Tasting
Cantina di Soave, Riserva dei Cinque Metodo classico: la degustazione Dell’Equipe 5 abbiamo avuto modo di parlare diverse volte: un anno fa l’ultima degustazione di una Magnum sorprendente per qualità e piacevolezza. Del resto, questo metodo classico è una parte importante della spumantistica italiana ed è stato pensato e realizzato pensando alle grandi maison francesi nonché animato dalla voglia di riscatto e di affermazione di cinque giovani enologi trentini. Vale la pena ricordare il loro nome che, davvero, non va dimenticato: Leonello Letrari, Bepi Andreaus, Riccardo Zanetti, Pietro Tura e Ferdinando “Mario” Tonon. Equipe 5 raccolse vasti consensi, un gran successo di vendita tanto da interessare un colosso degli Anni Settanta, la Buton, per poi venire acquisito dalla Cantina di Soave dove iniziava il suo percorso l’attuale dg, Bruno Trentini. Negli anni d’oro, l’Equipe 5 vendeva da solo quasi quanto il 50% della Spumanti Ferrari. Il boom di Franciacorta, Trentodoc, della spumantistica più recente ha messo un po’ nell’angolo l’Equipe 5 che però adesso gioca la carta della riserva per riprendersi il posto che gli spetta. Presentata allo scorso Vinitaly la Riserva dei Cinque punta subito al bersaglio grosso. Non nasconde le sue ambizioni, vuole entrare nel top dei Metodo classico italiano. Sceglie una livrea austera, ma molto curata, e punta ad un posizionamento alto. Partendo dalle uve. Che non sono più quelle pregiate di Mazzon e dei Pochi di Salorno, selezioni attente di Chardonnay e Pinot Nero, delle origini, ma analoghi uvaggi provenienti dai Monti Lessini. Dal Trentino si passa infatti alla Lessinia, il che la dice anche lunga sulla qualità che le bollicine berico-scaligere ( o scaligero-beriche… qui il campanile è una cosa vera) hanno raggiunto. I vigneti stanno fra i 400 ed i 600 metri sul livello del mare; il terreno è vulcanico. La lavorazione è semplice ed attenta: spremitura leggera, mosto fiore vinificato in acciaio; cuvée di chardonnay all’80% e pinot nero a chiudere. Poi 120 mesi di affinamento in bottiglia, nelle grotte sottostanti il Castello di Soave, nel sancta-sanctorum di Rocca Sveva. Il risultato è pari alle attese, senza dubbio. Pulito e di bella espressione al naso con note di leggera tostatura, crema pasticcera, cedro candito, tè. Il palato è
The Italian Wine Journal
molto elegante, con bollicine molto fini, note di mela al forno, frutta a pasta gialla matura, di nuovo la crema. Il finale è molto fresco, ricco di sfumature e molto persistente. E’ molto piacevole, di grande finezza. Si fa amare dal primo sorso e mantiene tutto quello che promette. Ma, attenzione, non è piaggeria questa sua disponibilità, piuttosto la consapevolezza del proprio lignaggio che davvero non ha bisogno di palesare ciò che si è. Signori, l’Equipe 5 è tornato. E reclama il suo primato. In degustazione: 95/100
Giusti Asolo Prosecco Superiore DOCG Extra-brut e Rosé SW: la degustazione
Giusti Wine è una giovane ma apprezzata cantina della DOCG Asolo Prosecco; avviata da Ermenegildo Giusti agli inizi del Duemila vanta una quindicina di tenute fra le colline del Montello e la piana alluvionale del Piave a Nervesa della Battaglia. Per superficie vitata di proprietà è una delle realtà più significative del Trevigiano dove Ermenegildo è nato, e da dove è partito per emigrare in Canada e costruirvi un impero economico. Presente anche nella Valpolicella DOCG, Giusti Wine è fortemente attiva nei mercati internazionali (Nord America e Asia in primis). The Italian Wine Journal ha provato i suoi ultimi due spumanti.
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settembre 2019