PINK BASKET N.03

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N.03 NOVEMBRE 2018

IN QUESTO NUMERO // STORIA DELLA MAGLIA AZZURRA NUMERO 11 // SERIE A1: NAPOLI FUTURO INCERTO // MALEDETTO CRACK, GLI INFORTUNI DELLE DONNE // SERIE A2: TASSINARI, UN AMORE INFINITO // IL ROSA DI GERI // GIOCAVAMO IN GONNA: STORIA DI ANNAMARIA GIOTTO


NOVEMBRE 2018

N.03

in questo numero 1 EDITORIALE

Per noi è sì

3 inside a1

Futuro incerto

9 Focus

Maledetto crack!

17 cover story

La n° 11 Azzurra

23 inside A2

Campobasso vola alto

29 Primo piano

Amore infinito

35 altri mondi

Il rosa di Geri

41 storie

Giocavamo con la gonna

44 FLASH NEWS

DIRETTO DA Silvia Gottardi

46 MARA RISPONDE

Alice Pedrazzi, Giuseppe Errico, Giulia Arturi, Marco Taminelli, Lucia Montanari, Manuel Beck, Daniele Tagliabue, Giulia Cicchinè, Mara Invernizzi, Clara Capucci

Passaportate

47 PALLA E PSICHE

Oche senza alibi

48 (SA)TIRO SULLA SIRENA

Specie in estinzione

50 IL BASKET VISTO DA UN MARZIANO

Parlami d’amore

47 LA FOTO DEL MESE

REDAZIONE Silvia Gottardi,

PROGETTO GRAFICO: Linda Ronzoni/ Meccano Floreal

IMPAGINAZIONE Grazia Cupolillo/ Meccano Floreal

FOTO DI: Marco Brioschi,

Giuliano Cremasco, Carlo Silvestri, Alice Buffoni, Federico Rossini, Archivio FIP, Italbasket, Alessandro Rizzardini


editoriale

PER NOI È SÌ di silvia gottardi

“PER NOI È SÌ”. Questa la scritta che campeggia in caratteri cubitali sulle magliette regalate al Palamariotti di La Spezia dopo la bella e sofferta vittoria delle nostre azzurre contro la Svezia. È un sì, alla X Factor, perché questo successo ci regala il biglietto per gli Europei 2019 di Serbia e Lettonia. È un sì perché le ragazze sono state in grado di giocare da vera squadra; in una serata in cui le stelle Zandalasini e Sottana non hanno brillato come al solito, sono state capaci di trovare altre protagoniste. È un sì, perché la squadra ha dimostrato personalità; le ragazze hanno subìto la rimonta rabbiosa della Svezia, ma hanno saputo stringere i denti e soffrire, per poi portare a casa la qualificazione senza bisogno di calcoli aritmetici. È un sì, perché i miglioramenti da quel -12 contro la Croazia di un anno fa si sono visti in campo, eccome. È un sì, perché c’era nell’aria la voglia di festeggiare con una vittoria Capitan Masciadri, alla sua ultima apparizione in maglia azzurra. L’unica nota stonata di una serata perfetta è stata la velenosa polemica che il mancato ingresso in campo di Masciadri ha scatenato sul web. A caldo ho scritto che il fatto che non fosse scesa in campo mi pareva trascurabile, vista la festa bella e piena di emozioni che pubblico, giocatrici, staff e media le hanno regalato, ma evidentemente ho sottovalutato il carico emotivo di Mascia riguardo alla possibilità di stare anche pochi secondi in campo. La polemica poi si è talmente ingigantita, strabordando anche in ambiti che io non reputo strettamente collegati al fatto, che ha fagocitato tutto, anche la bella impresa delle azzurre. A noi però non interessa entrare nuovamente nel merito della polemica. Su questo numero abbiamo preferito omaggiare Raffaella e tutte le capitane che hanno indossato la maglia azzurra N°11 dedicando a loro la cover story. Speriamo che questa bella tradizione continui, e che porti fortuna alle nostre ragazze a Eurobasket 2019.


CHICCA MACCHI NOSTRA SIGNORA DEI CANESTRI IN QUESTA PRIMA PARTE DI CAMPIONATO È STATA SPESSO DECISIVA NELLE VITTORIE DI NAPOLI. CONTRO LA “SUA” SCHIO, NONOSTANTE LA SCONFITTA, È STATA LA MIGLIORE IN CAMPO.


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FUTURO INCERTO

DOPO UN MERCATO FARAONICO LA DIKE CERCA IL COLPO SCUDETTO, MA CI SONO GUAI IN VISTA. DALLA FRUIBILITÀ DEL PALAVESUVIO ALLO STOP DELLE AMERICANE, NAPOLI HA DIVERSE GATTE DA PELARE PER NON RISCHIARE DI FAR SALTARE TUTTO

di giuseppe errico

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ici Napoli e pensi al Vesuvio, alla pizza, al meraviglioso

Golfo, ad una storia stupefacente e ad una terra e città uniche al mondo. Se pensiamo allo sport invece facile dire il calcio con lo scudetto di Maradona e con le gesta degli ultimi anni degli uomini prima di Sarri e adesso di Ancelotti. Ma, meraviglia per qualcuno, lo sport a Napoli è anche basket. Lo fu quello maschile con la vittoria della Coppa Italia della Carpisa Napoli di coach Piero Bucchi, correva l’anno 2006, ma da allora il movimento maschile cerca di sopravvivere tra un fallimento ed un altro. Allora sarà ancora più sorprendente sapere che a Napoli il basket è rosa, con la Dike Basket Napoli che cerca di rispolverare i fasti della gloriosa Phard, che nella stagione 2006-2007 riuscì a portare alle pendici del Vesuvio il tricolore dopo aver vinto una EuroCup nel 2005.

Un po’ di storia Ben 66 anni per la Napoli del basket fem-

minile: era dal 1941, con l’allora Guf Napoli, che la palla a spicchi partenopea di colore rosa non saliva sul tetto

d’Italia. La formazione del presidente Pasquale Panza ha dovuto attendere cinque anni dal suo arrivo nella massima serie prima di iscrivere il nome del Napoli Basket Vomero nell’albo d’oro nazionale centrando un successo che ha il sapore dell’impresa che ci si ferma a gustare dopo uno straordinario cammino, fatto di sudore, sacrificio, determinazione e tanta passione, iniziato sette mesi prima, quando l’8 ottobre 2006 una squadra del tutto ricostruita dal parquet alla panchina, infilò il suo primo canestro vincente. Il cuore di capitan Imma Gentile, la grinta di Stefania Paterna, l’intelligenza tattica di Mariangela Cirone, l’estro di Paola Mauriello, la lucidità di Sara Giauro, la concretezza di Lidia Mirchandani, la freddezza di Nicole Antibe, l’impegno di Valentina Fabbri, la sostanza di Astou Ndiaye, la classe di Kedra Holland-Corn con a capo Nino Molino. Coach Molino che, destino vuole, sia la guida tecnica dell’attuale Dike Basket Napoli, forse la più forte Dike di sempre, quella che può scalzare Schio dal trono di regina d’Italia e riportare il tricolore all’ombra del Vesuvio.


inside A1 DIKE NAPOLI IL GRUPPO È AL MOMENTO IL VERO VALORE AGGIUNTO DELLA SQUADRA. SE SAPRÀ FAR FRONTE ALLE DIFFICOLTÀ EXTRA CAMPO, ALLORA SARÀ DAVVERO UN ANNO DA RICORDARE.

5 stagioni Cinque consecutive le presenze della Dike nel

massimo campionato. Nel primo anno (2014-2015) arriva addirittura la semifinale play-off contro Schio. Era la squadra del cambio di coach in corso d’opera, da Sandro Orlando a Roberto Ricchini, e della stella di Victoria Macaulay (ventinove presenze, 442 punti). È da qui che a Napoli si comincia a respirare aria di alta classifica e si ritornano a vedere sul parquet giocatrici di primo ordine come Fontenette, Andrade e Chiara Pastore, che torna in A1 con la sua Napoli. La stagione successiva la Dike partecipa all’EuroCup, con l’arrivo e la sconfitta agli ottavi di finale contro lo Spartak Vidnoje. In campionato si ferma al primo turno di play-off

con la clamorosa sconfitta contro Torino, che mina inevitabilmente l’avvio della nuova stagione. Infatti, nell’opening day di San Martino, arriva la sconfitta contro Broni e l’esonero di coach Ricchini. Torna così a Napoli Nino Molino: la squadra chiude sesta in campionato e verrà sconfitta nei quarti play-off da Venezia. La passata stagione è quella del ritorno in semifinale play-off, con sconfitta ancora contro Schio, ma questa è un’altra Dike: Gemelos, Harmon, Cinili e Pastore riescono a mettere in difficoltà le future campionesse d’Italia.

Estate col botto Dopo il mercato estivo non ci sono stati dubbi: la candidata numero uno per lo scudetto è la Dike


Napoli (con tutti gli scongiuri del caso per gli amici tifosi campani). La società è riuscita in un colpo solo a strappare a Schio due giocatrici del calibro di Chicca Macchi e Kathrin Ress, più la promettente Marzia Tagliamento. A completare un mercato faraonico l’arrivo dagli Stati Uniti di stelle di rara bellezza: Courtney Williams, Gabrielle Williams ed Isabelle Harrison. Un potenziale da fuoco che poche squadre hanno, e che mette anche una certa pressione a chi deve indossare i galloni di favorita: “Siamo consapevoli del nostro potenziale – ci dice capitan Chiara Pastore – ma sappiamo benissimo che non basta essere forti sulla carta per vincere. Come noi, altre squadre si sono rafforzate, quindi nulla è dato per scon-

tato. La pressione del successo la lasciamo alle altre”.

Inseguire In campionato la Dike si trova ad inseguire la ca-

polista Venezia e le campionesse di Schio, ed è proprio contro queste due formazioni che sono arrivate le uniche due sconfitte per le campane. “Il campo ci ha sicuramente detto che siamo lì. – dice Chiara – A Venezia abbiamo retto tutta la partita nonostante qualche acciacco fisico. Con Schio, invece, abbiamo perso negli ultimi secondi (giocando senza le due americane n.d.r.). Il gruppo c’è, e questo è qualcosa che non si può comprare. Per il resto bisogna continuare a lavorare insieme su quei dettagli che alla fine ti fanno vincere le partite decisive”.

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inside A1 Problemi fuori E se in campo tutto pare volare liscio i pro-

blemi attualmente per la Dike arrivano da fattori esterni: l’annoso problema degli impianti di gioco nel capoluogo campano. La Dike ha creato negli anni, nella struttura polivalente di Ponticelli, un piccolo gioiello. Il Pala Vesuvio, grazie al lavoro della società, è diventato un salotto eccellente per gustarsi al meglio le partite. Ma già la scorsa stagione la squadra fu privata per un bel periodo del suo campo di allenamento e di gioco, cominciando a peregrinare per trovare uno spazio adeguato alle necessità. “Le difficoltà furono molte. – ricorda Chiara – È come giocare sempre in trasferta. Non tiri nei tuoi canestri, non corri sul tuo parquet con dolori articolari che vi lascio immaginare. Non senti il calore del tuo spogliatoio, perdi tutti i riferimenti che costruisci durante la settimana in allenamento. Il campo per noi giocatrici è una seconda casa, è vitale”. Purtroppo anche in questa stagione la Dike si trova costretta a lottare per restare nella sua casa. Il motivo sono i lavori di ristrutturazione di

cino. È un vero peccato. A Napoli non c’è solo il calcio, la pallacanestro ha una tradizione importante e moltissima gente si è appassionata a noi e ha voglia di venire al palazzetto la domenica pomeriggio. Questi sono valori veri e chiudere sarebbe un grande fallimento per tutti”. Bisognerebbe far appello al buon senso di Comune e Commissario per far sì che la Dike continui a lavorare nel suo impianto di gioco, che non sarà in alcun modo toccato dai lavori per le Universiadi; è arrivato il momento di prendersi la responsabilità di far continuare o fallire un sogno che costa milioni di euro. Le ultime notizie che trapelano non sono certo confortanti, con l’amministrazione comunale che pare essersene già lavata le mani, come un novello Ponzio Pilato.

No pay no play Il riflesso di questa situazione è uno stop

degli sponsor e le ricadute sono facilmente comprensibili. Nelle ultime due partite di campionato Courtney Williams ed Isabelle Harrison non sono scese in cam-

“È come giocare sempre in trasferta. Non tiri nei tuoi canestri, non corri sul tuo parquet, non senti il calore del tuo spogliatoio... Il campo per noi giocatrici è una seconda casa, è vitale” (Chiara Pastore). parte del centro polisportivo, che verrà usato come luogo di riscaldamento pre-gara della ginnastica artistica durante le Universiadi, che si svolgeranno a Napoli la prossima estate. Universiadi che a quanto pare nessuno vuole, ma che stanno creando alla società un danno non indifferente. Questa volta non ci sarà altro campo ad ospitare la squadra, in quanto tutti chiusi o impegnati in ristrutturazioni: il rischio, non tanto nascosto, è che salti tutto. Come dire addio sogni di gloria! “Sono cresciuta con mio padre – dice Chiara – che mi raccontava delle difficoltà degli impianti sportivi a Napoli, ma non avrei mai pensato che tutto ciò potesse toccarmi da vi-

po perché lamentano il mancato pagamento dello stipendio, anche se dopo la pausa del campionato sono comunque tornate a Napoli. “Le difficoltà sono reali e ci hanno impedito di pagare con puntualità – dice il vice presidente Pino Zimbardi – ma sono determinate sempre dal fattore Pala Vesuvio. Gli sponsor hanno cominciato ad avere incertezze contrattuali e si sono un attimo fermati per capire cosa accade. Questo ci sta creando problemi di liquidità”. Il tempo ci dirà se verrà compiuto il delitto perfetto e se ancora una volta il movimento del basket femminile italiano piangerà l’ennesima vittima illustre.

palla avvelenata Pubblicità Vasco Rossi cantava “piccolo spazio pubblicità”, ma la pubblicità su LBFTV in piena azione durante una partita non ce la meritiamo davvero!

Nazionale Peschiamo una guardia italo-australiana in un ruolo dove potremmo essere super coperte. Non era meglio trovare un pivot invece?

High definition Siamo nel periodo della massima risoluzione dell’immagine, ma a Sportitalia pare non se ne

siano accorti. Non pretendiamo le partite in Full HD, ma certe volte sembra che abbiano un modem da 56k.


NINO MOLINO L’UNICO TRATTO DI CONGIUNZIONE TRA LO SCUDETTO DELLA PHARD ED IL TENTATIVO DI RIPORTARE IL TRICOLORE A NAPOLI

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CATERINA DOTTO, DA POCO PROMOSSA DAL CT CRESPI IN AZZURRO ACCANTO ALLA SORELLA FRANCESCA, HA SUBITO POCHE SETTIMANE FA LA ROTTURA DEL CROCIATO: A 25 ANNI, CATERINA HA TUTTO IL TEMPO PER RECUPERARE.


focus

MALEDETTO CRACK! DAL TEMUTO “CROCIATO” IN GIÙ: LA PSICOLOGA CASTENETTO

E IL MEDICO FRESCHI CI SPIEGANO LE DINAMICHE DEGLI INFORTUNI E LE DELICATE FASI DELLA RIABILITAZIONE PER TORNARE MEGLIO DI PRIMA

di giulia arturi

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ella carriera di un atleta professionista è quasi ine-

vitabile dover affrontare l’infortunio. Noi atleti siamo esigenti: gli sforzi che richiediamo al nostro fisico quotidianamente sono notevoli e dispendiosi. Non c’è da stupirsi se il corpo ogni tanto si ribelli e riscuota dazio. Il trauma e il conseguente stop sono questioni delicate; l’essere costrette ad un lungo periodo lontano dal campo si può senza dubbio considerare uno shock. È destabilizzante, rompe una routine, impedisce di realizzare gli obiettivi, di essere quello che sei. La pallacanestro è uno sport di squadra: condividiamo le aspettative, le delusioni, i successi. Una squadra è tale quando i punti di forza di chi hai accanto sopperiscono alle tue lacune, e viceversa. Nel momento di un infortunio sappiamo quanto il supporto delle compagne sia fondamentale, ma il peso della riabilitazione, il processo di guarigione e l’elaborazione dell’accaduto sono questioni individuali. In un certo senso siamo più sole.

“Senz’altro un infortunio all’interno di una squadra ha una ricaduta differente, sia per l’atleta in questione che per la squadra stessa. Il gruppo si deve riorganizzare, non solo dal punto di vista tattico, ma anche da quello delle dinamiche relazionali. L’atleta infortunato lascia scoperto un determinato ruolo sociale, a seconda dell’impatto che ha: il tutto si tramuta in un meccanismo che cambia. Soprattutto se si tratta di una persona carismatica, di spicco o di mediazione”.

Ce lo spiega Michelle Castenetto, psicologa dello sport, che

ha ideato un protocollo innovativo per la gestione dell’infortunio sportivo (Protocollo MOSI® – Management Of Sport Injury). E quando parliamo del rientro da lunghi periodi di stop, una questione chiave è la paura di farsi male di nuovo, che può essere un fattore limitante. “Durante l’infortunio - continua Castenetto - l’atleta attraversa diversi momenti difficili. Il pensiero di non riuscire più a tornare quello di prima, l’isolamento


focus

sociale, l’abbandono dello schema degli allenamenti, che viene soppiantato dal percorso riabilitativo. Lo scenario cambia del tutto. Dopo il rientro la difficoltà più grande è senza dubbio affrontare la paura di una ricaduta, che porta l’atleta ad avere un atteggiamento fisico errato in campo. Movimenti sbagliati, impauriti, potrebbero generare, questi sì, un nuovo infortunio, o una recidiva. Lavorare anche dal punto di vista mentale affinché l’atleta sia al 100%, senza più pensare al

trauma, è importante perché possa tornare quello di prima. Oltre all’aspetto fisico, c’è dunque un aspetto psicologico e sociale. Ci sono sicuramente persone che ce la fanno da sole, ma avere un supporto per quanto riguarda l’elaborazione del trauma può essere di grande aiuto”.

“Per quanto ne avrò? Quando potrò tornare in campo?”

Dall’istante che segue l’infortunio queste sono le do-


GIORGIA SOTTANA 30 ANNI, HA SUBITO DUE VOLTE LA ROTTURA DEL LEGAMENTO CROCIATO ED È TORNATAPIÙ FORTE DI PRIMA, AFFERMANDOSI COME UNA DELLE MIGLIORI GIOCATRICI ITALIANE. PILASTRO DELLA NAZIONALE.

mande pressanti e ricorrenti. Lo stop sembra sempre solo tempo perso. “Su questo aspetto si può senz’altro intervenire per viverlo in maniera più serena: capire cosa ti è successo, comprendere il trauma e realizzare che nulla è perduto. È vero, si sta posticipando tutto, gli obiettivi vanno ricalibrati. In un certo senso ci deve essere una vera e propria elaborazione di un lutto: tutte le partite che non posso giocare, gli allenamenti che mancherò. Ci deve essere un accompagnamento

legato ai tempi fisiologici della riabilitazione, e poi un lavoro a livello mentale, di supporto che passa attraverso la definizione di nuovi traguardi. Nel protocollo che ho ideato utilizzo l’infortunio come un obiettivo: rendo l’infortunato protagonista, proattivo, allo stesso modo di quando gioca un campionato”.

Paura, frustrazione, rabbia, sfiducia sono tutti sentimenti

negativi che l’atleta può provare. “La prima cosa che

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focus pensavo dopo un infortunio era come fare a tornare al 100%. Era quella la mia mentalità. Non ho mai lasciato che la paura o il dubbio mi colpissero”. Così racconta Kobe Bryant nel suo libro “Mamba Mentality”. Ma per noi umani non è sempre così facile, può arrivare un momento di debolezza, del “non ce la farò mai”. “Ci sono umori che diventano depressivi” riprende la psicologa Castenetto. “Non parlo necessariamente di una depressione patologica, ma possono esserci stati emotivi anche più silenti e complessi. La paura è qualcosa che si percepisce a ridosso del rientro, non è la prima cosa da affrontare. La prima emozione è lo sconforto, poi molta rabbia. Il tema della fiducia è evidente quando si riprende l’attività, accompagnato da tanta impazienza. Esattamente come il fisioterapista si occupa della riabilitazione fisica, lo psicologo può essere un sostegno importante per l’atleta e in alcuni casi per la squadra”. “Un programma di prevenzione infortuni nelle atlete dovrebbe prevedere: screening fisico generale, lavorare sulla condizione fisica durante tutta la stagione agonistica, utilizzare corrette strategie di warm up e cool

ce sullo specifico argomento, e lo studio di programmi preventivi si è diffuso rapidamente. A livello internazionale ce ne sono due di gran credito: il ‘PEP Program’, sviluppato a Santa Monica dal gruppo del dottor Mandelbaum, e quello proposto dalla FIFA, ‘11 plus’. Sono naturalmente studiati sullo sport più praticato, il calcio, ma in realtà alcune idee si possono estrapolare per tutte le discipline. Sono dei programmi generici, che hanno dimostrato con degli studi come effettivamente la prevenzione serva, se c’è un’aderenza molto alta al programma. Per ogni tipo di problematica si può applicare un protocollo, indispensabile è svolgerlo con costanza e attenzione”.

E come approcciare il rientro da un grave infortunio?

“Fondamentali sono le sensazioni dell’atleta. Nel momento in cui si sente fiducioso e in grado di ritornare, un modo per sostenerlo è il supporto psicologico, che può essere un aiuto per chi si sente troppo insicuro e preoccupato, ma anche, al contrario, per chi vuole bruciare troppo le tappe. Negli ultimi cinque anni, almeno, in quasi tutte le ricerche più complete, si trova sempre

“Uno degli aspetti più importanti del gioco è ascoltare il tuo corpo, e comportarsi di conseguenza” Kobe Bryant down (defaticamento), indossare calzature comode e ottimizzare la dieta”.

È una citazione tratta dalla recentissima tesi di laurea specia-

listica in Scienze Motorie al San Raffaele di Roma di Giulia Gatti, playmaker di Lucca. Titolo perfetto per questo articolo: “Infortuni nel mondo della pallacanestro femminile”. Un report completo su ogni aspetto della tematica, pieno di spunti statistici su cui riflettere. Per esempio che le donne sono più esposte degli uomini alla temuta rottura del legamento crociato del ginocchio per una serie di motivi, e che l’infortunio, secondo dati americani, colpisce più di una cestista su 10 sotto i 18 anni. Insomma: prevenire, ma anche saper guarire. Della prevenzione ci parla Marco Freschi, Specialista in Medicina dello Sport, attualmente medico sociale del Milan, che dal 2008 al 2011 ha avuto uno stretto rapporto con il basket femminile, per aver lavorato col Geas Basket. “Negli ultimi dieci anni gli articoli pubblicati per quanto riguarda la prevenzione hanno fatto registrare il maggior incremento rispetto ad altri argomenti. In campo femminile è successo quando, circa 10-15 anni fa, è esploso in America il calcio, e nel giro di pochi anni c’è stato un aumento del 30/40% delle lesioni del crociato anteriore. Questo ha comportato che nel 2002 sono iniziate le prime consensus conferen-

anche una valutazione psicologica dello stato emotivo. Una delle scale più utilizzate per rilevare questi dati è la TSK (Tampa Scale of Kinesiophobia), che analizza la paura di un nuovo infortunio, del ritorno all’attività. Un’altra tappa fondamentale è misurare tutti i parametri possibili per far capire all’atleta che è rientrato effettivamente a pieno regime: dalla forza muscolare, alla parte aerobica, dalla capacità di raggiungere le velocità che faceva prima, ai cambi di direzione, alla stessa possibilità di accelerazione e decelerazione”.

Poter vivere le emozioni che lo sport trasmette è una fortuna,

che va sostenuta con costanza, sacrificio, allenamento. Ma il logorio dell’attività di alto livello quanto pesa nel resto della vita? “A livello ortopedico-traumatologico purtroppo lascia sicuramente dei segni: oltre all’elevato rischio di infortuni, c’è l’usura delle articolazioni che porta ad un aumento del rischio di artrosi, o di necessità di protesi nel futuro. L’altra faccia della medaglia rappresenta il lato positivo: un’attività fisica diminuisce tantissimo il rischio di malattie croniche come diabete e problemi cardiovascolari”.

“Uno degli aspetti più importanti del gioco è ascoltare il tuo

corpo, e comportarsi di conseguenza”. Questa volta sì che possiamo dare retta a Kobe.


FRANCESCA CASSANI, 23 ANNI, SCUOLA GEAS, HA DATO UN GRANDE CONTRIBUTO ALLA PROMOZIONE DI VARESE IN SERIE A2, MA IL “MALEDETTOCRACK” ALL’INIZIO DELLA STAGIONE HA RINVIATO LA PRESENZA NEL CAMPIONATO CHE SI E’ GUADAGNATA SUL CAMPO.

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BASKET 4 DREAMSTINY Di Redazione Pink Basket Slums Dunk è il progetto solidale di Bruno Cerella, Tommy Marino e Michele Carrea che, tramite il basket, aiuta i bambini di alcune zone degradate dell’Africa. Dal 26 novembre, partecipando alla campagna Dreamstiny di Incomedia, potrai dare una mano anche tu! Arriva Natale, è tempo di regali e ci si sente tutti più buoni, ma cosa fare se siete dei malati di basket? Un’idea potrebbe essere quella di partecipare alla campagna Dreamstiny di Incomedia, e supportare così i ragazzi e le ragazze di Slums Dunk. La raccolta fondi, infatti, sosterrà 5 borse di studio per meriti sportivi a favore di 5 giovani atleti/e della baraccopoli di Mathare in Kenya. Ma come, non conoscete ancora la bella realtà di Slums Dunk? Slums Dunk nasce nel 2011 ad opera di Bruno Cerella (Reyer Venezia), Tommy Marino (Mens Sana Siena) e Michele Carrea (Coach Biella) per migliorare le condizioni di vita dei ragazzi e delle ragazze che vivono in alcune baraccopoli in Kenya e Zambia attraverso lo sport. Il nome dell’associazione costituisce una storpiatura del termine slam dunk (schiacciata) in cui slum indica le baraccopoli in cui è operativa nelle zone degradate dell’Africa. “Slums Dunk è il nostro modo di ringraziare lo sport per quello che ha creato nella nostra vita – ci spiega Bruno Cerella- È amore, crescita e opportunità. A Mathare, la baraccopoli di 100 mila abitanti di Nairobi dove abbiamo iniziato le nostre attività, non esiste la scuola secondaria e molti ragazzi/e non hanno la possibilità di studiare. Dal 2011 a oggi, grazie all’aiuto di tutte le realtà e le persone che ci sostengono, oltre 20 bambini coinvolti nelle attività di Slums Dunk hanno ottenuto una borsa di studio e hanno potuto proseguire gli studi”. Partecipare è facile. Dal 26 novembre potrete contribuire anche voi grazie a Dreamstiny, la campagna solidale promossa dall’azienda italiana di software Incomedia, per accendere 5 piccoli sogni e offrire un destino più grande ad alcuni dei giovani atleti/e che Slums Dunk coinvolge per le proprie attività. Sul sito ufficiale www.dreamstiny.com sarà possibile sostenere la campagna acquistando i programmi WebSite X5 Evolution e Professional per la creazione di siti internet professionali in pochi passi. Per ogni idea solidale acquistata entro il 31 dicembre, verranno devoluti 5 euro che andranno a sostenere le borse di studio destinate ai ragazzi seguiti da Slums Dunk in Africa. Sul sito ufficiale www.dreamstiny.com, oltre a restare aggiornati sugli obiettivi raggiunti, potrete anche lasciare una dedica personale con l’hashtag #basket4dreamstiny per testimoniare il valore che lo sport ha nella vostra vita. Le dediche verranno poi diffuse sui canali social di Incomedia e dei protagonisti del progetto ed anche proiettate durante alcune partite del campionato di Serie A maschile. Gli autori delle 5 dediche più belle, poi, avranno la possibilità di conoscere dal vivo i fondatori di Slums Dunk. Cosa aspettate? Questo è il basket che ci piace!

* INFORMAZIONE PUBBLICITARIA

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CATARINA POLLINI DETIENE SIA IL RECORD DI PRESENZE IN AZZURRO (252), CHE DI PUNTI SEGNATI IN NAZIONALE (3.903). È LEI IL PRIMO 11 AZZURRO DEL FEMMINILE.


cover story

LA N° 11 AZZURRA

EVOCAZIONI NUMERICHE, COINCIDENZE NON CASUALI, CASI NON PER CASO. ALL’OMBRA DEI CANESTRI, C’ERA UNA VOLTA, E C’È ANCORA OGGI, LA STORIA DELLA MAGLIA AZZURRA NUMERO 11

di alice pedrazzi

è

una di quelle tradizioni non scritte né codificate, per que-

sto ancora più autentica. Una storia che profuma di parquet e sudore, di orgoglio e sacrificio, di talento e fatica. Una storia di capitane. Per chi veste l’azzurro della nostra nazionale, il numero 11 non è una cifra come le altre: da Catarina Pollini ad Elena Paparazzo fino ad arrivare a Raffaella Masciadri è la maglia della capitana. Pesa di responsabilità, orgoglio e numeri: 648 presenze e 6.780 punti, se si sommano tutte le cifre delle tre capitane azzurre che l’hanno indossata a partire dal 1983 (anno dell’esordio in nazionale di “Cata” Pollini), fino a mercoledì 21 novembre, quando Raffaella Masciadri l’ha portata per l’ultima volta a La Spezia. “È una tradizione bellissima – racconta proprio Masciadri, tono deciso e voce sincera di chi, in 17 anni in azzurro ed una carriera infinita nei club, ha imparato a gestire ogni tipo d’emozione, pur vivendola nel profondo – che deve andare avanti e merita di essere raccontata. Per me è stato un onore ricevere questa maglia da Elena Pa-

parazzo, che a sua volta la prese da Catarina Pollini”.

L’11 azzurro inizia così, con Pollini, la primatista assoluta

in Nazionale sia per presenze (252) che per punti segnati (3903), atleta di dimensione internazionale, che oggi osserva dalla spagnola Lugo le sorti del nostro basket: è stata lei ad avviare questa tradizione ed il suo elegante talento a riempire di contenuto questo numero abbinato all’azzurro del basket femminile. E non può essere un caso. L’11, che in numerologia è un Numero Maestro, come tutti quelli che si presentano con cifra doppia uguale, nella numerazione storica del basket europeo che andava solo dal 4 al 15, era l’unico Numero Maestro possibile: ed un capitano cos’è, se non un maestro che insegna con l’esempio, in campo e nei dintorni? Composto da due numeri uno, l’11 rappresenta l’unità in quanto principio di molteplicità, splendido concetto per un leader, che deve caricarsi sulle spalle il peso e l’orgoglio di rappresentare un gruppo, a maggior


cover story

ragione se questo – sportivamente parlando – parla per una nazione intera. Nella Qabbalàh, infine, l’11 è la lettera kaf, che rappresenta la corona. E allora no, non è certamente un caso, che la tradizione della maglia azzurra numero 11 nella nazionale di basket femminile l’abbia iniziata proprio lei: la “Zarina” Pollini, che ci regala un impagabile flashback. Voliamo nella Vicenza vinci-tutto degli anni Ottanta, dove 35 anni fa una giovanissima Catarina riceve la maglia numero 11 dell’A.S Vicenza da un altro grande mito della nostra pallacanestro: Wanda Sandon (azzurrissima an-

che lei, con 218 presenze e 1676 punti). “È stato un momento importantissimo – ricorda Pollini -. Wanda era una delle giocatrici più forti in assoluto, per una ragazzina come me un vero mito. è stata senza dubbio una delle compagne da cui ho imparato di più. Quando a Vicenza mi ha dato la sua maglia, ho considerato quel gesto come una sorta di passaggio di consegne, che mi ha riempito di orgoglio. E così l’11 è diventato il mio numero”. Che Pollini ha trovato anche in nazionale, quando a 17 anni e 23 giorni, s’è vestita d’azzurro per la prima volta (contro la Svizzera, se-


RAFFAELLA MASCIADRI 21/11/2018 NELLA SUA ULTIMA PARTITA IN MAGLIA AZZURRA MASCIA RICEVE LA SUA N°11 COME RICONOSCIMENTO DA PETRUCCI.

gnando 8 punti ed uscendo per 5 falli tra le battute delle compagne, che non si capacitavano di come una ragazzina così alta e magra potesse essere stata così fallosa). “Quando sono arrivata in nazionale – spiega Pollini – la n.11 era libera. Una gran bella botta di fortuna: se fosse già stata indossata da una giocatrice più grande ed esperta, cosa avrei potuto fare io, da ultima arrivata?”

Ma il destino doveva compiersi e così ha iniziato a fare il

suo corso: da quel venerdì 8 aprile 1983, Cata ha su-

dato dentro l’11 azzurro per 13 anni di entusiasmanti fatiche, lasciandolo dopo un argento europeo a Brno (1995) ed uno ai Giochi del Mediterraneo (1993), due Mondiali, sette Europei e due Olimpiadi. La “Zarina” si è tolta la maglia n.11 della nazionale solo nel 1996 dopo le Olimpiadi di Atlanta, da ultima capitana a giocare in una competizione olimpica, ma non ha sfilato a quella canotta orgoglio e responsabilità di rappresentare i sogni di tutte ragazzine dei canestri e di un intero movimento: maglia e prestigio sono andati a poggiarsi direttamente sulle spalle di Elena Paparaz-

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cover story zo, che dall’amica e compagna di club (nella Comense imbattibile degli anni Novanta, ndr), ha ricevuto il testimone: “Quando ho iniziato a pensare di smettere con la nazionale – racconta ancora Pollini – ho parlato con Elena e le ho detto che avrei voluto che fosse lei ad indossare la mia maglia”. “Ho lasciato volentieri il mio numero – le fa eco Paparazzo – perché ricevere quello di Cata è stato motivo di grande orgoglio. Lei era per me un esempio, era il nostro punto di riferimento, sia in campo che fuori, prendere il suo posto mi ha emozionata molto”. Paparazzo, che con 203 presenze (e 1176 punti) è la sesta giocatrice ad aver vestito più volte la maglia azzurra, ha esordito in na-

se quella”. E Raffaella Masciadri (che con la nazionale ha avuto una storia d’amore infinita, lunga 193 partite e 1701 punti, ottava per presenze e quarta per punti segnati in azzurro) l’ha vestita e servita, quella maglia, piegando le gambe in difesa, alzando lo sguardo in attacco e non abbassando mai la testa per 17 anni. “In tutto questo tempo – racconta Masciadri – sono stata onorata di aver indossato la maglia azzurra e di aver ricevuto la n.11 da Elena, perché so che cosa ha rappresentato. Ringrazio lei e Cata, perché poterla vestire è stato per me denso di significato: ho sempre saputo quanto fosse importante e mi sono caricata sulle spalle, con orgoglio, questa responsabilità”. Già, perché

L’11 era l’unico Numero Maestro possibile: ed un capitano cos’è, se non un maestro che insegna con l’esempio, in campo e nei dintorni? zionale nel 1990 e ne è stata la capitana dal 1996 fino al 2004: da quando ha avuto ricamato sulle spalle e soprattutto sul cuore, il numero 11 di Cata.

è iniziata così, in questo passaggio di consegne (anche

se negli anni Settanta c’era stato un significativo segno premonitore, con Mabel Bocchi a danzare dentro l’11 azzurro agli Europei del ’74), la tradizione di una maglia che significa molto anche per la nazionale maschile, dove ha contraddistinto la dinastia dei Meneghin: indossata prima da Dino, capitano dal 1979 al 1984 (con 272 presenze e 2845 punti segnati in 18 azzurrissimi anni, tra il 1966 ed il 1984) per far risaltare, fra le altre vittorie, l’oro scintillante dell’Europeo di Nantes (1983) e l’argento delle Olimpiadi di Mosca (1980) e poi dal figlio Andrea (106 presenze, 975 punti in 7 anni dal 1995 al 2002 e capitano anche lui nel 2001), protagonista indimenticabile dell’abbraccio d’oro all’Europeo di Parigi del 1999 proprio con papà Dino, allora team manager della squadra, in cui l’11 indossato da Andrea si è ricongiunto e sovrapposto a quello che Dino ha sempre avuto tatuato sul petto, anche sotto la giacca. Così, a dimostrazione che la maglia della nazionale non conosce genere, ma solo colore - l’azzurro intenso che ci fa piangere e gioire - in un fil-rouge tra femminile e maschile, la tradizione dell’11 azzurro, è proseguita nella femminile senza soluzione di continuità: Elena Paparazzo, nell’anno in cui si è tolta la fascia di capitana e ha dato l’addio alla nazionale (2004) è andata dritta da Raffaella Masciadri per consegnarle una eredità pesante e prestigiosa. “A Mascia – ricorda Elena – ho detto semplicemente che l’11 avrebbe dovuto essere suo, perché dopo Cata e me ritenevo giusto ed importante che la maglia della capitana restas-

essere la capitana della nazionale non è da tutti, né per tutti: “La qualità fondamentale – torna a dire la “Zarina” Pollini – è la capacità di unire la squadra: se poi si ha la fortuna di essere leader anche in campo, meglio, ma la capitana è molto più di questo. Io continuo a credere e sostenere che il basket sia un gioco di squadra e dunque la caratteristica più importante per chi deve dare l’esempio, è saper compattare un gruppo che deve amalgamare, spesso e volentieri, giocatrici che nei propri club hanno abitudini e responsabilità diverse”. “Paparazzo e Pollini – aggiunge Masciadri – interpretavano alla perfezione valori come lo spirito di sacrificio, la dedizione al gruppo ed alla maglia, la capacità di soffrire e gioire con e per l’azzurro. Le ringrazio molto, perché il loro esempio mi ha insegnato tanto ed io ho cercato di fare altrettanto con le mie compagne”. E adesso che l’11 non sarà più sulle spalli forti di capitan Masciadri? “Dopo essermi consultata sia con Elena che con Cata – annuncia Masciadri – passo l’11 a Giorgia Sottana: credo che sia lei la leader di questa nazionale, soprattutto perché incarna questi valori. Sono molto felice che abbia accettato di vestirla (cambiando il suo 7, ndr) perché la tradizione deve continuare”. In quelle telefonate, tra Masciadri, Paparazzo e Pollini c’è tutto il significato di una tradizione bellissima, c’è un pezzo importante degli ultimi 35 anni della nostra pallacanestro e c’è quell’inestimabile senso di continuità, vero patrimonio di una maglia piena di valore e valori.

Il club della maglia numero 11 del basket azzurro ha appena aperto le porte ad un’altra grande giocatrice. Dopo Pollini, Paparazzo e Masciadri, il destino si compirà completamente ed oltre all’11, Sottana indosserà anche la fascia di capitana, sancendo definitivamente questa bellissima tradizione?


ELENA PAPARAZZO CAPITANA DELLA NAZIONALE DAL 1996 AL 2004: “HO LASCIATO VOLENTIERI IL MIO NUMERO PERCHÉ RICEVERE QUELLO DI CATA È STATO MOTIVO DI GRANDE ORGOGLIO.”

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Campobasso vola alto MOLISANE IMBATTUTE DOPO 9 GIORNATE, SUPERANDO UNA SERIE DI BIG MATCH PROPOSTI DA UNO SPETTACOLARE NOVEMBRE NEL GIRONE SUD. ANCHE ALPO,

AL NORD, È A PUNTEGGIO PIENO, MA DEVE ANCORA AFFRONTARE TANTI SCONTRI DIRETTI. IL BILANCIO DEL MESE, SQUADRA PER SQUADRA.

di manuel beck

S

econdo mese di A2 in archivio: pirotecnico soprattutto

al Sud, dove il calendario si è divertito a concentrare una serie di scontri diretti, sia in cima sia in coda, spesso risolti all’ultimo tiro. Ne è emersa Campobasso con lo scettro da leader, dopo uno spettacolare 95-90 all’overtime su Faenza, a sua volta “killer” in tre precedenti volate consecutive. Spezia battuta solo una volta, qualche referto giallo in più per Bologna, Palermo e Valdarno, ma l’equilibrio alimenta le chances di recupero. Al Nord, dove si sono giocate meno sfide al vertice (complici i rinvii per le Nazionali), è Alpo l’unica imbattuta, sia pure con una partita in meno e dopo aver rischiato due scivoloni contro squadre non d’alta classifica. Costa ha perso un giro ma resta incollata alle veronesi; Crema e Moncalieri cavalcano lunghe strisce positive. Continuano a sorprendere le giovani San Martino e Marghera, che si contendono l’ottava piazza, l’ultima della zona-playoff, da cui sono fuori al momento le più quotate Vicenza, Milano e Carugate.

Ma ovviamente la storia è ancora tutta da scrivere, a partire dallo sprint di fine andata per la Coppa Italia, primo obiettivo stagionale: 4 biglietti in palio per girone. Sul lato opposto della classifica la formula, con due retrocessioni dirette per parte, rende già urgente non perdere troppo terreno dalla zona-playout: e qualcuno è corso ai ripari cambiando allenatore. Uno sguardo alle graduatorie individuali. Fra le marcatrici Rosset di Valdarno (21 di media) ha scalzato la spezzina Packovski (19); terza la giovane Giudice di Umbertide (17,8) che precede di stretta misura Iannucci, Miccio, Pieropan e Arioli. Nei rimbalzi guida ancora la 2000 Toffolo di Marghera, anche se con una media meno “disumana” rispetto al mese scorso (comunque 13,9), davanti a Vandenberg di Palermo (12,4). Negli assist rimane in testa Porcu (Campobasso) con 5,8, tallonata da Arioli (5,4). E ora entriamo nel dettaglio, squadra per squadra, nell’ordine di classifica dopo la nona giornata.


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Girone Nord // Un altro mese positivo per le cinque di testa, con Crema in grande ascesa. Udine fa saltare il banco a Costa ma perde a Varese. Derby di Bolzano all’Itas Alperia

Ecodent Alpo (8 vinte-0 perse): si è salvata due volte al supplementare in casa, contro Pall. Bolzano e Carugate. Una flessione, per ora senza danni, ci sta, considerando anche che Zampieri è appena rientrata da 3 gare di assenza. Pertile in doppia cifra costante. B&P Autoricambi Costa (8-1): passo falso con Udine, ma reazione pronta, con due prestazioni da 80 o più punti contro Marghera e Milano. In crescita Vente (frenata da problemi fisici all’inizio) e, tra le giovani, Spinelli. Parking Graf Crema (7-1): in grande ascesa. Scarti sempre in doppia cifra contro Varese, S. Martino e soprattutto Castelnuovo, per una striscia aperta di 7 vittorie. La costante è una difesa che concede meno di 50 punti; in attacco il primo terminale è Nori. Akronos Moncalieri (7-1): continua la scalata della matricola. Tre vittorie su tre a novembre, è mancato per rinvio il derby con Castelnuovo. Base difensiva solidissima, meno continuo l’attacco ma in ogni partita c’è un momento in cui scava il solco. In evidenza la 2000 Conte oltre alla garanzia Grigoleit. Autosped Castelnuovo (6-2): senza Canova (caviglia) ha vissuto un novembre di modesta produttività offensiva, con poche alternative a Pieropan e Salvini; non ha però sprecato occasioni, facendo leva sulla difesa con Milano e Albino. Non poteva bastare contro Crema. Comunque salda in zona-playoff. Itas Alperia B.C. Bolzano (5-4): vittoria-chiave in apertura di novembre nel derby cittadino, dopo un supplementare. Ne ha ricavato la spinta per una doppietta su Milano e Varese, valsa la fuga sulle concorrenti della bassa zona-playoff; ha poi frenato a S. Martino, ma resta ben messa. Delser Udine (5-4): gran colpo a Costa, mostrando il suo lato migliore: consistenza difensiva e bilanciamento interno-esterno dell’attacco. Ma l’inciampo a Varese ha bloccato uno scatto verso l’alto che sembra nelle corde di questa squadra giovane, ma non priva d’esperienza, con Ljubenovic e Vicenzotti. Fanola S. Martino (4-5): il “farm team” delle Lupe di A1 continua a sorprendere. Non si è fatto abbattere dall’infortunio di Meroi (crociato), sta continuando a cogliere le occasioni alla portata: colpo a Marghera, di un punto, con due liberi decisivi della 2003 Guarise, poi +16 sul B.C. Bolzano con 12 giocatrici su 12 a segno. Giants Marghera (4-5): fa il paio con S. Martino alla voce “squadre giovani che piacciono”. Ha reagito bene

alla sconfitta-beffa con le Lupe, andando a vincere a Carugate, poi anche in casa della Pall. Bolzano. Accanto alle solite Toffolo e Pastrello sta salendo Mandelli, una delle poche senior. VelcoFin Vicenza (3-5): mancano i due potenziali punti della sfida rinviata con Albino. Preziosa e netta la vittoria a Ponzano; da pronostico le sconfitte con Costa e Moncalieri, per i playoff servirà qualche guizzo in più. Potenziale offensivo limitato: solo Matic e Stoppa toccano (di poco) la doppia cifra di media. Deve ancora rientrare Santarelli. Il Ponte Sanga Milano (3-6): una sola vittoria in novembre, però importante, contro la diretta rivale S. Martino. Ha tutto il tempo per rientrare in zona-playoff, se reinserisce al meglio Guarneri (appena tornata) e lavora su un’identità che sembra prendere forma intorno al duo Toffali-Gombac. Crescita di Trianti. Carosello Carugate (3-6): in serie aperta di 3 sconfitte, ma l’ultima con Alpo è un’impresa sfiorata, recriminando per un mancato fischio a favore di Molnar su punteggio pari al 40’. Il vero passo falso è stato con Marghera; ma nel complesso “c’è”. Ancora guai fisici alle titolari, poco sostituibili vista la panchina corta. In salita Diotti. Polyglass Ponzano (3-6): la vittoria-thrilling su Albino, di 1 punto, spezza una striscia di 4 sconfitte. È in linea con le aspettative, se non leggermente sopra. Sofferenza in attacco: in novembre solo con Albino toccati i 50 punti (e non di più); in tante a turno vanno in doppia cifra ma nessuna la garantisce. Acciaierie Valbruna Pall. Bolzano (2-7): un bel successo su Ponzano e 3 sconfitte sfortunate. Nel derby ha avuto il tiro libero per vincere (in rimonta) ma ha perso al supplementare; idem con Alpo (tripla di Consorti per il pari al 40’). Rimpianti ma anche fiducia perché sta mostrando un buon potenziale: Mossong ma non solo. SCS Varese (1-8): un tiro che può svoltare una stagione. È la tripla di Laura Rossi che ha regalato la vittoria allo scadere su Udine, premiando la continuità sui 40 minuti, quella mancata nelle 8 sconfitte precedenti. In ascesa Francesca Mistò e la ’98 Premazzi. Fassi Albino (0-8): una gara in meno, ma la classifica piange. È tornata Silva, bandiera tecnica e morale, ma per un soffio non è bastato contro Ponzano. Iannucci segna, ma l’attacco produce meno di 50 punti di media e la consistenza complessiva è ancora da trovare.


VALENTINA STOPPA CON 10 PUNTI E 2,5 ASSIST DI MEDIA GUIDA UNA VICENZA FINORA ALTERNA, MA IN GRADO DI DIRE LA SUA PER I PLAYOFF.

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focus A2 inside

ARIANNA ZAMPIERI ALPO, VINCITRICE DEGLI SCORSI PLAYOFF NORD, È TRA LE FAVORITE PER LA PROMOZIONE. ARIANNA ZAMPIERI, REDUCE DAGLI EUROPEI 3X3 È ALLA GUIDA DI UN GRUPPO BEN AFFIATATO CHE FA A MENO DELLA STRANIERA.

ELISA TEMPLARI LA SPEZIA CONTINUA IL SUO OTTIMO INIZIO DI STAGIONE E LEI, CON OLTRE 15 PUNTI DI MEDIA E IL 62% DA 2, NE È UNO DEI MOTIVI PRINCIPALI.


Girone sud // Dietro Campobasso è lotta selvaggia. Finali rocamboleschi per Faenza, un buon mese per le romane. Incidente stradale per Civitanova. Nuovi timonieri per Nico e Orvieto

La Molisana Campobasso (9 vinte-0 perse): novembre da sogno, con gli scalpi di 3 avversarie di vertice: Spezia dominata (+15), Bologna “murata” in difesa (48 punti subiti), Faenza piegata sfiorando quota 100, sia pure con l’aiuto di un supplementare. Marangoni sempre fra le top scorer in queste 3 partite, Ciavarella costante, ma è tutto il collettivo a girare alla grande, gasando un ambiente già carico. CariSpezia (7-1): fallito l’assalto a Campobasso, ma a passo sicuro con Orvieto e soprattutto Civitanova (+22). Packovski sempre in forma smagliante, Templari ottima spalla realizzativa. Faenza Project (7-2): novembre pazzesco per intensità ed emozioni: 4 big match, 4 volate. Vincenti quelle su Civitanova, Palermo (Ballardini allo scadere) e Bologna (decisiva Schwienbacher). È mancato solo il capolavoro a Campobasso; ma la rimonta da -15 nell’ultimo quarto vale quasi come una vittoria. Ballardini, con l’alzarsi della posta, ha moltiplicato cifre e magie nei finali (pure la tripla del pari al 40’ con la capolista); gran Morsiani contro le molisane. Andros Palermo (7-3): gli infortuni hanno quasi azzerato la panchina, e lo ha pagato contro Faenza e Umbertide. Buona reazione spazzando via Orvieto (anticipo del 14° turno) e poi Selargius. Tre “ventelli” nel mese per Miccio, due volte sopra il 30 di valutazione Vandenberg. Matteiplast Bologna (6-3): persi di un soffio i big match con Campobasso e Faenza: questione d’episodi, non d’inferiorità. Nella “volatona” per la Coppa Italia dirà la sua. Contro Savona, debutto per Rosier dopo il lungo infortunio: rinforzo importante per l’asse D’Alie-Tassinari-Tava. RR Retail S.G. Valdarno (6-3): con Rosset in piena salute (quasi 25 di media a novembre), ha vissuto un mese ad alto voltaggio offensivo, con due volate vinte (Selargius all’overtime, Civitanova in rimonta) e una persa, l’ultima con Umbertide. In mezzo un rotondo +20 a Cagliari. Ha inserito il play Giordano. S. Salvatore Selargius (5-3): ha iniziato il mese con una bella vittoria su Umbertide, sfortunata poi con Valdarno. Da capire se il -39 con Palermo è un episodio o l’indice di un calo, ma il bilancio finora è in attivo. Super novembre per Arioli: 22 punti di media, due volte sopra il 30 di valutazione. PF Umbertide (5-4): è uscita bene da un calendario durissimo: perso con Selargius e Civitanova ma poi imprese con Palermo (+15) e Valdarno, segnando 87

punti. Il trio Giudice-Prosperi-Cvitkovic è di martellante regolarità. Integris Elite Roma (4-5): poteva essere un mese perfetto senza il passo falso con Orvieto. Ma ha sfruttato bene le opportunità con Nico e Forlì, e vinto lo scontro diretto con Cagliari: è a -2 dalla zona-playoff. Tre “ventelli” per Grattarola, costante Magistri. Cus Cagliari (4-5): ha fatto bottino con Nico e Forlì, poi maluccio nel recupero con Valdarno e calata nel finale contro l’Elite. Kotnis, Favento e Striulli produttive ma sono le uniche con la doppia cifra “in canna”. FeBa Civitanova (4-5): un calendario infernale l’ha fatta scendere sotto la zona-playoff; imprese mancate di poco con Faenza e Valdarno, batosta a Spezia, bene però nella sfida diretta con Umbertide. Ma la notizia è l’incidente stradale che ha coinvolto il pulmino della squadra di ritorno da Spezia: prognosi dai 10 ai 20 giorni per le atlete, già rinviata la sfida d’inizio dicembre con Campobasso. I nostri auguri a tutte. G. Stanchi Athena Roma (3-6): fine mese in crescendo con gli scontri-salvezza incamerati su Nico e Forlì; riscattato il precedente brutto k.o. con Savona. Accanto alla sempiterna Gelfusa s’alternano Bernardini, Grimaldi e Cirotti come realizzatrici. Cest. Savonese (2-7): ha cambiato straniera: la giovane slovacca Svetlikova si è presentata con 22 punti nella vittoria sull’Athena, seconda in fila dopo quella “rompi-ghiaccio” con Orvieto. Vale più dell’attuale posizione. Orza Rent Nico (2-7): il team della Valdinievole ha esonerato Tommei dopo le sconfitte con Elite Roma e Cagliari, promuovendo i vice Becciani e Biagi, che hanno colto un successo d’oro su Orvieto nell’ultima di novembre (tiro libero allo scadere di Giglio Tos). Bona viaggia a oltre 16 punti e 9 rimbalzi. Azzurra Orvieto (1-9): anche qui un nuovo allenatore, Sogli, che ha sbloccato lo zero in classifica con un +13 sull’Elite Roma. Poi il k.o. con la diretta rivale Nico, recriminando per il fallo sanzionato a fil di sirena. Senza più straniera, scommette tutto sulla crescita delle giovani: De Cassan, Laura Meroni, Grilli e Cantone finora le più in evidenza. Medoc Forlì (0-9): lo zero è ancora da cancellare, ma dopo altre 3 sconfitte pesanti si è vista un’incoraggiante competitività contro l’Athena. Anche qui tutto in mano alle giovani, tra cui la lunga Pieraccini ha avuto un buon novembre.

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focus


primo piano

amore infinito

ANIMA DELLA MATTEIPLAST BOLOGNA E SIMBOLO DELLA BASKET CITY “ROSA”, ELISABETTA TASSINARI È UN MIX DI TALENTO, DEDIZIONE E CARISMA. SUL SUO PERCORSO TANTI INFORTUNI E DUE PROMOZIONI CANCELLATE, MA ANCHE IL RAPPORTO SPECIALE CON LE COMPAGNE E L’ATTACCAMENTO ALLA MAGLIA

Di Lucia Montanari

M

y Back Pages, “Le mie pagine passate”, è una del-

le più belle canzoni di Bob Dylan. Ci viene in mente, pensando a Elisabetta Tassinari, perché la guardia del Progresso Matteiplast Bologna, a soli 24 anni, di pagine passate ne ha tante da riempire un libro, o meglio un disco intero, se parliamo di musica. Tre infortuni gravi alle ginocchia, la perdita prematura del papà Giovanni (sua prima guida nel mondo del basket), due promozioni cancellate un attimo dopo averle ottenute. La più recente, nel 2017, dall’A2 all’A1 con il suo attuale club, per uno dei motivi più tipici: il venir meno di risorse indispensabili per coprire il budget necessaria per la massima serie. La precedente, nel 2012, invece, per colpa di un evento più unico che raro (si spera): il terremoto che colpì l’Emilia, compresa Cavezzo, dove Elisabetta giocava, proprio durante i playoff di B. La sua squadra fu più forte della sciagura e vinse, ma non durò: la società fu costretta a rinunciare all’A2, in un contesto che richiedeva di affrontare ben altri problemi.

Insomma, un’incredibile alternanza di drammi e risalite, una storia che insegna come la passione e la volontà possano superare ogni ostacolo e far ripartire ogni volta. Non troverete qui, però, un racconto più dettagliato sulle “pagine passate” di Betta Tassinari, che abbiamo appena riassunto. Per due motivi: il primo è che ha già provveduto la firma nobile di coach Giovanni Lucchesi non più tardi di un anno e mezzo fa (digitate “tassinari lucchesi” su un motore di ricerca e troverete facilmente l’articolo); il secondo è che la diretta interessata ci fa capire come preferisca guardare alle pagine presenti e a quelle future, anziché a quelle ormai lasciate indietro: Nel piccolo mondo della pallacanestro rosa vengo spesso riconosciuta come “quella che si è rotta il ginocchio mille volte” oppure come “quella che si fa sempre male”. Ecco, proprio la volontà di andare oltre questa etichetta, veritiera ma limitante, è il motore che mi ha spinto a ricominciare da capo ogni volta, con più forza.


primo piano

Io mi sento, semplicemente e completamente, una giocatrice di basket. La pallacanestro, oggi, è la mia vita e mi sento realizzata soltanto sul campo. Questo mi ha permesso di non arrendermi alla sfortuna e, anzi, di proseguire una strada che ho iniziato 21 anni fa (sì, a soli 3 di età, ndr), una strada in cui ho incontrato tanti, troppi ostacoli, ma mai nessun cambiamento di rotta: nel mirino sempre e solo un unico obiettivo, diventare la miglior giocatrice che io possa essere. E allora parliamo del presente. In questa A2 Sud così combattuta, per l’ennesima volta voi della Mat-

teiplast state lottando per una posizione al vertice e tu stai giocando benissimo: oltre 15 punti di media, più quasi 3 assist, e un video dei tuoi “highlights” contro Orvieto da salto sulla sedia... Ti aspettavi un inizio simile, sia a livello individuale che di squadra? Il livello quest’anno è davvero alto, probabilmente ancora di più rispetto alla scorsa stagione. Sono tante le squadre complete e coperte su tutti i ruoli che si fronteggiano per i piani alti della classifica. Noi sapevamo che sarebbe stato un inizio difficile e abbiamo cercato di farci trovare pronte.


ELISABETTA TASSINARI, GUARDIA CLASSE ’94, DA TRE STAGIONI ALLA MATTEIPLAST BOLOGNA, DOPO LE MILITANZE A CAVEZZO E LIBERTAS BOLOGNA.

A livello individuale, devo premettere il fatto che in estate mi sono allenata tanto. A livello di squadra invece, devo ammetterlo, non mi sento affatto soddisfatta: a me, come penso a tutte le mie compagne, bruciano ancora le tre sconfitte rimediate sul finale di partita (contro Spezia, Campobasso e Faenza, ndr). Il campionato però è ancora molto lungo e la nostra intenzione è quella di non cedere di un centimetro, né in allenamento né in partita. Io stessa continuerò a lavorare sodo, mettendomi a disposizione della squadra e allo stesso tempo appoggiandomi a quest’ultima.

Nel concreto, gli obiettivi della Matteiplast quali sono? Il primo traguardo da raggiungere è la conquista di un posto in Coppa Italia che, come da pronostico, si sta dimostrando alquanto complesso. Per il resto, ovviamente, punteremo ai playoff e poi si vedrà partita dopo partita. Qual è la chiave della vostra continuità ai vertici? Credo sia noto che il nucleo di questa squadra sia lo stesso da parecchi anni ed è il fulcro che compatta tutto il resto del gruppo. La nostra forza è quella di trovare, ogni stagione, la voglia di scendere in campo insieme e di condividere nuove motivazioni ed obiettivi, se

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primo piano possibile sempre più forti di quelli passati. A darci un immenso aiuto e uno stimolo concreto è arrivato, la scorsa stagione, coach Giroldi, grande persona e professionista. Il coach è riuscito, pur nel rispetto del ricordo della nostra vittoria della primavera precedente, a gettare le basi per un nuovo percorso, da zero, che ci facesse ritrovare il senso di lottare per l’A1. In effetti, per noi che vi seguiamo sui social, la forza del gruppo, l’unione, la serenità che si respira nello spogliatoio, emergono con evidenza. Raccontaci qualche segreto di questo speciale rapporto che c’è in squadra... Credo che l’ottimo clima che trapela sui social sia lo stesso che poi viene rispecchiato in campo. Non abbiamo particolari segreti: affrontiamo con la massima serietà il nostro impegno di giocatrici, lavoriamo forte ogni allenamento e siamo sempre pronte al sacrificio. La fiducia che ciascuna di noi ha nell’impegno delle altre ci ha permesso di legarci profondamente e di vivere con serenità e armonia la nostra vita di squadra, in campo e fuori. La cosa più bella e importante, a mio parere, è soprattutto il fatto che ognuna di noi è sempre disposta a fare un passo indietro, anche a proprio

e di un tifo sempre più numeroso e sempre più legato alla squadra, che riempie ogni sabato il nostro palazzetto e che non si risparmia le trasferte. Hai nominato l’attaccamento alla maglia e alla città. Hai giocato in entrambe le squadre di Bologna, Libertas e Progresso Matteiplast; sei uno dei simboli della pallacanestro sotto le Due Torri. Qual è il tuo rapporto con la città? Amo Bologna come città, al di là della pallacanestro, e di conseguenza porto con fierezza la scritta che ho davanti alla canottiera. Essere un simbolo della pallacanestro bolognese, come mi definite voi, è un grande onore e allo stesso tempo una grande responsabilità che cerco ogni giorno di rispettare con dedizione nei confronti della mia società. Credo che vivere la pallacanestro a Bologna sia un’esperienza unica e molto intensa, sia in senso positivo che negativo. Non si può negare, però, che noi ragazze subiamo una forte perdita di visibilità a causa della presenza onnipervasiva di Virtus e Fortitudo, che godono, giustamente e storicamente, di grande attenzione. Noi veniamo molto dopo, insomma siamo una “Basket City di Serie B”, condizione dalla quale vedo che vengono fatti

Interpreto la pallacanestro come attaccamento alla maglia, alla città e alle mie compagne di squadra. Per prima cosa per me il basket è lealtà. svantaggio, per il bene della squadra. In questo ambiente, anche per i nuovi innesti, è facile esser contagiati da un’energia così positiva. Almeno a una pagina recente del vostro passato, però, dobbiamo ritornare, cioè a quando, due stagioni fa, avete conquistato la promozione in A1, ma poi la società ha dovuto rinunciare. È stato un momento molto duro. Ci è stata negata la possibilità di godere di ciò che ci siamo conquistate, faticosamente, sul campo. La vittoria del 10 giugno 2017, contro il Geas, sarebbe stata l’inizio di un nuovo stimolante percorso nella massima categoria, invece si è tramutata in una brusca fine, per quanto siamo ripartire subito dall’A2. In quel periodo di difficoltà, l’ultima cosa che però avrei voluto fare sarebbe stata abbandonare la squadra. Da giocatrice, interpreto la pallacanestro, in primis, come attaccamento alla maglia, alla città e alle mie compagne di squadra. In altre parole, per prima cosa per me il basket è lealtà e ciò comporta tanti sacrifici e rinunce, prima fra tutte, forse, quella a una carriera più brillante. Ma sono quotidianamente ripagata dall’emozione, totalizzante, di scendere in campo con ragazze a cui voglio un bene profondo e dal riscontro di un seguito

pochi sforzi per sollevarci. Come dicevo, però, stiamo riscontrando un esponenziale aumento degli appassionati, in gran parte merito di un instancabile lavoro di pubblicità e coinvolgimento sui social e non solo, svolto sia dalla società sia da noi giocatrici. Dato che le hai menzionate, prova a schierarti: Virtus o Fortitudo? Nessuna delle due. Non mi schiero e, onestamente, sono abbastanza disinteressata al dualismo. Per me c’è solo il Progresso Matteiplast Bologna. Per chiudere allargando gli orizzonti: cosa pensi del momento positivo della Nazionale femminile, che si è appena qualificata agli Europei? Secondo te può essere iniziato un ciclo vincente con le nuove giovani, magari da lanciare in modo ancora più radicale nei prossimi mesi? Penso che sia giusto investire sulle giovani con buone prospettive, soprattutto testandole a livello di club, meglio ancora se possono farlo anche nelle competizioni europee. Sono però del parere che, se parliamo di Nazionale maggiore, sia necessario essere concreti e cogliere il meglio dal presente, da chi ha un vissuto più ampio alle spalle, prima che concentrarsi e focalizzarsi sul futuro.


IN CATTEDRA. BETTA STA SPIEGANDO BASKET: OLTRE 15 PUNTI DI MEDIA, OLTRE 3 RIMBALZI E QUASI 3 ASSIST PER LEI DOPO 9 GIORNATE.

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GERI DE ROSA 53 ANNI, FUORICLASSE DI SKY. ALL’ANAGRAFE È ISCRITTO COME RUGGERO, MA PER TUTTI NOI È GERI DE ROSA.


altri mondi

IL ROSA DI GERI

LA NAZIONALE FESTEGGIA LA QUALIFICAZIONE AGLI EUROPEI DEL PROSSIMO ANNO. RIPERCORRIAMO LA SPLENDIDA CAVALCATA DELLE AZZURRE ATTRAVERSO LE PAROLE DI GERI DE ROSA, TELECRONISTA DI SKY CHE HA SEGUITO DA VICINO IL CAMMINO DELLE RAGAZZE DI COACH CRESPI

di marco taminelli

P

artiamo dal traguardo appena raggiunto, ovvero la

qualificazione della nostra Nazionale per gli Europei del prossimo anno. Un traguardo mai scontato, arrivato dopo un girone di qualificazione lottato, e vinto, in un crescendo continuo di emozioni. “È stata una partita, quella decisiva con la Svezia, davvero complicata, un grande risultato ottenuto in modo splendido. Obbiettivo centrato che ci permette di tornare alla massima competizione continentale dopo la beffa subita lo scorso anno in Repubblica Ceca. Traguardo difficile da raggiungere tanto più che la pressione prima della sfida con la Svezia era altissima. Gran primo tempo, poi una ripresa complessa dove abbiamo subito la rimonta delle svedesi. Sul più 2 poteva esserci il momento del crollo definitivo, invece le ragazze hanno reagito alla grande. Dimostrando coraggio, lucidità, con due minuti finali di grande sostanza su entrambi i lati del campo. Un grande sforzo, per un traguardo strameritato”.

Sfida vinta con rabbia, agonismo ma anche altrettanta capacità di lettura nei minuti che contavano. In una serata dove sono emerse le doti del gruppo, non solo dei violini principali Zandalasini e Sottana. “È stata realmente una vittoria collettiva. Frutto di una collaborazione continua tra tutte le ragazze. Nonostante i nostri terminali offensivi, Zandalasini e Sottana (brave poi a fare cose preziose a rimbalzo ed in difesa), fossero meno brillanti del solito in attacco il resto del gruppo è salito di livello supplendo con energia e coraggio. Poi c’è stato l’impatto di Olbis Andrè che ha giocato una partita maestosa in area colorata, contro tra l’altro un’avversaria mai facile come Zahui. Tutte però hanno dimostrato grande personalità, un fattore decisivo quando affronti gare senza ritorno”. Squadra giovane con ampi margini di crescita, che ha dimostrato di poter guardare al futuro con una buona dose di ottimismo.


altri mondi “Ci sono talento, gioventù e, di conseguenza, grandi possibilità di crescita ed evoluzione. Abbiamo detto di Olbis Andrè, che è il centro che aspettavamo e, a 20 anni non ancora compiuti, può completarsi e diventare davvero una giocatrice che “sposta” ancora di più nel pitturato. C’è Penna che è già diventata un’arma in più, senza dimenticare la personalità di una giocatrice sempre carica di energia come Francesca Dotto. Al tutto aggiungi una stella come Cecilia Zandalasini ed allora davvero puoi guardare al futuro con legittimo ottimismo”. Non mancano nemmeno la leadership e l’esperienza. Fattori decisivi che hanno consentito alle azzurre di superare anche momenti difficili, Masciadri e Ress alcuni dei nomi tutelari di questo percorso. “Un gruppo giovane ha tanto entusiasmo ma anche tanta pressione, oltre a dosi importanti di inesperienza. Fondamentale il ruolo di giocatrici carismatiche come Masciadri (che ha chiuso la sua avventura in maglia azzurra proprio con la Svezia) e Ress. Decisive attraverso l’esperienza, la conoscenza del gioco e delle avversità, far capire alle più giovani le differenze rispetto al giocare in campionato. Far comprendere le

sodio citato degli Europei 2017 in Repubblica Ceca, ricordiamo le beffe subite sia nel 2013 che nel 2015 (contro Serbia e Bielorussia). Poi c’è stato il contributo di Marco Crespi che prima ha pagato lo scotto del noviziato, esemplificativa la sconfitta nella sfida di andata con la Croazia, poi ha saputo con umiltà interpretare meglio la situazione. Sia dal punto di vista tecnico e, soprattutto, dal punto di vista psicologico facendo fare l’ultimo salto di qualità decisivo al suo gruppo. Lavoro di supporto in cui è stato importante il ruolo, come sottolineato prima, di Ress e Masciadri. Da non dimenticare a mio parere anche il contributo di Lucchesi e Zanotti, ora si stanno raccogliendo i frutti del loro lavoro nel settore giovanile”. E poi c’è Zanda. Talento cristallino ma anche tante responsabilità per lei. “Parliamo del nostro talento più fulgido dal punto di vista qualitativo senza nessun dubbio. Oltre a questo ci sono le responsabilità, ed una pressione enorme che grava su di lei. Ricordo, dopo la sfida contro la Macedonia a Pavia, quanto fosse stata stupita, ed anche travolta emotivamente, dall’entusiasmo incredibile della gente attorno a lei a fine gara. Sta attraver-

quello che mi colpisce è il fortissimo senso di solidarietà, di fare gruppo e di reagire alle difficoltà. Capacità ancora più sviluppate rispetto alle squadre maschili”. diverse responsabilità che il giocare al massimo livello comporta. Abbandonando ogni forma di timidezza, oltre a portare con sé una straordinaria mentalità vincente. Ruoli interni alla squadra da sfruttare dentro e fuori il parquet, non sarei sorpreso dal vedere queste grandi veterane dare il loro contributo alla Nazionale anche nel post carriera”. Un grande lavoro che viene da lontano, dal contributo di coach Capobianco sino ad arrivare alla gestione di Marco Crespi. Un percorso virtuoso che ha generato ottimi risultati. “La base l’ha meravigliosamente preparata coach Andrea Capobianco, già lo scorso anno la sua Nazionale avrebbe strameritato il pass per i Mondiali. Negati sostanzialmente da una pessima decisione arbitrale nella sfida decisiva contro la Lettonia ad Eurobasket (antisportivo inesistente sanzionato a Zandalasini nel finale n.d.r.). Brave le ragazze davvero in quel caso a non farsi condizionare da quell’evento negativo. Hanno voltato pagina derubricando la situazione non come un torto subito a cui aggrapparsi, ma uno stimolo per reagire e per tornare a giocarsi traguardi importanti con ancora più determinazione. E di sfortuna sicuramente si potrebbe parlare se, oltre all’epi-

sando esperienze importanti (WNBA e Fenerbahce) e non tutto è semplice da gestire. Ad esempio in Turchia non ha minuti in campionato per via delle norme interne al campionato turco, mentre quando gioca in Nazionale molto è affidato a lei soprattutto in attacco. Saranno belle sfide per Zanda da qui in avanti, ma sono certo che, se avrà tempo di preparare con le compagne il torneo, farà grandi cose ai prossimi Europei”. Zandalasini che ha anche il ruolo di ambasciatrice-testimoniale del movimento cestistico femminile. Quali i limiti attuali nella promozione del basket donne e quali invece i margini di miglioramento. “Uno dei veri problemi è sicuramente quella sorta di scollamento che esiste, a mio parere, tra campionato italiano e Nazionale. A volte si ha l’impressione che il primo non sia collegato alla seconda, come se non ci fosse interesse a farne da volano e promozione. Legame che credo andrebbe agevolato e sviluppato, partendo dal rapporto (che sembra al momento un po’ sfilacciato) tra le stesse società e la Nazionale. Aiuto reciproco che può produrre un effetto positivo per tutto il movimento. In generale vedere il basket


GERI ASSIEME A ZANDALASINI E ALLE RAGAZZE D’ORO DELL’U16 IN UNO STUDIO SKY.

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altri mondi

DA ORMAI DIVERSI ANNI GERI È LA VOCE CHE CI RACCONTA CON COMPETENZA E MISURA LE IMPRESE DELLE AZZURRE. QUI CON GOTTARDI A LA SPEZIA.

femminile è molto bello, proprio per i veri appassionati di pallacanestro secondo me. È un gioco magari meno spettacolare in senso stretto, meno verticale e con numeri ad effetto. Ma è infinitamente più tecnico, più accurato in tante situazioni, le ragazze hanno una capacità di letture e di adattamenti sul parquet anche superiori agli uomini. Certo non devi aspettarti valanghe di schiacciate, magari trovi qualche errore o palla persa che non ti aspetteresti, ma credo ci siano valori ed aspetti molto belli da divulgare e far capire anche a chi si confronta in genere con il basket maschile”. Televisione che rappresenta sempre il principale veicolo di divulgazione. In base alla tua lunga esperienza nel settore su quali aspetti si può puntare per continuare a rilanciare (e renderlo più appetibile) il basket femminile? “Credo che il basket femminile abbia tanti aspetti da poter valorizzare. In generale quello che mi colpisce è il fortissimo senso di solidarietà, di fare gruppo e di reagire alle difficoltà. Capacità ancora più sviluppate rispetto alle squadre maschili. Qualità che emergono, nella mia esperienza di queste ultime stagioni, moltissimo in questa squadra Nazionale. Penso ai messaggi forti e solidali dopo l’infortunio di Caterina Dotto (la sorella Francesca ha giocato contro la Svezia con la sua maglia, la numero 0), alle lacrime di

gioia e di emozione di Masciadri all’ultimo atto con la maglia azzurra, a come tutte hanno reagito dopo la sconfitta contro la Croazia dello scorso anno dove sembrava fossimo non pronte per un livello superiore. Ho volutamente elencato questi elementi perché credo aiutino noi, addetti ai lavori, nel promuovere e divulgare il prodotto basket femminile. Al pubblico italiano è sempre piaciuta la squadra che supera le difficoltà, il famoso “sputare sangue petersoniano”, il partire da non favoriti per poi afferrare vittorie e medaglie. Come le Nazionali di Gamba, Messina, Tanjevic e Recalcati in campo maschile, e Sales ad esempio nello straordinario europeo 1995 in campo femminile. Sono alcuni dei motivi per cui la gente si immedesima, e si appassiona, ad una squadra come quella di Sottana e compagne. A conferma di questo abbiamo avuto degli ottimi numeri proprio durante la cronaca di Italia-Svezia, il tutto nonostante la contemporaneità della gara di Eurolega di Milano con Vitoria. Televisivamente parlando molti impianti italiani non aiutano la trasmissione dell’evento, ma è una carenza strutturale, di palazzetti non moderni, fattori non addebitabili di certo al basket femminile. Certo se osservi partite di WNBA o di Eurolega di alto livello capisci che, in quei contesti, puoi avere la possibilità di fare servizi e telecronache in strutture adeguate. Ed in quel caso il fascino e la qualità per il pubblico televisivo aumentano notevolmente”.


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ROMA LE AZZURRE CAMPIONESSE D’EUROPA NEL 1938.


storie

giocavamo con la gonna NEL 1938 LE AZZURRE SI AGGIUDICAVANO IL PRIMO EUROPEO ORGANIZZATO DALLA FIBA. MIGLIOR REALIZZATRICE ITALIANA DI QUELL’EUROPEO FU ANNAMARIA GIOTTO, DETTA LA “CAPOCANNONIERA”, OGGI 103 ANNI ED UNICA SOPRAVVISSUTA DI QUELLA SQUADRA

di linda ronzoni

M

a voi chi avete detto che siete?

Ah siete quelli del giornale, ah sì vi aspettavo. Mi fate sempre le stesse domande però voi dei giornali, certo le domande le potete fare solo a me, sono restata solo io di questa foto. Le altre non ce l’hanno fatta ad arrivare a 103 anni. Però alla mia età ancora mi arrangio, avete visto come sono ancora svelta, come mi alzo dalla poltrona? Come una saetta! Mi chiamavano così da giovane le mie compagne. Saetta. A sedici anni non mi stava dietro nessuna, giocavo all’Audax Venezia nella squadra che aveva messo in piedi il mio moroso l’Anniro. Anniro Montini si chiamava, un nome strano al giorno d’oggi, poi ci siamo anche sposati io e l’Anniro. La pallacanestro era una grande passione per tutte e due, mi sa che si mi sono innamorata di lui anche per questo. Io della squadra ero quella che segnava di più, ero veloce e poi avevo un entusiasmo... Non so più dire

quante ragazze ho convinto, quante sono diventate brave giocatrici grazie a me. Io mi svegliavo la mattina e non vedevo l’ora che venisse sera per andare ad allenarmi. Per quello ringrazio Dio che mi ha fatto incontrare l’Anniro, che mi capiva e anzi mi spronava a fare sempre meglio. Nel Trentasette mi hanno chiamata in Nazionale e ho cominciato a farmi notare e poi nel campionato del Trentotto sempre con l’Audax ho segnato 171 punti, sono stata la migliore realizzatrice. Lo so che sembrano pochi ma... Intanto giocavamo con la gonna, sulla terra battuta con la palla più grande che sembrava un macigno, ci volevano certi muscoli sulle braccia. Le partite finivano 30 a 15, una cosa così. Comunque negli Europei io ho fatto 30 punti, ero la capocannoniera. Hanno cominciato a chiamarmi così tutte le compagne, anche l’Anniro ogni tanto per prendermi in giro mi diceva: Oii capocannoniera non sta montare la testa eh, mi diceva, e ci facevamo una ri-


storie

sata. Ma che gioia, che felicità, portare la mia squadra a vincere gli Europei. Battere la Polonia, la Svizzera, la Francia. E poi vedere Roma che io non mi ero mai mossa da Venezia. Poi con l’Anniro ci siamo sposati. Poi la Audax non c’era più. Poi è cominciata la guerra. E niente, la pallacanestro è diventata solo un ricordo. Certe volte la mattina mi svegliavo e non avevo niente da sognare. Non c’era più da aspettare la sera per andare a fare gli allenamenti, mi mancava anche la palla che a ripensarci, mentre fantasticavo di correre a canestro, mi sembrava una piuma. L’Anniro vedeva che ero triste, e forse aveva paura che lo amassi un po’ meno adesso che non c’era più la pallacanestro.

Poi sono nate le figlie. Comunque, che bei ricordi. La capocannoniera mi chiamavano. 30 punti. A Roma. Ma voi chi avete detto che siete? *Lo spunto per questo articolo è stato dato dalla mostra 1938. Azzurre Prime in Europa, ideata dal giornalista Massimiliano Mascolo e del fotografo Alessandro Rizzardini. Si tratta di una mostra itinerante la cui prima tappa è stata a La Spezia in occasione di Italia-Svezia, e che ora sarà portata nei principali palazzetti di serie A1 e A2 femminile nel corso della stagione. L’intervista è frutto della fantasia di Linda Ronzoni, ispirata dalla storia vera di Annamaria Giotto.


IN GONNA LE AZZURRE PRONTE PER ENTRARE IN CAMPO. ANNAMARIA È LA NUMERO 4

COME SI GIOCAVA Per il gioco era un importante momento di transizione tra la palla al cesto degli anni Venti, piuttosto rigida nella sua impostazione, e la pallacanestro che era stata giocata e mostrata ai Giochi Olimpici di Berlino del 1936 dagli Stati Uniti. Le misure standard del campo erano 26x14m, con differenze sostanziali rispetto ad oggi nella segnatura delle aree del tiro libero; il fondo regolamentare doveva essere di terra battuta, legno o cemento, la palla doveva misurare tra 75 e 80 cm di circonferenza per un peso tra i 600 e i 650 grammi. Dal 1937 era stata abolita la palla chiusa con i lacci tipo quella del calcio. I tabelloni, chiamati all’epoca specchi, erano di legno duro, verniciati di bianco nella parte rivolta verso il campo. I supporti per i tabelloni potevano essere di varie fogge e materiali, compreso il cemento. La durata della partita era di due tempi da 20 minuti. In caso di pareggio, si proseguiva con i supplementari della durata di cinque minuti fino a sbloccare la parità. Successivamente venne introdotta nei campionati nazionali anche la possibilità del pareggio. Per ciascuna squadra erano concesse tre sospensio-

ni di un minuto, in campo femminile le sospensioni erano quattro per permettere alle giocatrici di avere un’occasione in più di riposare. Il quarto fallo personale comportava l’uscita del giocatore dalla partita, ma nel numero dei falli non venivano compresi i falli tecnici. Ogni giocatore in campo poteva essere sostituito per un massimo di due volte; in caso di errore e di un quarto ingresso in campo, il giocatore veniva squalificato e la squadra punita con un tiro libero per fallo tecnico. Esistevano già la regola dei passi, dei 10 secondi per superare la metà campo e dei 5 secondi per passare la palla su pressione dell’avversario. Le posizioni in campo erano piuttosto libere; i ruoli riconosciuti erano tre: centro, avanti e difesa. La manovra offensiva consisteva in spostamenti con una fitta trama di passaggi per sbilanciare gli avversari. In difesa non era molto usata la uomo, ma piuttosto era preferita una specie di zona 2-3. L’ideale era comunque difendere con quattro giocatori, lasciando il quinto, in genere il più alto e lento a rientrare, nei pressi del canestro avversario.


flash news di daniele tagliabue

COSTA MASNAGA UNDER 16 DA URLO, VITTORIA NELLA CHAMPIONS CUP! Dall’8 al 13 novembre è andata in scena in Ungheria e sotto l’egida FIBA la settima edizione della Champions Cup Under 16 per Club, giunta alla sua settima edizione. Un appuntamento di prestigio che ha portato il Basket Costa, protagonista negli ultimi anni grazie ai successi in ambito giovanile, a rappresentare il nostro paese dopo che due anni fa toccò alla Reyer Venezia. Un cammino immacolato quello che ha sancito la formazione di coach De Milo campione d’Europa. Fin dall’avvio Allievi e compagni hanno infatti dimostrato di voler esser ad ogni costo protagoniste, spazzando via il Bs Riga per 63-41. Stesso copione, anzi ancora migliore, nel secondo turno del girone eliminatorio. Contro Sopron il punteggio finale recita infatti 85-54, con ben sei giocatrici mandate in doppia cifra al termine di una gara fin da

subito in discesa grazie al 29-16 dopo il primo periodo di gioco. Sul velluto anche nella terza partita disputata: contro le tedesche del BBC Osnabruck il punteggio finale recitava infatti un netto 95-25. Capitolo differente invece in semifinale contro lo Spartak Mosca. Una partita combattuta quella tra le russe e Costa, con percentuali basse decisa solo nell’ultimo periodo di gioco. 11-11 alla prima sirena, 20-24 per Mosca all’intervallo e 33-32 Costa Masnaga a dieci minuti dal termine. Decisivo un break di 11-1 avviato da Valli, che ha spezzato l’equilibrio firmando il definitivo 49-35. In finale c’è invece stato il remake del primo turno, con il Bs Riga a frapporsi alla conquista del titolo europeo. Nonostante la tensione, partita sempre in controllo da parte di Costa Masnaga. Avvio forte delle lecchesi (17-10), ma le lettoni rispondono

colpo su colpo rientrando fino al meno tre (27-24 al 15’). È soltanto una fiammata però, perché Matilde Villa e Fontana salgono in cattedra firmando il più dieci all’intervallo. Il terzo periodo è quello decisivo: Costa è una macchina da guerra: Villa è on fire, Ukaekbu concreta a rimbalzo mentre Valli e Allievi scrivono il più quindici, che permette di mantenere la doppia cifra nonostante qualche disattenzione sul finire di quarto. L’ultimo periodo è pieno di tensione. Le lettoni rosicchiano punto su punto e toccano anche il meno sei a tre minuti dalla fine, ma il libero di Allievi e il canestro di Villa mandano i titoli di coda sulla gara. Finisce 79-70 con le ragazze e tutto lo staff in campo a festeggiare un’impresa incredibile. Menzione particolare la meritano Matilde Villa e Vittoria Allievi, inserite nel quintetto migliore della manifestazione.

BASKET COSTA VINCITRICE DELLA CAMPIONS CUP U16 PER CLUB


flash news di daniele tagliabue

europeo Adamoli serie A1 PARTECIPANTI 2019 RETINA D’ORO 2018 settima giornata Vanno in archivio le qualificazioni per l’Europeo 2019. Definite infatti le partecipanti per la prossima edizione che si svolgerà in Lettonia e Serbia, qualificate di diritto. È stato un ultimo turno pieno di pathos dove Spagna, Repubblica Ceca, Russia, Turchia e Slovenia attendevano di conoscere le altre squadre. Già narrato dell’Italia, sorride anche la Svezia perdente grazie all’ottimo +93 nella differenza punti. Chiudono il cerchio Bielorussia, Montenegro, Belgio, Gran Bretagna, Ungheria, Francia e Ucraina. Masticano amaro Bosnia e Grecia, escluse come peggiori seconde.

Angela Adamoli, allenatrice della nazionale italiana femminile del 3x3, campione del mondo, è la terza vincitrice dei premi speciali dell’edizione 2018 della Retina d’Oro. Una carriera importante da giocatrice, nella nazionale ed ora da allenatrice che l’ha vista vincere la medaglia d’oro di Manila. La cerimonia di consegna si è tenuta mercoledì 14 novembre presso il Centro di Preparazione Olimpico del Coni a Roma nell’ambito dei “Basket Awards”. Nel ricevere il premio, ha dichiarato: “Una grande soddisfazione essere inserita tra grandi nomi del basket e dello sport”.

Weekend di conferme quello relativo alla settima giornata di campionato. Venezia spazza via Battipaglia già fin dalla prima metà di gara evidenziando una Jolene Anderson on fire dalla distanza. Alle sue spalle il Famila Schio tiene testa a una coriacea Lucca, amministrando la contesa senza troppi patemi. Spiccano nel successo di Ragusa ai danni di Empoli i 35 punti messi in cascina da Hamby, autrice di una prova veramente da urlo. Risponde sul campo ai rumors dei media il trio di straniere in casa Dike: tutte in doppia cifra e fondamentali nel colpo esterno sul parquet di Vigarano. Tutto facile per il Geas sul campo di Torino, con Galbiati finalmente protagonista. Chiude infine il successo di Broni, che nel catino bollente del PalaBrera vince in rimonta contro il Fila San Martino confermandosi mina vagante del torneo.

giovani eurolega EUROCUP schio fa fatica REYER, AVANTI così! high school lab Cammino in salita per il Famila Wuber Schio in Euroleague. L’unico club italiano in gioco nella massima competizione europea non ha infatti brillato in questo primo scorcio di competizione. Le ragazze di coach Vincent pagano a caro prezzo il restyling avvenuto quest’estate e l’assenza di due veterane come Yacoubou e Anderson sta infatti venendo fuori. Troppi fin qui gli alti e bassi di Gemelos e complice anche l’assenza di Dotto nell’ultima sfida disputata in Francia, il bilancio al momento è un amarissimo 0-3. Si torna in campo il 29 Novembre contro Bourges.

Bella, concreta e in vetta. Bilancio positivo per la Reyer Venezia che dopo tre giornate di Eurocup guida il proprio girone con il DVTK, Brno e il Nantes. Bilancio di due vittorie e una sconfitta per la formazione allenata da coach Liberalotto che ha nella doppia cifra di media di Anderson e Steinberga le due principali protagoniste. Sconfitta indolore quindi quella di Brno rimediata negli ultimi secondi di gioco, con i demeriti delle orogranata molto maggiori rispetto a quanto mostrato dalla squadra ceca, vincente solo nell’ultimo giro d’orologio. Prossimo turno il 29 Novembre contro Nantes.

Vincono e convincono le ragazze di High School Lab, il raduno collegiale permanente riservato alle atlete nate nel 2003 e 2004. Le giocatrici a disposizione dello staff tecnico coordinato da Giovanni Lucchesi colgono infatti la settima vittoria consecutiva contro l’Athena Roma con il punteggio finale di 58-66. Impegnate nel campionato Under18 laziale, la formazione allenata da Davide Malakiano si trova saldamente in vetta a quota 14 punti in attesa dello scontro al vertice in programma il prossimo 10 Dicembre contro il San Raffaele.

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mara risponde

PASSAPORTATE di mara invernizzi

Alcune Nazionali schierano giocatrici “passaportate” molto forti come la Turchia (Quanitra Hollingsworth), la Spagna (Astou Ndour) o la Repubblica Ceca (Kia Vaughn). Anche noi ora abbiamo in maglia azzurra il play australiano Nicole Romeo. Mi puoi spiegare come funziona la storia delle naturalizzazioni per le squadre Nazionali? (Maria Borella, Treviso) È importante far chiarezza riguardo al discorso degli “stranieri” che possono giocare nelle squadre Nazionali soprattutto in un momento storico come quello attuale in cui il fenomeno dell’integrazione sta riguardando tutti a livello globale e in diversi ambiti, tra cui quello dello sport. Nell’ultima gara a La Spezia in cui la Nazionale femminile ha staccato il biglietto per gli Europei 2019 (ne approfitto per fare ancora i miei complimenti alle ragazze e allo staff) abbiamo visto schierata tra le fila della Nazionale Italiana Nicole Romeo, “folletto” dalle strabilianti doti di ball handling e di straordinaria energia e carattere. Nicole, atleta di origine australiana, con doppio passaporto, tra cui quello italiano, non aveva mai giocato per nessun’altra nazionale, condizione fondamentale affinchè i cosidetti “passaportati” possano giocare per la loro seconda Nazione. Attenzione però, ogni Nazionale non può schierare più di 1 passaportato per gara. La facilità con cui uno straniero ottiene il passaporto dipende, poi, da Stato a Stato. C’è inoltre una seconda condizione, che si discosta completamente da quella sopra citata, ed è quella per cui un giocatore di origini straniere, con il passaporto italiano, riesca a completare la formazione italiana, che consiste nel partecipare a ben 4 stagioni sportive giovanili in Italia. Se cosi fosse l’atleta risulterebbe a tutti gli effetti giocatore italiano. Stessa cosa vale per i naturalizzati, atleti che a seguito di un matrimonio con una persona di origine italiana, ovvero dopo almeno 10 anni di residenza sul territorio italiano, possono ottenere la cittadinanza italiana. Le situazioni quindi sono differenti e bisogna fare molta attenzione a non lasciarsi confondere, perché sempre più spesso atleti con tratti somatici non tipicamente italiani, di fatto sono italiani a tutti gli effetti perché nati in Italia da genitori italiani per cui godono di tutti i diritti dei cittadini italiani, cittadini che tra l’altro il mondo dello sport, quanto meno in Italia, cerca ancora di provare a tutelare, giusto o sbagliato che si voglia credere.

L’AUSTRALIANA NICOLE ROMEO, PLAY DI 166CM CLASSE 1989. QUEST’ANNO GIOCA IN TURCHIA COL CANIK.


Oche senza alibi Di ALICE BUFFONI STAFF PSICOSPORT

Non abbiamo tenuto l’avversaria sul primo passo e quella è andata a canestro indisturbata. Rientriamo in difesa ignorando gli insulti del coach: non è colpa nostra, è colpa del lungo che non si stacca mai sul lato debole. Seconda azione, l’avversaria ci batte di nuovo sul primo passo e segna comoda in terzo tempo. Ma è sempre colpa del lungo, che stavolta non è ancora rientrato in difesa. Intanto per te arriva il cambio punitivo. E se invece di cercare un capro espiatorio anche la seconda volta, avessimo abbassato le gambe e mosso i piedi? Forse non saremmo sedute in fondo alla panchina a maledire il karma...o il lungo. Questa è la teoria degli alibi e ha distrutto carriere e rovinato intere stagioni. Spostare la causa di un errore fuori dal nostro cerchio di competenze, ci solleva dalle responsabilità. È una sensazione comoda perché ci evita di ammettere che non siamo brave abbastanza, che non eravamo concentrate, che dobbiamo allenarci di più, fare più fatica. La nostra autostima rimane intatta, ma se non ammettiamo l’errore non possiamo né ripararlo né migliorare. E se non possiamo migliorare, siamo inutili per la squadra, che deve correre il doppio per coprire le nostre mancanze. Ce la meritiamo tutta quella panca! Negli sport di squadra la tendenza a rifugiarsi negli alibi è un male sottile, che non sempre risulta evidente, perché in un gruppo è più facile sopperire alle carenze tecniche o motivazionali di qualche compagna. Ma se il male si diffonde è facile incorrere nell’effetto Ringelmann, dal nome dell’ingegnere che lo teorizzò per la prima volta, nel 1913. Secondo questa teoria all’aumentare della dimensione del gruppo i singoli abbassano il loro impegno nel compito, arrivando a una diminuzione di quasi il 50% delle loro potenze individuali. Le ricerche sociali successive si sono riferite a tale fenomeno parlando di pigrizia sociale o diffusione di responsabilità. Come si può fare per non cadere nella trappola? A livello individuale dobbiamo chiederci sempre, sia in caso di sconfitta che di vittoria, che cosa avremmo potuto fare meglio, ripensando alle situazioni di gioco in cui in effetti abbiamo sbagliato o in cui la squadra ha avuto più difficoltà. È faticoso, ma questo esercizio di match analysis è uno strumento incredibile per migliorarsi perché ci fornisce degli elementi concreti su cui lavorare in allenamento. A livello di squadra invece dobbiamo comportarci come... le oche. Avete mai visto le oche volare? Durante la migrazione, con la tipica e perfettamente aerodinamica formazione a V, riescono a percorre in volo enormi distanze. Lo sforzo fisico è distribuito tra tutti i membri ed è reso sostenibile dal sistema di turnazione dei ruoli: la potenza individuale di ogni membro del team aumenta fino al 70%. Tutto il contrario dell’effetto Ringelmann. Quindi, non tiriamoci indietro, ma tiriamo il gruppo quando tocca a noi, prendiamoci responsabilità e mettiamo in campo quello che non stanno dando le nostre compagne, quando sarà il loro turno ricambieranno! Lo stormo di oche è così diventato emblema di organizzazione d’insieme sinergico che riesce a raggiungere mete altissime. Questa rubrica è tenuta da Psicosport, una realtà che utilizza la Positive Psychology con atleti e allenatori, dai settori giovanili all’alto livello agonistico, per rispondere alle principali criticità che si incontrano sul campo di gara e di allenamento, per migliorare performance individuali e ottimizzare il rendimento di squadra.

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(sa)tiro sulla sirena

specie in estinzione di paolo seletti

(SEGUE) Gennaio: Anno nuovo, vita nuova. Vi allenate in una tensostruttura in cui Putin ha segregato gli osteggiatori politici sopravvissuti in Siberia, fate contropiede perdendo lungo il campo le dita e la punta del naso come The Walking Dead. Quando durante un time out ti trovi a leccare la fronte del playmaker perché lo hai scambiato per un polaretto, decidi che è ora di intervenire “Pres, sarà meno 20!” lamenti con sicumera “no, trenta..” ti corregge lui indicandoti il tabellone. Vorrebbe esonerarti, ma prendi la pleurite e la squadra gestita dal medico vince in rimonta e fa i primi 2 punti in classifica.

Febbraio: Alle tue partite casalinghe ci sono così pochi spettatori che lo speaker prima della gara presenta il pubblico uno per uno alle due squadre grate e plaudenti. Ma anche, appartati su un trespolo, 32 allenatori senza squadra vestiti come Brandon Lee ne “Il Corvo”. Tu sei sereno, “non può piovere per sempre” pensi, ma sei solo, molto solo,e fai talmente pena che una particella di sodio dell’acqua Lete si commuove e viene a cingerti le spalle. Intanto scopri che Bet364 quota il tuo esonero alla pari con quello di Ventura al Chievo.

Marzo: Trasferta della vita in Sardegna. Vi giocate tutto. Sei carico come non mai. Alle 03:00 del mattino suona la sveglia. Alle 4:00 partite con le macchine. Alle 06:00 avete l’aereo. Per risparmiare volate 5 in economy e 5 nei bagagli a mano, nelle cappelliere. Alle 8:00 arrivate e vedendovi la protezione civile vi porta a un centro di smistamento. Alle 10:00 chiarito l’equivoco siete in hotel. Alle 12.30 pranzo, per risparmiare mangiano in 5, e 5 le guardano come il gatto con gli stivali. Alle 14:30 pullmini. Alle 15:00 il pivot mangia il playmaker. Alle 16:00 l’ultimo aereo per evitare il pernottamento in hotel. Alle 19:00 macchine. Alle 22:00 a casa. E la partita? Quale part....ops

Aprile: Playout. La formula è presa dal “Quesito con la Susi” della Settimana Enigmistica, ma tu al massimo arrivi a “unisci i puntini” quindi non hai capito contro chi giochi. E, quando arrivate al palazzetto, siete voi e Schio.

Maggio: la stagione volge al termine. Ultime per vittorie in tutti i campionati professionistici europei vi rimane solo un miracolo, che prontamente accade. La prima in classifica del campionato sottostante rinuncia alla promozione perché vuole rivincere la B dieci volte di fila per entrare nel Guinness dei Primati. Quindi siete salve, le ragazze si abbracciano tutte, e a te rimane il preparatore fisico, che ti spezza tre costole. Il giorno dopo scopri che manca una squadra in A1, e i tuoi dirigenti battono tutti sul tempo e sono i più veloci a iscriversi, tra urla di giubilo e la solidarietà della squadra giamaicana di Bob a Quattro. La società per festeggiare promuove il tuo vice, che veniva solo agli allenamenti del martedì ma fa il dog sitter al General Manager e non ha bisogno della casa, ha la roulotte. Per te è ora di rientrare, e pensare che sì, poter vivere della propria passione è una gran fortuna, e pazienza se per tutte queste emozioni ti mancano gli ultimi 4 stipendi che forse non vedrai mai più, anche perché il tuo contratto è firmato da un certo Gigio Topo, un dirigente che quest’anno sei sicuro di non avere mai visto in palestra. Tu sei già pronto a ricominciare, perché senza la pallacanestro, e questo è tutto quello che sai, davvero non si può stare.


ANDREA PETITPIERRE “HO INIZIATO AD ALLENARE LE DONNE NEL 1973, E SONO ANCORA VIVO”. ANDREA ORA È ALLENATORE DEI TIGERS LUGANO, SERIE A MASCHILE SVIZZERA.

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PARLAMI D’AMORE di linda ronzoni

Qualche giorno fa mio cugino è venuto a trovarmi da Marte. Mentre eravamo al bar a fare colazione, io bevevo un cappuccino e lui mi guardava disgustato per queste abitudini terrestri che ho ormai acquisito, ha cominciato a sfogliare un quotidiano rosa e si è fermato incuriosito su una struggente lettera di addio indirizzata a una maglia. I marziani parlano correntemente dodici lingue straniere, più il marziano che è molto simile al cinese ma col doppio degli ideogrammi, e quindi mio cugino leggeva senza difficoltà le parole sul quotidiano ma non capiva il significato di quello che stava leggendo, analfabetismo di ritorno si direbbe qui sulla Terra se non fosse che lui, arrivando da Marte l’alfabetismo terrestre non l’ha mai imparato. Allora ho provato a spiegargli. Caro cugino 政 (per i terrestri: si pronuncia Zheng),non so da che parte cominciare; vedi, sulla Terra esiste ancora l’amore, sai quel sentimento che ti fa struggere, che ti fa... Nel frattempo lui aveva già visualizzato la ricerca sui suoi occhiali e stava già declamando: Amore, sostantivo maschile, Dedizione appassionata ed esclusiva, istintiva ed intuitiva fra persone, volta ad assicurare reciproca felicità, o la soddisfazione sul piano sessuale. Quindi questa persona vuole soddisfazione sessuale dalla sua maglia? Ho alzato gli occhi al cielo, la faccenda si faceva dura. Dovete sapere che su Marte da secoli ci si è emancipati dalle passioni, si vive senza patrie, senza confini, senza regole morali, di cui non c’è più bisogno, senza Santi ne Eroi, praticamente è la seconda stella a destra di Bennato. Non si soffre, non si piange, non si gioisce, non si esulta. Al posto di amore c’è una parola 尊重 che potrebbe essere tradotta in: reciproco rispetto che fa felici gli occhi. Su Marte non ci sono genitori specifici, li hanno aboliti da centinaia di anni, ci sono figure di riferimento affidate dalla nascita che ti accudiscono fino ai 14 anni. Quindi niente papà che ti tramanda le sue passioni, niente mamma che ti guarda dagli spalti orgogliosa del canestro che hai appena fatto; non ci sono gerarchie, gironi, campionati di serie A e serie B, non ci sono sfide, non si vince ne si perde. Non ci sono squadre, durante una partita i componenti di una squadra si mischiano con quella degli avversari, ci sono punteggi ma alla fine tutti hanno vinto e tutti hanno perso. Riprovo con calma. Vedi cugino Zheng non è una lettera d’amore a una maglia, è che quella maglia rappresenta qualcos’altro. È un artificio, qui sulla terra si chiamano figure retoriche, aspetta non andare a cercare su Google, non è importante. È una lettera d’amore per quando eri piccolo e gli altri giocavano meglio di te e tu hai cominciato tutti i giorni a fare ore di tiro nel canestro del giardino di casa. Una lettera d’amore per quella prima volta che sei stata convocata. Una lettera d’amore per tutte le tue compagne, anno dopo anno, faccia dopo faccia; quelle che hanno pianto con te, quelle che hanno riso e urlato per quella vittoria impossibile. Una lettera d’amore per come il tuo corpo può cedere e poi rinascere con tutta la sua forza e farti sentire invincibile. Una lettera d’amore per gli anni che sono passati come un soffio con il pubblico che ti ha acclamato, che ha gridato Sì! su quel canestro decisivo. Una lettera d’amore per tutto l’amore che nonostante tutti i lavaggi è restato incrostato sulla maglia. Su quella maglia. Mio cugino Zheng mi ha guardato allibito. Mi sono fermata con la mano in alto, aperta, come se stessi declamando una poesia. Ma che cos’è quell’acqua che ti scende da un occhio? Mi ha detto scuotendo la testa. Mi sa che questo soggiorno terrestre ti sta facendo molto male, mi ha detto cercando sineddoche in Google.


la foto del mese

VALENTINA GIULIETTI

QUANDO NON GIOCO VADO LO STESSO IN PALESTRA A FOTOGRAFARE LE MIE AMICHE MILANO I PREMI PER I VINCITORI SONO OFFERTI DA RUCKER PARK MILANO. WWW.RUCKERPARKMILANO.COM

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