Parma Magazine Salute e Benessere n.26

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“Si alla cannabis per uso medico, no alla legalizzazione” GILBERTO GERRA AUSL: “NELLA PIANTA SONO CONTENUTI 85 CANNABINOIDI, MA NON TUTTI SONO STATI STUDIATI. IL CONSUMO? INIZIA GIÀ A 13 ANNI”

“L

a cannabis medica ha cominciato ad essere usata per contrastare la nausea nei malati di cancro durante la chemio. Nei pazienti con glaucoma, l’estratto della pianta è invece capace di ridurre la pressione interna dell’occhio - afferma il dott. Gilberto Gerra, responsabile del Programma Dipendenze Patologiche dell’AUSL di Parma -; in altri casi viene utilizzata per migliorare gli aspetti del dolore già trattati da altri farmaci. È assolutamente legittimo e legale fare uso di questa sostanza quando viene prescritta e controllata da un medico, seguendo tutti i criteri di registrazione e di autorizzazione; in altri casi il consumo è vietato dalla legislazione internazionale. Parlare di legalizzazione è un tema delicato, per il dottor Gerra, nel quale si intrecciano aspetti che riguardano anche la giurisdizione internazionale e che pongono il problema di definire i confini di quello che può essere considerato un uso clinico della cannabis. “Nella pianta sono contenuti 85 cannabinoidi, o poco più a detta di qualcuno, ma non tutti sono stati studiati; di conseguenza, non si conoscono

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tutti gli effetti che essi comportano – prosegue Gerra -. Anche dal punto di vista medico c’è stato un entusiasmo ideologico, che talvolta ha determinato una ricerca poco approfondita e troppo superficiale sulla cannabis”. Oggi le convenzioni internazionali consentono l’uso medico della pianta, ma non solo: ci sono eccezioni che consentono agli Stati Membri delle Nazioni Unite di non punire e non incarcerare chi detiene e fa uso della sostanza a scopo personale, oppure nei casi di “minor natura”, in quei soggetti coinvolti in reati droga-correlati di modesta gravità, che non comportano comportamenti violenti, affiliazione al crimine organizzato e che non coinvolgono minorenni. È quindi consentito allo Stato di offrire opportunità di tipo psico-sociale alternative al carcere e alla punizione. Ma oggi quanti fanno uso delle cosiddette droghe leggere? Esistono dei dati, che ci fornisce uno studio dell’Istituto di Fisiologia clinica del CNR di Pisa. “Dalle ricerche si evince che il 34% del campione ha provato la cannabis almeno una volta nella vita, di cui 37% tra ragazzi e 30% tra le ragazze; il 5%

degli studenti italiani è ad alto rischio di diventare un consumatore dipendente. Il dato più allarmante riguarda la percentuale di ragazzi che fa uso di cannabis sotto i 13 anni: ben il 4%”. “La cannabis è una sostanza complessa che comporta conseguenze ancora non del tutto chiare – continua Gerra – e l’utilizzo di questo farmaco fuori da un controllo medico rappresenta una condizione di rischio. L’esposizione alla cannabis si associa a deficit e disfunzioni cognitive, soprattutto problemi per la memoria a breve termine, forme di malumore, pensieri paranoidi, e nei peggiori casi possono insorgere quadri clinici simili alla psicosi. Tutte condizioni di rischio a livello celebrale che sono ancora poco approfondite e che nel dibattito sulla legalizzazione. Un altro aspetto critico è che l’abuso continuo della cannabis comporta l’instaurarsi della dipendenza. Questo avviene spesso nei giovani con difficoltà psicologiche preesistenti, problematiche familiari e relazionali, caratteristiche attribuibili a un pattern genetico che aumentano il rischio di dipendenza. Al contrario, per chi utilizza la cannabis in maniera sporadica, e non è portatore di situazioni personali o socio-economiche difficili, il rischio di abuso e di dipendenza è minore. E’ difficile predire l’entità del rischio per ogni singola persona, ma gli adulti dovrebbero orientare i giovani con messaggi coerenti: approfondire la ricerca a scopo medico sui derivati della cannabis; depenalizzare l’uso di marijuana, non punire e non incarcerare, cercare un dialogo con le persone coinvolte; non legalizzare l’uso non-medico per sottolinearne la pericolosità per le persone più vulnerabili.


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