livello nazionale l’andamento dei consumi di prodotti alimentari sta progressivamente ritornando alla normalità e, mano a mano che ci si allontana dai momenti più critici dell’emergenza Covid-19, sembrano riconfermarsi molte delle dinamiche pre-pandemia. In particolare, stanno risalendo gli acquisti per i piatti pronti e le pietanze che richiedono tempi ridotti di preparazione. Dei mesi del lockdown,
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però, gli Italiani hanno tenuto alcune abitudini, continuando a spendere di più per cibi gourmet, per soddisfare il gusto o da consumare nei momenti di ritrovata convivialità e per prodotti legati alla salute e al benessere personale. Tutto ciò per i consumi domestici dei prodotti della filiera suinicola si sta traducendo in una variazione negativa sia per la carne fresca (–4% in quantità nei primi nove mesi del 2021) sia per i salumi (–1% in quantità). Per i salumi, tuttavia, è da sottolineare una dinamica assai variegata per le singole categorie, con una variazione positiva di spesa e quantità soprattutto per i prosciutti crudi. Il prodotto più venduto resta il prosciutto cotto, sebbene in calo. I consumatori tornano al banco del fresco Da rilevare, inoltre, un ritorno al banco del fresco per i consumatori, segnato da una ripresa degli acquisti di salumi a “peso variabile” e da un contemporaneo calo delle prefe-
renze per gli affettati confezionati in vaschetta (rispettivamente +1% e –2% in volume nei primi nove mesi del 2021). Le prospettive Il graduale allentamento delle misure di contenimento e le conseguenti riaperture — non solo in Europa ma anche nei principali big a livello mondiale — stanno dando slancio alla domanda e una ritrovata vivacità agli scambi mondiali. Ma nei prossimi mesi gli effetti positivi sulla filiera, e soprattutto sugli allevamenti nazionali che già denotano una situazione di criticità sul fronte della marginalità, potrebbero assottigliarsi sotto la pressione inflazionistica che sta interessando le materie prime per l’alimentazione dei suini e i prodotti energetici, in particolare energia elettrica e carburanti, con effetti non trascurabili sui processi di trasformazione e sui costi di trasporto. Tutte queste questioni vanno ad aggiungersi ad altre problematiche di ordine
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Zangolare
Affettare A
Formare e porzionare Fo
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economico e sociale, derivanti in parte da un atteggiamento sempre più diffidente da parte della società nei confronti dei consumi di carne e sulle modalità di gestione degli allevamenti dall’altro da questioni di carattere organizzativo e strutturale della filiera. Da non trascurare, infine, l’orientamento sempre più pregnante da parte delle istituzioni comunitarie in termini di benessere e sostenibilità degli allevamenti. Fonte: Direzione Servizi per lo Sviluppo Rurale Redazione a cura di: Mariella Ronga www.ismeamercati.it www.ismea.it Note 1. Stime RABOBANK, research.rabobank.com 2. Commissione UE, EU Agricultural Markets Short-Term Outlook, Autumn 2021 (ec.europa.eu/info/foodfarming-fisheries/farming/factsand-figures/markets/outlook/ short-term_en).
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MERCATI
Beef please, la passione dei Britannici per il bovino Crescono le vendite al dettaglio negli ultimi due anni incuranti dell’aumento nei prezzi di Roberto Villa
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el corso della prima ondata pandemica da Covid-19 i cittadini britannici si sono riscoperti, come non accadeva da decenni, cuochi fantasiosi e attenti alla preparazione dei pasti, supportati in ciò, oltre che dalle nonne, anche da giornali, riviste e siti web tutti orientati a prodigare consigli su ricette tradizionali, salutistiche,
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etniche o alla moda; per alcuni è stato un vero e proprio cimentarsi in questa attività che, ad osservare le statistiche, sembra ben poco diffusa nella popolazione, a livello europeo quella che maggiormente acquista cibi pronti e destinati ad una minima preparazione casalinga come il riscaldamento in forno o nel microonde.
Valore superiore al periodo pre-pandemico e volumi in rialzo, qualità e origine nazionale trainano gli acquisti Le vendite al dettaglio nel Regno Unito sono ormai ritornate sui livelli pre-pandemici e tra le varie categorie di alimenti le carni rosse stanno vivendo un momento favorevole, con valori annuali medi su-
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periori del 4,5% comparati a quelli registrati nel 2019; puntualmente l’aumento in volume tra l’ultima settimana di dicembre 2019 e l’ultima di dicembre 2021 è stato del 3,9%, passando da 617.192 a 641.513 tonnellate nonostante il prezzo medio nel medesimo biennio sia aumentato del 5,5% passando da 6,65 a 7,04 sterline al chilogrammo (fonti: Kantar, AHDB). Il patrimonio bovino di età superiore ai 12 mesi allevato sul territorio nazionale è calato dell’1% tra ottobre 2020 e ottobre 2021 ed il prezzo dei capi vivi da macello è balzato a 235 pence al chilogrammo, in aumento di 32 pence (+15,8%) rispetto a fine 2020 e di 44 pence (+23%) sulla media dell’ultimo quinquennio. I produttori locali riuniti nella British Meat Processors Association puntano sulla produzione interna, per andare ad erodere il 25% del fabbisogno nazionale che è stato storicamente coperto negli anni recenti dalle importazioni, tipicamente da Irlanda e Francia, e che la Brexit con le conseguenti pratiche doganali e tariffarie ha reso oggettivamente più complicate. Già alcune catene della Grande Distribuzione offrono in vendita solo bovino proveniente dagli allevamenti del Regno Unito. Secondo la ricerca della società Kantar, sono cresciute di più le carni di qualità superiore (premium) rispetto a quelle ordinarie: nel periodo giugno 2020 – giugno 2021 le prime hanno visto un balzo in avanti negli acquisti domestici del 15% in valore e del 12% in volume, le seconde del 7% e del 5%; sebbene crescano più del resto della categoria, le carni di qualità superiore costituiscono tuttavia una quota ridotta (attorno al 9%) del mercato mentre le carni
Nella scelta di carni di alta qualità sono l’origine nazionale, il colore e la quantità visiva di grasso, le certificazioni e l’allevamento all’aperto. ordinarie rappresentano circa il 70% dei volumi, con la rimanenza detenuta dalle carni a marchio del produttore (14%) e dalle preparazioni ad alto valore aggiunto (6% ma in calo nell’ultimo anno). Promozioni mirate da parte della Grande Distribuzione Organizzata hanno attirato consumatori nella fascia di alto livello ed alcuni sono destinati a rimanervi. Un sondaggio tra i consumatori condotto a maggio del 2021 mostra infatti che per il 17% di chi effettua gli acquisti la qualità è diventata un aspetto più importante rispetto al periodo pre-pandemico, mentre solo il 5% dichiarava che era meno significativa nel guidare le scelte di acquisto. Lo stesso sondaggio ha rivelato che i cinque fattori principali nella scelta di carni di alta qualità sono l’origine nazionale (45% degli intervistati), il colore e la quantità visiva di grasso
Le vendite al dettaglio nel Regno Unito sono ritornate ai livelli pre-pandemici. Tra le varie categorie di alimenti le carni rosse stanno vivendo un momento favorevole, con valori annuali medi superiori del 4,5% comparati al 2019. Promozioni mirate della GDO hanno attirato consumatori nella fascia di alto livello e alcuni sono destinati a rimanervi
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(entrambe importanti per il 42%), le garanzie di qualità come le certificazioni (41%), l’allevamento all’aperto (38%). Scende il settore del fuoricasa ma si impennano asporto e consegna a domicilio Le carni bovine consumate — o meglio preparate — fuoricasa hanno visto un declino del 3,3% tra settembre 2020 e settembre 2021, tuttavia con grandi differenze: ristoranti ed altre tipologie di consumo rapido (chioschi, fast food) hanno visto un calo del 43% per un volume complessivo stimato in 28.908 tonnellate, al contrario il cibo destinato al consumo casalingo o in ufficio (si tratti di asporto o di consegna a domicilio) ha goduto di un’impennata del 71% a toccare le 46.232 tonnellate stimate. A soffrire sono stati soprattutto i pasti a base di carne come elemento principale (bistecche, costate, arrosti, costine) scesi di oltre 6 milioni di unità, seguiti dai piatti italiani (–1,7 milioni di unità), dai panini (–500.000 unità) e dai piatti messicani (–200.000 unità); al contrario sono saliti gli hamburger (+4,9 milioni di unità), i piatti asiatici (+1,4 milioni di unità) e la pasticceria salata (+300.000 unità). Roberto Villa
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Il pollo biologico prende il volo Previsto un tasso medio annuo di crescita del 9% fino al 2030, anche superiore nei paesi emergenti di Roberto Villa
L’
attenzione del consumatore verso il benessere, proprio e degli animali allevati, è una tendenza inarrestabile e comincia a delineare un profilo sempre più definito, non solo nelle società occidentali. Individui e famiglie con una buona disponibilità di reddito scelgono di spendere qualcosa in più pur di avere la tranquillità di
poter mangiare cibo proveniente da sistemi che tutelino la salute del pianeta, delle specie animali e dell’uomo: è un sovrapprezzo che molti sono disposti a pagare per sentirsi in pace con la propria coscienza, non potendo gestire direttamente, come nelle società rurali di un tempo, la catena di fornitura alimentare.
Valore mondiale in salita del 42% tra il 2020 e il 2025 a 10 miliardi di dollari Al di là delle analisi sociologiche che esulano dalle finalità della presente trattazione, il mercato delle carni avicole biologiche è uno tra i più promettenti nel decennio in corso. Una società di ricerche statunitense ha sviluppato un rapporto su questo
La Box “The Organic Chicken” dell’inglese Coombe Farm (photo © www.coombefarmorganic.co.uk).
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Pollo a marchio The Smart Chicken della società americana Tecumseh Poultry che opera nel biologico sin dal 2003 ed è oggi di proprietà del colosso sempre statunitense Tyson Foods. specifico segmento, per il quale è prevista una crescita media annua composta del 9% circa tra il 2021 ed il 2030. Se sino ad oggi sono le uova con il 54% a rappresentare la quota maggiore dei prodotti avicoli ottenuti secondo il metodo dell’agricoltura biologica, il sorpasso da parte delle carni potrebbe non essere così lontano: dai 7,26 miliardi di dollari USA del 2020 il mercato globale è stimato arrivare a 10,35 miliardi nel 2025 per proseguire la corsa al ritmo dell’8,5-9% annuo di crescita nel quinquennio successivo. Il prezzo medio pagato dal consumatore finale, che sia relativo ad un taglio o ad un prodotto a base di carne elaborato acquistato in macelleria o in un punto vendita della Grande Distribuzione piuttosto che ad un pasto consumato in un ristorante o in una catena di fast food, è indubitabilmente più alto rispetto all’omologo derivante
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da allevamento convenzionale e risente di una fluttuazione più marcata dovuta all’incidenza maggiore del costo delle materie prime (rese produttive più altalenanti, che si traducono in disponibilità minori) e anche dell’effetto più dirompente delle epidemie su quel tipo di allevamenti. Si stima che nel periodo 2010-2020 negli Stati Uniti l’oscillazione rispetto al prezzo medio abbia toccato in rialzo punte del 54%. Europa ma non solo Nel 2020 l’Europa, intesa in senso
lato e non solo identificata come Unione Europea, contava per oltre il 44% delle carni avicole biologiche prodotte nel mondo, seguita dall’America settentrionale e dalla macro-area Asia-Pacifico, comprendente India, Cina, Corea del Sud, Tailandia, Indonesia, Australia, Nuova Zelanda e molti altri Paesi. Negli Stati Uniti i maggiori soggetti economici dell’agroalimentare si stanno muovendo in questa direzione già da qualche anno e stanno vedendo adeguatamente ricompensati i loro piani di sviluppo. Nel 2018 TYSON FOODS acquisì TECUMSEH POULTRY, proprietario del noto marchio The Smart Chicken1, che opera nel biologico sin dal 2003, per la produzione di salsicce, spiedini ed hamburger di pollo certificati biologici da proporre alla clientela statunitense, con un occhio speciale ai più piccoli. Nei Paesi emergenti — pur tenendo in considerazione che l’allevamento avviene per buona parte ancora a livello familiare ed è pertanto biologico de facto — i principi dell’allevamento biologico si stanno facendo sempre più strada. Le aree del globo dove gli incrementi saranno più consistenti sono l’America meridionale, che include un colosso come il Brasile, ed il Medio Oriente, con tassi di crescita medi annui stimati rispettivamente dell’11,95% e dell’11,91%, seguiti da Africa e Asia-Pacifico con tassi stimati del 10,85% e del 10,15%. Nuove tecnologie al servizio del benessere animale: sensori per il trasporto e stordimento con il gas al macello Tutti i consumatori di questa categoria di carni sono d’accordo nell’affermare che l’allevamento in
Se sino ad oggi erano le uova con il 54% a rappresentare la quota maggiore dei prodotti avicoli ottenuti secondo il metodo dell’agricoltura biologica, il sorpasso da parte delle carni potrebbe non essere così lontano: si stima infatti che dai 7,26 miliardi di dollari USA del 2020 il mercato globale sia destinato ad arrivare a 10,35 miliardi nel 2025
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batteria o anche solo in capannoni chiusi sebbene a terra sia poco rispettoso della natura degli animali, pertanto dirigono le loro preferenze verso carni allevate all’aperto (il cosiddetto free range nel mondo anglosassone) e certificate biologiche secondo i numerosi protocolli esistenti a livello mondiale. La fase del trasporto e della macellazione è invece un tema alquanto misconosciuto al cittadino comune; per ricomprendere anche questa parte della filiera sotto il cappello della benevolenza agli esseri viventi che consumiamo per le nostre esigenze nutrizionali e di gusto, una società canadese, TRANSPORT GENIE2, ha sviluppato a partire dal 2019 insieme con la svizzera PRODAVI3 un sistema avanzato basato su sensori in grado di monitorare il microclima a bordo dei mezzi di trasporto che conducono i capi al macello. La già nominata TECUMSEH POULTRY ha introdotto da vari anni la tecnica dello stordimento con il gas dei capi prima della macellazione, a base di anidride carbonica, al posto della più comune scossa elettrica, una tecnica che oltre a garantire minore sofferenza agli animali determina secondo vari studi una migliore qualità delle carni4,5,6. Roberto Villa Note 1. www.smartchicken.com 2. transportgenie.ca 3. prodavi.ch 4. americanfarmpublications. com/stunning-methods-andpoultry-meat-quality 5. TERLOUW C. et al. (2016), Consciousness, unconsciousness and death in the context of slaughter, Part I, Neurobiological mechanisms underlying stunning and killing, MEAT SCIENCE, 118, www.sciencedirect. com/science/article/abs/pii/ S0309174016300705 6. BENSON E.R. et al. (2012), Evaluation of EEG based determination of unconsciousness vs. loss of posture in broilers, Research in Veterinary Science, 93, www.sciencedirect. com/science/article/abs/pii/ S003452881100470X
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Photo © Kirill Gorlov – stock.adobe.com
L’allevamento dello struzzo, esempio di compatibilità ambientale È un’attività non ancora particolarmente diffusa sul territorio italiano, ma che può presentare molti vantaggi: dalla carne alle piume, dalla pelle alle uova. Può essere impiantata anche con modesti investimenti ed è ecocompatibile perché lo struzzo è un erbivoro che si nutre in modo sano e naturale di Nunzia Manicardi
A
llevare struzzi è un’attività non ancora particolarmente diffusa in Italia, certamente non paragonabile a quella di bovini, ovini, caprini e animali da cortile. Tuttavia, i circa 250 allevatori italiani sono i più numerosi in Europa con i loro 5.000 capi. Del resto
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il clima del nostro Paese, così come quello di Francia e Spagna, è ideale per tale allevamento, in quanto lo struzzo, originario degli altipiani del Sudafrica, dove vive anche a 1.000 metri, si adatta facilmente ai nostri habitat temendo soprattutto l’umidità delle vallate e della pianura.
Questo tipo di allevamento può avere ulteriori positivi sviluppi anche in considerazione delle ormai acclarate necessità di sostenibilità alimentare e compatibilità ambientale, dato che lo struzzo può essere allevato all’aperto e, a differenza di polli e tacchini che mangiano
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Quella di struzzo è una carne rossa, tenera e magra, con il maggior numero di valori nutrizionali. Un basso contenuto di grassi, poco sodio, ricca di Omega-3, proteine, ferro e vitamine (photo © peterzsuzsa – stock.adobe.com). principalmente semi, è essenzialmente un erbivoro che si nutre con cibi “poveri” come fieno, erba e poco mais e, in buona sostanza, con quello che trova. Come si diventa allevatori di struzzi? Di sicuro non ci si può improvvisare, anche per la scarsa dimestichezza che in Italia si ha con questo animale. Purtroppo non esistono corsi di formazione. Bisogna rivolgersi ad ASSOSTRUZZI, l’associazione italiana di allevatori, oppure agli allevatori da cui di solito si acquistano i capi, agli importatori o ai veterinari. Si può cominciare con una sola coppia, maschio e femmina, con un investimento inferiore ai 10.000
euro e disponendo di un terreno anche scoperto, erboso, da recintare, di almeno 5.000 m2, dotato di abbeveratoi, mangiatoie e tettoie e di un magazzino per il foraggio e di locali al chiuso dove ospitare le uova e i pulcini da svezzare. L’investimento iniziale più consistente è per le incubatrici, dove le uova devono rimanere per ben 39 giorni e per le schiuse. Questo è il momento più rischioso, in cui giocano un ruolo fondamentale l’esperienza e l’abilità dell’allevatore e la scrupolosa osservanza delle norme igieniche. Per ridurre il rischio imprenditoriale si può anche è scegliere il franchising, utilizzando le conoscenze di professionisti del settore e la filiera produttiva e com-
La carne di struzzo è un alimento con tantissime proprietà: conosciuta principalmente per la sua magrezza e l’elevata quantità di proteine, ha sapore delicato, con un retrogusto dolce che ricorda quello della carne di cavallo. Tenera e digeribile, è ricca di acidi grassi essenziali Omega-3, mentre scarso è il contenuto di colesterolo e sodio
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merciale già in essere. Bisogna poi espletare una serie di adempimenti burocratici: possesso di una partita Iva, obbligo di iscrizione al Registro imprese della Camera di Commercio, denuncia di inizio attività con la relazione tecnica che illustri il ciclo produttivo e le funzioni delle strutture presenti in azienda. Dal punto di vista sanitario l’allevamento di struzzi non si differenzia particolarmente da quello di altri animali. L’Azienda Sanitaria Locale fornirà tutte le informazioni del caso. Per cominciare bisogna ovviamente conoscere le caratteristiche dello struzzo (Struthio camelus), che è il più grande di tutte le specie di uccelli: un maschio adulto può arrivare fino a 2,4 metri di altezza e pesare anche 150 kg. È incapace di volare a causa della mole corporea e delle ali ridotte, ma le gambe forti gli consentono di correre anche per 20 minuti a 60-70 km/h, con passi fino a 8 metri. Bisogna quindi che la recinzione dell’allevamento sia adeguatamente dimensionata in altezza per impedire salti e fughe all’esterno e prestare attenzione
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Ottimo strapazzato, per fare tagliatelle uniche o per stupire sotto forma di liquore, l’uovo di struzzo viene più spesso venduto per la creazione di oggetti artistici che per l’uso alimentare (photo © Florin Cnejevici). nell’avvicinarsi perché, se necessario, può sferrare potenti calci frontali. È infatti di temperamento pauroso, sempre vigile, pronto a difendersi e a lanciare l’allarme salvaguardando anche gli altri animali. Quando ha paura può “nascondere la testa sotto terra”. In realtà si mimetizza dai suoi nemici fingendo di essere un cespuglio o una roccia. Se non riesce, fugge via a gambe levate! È molto longevo, in media 5060 anni. Ne esistono 4 sottospecie: australis, molybdophanes, camelus, massaicus. Vive in gruppi talvolta assai numerosi, organizzati in base a un ben preciso ordine gerarchico con un maschio dominante, una femmina dominante e altre femmine riproduttive. Allo stato libero passa l’intera giornata a perlustrare lo spazio intorno in cerca di cibo fermandosi ogni tanto per appollaiarsi e ripulirsi accuratamente con il becco. Ama l’acqua, che deve sempre essere fresca, abbondante e pulita (i giovani ne bevono anche 10 litri al giorno) e ama tuffarsi in qualsiasi pozza gli capiti a tiro.
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La maturità sessuale è al 3o-4o anno di età e varia in funzione del sesso e della sottospecie di appartenenza. Il periodo degli accoppiamenti dura circa 5 mesi, durante i quali il maschio dominante si accoppia con tutte le femmine del suo gruppo. Le femmine, due settimane dopo l’inizio del periodo degli amori, depongono ogni due giorni 1 uovo di circa 1,5 kg di peso, di solito in una depressione naturale del terreno oppure in una buca scavata dal maschio, ricoperta di sabbia durante la notte. Durante il giorno l’uovo viene covato dalla femmina. Ogni femmina depone le uova nello stesso nido per un totale di 10-40 uova. Il periodo della cova va avanti per 42 giorni fino a che i primi pulcini iniziano a fare capolino. Per gli animali destinati alla produzione di carne, la fase di finissaggio termina ad età di macellazione, tra i 10 e gli 11 mesi. Stesse fasi di allevamento per i riproduttori che vengono poi mantenuti a finissaggio fino al raggiungimento della maturità sessuale (3 anni per le femmine, 4 per i maschi).
Sono molti i prodotti che si possono ricavare: le carni, le piume per la creazione di oggetti ornamentali o accessori di abbigliamento (come il classico piumino da spolvero o il ricercato boa, un tempo in gran voga) e la pelle, con cui si realizzano borse e cinture. Infine le uova, vendute per la creazione di raffinata oggettistica e, più raramente, per il consumo alimentare perché, pur essendo tuorlo e albume di ottima qualità, la quantità prodotta da una femmina è troppo esigua (è l’uovo più grande al mondo e corrisponde all’incirca a 25 uova di gallina). La carne, rossa, ha elevate qualità nutrizionali che la rendono molto pregiata. Tenerissima, magra, molto digeribile, tra tutte le carni è quella con il maggior numero di valori nutrizionali: contiene un basso contenuto di grassi (inferiore perfino a quello delle carni bianche), ha poco sodio, è ricca di Omega-3, proteine, ferro, vitamine, minerali (potassio e magnesio), carnitina e creatina. Adatta quindi per una dieta sana ed equilibrata. Si presta ad ogni ricetta, dal filetto allo spezzatino. Nunzia Manicardi
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BUONA CARNE NON MENTE
Porcomondo! Il Campionato del mondo del musetto di Elisa Guizzo
Q
ual è la parola che fa più paura al consumatore italiano? Il grasso. Quel grasso che suona come una blasfemia, eluso dalle nostre tavole e condannato alla reclusione come il peggior nemico della salute umana. Eppure gli animali allevati oggi sono più magri: “Le carni bovine contengono meno della metà del contenuto totale di grassi; nel caso delle suine, negli ultimi 40 anni sono cambiate in maniera significativa sia la quantità sia la distribuzione del grasso sottocutaneo, con una tendenza alla diminuzione di spessore del lardo e a un aumento del grasso nella pancetta” (BORTOLOTTI, 2020).
Occorre ricordare che i grassi svolgono funzioni molto importanti per il nostro organismo: apportano energia, forniscono vitamine liposolubili (ADEK) e acidi grassi essenziali e creano il bouquet organolettico nelle carni in termini di tenerezza, succosità e sapidità. Le carni suine rappresentano il primo impatto che il consumatore ha con il grasso, basti pensare a quante volte, al banco frigo, si sente richiedere del prosciutto magrissimo da parte di clienti incuranti del fatto che la famigerata grassezza generi la complessità aromatica delle carni.
I consumatori italiani dunque risultano particolarmente sensibili in termini negativi nei confronti del grasso. Questa concezione però stride profondamente con quella diffusa nella stragrande maggioranza degli altri Paesi nel mondo, in cui la presenza de grasso è un elemento imprescindibile della carne di qualità. In Italia esiste un paese diventato il punto nevralgico della nobile grassezza suina: Riese Pio X, piccolo comune della provincia di Treviso che conta diecimila anime; un paese santo che deve il proprio nome a Pio X — proclamato Papa il 4 agosto
A sinistra, Walter Porcellato, vicepresidente della Confraternita del museto, il vincitore Pierluigi De Meneghi, Federico Caner, assessore al turismo e agricoltura della Regione Veneto e Elisa Guizzo.
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del 1903. MATTEO GUIDOLIN, giovane prorompente e talentuoso nonché sindaco del paese, ha avuto l’intuizione di valorizzare un prodotto tanto umile quanto ricco di tradizioni e di sapori, il musetto, creando nel 2018 l’Ingorda Confraternita del Museto (in Veneto con una t). Il museto o musetto è un insaccato di origini friulane e venete fatto con le parti umili del maiale quali il muso, da cui prende appunto il nome, la cotica, i muscoletti di spalla e la gola; facoltativi sono l’uso della lingua e delle orecchie. L’impasto ottenuto con la macinatura delle diverse parti, che deve essere di grana grossa, viene salato e pepato. L’aggiunta all’impasto di alcune spezie come cannella, noce moscata, coriandolo e chiodi di garofano è a discrezione del norcino, così come l’aggiunta di vino rosso. L’impasto è insaccato in un budello ricavato dall’intestino del maiale stesso e legato a mano. L’ultima fase è quella dell’asciugatura che avviene in un paio di giorni ad una temperatura di 12 °C. Il peso del musetto varia dai 500 grammi a 1 kg. Il cugino del musetto è il cotechino, che differisce per l’aggiunta nell’impasto di pancetta, parti della coscia e rifilature delle parti magre del maiale. Il cotechino a differenza del musetto ha più cotica nell’impasto. La cotenna, conosciuta come cotica dal latino “cutis” (pelle), è formata dal tessuto connettivo che rientra nella famiglia delle proteine dello stroma, che rappresentano circa il 10% delle proteine muscolari totali. Il tessuto connettivo è costituito da collagene ed elastina, proteine insolubili in acqua.
Il collagene, principale costituente del tessuto connettivo, durante la cottura prima si contrae, poi in tempi prolungati e in presenza di acqua gelatinizza. L’elastina, invece, presente in minor quantità nel connettivo, durante la cottura si contrae ma non gelatinizza a differenza del collagene. Occorre precisare che il collagene viene anche apportato in maniera preponderante dai muscoli del muso che caratterizzano fortemente il musetto e che permettono di sviluppare un aspetto organolettico piuttosto singolare che spicca con la valutazione tattile: la collosità. Per meglio dire, il musetto deve appiccicare i polpastrelli delle dita, in Veneto si usa dire che “el museto se lè bon el peta” — “il musetto se è buono appiccica” — più marcata è la collosità più buono è il musetto. Il musetto si consuma cotto dopo un attenta e meticolosa preparazione: va forato con uno spillone, poi messo in pentola con acqua fredda e fatto cuocere lentamente per circa 3 ore; la durata della cottura è proporzionale al suo peso (più pesa e più necessita di cottura). Al palato il musetto è un vero e proprio capolavoro culinario la cui sapidità si alterna alla cremosità del grasso che crea una patina lipidica aromatica in bocca. Matteo Guidolin si è messo in prima fila per la valorizzazione di questo nobile insaccato, non solo con la creazione della Confraternita di cui è presidente ma anche dedicandogli un festival, il festival del maiale: Porcomondo!, che vede coinvolta tutta la comunità di Riese Pio X.
Il musetto è un insaccato di origini friulane e venete fatto con le parti umili del maiale quali il muso, da cui prende appunto il nome, la cotica, i muscoletti di spalla e la gola; facoltativi sono l’uso della lingua e delle orecchie. Si consuma cotto dopo meticolosa preparazione: va prima forato con uno spillone poi messo in pentola con acqua fredda e fatto cuocere secondo il suo peso per circa 3 ore
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La vicepresidenza della Confraternita è stata affidata invece al ristoratore trevigiano: WALTER PORCELLATO, della storica trattoria La Caneva dei Biasio a Riese Pio X, punto di riferimento della cucina trevigiana e sede di numerosi eventi gastronomici. A La Caneva si svolge ogni anno, e precisamente il 17 gennaio, la gara dei museti. Non una data qualunque quindi, ma il giorno di Sant’Antonio Abate, il santo protettore dei norcini e dei macellai. Il duello tra museti ha avuto il suo esordio nel 2018 con la nascita della Confraternita e, dopo una battuta d’arresto nel 2021, quest’anno è tornata più viva che mai. Un’edizione straordinaria quella appena trascorsa, caratterizzata da una fitta agenda di appuntamenti, ben undici, dedicati a Sua maestà il maiale. Un viaggio di sapori durato due mesi (28 novembre – 21 gennaio) che ha coinvolto non solo Riese Pio X ma anche gli altri comuni limitrofi: Castelfranco Veneto, Maser e Montebelluna. Il primo appuntamento del tour suino si è aperto con la visita all’allevamento di PIERLUIGI DE MENEGHI, vincitore dell’ultima gara del museto del 2020. A seguire si sono alternate: una cena a tema a base di lardo e una cena di gala che ha visto la partecipazione di OSCAR FARINETTI, al quale è stato consegnato il premio Suin generis. Si sono svolti inoltre due importanti convegni: uno su una razza suina in via di estinzione, il Nero friulano, e l’altro sulla Biosfera del Grappa divenuto Patrimonio dell’UNESCO. Si sono disputate infine tre simpatiche gare, non solo quella del musetto ma anche quella del “cren” (il rafano) e quella delle martondee (polpette fatte con le parti più vascolarizzate dell’animale, polmoni e reni). La Notte degli Oscar suini ha visto la partecipazione di ventidue norcini provenienti da ogni angolo del Veneto, i musetti in gara sono stati assaggiati da una attenta e scrupolosa giuria capitanata da GIANCARLO SARAN, noto enogastronomo trevigiano.
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Al palato il museto è un vero e proprio capolavoro culinario la cui sapidità si alterna alla cremosità del grasso che crea una patina lipidica aromatica in bocca (photo © Facebook Confraternita del musetto). La giuria mi ha vista coinvolta insieme a numerose figure illustri del territorio Veneto come FEDERICO CANER, assessore al turismo, agricoltura e commercio estero della Regione, CESARE DE STEFANI, titolare dell’omonimo salumificio che sorge sulle colline del prosecco a Valdobbiadene (TV), FABIO BONA, presidente della Confraternita del formaggio Piave DOP, BRUNO VALLE per la sopressa di Bassano del Grappa, MARINA GRASSO, giornalista e presidente Fondaco del Gusto, CRISTINA SPARVOLI, giornalista della TRIBUNA DI TREVISO. I musetti sono stato valutati attraverso l’analisi sensoriale: l’esame visivo tattile della fetta che analizza l’omogeneità di colorazione dell’impasto e la famosa collosità, l’esame olfattivo che permette di individuare odori anomali e quello gustativo in cui si dà spazio alla sapidità. Dopo un’attenta e certosina analisi, durata circa due ore, il podio è stato assegnato nuovamente a Pierluigi De Meneghi, vincitore
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dell’edizione 2020. Pierluigi alleva una trentina di maiali e rientra nelle PPL (Piccole Produzioni Locali), un progetto della Regione Veneto che permette la vendita di prodotti agricoli in piccole quantità nel rispetto degli standard igienico sanitari. I maiali allevati da Pierluigi rappresentano l’esempio del benessere animale, scorrazzano liberi all’aperto e ascoltano dell’ottima musica impostata da un timer: la radio suona per 20 minuti ogni due ore. Durante il periodo estivo godono invece di una doccia d’acqua fresca. La loro alimentazione si basa prevalentemente su cereali: mais, crusca, soia, orzo, tutti di produzione propria; non mancano poi i sali minerali necessari per rafforzare il sistema immunitario. Gli animali, al raggiungimento di 270 kg di peso vivo, sono macellati in una struttura certificata della provincia di Treviso; successivamente le mezzene sono trasportate nel laboratorio specializzato di Pierlu-
igi dove nascono preziosi prodotti come museti, salami, soppresse, pancette. Il Campionato del Mondo del Museto è un intreccio di emozioni culinarie e conoscitive risultato di un lavoro accurato fatto dalla Confraternita del Museto. Oserei fare una bucolica equazione: il Bue Grasso sta a Carrù come il Maiale sta a Riese Pio X. Il maiale da sempre considerato l’anima rurale e la fonte principale di proteine nobili è il simbolo del mondo agricolo, un mondo fatto di tradizioni, un mondo che ci ha tramandato insegnamenti alimentari e ci ha insegnato il rispetto verso Madre Natura. Occorrono eventi come questi per ripristinare il patrimonio fatto di cultura, conoscenza e umiltà, un patrimonio di sapori. Non dobbiamo lasciar andare questo patrimonio e dinanzi a tutto ciò la ristorazione deve compiere la sua parte. Pierluigi, qual è il segreto per un buon museto? «Il farlo con amore». Elisa Guizzo
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CARNE E DINTORNI
Carnerie, l’impronta naturale della Val di Vizze Carne e salumi prodotti in maniera sostenibile al maso Jörgnerhof. Stessa scelta per comunicazione e delivery di Riccardo Lagorio
L’
autunno arriva presto tra i boschi della Val di Vizze. Vipiteno non è distante, ma più di ogni altra località qui hanno puntato tutto su relax, tradizioni
e lentezza. Il panorama che fa da sfondo è una natura strepitosa, diventata un’icona della montagna per intenditori, per chi predilige un’atmosfera d’altri tempi senza
rinunciare alle comodità per le quali l’Alto Adige è universalmente apprezzato. Le 217 aziende agricole attive sono il biglietto da visita dell’impronta naturale della valle.
«Per ottenere la carne che noi desideriamo abbiamo incrociato la razza Sveva con Duroc e Mangalica» spiega Varena Angerer, fondatrice di Carnerie con Alexander Guadagnini. «La nascita e la crescita avvengono a ciclo chiuso e con l’alimentazione sana che abbiamo stabilito la copertura finale di grasso è eccellente: la carne fresca è marezzata e i salumi sono saporiti». Gli animali vivono per la quasi totalità del tempo all’aperto una vita priva di tensioni e affaticamenti, arricchita da un’alimentazione naturale, per lo più a base di erba e fieno (photo © F-TECH).
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Tu e il tuo maiale: diventa il padrino per un anno Diventa il “padrino” di un maiale biologico in Alto Adige per un anno intero, ricevendo aggiornamenti regolari e che potrai visitare in qualsiasi momento: “il tuo maiale nasce nella nostra fattoria e si gode una vita spensierata sul prato e nel bosco. Riceverai un aggiornamento ogni due settimane con foto e notizie sulla sua vita. Naturalmente è possibile visitarlo in qualsiasi momento”. È questa una delle proposte di Carnerie, che fornisce anche 8 motivi per fare questa scelta: 1. una carne sana, “il tuo maiale mangia solo il miglior mangime biologico, prodotto senza OGM, oltre a erba fresca, fieno e patate”; 2. benessere animale, “il tuo maiale conduce una vita felice, può muoversi liberamente, scatenarsi con gli amici, scavare nella terra e dormire sotto le stelle”; 3. allevamento senza stress fino alla macellazione, “lo trasportiamo senza stress al macello, che dista solo 20 minuti dall’allevamento”; 4. gusto incomparabile, “puoi assaporare la vita che il tuo maiale ha condotto nella sua carne gustosa e meravigliosamente marmorizzata”; 5. quelli di Carnerie sono tutti maiali biologici dell’Alto Adige; 6. sostenere l’agricoltura locale e biologica, “con l’acquisto del tuo maiale sostieni la nostra fattoria di montagna e ci aiuti a promuovere l’agricoltura sostenibile e rispettosa degli animali”; 7. sicurezza sulla consegna del prodotto, “se dovesse succedere qualcosa al tuo maiale durante l’allevamento, riceverai un sostituto equivalente dello stesso gruppo del tuo maiale”; 8. prezzo vantaggioso, “rispetto al prezzo che pagheresti nella nostra bottega per la stessa quantità di speck o carne in confezioni singole, risparmi circa il 10%” (photo © F-TECH).
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Nella bottega di Carnerie c’è la possibilità di degustare carne e salumi ed effettuare visite guidate della fattoria, oppure usufruire dell’e-shop per ricevere i prodotti direttamente a casa (photo © F-TECH). Ampia e coltivata all’imbocco di Prati, la valle si stringe poco dopo e al borgo di Avenes la strada si impenna. Ci vuole ancora qualche chilometro per incontrare una zona paludosa dove ontani, salici e betulle
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affrescano il panorama insieme a giunchi e calte palustri. MARIO SARTORI, lo storico locale, conferma che la valle era chiamata “la grande pozza” e tale rimane durante il disgelo fino a metà primavera prima del borgo
di San Giacomo. Grube (pozza, in italiano), un pugno di case a mezza costa, prende il nome da questo fenomeno. È dal biotopo pressoché unico che si lascia il fondovalle per raggiungere il Maso Jörgnerhof, di fine Settecento, alto sulla conca. Ancora per qualche giorno, fino all’arrivo della prima neve, ma forse anche più tardi, gli animali di ALEXANDER GUADAGNINI e VARENA ANGERER pascolano all’aperto. Hanno da poco terminato l’alpeggio sui pascoli della Malga Grubberg, ad oltre 2.000 metri. Una transumanza verticale di appena 6 chilometri, ma che incide con favore sulla carne. Per avverare il loro sogno Alexander e Varena si sono inventati tre anni fa una raccolta fondi, così oggi chi ha contribuito alla realizzazione della fattoria vanta un credito in carne e salumi. «150 persone hanno avuto fiducia nella nostra idea e si è rivelata tanto buona che in pochi mesi siamo già in saldo positivo. Carnerie è diventata in poco tempo il punto di riferimento per chi sceglie carni e salumi naturali e gustosi» spiega con soddisfazione Alexander.
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Gli animali trascorrono una vita dignitosa, priva di tensioni e affaticamenti, arricchita da un’alimentazione naturale, per lo più a base di erba e fieno. Vivono, come detto, all’aperto. «Il più possibile. Per questa ragione c’è necessità di razze resistenti al caldo e al freddo, ma che assicurino comunque un alto livello qualitativo della carne: cioè sviluppino un’adeguata proporzione di parte grassa e di parte magra» affermano. I suinetti si avvicinano al recinto curiosi, portano pelo scuro, a chiazze nere o sfoggiano una cintura bianca su vello nero. «Per ottenere la carne che noi desideriamo abbiamo incrociato la razza Sveva con Duroc e Mangalica. La nascita e la crescita avvengono a ciclo chiuso e, grazie all’alimentazione sana che abbiamo imposto, la copertura finale di grasso è eccellente: la carne fresca è marezzata e i salumi sono saporiti” spiega Varena, che ha conseguito il diploma di assaggiatrice di carne presso il Grill Club di Innsbruck (Sommelier Steak Tasting). «Nel laboratorio trasformiamo infatti le carni al giusto punto di età e consistenza in salumi tradizionali e vendiamo carne fresca
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sottovuoto», precisa davanti a uno Speck contadino (Bauernspeck) dalla marcata marezzatura e dal sapore intenso. Anche i bovini devono avere un’adeguata marezzatura. Per questo si è scelto di allevare 20 capi di razza Angus, dall’età che varia tra 6 mesi e 2 anni. La macellazione avviene quando si è raggiunta un quantitativo adeguato di ordinativi. «La vendita on-line ci ha aiutato molto durante il periodo di clausura. Ci ha permesso di consolidare tanti clienti e trovarne altrettanti» interviene Alexander. Per conseguire un corretto isolamento termico, la spedizione avviene in contenitori di paglia pressata, a differenza di quanto si è soliti vedere in polistirolo. «Anche l’imballo ci rende coerenti con la struttura che abbiamo dato al maso, naturale ovunque». Da queste parti il re dei salumi è lo Speck. Quello che esce dalla bottega Carnerie è un Bauernspeck, il sigillo che la Provincia Autonoma concede a chi alleva animali e li trasforma, vendendoli, sotto forma di salume. «Il nostro Bauernspeck viene ottenuto con una concia di ginepro, aglio,
pepe e sale. Nient’altro. Nessun conservante perché ciò che conta davvero deve essere la carne iniziale. E i clienti che chiedono perché le fette non sono così rosse, sono poi gli stessi che si rivelano i più interessati. Ovviamente per far questo la lavorazione deve essere sempre corretta e contare su una pulizia maniacale in laboratorio», chiarisce Varena. Il Bauernspeck e i Kaminwurzen, i salametti affumicati ideali per le merende, si affumicano in maniera tradizionale, con legno di faggio, aghi e bacche di ginepro. Il primo si vende dopo oltre un anno di stagionatura, i Kaminwurzen trascorso un mese dalla preparazione. Anche le ombre della sera che si allungano sulla bottega del maso sono delicate, creano una luce amica e quasi romantica a coronamento di un paesaggio che lascia senza fiato. Benvenuti in val di Vizze. Riccardo Lagorio Carnerie by Jörgnerhof Grube 87 (39049) Pfitsch, Val di Vizze (BZ) Telefono: 340 1524329 E-mail: info@carnerie.com Web: carnerie.com
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ANABIC e università insieme per il bene dell’animale e dell’uomo Ricerca, benessere animale e formazione sul campo per gli studenti. Sono questi i temi che caratterizzano la sinergia ormai trentennale fra ANABIC (Associazione nazionale allevatori bovini italiani da carne) e l’Università degli Studi di Perugia, con il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali e con il Dipartimento di Medicina Veterinaria. Sono diversi i progetti di ricerca che sono stati realizzati e che si stanno sviluppando fra i due enti in questo periodo: la maggior parte degli studi terminano poi o in pubblicazioni scientifiche o in tesi di laurea e/o dottorato presentate dagli studenti alla conclusione del proprio percorso di studi. Vari e di grande attualità sono i temi di collaborazione che stanno portando avanti i due Dipartimenti dell’Ateneo perugino e l’ANABIC. Sicuramente da ricordare c’è quello dedicato alla genomica (coordinato dal PROF. EMILIANO LASAGNA) ovvero all’analisi del DNA dei bovini per una più efficace e rapida selezione degli animali che è la nuova frontiera del miglioramento genetico anche per le razze bovine da carne di ANABIC; c’è quello dedicato alla sostenibilità ambientale (coordinato dal Prof. MARIANO PAUSELLI), nel quale vengono ricercate e studiate le tecniche di allevamento e di alimentazione volte a migliorare l’efficienza in termini produttivi e di riduzioni delle emissioni di gas serra e, per finire, non possiamo dimenticare le ricerche legate al benessere degli animali e alla loro fertilità (coordinate dai Professori MAURIZIO MONACI e LAKAMY SYLLA). La sinergia non è solo “in laboratorio”, ma anche sul campo. ANABIC, infatti, grazie alle convenzioni sottoscritte con i due Dipartimenti, ospita i ragazzi che frequentano i corsi universitari di Scienze Zootecniche, Produzioni Animali o di Medicina Veterinaria (grazie al coordinamento dei Direttori di Dipartimento GAETANO MARTINO per Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali e FABRIZIO RUECA per Medicina Veterinaria) per effettuare nella propria sede dei periodi di stage che danno agli studenti la possibilità di “toccare con mano” quello che i tecnici dell’associazione fanno tutti i giorni e offre l’opportunità di poter conoscere da vicino uno dei punti di riferimento in Europa per quanto riguarda la genetica dei bovini da carne. Un aspetto non secondario, visto che questa attività anche volta a favorire l’inserimento dello studente nel mondo del lavoro. >> Link: www.anabic.it
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MACELLERIE D’ITALIA
Da Armando: trasmettere qualità, passione e esperienza di Gian Omar Bison
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sperienza e rinnovamento. Cautela ed impeto. Ponderatezza ed entusiasmo. La macelleria Da Armando a Torreglia (PD) sta vivendo un po’ questo dualismo tra i modi e i tempi di intendere ed organizzare la bottega di ARMANDO PRESSATO e quelli del figlio TOMMASO. Per carità, vanno d’amore e d’accordo e l’atmosfera che si respira è tranquilla. Tuttavia, non manca il confronto tra chi gestisce l’attività coi piedi di piombo e chi ai piedi vorrebbe mettere le ali. L’esistente parla di una realtà che da qualche anno sta cercando
di accrescere la qualità delle carni vendute e di comunicare compiutamente questa scelta ai clienti, senza tralasciare i social. Ma il futuro sembrerebbe prospettare una presenza significativa di cotto e gastronomia e magari, chissà, anche una proposta ristorativa. Il tutto, però, implicherebbe aumentare gli spazi a disposizione. «Ho iniziato a lavorare nel 1974 presso la macelleria di WALTER RIGATO, che all’epoca si trovava a Carrara Santo Stefano (PD) prima di trasferirsi nel 1976 nella sua attuale bottega di Torreglia (PD). Classico esordio da garzone durato
qualche anno prima di lasciare ed occuparmi di escavazioni per un po’ di tempo. In seguito un ex collega mi ha chiamato per lavorare nel suo punto vendita alimentare del supermercato “Compra Bene” che aveva aperto da poco a Mortise. Ho accettato, ma come socio. Oltre alle carni avevamo latte e derivati e altri prodotti. È durata fino all’apertura di un paio di concorrenti nelle vicinanze. E questo ci ha messo in difficoltà. Una volta uscito da quella realtà nel 2009 ho deciso di acquistare la bottega dove siamo ancora adesso».
Armando e Tommaso Pressato. Oggi i clienti giovani con i social ed il passaparola vengono incuriositi dalla loro proposta: chiedono soprattutto prontocuoci e sono più curiosi e preparati di un tempo.
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La proposta della macelleria Da Armando sul bovino è fatta da Garronese e Piemontese, più qualche Angus acquistato dalla “Fattoria alle Origini” di Bovolenta (PD) dei fratelli Zaggia. Due anni fa Tommaso ha chiesto di essere impiegato in bottega e anche lui adesso si occupa di macelleria. «Devo riconoscere che con la sua età ed il suo entusiasmo ha portato una ventata di idee e freschezza e il lavoro sul giro di un annetto è aumentato del 30%». Clienti giovani che coi social ed il passaparola vengono incuriositi dalla proposta di Armando e Tommaso. Chiedono soprattutto prontocuoci e sono più curiosi e preparati di un tempo. «E questo — continua Armando — ci spinge a documentarci, a migliorare il nostro servizio. Rispetto a vent’anni fa la macelleria è cambiata non solo per il quantitativo enorme di prontocuoci richiesto. La cultura, la consapevolezza della clientela è maggiore e quindi le sue aspettative. Cerchiamo la qualità in assoluto senza guardare a quanto ci costa la mezzena. E questo ci viene riconosciuto. Guardiamo dove acquistiamo, come si allevano i capi, conside-
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rando l’attenzione all’alimentazione e al benessere animale. Quando faccio il macinato sento subito se la carne è di qualità, se profuma di buono come una volta. Continuo a dare il mio contributo nonostante abbia raggiunto l’età pensionabile. D’altronde, finché continuerò a svegliarmi col sorriso in bocca e a venire a lavorare volentieri non vedo perché smettere, soprattutto adesso che posso trasmettere la mia esperienza a mio figlio». Già, Tommaso, che finita la scuola superiore è andato subito a lavorare in fabbrica rimanendoci quattro anni. «A un certo punto — ricorda — non c’erano più le condizioni per continuare a lavorare lì e mi sono licenziato. Ho chiesto a mio padre di lavorare in macelleria ed eccomi qui. Ho iniziato dalle cose che sapevo già fare abbastanza bene, perché da piccolo mi capitava di andare in bottega ad aiutare. In poco tempo ho imparato le basi e a stare al bancone servendo la
clientela quasi autonomamente. Mi manca saper fare gli ordini, perché ci vuole esperienza sulle quantità e sulle tipologie di carne da acquistare e proporre. In compenso ho portato in dote entusiasmo e una propensione alla comunicazione, soprattutto social, che oggi come oggi è fondamentale. Ho molte idee, come ad esempio arrivare entro un paio d’anni ad essere un esercizio commerciale plastic free certificato. Costa molto e va spiegato bene al cliente perché si fanno determinate scelte. Inoltre, prima del Covid, tra le attività avviate, avevamo promosso delle giornate formative per il cliente. Una sorta di tour in campagna per andare a vedere le stalle e come vivono e si nutrono gli animali». Ma il sogno di Tommaso è soprattutto arrivare a proporre una gamma articolata sul cotto e ad evolvere un giorno la macelleria in ristomacelleria. «Ora come ora non ci sono gli spazi per farlo. Sarà una
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In macelleria c’è una ricca offerta di tagli per la griglia e il BBQ, oltre ad hamburger e prontocuoci che incontrano le richieste della clientela. riflessione da fare nel momento in cui dovessimo decidere di trasferirci in un locale più grande e adatto, ma sempre mantenendo la nostra linea e la nostra identità. Tra l’altro, mi piacerebbe molto che si potesse lavorare di più assieme agli altri colleghi, condividere le buone pratiche soprattutto in materia di formazione. È comprensibile la competizione ma credo ci siano anche gli spazi per crescere tutti assieme come categoria, nell’interesse di tutti». La proposta della casa sul bovino è fatta da Garronese e Piemontese più qualche mezzena di Angus, acquistate dalla “Fattoria alle Origini” di Bovolenta (PD) dei fratelli Zaggia. Quando arrivano le mezzene vengono messe a frollare per una ventina di giorni al massimo. Per quanto riguarda l’avicolo si riforniscono dall’azienda “Pollo dell’Avvenire” di Cartura (PD). Il coniglio è rigorosamente “al fieno” marchiato “Qualità Verificata”.
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Musetti e salami da stagionare vengono acquistati da un’azienda agricola di San Martino di Lupari (PD), mentre salsicce e salame fresco li preparano direttamente in macelleria. «Per quanto riguarda novità da introdurre — conclude Armando — certo, mi piacerebbe. Al massimo potrò aiutare e accompagnare questo percorso, non certo esserne artefice e protagonista. Sarà mio figlio a portare avanti l’attività e spero capisca che i passi vanno fatti misurati, con calma. Al momento abbiamo una dipendente e l’idea di crescere in lavoro e giro d’affari per doverne inevitabilmente assumere ancora non è semplice da mettere in piedi». Gian Omar Bison Macelleria Da Armando Via Montegrotto 11 35038 Torreglia (PD) Telefono: 049 5212452 - 3519308474 E-mail: armando@gmail.com
MEAT FRANCHISING
Diego Abatantuono sempre più re delle polpette L’attore è salito al 30% in Italian Meatball Company e al 28,3% in The Meatball Family
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ABATANTUONO si rafforza. Non tanto al cinema, quanto piuttosto dietro al bancone dei suoi ristoranti specializzati in polpette. A Torino, poche settimane fa, l’attore ha registrato davanti al notaio Giuseppe D’Aloia due atti di cessione di quote: attraverso l’operazione è salito dal 10 al 30% in Italian Meatball Company, e dal 10 al 28,3% in The Meatball Family, il brand del suo business. A vendere sono stati gli azionisti Roberto Galli e Michela Canevari: Galli possedeva il 33% e il 45% delle due società mentre Canevari aveva il 18% in entrambe. A rilevare le quote sono stati gli altri soci: che oltre ad Abatantuono, in Italian Meatball
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Company sono Nadir Malagò, che ha preso il 30%, Giulio Morbelli e Stefano Moccagatta, che adesso hanno il 15% ciascuno e poi la F&L, col restante 10%. Stessi soci in The Meatball Family, anche se con altre quote: Malagò ha il 28,3%, Morbelli e Moccagatta il 14,1% ciascuno, e F&L il 15%. Il brand The Meatball Family, la “Famiglia delle Polpette”, è stato lanciato nel 2013 con il primo locale che ha messo le polpette al centro della sua proposta culinaria: ora le insegne sono due a gestione diretta e tre in franchising. The Meatball Family conta cinque locali: quello storico ha le sue vetrine a Milano in Via Vigevano. In otto anni gli
spazi di The Meatball Family hanno accolto oltre 300.000 clienti che hanno assaggiato oltre 3 milioni di polpette: le due società, nel 2020 penalizzato dalle chiusure causa pandemia, hanno generato comunque ricavi per 800.000 euro. «Assieme a Stefano Moccagatta e a mio figlio Matteo abbiamo voluto o, almeno, tentato di ricreare, questo luogo in cui vai sapendo di trovare qualche amico. Abbiamo coinvolto persone capaci e siamo contenti di quello che sta accadendo», ha dichiarato Abatantuono in una recente intervista a REPUBBLICA (fonte: EFA News – European Food Agency; foto d’archivio photo © Facebook @themeatballfamilycitylife).
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COMITATO TECNICO SCIENTIFICO MARCA
blickdesign.it
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Augusto Contract per Kebhouze, nuovo format di kebab firmato Gianluca Vacchi
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CONTRACT, società di arredamento – hospitality & foodservice general contractor – è stata scelta per realizzare i primi locali aperti a dicembre del nuovo format dedicato al kebab firmato dall’imprenditore e influencer da 41 milioni di follower GIANLUCA VACCHI. Tre store a Milano e due nella Capitale, mentre altre 20 inaugurazioni sono in programma nel 2022 in tutta Italia e all’estero. Kebhouze, questo il nome del nuovo food brand, rilancia il kebab in tre versioni: pollo 100% italiano, Black Angus e — novità UGUSTO
per la clientela vegetariana e vegana (e non solo) — 100% vegetale da proteine di piselli, grazie alla partnership siglata con l’azienda svizzera Planted. L’azienda di Jesi ha seguito le aperture in qualità di general contractor, occupandosi della realizzazione “chiavi in mano” dei locali. «Ancora una volta non possiamo che ritenerci grati e orgogliosi di essere stati scelti per collaborare con un brand innovativo, di qualità, che guarda al futuro, come Kebhouze» afferma Giacomo Racugno, CEO Augusto Contract. «È un onore per noi mettere la nostra esperienza e
il nostro know-how a disposizione di imprenditori di talento e di progetti di valore». Partecipare ad iniziative imprenditoriali di questo genere, infatti, significa essere parte attiva del futuro della ristorazione, sempre più connotato da catene dal brand forte e riconoscibile. Augusto Contract, in questo, può dirsi decisamente soddisfatto per la realizzazione di numerosi locali che stanno disegnando il panorama del “foodservice che sarà”. Tra le peculiarità che distinguono i Kebhouze, particolarmente sfidanti a livello realizzativo, ci sono sicuramente la pavimentazione
Augusto Contract è stata scelta per realizzare i primi locali aperti a dicembre: tre a Milano e due a Roma, mentre altre 20 inaugurazioni sono in programma nel 2022 in tutta Italia e all’estero.
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in linoleum con il logo del brand intarsiato, le lamiere rosse a tutta altezza e il rivestimento degli arredi con una pellicola con raffigurato il logo. Dettagli realizzati con quella cura e quella ricerca che sono ormai diventati un “marchio di fabbrica” di Augusto Contract. Tutto senza dimenticare la capacità di gestione di più cantieri in simultanea, con tempistiche molto strette: a Milano, ad esempio, il locale di Buenos Ai-
res, con la metratura più ampia, ha richiesto solo 5 settimane di lavori, ancora meno nei punti vendita di Paolo Sarpi e di Via Vigevano. Kebhouze è solo uno dei tanti nuovi format che hanno deciso di affidare all’expertise di Augusto Contract l’apertura dei primi punti vendita, riconoscendo al general contractor di Jesi una consolidata esperienza nel settore del fuoricasa. Sono infatti i numeri a
parlare per l’azienda: in 7 anni Augusto Contract ha realizzato locali per 61 brand, per un totale di 182 aperture in 75 città di 12 nazioni in 3 continenti, in high street, healthcare, travel retail, centri commerciali e hotel. Ancora una volta una conferma della professionalità e della creatività italiana nel mondo. >> Link: www.augustocontract.com
KFC scommette ancora sull’Italia: 20 milioni di euro di investimenti per il 2022 con 25 nuovi ristoranti e oltre 500 nuovi posti di lavoro Venti milioni di euro di investimenti, venticinque nuovi ristoranti e oltre 500 nuovi posti di lavoro. Sono questi i numeri del 2022 di KFC Italia, l’azienda leader mondiale del pollo fritto, che conferma così la volontà di investire sul nostro Paese come fiore all’occhiello del mercato europeo. Il trend di crescita ha portato all’apertura di 57 store in tutto il Paese a partire dal 2014, anno in cui il marchio del Colonnello Harland Sanders ha varcato i confini nazionali. Una crescita proseguita anche negli ultimi due anni, malgrado la crisi pandemica, grazie alla solidità del sistema KFC e dei suoi franchisee, imprenditori che gestiscono in franchising i ristoranti del brand. Il risultato sono oltre 1000 posti di lavoro creati da KFC su tutto il territorio nazionale fino a oggi, con una presenza femminile pari al 53%, e più di 10 milioni i clienti serviti nel 2021, per un giro annuo d’affari di circa 65 milioni di euro. Per il 2022 si prevede la creazione di ulteriori 500 posti di lavoro in tutta Italia: si tratta non solo dei nuovi dipendenti impiegati in ciascuna nuova apertura e che normalmente vengono scelti sul territorio dove il ristorante si trova, ma anche dell’indotto di forniture e servizi richiesti per la nuova apertura. Ogni nuovo ristorante KFC da lavoro mediamente a 20 persone. Per il 2022, KFC Italia scommette su una diffusione sempre più ampia dei suoi ristoranti sul territorio nazionale. Delle 25 nuove aperture previste, il 40% sarà al Nord, il 20% al Centro e il 40% al Sud, secondo tipologie differenti per offrire ai clienti il massimo della flessibilità, in totale coerenza con il contesto in cui sono inseriti. Oltre ai ristoranti nelle food court dei centri commerciali (20% delle nuove aperture), verrà dedicato particolare spazio ai ristoranti nelle città (40% del nuovo mercato) e soprattutto nei centri storici, locali nella stragrande maggioranza dei casi dotati di finestra take away esterna per l’acquisto e il ritiro dei prodotti senza entrare nel ristorante, e di un dehors per mangiare all’aperto. In aumento anche le aperture con corsia drive thru (30% dei nuovi punti vendita): questo per rispondere a qualsiasi esigenza di sicurezza e distanziamento sociale, ma anche per rendere l’esperienza del gusto sempre più libera e inclusiva. E continuerà anche nel 2022 la battaglia di KFC contro lo spreco alimentare: dal 2017 i ristoranti italiani raccolgono e donano le eccedenze alimentari a strutture che aiutano le persone in difficoltà sul territorio, grazie alla partnership con la Fondazione Banco Alimentare. Negli ultimi quattro anni, con il Progetto Harvest, sono stati donati ben 46.000 pasti e si punta a crescere coinvolgendo nell’iniziativa un numero sempre maggiore di ristoranti sull’intero territorio nazionale (in foto uno scatto della promo dell’evento #KFCCreativesUnited, realizzato su Instagram e TikTok con lo street artist @sexsdreams che ha realizzato tre opere d’arte ispirate a KFC; photo © instagram.com/kfc_italia). >> Link: www.kfc.it
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RISTORANTI CARNIVORI
Truffle Meat Experience Una Première a base di carne di Bianca Modenese sottoposta a frollatura con burro chiarificato e tartufo locale. Da un’idea di Amedeo Mongiorgi della Bottega del Macellaio di Savigno di Gaia Borghi
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o sapevate che dal mese di dicembre 2021 l’antica pratica della cerca e cava del tartufo è Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità dell’UNESCO? Ebbene sì, dopo un iter durato 8 anni, grazie all’impegno delle associazioni dei tartufai italiani, questa pratica tradizionale così radicata nel nostro Paese è stata inserita nella lista dei beni culturali immateriali da tutelare. «Un patrimonio collettivo,
prezioso anche per le generazioni future, che va ben oltre il valore del prodotto in sé» ha commentato MICHELE BOSCAGLI, presidente dell’Associazione nazionale Città del tartufo. Tra le “capitali italiane” del tartufo c’è il comune di Savigno, sui colli bolognesi, dove ogni fine settimana di novembre si svolge con successo la rassegna Tartófla Savigno – Festival internazionale del
tartufo bianco. E a Savigno, sotto i portici della piazza principale, c’è La Bottega del Macellaio, bottega storica con oltre 120 anni di attività guidata da GUIDO MONGIORGI e dalla sua famiglia, con la moglie ANNA AMATO padrona incontrastata della cucina. Proprio per festeggiare l’ambito riconoscimento, qui, lo scorso 25 gennaio, il tartufo pregiato della cittadina emiliana è stato celebrato con una Première Truffle Meat Experience.
Tartufi e carni sono accuratamente scelti da Guido Mongiorgi, anima con la famiglia di questa straordinaria bottega.
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Il burro di copertura ha mantenuto il colore rosso brillante della carne e la cottura non ne ha intaccato la morbidezza.
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La carne di Bianca Modenese con la copertura di burro chiarificato al tartufo, il salame artigianale e i tortellini in brodo di Bianca Modenese. Tartufo-carne-burro: Première perché per la prima volta in assoluto due tagli di carne di Bianca Modenese, tipica razza bovina caratteristica, appunto, della provincia di Modena, sono stati sottoposti ad una speciale frollatura in un burro chiarificato (butter aged) arricchito con tartufo di Savigno. La carne proveniva da capi selezionati in piccoli allevamenti della zona direttamente da Guido, una lunga esperienza in macelleria; capi dei quali viene seguita alimentazione e crescita, così da avere la garanzia del risultato finale in tavola.
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Una costata e una T-Bone, frollate rispettivamente oltre 70 giorni e 30 giorni, che poi sono state cotte nello stesso burro al tartufo sulla brace del camino nella sala situata proprio sotto la bottega e che saltuariamente (il calendario delle aperture lo trovate nel sito del locale) è riservato a pranzi domenicali e cene su prenotazione. «Il burro protegge la carne dall’ossidazione e ne impedisce la disidratazione, evitando la rifilatura e lo scarto che si produce col classico dry aged» spiega AMEDEO MONGIORGI, il figlio di Guido che ha ideato e organizzato
la serata. «Inoltre il burro conferisce alla carne un gusto più intenso, in questo caso con l’ulteriore arricchimento del tartufo di Savigno nella copertura». Il profumo, già in cottura, incredibile, e il sapore, equilibratissimo, una vera delizia nella parte del grasso, non si possono raccontare adeguatamente. Così come il salame, artigianale a grana grossa, una salame “a km buono” lo descrive Guido, genuino, senza alcun tipo di conservante o sofisticazioni aggiunte con cui si è aperta la degustazione, insieme alla focaccia e ai grissini preparati dalla chef. O i tortellini, piccolissimi, il ripieno classico ma senza il lombo suino che lo renderebbe più secco e senza noce moscata, serviti in brodo di Bianca Modenese, saporito senza dover aggiungere il Parmigiano. Tanti senza, insomma, eppure tanto “più”. Per finire, cono con mascarpone, perle di aceto balsamico al tartufo e tartufo bianco generoso. Sapori che non si riescono a raccontare, ma che certamente valgono il viaggio. Gaia Borghi La Bottega del Macellaio Via Guglielmo Marconi 2 40060 Savigno (BO) Web: labottegadelmacellaio.com Nota Photo © Federica Cornia.
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LOCALI DI GUSTO
Fortunato Aricò, artigiano del gusto tra terra, mare e fantasia di Riccardo Lagorio
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La tartare realizzata con la carne della Macelleria Francini di Sambuca, Tavernelle Val Di Pesa (FI).
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i sono cuochi che non hanno bisogno di trasmissioni patinate per bucare lo schermo. È sufficiente lo sguardo, due frasi, una risposta per arguire che sono una miniera di fondatezza e attendibilità. Lo spettacolo e la noia si cerchino lontani da qui, in quei locali di sordidi padellari che hanno bisogno di uffici stampa tanto vaghi quanto inattendibili per salire agli… onori delle cronache! Qui a mezza costa, in piena città di Reggio di Calabria, c’è una viuzza con giardini e antiche botteghe. Si va sul concreto: la passione per il cibo non è una comoda espressione alla quale attingere per diventare reucci di chissà cosa… FORTUNATO ARICÒ non cerca notorietà, ma ingredienti del territorio e dal mondo che vengono trattati con cura e buon senso per mantenere la loro vera essenza. Il suo Officina del Gusto è sintesi in tinte bianche di tovaglie e muri, pareti spesse 12 bottiglie di vino, tavoli in giusta quantità. Dietro le quinte si lavora in un clima da laboratorio, a cavallo tra ricerca e ripasso di antiche formule. «Reggio è una città di mare, ma come spesso accade, proprio nelle città di mare si privilegia mangiare carne. E nella cultura reggina tante, tante verdure». E allora, quale è il miglior modo per essere certi che le verdure siano davvero locali? Coltivarsele. «Mi sono fatto un piccolo orto, l’Orto dell’Officina, dove coltivo, senza utilizzo di prodotti chimici ortaggi, erbe profumate e frutti a 700 metri sul livello del mare». Un ritaglio di paradiso con un affaccio sullo Stretto di Messina: mare, tra Ortì e Arasì.
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A sinistra: le polpette, immancabili nel menu del locale. A destra: Fortunato Aricò, anima dell’Officina del Gusto. Leggiamo dal sito la sua presentazione: “profondo conoscitore del territorio calabrese e dei suoi sapori, ama elaborare i suoi piatti partendo da gusti e ricette tradizionali che reinterpreta. Si definisce ‘cuoco’ più che ‘chef’ ma anche ‘artigiano’ del suo locale, dove il ‘Gusto’ è tema ed ispirazione continua e il territorio e la sua Calabria sono orgoglio e fonte inesauribile di nuovi stimoli”. Anche nell’olio extravergine c’è un tocco di unicità, con l’arrivo in tavola di bottiglie firmate Oleificio Carbone di Laureana di Borrello, compagine che custodisce il proprio olio in silos sotto azoto. L’esperienza di Aricò come artigiano del gusto nasce nel 2003, una piccola enoteca e pochi tavoli. Ma le cose girano bene e per questo autodidatta legato alla sua Reggio arriva il momento di pensare all’Officina del Gusto: si rinnova del tutto nel 2017. Tra le bandiere del locale il bergamotto, ancora poco utilizzato in cucina, ma profumato e dal gusto inconfondibile. «Per i piatti va utilizzato essenzialmente a crudo». Minuscoli fiocchi di scorza di bergamotto compaiono sul carpaccio o nella tartare di carne firmata Macelleria Francini, in Tavernelle Val di Pesa (FI), oltre a batuffoli di Caciocavallo di Ciminà ben stagionato. «Di certo sanno selezionare le migliori carni che si possono trovare nella Penisola» spicca il volo Aricò.
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Gli agnelli quelli no, sono aspromontani. Per lo stinco si è scoperto che la cottura migliore è sottovuoto per 15 ore a 75 ºC unito a pepe, salvia, alloro e rosmarino. Un tocco leggero di bergamotto conferisce al piatto un aroma decisamente balsamico. «Sono agnelli che vivono su terreni scoscesi, predisposti a lunghe camminate e dall’elevata succosità delle carni» spiega. Tra gli antipasti c’è pure la scelta di polpette di maiale Nero d’Aspromonte: anche in questa occasione, se disponibili i frutti di bergamotto, da dicembre a marzo, ci può cader dentro una scheggia sottile di buccia che profuma la carne soda e gustosa. «La mia cucina è fatta anche di fantasia, con piatti costituiti da pochi ingredienti, tre o quattro, che si esaltano grazie a tecniche di cottura diverse che esprimono consistenze diverse». Così è certo che dove il bergamotto diventa ancora più caratterizzante è nelle marinature del
pesce. In questi casi è il succo di bergamotto a rendere profumate e irresistibili le preparazioni. Lo stoccafisso, gloria della gastronomia reggina, acquista un profumo austero mentre la bocca raggiunge note celestiali tra l’acido e l’amaro e qualche granello di pepe rosa sollecita una dolce piccantezza. Anche con i gamberi rossi di Mazara del Vallo l’aromaticità del bergamotto fa esplodere le note dolci e nel contempo ittiche che poi, nel risotto di gamberetti e bergamotto Aricò sa bene equilibrare senza fare cadere l’asticella del gusto. Chi desidera continuare col gusto ricercato del bergamotto termina con un sorbetto. Uno splendore! Riccardo Lagorio Officina del Gusto Via Placido Geraci 18 89128 Reggio di Calabria Telefono: 0965 332830 Web: officinadelgusto.net
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FIERE
Tutti a Barcellona! Dal 4 al 7 aprile prossimi torna in scena Alimentaria 2022, con i suoi 10 saloni tematici tra cui Intercarn, lo spazio espositivo delle carni e dei prodotti a base di proteine animali
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ntercarn, Interlact, Grocery Foods, Snacks, Snacks, Fine Foods e Organics sono alcuni dei saloni di Alimentaria 2022 che hanno già esaurito lo spazio espositivo. Insieme a Hostelco, la fiera leader per l’industria alimentare e della sua catena del valore, prevede di occupare 7 padiglioni nella Gran Vía de Fira de Barcelona, per una superficie espositiva netta di 85.000 m2, compresi gli spazi per conferenze e altre attività che completeranno l’offerta commerciale. Circa 3.000 aziende espositrici hanno confermato la
presenza a Alimentaria y Hostelco e di queste 400 (il 18% del totale) giungeranno a Barcellona da 52 Paesi, occupando una superficie di 15.000 m2. Tra questi, per la prima volta ci saranno Brasile, Slovacchia, Australia, Canada, Emirati Arabi Uniti e Porto Rico. Per J. ANTONIO VALLS, direttore generale di Alimentaria Exhibitions, la prossima edizione della fiera «contribuirà a promuovere lo sviluppo di un settore strategico per l’economia spagnola come l’industria alimentare e delle bevande,
oltre a continuare a promuovere il posizionamento di Food & Beverage spagnoli nei mercati internazionali, collegando le imprese e promuovendo il networking faccia a faccia con i principali buyer del mercato». Per questo motivo, la fiera inviterà 1.400 key buyer, importatori e distributori provenienti da Europa, America Latina e Nord America con l’obiettivo di organizzare quasi 12.500 incontri d’affari con le aziende espositrici partecipanti alla manifestazione.
Alimentaria è una manifestazione internazionale di riferimento per tutti i professionisti dell’industria alimentare e foodservice fin dalla sua prima edizione (photo © instagram.com/alimentariabcn).
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Coi suoi oltre 14.000 m2 di superficie, Intercarn, il settore dedicato alla carne e ai suoi derivati, è lo spazio più grande di tutta la fiera (photo © instagram.com/alimentariabcn). Intercarn, maxisalone Tra i 10 padiglioni settoriali che compongono Alimentaria, spicca il dinamismo di Intercarn, il settore dedicato alla carne e ai suoi derivati, che supera i 14.000 m2 di superficie, diventando così lo spazio più grande di tutta la fiera. Questo settore ha così assunto la leadership di questa edizione 2022, avallato dall’industria della carne spagnola che riconosce nella manifestazione la sua principale piattaforma di business e di internazionalizzazione. Dal canto loro, tutte le Comunità autonome spagnole hanno già confermato la loro presenza ad Alimentaria e il resto dei padiglioni è già al completo o con livelli di occupazione vicini al 90%. Tra questi ci sono Interlact (latticini e derivati), Expoconser (conserve), Snacks, Biscuits & Confectionery, Mediterranean Foods (alimenti della Dieta Mediterranea, prodotti freschi, oli d’oliva e oli vegetali), Restaurama (Food Service), il nuovo spazio Alimentaria Trends che includerà sottosettori produttivi come i delicatessen food (Fine Foods), i prodotti biologici (Organic Foods), i Free From, Halal e Alimenti
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Funzionali e infine Grocery Foods, che riunirà le grandi aziende di consumo alimentare. Sostenibilità, innovazione e responsabilità sociale Innovazione, gastronomia e management legati alla sostenibilità e alla responsabilità sociale definiranno il programma di attività di Alimentaria, che unirà i suoi contenuti classici con le esperienze e le conoscenze emerse nel food business dopo la pandemia. Alimentaria Hub sarà l’agorà delle tendenze e del futuro del cibo. Più di 200 esperti hanno confermato la loro partecipazione a convegni, presentazioni e fast talk che verteranno sull’innovazione, sostenibilità, digitalizzazione, nuove abitudini nel commercio al dettaglio, nutrizione, salute e segmenti in forte espansione, come proteine alternative o prodotti halal. Tra le novità di The Alimentaria Hub c’è lo spazio Digital Food Arena, che riunirà 8 start-up chiamate a rivoluzionare il settore alimentare. The Experience Live Gastronomy proporrà un programma di live cooking, workshop, degustazioni e
presentazioni di tecniche culinarie nella gastronomia sostenibile, nel territorio, nel recupero delle tradizioni e nella ricerca alimentare di il futuro, tra le altre tendenze. Oltre 30 grandi chef con più di 36 stelle Michelin parteciperanno alle sei tappe di questo grande spazio gastronomico. Sinergie con Hostelco L’apertura in contemporanea di Alimentaria e Hostelco (Salone Internazionale delle Attrezzature e Macchine per Ristoranti, Hotel e Collettività), mostrerà sia al canale distributivo che al canale HO.RE.CA. l’offerta più completa e trasversale dell’intera catena del valore dell’industria alimentare.
Fira Barcelona Gran Vía 4-7 aprile 2022 Barcellona (Spagna) Web: www.alimentaria.com www.instagram.com/alimentariabcn
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Photo © Messe Frankfurt Exhibition GmbH / Petra Welzel
Alla scoperta di IFFA 2022
L’
edizione 2022 di IFFA, la manifestazione fieristica più importante per le tecnologie dell’industria della carne, in calendario a Francoforte dal 14 al 19 maggio si sta avvicinando. Riportiamo di seguito un’intervista al direttore di IFFA, JOHANNES SCHMID-WIEDERSHEIM, sulle prospettive dell’evento che riguarda lavorazione, conservazione, refrigerazione, confezionamento e vendita. I preparativi per IFFA 2022 sono già in pieno svolgimento. Qual è lo stato attuale delle registrazioni? «Procede molto bene. Alla scadenza della prenotazione anticipata degli spazi abbiamo ricevuto più iscrizioni per questa edizione 2022 che per la precedente del 2019. Le aziende leader di mercato si sono nuovamente iscritte alla fiera e
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stiamo assistendo ad un incremento della domanda di spazi espositivi. Questo è davvero incoraggiante e mostra ancora una volta che IFFA è il “posto in cui stare” quando si tratta di temi di attualità per il settore. Ed è un’indicazione di quanto sia gli espositori che i visitatori attendano con impazienza una ripresa degli incontri personali e uno scambio di idee ed esperienze a livello interna-
zionale. Tutti vogliono finalmente incontrare di nuovo i partner commerciali e colleghi, oltre a scoprire innovazioni e dare forma insieme al futuro del settore. Nel complesso, il business della carne e delle proteine è passato abbastanza indenne attraverso la crisi pandemica. Di conseguenza, le aziende hanno idee e budget per gli investimenti. Un recente
I temi principali di IFFA 2022 andranno dall’automazione di prodotto all’ottimizzazione, senza trascurare sostenibilità e innovazione, efficienza energetica, riduzione e riciclabilità dei materiali di imballaggio e il taglio dei rifiuti alimentari. «Il nostro obiettivo è quello di essere la piattaforma di business globale leader per tutti gli attori nel settore delle proteine» dice il direttore Johannes Schmid-Wiedersheim
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sondaggio tra i visitatori delle passate fiere di Francoforte ha rivelato che oltre l’80% di loro ha in programma di partecipare a un evento fisico nell’immediato futuro. Nel complesso, questo rappresenta un ottimo punto di partenza per IFFA 2022». Per la prima volta i visitatori di IFFA 2022 si confronteranno con le tecnologie di processo per le proteine alternative. Com’è avvenuto questo passaggio? «Insieme al nostro comitato di esperti l’anno scorso abbiamo deciso di ampliare la gamma di prodotti IFFA e di includere la tecnologia di processo per i prodotti vegetali e per la carne ottenuta da colture cellulari. In realtà questi temi non sono del tutto nuovi per la fiera perché in passati sono stati sviluppati progetti che proponevano alimenti a base vegetale. Nel contempo è aumentata la domanda da parte dei consumatori di alimenti alternativi a carne e pesce in un mercato in rapida crescita per i prodotti vegetariani e vegani a livello mondiale. Naturalmente, ciò richiede anche l’istituzione o la trasformazione di capacità produttive. IFFA ha sempre trattato tutte le fasi del processo dell’industria delle carni, dalla lavorazione, al confezionamento, alla vendita. I processi e le tecnologie per i prodotti a base di proteine alternative sono molto simili e molti nostri espositori stanno già lavorando con successo in questo segmento. È quindi logico per noi dare a IFFA una base più ampia e aprire la fiera a fonti alternative di proteine accanto a quelle più tradizionali». Cosa può offrire IFFA al business della carne e delle proteine? «Le modalità di lavorazione e confezionamento dei prodotti a base di carne e da proteine alternative sono molto simili e sono sicuro che l’intero business delle proteine può trarre vantaggio dall’esperienza e dall’innovazione delle aziende rappresentate a IFFA. I moderni impianti e macchinari possono aiutare ad incrementare la produ-
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Johannes Schmid-Wiedersheim, direttore di IFFA, Messe Frankfurt (photo © Messe Frankfurt Exhibition GmbH / Pietro Sutera). zione, implementare nuove idee di prodotti, tagliare i costi e rendere gli alimenti più sicuri. Quest’ultimo è un argomento importante perché anche i prodotti vegetali possono deteriorarsi. Così, i temi principali di IFFA 2022 ruoteranno intorno all’automazione del prodotto e all’ottimizzazione, senza trascurare la sostenibilità e l’innovazione, l’efficienza energetica, la riduzione e riciclabilità dei materiali di imballaggio e il taglio dei rifiuti alimentari. Anche i nuovi modelli di packaging e le tendenze in materia di ingredientistica e spezie saranno al centro dell’attenzione di questa edizione. Inoltre, stiamo pianificando una serie di eventi di accompagnamento capaci di soddisfare gli interessi dei singoli gruppi di visitatori: insieme ai nostri partner, tra cui la tedesca Mechanical Engineering Association (VDMA), l’Associazione tedesca dei macellai (DFV) e l’Association for Alternative Sources of Protein (BALPro), stiamo lavorando su una serie di formati attraenti e sui loro contenuti. Il nostro obiettivo è quello di essere la piattaforma di business globale leader per tutti gli attori nel settore delle proteine».
Come vede lo sviluppo del business fieristico sullo sfondo di una pandemia globale? «La pandemia ha naturalmente posto una serie di sfide enormi per il settore fieristico a livello nazionale e internazionale. I rinvii e le cancellazioni registrati in tante manifestazioni hanno avuto un forte impatto anche sugli espositori e visitatori. Le grandi organizzazioni fieristiche sono molto efficaci per promuovere business e fare networking, oltre ad essere vetrine per la promozione di prodotti e innovazioni. Per fortuna, la pandemia sembra allentarsi lasciando e guardiamo con ottimismo ai prossimi mesi».
Technology for Meat and Alternative Proteins 14-19 maggio 2022 Frankfurt am Main Web: www.iffa.com Social media • www.iffa.com/facebook • www.iffa.com/twitter • www.iffa.com/linkedin
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PACKAGING
Vassoi R-XPS: facciamo il punto! Caro Tancredi, se non vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che qualcosa cambi
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a dove cominciamo? Dall’inizio, ovviamente, come tutte le storie di questo mondo. Anche se, in questo caso, non è così semplice individuare una data d’inizio vera e propria, ma piuttosto un crescendo di eventi e di comunicazioni attraverso i media e i social contro l’imballaggio in plastica, in seguito ai quali esso è stato condannato in via definitiva e senza appello, come responsabile dell’inquinamento dei mari e dell’aumento delle emissioni di gas serra. Per far fronte allo tsunami mediatico dilagante, pertanto, bisognava fare qualcosa: per una buona parte della GDO e non solo, l’importante era dare subito un segnale forte di discontinuità (parola molto di moda oggi) che rassicurasse i consumatori sull’impegno attivo per lo sviluppo dell’economia circolare e della sostenibilità, quantomeno per fermare la crescita inarrestabile dei rifiuti di plastica che continuano a devastare l’ambiente, contribuen-
Il vassoio in polistirolo espanso R-XPS, da sempre, è una soluzione funzionale e sicura testata da oltre 50 anni di utilizzo dalla GDO, dall’industria e dai consumatori di tutto il mondo, oggi più che mai Sostenibile, Riciclabile e Circolare con un contenuto di riciclato post-consumo fino al 50%
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do, secondo i detrattori della plastica, alla crescita del riscaldamento globale del pianeta. In questo contesto, i nostri cugini francesi, naturalmente, non hanno perso l’occasione di farsi sentire: così, il 21 febbraio 2019, è nato il Pacte National Emballages Plastique, con tanto di marchio e dichiarazioni d’impegno, una iniziativa che riunisce “tutti gli attori volontari della catena del valore della plastica (produttori, trasformatori, marchi nazionali, distributori, operatori della gestione dei rifiuti), la società civile ed il Ministero della Transizione Ecologica, uniti da una visione comune dell’economia circolare, in cui la plastica non diventa mai un rifiuto”. Il Patto nazionale, infine, come associazione, è anche membro del Plastics Pact Network della ELLEN MACARTHUR FOUNDATION, che riunisce più di 1.000 organizzazioni di tutto il mondo. Ma come fare affinché gli imballaggi in plastica non diventino più un rifiuto? Elementare Watson! Basta eliminarli. Ed ecco che i firmatari del Patto nazionale si impegnano immediatamente ad eliminare, entro il 2025, il PSE (Polistirolo
Espanso) e non solo, perché facente parte, secondo loro, degli “imballaggi problematici e inutili”. Definire “problematica ed inutile” una tipologia d’imballaggio che ha permesso da 50 anni a questa parte lo sviluppo dell’industria alimentare e della GDO europea, garantendo sicurezza alimentare, funzionalità, praticità, sostenibilità ed economicità a tutti gli operatori della filiera, compresi naturalmente i consumatori finali, è a dir poco sconcertante, ma questa è un’altra storia e la vedremo dopo. Parliamo ora di noi in Italia. Anche nel “Belpaese”, in qualche modo, è stata presa una posizione — più politica che altro — soprattutto da parte della GDO; bisognava dare un segnale di discontinuità, questo è certo, segnale diretto soprattutto ad un modello di consumatore che avrebbe potuto indirizzare le proprie scelte su quelle aziende o quelle insegne della GDO che avrebbero preso posizioni chiare sui temi dell’economia circolare e della sostenibilità, supportate da azioni concrete, come sostituire ad esempio l’imballaggio in plastica
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con i cosiddetti materiali sostenibili, escludendo il nostro imballaggio da questo circolo ristretto. A questo punto una domanda sorge spontanea: perché eliminare la vaschetta in XPS? Elementare Watson, perché era ed è ancora, al di là degli annunci, la soluzione d’imballo più diffusa, soprattutto per confezionare gli alimenti freschi all’interno della GDO, in Italia, in Francia, come in altri Paesi europei e non solo. In pratica, nella corsa alla sostituzione dei contenitori in polistirolo espanso con i cosiddetti materiali sostenibili, fatto salvo qualche sporadico inserimento con soluzioni in cartoncino laminato con films plastici, per il confezionamento della carne o del pesce e test fallimentari con contenitori in bagassa o giù di lì, si è semplicemente utilizzato un altro contenitore in plastica trasparente PET o PP per sostituire il vassoio in XPS. Qualche “malpensante” ha ipotizzato, sarcasticamente, che sia stata una strategia per rendere meno “visibile” al consumatore l’imballaggio, vista la trasparenza del materiale… A parte questa provocazione, in sintesi, quello che è emerso chiaramente è che la distribuzione doveva dare un segnale di discontinuità. La “cruda” realtà del confezionamento sul pdv degli alimenti freschi ha dimostrato ancora una volta che non è così semplice e soprattutto indolore sostituire il vassoio in polistirolo espanso. Se è utilizzato da oltre 50 anni un motivo ci sarà. Ma allora, come si può coniugare innovazione e sostenibilità con la sicurezza alimentare, la funzionalità, il miglioramento della sostenibilità, la riciclabilità e il costo? Il nuovo contenitore in polistirolo espanso R-XPS coniuga perfettamente le istanze prima elencate e rappresenta pertanto una soluzione moderna, sicura e funzionale. Il vassoio in polistirolo espanso è una soluzione d’imballo “testata” da oltre 50 anni di utilizzo da parte della GDO, dall’industria alimentare e dai consumatori di tutto il mondo; oggi, nella nuova
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versione R-XPS, è più che mai Sostenibile, Riciclabile e Circolare, con un contenuto di riciclato postconsumo fino al 50%. Stiamo parlando, pertanto, di un imballaggio innovativo, che riduce drasticamente la quantità di materia prima vergine impiegata (con una conseguente riduzione dell’impatto ambientale in termini di GWP – Global Warming Potential – del 54%), utilizzando polistirene da post-consumo, ma con le stesse garanzie di sicurezza alimentare e funzionalità ben note agli addetti ai lavori e ai consumatori. Un risultato straordinario, reso possibile solo dalla collaborazione di tutte le aziende di PROFOOD, gruppo merceologico appartenente ad Unionplast, il COREPLA, ENI Versalis, Foreverplast, Fraunhofer Institute e CSI Gruppo IMQ, che sta incontrando sempre di più il favore della distribuzione e dell’industria italiana, che ne ha compreso il contenuto innovativo come soluzione veramente green, senza sacrificare la sicurezza e la funzionalità e non in ultimo la sostenibilità economica. Ma in Francia, alla fine, cos’è successo? Le associazioni di categoria Sindifrais e Célene, che rappresentano rispettivamente i principali produttori lattiero-caseari ed i
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produttori di carne, gli stakeholder della catena del valore degli imballaggi come Plastics Europe France, Elipso, ma anche Michelin e Valorplast, impegnati nel riciclo degli imballaggi in plastica e la stessa Citeo, che rappresenta le aziende del settore dei consumi di massa e della distribuzione, impegnata per la riduzione dell’impatto ambientale dei prodotti dei loro associati, promuovendo l’Ecodesign e l’economia circolare, hanno preso una posizione precisa e documentata per la creazione di una efficiente filiera del riciclaggio del polistirolo rigido ed espanso in Francia, dimostrando l’importanza di questo materiale per l’industria alimentare francese, sia in termini di sostenibilità che di economicità. In particolare, per quanto riguarda i vassoi in polistirolo espanso (XPS/ EPS), la posizione è molto precisa: “essi presentano vantaggi innegabili per la commercializzazione della carne nei punti vendita. Leggeri, ma rigidi, rappresentano più del 60% della quota di mercato, garantendo la qualità sanitaria dei prodotti”. E ora? Pensiamo a TANCREDI, il nipote di FABRIZIO, principe di Salina, nel GATTOPARDO: “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”. Nel nostro caso, giusto per rispondere a Tancredi, non deve
essere così. Un cambiamento vero, reale, non fatto di annunci, per un mondo più sostenibile, occorre veramente; uno scossone, di certo, ci voleva proprio, per tutti: per la GDO e l’industria alimentare, ma anche per i consumatori, a cui è servito per chiarire che l’imballaggio sostenibile, sicuro, riciclabile ed economico è sempre stato lì davanti ai nostri occhi da almeno 50 anni. Ma è servito anche a noi produttori, perché abbiamo acquisito consapevolezza, finalmente, del fine vita dei nostri imballaggi, valorizzandolo e non ignorandolo. Possiamo così realizzare prodotti ancora più performanti ambientalmente, ma anche più attuali, in linea coi fondamenti dell’economia circolare, senza cercare soluzioni improbabili che di sostenibile hanno solo l’aggettivo. Quindi, caro Tancredi, se non vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che qualcosa cambi.
Via Del Lavoro 1 26030 Gadesco Pieve Delmona (CR) Telefono: 0372 837086 LinkedIn: gruppo-happy
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Sostenibilità, protezione e riduzione dello spreco alimentare al centro della sfida di Sealed Air
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ultinazionale con 25.000 dipendenti e una forte presenza in Italia, Sealed Air è specializzata in soluzioni per il confezionamento e l’imballaggio per il settore food, materiali protettivi e applicazioni medicali, con una particolare vocazione alla sostenibilità del packaging e la riduzione dello spreco grazie alle sue soluzioni. Abbiamo chiesto ad ALESSANDRO BRAGA (in foto), Sales Director Protective Packaging Italy, quale sia la visione dell’azienda rispetto al mercato dei prossimi mesi e nella prospettiva di esporre le proprie soluzioni innovative nell’ormai sempre più vicina IPACK-IMA 2022. Che tecnologie valorizzate in particolare in questo periodo? «Sealed Air sta investendo in tutte quelle tecnologie che permetteranno di raggiungere l’ambizioso obiettivo di sostenibilità che l’azienda si è data per il 2025: soluzioni di imballaggio al 100% riciclabili o riutilizzabili e per quanto riguarda la plastica un contenuto medio di materiale riciclato pari al 50%, di cui almeno il 60% riciclato post consumo. Ad esempio, stiamo andando in questa direzione puntando sulle bolle a barriera AirCap, che grazie alla loro tecnologia permettono di ridurre spessore e peso della bolla, senza scendere a compromessi con la protezione. Sistemi a cuscini d’aria e automazione permettono di incrementare la produttività, minimizzando fermi macchina e sprechi di materiale, e per finire i sistemi per protezione e riempimento vuoto con carta, che stanno avendo
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un grande sviluppo in questi mesi e su cui Sealed Air sta facendo investimenti importanti. Inoltre, Sealed Air ha un’offerta vasta per tutto il settore food; ad esempio abbiamo ampliato la nostra gamma di film barriera e pronti per il riciclo per contribuire a migliorare la riciclabilità in tutte le catene di approvvigionamento alimentare europee. Tutti chiari esempi di come Sealed Air stia sviluppando soluzioni di packaging che massimizzino la protezione del prodotto, l’efficienza delle risorse e la circolarità dei materiali». Che aspettative avete sulla manifestazione? «Restrizioni Covid permettendo e proprio perché veniamo da un 2021 vissuto in larga parte senza poterci muovere come avremmo voluto e dovuto, ci aspettiamo un’affluenza di pubblico importante, che faccia di IPACK-IMA il giusto palcoscenico per far conoscere a quanti più operatori possibili le nostre soluzioni e la nostra tecnologia e per comunicare al mercato con la dovuta enfasi la nostra strategia commerciale, che mette al centro la sostenibilità. La plastica è un materiale sul quale abbiamo molto da dire, il cui contributo alla sostenibilità ambientale ed economica è spesso sottovalutato o male interpretato. In tema di plastica, in qualità di mercato, sentiamo la responsabilità di dover innovare costantemente per costruire un futuro senza sprechi, mantenere gli oceani puliti e lasciare un’impronta di carbonio più leggera».
Che prospettive di mercato vedete per il 2022? «Sarà importante valutare come evolveranno le variabili rappresentate dalla volatilità dei costi di produzione (materie prime, energia, trasporti) e la sostenibilità del rapporto domanda/offerta, che negli ultimi mesi hanno messo in seria difficoltà alcuni comparti della nostra industria. Al momento, riteniamo realistico prevedere che la domanda da parte dei principali settori industriali si mantenga su livelli alti. La richiesta del mercato di soluzioni sostenibili, siano esse materiali più leggeri o riciclabili, o sistemi che aumentino la produttività, è destinata ad aumentare e ad essere trainante, e questa per Sealed Air è sicuramente una buona notizia».
Appuntamento con Sealed Air a: IPACK-IMA 2022 3-6 maggio, Milano www.ipackima.com
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TECNOLOGIE
Gestione ricette ed etichettatura degli alimenti: tutti i dati dall’ERP CSB-System, direttamente
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a ricetta è il fulcro centrale nella produzione alimentare ed è un fattore di successo decisivo: anche solo piccoli cambiamenti nella composizione dei prodotti possono avere un grande impatto sul gusto, sulla qualità e sui margini di guadagno. Il gruppo CSB-System, che da oltre 40 anni ormai fornisce soluzioni gestionali complete e modulari per le industrie alimentari, ha puntato molto sul potenziamento della Gestione e Ottimizzazione Ricette, anche grazie ai preziosi input ricevuti dai clienti. Qualità riproducibile garantita Produrre la stessa qualità ogni giorno è l’obiettivo di qualsiasi produttore. Nel caso ideale, le distinte basi, le descrizioni delle tecnologie e le istruzioni di lavoro sono accessibili in formato elettronico in area produzione, disponibili su un
PC industriale, quale il CSB-Rack, o su un tablet. Data la connessione a bilance o silos, la gestione ricette dell’ERP CSB-System garantisce che i dipendenti seguano un processo definito e assicurino una qualità del prodotto costantemente elevata per ogni singolo lotto di produzione. Gestione dei rischi più sicura Il pericolo di costosi richiami di prodotti diminuisce considerevolmente perché, se gli operatori non possono fare altro che produrre esattamente secondo le specifiche e le normative legali, ci saranno meno scarti. Le ricette forniscono un quadro completo della produzione e qui il software CSB-System registra tutto in modo preciso e verificabile per una documentazione trasparente: flussi di materiale, dati rilevanti per la qualità o cambiamenti nel processo.
Miglioramento dei margini Ottimizzando le ricette, le aziende alimentari hanno alte probabilità di aumentare i loro margini. L’ottimizzazione ricette del CSB-System calcola la composizione più economica dei prodotti, tenendo conto delle restrizioni chimiche e tecnologiche e nel rispetto degli standard qualitativi predefiniti. Clienti CSB riportano che, già in una prima fase di ottimizzazione, sia possibile ottenere un risparmio di circa il 5% sulle materie prime utilizzate. In media, vi può essere un ulteriore risparmio che va dall’1 al 4%. Produzione agevolata di piccoli lotti o singoli prodotti Coi suoi dati su ingredienti e additivi, allergeni, valori nutrizionali e OGM, la gestione delle ricette costituisce la base per assecondare e facilitare la produzione di lotti esigui, al fine di evadere ordini sempre più
La Gestione Valori Nutrizionali del CSB-System gestisce con massima trasparenza l’etichettatura dei prodotti.
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Tracciabilità con smartphone. piccoli ma più frequenti da parte dei distributori finali. Un modo per quest’ultimi di trasferire sul produttore i rischi di un mercato dalle richieste sempre più oscillanti. Etichette ancora più sicure Solo avendo il 100% del controllo sulla composizione dei propri prodotti si possono soddisfare leggi e linee guida, così come i severi requisiti della commercializzazione. Gestire le tabelle degli allergeni, valori nutrizionali e ingredienti in modo manuale significa dover affidarsi alle capacità del singolo operatore, lasciando correre all’azienda un rischio che l’uso dell’ERP CSB-System eliminerebbe. Il calcolo degli ingredienti inizializza automaticamente le etichette degli articoli e le specifiche di produzione per i prodotti. Gli elementi dell’etichetta (ingredienti, valori nutrizionali, allergeni, OGM) possono essere generati in più lingue; per ogni prodotto e lingua si possono rappresentare contemporaneamente fino a sei differenti unità. È possibile inoltre integrare in modo rapido e agevole le banche dati nazionali ed internazionali dei componenti e dei valori nutrizionali. Sfruttando appieno la Gestione Valori Nutrizionali integrata del CSB-System si ottiene massima trasparenza nell’etichettatura dei
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prodotti, assicurandosi così oltre alla fiducia dei consumatori anche vantaggi competitivi a lungo termine. Spinta verso la fabbrica intelligente La gestione ricette fornisce anche un contributo importante nel contesto della fabbrica intelligente. Ad esempio, oggi è già possibile collegare le ricette, le specifiche e le informazioni nutrizionali memorizzate nel CSB-System con i sensori delle macchine di produzione. Questa integrazione consente non solo una pianificazione della produzione più precisa e una gestione automatizzata della qualità ma aumenta anche la sicurezza alimentare.
Referente: • Dott. A. MUEHLBERGER CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (VR) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com
SONO 180 GRAMMI, LASCIO?
WE. THE PIGS, We. The Pigs
WE. THE PIGS
Linderödssvin (photo © Susanne alfredsson)
di Giovanni Papalato
S
uccede sempre così: mancano poche settimane alla fine dell’anno, sono nel pieno della divertente difficoltà di stilare la mia personale classifica dei 30 migliori dischi ed ecco che ne esce uno che, con pochi ascolti, si inserisce a scapito di qualcosa che fino a quel momento ritenevo meritasse certamente una posizione. Questa volta è il debutto, dopo due EP in sei anni, di “WE. THE PIGS” da Stoccolma. Oltre a ripensare con piacere a come ho divorato i piatti di Ärtsoppa med fläsk, tradizionale zuppa svedese di piselli spezzati e carne di maiale, mi sono poi fermato a fissare quel punto che separa “Noi” da “I Maiali” e mi sono chiesto il perché di quella separazione a definire una distanza, a circoscrivere. E ho pensato al Linderödssvin, una delle quattro razze suine autoctone della Svezia (le altre sono la Landrace svedese, la Yorkshire svedese, e l’estinta razza maculata Old Swedish per la quale è stata approvata la richiesta
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di supporto ambientale). Da sempre i suini, selvatici e domestici, sono stati l’elemento dominante nell’alimentazione del Paese scandinavo, presenti in ogni fattoria. L’opera di conservazione del maiale di Linderöd risale ai primi anni Cinquanta, con la creazione dello zoo di Höör, nel quale furono portati i pochi capi rimasti. Il Linderödssvin viene allevato principalmente per la produzione di carne e la sua alimentazione è costituita essenzialmente da cereali, avena, erba fresca, radici, trifoglio, uova, larve e vermi, mentre quando gela gli viene dato cibo coltivato con metodo bio come patate, mele, e avena. Generalmente nascono sette maiali per ogni figliata: è consuetudine che un verro e due suini siano usati per la conservazione della specie, mentre gli altri sono destinati alla produzione di carne (200 capi all’anno). A parte e insieme, quindi, come il punto che contraddistingue il nome
di questo quintetto che arriva dalla capitale svedese misurandosi sulla lunga distanza nell’omonimo disco dove le chitarre luccicano, mentre batteria e basso elettrico corrono a farsi raggiungere dalla voce fresca di VERONICA NILSSON. Anyway si apre con un arpeggio e si schiude subito in un fragore compatto: ha tutto ciò che serve per essere parte della scena shoegaze svedese che mischia anche irriverenza punk, ma tra i solchi sotto la puntina non c’è solo questo. Già con Truth Or Dare si entra in territori più codificati verso la matrice stilistica principale, con andamento dreamy e sguardi sulle pedaliere degli effetti, tra distorsioni e larsen. Quanta meraviglia pop nella ballad Drift or Sleep, che ciondola tra accordi docili anche se amplificati in una nenia che cerca pace tra parole e melodia. Sembra giocare a rimpiattino con l’ascoltatore, nascondendosi per farsi trovare
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nel refrain che risplende prima di richiudersi come si era aperta. Spazza via ogni dubbio, dichiarandosi nella sua immediatezza Sounds; arriva diretta a farsi ballare vivida di braccia al cielo, in una ricerca di concretezza nell’articolazione dell’etereo, con chitarre che si sovrappongono in strati di rumore e melodia, in un’armonia di differenze che si sommano nel dialogo. Come in un oceano in cui nuotare sottacqua, a discapito del titolo, Sharks elabora bene la lezione di maestri del genere come Slowdive. La voce che sembra guidare tutto il resto, in bracciate lente e ampie, per poi staccare e vivere la sospensione prima di una spinta che ci porta verso la superficie diretti ad una luce sotto cui riconoscersi. Lato diverso e cupezza calma che si affaccia su Goodbye, dove il basso di KIEL ERIKSSON si carica dì responsabilità e pulsa di post punk. Una sfumatura che si aggiunge alla
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tavolozza con cui We. The Pigs si esprimono, lontani dall’idea che un solo stile li rappresenti. New Wave che sfiora il synth pop sempre guidato dal basso stavolta più morbido e seducente in Curtains, si allunga su suggestioni 80’s, senza tradire la natura di chitarre distorte che emergono e si impongono nel finale. Coglie la sintesi dell’eterogeneità dimostrata fin qui Fuck Your Songs, sporcando il pop e compiacendosi di farlo. Brano che trascina lungo un’irriverenza in cui anche la batteria si abbandona, picchiando svogliata su un pastiche sonoro quasi materico tanto è concentrico di feedback. Estrema e sorprendente invece la psichedelia di Carry, che trattiene il rumore in luogo di una tensione accarezzata e gestita, non trattenuta. Unico brano in lingua madre, Vi Skriker è un’altra gemma di ipermelodia e chitarre fragorose in cui perdersi senza nemmeno provare
a opporre resistenza. Qui, come nel brano successivo, è davvero chiaro come, a distanza di anni e di album, si ritrovino caratteristiche stilistiche che formano un sorta di territorio comune in cui ritrovarsi e riconoscersi come parte di qualcosa. Patterns che ha il compito di chiudere il disco è il brano più lungo di tutta la tracklist. Un malinconico arpeggio che si muove assieme alla voce come su onde sul bagnasciuga, avanzando e ritraendosi prima di trasformarsi in un crescendo che deflagra lungo i due minuti finali formando un muro di suono costruito da distorsioni e riverberi. Un disco di canzoni che non si mascherano per sembrare qualcosa di diverso da chi le ha scritte e suonate,”We. The Pigs” si fa amare per la sua naturale emotività. Necessario per chi, come chi scrive, non sa rinunciare alla sensazione emozionarsi per le chitarre anche in questi anni venti così sintetici. Giovanni Papalato
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STATISTICHE
Dati Anas: classificazione delle carcasse suine 2021
(*) Media ponderata dei pesi medi settimanali. (**)I dati della settimana n. 44 non sono disponibili. Elaborazione su dati MIPAAF.
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Jarvis, qualità certa, anzi certificata
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2017 EC Type-examination Certificate issued by PTB Braunschwieg / D
LIBRI
Nati sostenibili: storie dalla campagna italiana tra scienza e coscienza
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er l’agroalimentare l’unica via possibile di fare le cose belle e buone “come un tempo” è farle in un modo nuovo. Se vogliamo produrre cibo di qualità per tantissime persone quante siamo non possiamo guardare indietro, quando il contesto era totalmente differente. Dobbiamo proiettarci nel futuro. E, per evitare di doverci cercare un altro pianeta oltre i buchi neri, l’unica via è tenere in vita la Terra”. Quando pensiamo a misure per intervenire sulla crisi climatica, tendiamo a concentrarci soprattutto sui nostri consumi energetici. Ma il cibo — la produzione, l’imballo, il trasporto, purtroppo lo spreco — corrisponde ad un quarto delle emissioni complessive di gas climalteranti, oltre ad avere ricadute cruciali su inquinamento dei suoli, consumo d’acqua, perdita di biodiversità. Eppure, esistono strategie di mitigazione in grado di ridurre di un ordine di grandezza gli impatti della filiera alimentare sull’ambiente. Sono soluzioni che richiedono un misto di saggezza contadina e tecnologie all’avanguardia, di interventi a livello sovranazionale da un lato e di scelte consapevoli dei singoli consumatori dall’altro. Nati sostenibili è un saggio narrativo che racconta le storie di agricoltori e produttori grandi e piccoli dell’agroalimentare italiano e del lavoro che fanno ogni giorno per produrre cibo nel rispetto dell’ambiente, dei lavoratori e degli animali. A firmare il libro sono giornalisti gastronomici, più avvezzi per mestiere a raccontare le storie del cibo guidati dalle ragioni della gola: ne deriva un mix originale tra divulgazione scientifica e reportage di viaggio vivace e spesso umoristico,
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che prova a restituire la complessità dei temi e a non banalizzarli senza sacrificare il ritmo del racconto. Il saggio è articolato in nove capitoli che prendono spunto da altrettanti temi — l’impatto sul territorio, l’ecosistema e la biodiversità, le emissioni di CO2, lo sfruttamento delle risorse idriche, l’inquinamento, lo sfruttamento del lavoro, l’imballaggio, il trasporto e la distribuzione — esemplificati dalle testimonianze di produttori e allevatori virtuosi in tutta Italia. La campagna fotografica è stata realizzata ad hoc per il volume. Sostenibili, appunto (da identitagolose.it) “Una parola, va detto, sempre più ingombrante per quanto sia usata ormai in qualsiasi contesto: così tanto, e spesso così a sproposito, da rischiare di perdere almeno un po’ del proprio significato, che invece è molto importante. Il volume curato da SARA PORRO è interessante e coinvolgente proprio perché parte dalla consapevolezza che parlare di “sostenibilità” è una cosa complessa, che merita un approccio meticoloso. «Ho cercato di unire — ci racconta l’autrice — la mia vocazione di giornalista gastronomica e di narratrice di storie di produttori con la divulgazione scientifica. Per raggiungere questo obiettivo ha collaborato in qualità di factchecker alla realizzazione del libro il comunicatore scientifico RUGGERO ROLLINI, che con i suoi interventi spesso ci ha dimostrato come molte delle nostre certezze su agricoltura e allevamento siano infondate». Parla al plurale Sara Porro, perché non è l’unica penna coinvolta nella stesura dei testi di Nati
SARA PORRO (a cura di) Nati sostenibili Storie dalla campagna italiana tra scienza e coscienza Editore: Mondadori Electa, 2021 Collana: Progetti speciali Rizzoli EAN 9788891833822 240 pp.
Sostenibili, in cui ha coinvolto altri tre giornalisti gastronomici (tutti e tre da tempo, tra le altre cose, collaboratori della Guida di Identità Golose): GIORGIA CANNARELLA, SONIA GIOIA e LUCA IACCARINO. «Scrivo di gastronomia da dieci anni — continua Sara Porro — e pensavo davvero di poter contare su alcune certezze… che invece mi sono resa conto non fossero suffragate dai fatti e da un approccio scientifico alla materia. Abbiamo rivendicato questo termine, sostenibilità, perché è la parola giusta per affrontare gli argomenti che si trovano nel libro, ma abbiamo voluto evitare ogni
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semplificazione, perché sono temi che meritano invece un approfondimento attento. Spesso quando sentiamo parlare di sostenibilità, siamo esposti a visioni semplicistiche, a slogan, soprattutto quando questi temi vengono tradotti nel linguaggio del marketing. Questo vale sia per la grande industria che si propone come sostenibile, sia per i piccoli produttori che a volte si dicono sostenibili semplicemente in quanto piccoli». Un esempio delle convinzioni che si sono sciolte come neve al sole di fronte a un approccio scientifico alla materia? «Posso fare l’esempio del ruolo del trasporto nell’impatto complessivo degli alimenti che mangiamo: ho imparato che in genere è possibile che un alimento che ci arriva dall’altra parte del mondo sia più sostenibile di qualcosa che viene prodotto più localmente, se quella produzione viene fatta, ad esempio, in una serra riscaldata con combustibili fossili. Così come ci sono alimen-
ti che hanno un impatto talmente pesante in termini di emissioni di gas clima-alteranti, che il ruolo del loro trasporto diventa sostanzialmente insignificante: vale sicuramente per la carne, in particolare quella bovina. La quantità di strada che fa quella carne per arrivare sulle nostre tavole è alla fine secondaria rispetto al suo impatto complessivo». Sono nove i capitoli del libro e a ciascun capitolo corrisponde una storia diversa, dall’allevamento dei bovini all’approvvigionamento idrico per l’agricoltura, dalla riscoperta di antiche colture e razze dimenticate alla plastica degli imballaggi, o ancora al tema drammatico del caporalato nella coltivazione e nella raccolta di pomodori. In ognuna di queste storie si alternano effettivamente digressioni più tecniche e racconti personali, storie di donne e uomini che hanno dedicato la propria vita alla produzione agroalimentare guidata dalla stella polare della sostenibilità.
Ed è interessante, tornando al tema della carne bovina, leggere il primo capitolo di questo libro, dedicato proprio all’allevamento di “vacche serene”, sapendo che da molti anni Sara Porro ha smesso di mangiare carne: «Nella mia attività di giornalista gastronomica sinora non avevo mai frequentato molto gli allevamenti, proprio per un certo disagio che mi provocavano. Devo dire invece che questa esperienza, per quanto non mi abbia fatto ripensare le mie scelte, mi ha reso più laica rispetto ad alcuni aspetti della questione. Ho avuto modo di parlare con allevatori che si impegnano nel proprio lavoro con grande coscienza, partendo da un pioniere del settore come SERGIO CAPALDO de La Granda, che mi hanno aiutato a comprendere come anche in questo caso le cose siano più complesse di quanto spesso siamo portati a pensare» (fonte: @Identità Golose).
Il Mercato della Terra® al Castello di Padernello I piccoli agricoltori e gli artigiani del cibo, che producono rispettando la biodiversità, il paesaggio e la cultura alimentare del territorio della Bassa Bresciana, si incontrano ogni terza domenica del mese al Castello di Padernello, storico maniero quattrocentesco, per un evento imperdibile per gli amanti del cibo buono, pulito e giusto: il Mercato della Terra®. Ortofrutta, carni, pane, vini, tartufi, agro ittici, formaggi tipici come il bagòss con lo zafferano… Delizie nate da filiera corta e nel rispetto delle tradizioni locali che caratterizzano uno dei 7 Mercati della Terra che si svolgono in Lombardia. Grazie alla collaborazione con i presidi Slow Food, si possono trovare tra gli stand anche altre produzioni italiane tutelate da Slow Food, come il peperone di Carmagnola, il testarolo della Lunigiana, il maiale nero di Parma, l’aglio di Caraglio… Un mercato radicato nel territorio ma che si arricchisce di identità culturali diverse, e un’occasione per visitare le splendide stanze e scoprire le storie custodite nel Castello, il suo borgo artigiano e la vicina Cascina Bassa, uno spazio molto bello oggetto di un recente restauro conservativo. Il Mercato della Terra® di Padernello contribuisce alla campagna internazionale “Food for Change”, che attraverso l’agricoltura sostenibile propone soluzioni per adattarsi al cambiamento climatico e vivere il cibo come piacere e prendersi cura del pianeta (photo © Virginio Gilberti.) >> Link: www.castellodipadernello.it
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TRE LIBRI
DAVIDE PAOLINI Confesso che ho mangiato Edizioni: Giunti, 2022 272 pp. – € 18,00
PAUL GROUT Meat London – The Book Edizioni: Cloke Press, 2021 296 pp. – £ 25.00
MICHELE RUSCHIONI GIANLUCA BIANCHINI (a cura di) GIUSEPPE ROMEO (collaboratore) MARCO PORCHERI (collaboratore) Steak house e macellerie d’Italia La guida per gli amanti della bistecca Edizioni: Braciamiancora, 2022 336 pp. – € 13,52 ISBN-13 : 979-8403345576
A Milano il lockdown del 2020 costrinse tutti o quasi ad un’esistenza sospesa e priva di contatti. Ma per chi, come DAVIDE PAOLINI, “vive” nella dimensione del viaggio, l’isolamento è stata una condizione ancora più insopportabile. Come occupare il tempo dedicato alla scoperta? Come “riempire” lo spazio del viaggio, quando questo si riduce alla distanza che separa la camera da letto dallo studio? Una soluzione c’è stata: avvalersi della propria memoria per ripercorrere il già vissuto, riscoprendo emozioni e immagini lontane nel tempo e (quasi) dimenticate. Da qui ha preso avvio il lungo itinerario di un gastronauta d’eccezione, un memoir che restituisce, insieme ai ricordi “reali”, anche (e soprattutto) quelli emotivi. Uno straordinario percorso nella memoria gustativa di uno dei più importanti giornalisti gastronomici italiani.
Meat London – The Book è la celebrazione dei good butchers della comunità londinese. Lo chef macellaio PAUL GROUT, co-fondatore dell’acclamata macelleria Meat London (con due sedi, una al 104 Stoke Newington Church Street e l’altra al 147 Fortess Road), condivide col lettore le sue intuizioni su ciò che rende buona la carne, quali tagli acquistare e come cucinarli al meglio. Più che un semplice libro di cucina, questa pubblicazione offre uno spaccato del lavoro e della cura necessari per gestire una buona macelleria.
Per la prima volta in Italia ecco il libro che ogni amante della bistecca deve tenere con sé. Da Nord a Sud un viaggio carnivoro alla scoperta delle migliori macellerie e delle migliori Steakhouse d’Italia tra piacevoli scoperte e storiche conferme. È la prima guida italiana interamente dedicata alle macellerie e ai ristoranti che fanno della carne il proprio focus. Se siete in giro per il Belpaese e avete voglia di una bistecca alla griglia questa guida sarà una compagna preziosa. La guida nasce da un’idea di Michele Ruschioni, giornalista youtuber, fondatore di Braciamiancora, il primo e più importante network dedicato alla carne.
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