La Lucciola - Ottobre 2020

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Timothy Ray Brown e l’HIV

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29 Settembre 2020: Muore Timothy Ray Brown a 54 anni, il primo uomo curato dall’ HIV, a causa di una leucemia (una forma di tumore causata da una proliferazione incontrollata delle cellule staminali del sangue prodotte dal midollo osseo, contenuto all’interno delle ossa lunghe e di alcune ossa piatte) con cui Timothy aveva vissuto negli ultimi sei mesi e che aveva colpito in modo particolare il suo cervello (si trattava in realtà di una recidiva di una leucemia già contratta in precedenza). Nonostante ciò era rimasto immune al virus dell’HIV, come ha spiegato la Società internazionale sull’Aids, che ha dato la notizia della morte. Questo fatto è particolarmente importante se consideriamo che l’HIV, (virus dell’immunodeficienza umana/human immunodeficiency virus) che causa l’AIDS (sindrome da immunodeficienza acquisita) è una tra le immunodeficienze acquisite più devastanti al mondo. Diffuso in tutto il mondo, in particolare nell’Africa subsahariana, che è la zona più gravemente colpita, con più del 25% della popolazione infetta. Nel 1981 ci fu una grave epidemia di HIV/AIDS. In questo periodo venne infatti riconosciuta l’esistenza di una nuova malattia in alcuni pazienti negli Stati Uniti: in realtà l’infezione esisteva già da molti anni, ma era stata sempre scambiata per altro. Diffusasi in maniera esponenziale in tutto il mondo (diventando una vera e propria pandemia), a differenza di tutte le altre epidemie fino ad allora conosciute, fu a lungo mortale in percentuali vicine al 100% dei casi diagnosticati. Oggi,

la sindrome da HIV è diventata endemica nei paesi sviluppati, dove è crollato il numero di decessi, ma non quello dei contagi, mentre è ancora uno dei più gravi fattori di mortalità nei paesi in via di sviluppo, all’origine di gravi problematiche sociali, etiche ed economiche. Da un punto di vista biologico, il virus inizialmente attacca e distrugge, in particolare, un tipo di globuli bianchi, i linfociti T-helper, legandosi a un recettore presente sulla loro superficie (recettore CD4). In seguito, attraverso una sorta di meccanismo chiave-serratura, il virus HIV riesce ad aprirsi una strada verso l’interno della cellula infettata, dove inietta il suo patrimonio genetico (in questo caso RNA) al fine di utilizzare la cellula bersaglio per riprodursi. Infatti in generale tutti i virus non possiedono al loro interno le strutture necessarie alla replicazione, perciò hanno bisogno di sfruttare altre cellule per farlo. Una volta liberato il proprio materiale genetico, composto da due filamenti di RNA, nel citoplasma della cellula ospite, attraverso un enzima specifico (chiamato trascrittasi inversa) lo trascrive in una copia corrispondente di DNA. Questa molecola di DNA si dirige quindi verso il nucleo, dove, grazie ad un complesso apparato proteico in cui operano diversi enzimi tra cui l’integrasi, si inserisce nel DNA cromosomico della cellula ospite. Esistono dei farmaci antiretrovirali che possono fermare questa

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