Sala&Cucina magazine ottobre 2022

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Talenti veri: Giovanni Solofra e Roberta Merolli Il turismo infelice Antonello Magistà: lavorare in una sala di ristorante è molto bello Ottobre 2022 sala&cucina n. 63 ottobre 2022Poste Italiane SpaCN/BOEdizioni Catering srl –Via Margotti, 8 –40033 Casalecchio di Reno (BO)contiene I.P.costo copia euro 3,50 Claudio Di Bernardo un executive chef contemporaneo

LA REDAZIONE

Mario Benhur Tondini

presidente Edizioni Catering srl

Imprenditore nel settore della distribuzione alimentare, gestisce con il fratello Oscar l’azienda di famiglia a Cavriana (MN), dove ha svolto anche l’incarico di sindaco.

Le competenze maturate sul piano professionale e su quello amministrativo lo hanno portato alla convinzione che il principio della condivisione sia la miglior modalità di crescita. Molte sue iniziative, anche all’interno del gruppo Cateringross (che detiene la titolarità della casa editrice), di cui è consigliere d’amministrazione, vanno in questa direzione. A questo affianca una forte sensibilità per ogni azione che dia valore al suo territorio.

Luigi Franchi

Direttore responsabile

Prima fotografo di cibo e territori, poi comunicatore, autore di numerosi libri di enogastronomia e di turismo enogastronomico. e infine giornalista di enogastronomia. Tra le sue principali pubblicazioni, scritte e/o coordinate: La prima edizione della Guida al turismo del vino in Italia, per conto del Movimento Turismo del Vino, (1997), I parchi e il turismo enogastronomico (2004), Il marketing delle Strade del Vino edizioni Agra – Rai Eri (2005), Atlante Alimentare Piacentino, con Valentina Bernardelli (2007), “cuo chi, due anime in cucina”, con Alessandra Locatelli, GL.Editore (2009), Dalle Terre Traverse al Po, GL.Editore (2010), ideatore e coautore dei Maestri del lievito madre, Edizioni Catering (2014), coautore della guida online dedicata alla ristorazione Meglio Prenotare, Edizioni Catering, Le interviste (2018) editore Mediavalue. Co-direttore di Food & Book, festival nazionale di editoria enogastronomica luigifranchi@salaecucina.it

Marina Caccialanza

Redazione

Milanese, un passato come traduttrice, da diversi anni giornalista e redattrice per riviste del settore alimentare rivolte al mondo dell’artigianato e all’industria, in particolare nel campo della ristorazione, del dettaglio specializzato e della ricerca. Contribuisce alla realizzazione di importanti libri di comunicazione gastronomica in Italia e all’estero diretti ai professionisti e ai consumatori. Collabora con le redazioni di sala&cucina, Ecod e Trenta Editore.

Simona Vitali Redazione

Laureata in filosofia, ha lavorato nella comunicazione e organizzazione di grandi eventi a Parma.

Ha ricevuto una prima inconsapevole educazione al gusto per il cibo grazie all’ indimenticato oste dell’Osteria di Felino (PR), il nonno materno Massimino. Con gli studi umanistici è poi arrivata una seconda, consapevole, educazione al gusto per l’utilizzo delle parole secondo il loro significato. Poi sono seguiti un corso di Alta Formazione alla scuola Holden e un master in Filosofia del cibo e del vino. Della ristorazione l’affascina il pensiero e la componente umana. Della formazione di settore segue movimenti ed evoluzioni.

marina.caccialanza@gmail.com

Giulia Zampieri

Redazione

Ricorda con esattezza il profumo del primo pane preparato all’età di sette anni.

Forse il suo primo traguardo e, soprattutto, l’inizio di una grande passione: per le cose semplici, per la genuinità, per gli alimenti che crescono e prendono forma. Dopo la Laurea in Scienze Gastronomiche, la specializzazione in comunicazione enogastronomica, e un periodo di alternanza nelle cucine, ha chiara la missione: scrivere per comunicare. Come? Utilizzando gli strumenti di oggi e la curiosità di sempre. Gionalista pubblicista, collabora anche con le guide del Gambero Rosso e Identità Golose.

giuliazampieri@salaecucina.it

s.vitali@salaecucina.it

Gabriele Adani Grafico

Modenese, appassionato di arte figurativa, fotografia e linguaggi di comunicazione visiva.

Nel 1992 inizia il suo percorso professionale presso una casa editrice. Lavora poi in uno studio grafico e fonda una piccola agenzia di comunicazione in cui ricopre il ruolo di direttore creativo per 18 anni.

Viaggiatore, utilizza i frequenti viaggi a Londra e nel Sud Est asiatico per arricchire il suo bagaglio culturale e placare la sua innata curiosità per le altre culture.

Dal 2019 lavora in proprio, occupandosi di fotografia, grafica e consulenze nel campo della comunicazione.

grafica@salaecucina.it

benhurtondini@salaecucina.it
4 | ottobre 2022

7 LETTERA APERTA

Cosa posso fare per il mio bene e di tanti? | Luigi Franchi

9 EDITORIALE

La ristorazione ha un valore inespresso | Benhur Tondini

10 PARLIAMO CON

Claudio Di Bernardo | Luigi Franchi

15 VENDI CON SUCCESSO

Ami ancora il tuo lavoro? | Lorenzo Dornetti

17 OSPITALITÀ

Vuoi optare per il children free? | Martina Manescalchi

19 L’OLIO AL CENTRO

Parola chiave: formazione | Luigi Caricato

20 FARE RISTORAZIONE

Talenti veri: Giovanni Solofra e Roberta Merolli | Simona Vitali

24 TURISMO

Turismo infelice | Giulia Zampieri

26 IN SALA

Antonello Magistà: lavorare in una sala di ristorante è molto bello | Luigi Franchi

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FORMAZIONE

Senigallia, le Marche: cuore d’Europa | Simona Vitali

FARE RISTORAZIONE

La cucina di Giuseppe Lamanna e Lina Ma a | Giulia Zampieri

FARE RISTORAZIONE

La bellezza che fa accoglienza | Simona Vitali

48 AMODO Presentazione

49 AMODO

Antichi Sapori, Cibus, Locanda de Banchieri | Luigi Franchi

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EVENTI

Le tappe del Circuito Ristogolf 2022 by Allianz

56 DISTRIBUZIONE

Bergel+EXPO | Luigi Franchi

58 PRODUZIONE

Hospitality Day 2022 | Guido Parri

68 NICCHIE

La Mela Rosa Romana dell’Appennino Tosco-Emiliano | Bruno Damini

N° 63 ottobre 2022

EDITORE

Edizioni Catering srl Via Margotti, 8 40033 Casalecchio di Reno (BO) Tel. 051 751087 – Fax 051 751011 info@salaecucina.it - www.salaecucina.it

PRESIDENTE Benhur Mario Tondini benhurtondini@salaecucina.it

DIRETTORE RESPONSABILE Luigi Franchi luigifranchi@salaecucina.it

COLLABORATORI ESTERNI

Paolo Baracchino, Luigi Caricato, Bruno Damini, Lorenzo Dornetti, Martina Manescalchi, Elena Monteverdi, Guido Parri

FOTOGRAFIE

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PRODUZIONE

Menodiciotto | Luigi Franchi

PRODUZIONE

Nuove “Linguine di verdura, piselli e lenticchie”

Laboratorio Tortellini ® | Marina Caccialanza

PRODUZIONE

Esperienza pandemia e post pandemia | Marina Caccialanza

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Riso Nuvola, tra consolidazioni e futuro | Elena Monteverdi

82 FARE RISTORAZIONE

Firenze e l’apoteosi del territorio | Marina Caccialanza

86 PIZZERIE

Rosso di Sera…e la pizza è servita! | Marina Caccialanza

89 NOVITÀ

I preparati surgelati di Centro Carni Company | Guido Parri

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PRODUZIONE

I Funghi porcini dello Chef | Guido Parri

ABBINAMENTO

Hummus di ceci, composta di limone, verdure croccanti e chips di quinoa” abbinato al vino Nerina 2021 | Paolo Baracchino

Fotografie: Archivio sala&cucina, archivio Grand Hotel di Rimini, Lorenzo Moreni, Giorgio Salvatori, Francesco De Marco, Paolo Ciaberta * L’editore è a disposizione per eventuali crediti fotografici di cui si ignora la fonte

RIVISTA PARTNER dell’Associazione

PUBBLICITÀ

Tel. 331 6872138 marketing@salaecucina.it www.salaecucina.it

PROGETTO GRAFICO Gabriele Adani - www.gabrieleadani.it

STAMPA

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TIRATURA E DISTRIBUZIONE – 28.900 copie Ristoranti, trattorie e pizzerie 20.700 – Bar, pub e birrerie 4.000 – Hotel 3.100 – Grossisti e distributori f&b 1.100

Costo copia mensile: 3,50 euro abbonamento annuo 30,00 euro

Per abbonarsi: info@salaecucina.it

veri: Giovanni Solofra e Roberta Merolli turismo infelice Antonello Magistà: lavorare in una sala di ristorante molto bello Claudio Di Bernardo un executive chef contemporaneo
SOMMARIO Talenti
Il
è
Ottobre 2022 sala&cucina 63 ottobre 2022 Poste Italiane Spa CN/BO Edizioni Catering srl Margotti, 40033 Casalecchio Reno (BO) contiene I.P. costo copia euro 3,50
5| ottobre 2022

Ideato assieme allo Chef

DELLA FRITTURA CAMBIA PER SEMPRE.

LA SOLUZIONE CHE CHEF E RISTORATORI

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Cosa posso fare per il mio bene e di tanti?

Non sono un meteorologo, non sono uno scienziato, sono un normale cittadino di questo paese che ha la possibilità, grazie alla rivista che dirigo, di dire la sua sul mondo della ristorazione sicuramente, ma anche in quale mondo stiamo vivendo tutti, ognuno troppo spesso chiuso nel bozzolo della casetta in proprietà. Il tutto mentre intorno a noi è in atto un cambiamento a ritmi vertiginosi e con scarsissimo autocontrollo. Quell’autocontrollo che spetta a noi, a ogni nostro comportamento.

Mentre scrivo è il giorno della disgrazia marchigiana: una bomba d’acqua che ha messo in ginocchio mezza regione e ha causato la morte di diverse persone. Cosa aspettiamo a capire che questo fenomeno non è casuale? Che il cambiamento climatico non è una fake-news? Ci dibattiamo ancora tra teorie che sostengono che sono fenomeni naturali, che avvenivano anche nei secoli scorsi. Teorie stupide, che non tengono conto di un cambiamento radicale causato dall’uomo nell’arco degli ultimi duecento anni e che, mai come in questa estate, ha mandato segnali che vanno colti in fretta.

A tutti i livelli, anche nel comportamento dei singoli perché non è vero che il nostro agire quotidiano non incide. Non è vero che la raccolta differenziata non serve. Come non è vero che ottimizzare i consumi, rendendoli più confacenti all’intelligenza umana non sia una strada percorribile.

Ogni nostra azione è un piccolo contributo a migliorare o a peggiorare la situazione. Restiamo nell’ambito della ristorazione, visto che è il nostro lavoro: ha un senso mangiare tanto? Hanno un senso quei locali all you can eat così pieni di gente che si abbuffa a un costo ridicolo? E hanno un significato quei ristoranti che guardano i dieci centesimi in meno sulle materie prime, sapendo che daranno ai loro clienti cibo scadente che produrrà solo malcontento per non dire di peggio sul piano della salute?

Impossibile cambiare le cose! Me lo sento già dire da qualcuno che leggerà questo articolo. Invece no!! Cambiare è possibile se ognuno di noi elabora un pensiero minimale: cosa posso fare io per il mio bene e di tanti. Il benessere è una cosa che ci è data, non ce lo può togliere nessuno in una nazione democratica. Non è un problema di soldi il benessere, è un problema di testa.

Non è che non si può andare in un ristorante dove si mangia il giusto, correttamente, e si viene accolti come persone! Basta andare due volte di meno in un all you can eat e i soldi per una cena come Dio comanda saltano fuori. E, credetemi, è mille volte più bello! Come è bello contribuire tutti al bene comune, cercando di ridurre sprechi, facendo una spesa intelligente ma, soprattutto, cercando di dialogare con gli altri; esperienza sempre più rara e demandata ai social. Dialogare permette di mettere in rete esperienze, opinioni, modalità diverse di affrontare le situazioni; ci consente di avere e di dare consigli per migliorare questo modo che continuerà ad esistere anche senza di noi.

Forse abbandonare l’egoismo che ci fa dire che la transizione ecologica è un processo talmente lungo che non ne vedremo i risultati e pensare invece che servirà alle nuove generazioni è il primo passo da fare, anche mentre andiamo al ristorante.

luigifranchi@salaecucina.it

Luigi Franchi direttore responsabile clicca e leggi l’articolo sul web
LETTERA APERTA
7| ottobre 2022

La ristorazione ha un valore inespresso

“L’estensione del credito d’imposta alle imprese non energivore è un primo fondamentale passo per affrontare nell’immediato l’emergenza che stiamo vivendo. Avevamo anche chiesto di portare la percentuale di copertura dei costi extra al 50%, ma per ora pare che le risorse non permettano di andare oltre il 30%. Dopo due anni di pandemia e di lavoro a singhiozzo, le imprese della ristorazione sono di nuovo in gravissima difficoltà a causa dell’impennata dei costi dell’energia, delle materie prime e di un’inflazione fuori controllo. Ci auguriamo dunque che il prossimo governo prenda subito di petto la questione energetica intervenendo urgentemente con ulteriori misure”.

Quella che avete appena letto è la dichiarazione della FIPE – Federazione Italiana Pubblici Esercizi in merito al decreto Aiuti-ter approvato nelle scorse settimane. È il segnale di quanto stia subendo il settore della ristorazione dopo questi due anni di pandemia, ma è anche un campanello d’allarme rispetto a ciò che, probabilmente, ci aspetta nel prossimo autunno se i costi dell’energia non saranno riportati ad un livello accettabile.

Come stanno reagendo i ristoratori a questo problema? Problema che, non dimentichiamolo, riguarda tutti noi: imprese e privati cittadini.

In modo scomposto dichiarando di chiudere dal lunedì al giovedì; affermando che così non si può andare avanti; mettendo le bollette sui social. Argomenti che

contengono sicuramente un fondo di verità, ma che dimostrano allo stesso tempo la fragilità di un settore che è ancora troppo poco imprenditoriale. È nei momenti di crisi che si dimostra la capacità di un’impresa; lo dicono e lo scrivono da tempo immemore tutti quelli che si occupano di gestione d’impresa.

Quindi non è chiudendo per più giorni che si risolvono i problemi, anzi, in quel modo si perdono inesorabilmente i clienti. Non è esponendo sui social le bollette che si attirano più clienti; in quel modo il cliente pensa subito che in quel ristorante i prezzi aumenteranno a dismisura.

Quello che è necessario è condividere, diventare forti, essere una realtà produttiva importante, indispensabile direi, affinché i clienti, tutti i clienti, non considerino il ristorante come un vezzo di cui si può anche fare a meno. Non è così, la fine della pandemia lo ha dimostrato; il 18 maggio 2021 lo ha evidenziato. Diventare una realtà produttiva importante significa raccontare quanto muove un ristorante: per il turismo, per l’agricoltura, per l’agroindustria e la distribuzione. Fare in modo che questi dati emergano significa non fare più battaglie di retroguardia ma essere riconosciuti e apprezzati per il lavoro che portate avanti. Per fare questo occorre avere il tempo, la voglia, la forza di incontrarsi tutti, fare della filiera della ristorazione un movimento di persone e di idee in grado di migliorare anche la società, perché mangiare bene, mangiare giusto è un beneficio sociale per tutti. Quindi, al posto della bolletta sui social mettete quello che sapete fare e dire, ma non per prendere like autogratificanti, bensì per far riflettere chi vi segue sul valore del vostro lavoro.

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benhurtondini@salaecucina.it
EDITORIALE
9| ottobre 2022

Oggi

Parliamo con… Claudio Di Bernardo, executive chef e f&b manager del Grand Hotel di Rimini che, in questa intervista, racconta come i numeri siano altrettanto importanti dei buoni piatti. Autore: Franchi Lo chef Claudio Di Bernardo l’articolo
è fondamentale saper gestire un business plan PARLIAMO CON
Luigi
Claudio Di Bernardo UN EXECUTIVE CHEF CONTEMPORANEO www.grandhotelrimini.com
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sul web 10 | ottobre 2022

Abruzzese d’origine, romagnolo d’adozione, Claudio Di Bernardo ci tiene a definirsi, prima ancora che executive chef o f&b manager, un uomo che guarda ai numeri, per cui nutre una vera e propria passio ne. Uno chef contemporaneo quindi, stando anche alle recenti affer mazioni che Ferran Adrià ha rilasciato in un’intervista a El Mundo dichiarando che “oggi è fondamentale conoscere prima i numeri e poi gli ingredienti. Inoltre, dare importanza al business plan e imparare a gestire oculatamente una cucina, che è come una piccola città”. Per Claudio Di Bernardo è così da sempre, ma lasciamo che ce lo racconti lui stesso.

Un po’ della tua storia professionale, per cominciare… “Lavoro da quando avevo sedici anni. Ho frequentavo l’istituto alber ghiero di Pescara la cui sede era nel Grand Hotel della città; la stanza del preside era, in origine, la camera dove dormì Vittorio Emanuele III. Era un mondo che mi affascinava, con le sue storie leggendarie. Al termine della scuola il primo impiego fu al Grand Hotel Montesilvano, prendevo 300.000 lire al mese, sufficienti per acquistarmi la Vespa. Era il 1982. Quelli erano i motivi che, allora, mi spingevano a fare questo mestiere, la mia passione, però, era la musica. Infatti, mentre frequentavo l’alberghiero andavo anche al Conservatorio e mi esibii con l’Orchestra Città di Pescara, vincendo anche premi internaziona li. Questo aspetto mi ha aiutato molto nella mia professione perché far parte di un’orchestra ti insegna molte cose sull’organizzazione, di cui sono un fanatico. Infatti dico sempre che il piatto viene dopo, se tu non sei organizzato in una cucina puoi fare il piatto più buono del mondo ma questo non uscirà mai come dovrebbe. Oggi ci sono molti punti di riferimento per chi vuole fare lo chef, ai miei tempi no. Esistevano solo un paio di situazioni, la più importante era a Milano, in Via Bonvesin de la Riva, da Gualtiero Marchesi. Tutti volevano an dare lì, anch’io, ma il destino ha preso un’altra strada e mi ha portato in Romagna. Era il 1990 quando incontrai Gino Angelini al Grand Hotel des Bains a Riccione che era in fase di ristrutturazione e lo chef doveva fare la brigata. Ci entrai come stagista, per sette mesi ho preso i soldi che mi ero guadagnato prima e li ho spesi, in alloggio e vitto, in questo stage formativo. Poi ho fatto una stagione per guadagnare e finanziarmi altri stage fino a quando non sono arrivato alla cor te di Gualtiero Marchesi, nel suo primo ristorante di Londra, il The Halkin, che si avvaleva della sua consulenza. Ci sono rimasto sei mesi, poi sono tornato a fare le stagioni, fino a quando ho iniziato a lavorare per il gruppo Accor in Italia e lì ho imparato cosa vuol dire gestione manageriale di una cucina. Accor è una holding francese che conta più di 5.000 alberghi nel mondo, con un milione di camere e centinaia di punti di ristoro. È stato lì che ho capito l’importanza dei numeri, dei fogli excel in cucina. Questo mi ha portato a fare una scelta: lavorare nella ristorazione d’hotel, con l’esperienza tecnica co stantemente aggiornata e i numeri che rendono efficace il lavoro in cucina. Esperienza che mi ha permesso di venire a lavorare qui, al Grand Hotel di Rimini, un’icona dell’ospitalità italiana. Sono qui da vent’anni, cioè da quando una cordata di imprenditori rilevò la strut tura e si mise a cercare uno chef che assolvesse anche alle funzioni di food&beverage manager. Il direttore e amministratore delegato di

11| ottobre 2022

allora era Heinz Rudolf Fritz, colui che ha portato Heinz Beck al Rome Cavalieri Hilton. Ancora oggi faccio fatica ad applicare in toto tutto quello che mi ha insegnato e di cui lo ringrazio moltissimo. In un secondo tempo è arri vato il signor Batani, la cui famiglia è ancora proprietaria del Grand Hotel e di altre 11 strutture di cui una in Ro mania, che ha acquistato tutto lasciando l’organizzazione com’era e questa è stata la sua vera forza”.

Cosa si prova ad essere ogni giorno in scena nel cuore di una struttura che è valsa un Oscar a Federico Felli ni con il suo Amarcord?

“Lo hai appena detto; è come essere costantemente in scena e, ogni giorno, doverla migliorare. Però con una differenza: non è recitazione ma verità! Bisogna essere sempre pronti, preparati perché la responsabilità è molto grande. Ci sono molte persone che dipendono da me e, quindi, io per primo devo dare l’esempio. Tutti i giorni devo portarli a raggiungere un obiettivo, non prevarico, lascio molta libertà d’azione ma baso tutto il mio lavoro sul controllo, per me è basilare”.

E gli ospiti che vengono qui vivono la fascinazione di questa struttura?

“Si e ti dico anche un’altra cosa, senza problemi: ci per donano anche qualcosa grazie al fatto che questo è l’hotel dei sogni, una dimensione vera, non c’è un filo di carton gesso in tutta la struttura. L’hotel sconta i suoi anni ma gioca anche tutte le sue carte sull’empatia verso gli ospi ti. I feedback positivi principali sono, infatti, sull’empatia che il personale mostra verso i clienti piuttosto che sul perfezionismo esasperato”.

La ristorazione d’hotel tornerà mai più ad avere il ruo lo che ha avuto nei decenni scorsi sull’affermazione della ristorazione come elemento fondante del vivere quotidiano?

“Secondo me si! Quali saranno i nuovi scenari? Quali i nuovi servizi di cui le persone avranno bisogno? Do mande forse un po’ troppo grandi per avere una rispo sta da uno chef, ma sempre di più la consapevolezza che stiamo entrando in un mondo nuovo è avvertita da tutti. Stamattina, mentre venivo al lavoro, davanti all’edicola ho trovato una locandina che riportava qualche titolo dei quotidiani. Mi ha colpito uno di questi che recitava: Albergatore, dieci euro al giorno se vuoi l’aria condizio nata. Sono venuto al lavoro e ne ho parlato con il diretto re. Quello è un servizio, mi ha detto, deve essere pagato come si paga un caffè. Cosa voglio dire con questo? Che andare in un ristorante d’hotel deve essere una scelta e non un’imposizione, così come tutti i servizi non indi spensabili che, per l’hotel sono un costo come lo sono

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per l’ambiente, vanno pagati. Se il Grand Hotel decide di avere tre ristoranti - uno gourmet, uno tradizionale e un bistrot – fa una scelta vincente perché offre all’ospite diverse modalità di servizio in funzione di come si sente quella sera. Soprattutto la ristorazione d’hotel deve es sere accessibile, con più servizi, più comunicazione, niente staticità di orario, accattivante per le propo ste. Promuovendola come abbiamo fatto noi quest’estate, dando vita al Festival Gourmet che ha avuto centinaia di adesioni, con sedute a tavola, ogni sera con un tema e invitando i produttori del territorio. Così come stiamo decidendo di aprire le porte all’esterno per il breakfast. Il breakfast è il servizio più lungo della giornata, dalle 7,30 alle 11,30, dove impiego otto persone più una che, alle cinque del mattino, si occupa dell’allestimento. Perché farlo solo per gli ospiti dell’hotel quando, appena fuori, ci sono tante persone che vorrebbero vivere questa espe rienza?”

Quali sono i tuoi compiti in questa struttura?

“Mi occupo della supervisione di tutto il reparto food& beverage, a cominciare dalle risorse umane sia nella for mazione che nella ricerca. Oggi governo una media di 100 persone tra sala e cucina. In questo sono aiutato dai vari capireparto. Poi mi occupo di tutto quella che è la linea ristorativa, food e servizio. Infine sono responsabile del conto economico del food & beverage: se va male è colpa mia e se va bene è merito mio. In una struttura di questo tipo le difficoltà più grandi sono nei cambi di stagione, da quella leisure al business; è qui che cambia tutto, le modalità di servizio, i menu, e quando le due stagioni, a giugno e settembre, si sovrappongono ci vuole molta più accuratezza”.

Il turista straniero cosa chiede alla cucina italiana? “Un po’ quello che immagina. Non mi vergogno di avere in carta uno spaghetto alla carbonara ma solo se fatto alla perfezione, perché cerca anche questo e cioè tutto quello che è nel loro immaginario dell’Italia.

Non cerca cucina di territorio, per lui l’Italia è terri torio. Ho, ad esempio, una bellissima carta degli oli che insegna a capire cosa è l’Italia, con le sue regioni. Mi serve molto a spiegare cosa vuol dire territorio per noi. Il nostro standard deve essere internazionale, con le migliori materie prime del mondo e dell’Italia. Tra qualche giorno è nostro ospite un sultano che viene per il moto GP di Misano: so che ama i gamberoni jum bo e io li devo avere, anche se gli acquisto una sola volta all’anno per lui. In pratica chiedono la tradizione italiana non l’innovazione”.

Come riesci a gestire gli acquisti, a parte la tua venten nale esperienza?

“Qui tornano i numeri. Vedere cosa succede nell’arco dell’anno aiuta, come aiuta, e lo faccio ancora oggi, stare tre mattine davanti al buffet del breakfast per capire cosa

togliere o mettere in carta a pagamento”.

Il personale, grande cruccio di questo periodo: qua li sono i problemi e quali soluzioni adottate qui al Grand Hotel?

“Cominciamo dai problemi: il mestiere dello chef è diven tato, all’occhio di tanti ragazzi, un mestiere artistico, un mondo immaginario che ci sta ma non è propriamente così. L’altro, di conseguenza, è tutto quello che i media hanno scritto di questo mestiere, in particolare che non è più faticoso come un tempo, invece lo è ancora tanto. Infine lo sfruttamento di cui, è brutto dirlo, ma si è un po’ abusato in questi anni. Noi cosa cerchiamo di fare nel momento in cui cerchiamo figure: Innanzitutto cercare di capire chi hai di fronte; a volte ci sono persone che vogliono dimostrare tutto e di più e che, in questo modo, rivelano la loro instabilità. A questi chiedo cosa vogliono veramente; perché lavorare qui, o in questo settore, signi fica, per prima cosa, imparare a organizzare la propria vita, le proprie giornate. Ogni persona nuova che viene qui ha un tutor per una settimana, poi lo stacco e, infi ne, la decisione da parte nostra. La ricerca che facciamo prevede minimo un anno di lavoro presso la struttura, con un contratto creato in base anche alle esigenze del lavoratore. Non a caso abbiamo cento persone, da noi non esiste che un dipendente sia in servizio dalla mattina alla sera”.

Grandi numeri e qualità costante: qual è il segreto? “Non avere inibizioni; perché non fare un piatto gourmet per settecento persone? Si può benissimo farlo. Basta scorporare la ricetta e rimetterla in maniera organizza ta. Si impiega lo stesso tempo e, forse, con minor fatica. Lo sperimentiamo ogni volta nella nostra banchettistica dove l’organizzazione è perfettamente oliata”.

13| ottobre 2022

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Ami ancora il tuo lavoro?

Il ristoratore è “oggettivamente” un lavoro difficile. È complesso perché chi vuole avere successo nell’impresa ho.re.ca. deve possedere un caleidoscopio di talenti. Gardner, il grande psicologo, direbbe che occorrono tutti i tipi di intelligenza. Faccio alcuni esempi pratici. Gestire un locale significa far quadrare i conti (intelligenza matematica), negoziare con i fornitori (intelligenza relazionale), motivare il personale (intelligenza emotiva) e creare piatti unici (intelligenza creativa). La lista di attività potrebbe proseguire per molte righe. Un lavoro difficile appreso nella maggioranza dei casi “on the road”, direbbero gli inglesi. Non esistono università per diventare imprenditore nella ristorazione. Tutti coloro che hanno la “serranda alzata”, nessuno escluso, sono diventati imprenditori per passione. Hanno imparato imitando i loro maestri. Sono diventati quello che sono costruendo, mattone su mattone, la loro attività, giorno dopo giorno. E forse questa forma di intelligenza è quella più preziosa, in una professione che si reinventa di continuo, è l’“intelligenza riflessiva”. La capacità di pensare su di sé e modificare il proprio comportamento per raggiungere un obiettivo. L’intelligenza da sola non basta. Il mondo è pieno di persone intelligenti che non realizzano nulla di concreto. Le persone che hanno successo nell’ho. re.ca. non sono solo intelligenti, sono estremamente motivate. È proprio questa voglia di fare, di arrivare, di superare sé stessi, di raggiungere i propri obiettivi che li stimola ad usare tutte le forme di intelligenza che possiedono per essere imprenditori di successo nel tempo. Gli studi sulla psicologia hanno studiato

in modo chiaro il rapporto tra intelligenza e motivazione. Le capacità intellettive sono stabili nel tempo. Se hai delle attitudini mentali, queste si manifestano sin dalla più tenera infanzia e restano piuttosto stabili, se coltivate nell’esperienza. I livelli di motivazione invece cambiano continuamente nel tempo. La spinta motivazionale è influenzata profondamente da ciò che accade intorno a noi. È questa demotivazione diffusa nel settore che mi spaventa, forse più delle oggettive difficoltà in cui gli operatori si trovano a lavorare da anni, per il covid prima e per la spinta inflattiva oggi. I ristoratori italiani sono intelligenti. Nessuno può metterlo in dubbio. I ristoratori italiani sono ancora motivati ad usare la loro intelligenza per superare anche questo periodo? La motivazione è come un elastico che va sempre teso al punto giusto. Se è poco teso, manca energia. Se troppo allungato, si spacca. E se molti avessero la corda della motivazione spezzata? Ne avrebbero tutte le ragioni. Il mio non è un giudizio. È solo una grande paura. Per affrontare i mesi che verranno i ristoratori italiani dovranno usare tutta la loro intelligenza, ma soprattutto dovranno essere motivati. Mettere il massimo della loro grinta, voglia e spinta. Essere motivati non significa negare i problemi, al contrario, significa affrontarli e trovare tutte le azioni possibili risolverli o mitigarne gli effetti. Tenere elevata la motivazione non è facile, soprattutto quando sembra che tutto il mondo voglia metterti i bastoni tra le ruote. Quando incontro un ristoratore intelligente e temporaneamente demotivato, con grandi successi alle spalle, di talento ma che sta pensando di mollare, chiedo sempre di rispondere a 3 domande. Raccontami come hai iniziato a fare questo lavoro? Com’era la persona da cui hai imparato? Mi descrivi il tuo locale come se ci stessi entrando? Spesso solo rispondendo si riattiva la passione e la voglia che accende la miccia dell’intelligenza. Chi mi risponde riscopre il suo perché. In un famoso libro di qualche anno fa, seguito da uno dei Ted Talk più visti al mondo, Simon Sinek afferma che “partire dal perché” è l’unico modo per attivare le aree più profonde del nostro cervello, quelle in cui ha sede la nostra forza interiore più grande. E tu, ami ancora il tuo lavoro? Quanto sei motivato a farlo, dando il meglio del tuo talento? Le sfide ci sono e sono immense. È innegabile. Ma senza motivazione, non potrai accendere l’intelligenza che ti porterà a risolverli e attenuarne l’impatto. Ricorda il tuo perché.

Lorenzo Dornetti ceo Neurovendita
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VENDI CON SUCCESSO
15| ottobre 2022

Vuoi optare per il children

Il fenomeno children free (o adults only) sta prendendo piede anche in Italia. Si tratta dei locali che scelgono di non accettare ospiti al di sotto dei 10 o 14 anni. Per differenziare il brand e diversificare i servizi destinandoli a un target ben preciso. E che, ovviamente, non manca di generare polemiche. Da una parte ci sono quei clienti che lamentano continuamente sui siti di recensioni la presenza di bambini urlanti e scorribande tra i tavoli e che richiedono espressamente ristoranti che non siano propriamente per famiglie, dall’altra movimenti e associazioni come l’Associazione Nazionale Famiglie Numerose hanno espresso indignazione verso un orientamento turistico percepito come discriminatorio. Questo anche, spesso, a causa di un gap di comunicazione da parte degli stessi locali. Si tratta di una policy e non di un divieto, dal momento che la legge non consente di vietare l’ingresso a… Semplicemente viene fatto notare al cliente che il ristorante non è attrezzato per ospitare bambini.

Girando per forum e siti di recensioni, infatti, spesso ci troviamo di fronte a racconti di esperienze piuttosto bizzarre. Prenotazioni rifiutate adducendo la scusa del tutto esaurito se viene dichiarato di avere con sè bambini piccoli, e accettate dagli stessi ristorante e negli stessi periodi se i richiedenti dichiarano di essere solo adulti.

Occorre quindi adottare una comunicazione efficace in modo da far comprendere pienamente l’origine delle scelte del locale e fare in modo che venga presa non come una discriminazione o mancanza di sensibilità, ma semplicemente per andare incontro a un target preferenziale che si intende favorire. Evitate, ad esempio, risposte definitive tipo Non è gradita la presenza di bambini o, peggio, Non accettiamo prenotazioni con bambini. Spiegate che non siete attrezzati a ospitare bambini, che il vostro ristorante è frequentato da una clientela diversa dalle famiglie e magari consigliate locali adatti nelle vicinanze. Siate sempre chiari, in modo da evitare situazioni spiacevoli per voi e per i vostri clienti, spiegando sempre che i vostri servizi sono destinati a una clientela di adulti. Questo vale sia per il sito ufficiale che per l’inserimento nei portali: specificate sempre la vostra policy. Questo sarà molto utile ad attrarre il vostro target e, allo stesso tempo, a evitare perdite di tempo e fraintendimenti con clienti, per così dire non desiderati. La comunicazione e la chiarezza nella scelta del proprio target sono fondamentali. Senza contare il fatto che in Italia la cultura della famiglia è molto più forte rispetto agli Stati Uniti o alle altre nazioni europee e per questo il rischio di incorrere in critiche e cattive recensioni è più alto. Il tentativo di accaparrarsi tutte le tipologie di clienti rischia però di non accontentarne veramente nessuna. Se sarete chiari nella comunicazione, le famiglie con bambini piccoli al seguito si renderanno conto che non si tratta del ristorante adatto a loro e, semplicemente, prenoteranno da un’altra parte senza problemi.

Martina Manescalchi Consulente e formatore Teamwork Hospitality OSPITALITÀ
free? Punta sulla comunicazione clicca e leggi l’articolo sul web 17| ottobre 2022
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Parola chiave: formazione

Parlare di formazione è sempre un bene, perché è la carta vincente in ogni professione. Mi riferisco soprat tutto alla formazione permanente, perché c’è sempre da apprendere, in qualsiasi momento e contesto. Non è un caso che la sesta edizione del Forum Olio & Ristorazione - che si svolgerà a Milano il 29 maggio 2023 - avrà quale tema portante proprio la formazione. La conoscenza degli oli da olive, ma in generale di tutti i condimenti, non è poi così diffusa tra gli operatori del canale Horeca, o comunque si presenta in modo imperfetto e frammentario. Non è un rimprovero, ma una constatazione. Succede. Anche gli stessi produt tori d’olio fino a qualche anno fa producevano senza consapevolezza, ignorando la natura stessa (soprat tutto quella sensoriale) dell’olio. Producevano senza conoscere (non tutti, ovviamente, ma la gran parte di loro sì). Poi, cos’è accaduto? Sono sorte le scuole di assaggio, la più antica è del 1983, fondata a Imperia, in Liguria: l’Onaoo, pronta a festeggiare il quaranten nale. A seguire tante altre realtà, tra cui Olea, fondata nelle Marche, a Pesaro, nel 1994. Queste e altre real tà hanno contribuito con i loro corsi a formare tanti professionisti assaggiatori. Capitava che molti olivicol tori, frantoiani e confezionatori ignorassero l’olio da loro stessi prodotto e commercializzato. Ovvero, sì, ne avevano conoscenza, erano a loro modo maestri, ma spesso ignoravano il profilo identificativo, non sape vano nemmeno comunicare le peculiarità, men che meno si preoccupavano di istruire intorno ai molte plici impieghi degli oli in cucina, o agli abbinamenti e al giusto dosaggio. Non si curavano di altro, se non

del produrre. C’era tanta ignoranza. Lo si vedeva dalle schede prodotto, dove nemmeno compariva il profilo sensoriale, o era così generico da risultare inutile. Poi c’è stato un radicale cambio di passo. La qualità degli oli è oggi notevolmente superiore: c’è una qualità sen soriale, nutrizionale. Sono oli più stabili, con una shelf life mai sperimentata in passato. Ecco cosa significa formazione: porta al cambiamento. La tanto vituperata Unione Europea ha investito tantissimo danaro finan ziando corsi per il miglioramento della qualità degli oli, proprio attraverso tante attività di formazione. I risultati si sono visti. Ecco, vorrei partire proprio da qui per dare il via a un processo analogo sul fronte oli nell’ambito della ristorazione. Oli così poco conosciuti e valorizzati, e soprattutto mal interpretati. La forma zione è necessaria perché mai si è avuta nel corso dei secoli una qualità degli oli di così grande portata. Non so se ci sia questa volontà, e se sia avvertita tale esi genza da parte dei ristoratori, chef e personale di sala compresi. Credo che ci si debba misurare con gli oli in modo differente rispetto al passato. La formazione nel le scuole alberghiere attraverso iniziative volontarie sta offrendo buoni risultati. Come la recente esperien za “Liscio come l’olio”, da una idea di Cristina Santa gata, di Santagata 1907, in collaborazione con l’Istitu to Bergese di Genova e la partecipazione di ben undici altri istituti. È stato valorizzato l’olio extra vergine di oliva in una ottica nuova, non solo come condimento, ma anche come ingrediente nella realizzazione sia di piatti della tradizione riattualizzata, sia di piatti crea tivi. Non basta, però. La formazione nella quale credo moltissimo, deve puntare soprattutto sugli addetti ai lavori, perché i risultati si devono vedere al ristoran te, nelle varie proposte. La formazione resta la parola chiave, ma non può essere occasionale ed episodica. Deve esserci una formazione permanente. Per essere ristoranti AModo, è necessario fare le cose a modo.

Luigi Caricato oleologo clicca e leggi l’articolo sul web
L’OLIO AL CENTRO
19| ottobre 2022
Autrice: Simona Vitali Giovanni Solofra e Roberta Meroli
FARE RISTORAZIONE Talenti veri: Giovanni Solofra e Roberta Merolli Entrambi ai Tre Olivi di Paestum; due stelle Michelin in un colpo solo
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Due anime in così profonda sintonia da porsi in conti nuità e completamento l’una dell’altra e diventare una sola anima, quella del ristorante che da tre anni a questa parte stanno forgiando a loro immagine. Sono proprio questo Giovanni Solofra e Roberta Merol li, rispettivamente executive chef e chef patissier, esper ta in lievitati, presso i Tre Olivi di Paestum, ristorante rivelazione del 2022 a insindacabile giudizio della guida Michelin, che gli ha assegnato - cosa inedita - ben due stelle contemporaneamente

“Ci siamo conosciuti - racconta Giovanni Solofra - la vorando alla Pergola dove ci esprimevamo ognuno in maniera ben identificata. E col tempo ci siamo integrati naturalmente. Quando lo stesso Heinz ci ha affidato il progetto di apertura del St George Restaurantby Heinz Beck di Taormina, dove abbiamo poi ottenuto la nostra prima stella Michelin, probabilmente già aveva colto che insieme esprimevamo un certo potenziale. Roberta è la parte più dolce di me, il confine fra noi non esi ste tanto al lavoro quanto nella vita, perché nel tempo siamo diventati una cosa sola. I nostri stessi palati si somigliano. I ragazzi sono abituati a farci fare il doppio assaggio senza temere di essere disorientati. All’occor renza io e Roberta ci sostituiamo e pure siamo di aiuto a vicenda nel trovar soluzioni a certe idee di non sempli ce realizzazione. La vera energia arriva proprio da qui”.

L’a ermazione del pensiero autonomo

Quando abbiamo preso il timone del St. George by Heinz Beck di Taormina, ci è stata data piena autono mia, semmai eravamo, come qualsiasi professionista, ‘condizionati’ in maniera positiva dal progetto ‘apria mo a Taormina, 100% stranieri (americani, anglosas soni...), persone che vengono lì da molti anni e hanno di Taormina, nel 5 stelle lusso, quell’idea di ospitalità basata ancora su caviale, astice, foie gras, anziché ter ritorio. Uscendo in sala e interagendo con il cliente, per sensibilità personale, ci siamo accorti che questi era pronto per un’altra tipologia di approccio. A quel punto non abbiamo avuto più paura. Quindi coltivi con coraggio l’anima pura di quello che hai dentro e se questo arriva al cliente ti senti libero e felice di po ter fare qualsiasi cosa e di essere compreso. Abbiamo vissuto la prima parte creativa lì col desiderio di voler rappresentare un territorio. Sono nati piatti come Fon tana o Pomodoro? In forma di domanda, occasione per spiegare alle persone di questi due artisti quan do magari difficilmente avrebbero associato cultura e cibo, o piatti come Butterfly effect, dedicato in decli nazione totale al cavolo truzzo, che notoriamente puz za, è brutto e non lo si mangia e qui si trasforma in farfalla. Questo per trasmettere il concetto di come si possa partire da una condizione e arrivare a una dia metralmente opposta.

Il processo creativo e le fonti di ispirazione

I nostri menù somigliano a noi, a quello che siamo nella parte più intima.

Non nasce mai un piatto fine a sé stesso per elogiare la tecnica, non nasce mai un piatto solo per la vanesia del mio pensiero, non nasce mai un piatto solo perché golo so. Nascono piatti di un’intimità unica, penso ad esem pio ai benvenuto che ho dedicato ai miei collaboratori, il “Parla come mangi” con tutte le frasi napoletane (omag gio alla mia terra)... per cui ballo con i mieidemoni ma faccio quello che mi piace, non che piace a qualcun altro. Si tratta di un’esperienza immersiva, quotidiana in cui, però, tutto è un punto di vista, un personalissimo punto di vista.

Nel nostro menù non si conosce un solo ingrediente. Tu arrivi e ti trovi davanti a una Scatola di bottoni oppure a What’s Zupp, che difficilmente può avere un simile in qualsiasi paradigma o diagramma mentale di quello che era o è la cucina. Per poternutrire questa tipologia di creatività la nostra alimentazione è ferrea: prima di tut to non seguiamo i social, volutamente non partecipiamo alle community di food, perché c’è una parte latente della nostra mente che si lascerebbe influenzare. Anche quan do credi di avere fatto la rivoluzione, semplicemente ti sei omologato a qualcosa che sta girando.Ciò non vuol dire che ci chiudiamo a tutto ciò che è stato il mondo, anzi, ai grandi nomi della cucina attuale che in manie ra autonoma l’hanno influenzata va dato atto assoluta mente ma crediamo che se c’è una propria personalità quella è destinata a venire fuori. Abbiamo sempre curato questa parte di noi, è un’alimentazione intesa proprio in senso mediterraneo antico, pre Ancel Keys. La nostra è una dieta di etica, di pensiero. Dobbiamo dare dei minuti importanti a tutto ciò che ci circonda. L’abbiamo sempre detto di essere un punto esclamativo al centro del Medi terraneo. Niente che è umano ci è estraneo. Quindi può influenzarci un incontro, un museo visto in giornata, le due ore al mare con Tecla, la nostra bimba con cui, giocando sul lungomare, abbiamo scoperto diverse erbe spontanee che stiamo utilizzando in cucina. C’è anche un altro aspetto da considerare ed è che io, Giovanni, perso nalmente dormo poco, leggo molto e spazio tantissimo nei generi: anche in un libro di Hermann Esse posso tro vare la chiave del nuovo menù.Alla luce di tutto questo, la creazione dei nostri piatti parte da un pensiero il più spontaneo possibile poi ci sono 20 anni di carriera che restituiscono una conoscenza importante della materia prima, una padronanza delle tecniche che attualmente possono aiutarci a creare un nuovo percorso di salute del cibo. Contemporaneamente siamo anche romantici, per cui ci fa piacere ascoltare tutto quello che questo terri torio ci sussurra all’orecchio. Sono nati piatti ispirati a storie incredibili come la zuppa di coccodrillo battezzata come What’s Zupp per un curiosissimo motivo.

21| ottobre 2022

“Da tempo - racconta Giovanni Solofra - ero alla ricerca della ricetta di un’antichissima zuppa cilentana, chiamata minestra spersa, quando una ragazza che lavora con noi in un altro reparto ha avuto l’idea di inserirmi in un gruppo di signore del territorio che, rigorosamente in dialetto, si mandano messaggi vocali tramandandosi tradizioni e modi di fare le ricette. Parlare con loro mi è stato molto utile per raccogliere elementi su questa zuppa che si prepara con diverse erbe del territorio, fra cui il coccodrillo. Questo mi ha ispirato di rappresentare la zuppa a forma di coccodrillo. Ho portato questo piatto ad alcuni eventi. Non sono immaginabili tutte le storie che la gente ci ha costruito intorno ‘Io non l’ho mai mangiato il coccodrillo. Ma com’è?’ e io per stare al gioco dicevo ‘Vi stupirà’. A parte questo lato giocoso che non disdegno mai, un giorno mentre chattavo con le signore ho realizzato che a partire dalla fine degli anni ‘90 la possibilità di mandare messaggi con il cellulare ha tagliato fuori mia nonna, mia mamma, uscite dalla comunicazione (mai manderanno una ricetta scritta via messaggio). Ora la sopraggiunta ultima frontiera di whatsapp è il vocale e con questo loro sono tornate in auge. L’operazione è semplicissima: basta schiacciare un tasto e parlare. La tradizione orale può vincere anche quella scritta, mi sono detto. Da qui l’idea di battezzare la zuppa come What’s Zupp, memorie moderne di una zuppa di coccodrillo, come omaggio alla tradizione orale dato che in cucina, nonostante abbiano ricettato pressoché tutto, non è possibile farlo con le zuppe. Un cespuglio di invidia riccia non sarà mai uguale, per simili piatti c’è una gestualità che va acquisita preferibilmente vedendo”.

La sacralità del pane secondo Roberta Merolli

“In questi anni - spiega Roberta Merolli - io e Giovanni abbiamo dibattuto spesso del pane, soffermandoci sulla quantità piuttosto che la varietà. Si è visto i panieri ridursi e concentrarsi su un’unica tipologia, in alcuni casi il pane è diventato una portata...Io ho sempre sostenuto che la nostra dev’essere una tavola italiana in cui potersi geolocalizzare, dove il pane ha un’importanza centrale, è veramente quasi sacro, tanto che la ferratella presente nel nostro paniere diventa quasi un rosone di una chiesa al centro della tavola.Prima di entrare nel merito del nostro paniere, ci tengo a dire che grazie a un’importante ricerca sul territorio abbiamo conosciuto Antonio Pellegrino, che porta avanti, a Caselle in Pittari, un progetto molto importante di custodia dei grani cilentani. Ha pure una biblioteca del grano, che è tra le più grandi d’Europa. Devo dire che, a prescindere dal tecnicismo, ciò che più mi ha colpita in questi anni nel lavorare le farine è l’aver riscoperto il profumo del pane. Nel nostro paniere non manca il pane a lievitazione naturale, la baguette 100%

Genesi della zuppa di coccodrillo denominata What’s Zupp What’s Zupp
22 | ottobre 2022

integrale, la ciabatta di semola (in Campania i pani di semola sono molto importanti), la focaccia all’acqua di pomodoro (acqua che recuperiamo da una produzione di pomodori che utilizziamo per altre lavorazioni, progetto nato in Pergola, un pezzo di storia della mia crescita che mi sono voluta portare dietro)e poi tutta la parte secca: il tarallo napoletano, il grissino che è veramente un omaggio alla farina, semplicissimo, quasi senza sale, dove si sente il sapore e il profumo della farina, la ferratella che è il simbolo della mia terra, l’Abruzzo, che io porto sempre in maniera fiera, quasi prepotente, sulla mia tavola. Poi nel non confine c’è il companatico, quindi gli intingoli, gli oli, la selezione dei Sali: veramente non c’è confine tra cucina e pasticceria, ai Tre Olivi non esiste questa suddivisione”.

L’arrivo di Tecla

“Tecla si è affacciata alla nostra vita giusto a partire dal momento in cui la Michelin ci ha chiamato per invitarci, senza specificare il motivo, alla conferenza stampa che avrebbe portato la prima stella al St George. All’indomani abbiamo appreso che saremmo diventati anche genitori. Da quel momento lei c’è sempre stata, testimone dei nostri passaggi importanti. A pochi mesi dalla nascitaci confida Giovanni Solofra - a fronte di una mamma felice e di una chef insoddisfatta abbiamo fatto in modo che Roberta tornasse al lavoro. Si parla spesso di donne in cucina, chiediamoci come fanno le mamme in cucina. La nostra vita è evidentemente cambiata e noi stiamo imparando a riadattare tutto questo. Abbiamo capito che avevamo bisogno di una tata con noi, in casa, e pure che tutti gli elementi della nostra vita dovevano fondersi se no il tempo sarebbe stato sempre troppo poco. Chi fa il nostro mestiere, più che mai, deve imparare a dare qualità al proprio tempo. Tecla, dal canto suo, sembra avere già capito il ruolo di papà. Al mattino le preparo una coccola nella bottiglietta, lei mi guarda e dice ‘troppo

caldo!’ oppure ‘troppo freddo, un po’ più caldo!’. È la mia prima cliente della giornata! Ci tengo a dire che un’altra bella rivoluzione di cucina l’ho fatta quando sono diventato papà, perché ho dovuto cucinare senza sale e quindi ho aperto una nuova percezione del sapore. Il carrello vegetale di oggi è migliorato grazie a questo. Abbiamo scelto di mandare Tecla in una country school dove ci sono caprette, galline e pure hanno già fatto ricottine e marmellate. Ecco, lungo quel tragitto io ne approfitto per fermarmi a raccogliere finocchio selvatico, fiori di borragine... Non esiste un’altra vita. O è tutto così emozionante oppure non siamo noi”.

Non resta che una domanda alla quale chiediamo a Giovanni e Roberta di rispondere singolarmente: cos’è per voi la visione? Roberta: “ D’istinto direi che la visione è il non avere confine”.

Giovanni: “ Certamente sono d’accordo con Roberta e aggiungo che è coraggio, forza, quell’attimo di forza in cui ho bisogno di buio, cioè non vedere, e disegnare con i miei occhi liberi”

Ognuno tragga le sue conclusioni ma prima provi di persona questa esperienza in cui il pensiero è la leva più potente. Limitarsi a valutare l’estetica di piatti impeccabili o il gusto è il caso di dire che qui non basta. Due chef segnano il passo e ci invitano a cambiare registro di valutazione.

paniere Interno dei Tre Olivi
Il

Turismo infelice

Il dramma dell’incuria collettiva versus progetti e pensieri che promuovono un turismo sostenibile

Una piccola confessione: in origine era turismo gentile. Poi, complici le immagini estive, il sovraffollamento oltremisura visto in alcuni luoghi, l’incuria dei turisti, italiani o stranieri che siano, insomma la sostituzione con turismo infelice è venuta spontanea. Per non parlare della plastica: una maledizione che è inesorabilmente intrecciata al turismo di massa e sta calando, stagione dopo stagione, ombre permanenti sui nostri luoghi. Cos’è che sta accadendo sotto i nostri occhi? Chi si sta adoperando per correggere tutto questo?

Il paradosso dell’isola

Un’immagine mi percorre la mente, prima di qualsiasi altra, quando oggi penso al turismo nei mesi estivi. Ve la racconto quasi come se fosse una (drammatica) storia.

Una fila di barconi stracolmi di persone (parliamo di centinaia e centinaia), con la musica assordante, attracca sulla costa di una bellissima isoletta del Mediterraneo. Subito dopo riversa attraverso grandi scivoli fiumi di teste su docili distese di mare cristallino. Fino ad allora era bellissima quella distesa d’acqua, percor-

Autrice: Giulia Zampieri
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TURISMO
24 | ottobre 2022

sa da colori calamitanti, dal turchese al verde. Persino dall’aereo o dal satellite se ne rimaneva abbagliati. Quello stesso mare, minuto dopo minuto, impotente, si trova a dire addio al suo ecosistema e a quei mera vigliosi colori. Ormai è rassegnato: anche quel giorno è destinato a sporcarsi, riempirsi di oggetti, mozziconi di sigarette e altri souvenir omaggiati dall’uomo. Pic coli oggetti depositano sul fondale o galleggiano qua e là, quasi fossero parte naturale della scenografia. Di quell’invasione farebbe volentieri a meno, il mare. E forse, a guardarli bene, non sono felici nemmeno gli umani appena approdati sull’isola. Irritati, sofferenti, infelici, accalcati. Ignari e incuranti, oltretutto, che la sabbia e gli scogli su cui poggiano, su cui stanno consumando le proprie vacanze è il racconto di intere ere geologiche (ci ricorderebbe, con la profondità che lo contraddistingue, l’esperto di storia mediterranea Alessandro Vanoli).

Non finisce qui però, la storia. Perché l’uomo contem poraneo ha un gran bisogno di sfruttare la bellezza dei luoghi. Vuole fare business fin dove ce n’è. E pensa: “Prima o poi la gente dovrà saziarsi e dissetarsi, no?” E allora, su quella meravigliosa isola pressoché disabi tata (conta solo due abitanti) sono schierati all’ingres so, proprio dove approdano le barche per l’escursione giornaliera, una fila di food truck rumorosi e sbrilluc cicosi. Sono pieni di cibo, bevande in lattina o in vetro

e generano rifiuti su rifiuti gestiti alla bell’e meglio. E poi, poco più in là, il pezzo forte: una squadra di ragaz zi svuota a ritmo incessante ananas per ricavarne dei bicchieri da cocktail.

Se ne vedono cassette su cassette, tutte impilate, ar rivano dalla Costa Rica. Dicono che “tanto l’ananas è biodegradabile”, e ne vendono a migliaia, a dieci euro l’uno. Poco più in là ancora cannucce, scheletri e ciuffi d’ananas costaricense disseminati sul manto inerme di un’isola del Mediterraneo. Sulle rocce, tra gli ar busti, sui sentieri, in prossimità dell’acqua, ovunque. L’isola quasi disabitata del Mediterraneo è diventata piena di tutto… fuor di quello che vorrebbe avere. Per qualche mese sarà casa di frutti che non le apparten gono e di uomini che non parlano la sua lingua.

Un dramma collettivo

È davvero questo il mondo che vogliamo? È davvero il genere di turismo che può far bene al pianeta? Il dram ma è che quello sopracitato non è un’eccezione. Il tu rismo di massa prende molteplici forme a seconda delle località, del periodo dell’anno, e interessa ormai anche svariati angoli del nostro Paese. E se vi dovesse essere già evidente, perché ormai lo notate da anni, fa bene ricordarlo ma farebbe ancor più bene cambiare le nostre priorità.

A me ne viene in mente un altro, tra i tanti, di esem pio: un piccolo borgo di pescatori, intimo, cullato da un’aria leggera, in cui si cenava con del pesce buonis simo, tutto tinto di bianco e di blu, in cui il tempo sem brava infinito. Negli ultimi anni è stato dato in pasto ai turisti e non ha più quiete né magia. E i comunicatori, i promotori, hanno le loro colpe. Possibile che non ci si chieda: sì, ma poi, cosa resta?

Pensiamo alle nostre riviere, alle coste del meridione italiano, alle isole maggiori… e a quelle minori: quanto

viene stravolto il loro volto per dare spazio ai turisti nei mesi caldi? Ragioniamo sulle ferie degli italiani e su come organizziamo le permanenze degli ospiti stranieri: c’è una corretta distribuzione del flusso tu ristico? Le nostre piccole e grandi città sono in grado di sostenerlo? E poi, per soddisfare certi numeri, non stiamo mettendo a repentaglio la nostra identità e la salute dei nostri luoghi?

Vediamo sempre più spesso piccoli borghi (non tutti, grazie al cielo) trasformati in centri commerciali all’a perto. Le botteghe artigiane stanno lasciando spazio a negozietti stipati di oggetti inutili che non hanno a che fare con le nostre tradizioni. I ristoranti sfoggiano menu che non raccontano le culture gastronomiche regionali ma promettono piatti “italiani” e menu tu ristici a prezzi vantaggiosi. La sera, su questi luoghi, di ritorno dal mare, la gente passeggia ammassata. Si pesta i piedi mentre si guarda intorno spaesata, sen za sapere di cosa ha voglia. L’indomani, dopo la lunga notte d’estate, si fa presto il conto: resti di bottiglie, carte, contenitori di cibo lungo le vie che qualcuno do vrà raccogliere.

Anche le comunità sono stanche. Ripenso a un pesca tore di Procida che, sconfortato, qualche mese fa mi ha confidato di non poterne più: non riconosce più il luogo in cui è nato, l’isola in cui tutta la sua famiglia ha vissuto. E che Procida, tutto sommato, non è ancora in overdose turistica come lo sono altre sue consorelle. Dove sta il futuro in questo modo di vivere e impegna re il nostro tempo? È davvero questo che intendiamo quando diciamo che l’Italia potrebbe vivere di turismo?

Un problema destagionalizzato

Guai però a pensare che il problema sia solo estivo. Pensiamo alle nostre montagne appena si affaccia la prima neve: in marcia, tutti in marcia, a scendere dalle

dorsali alpine! Lì non ci saranno più gli ananas ma altri sgraditi souvenir lasciati accidentalmente sulle piste e nei dintorni (che poi riaffiorano in estate, sui prati verdi delle nostre Alpi). E poi pensiamo ai milioni di metri cubi d’acqua impiegati per produrre neve artificiale. Circa 95 milioni l’anno per l’intero arco alpino, come ricorda Michil Costa, una persona che andrebbe letta e ascol tata da tutti, soprattutto da chi prende decisioni. Nel suo FuTurismo, un libro che è un accorato appello contro la monocoltura turistica, ce n’è per tutti: per i tour operator, le strutture alberghiere, i turisti. Per l’uomo tutto, quan do è incivile, prepotente e si dimostra per la sua scarsa intelligenza, per il suo egoismo; quando dà il meglio di sé nel suo essere ospite offensivo, incurante dei luoghi. Michil Costa nell’hotel di famiglia, La Perla di Corvara, quest’anno ha pensato di stimolare le condotte sostenibi li dando un premio, per esempio regalando una notte di pernottamento qualora l’ospite non utilizzi l’auto duran te il suo soggiorno. Parlandone con Silvia Livoni Colom bo, l’ideatrice di Bike Hub ® (vi spieghiamo sotto di cosa si tratta), conveniamo che questo percorso dovrebbero intraprenderlo molti albergatori, e in generale tutto il set tore dell’accoglienza. Perché premiare il comportamento virtuoso, realmente virtuoso e sostenibile, educa. Non è immediato ma è un’azione, a cui ne consegue un’altra, poi un’altra ancora… E se gestito nel modo giusto è anche più profittevole.

Un progetto turistico positivo

Se da un lato è sconcertante constatare certe involuzioni, dall’altro è doveroso raccontare i progetti nati per contra stare il turismo di massa. Uno è Bike Hub ® , un format per la valorizzazione mediatica ed economica di territori e aree minori che “trasforma” le destinazioni di rilievo nel panorama cicloturistico promuovendo le buone pra tiche. Ce lo racconta l’ideatrice, Silvia Livoni Colombo.

26 | ottobre 2022

“La bicicletta è un mezzo di trasporto ma anche un mezzo di comunicazione. Mette in connessione, con una velocità “ideale”, le persone e i luoghi. Bike Hub parte da questo concetto. Affianchiamo le pubbliche ammini strazioni e le imprese dei territori per creare destinazioni cicloturistiche che tengano conto della valorizzazione identitaria del territorio con una specifica formazione e preparazione di tutte le attività della filiera. I primi due sono nati a Terre di Casole, in Toscana, e a Valle Savio, in Emilia Romagna. Nel 2023 partirà anche il terzo, a Lucca”.

Perché le ciclovie hanno un elevato potenziale turi stico e sono in linea con il turismo sostenibile? Esse consentono di destagionalizzare il flusso turistico, far scoprire luoghi alternativi alle classiche mete, dare spa zio alle piccole attività artigianali, alle strutture alber ghiere, alle osterie, ai ristoranti, alle cantine… il resto ce lo spiega Silvia. “Chi che fa un’esperienza o una vacanza in bicicletta vive in maniera profonda il territorio godendolo appieno ad un ritmo più lento. Nasce in maniera spontanea un’atten zione all’ambiente e verso una vacanza con un impatto ambientale sostenibile scegliendo secondo questi criteri sia la destinazione intesa come territorio che la struttura ricettiva. Inoltre la bicicletta è una lente di ingrandimento e rivela cosa manca ad una città o ad un territorio, ma fa

risaltare il bello e il buono degli stessi luoghi. Non a caso i territori con vocazione vitivinicola sono quelli più ambiti per essere scoperti pedalando”. Turismo verticale e ritorno al viaggio Impossibile, affrontando questi temi, non pensare alle accurate analisi di Valentina Boschetto Doorly (autri ce de “La terra chiama”) bravissima nel raccontare la recente migrazione dell’uomo dalle città a località se mi-abbandonate ma anche a dipingere il quadro degli errori commessi dall’industria del turismo in questi anni. E, non per ultimo, a definire e promuovere il turi smo verticale.

Dice: “Il turismo verticale è il contrario del turismo di massa, dei suoi volumi, della sua velocità e della sua superficialità. È il rifiuto del turismo come settore di consumo, in cui noi, come locuste affamate, invadiamo le destinazioni solo per poi depennarle con soddisfazio ne dalla nostra lista. È il turismo fuori stagione, fuori calendario e fuori dagli schemi, che visita mete minori, minime, inesistenti. È il turismo dei borghi, degli Ap pennini, delle terre interne. Delle Prealpi e dei corsi d’acqua, dei parchi nazionali…”.

Ma è anche un turismo che riconduce al significato pri mo di viaggio, in cui l’incontro è il vero protagonista. A proposito di questo: molti dimenticano che l’essere turi sti, per come lo intendiamo oggi, è ben diverso dall’esse re viaggiatori. I viaggiatori non sono schiavi del pendo larismo annuale. Non postano i luoghi in cui si recano sui social per vantarsene. Non fanno del viaggio una competizione sociale. Non si affrettano per vedere più siti d’interesse possibili… ma trovano la meta in ogni cosa, vivendo il tempo a disposizione senza affanni. La sciano che il luogo entri dentro loro e non viceversa. Se leggerete anche Ilija Trojanov, autore di numerose opere su questo argomento - tra cui l’ultima, Viaggiare istruzioni per l’uso - probabilmente vi farà capire di aver visto tanti luoghi finora… ma di non aver mai viaggiato per davvero.

Antonello Magistà:

www.ristorantepasha.com

lavorare in una sala di ristorante è molto bello

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Sono molti gli elementi che giocano a favore del ristorante Pashà di Conversano, ai margini di quella Valle d’Itria che cela gioielli architettonici e paesaggi magnifici: la posizione in un palazzo del Quattrocento un tempo Seminario Vescovile; il giardino in cui si cena in estate; la cucina di uno chef, Antonio Zaccardi, che brilla per inventiva e concretezza; il ricordo, mai dimenticato, della cucina di mamma Maria che, probabilmente, ritornerà sotto forma di originalissimo bistrot in altro luogo della città.

Ma su tutti questi elementi domina la figura, raffinata, informale, elegantissima, di Antonello Magistà: un patron che fa della sala del Pashà una delle più intriganti che abbia avuto modo di conoscere, grazie ad un personale giovane, colto, entusiasta di lavorare proprio lì, con Antonello. In tempi così difficili è stata un’autentica sorpresa!

L’intervista ad Antonello Magistà Come è andata la stagione estiva? In molti hanno parlato di una Puglia in difficoltà ma, almeno in questa zona, non mi è parso? “Per noi, che abbiamo pochi coperti, è andata molto bene rispetto agli ultimi anni. La differenza forse è stata che, mentre prima eravamo sempre in over-booking, quest’anno abbiamo riempito tutte le sere ma senza quell’effetto. Anche le strutture ricettive, con le quali collaboriamo, erano piene. In pratica c’è stata, è vero, meno gente ma la qualità del turismo si è elevata. Con una fetta di questo turismo, circa la metà, che arriva da paesi stranieri”.

IN SALA

Con il personale avete avuto anche voi dei problemi?

“Per la verità no! Anche se il fenomeno è stato evidente come mai prima e questo deve stimolare riflessioni profonde sul settore. Molti sono i fattori che stanno minando alla base il nostro comparto: la scelta di una diversa qualità della vita che si è evidenziata dopo la pandemia; un reddito di cittadinanza che colpisce le parti meno nobili di questa professione; una cultura del lavoro che si sta perdendo; una scuola che è considerata ancora di ripiego per soggetti sociali inadeguati e questa tendenza va assolutamente invertita. Mentre per la cucina non ci sono problemi a trovare personale, in sala paghiamo il prezzo di un andamento delle iscrizioni all’alberghiero assolutamente sproporzionato che riduce i candidati. Eppure lavorare in una sala di ristorante è molto bello, me lo dico ogni giorno ma forse sono troppo innamorato del mio lavoro per non capire il perché non viene intrapreso. Eppure qui al Pashà la sala è un concentrato di giovani, dinamici, belli, motivati che fanno la fortuna del mio ristorante”.

Quali sono le soluzioni, secondo te?

“Intanto togliere quella patina di scuola di serie C che hanno gli istituti alberghieri. Poi intervenire, subito,

sui programmi ministeriali che definire anacronistici è un complimento. Ma ciò che è più necessario nell’immediato è un avvicinamento tra scuola e mondo del lavoro. Chiamare noi professionisti a raccontare il nostro mondo avrebbe l’effetto immediato di affascinare di più i ragazzi piuttosto che insegnare che si serve da destra e non da sinistra. Vedere da vicino, dal vero, come si lavora oggi in sala permetterebbe ai ragazzi di uscire da scuola con una preparazione adeguata e idonea al mondo del lavoro che li aspetta. In questo anche i genitori devono fare la loro parte, alimentando le passioni dei ragazzi, portandoli a cena qualche volta in posti dove possano vedere altri giovani intenti a far star bene le persone. In questo modo, forse, non sarebbero necessarie scuole post-diploma, di solito abbastanza care economicamente, per dare dignità alla figura del cameriere. Non dico che non siano necessarie, dico però che cinque anni di alberghiero fatti bene ridurrebbero l’ingresso nel mondo del lavoro e darebbero una maggiore autonomia ai ragazzi, anziché tenerli in casa dei genitori fino all’età adulta”.

La riduzione dei tavoli dettata dalla pandemia ha determinato anche una riduzione di personale che non è più tornato?

“Per noi no, perché non mi andava bene sottrarre per-

Brigata di sala, in abito da sinistra verso destra Riccardo Giliberti, Mariella Perricci, Vittorio Gianfrate, Filippo Covilli, grande assente ma solo in foto Antonio Mastroleo. Brigata di cucina: lo chef Zaccardi, la pastrycef Angelica Giannuzzi, e da sinistra verso destra Andrea Boroni, Pier Stefano De Andreis, Mario Scialla, Michele Spadaro.
29| ottobre 2022

sonale di sala e tenere solo quelli bravi. La pandemia ci ha, anzi, permesso di lavorare di più sulla formazione per affrontare ciò che sarebbe successo dopo, anche se nessuno di noi sapeva come sarebbe stato. Vedi, ogni ristorante ha un’impostazione e un’anima diversa. La capacità dei ristoratori, dei proprietari, è riuscire a spiegare quest’anima e la bravura dei collaboratori sta nella disponibilità a capirla. La formazione vera è sul campo, non è solo teorica, proprio perché siamo infinite realtà diverse l’una dalle altre. La soddisfazione degli ospiti la avvertiamo quando la brigata è stabile, quando tra loro si conoscono, con i loro pregi e i loro difetti e risolvono tutto prima di entrare in scena. Non è facile ottenere tutto questo. Da parte mia posso solo impegnarmi a farli stare bene, come orari, come programmi, come trasparenza nelle azioni, e lo faccio con il cuore. Ai ragazzi chiedo una propensione alle relazioni e un adattamento a lavorare insieme.

Non chiedi curriculum pieni di posti dove hanno lavorato, quindi?

“Quelli preferisco non guardarli nemmeno. Nel tipo di società in cui viviamo la cosa che mi interessa di più sono i valori umani delle persone e la loro cultura generale. Solo dopo viene la capacità tecnica, perché quella capacità devo essere io a dargliela, sempre perché ogni ristorante è a sé stante. Oggi sono necessarie

persone con cultura e sensibilità. Questo serve anche a dare maggiore dignità alla professione. E una cosa non deve mai esserci: subordinazione psicologica e reverenzialità”.

Qual è il rapporto tra sala e cucina? “Questa è una nota dolente. Da sempre chi arriva in cucina proviene da percorsi differenti che formano in un determinato modo: l’attenzione alla precisione, una certa maniacalità che non giova nelle relazioni in generale. Chi fa servizio di sala è l’esatto opposto: allenato al problem-solving; capacità di interloquire con una pluralità di persone che li rende più aperti al dialogo e a minimizzare i problemi per quello che sono. In sala le negazioni vanno ridotte ai minimi termini per dare valore all’ospitalità. La soluzione ideale sarebbe quella di far fare un po’ di sala ai cuochi e viceversa ma è difficile”.

L’eleganza è indispensabile in sala, tu che lo sei in maniera naturale?

“Ti sei dato la risposta. L’eleganza ha diverse sfaccettature e ognuno deve star bene con sé stesso, nel luogo in cui è. Da noi i ragazzi sono sicuramente eleganti ma in maniera assolutamente informale, adatta a loro, perché le forzature sono percepite subito dagli ospiti e questo non aiuta nell’obiettivo di farli star bene”.

Da sinistra; i componenti dello staff di sala: Filippo Covilli, Mariella Perricci, Riccardo Giliberti, Vittorio Gianfrate e Antonio Mastroleo Mariella Perricci
30 | ottobre 2022
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È partito il conto alla rovescia per la 35ma edizione dell’Annual Conference AEHT, l’incontro annuale più importante delle scuole turistico-alberghiere dei 33 Paesi europei che aderiscono a Association Européenne des Ecoles d’Hôtellerie et de Tourisme, vere e proprie Olimpiadi dei servizi professionali enogastronomici e turistici che vedranno sfidarsi dal 17 al 22 ottobre gli allievi più meritevoli. È veramente un piacere per noi poter comunicare che quest’anno è una scuola alberghiera italiana, l’Istituto d’Istruzione superiore ‘Alfredo Panzini’ di Senigallia, che si è aggiudicata l’onore e anche l’onere di organizzare la 35ma edizione di questo evento di enorme portata, ampliando addirittura il progetto originario. sala&cucina è media-partner di questo importante evento.

FORMAZIONE
Senigallia, le Marche: cuore d’Europa Dal 17 al 22 ottobre tre grandi iniziative: - la 35ma Annual Conference AEHT - Marche Expo Universal - Un polo congressuale con nomi altisonanti dell’enogastronomia, turismo e scuola clicca e leggi l’articolo sul web 32 | ottobre 2022

È avvincente, e a tratti ne ha dell’incredibile, ripercorrere l’iter dalla genesi al completamento del progetto e farlo con Alessandro Impoco, dirigente scolastico del Panzini, che con la sua motivazione e l’inesauribile energia è stato miccia e motore trainante per i propri collaboratori, i propri studenti e l’intero sistema marchigiano, convogliandoli tutti quanti su un obiettivo che se non fosse stato condiviso non si sarebbe mai concretizzato.

Parliamo con Alessandro Impoco, dirigente scolastico IIS Alfredo Panzini di Senigallia

Ci racconti da dove è partito per arrivare ad organizzare un simile evento

“È il 2020quando presento la candidatura del nostro istituito ad ospitare la 35ma edizione dell’Annual Conference A.E.H.T. Ci aggiudichiamo l’incarico, firmo il contratto ma non trascorrono più di due giorni che fa capolino il Covid. A partire da quel momento abbiamo iniziato a lavorare sottotraccia per l’evento.

Il forte, direi simbiotico, legame che abbiamo sviluppato in questi anni con il territorio, che è basato sulla reciproca collaborazione per cui questa scuola dà ma trova sempre risposta nel momento della necessità, restituisce in questa occasione una tale disponibilità da parte dei vari soggetti interpellati (pubblici e privati), per non dire di chi si è offerto spontaneamente, da suggerire un naturale ampliamento del progetto originario, che normalmente contempla le olimpiadi, qualche masterclass e project work.

Il 17 giugno 2021 Regione Marche, Provincia di Ancona, Comune di Senigallia, Camera di Commercio delle Marche e il nostro Istituto istituiscono il comitato organizzatore della 35ma Annual conference A.E.H.T. che si arricchisce di ben altre due iniziative di grande spessore: Marche Expo Universale e Open Marche Forum dell’innovazione, della biodiversità e della ripartenza”.

Parliamo della 35ma Annual Conference AEHT

“Si tratta dell’ evento internazionale studentesco più imponente d’Europa nei settori turistici ed enogastronimici, che avrà luogo dal 17 al 21 ottobre, presso l’istituto Panzini, e conterà 776 ospiti rappresentanti di 23 nazioni e 120 scuole e Università europee, di età compresa tra i 17 e i 25 anni, che saranno impegnati a sfidarsi fra loro in competizioni”.

Ci racconti di Marche Expo Universale

“Questo è un fiore all’occhiello di cui andiamo orgogliosi: una mostra didattica, dove i migliori produttori della Regione Marche, oltre 100 – per tutta la durata dell’evento, dalle ore 9 alle ore 18 - esporranno i loro

prodotti, di cui i ragazzi saranno testimonial. La novità è che questa fiera sarà fruibile anche virtualmente, consentendo a tutte le scuole del mondo e agli addetti ai lavori di avere accesso e studiare le più importanti aziende delle Marche, i relativi prodotti e le modalità di produzione. Una frontiera, questa dell’eduverso (educare attraverso la virtualità) che il Panzini sta già solcando da qualche tempo e che lo stesso Ministero dell’Istruzione indica come il futuro della scuola”.

E ora ci dica di Open Marche: Forum dell’innovazione, della biodiversità e della ripartenza “È un polo congressuale sull’enogastronomia, turismo, e scuolaallestito presso il PalaPanzini (800 posti) che, per tutti i giorni della durata dell’evento, ospiterà: chef stellati, a partire da Uliassi e Cedroni che di questa terra sono gli ambasciatori, le più rappresentative associazioni di categoria, scuole di alta formazione e università. Un intero giorno, venerdì 21 ottobre, sarà dedicato al mondo della scuola e ai temi caldi che ne guidano il futuro. Un parterre di ospiti autorevoli: i più rappresentativi di ciascun ambito coinvolto. Un omaggio, nel vero senso dalla parola, al mondo professionale che troverà, riuniti in un unico contesto contributi di sicuro interes-

L’intera settimana di eventi è aperta a chiunque sia interessato e tutte le attività sono gra. Per iscriversi, nonché prenotare il biglietto elettronico – gratuito pure questo – è sufficiente accedere al sito www.open-marche-aeht.it : se per che in bicicletta.

. Sono poi previste iniziative in diversi punti della città e pure visite guidate gratuite per conoscere Senigallia sia a piedi

tuite ”.

Alessandro Impoco
33| ottobre 2022

C’è qualcosa che intende mettere in evidenza? Sicuramente il fatto che 23 nazioni d’Europa si riuniscano in un tempo come questo, la più bella forma di educazione alla pace che si possa dare ai ragazzi. C’è un altro dato importante: 1200 studenti, tra il nostro istituto e tutti gli alberghieri delle Marche, saranno coinvolti nel servizio. A ogni classe verrà assegnato un compito: chi ai cancelli, chi allo sbarazzo, chi alla somministrazione di cibi e bevande, chi alle competizioni. Il ministro Bianchi si è raccomandato che gli studenti siano al centro! Sta di fatto che questo è il più grande PCTO (alternanza scuola/lavoro) della storia! Va anche rilevato che questo evento è anche un open day di grandissima portata, essendoci tanti spunti da cui attingere. E, non ultimo, il fatto che il Polo congressuale rappresenti per albergatori, ristoratori e insegnanti, quindi per il mondo professionale, un’importante opportunità di formazione, aggiornamento”.

Mentre stiamo scrivendo, e siamo una ventina di giorni dall’evento, Senigallia sta facendo i conti con i postumi di un’alluvione che ha lasciato il segno.

All’istituto Panzini erano in corso gli ultimi lavori sull’esterno della scuola. Un cumulo di terra l’ha protetta dall’invasione di fango. Tutte le scuole intorno sono state sommerse.

La vita non disdegna di mandare segnali. Nelle intenzioni questo doveva essere l’evento che avrebbe segnato una nuova ripartenza del sistema Marche, come dimostra il fatto che una scuola, enti e aziende ci hanno investito energie, dopo la brusca frenata imposta dalla pandemia da Covid-19.

Ora c’è un motivo in più per cui bisogna trovare la forza di ripartire.

Perché non farlo attraverso questi giovani che sono il futuro e i colori di una pace che, pure quella, abbiamo perduto?

Conosciamo AEHT

L’Association Européenne des Ecoles d’Hôtellerie et de Tourisme ha ideato l’Annual Conference AEHT, Olimpiadi dei servizi professionali enogastronomici e turistici e le sta rendendo possibili da ben 35 anni. Diversi Istituti Alberghieri italiani vi aderiscono.

Ce ne parla Ana Paula Pais presidente del Presidium, massimo organismo decisionale di AEHT, responsabile Istruzione in Turismo de Portugal, organo del Ministero dell’Economia e responsabile della gestione globale di una rete di 12 scuole al-

berghiere e turistiche di eccellenza in Portogallo. È pure copresidente del Comitato per l’istruzione online dell’UNWTO e Presidente dell’Associazione Europea delle Scuole Alberghiere e Turistiche.

I giovani hanno un enorme potenziale ma vanno stimolati oltre che sostenuti. Ci racconti qual è il pensiero che anima AEHT e quali corde intende toccare.

“La nostra gioventù è la forza e l’ispirazione che sostiene AEHT. Fin dalla sua nascita, nel 1988, la nostra associazione ha promosso e sostenuto attività e iniziative che riuniscono gli studenti delle nostre scuole partner e promuovono il ruolo delle Scuole Alberghiere e del Turismo come garanti dell’innovazione. I concorsi per gli studenti delle scuole alberghiere e turistiche, riconosciuti tra i più importanti d’Europa, sono stati avviati fin dal 1988. AEHT cerca di garantire che tutte le sue scuole associate svolgano un ruolo importante aiutando a costruire un solido futuro professionale per studenti e professionisti nel settore alberghiero e turistico. Oggi si comprende bene che i nostri giovani stanno cercando di costruire carriere con obiettivi e scopi diversi: sono alla ricerca di ambienti di lavoro più stimolanti e promettenti Ad esempio, tendono a cercare strategie e pratiche forti di Corporate Social Responsibility (responsabilità sociale d’impresa) quando scelgono le aziende con cui lavorare. I giovani di oggi apprezzano il loro tempo, il loro benessere e cercano di impegnarsi in attività che sfidano lo status quo. Le sfide e le aspi-

Ana Paula Pais
34 | ottobre 2022

razioni che lanciano, chiedono nuove risposte e modi per reinventarsi. Noi, membri AEHT, ci sforziamo di entrare in contatto con le ambizioni e le aspettative in continua evoluzione dei nostri giovani e quindi sviluppiamo iniziative progettate per rispondere di conseguenza a queste nuove sfide. Per questo, nelle nostre iniziative più recenti, stiamo cercando di promuovere il coinvolgimento, la cooperazione e la condivisione più della competizione stessa. A questo proposito, siamo orgogliosi di annunciare che abbiamo, ad esempio, sviluppato “Pensiero Strategico”, una nuova competizione in cui due o tre giovani studenti lavorano in collaborazione tra loro. Per completare con successo queste sfide, gli studenti devono impegnarsi nella risoluzione dei problemi utilizzando le loro capacità comunicative, condividendo esperienze e conoscenze. Questo nuovo ‘contest’ è stato pensato per stimolare il pensiero critico (da cui il nome), l’analisi creativa e come si diceva prima, il problem solving. In AEHT, crediamo che ci si debba impegnare con i giovani comprendendo e sottolineando il loro insieme di valori. Loro ci ricordano che è tempo di puntare su un settore turistico basato sull’umanesimo, la sostenibilità, l’inclusione. Questa non è solo la cosa giusta per il nostro pianeta, ma è anche un buon modo per attirare più giovani in un settore così dipendente dall’empatia e dalle relazioni umane. Il tempo stringe, non va dimenticato che il turismo è un settore fortemente colpito dalla carenza di personale, capitale umano, o risorse umane che dir si voglia. Nonostante tutto lo sviluppo tecnologico e digitale, abbiamo sperimentato che il nostro settore continuerà ad essere un settore con una forte componente umana, o, come si dice in Inglese, labour intensive, quindi è essenziale che le scuole riescano a dimostrare che ci sono percorsi interessanti per i giovani che desiderano lavorare in questo settore. Oggi AEHT è uno spazio di incontro, condivisione di informazioni, progetti e buone pratiche per l’istruzione e la formazione. Di conseguenza, AEHT sta aiutando le scuole e gli insegnanti a ispirare e sostenere i giovani che scelgono di studiare in campo turistico. Sono molte le attività a cui diamo vita. E volentieri approfondirò in una prossima occasione. Ora mi preme ricordare che a ottobre, a Senigallia celebreremo uno fra più grandi congressi degli ultimi anni, che avrà una dinamica distintiva perché abbiamo un numero record di studenti iscritti. Questa attività metterà in evidenza il travolgente e qualitativo dinamismo dell’Istituto Panzini e, data l’organizzazione impeccabile di questo istituto e la sua capacità unica di gestire questo tipo di eventi, sarà sicuramente un congresso memorabile. Riunendo centinaia di scuole diverse, tutte eccezionali nei

loro paesi d’origine e mettendo inevidenza il meglio di ciascuna di esse, Senigallia sarà in quei giorni è la vera capitale di questa Associazione”.

Ora passiamo la parola a Paolo Aprile che dirige l’IIS Polo Tecnico del Mediterraneo di Santa Cesarea terme, è vicepresidente di AEHT, presidente della Rete di scuole Progetto Made in Italy.

AEHT rappresenta un bell’asso nella manica del mondo scuola che con questa 35a edizione dell’Annual Conference AEHT , diventa addirittura trainante di un intero sistema e non il contrario. Tutto questo sui giovani che effetto sortisce? Cosa si portano a casa?

“Il mondo degli Istituti alberghieri italiani è un bel mondo, istituzionale al punto giusto, perché parliamo della Scuola Pubblica, ma molto professionale, nel vero senso della parola, fatto in buona parte di persone competenti e appassionate, che riescono a conciliare il pubblico servizio con una visione degli aspetti tecnici e imprenditoriali. Il magazine Sala & Cucina ha il merito di aver sposato convintamente questa visione e di questo lo ringraziamo di cuore Fra le altre cose, gli Istituti di questa tipologia tendono all’aggregazione e all’interscambio fruttuoso, molto più che a una sterile competizione. Così sono attive reti regionali, nazionali e c’è anche una importantissima rete europea, per l’appunto A.E.H.T., che raccoglie più di 300 Istituti e nella quale l’Italia, dal dicembre 2021 ha una carica di vicepresidenza che le mancava da oltre 30 anni. L’affermazione che l’Annual Conference di Senigallia sia trainante per l’intero sistema turistico-ristorativo

Paolo Aprile
35| ottobre 2022

è assolutamente centrata. Gli imprenditori attenti e corretti instaurano rapporti assai proficui con le scuole alberghiere, sapendo di poterne beneficiare nel medio-lungo periodo e senza avere atteggiamenti predoneschi legati all’acquisizione di manodopera a basso costo. È un po’ l’atteggiamento sano di quelle società sportive che sono attente al vivaio delle giovani risorse, all’opposto di quello di altre che si rivolgono unicamente al mercato dei campioni, delle mezze tacche o dei rincalzi. A Senigallia, come è stato a Tallinn nel 2021, come sarà a Vilnius nel 2023 e nelle Azzorre nel 2024, si confrontano gli Istituti d’Europa e non solo, perché vi sono rappresentate anche alcune realtà extraeuropee. Allievi e docenti coinvolti in gare professionali, workshop, seminari, incontri con le aziende, danno il meglio di sé in un’atmosfera gioiosa, in un clima assimilabile a quello delle Olimpiadi, per rendere l’idea dell’enorme portata, anche emozionale dell’evento. I

giovani che hanno la fortuna e la bravura di poter partecipare si portano a casa una crescita professionale ed umana, ma soprattutto un’esperienza indimenticabile, che diventa poi patrimonio comune al loro ritorno, generando negli altri un benefico spirito di emulazione. Questo è altresì vero in tutte le esperienze internazionali che questi meravigliosi Istituti riescono ad offrire. Nessun altro ordine di scuole in Italia lo fa così bene. Vorrei precisare inoltre che nelle gare, come quelle che si svolgeranno a Senigallia dal 17 al 22 ottobre prossimi, la costruzione delle squadre che si confrontano è sempre multinazionale, con due o tre ragazzi di differenti provenienze. Lì lo spirito nazionalista viene messo da parte in favore di quello improntato alla cooperazione e all’interscambio. A mio avviso un evento che offre a chi ha la fortuna di viverlo, un contributo di valore inestimabile per la costruzione di una coscienza comunitaria”

Da sx a dx Tanja Angleitner-Sagadin (Slovenia, seminascosta), Ronny Thill (Lussemburgo), Ana Paula Pais (Portogallo), Remco Koerts (Olanda), Sanne Huygens (Belgio), Ray Cullen (Irlanda), Paolo Aprile
36 | ottobre 2022

www.cadelmoro.wine

La cucina di Giuseppe Lamannae Lina Ma a

clicca e leggi l’articolo sul web

Non basta trascorrere qualche ora, o soggiornare un paio di notti in luogo per dire di aver vissuto il territorio che lo circonda. Di questo abbiamo già parlato nelle prime pagine di questa rivista, condannando le forme del turismo infelice. Sotto questo cappello si infilano anche le strutture di accoglienza nate solo con logiche di business, solcate da profili lussuosi e ignare della storia che abita la maggior parte dei nostri bellissimi paesaggi.

Non è certo il caso di Cà del Moro Wine Retreat in Valpantena (VR), l’eco-relais della cantina La Collina dei Ciliegi sorto nel 2018 dall’accortissimo restauro di una

storica dimora di campagna. Un’insegna in cui si lavora su ogni dettaglio per allargare il più possibile l’esperienza di chi vi fa visita. In che senso allargare?

Cioè rendendo ogni elemento significativo per comprendere il territorio. Penso all’arredo delle camere, con mobili in legno massiccio intagliato da artigiani locali; alle attività proposte, come l’e-bike e l’equitazione, che consentono di respirare a pieni polmoni la Valpantena; all’esperienza immersiva nel mondo vino, con il tour tra i vigneti che avvolgono la struttura e la degustazione in

A Cà del Moro Wine Retreat, in Valpantena, una cucina a due che guarda al territorio, alle responsabilità, all’italianità
FARE RISTORAZIONE

cantina; o alla possibilità di pernottare in glamping, per dormire più a contatto con i suoni della natura. Tutto por ta lì: al territorio.

Su questa linea è anche la cucina “a due” di Giuseppe Lamanna e Lina Maffia, che si occupano di tutta l’offer ta ristorativa di Ca’ del Moro, dal pranzo alla cena, sino alla colazione.

La Valpantena e il senso di responsabilità Giuseppe Lamanna e Lina Maffia sono approdati a Cà del Moro Wine Retreat un anno e mezzo fa con un binario già molto chiaro. Davanti a loro un posto di cui ignorava no le forme: una dolcissima valle, la Valpantena, di cui pochi probabilmente conoscono la geolocalizzazione. Più nota, invece, è la Lessinia, che è il suo proseguimento.

La Valpantena accoglie con un saliscendi inaspettato, e regala vedute fonde sulla pianura, persino su Verona quando il cielo è terso. Da Ca’del Moro è uno spettacolo. Inizia proprio dalla bellezza di questo luogo e del nostro Paese la conversazione con Giuseppe e Lina.

“Non sono mai andato all’estero per lavoro” - inizia Giu seppe, che è calabrese, di Vibo Valentia.

“E questa cosa mi piace. Non ho mai sentito il bisogno di andare lontano dall’Italia per definirmi come cuo co, di girarla però sì. Mi piace la scelta che ho fatto, sono saldo sulla cucina del nostro Paese. Vedo molti cuochi che tornano ‘stravolti’ dai periodi trascorsi oltre confine. Alcuni tornano con la propensione alle salse, altri con l’abitudine a fermentare, e via così. Queste cose non appartengono allo stile di cucina che vogliamo far arrivare io e Lina. Molto italiano, molto comprensibile”.

Continua Lina, che invece è di origini pugliesi: “Non è giusto precludersi le esperienze ma bisogna ricordarsi di

prenderne sempre il buono. Noi abbiamo una propensione innata per i sapori del sud, per l’olio, per gli ortaggi, ma ogni angolo d’Italia nasconde qualcosa di straordinario e qui abbiamo trovato prodotti inaspettatamente interessanti che ci hanno stimolati molto”.

La cosa che più colpisce della proposta, menu alla mano, è proprio l’integrazione tra prodotti del territorio e le loro rispettive esperienze come cuochi.

“Penso che la bravura di un cuoco non sia fare ciò che sa fare, ma spingersi un po’ oltre. La sfida qui è calare le no stre conoscenze sulle materie prime del luogo, a volte an che richiamando proprio le nostre origini”. Il tutto senza puntare su termini inflazionati. “Oggi fa tendenza il vegetale” - continua Giuseppe. “Per aver successo sembra che si debba parlare solo di verdure, semi, tuberi. Ma chi lo fa è perché se lo sente o perché è ten denza? Il senso di responsabilità di chi fa cucina passa attraverso la coerenza professionale: noi non snaturia mo i prodotti buoni che troviamo nel territorio, né evitiamo di utilizzare quelli che ci piacciono solo perché la moda guarda in un’altra direzione. A volte si assistono a passag gi eccessivi solo per puro diletto in cucina: essiccare, rei dratare, rifermentare, poi essiccare di nuovo. Quando un

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prodotto è di altissima qualità, ed è freschissimo, non c’è miglior modo che valorizzarlo lasciando che parli la sua freschezza”.

Piccolo non vuol dire buono

L’altro termine che oggi rimbalza da una cucina all’altra è responsabilità

“Anche noi siamo molto legati a questa parola. Ma non si è responsabili solo quando si va in prossimità ad acquistare, ma quando si ragiona all’impatto che l’acquisto ha nella filiera e la lavorazione ha sull’ambiente” continua Lina. Dunque Giuseppe e Lina acquistano da produttori locali, ma scegliendoli molto accuratamente. “In passato qualcuno mi ha detto che il termine commercio è uguale alla parola imbroglio”- afferma Giuseppe. “Anche dietro il piccolo produttore si possono celare delle strategie di vendita. È importante dedicare tempo alla conoscenza, per davvero. E non è che vicinanza uguale fiducia: bisogna informarsi sulla reputazione dei produttori, assaggiare i prodotti, andare a conoscere il loro modo reale di produrre, informarsi sulla loro costanza. La selezione è fondamenta le se si vuole proporre una cucina coerente con il territorio e affidabile. Richiede tempo e sforzo: il mercato è irrorato di informazioni sbagliate, ingannevoli, sempre di più, e sempre più pericolose per l’affermarsi di una vera cultura sostenibile”.

Libertà all’ospite e vera riduzione degli sprechi

La clientela di Ca’del Moro è prevalentemente italiana, ma si affacciano anche alcuni stranieri. Alcuni fanno de viazione da Verona. Molti sono attratti dalla cantina, altri sono frequentatori abituali.

“Una clientela che si sta definendo. Abbiamo due menu degustazione, a cinque e nove portate. Queste due opzioni consentono di intraprendere un’esperienza gastronomica più strutturata a chi lo desidera, anche con abbinamento vini, ma non abbiamo abolito la carta: per noi la possibi lità di scelta per il cliente è un elemento alla base della ristorazione. Non potremmo mai imporre a chi pernotta più giorni di seguire sempre un percorso, così come non ce la sentiamo di obbligare il cliente esterno a un percor so totalmente deciso da noi. Abbiamo strutturato un menu che possa soddisfare qualsiasi richiesta, contemplando carne, verdure, pesce. Non manca un tagliere con salumi e formaggi del territorio, solitamente scelto da chi vuole degustare i vini della tenuta senza attingere dalla cucina” spiega Giuseppe, che ha anche altre considerazioni sulla questione menu degustazione.

“In tanti ristoranti l’abolizione della carta in favore del menu degustazione è stata motivata da una maggior ri duzione degli sprechi. In pochi però dicono che, anche quando ci si concentra sul menu degustazione, lo spreco a certi livelli c’è: se un ragazzo sta imparando o ha appena fatto ingresso in cucina, e non riesce ancora a rispettare

certi canoni nei tagli e nelle preparazioni, l’inesperienza si può tradurre in un rifiuto, quindi spreco. Ci auguriamo che prima o poi questa tendenza cambi. È sempre una questio ne di responsabilità”.

La riconoscibilità degli ingredienti (anche quando si rompono gli schemi)

Entrambi perseguono un’idea precisissima di cucina. “Va bene far convergere le proprie esperienze, anche esoti che, nel piatto. Ma una cosa a cui non vogliamo mai rinun ciare è la riconoscibilità di ciò che serviamo. Vogliamo che la nostra cucina arrivi pulita, chiara, senza ecces si. In altre parole, che sia buona”

E questo si vede, si sente: la gallina Grisa, l’agnello di pecora Brogna e lo zafferano della Lessinia, il miele, il topinambur, il formaggio Monte Veronese.

Sono tutti ingredienti che, se pur lavorati e accostati ad altri elementi, rimangono protagonisti.

E poi una trovata semplice (ma buonissima), sul fina le, con un pre-dessert che prende dritto di pancia: uno spaghetto con la ‘nduja. Una risoluzione spontanea del tempo a tavola, un modo conviviale di concludere la cena, quasi come se si fosse tra amici, più che un azzardo o una provocazione. Un bel modo per far incontrare terri tori agli antipodi!

“Siamo convinti che lo stile italiano vada recuperato”dicono praticamente all’unisono. “Non dobbiamo emu lare le mode globali ma sentirci un po’ più italiani e dare valore alle cose semplici che ci identificano. Come uno spaghetto a fine serata”.

La conversazione si perde tra arte, cucina, moda, poi sfocia sui prodotti scelti per la prima colazione e poi, ancora, sulle erbe aromatiche e l’orto della tenuta… Un posto, Cà del Moro Wine Retreat, propositivo ver so chiunque voglia conoscere la vera natura di questa bellissima valle, anche attraverso la cucina di Giusep pe e Lina.

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La bellezza che fa accoglienza

Succede al Lido Bianco di Monopoli

La bellezza. È nutrimento la bellezza, lo è tanto quanto il cibo, se non di più in certi frangenti.

La bellezza rapisce ed è capace di portarci in un altrove che è quanto chiediamo per rigenerarci.

Non possiamo non partire da qui per raccontare di Lido Bianco, ristorante incastonato negli scogli di Porto Bianco, una delle suggestive calette della vivace Monopoli, la città delle novantanove contrade. Immaginate il prospetto del locale completamente a vetri per consentire una maggiore vista su un mare da favola e l’interno, con una parete in roccia, che dà l’impressione di essere tutt’uno con l’ambiente esterno.

Un locale di grande fascino in cui ogni cosa è stata pensata per esprimere quell’accoglienza caldache deve arrivare al cliente prim’ancora delle parole.

Lo speciale legame tra i monopolitani e Lido Bianco

Lo sanno bene i monopolitani che da sempre, era il 1947 quando il locale è stato aperto, hanno eletto il Lido Bianco a punto di riferimento per i propri momenti importanti.

“Monopoli - ci racconta Graziano Bini, al timone del ristorante di famiglia – è cresciuta sui tavoli di Lido Bianco. Qui sono stati stretti accordi di business, festeggiate ricorrenze familiari. Ce lo ricordano i nostri stessi clienti ‘quand’ero piccolo tutte le do-

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FARE RISTORAZIONE

meniche ero seduto in quel tavolo...’ e ci portano pure le foto, prima o poi ne faremo un book insieme a certe speciali ricette per loro, e per noi, indimenticabili. Come quell’iconico spaghetto lessato portato in tavola con un kit di due salsiere a persona, una con il sugo bianco (coz ze e prezzemolo) e l’altra con il sugo rosso (pomodoro e cozze), a scelta. In questi anni si è biasimato il fatto che la pasta vada amalgamata nel piatto ma dalle nostre parti questa è un’usanza che si continua a perpetrare. Il nostro ristorante è anche testimone dell’evoluzione e crescita di una cittadina che ha saputo aprirsi in modo crescente al turismo, non tardando a divenire tappa inevitabile, luogo del cuore, anche per quei turisti che vogliono vivere un’e sperienza immersiva”.

“Come prima più di prima”, lo slogan del rinnovo E prosegue Graziano Bini: “Io e la mia famiglia, mio padre Giovanni, mia madre Florinda e mia sorella Lucrezia, amiamo molto questo luogo che recentemen te abbiamo deciso di rinnovare, per esploderne ulte riormente le potenzialità, nel rispetto della sua natura però. In equilibrio tra passato e presente, tra bellezza e comodità: in equilibrio! Insieme a due architetti abbiamo studiato di dare maggiore profondità allo spazio a vetri eliminando il muretto alla base, abbiamo rilevato e indi cizzato le tonalità del mare per poi personalizzare ogni cosa su quell’indice. Il pavimento a scacchi, per esempio, vira dall’azzurro al beige (mattonelle azzurre via via inte grate con da mattonelle beige) a ricordare il mare che si

staglia sugli scogli e poi la sabbia, sempre per avere una continuità con l’esterno. Degli arredi ci siamo occupati io e mamma, che in famiglia rappresenta la beltà, seguendo gli stessi criteri, a partire dalla scelta di poltroncine di design di cui ci siamo innamorati (e non sedie perché il cliente si deve rilassare e pazienza se si attarda un po’ di più) fino alla scelta di mise en place e ceramiche di Grottaglie, tutte personalizzate”. Ne è uscito un ambiente di grande atmosfera, molto rilas sante di sera che il mare è poco illuminato, e particolar mente d’effetto di giorno quando entra tanta luce.

La musica sempre... ma mai invasiva

Nella grande sala svetta un elegante pianofortea coda che si anima nei fine settimana, con un pianista che suona musica jazz, bossanova, Broadway e un po’ di misto italiano. “Personalmente - racconta Graziano - adoro l’acustica, per cui la musica dal vivo è sem pre in acustica. Negli altri giorni non manca un sotto fondo con musica interamente scelta da me, che mai dev’essere invasiva. Su questo sono molto attento. In un anno faccio una dozzina di playlist e capita che i clienti me le richiedano”. Altri spazi di grande suggestione sono una terrazza con giardino di prato adagiato direttamente sugli scogli, e nel lato opposto un’area panoramica sul mare che ospi ta un lounge bar, pensato per anticipare o terminare la cena, oltre che aperto ad una clientela esterna, e coordi nato da Lucrezia, sorella di Graziano, che pure supervi siona l’intera attività.

45| ottobre 2022

La storica pescheria

In un simile appagante luogo si sarebbe anche disposti a perdonare una cucina non troppo significativa ma il fatto è che al Lido Bianco si mangia pure bene!

La grande varietà di pesce freschissimo che Giovanni, papà di Graziano, garantisce sin da quando negli anni ’70 ha preso le redini del Lido Bianco, rappresenta certamente un fiore all’occhiello. Proprio all’ingresso del locale è rimasta, seppur rinnovata anche quella, la pescheria con la sua insegna originale, un grande banco che trabocca di ogni varietà di pesce, da sempre motivo di grande attrazione per i bambini ma anche per i grandi. Rispettare il pesce, non alterarlo è la regola che vige da molti anni al Lido Bianco. “Da noi il crudo abbonda – spiega Graziano. Basta guardare al menu per rendersi conto che c’è l’imbarazzo della scelta. Anche il pesce cucinato sul carbone è cosa molto gradita dai clienti. Sia il crudo che il barbecue vengono gestiti dalla pescheria.

Il laboratorio culinario

“Il resto passa dalla cucina dove abbiamo la solidità di un cuoco, Francesco Lorizio con noi da tanti anni, che ci garantisce la tradizione e la genuinità e con la sua esperienza gestisce e coordina le bizzarrie dei giovani cuochi, che ci piace inserire nella brigata, perché si crei una sorta di laboratorio culinario dove i nuovi stimoli sono bene accetti. Ci sono piatti iconici che per noi sono intoccabili, perché rappresentano la nostra storia, come i Tubettini “Lido Bianco” affogati nel sugo della zuppa di pesce, che hanno giusto 50 anni di vita e se li si assaggia una volta non li si dimentica più. Un tempo bisognava consumare anche la zuppa da cui veniva ricavato il sugo per i tubettini, servita poi come secondo piatto. Oggi la prepariamo ogni giorno e, tolto il sugo per i tubettini, la zuppa la utilizziamo per altri primi. Un altro piatto

storico sono le cozze alla Pipina per cui anticamente i pescatori marinavano le cozze nell’aceto, limone, olio, aglio (da anni in sostituzione mettiamo cipolla rossa di Tropea e prezzemolo) servite con pezzi di provolone semi piccante. Ma c’è spazio anche per piatti più bizzarri dei cuochi più giovani come il risotto all’astice e pop corn, dove quest’ultimo, sbriciolato sulla portata, conferisce sapidità al dolciastro dell’astice, che i clienti hanno peraltro dimostrato di gradire tantissimo”.

Nella vita di Graziano Bini c’è il design, la fotografia, gli studi di economia e commercio e un master sulla ristorazione per non approcciare da sprovveduto al ristorante di famiglia, c’è una gavetta di dieci anni attraverso cui ha toccato con mano ogni aspetto del lavoro che lo attendeva prima di prenderne le redini e il dono di avere una famiglia accanto che sta continuando a metterci il meglio di sé.

E poi c’è un luogo, incantevole, che è espressione di tutto questo.

Tartadi sa marinata BlackAngus CON INSALATA DI FINOCCHI E ARANCE Carpaccio di BlackAngusa umicato CON ANELLO DI CROSTINO ALL’AGLIO E PUNTE DI ASPARAGI AL BURRO BERNARDINI GASTONE SRL _ CENAIA CRESPINA (PISA) ITALIA _ TEL. 050 644100 _ INFO@BERNARDINIGASTONE.IT _ WWW.BERNARDINIGASTONE.IT

LA RETE DEI RISTORANTI ETICI

Dovremmo essere tutti di genio pronto, vivaci, cortesi nel tratto, candidi nelle maniere, amici delle virtù, nemici dei vizi, cercando di dare la salute ai nostri ospiti, dando buoni cibi secondo le stagioni. Essere affabili con tutti i nostri collaboratori, riflettendo che l’asprezza nel comandare partorisce odio e fabbrica ruina. Per la gloria della nostra condotta e il decoro del nostro Paese.

Antonio Latini, Scalco alla Moderna, 1692

Con questa definizione di un grande uomo di cucina vissuto nel XVII secolo, regalataci da Davide Rampello, non servirebbero altre presentazioni di questa rete di ristoranti etici, ma corre l’obbligo di spiegare i valori che stanno alla base di questo progetto lanciato dalla redazione di sala&cucina, magazine di accoglienza e ristorazione. Sono valori che vengono racchiusi nel decalogo che i ristoratori aderenti ad Amodo, la rete dei ristoranti etici sottoscrivono di proprio pugno; un decalogo dove parole come rispetto, sostenibilità, produzioni locali, digitalizzazione, racconto, ne costituiscono l’essenza.

Il periodo che stiamo attraversando ha cambiato il mondo, anche se le regole del cambiamento non sono ancora state scritte, e anche la ristorazione deve adeguarsi a questa trasformazione. Gli ospiti di un ristorante non sceglieranno più un locale solo in base a quanto si mangia e si beve bene ma anche, e soprattutto, sui criteri che abbiamo racchiuso nel decalogo di modo. Non è un caso neppure il nome di questa rete, Amodo significa fare ogni cosa con onestà intellettuale e pratica.

Il decalogo

1) Non ci può essere lavoro ben fatto senza dignità di chi

lo compie, quindi non ci può essere lavoro nero nei ristoranti

2) Ogni fornitore è pagato secondo le regole previste dall’art. 62 della legge 27/2012. Questo termine è fissato in 30 giorni per i prodotti alimentari deperibili, che diventano 60 giorni per i non-deperibili.

3) Il ristorante predilige l’uso di materie prime alimentari secondo la stagione

4) Il ristorante non usa prodotti alimentari esotici per puro diletto ma perché ogni scelta culinaria è frutto di studio e ricerca

5) Il gestore, o il proprietario, si impegna ad avere cura del locale, sia dal punto di vista estetico sia sostenibile; ad esempio, adottando un sistema di insonorizzazione che limiti l’inquinamento acustic

6) Nel ristorante tutti i lavoratori si impegneranno con serietà e rispetto, perché solo un grande lavoro di squadra porta alla qualità del risultato

7) I giovani, siano essi dipendenti sia stagisti, che entreranno in sala o in cucina saranno seguiti con attenzione e cura, nel rispetto della loro condizione di apprendimento

8) Il personale di sala ha la predisposizione al racconto, nel rispetto dei tempi e dei desideri dell’ospite

9) La sostenibilità del ristorante è affrontata seriamente, senza il facile ricorso a pratiche di greenwashing

10) La digitalizzazione come elemento anche di sostenibilità è una pratica naturale del ristorante; ad esempio la possibilità di prenotare online o il menu pubblicato sul sito

Per visionare il progetto e i ristoranti aderenti amodo.salaecucina.it

Un’iniziativa di sala&cucina per dare valore agli aspetti meno noti della ristorazione italiana
clicca e leggi l’articolo sul web
48 | ottobre 2022

Davide Censi, Makoto Abe e Gloria Boraschi hanno ideato e realizzato il menù ricercando prodotti freschi di stagione e di alta qualità perché l’essenziale nella ristorazione è far felice il cliente, mangiando bene e bevendo meglio…”, scrivono questo in apertura di menù alla trattoria Antichi Sapori di Parma. E mantengono le promesse, anche quella scritta alla fine della carta: “Ti senti proprio come a casa, come l’ospite importante, l’ospite da trattare bene, l’ospite a cui fare sempre un sorriso, l’ospite che merita il piatto migliore. La cordialità che si respira in questo luogo si lega alla qualità della cucina”. Una cucina che qui trova la condizione ideale, quella che può mettere d’accordo le molteplici esigenze di un tavolo: piatti della tradizione perfettissimi, come i tortelli d’erbetta, e piatti evolutivi, con il pesce, le verdure trattate in maniera essenziale. Davide Censi ama questo lavoro, glielo si legge negli occhi, ma ama soprattutto vedere i suoi collaboratori felici di stare qui, come Makoto Abe, un ragazzo giapponese arrivato da lui per uno stage quindici anni fa e, ora, al pari di Gloria boraschi, socio di Antichi Sapori. Quando una squadra è unita tutto il tempo che si trascorre in quel ristorante assume un’aurea diversa, è una sensazione stupenda anche per gli ospiti.

La bianca Ceglie Messapica che, fin dal nome, racconta secoli di storia di un popolo, quello dei Messapi, ai quali è attribuita la creazione dei manufatti megalitici che connotano questo territorio. È in questa città che si trova Cibus, il ristorante di Lillino Slibello, sostenitore della cucina dissidente. Dissidente perché Lillino considera, da sempre, il cibo non solo come elemento di piacere bensì come mezzo per penetrare la cultura e la storia dei luoghi. Infatti, sedere a uno dei tavoli di Cibus significa fare un viaggio nella conoscenza, con Lillino che ha una sorprendente capacità di coinvolgimento degli ospiti trascinandoli in una gioiosa e ricca esperienza sensoriale: da

Tortelli d’erbetta
AMODO Antichi Sapori Antichi Sapori Strada Montanara 318 Gaione (PR) Tel. 0521 648165 www.trattoria-antichisapori.com
Cibus 49| ottobre 2022

lui si impara molto del territorio, delle materie prime, del suo pensiero critico sulle mode gastronomiche, di come deve essere il rapporto con .i fornitori della sua cucina: uomini e donne della terra che devono essere rispettati per ciò che fanno e producono. Il ristorante si trova in un ex-convento, tra mura robuste, arcate a volta, pareti bianche come tutta Ceglie Messapica, un luogo ideale per rinfrancare lo spirito e godere appieno di un cibo che è anche vera cultura gastronomica.

Cibus

Via Chianche di Scaravo 7 Ceglie Messapica (BR) Tel. 0831 388980

www.ristorantecibus.it

Locanda De Banchieri

La Lunigiana è una terra da scoprire! Per i suoi borghi arroccati, silenziosi, pieni di storia e di storie incredibili, come quella dei venditori di libri che, a fine Ottocento, partivano durante l’inverno, analfabeti, e che sono diventati, nel tempo, grandi editori a livello internazionale. Nasce qui il Premio Bancarella. È proprio in uno di questi borghi che Giacomo Devoto ha deciso di aprire la sua Locanda de Banchieri: a Fosdinovo, a pochi minuti dal golfo dei poeti, dal mare delle Cinque Terre. Gli ambienti sono stati pensati con una particolare attenzione all’integrazione con queste terre straordinarie: immersi nel verde degli ulivi, con una cucina che attinge all’azienda agricola di proprietà e ai mercati locali. Mare e terra qui si incontrano, si contaminano, in un percorso gastronomico fatto di leggerezza, buon gusto, etica. Del resto Giacomo Devoto è figlio di questi luoghi, formatosi alla corte del grande Angelo Paracucchi, è emigrato in Val d’Aosta per poi ritornare prima a Sarzana dove ha aperto l’Officina del Cibo e, da un paio d’anni, a Fosdinovo dove ha realizzato il suo vero sogno: una locanda con quattro bellissime camere, un ristorante dove il piacere si fa assoluto e, attorno, la dolcezza un po’ aspra della lunigiana.

Locanda De Banchieri

Via Porredo 32, Fosdinovo MS – fraz.Caniparola

Tel. 333 184 9263

www.locandedebanchieri.it

AMODO
50 | ottobre 2022
Parmigiano Reggiano è Premium Sponsor di Ristogolf
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Le tappe del circuito Ristogolf 2022 by Allianz

Prima tappa del Circuito Ristogolf 2022 by Allianz al Golf Club Castelconturbia

Inizia la gara: buca 2 chef Pier Giorgio Parini con sep pie selezione Selecta, salad pea di Koppert Cress e rose.

In buca 4 Osteria della Pista, famiglia Taiano, con tar tare di tonno e puntarelle.

E in buca 5 gelato con frutta semicandita Vitalfood e caffè WeFor.

Alla buca 8 chef Alan Tosi del G.C. Castelconturbia con asparagi alla Bismark, insieme alla selezione Parmi giano Reggiano.

La buca 11 offre diversi mignon di Cova Montenapo leone 1817 e la buca 13 una caramella di pesce San Pietro con miele e senape del ristorante Da Vittorio.

Ad accompagnare il percorso, acqua naturale e friz

zante Valverde e le etichette delle cantine toscane La mole di Lamole e Tenuta Sassoregale. Non mancano pizze gourmet di Molino Dallagiovan na, selezione di gorgonzola Palzola e birra “The Ninth Hole Ristogolf” di Hordeum.

Spazio allo showcooking, con le cucine SCIC Italia, gli elettrodomestici Signature Kitchen Suite e gli stru menti Pentole Agnelli.

First up è Ivan Patruno del Bulk mixology food bar che prepara Ten Years, il signature cocktail di Ristogolf. A seguire con Ostriche Cadoret e Caviale Prunier, chef Claudio Sadler - dell’omonimo ristorante - e la speciale tartelletta alle mele del pastry chef Eduardo Gadda di Pasticceria Cova Montenapoleone 1817. Conclude premiazioni e Gourmet Party del ristorante Da Vittorio.

Molte sorprese per il decimo anniversario Ristogolf, senza venir meno a: giocare a golf, mangiare bene, bere bene e tanta voglia di divertirsi.
EVENTI
www.ristogolf.comclicca e leggi l’articolo sul web 53| ottobre 2022

Il secondo appuntamento è al Golf Club

La Margherita

Sul percorso: buca 3 gelato e frutta semicandita di Vitalfood e un buon caffè WeFor.

Alla buca 6 un grande must di Ristogolf: Pà e Strinù del ristorante Da Vittorio.

In buca 8 Il Cavallo Scosso di Asti, chef Enrico Pivieri: tataki di controfiletto La Piemontese selezione Selecta, marinato in brodo dashi, crumble al rosmarino e gocce al peperone. L’abbinamento è con la birra “The Ninth Hole Ristogolf” di Hordeum.

Alla buca 10 i pizzaioli di Molino Dallagiovanna: focaccina con gorgonzola DOP Palzola.

Alla buca 13 chef Claudio Di Bernardo, Grand Hotel Rimini con sgombro in carpione di agrumi.

E in buca 16 chef Pier Giorgio Parini e Koppert Cress: crema di zucchine alla scapece con Zorri Cress, e tutta la carica di Parmigiano Reggiano.

Ecco la buca 18: uovo cotto a bassa temperatura su pesto di pistacchi e guanciale croccante, chef Massimiliano Aragona del G.C. La Margherita. In tutte le postazioni, acqua naturale e frizzante Valverde e le etichette della cantina Santa Margherita.

La Seconda Tappa procede con lo showcooking; Ivan Patruno del Bulk con il cocktail Tee Shotto. Poi chef Giuseppe Rambaldi di Cucina Rambaldi, Villar Dora (TO), e i suoi originali Gnocchi UGP (Umbria Giappone Piemonte). A chiudere, chef Claudio Di Bernardo con cappelletto cacio e pesce. Terminano premiazioni e gourmet Party del ristorante Da Vittorio.

MENTE, scelto quest’anno per le donazioni di Ristogolf, e si scende in campo.

Al Golf Club Lecco in buca 1 chef Vittorio Tarantola propone un gustoso gazpacho con foiolo e polpo. Alla buca 4 Vitalfood offre gelato e frutta semicandita selezione Delifrù con caffè WeFor.

Alla buca 7 chef Paolo Favalli insieme a Selecta, con una tartelletta La Rose Noire® con salmone Loch Fyne® marinato al pepe nero e mostarda di pere. Alla buca 10 arriva l’abbinamento perfetto: pizza gourmet di Molino Dallagiovanna e gorgonzola DOP Palzola. In buca 13 lo scenico baccalà in total black, piatto del resident chef Golf Club Lecco. In buca 15 Da Vittorio ci regala la melanzana candita con burrata e pomodorini. Prima di chiudere la gara, in buca 17 la personale versione della parmigiana di melanzane di chef Pier Giorgio Parini e Koppert Cress

Nelle postazioni vini della cantina Cà Maiol, birra “The Ninth Hole Ristogolf” di Hordeum, acqua naturale e frizzante Valverde

Al Golf Club Milano il gusto è protagonista: alla buca 1 pizze gourmet Molino Dallagiovanna e una speciale degustazione di gorgonzola DOP Palzola. Alla buca 3 chef Antonio Pepe con una crocchetta in tempura di baccalà Ràfols® di Selecta, guacamole di mango e cipolla rossa di Tropea in agrodolce. In buca 6 chef Pier Giorgio Parini per Koppert Cress con peperoni grigliati nel Kamado Agnelli, finocchio marino, Melissa Cress. Un dolce break alla buca 10 con il gelato e la frutta semicandita selezione Delifrù di Vitalfood e caffè WeFor. Alla buca 12 chef Alex Seveso con tartare di orata alla Vespucci, con verdurine fresche, emulsione di olio extravergine oliva Coppini Arte Olearia, granella e crema di pistacchio di Bronte. Alla buca 15 ristorante Da Vittorio con un hummus di ceci Martino Rossi con tataki di ricciola e paprika affumicata. Siamo in dirittura d’arrivo, alla buca 18 gli chef del Palace Hotel Milano Marittima ci deliziano con un gazpacho di pomodorini e fragole, pane ai cereali misti, tonno marinato lime e mentuccia.

Nelle postazioni vini della cantina Kettmeir, birra “The Ninth Hole Ristogolf” di Hordeum, acqua naturale e frizzante Valverde.

Il 29 giugno al Golf Club Lecco e il 20 luglio al Golf Club Milano.

Si inizia con la colazione: croissant, biscotteria, frutta fresca e pancake con confetture e salse selezione Vitalfood, caffè WeFor e acqua Valverde. Il tempo della registrazione, spruzzata di crema solare Shiseido, un’attenzione al progetto Hol4All della Fondazione Allianz UMANA

Terminata la gara, gli attesi show cooking con Ivan Patruno - bar manager Bulk mixology food bar by Giancarlo Morelli - con un viaggio nella mixology contemporanea. Al Golf Club Lecco si continua con chef Francesco Cheloni e la sua pappa al pomodoro. A chiudere, lo chef stellato Emanuele Petrosino con tagliatelle di seppia agli agrumi. Al Golf Club Milano il già bistellato Andrea Aprea con uno dei suoi piatti storici: caprese dolce e salato. A seguire chef Fabio Silva con la sua interpretazione del fritto misto di mare.

Momento premiazioni e brindisi durante il gourmet party del ristorante Da Vittorio, chiudono le due splendide giornate.

Terza e quarta tappa del Circuito Ristogolf 2022 by Allianz si sono tenute in Lombardia
54 | ottobre 2022

Bergel+EXPO

La location

Prima di parlare dell’evento ci soffermiamo sulla location: una villa del ‘600 di proprietà della famiglia Moroni che ebbe tra i componenti il pittore Giovanni Battista Moroni, vissuto nella metà del ‘500 le cui opere, oggi, sono esposte nei principali musei del mondo. La famiglia Moroni ebbe un ruolo importante anche in agricoltura grazie alla coltivazione del gelso e all’allevameno dei bachi da seta. Fu ai primi del 1800 che i fratelli Alessandro e Pietro Moroni incaricarono l’architetto Giacomo Bianconi di rielaborare l’impianto architettonico della villa e dei corpi rustici adattando il tutto al gusto neoclassico come esigeva la moda di quel tempo. Gusto che è arrivato ai nostri giorni.

Bergel+EXPO

Bergel+ è un’azienda di distribuzione che opera da trent’anni nel mondo del fuoricasa; la proprietà è della famiglia Caldara che vede Michael, ultima generazione, nel ruolo di direttore generale. A lui chiediamo perché una manifestazione di questo tipo, rivolta a tutti gli operatori della ristorazione lombarda, clienti e non di Bergel+.

“Dopo gli ultimi anni segnati dalla pandemia, abbiamo deciso di organizzare Bergel+ EXPO, la prima manifestazione dedicata a chi opera nel mondo della ristorazione. Un evento che per noi è un’occasione per incontrare visà-vis fornitori e clienti e, al contempo, farci conoscere da un nuovo pubblico. La pandemia ha cambiato totalmente

Il 24 e 25 ottobre, nella storica cornice di Villa Moroni a Stezzano (BG), si svolgerà la prima edizione di Bergel+EXPO, un evento riservato agli operatori del mondo horeca della Lombardia.
Autore: Luigi Franchi www.bergel.it Villa Moroni a Stezzano (BG) clicca e leggi l’articolo sul web
DISTRIBUZIONE
56 | ottobre 2022

il nostro settore e così, oggi, credo che la comunicazione sia la chiave indispensabile per ridare stabilità al nostro lavoro. Lavorare insieme, confrontarsi, stringere nuove sinergie e far conoscere le ultime tendenze sono infatti gli obiettivi alla base di questa iniziativa, resa possibile grazie alla collaborazione di circa trenta aziende fornitrici. Insieme a loro, abbiamo pensato a un percorso immersivo composto da show-cooking e degustazioni in cui l’utente finale può vivere un’esperienza formativa ricca di spunti pratici.”

Un modo nuovo di rapportarsi ad una categoria, quella della ristorazione, che è sottoposta a cambiamenti rilevanti; dopo questi due anni di difficoltà la ristorazione ha vissuto un’estate molto intensa, i locali pieni dappertutto, ma con i problemi legati al personale, un autunno complicato dovuto ai costi dell’energia, una gestione degli ordini più frammentata ma che esige un servizio puntuale. In questo scenario ben vengano iniziative coraggiose come Bergel+EXPO che permettono un confronto di filiera. Infatti, nei due giorni dell’evento, una trentina tra le aziende più conosciute del food-service presenteranno i loro prodotti, le novità, i servizi che offrono alla ristorazione grazie a un distributore della portata di Bergel+. In una dimensione di bellezza come quella di Villa Moroni la parola collaborazione si cala a meraviglia e diventerà il fil rouge della manifestazione; le aziende espositrici creeranno sinergie tra loro e con i ristoratori per fornire anche nuove chiavi di lettura del settore.

Le previsioni parlano di circa 2500 operatori che parteciperanno all’evento, un numero importante considerando che i clienti di Bergel+ sono 1.500.

Dove e come lavora Bergel+

La sede centrale di Bergel+ è a Zanica, in provincia di Bergamo, dove c’è il magazzino con circa 6.000 referenze per tutto quello che serve alla ristorazione: ittico fresco e surgelato, carne, grocery, salumi, formaggi, vino e bevande, surgelati, latticini, gelati e prodotti no food. Un’altra sede è presso il mercato ittico di Milano e, inoltre, l’azienda ha preso in gestione la storica Pescheria ossi di Bergamo.

Le aree geografiche in cui operano i 26 agenti di vendita e i due specialist di prodotto, coordinati da due capiarea, sono le province di Bergamo, Brescia, Milano, Monza-Brianza, Varese, Lodi, Pavia e Cremona. Un mestiere, quello del distributore, che sta cambiando al pari delle esigenze della ristorazione; infatti oggi l’agente di vendita deve vestire anche i panni del consulente, conoscere la tipologia del ristorante, affrontare i bisogni di un personale nuovo e giovane che chiede consigli, saper costruire il menu insieme al ristoratore. Un trend che a Bergel+EXPO si presenterà in tutta la sua potenza.

Michael Caldara, direttore generale Bergel+
57| ottobre 2022

Hospitality Day 2022:

martedì 11 ottobre 2022

al Palacongressi di Rimini

Un’intera giornata dedicata al mondo dell’ospitalità organizzata da Teamwork.

Tantissimi i relatori e le aziende partner che saranno presenti: dai general manager di famosi hotel nel mon do ai trend & travel setter, dai grandi gruppi alberghie ri ai migliori architetti di design hotel, per incontrarsi, confrontarsi, aggiornarsi e tracciare il futuro dell’ospi talità e del turismo.

Seminari e panel, la possibilità di incontrare le più importanti aziende di servizi e prodotti del setto re: la nona edizione di Hospitality Day organizzata da Teamwork, società di consulenza e formazione alberghiera di Rimini, propone un programma ricco e vario, che si sviluppa in 15 sale, in cui si alterna no speaker d’eccezione pronti ad offrire soluzioni e consigli per crescere e lavorare meglio ed esperti per presentare le ultime novità del settore alberghiero. Oltre ai seminari nelle sale, cinque arene temati che, dedicate ad altrettanti argomenti: ristorazione, housekeeping, design, risorse umane e benesse re. Cinque aree in cui ci susseguono interventi, talk, interviste e dibattiti e dove si confrontano esperti, te stimonial e consulenti.

Al termine della giornata, sono assegnati gli Hospi

e leggi l’articolo sul web

tality Social Awards, i premi alle migliori attività di social media marketing nel turismo e nell’ospitali tà, che sono giunti alla 11a edizione. Tra i relatori: Larry Mogelonsky, Managing Partner, Hotel Mogel Consulting Limited; Andrea Berton, Chef e founder, Ristorante Berton Milano; Michil Costa, Oste, imprenditore, uomo di natura, Hotel La Perla, Berghotel Ladinia (BZ) e Albergo Posta Marcucci (SI); Marco Piva, Architetto e chairman, Studio Marco Piva; Roberto Costa CEO & Founder, RC Group (CasaCosta e Macellaio RC); Ludovica Rocchi, Brand Director, R Collection Hotels; Bruno Mastroianni, Filosofo, Social Media Manager, giornalista. Sala&cucina è, come sempre, media-partner dell’e vento e, nella sezione dedicata alla ristorazione, sarà presentata Amodo, la rete dei ristoranti etici. L’iniziativa è in programma alle ore 17 di marte dì 11 ottobre con gli interventi di Luigi Franchi e Giulia Zampieri, ideatori della rete, e gli chef Paolo Teverini e Jacopo Ticchi, aderenti ad Amodo.

Per l’elenco completo e aggiornato dei relatori e delle aziende partner: www.hospitalityday.it https://we.tl/t-T4UoeK l

Autore: Guido Parri
EVENTI
La nona edizione
clicca

I nostri salmoni non sono pescati all’amo… ma allevati con amore! Ogni giorno ci impegniamo responsabilmente per migliorare le condizioni dei nostri allevamenti secondo i più rigidi criteri di sicurezza. Tutti i salmoni Re Salmone crescono secondo alti standard qualitativi, sono lavorati senza coloranti, additivi e senza mai ricorrere a processi di congelamento. Perché garantire la salute e la genuinità dei nostri salmoni è anche un gesto d’amore per il nostro benessere.

Salmone è un marchio di proprietà di La Nef S.p.A.

Scansiona e scopri come alleviamo i nostri salmoni!

www.resalmone.it Re

Oliva 1800 al tartufo

“In cucina chiudo gli occhi. Immagino il mix di sapori, odori, emozioni che vorrei ritrovare nei miei piatti. Poi apro gli occhi e li creo, li provo e li approvo, se catturano tutti i miei sensi. Ho creato, provato ed approvato la linea Grand’Or Gourmet: potete sceglierli ad occhi chiusi”.

ph. Mauro Corinti Chef ristorante “Il Tiglio” - Montemonaco (AP)
www.cgmsurgelati.it
CREATI. PROVATI. APPROVATI. IL SURGELATO RAFFINATO Cuor di Parma
Arancino passion Oliva 1800

Immaginare il futuro della Cucina e sostenere il rinnovamento di un settore, la ristorazione, ponendo attenzione a come la dinamica uomo-macchina possa evolvere, riuscendo a migliorare il rapporto con il tempo e lo spazio e, dunque, a garantire un maggiore benessere a tutti gli attori della filiera.

Obiettivi ambiziosi, ma molto concreti, che si riassumono nel nome scelto per il format innovativo Next Habit: nuove abitudini, quasi un Manifesto, ideato da Behubble, società che studia e realizza servizi di marketing espositivo, in collaborazione con i main partner che hanno subito sposato il progetto: Irinox e Rational. Come sarà, dunque, la ristorazione professionale domani?

La crisi di “vocazione” del personale si risolverà e come?

Le soluzioni tecniche di oggi possono già rispondere adeguatamente all’esigenza di migliorare gli ambienti di lavoro di domani?

Le aziende sono pronte a supportare gli operatori in questa fase di rinnovamento?

Sono solo alcune delle domande alle quali si tenterà di fornire risposte nel corso di Next Habit a Verona nelle giornate di martedì 8 e mercoledì 9 novembre 2022.

L’evento è esclusivo, solo su invito, ed è dedicato agli operatori della distribuzione Horeca, nonché a manager di grandi catene, della ristorazione collettiva, della GDO, volendo rappresentare un nuovo modello di esposizione, interattivo, coinvolgente, immersivo, dinamico, volto a indicare agli operatori del settore la strada per un’azione sempre più performante.

Come sarà Next Habit

Lo sviluppo della giornata/evento, per ciascun invitato, si snoderà attraverso momenti emozionali, ispirazionali e informativi. Momenti in cui i temi di Next Habit saranno accompagnati da interventi di esperti, da performances di artisti del teatro/danza, da workshop

di approfondimento, da moduli espositivi/informativi. In questo contesto, nuovo e coinvolgente, le aziende promotrici saranno protagoniste nel raccontare come l’obiettivo di coniugare il controllo del tempo e l’uso efficace dello spazio si perseguano attraverso la semplificazione delle abitudini, aiutandoci, nel dialogo uomo-macchina, a migliorare il benessere complessivo delle persone, dei luoghi.

Il format, pensato per molteplici progetti, nella versione dedicata al mondo della ristorazione, avrà un suo specifico pay off che identifica e sintetizza i concetti alla base del progetto.

NEXT HABIT immagina.cucina.evolvi Gallerie Mercatali - Verona, Viale del Lavoro, 11 8-9 novembre 2022 dalle 10:00 alle 17:00 Autore: Guido Parri EVENTI Nasce NEXT HABIT, un nuovo modo di immaginare l’evoluzione della cucina del futuro clicca e leggi l’articolo sul web 64 | ottobre 2022

Incontro al futuro

Next Habit è un percorso di emozioni, ispirazioni, informazioni tecniche per i professionisti della cucina. Un nuovo modo di creare concrete opportunità di business in una situazione coinvolgente ed esclusiva.

Next Habit - immagina . cucina . evolvi

Main partners

Next Habit è un evento riservato agli operatori professionali del settore della ristorazione e dell’ospitalità. Il numero dei partecipanti è limitato.

Verona Gallerie Mercatali 8 | 9 novembre 2022
IDEE E ATTREZZATURE PER LA CUCINA PROFESSIONALE
PRODOTTO DA

La Mela Rosa Romana dell’Appennino Tosco-Emiliano

La mela “Rosa Romana” è un frutto antico dell’Appennino Tosco-Emiliano dove sembra fosse coltivata già dagli Etruschi, per poi essere diffusa dai romani in Italia da nord a sud della penisola (affreschi pompeiani ne riproducono cesti). Ulisse Aldrovandi (naturalista e botanico, studioso delle diversità del mondo vivente) la illustra e descrive alla fine del ‘500, ipotizzandone l’origine nell’Epiro. Una ricerca dell’Università di Bologna (Distal) ha censito settanta siti con piante di Rosa Romana sopravvissute sull’Appennino nelle provincie di Bologna e Pistoia. Molti sono alberi secolari riscoperti vicino a siti archeologici etruschi e romani, a volte presso pievi e castelli.

Questo frutto per secoli ha alimentato un fiorente commercio lungo il nostro paese e verso l’estero, fino agli anni ’50 del secolo scorso, costituendo uno fra i principali nutrienti delle popolazioni montane assieme a castagne-marroni e derivati, quando fu abbandonato a favore della melicoltura di pianura, più adatta a gestioni intensive e meccanizzate. L’attenzione che da alcuni anni viene rivolta alle produzioni ambientalmente sostenibili, naturali, biologiche e biodinamiche, di elevato valore nutrizionale, restituisce oggi a questa mela appenninica nuovo valore e potenziali nuovi mercati.

La mela Rosa Romana fruttifica fra i 300 e i 900 metri d’altitudine e la sua raccolta inizia intorno alla metà di ottobre. La buccia giallo-verde sfumata di rosso brillante nella parte esposta al sole; il peduncolo corto, leggermente cerosa e untuosa, con conseguente beneficio per la conservazione prolungata fuori del frigo sono le caratteristiche distintive di questi frutti piccoli e appiattiti. La polpa compatta e succosa, dal gusto dolce e acidulo molto equilibrato, presenta (ancor di più nella buccia) una elevata percentuale di fenoli. Spiccate sono le sue qualità salutistiche, cosiddette nutraceutiche per i positivi effetti sulla pre-

Autore: Bruno Damini clicca e leggi l’articolo sul web
NICCHIE
www.melarosaromana.com

venzione di malattie varie (dalla sfera cardiaca e quella tumorale), anche con effetti antiossidanti per contrastare l’invecchiamento cellulare. Sono stati divulgati importanti risultati clinici, con diete a base di mele Rosa Romana e affini, da parte di Istituti di ricerca universitari (Bologna, Trento, Camerino, Napoli-Portici).

È una mela ottima per il consumo da fresco ma molto versatile per varie preparazioni in cucina e in pasticceria. Se ne ricava anche un bell’aceto e degli ottimi estratti che non necessitano di conservanti se non di una breve pastorizzazione.

Con tutto ciò, la varietà “Rosa Romana” rimane ancora oggi un tesoro nascosto. Quasi scomparsa al pari di altra frutta del passato ne sopravvivono ancora esemplari piantati nell’anteguerra, alcuni addirittura ultracentenari, spesso abbandonati dai proprietari dei terreni. Dall’instancabile ricerca e recupero alla fruttificazione di questi patriarchi  è nato un progetto di rilancio e valorizzazione, attraverso il mondo della ristorazione e dell’artigianato alimentare di qualità, grazie all’impegno dell’Associazione Mela Rosa Romana dell’Appennino Tosco-Emiliano presieduta da Dario Mingarelli affiancato dal coltivatore-commerciante Antonio Carboni e dal giornalista del Resto del Carlino Gabriele Mignardi, infaticabile scout delle tradizioni eno-gastronomiche rurali dell’Appennino Bolognese, supportati in campo scientifico da un illustre pomologo di fama internazionale, Silviero Sansavini, professore emerito dell’Università degli Studi di Bologna. Per rafforzare la comunicazione sulle qualità e la versatilità alimentare di questa mela sono state organizzate dal GAL con l’Associazione Mela Rosa Romana dell’Appennino iniziative pubbliche e cene in note trattorie della provincia bolognese mentre grandi artigiani e ristoratori l’hanno adottata nelle loro preparazioni e nei menu stagionali. Fra questi il pasticcere Gino Fabbri, Alberto Bettini della stellata Trattoria Amerigo 1934 a Savigno in Valsamoggia, il gelatiere Andrea Bandiera con la sua Cremeria Scirocco e il panificatore Matteo Calzolari col suo Forno Calzolari.

All’impegno di esperti ed appassionati e al sostegno delle istituzioni si è associata la Fondazione Slow Food, attraverso Slow Food Emilia-Romagna, che ha accolto la mela Rosa Romana nell’Arca del Gusto.

Ma torniamo alla nostra task force di “pronto intervento”, al gruppo di amici che condividono la passione per questa mela preziosa e, attraverso i ricordi di vecchi contadini e un continuo passaparola, partono alla ricerca di meli dimenticati, spesso in zone impervie e difficilmente raggiungibili se non con fuoristrada e lunghe scarpinate nei boschi com’è accaduto recentemente a Chiapporato, magico borgo di origini cinquecentesche oggi abbandonato, isolato nei boschi del Parco Regionale Laghi di Suviana e Brasimone, a quasi 900 metri di altitudine.

Individuata la pianta “patriarca” il gruppo ne raccoglie frutti, foglie, gemme e fotografie da consegnare al Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroalimentari dell’Università di Bologna per il riconoscimento della varietà anche attraverso l’analisi molecolare coi marcatori del DNA.

La coltivazione è rigorosamente biologica e questo comporta rese minori e costi maggiori. Antonio Carboni ha 800 piante e non le sottopone ad alcun tipo di trattamento. La sua produzione che non basterebbe a corrispondere alla richiesta crescente ma a lui si rivolgono i coltivatori (massimamente concentrati in Valsamoggia) sapendo di spuntare prezzi favorevoli e continuità d’acquisto. Talvolta le mele che non hanno subito alcun trattamento presentano qualche ticchiolatura. Bisogna solo convincere le persone che la perfezione apparente di un frutto non è di per sé garanzia di bontà ma può essere indice di continui trattamenti. Insomma, il raccolto quantitativamente ridotto, visto l’areale di coltivazione, la qualità altissima, i costi di impianto e il tempo necessario per arrivare alla produzione dei frutti che si aggira intorno ai 4-5 anni, valorizzano l’unicità del prodotto arricchito ulteriormente dalla narrazione intorno a questa mela, dal racconto storico e il rimando alla tradizione.

Dario Mingarelli e Antonio Carboni - Associazione Mela Rosa Romana dell’Appennino Tosco-Emiliano
69| ottobre 2022
Pan Surgelati Srl | I-39055 Laives | www.pan.it | info@pan.it Seguici su @panfoodservice Info e suggerimenti su: www.pan.it » Mele fresche e succose » Strudel di mele: monoporzione giá cotta » Frittelle di mele: ideali per il Vostro menu autunnale

Autore: Luigi Franchi

Menodiciotto

Il gelato per la ristorazione

Può, da un ristorante con due stelle Michelin, nasce re un’azienda di gelato? La risposta sta nella storia di Menodiciotto, un’azienda nata nel 1986, grazie all’in tuizione di Luca Grassi, al tempo proprietario del ri storante Gatto Nero, due stelle Michelin a Torino, che sul gelato cadeva male perché non c’era, a quei tempi, nessuno in grado di soddisfarlo. Erano altri tempi sicu ramente ma per chi andava in un due stelle Michelin la prospettiva era identica a quella contemporanea: star bene dall’inizio alla fine.

Luca Grassi lasciò il ristorante ai parenti e si mise a capire come doveva essere fatto un gelato degno di tale nome.

“Ci volle pazienza, tempo di studio, investimenti dap prima in tecnologia poi in agricoltura per raggiungere ciò che siamo ora. In agricoltura si, perché il latte che usiamo per i nostri gelati lo ricaviamo dalle nostre vac che in una stalla in condivisione alle porte della città” racconta con orgoglio Luca.

1986: una piccola gelateria per vendere ai ristoratori

Il primo passo fu l’acquisto di una macchina per fare il gelato, a cui seguì l’apertura di una piccola gelate ria per fornire i ristoratori. Il problema che aveva lui quando era al Gatto Nero non avrebbero più dovuto averlo i colleghi. I primi gusti che uscirono erano for temente innovativi come limone e salvia per capirci. Materie prime di assoluta eccellenza e una crescita lenta ma costante di quella che, fin dall’inizio, venne chiamata Menodiciotto, dl nome dell’unico conservan te che ancora oggi usano in azienda: il freddo.

Fu negli anni Duemila che avvennero diverse svolte. Nel 2009 una nuova apertura di gelateria al pubblico in Piazza Castello a Torino da cui ricavare il feedback direttamente dai clienti. Seguirono le aperture di altre sei gelaterie: a Bolzano, Roma, Londra, in North Ca rolina dove mandano il gelato direttamente dall’Italia. Tutte con personale dipendente e non in franchising.

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PRODUZIONE
www.meno18.com
72 | ottobre 2022

Nel 2011 l’ingresso in azienda della figlia, Marzia Gras si, laureata in ingegneria gestionale, segna l’inizio di un percorso che porta Menodiciotto ad ottenere le certifica zioni di qualità che oggi ne fanno un’azienda modello.

Quando avevo 12 anni ci volevano comprare

Marzia entra in azienda, all’apparenza, per una crisi di rimorso. “Quando avevo dodici anni ci volevano compra re. – racconta – E io? Disse ai suoi genitori. Cosa farò da grande?”.

In realtà Marzia oggi è l’anima dell’azienda. A lei non sono demandati solamente i processi delle certificazioni. È l’anima commerciale, la responsabile delle pubbliche relazioni, il tramite tra la stalla e l’azienda. Ogni cosa passa al suo vaglio, in un rapporto di forte collaborazione con papà Luca che si occupa della parte produttiva.

La ristorazione, primo cliente

Non hanno mai abbandonato la ristorazione che, ancor oggi, resta il cliente privilegiato anche se tanti ristoranti spacciano per propri i gelati Menodiciotto.

“Ci sta – dice Marzia Grassi – Per noi è significativo che la qualità venga riconosciuta e, cosa c’è di più vero, se un ristoratore la fa propria. Crediamo, però, che il gelato nel la ristorazione debba assumere un ruolo più importante e, per questo, proponiamo la carta dei gelati che qualche ristoratore comincia a tenere”.

I distributori per la ristorazione

Quando si parla di distribuzione del gelato nel settore del la ristorazione immancabilmente ci si trova di fronte ad alcuni problemi ricorrenti: come formare la forza vendita su un prodotto così specifico; come riuscire a portare il prodotto ai potenziali clienti e farglielo assaggiare senza che si sciolga; come promuovere i gelati e i sorbetti spes so trascurati tra le proposte di dessert; come superare il tradizionalismo di molti clienti restii a provare nuovi pro dotti; quale marginalità ha il gelato per far sì che diventi interessante venderlo.

Sono solo alcuni dei problemi che, ogni giorno, un distri butore si pone e, spesso, l’azienda produttrice non è un partner per la soluzione di questi quesiti. Menodiciotto, invece, ha adottato una politica di forte collaborazione mettendo a disposizione risorse e soluzioni quali: la for mazione ai venditori, organizzando veri e propri corsi di formazione per la forza vendita; un kit-degustazione da portare con sé presso il cliente con quattro gusti a scelta; brochure personalizzate per i venditori con la presenta zione dei prodotti; una carta dei gelati personalizzabile sul singolo locale; confezioni studiate appositamente per minimizzare gli sprechi e riutilizzabili; la disponibilità a studiare abbinamenti personalizzati.

“Costa meno spendere di più” afferma Marzia al termine di questa conversazione e ha ragione!

73| ottobre 2022
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Nuove “linguine di verdura, piselli e lenticchie” Laboratorio Tortellini®

Alta tradizione, la prima proposta plant based di Surgital

La verdura a forma di pasta: le nuove Linguine di verdura, piselli e lenticchie sono la prima referenza interamente plant based di Laboratorio Tortellini ® - Alta Tradizione, linea storica di Surgital. Una proposta altamente innovativa, in cui l’azienda ha racchiuso tutto il know how maturato nel mondo della pasta fresca surgelata, ma in un’accezione contemporanea e in linea con i food trend del momento che, secondo le stime mondiali, vedono il plant based in crescita del 63% entro il 2030 (fonte Bloomberg, OECD, FAO, The Good Food Institute).

Queste Linguine sono rivolte a tutti i professionisti della ristorazione e offrono loro la preziosa possibilità di arricchire il menù con una proposta già testata con grande apprezzamento dal mercato americano - da sempre considerato come banco di prova per analizzare le tendenze di consumo alimentare -, dove i cibi

plant based sono in decisa ascesa.

Le nuove Linguine di verdura, piselli e lenticchie Laboratorio Tortellini ® - Alta Tradizione sono a base di verdura (cavolfiore) e farina di piselli e lenticchie, facili da preparare in un solo minuto in acqua bollente o in 4 minuti direttamente in padella con la salsa desiderata. Una pasta completamente vegetale che offre un’alternativa vegana appetibile per tutti, davvero strategica per l’Ho.Re.Ca.: in questo settore, secondo un’analisi di Intertek Group, in Italia l’offerta dei piatti vegani è aumentata del 17%, accrescendo ulteriormente l’impennata del 70% registrata nel 2020, e il fatturato dei ristoranti specializzati in offerte veg nel 2021 è cresciuto del 31% rispetto al 2020 (anche in questo caso, nel 2020 la crescita aveva già subito un aumento a tre cifre, il + 160%).

I dati svelano che quasi 9 volte su 10 chi ordina un

Autrice: Marina Caccialanza clicca e leggi l’articolo sul web
PRODUZIONE
76 | ottobre 2022

piatto a base vegetale si dichiara non vegetariano (Fonte Analisi mercato plant based Surgital by Intertek Group, mercato Italia), a dimostrazione di come la scelta di inserire in menù questa tipologia di proposta non sia limitante ma, anzi, espansiva per il giro d’affari. Il veg, dunque, non è più da considerare una nicchia di mercato, ma un’opportunità da proporre agli onnivori che affrontano l’esperienza del cibo fuori casa con spirito di curiosità. Già oggi il 40% dei consumatori italiani limita il consumo di alimenti di origine animale (fonte Eurispes 2021) e con questa pasta l’azienda offre una valida opportunità per intercettare un mercato più ampio e al passo con i tempi. Insomma, il veg funziona anche tra quei consumatori che cercano prodotti vegetali senza essere vegani o vegetariani.

Un prodotto adatto davvero per tutti, con un target potenziale molto ampio, che comprende chi ama sperimentare, variare e che strizza l’occhio a chi è attento al profilo nutrizionale di ciò che mangia, visto che queste linguine sono senza grassi saturi e fonte di fibra.

Una proposta che tiene in grande considerazione anche la sostenibilità, fattore che oggi riguarda sempre più anche la ristorazione di qualità. In questo senso, le nuove Linguine di verdura, piselli e lenticchie Laboratorio Tortellini ® - Alta Tradizione assecondano uno stile alimentare che nasce da una scelta di rispetto per il proprio organismo e per l’ambiente in tutte le sue forme di vita, che metta al centro la biodiversità e i ritmi della natura, così come la valorizzazione dei prodotti semplici, privi di additivi coloranti, conservanti o aromi, caratterizzati da una lista ingredienti corta e costituita da materie prime manipolate il meno possibile.

Altro pregio delle nuove Linguine di verdura, piselli e lenticchie Laboratorio Tortellini ® - Alta Tradizione è l’ottima texture, che mantiene una perfetta tenuta in cottura, sempre al dente, limitando così il margine di errore anche per chi non ha mai provato a preparare questa tipologia di pasta. Ulteriore benefit, che riguarda tutte le linee Surgital, è la surgelazione, ideale non solo per soluzioni sempre a portata di freezer, ma anche per una maggior sicurezza alimentare e per una più puntuale gestione delle scorte, che ha come conseguenza un miglior controllo del food cost nel suo complesso.

Infine la versatilità: i professionisti della ristorazione che scelgono di introdurre questa referenza possono ampliare il menù con una pasta che si adatta a innumerevoli preparazioni. Il sapore delicato delle le nuove Linguine di verdura, piselli e lenticchie Laboratorio Tortellini ® - Alta Tradizione, infatti, le rende perfette per tanti diversi primi piatti e Surgital ha preparato una serie di ricette di grande appeal e per tutte le esigenze, da quelle di chi vuole variare il proprio

menù, a quelle del manager di mense, villaggi turistici, parchi divertimento, aree di servizio e mezzi di trasporto come treni, navi e aerei.

Le ricette sono reperibili sul materiale informativo preparato appositamente.

La scelta di inserire questa nuovissima tipologia di prodotto in Laboratorio Tortellini ® - Alta Tradizione, linea storica con oltre 140 referenze della tradizione legata alla pasta fresca surgelata, dimostra quanto Surgital abbia studiato il mercato. Un approccio che le ha permesso di intuire le potenzialità di un alimento moderno che contribuisce a rendere più attuale la gamma.

Le Linguine di verdura, piselli e lenticchie Laboratorio Tortellini ® - Alta Tradizione entrano dunque a far parte di una linea storica, nata per soddisfare la creatività e le esigenze di ogni ristoratore con importanti aspetti di servizio (in primis la surgelazione che rende sempre disponibile la pasta fresca in ogni cucina del mondo), divenendo un autentico punto di riferimento, insieme agli altri brand aziendali, del settore foodservice. Caratteristica distintiva del marchio è la sfoglia che anche in questo nuovo prodotto non tradisce mai le attese, nel rispetto della tradizione che sposa nuove frontiere nel solco della cultura gastronomica italiana, di cui Surgital è fiera rappresentante.

Un inno alla creatività sposata alla ricerca di un’azienda in continua crescita, vero e proprio laboratorio della pasta fresca, a disposizione dei professionisti del cibo di tutto il mondo.

77| ottobre 2022

Esperienza pandemia e post pandemia:

La pandemia, pur essendo stata un momento molto diffi cile per tutti ha, per contro, innescato nelle aziende mec canismi nuovi, aperti a modalità innovative di relazionar si con il mercato e con i clienti.Il food è da sempre legato all’assaggio, alla condivisione del gusto del prodotto e alla qualità che il prodotto esprime.

L’impossibilità di partecipazione a fiere, viaggi e visite in presenza, cancellate o ridotte, ha accelerato in T&C la ricerca di nuove modalità di contatto azienda mercato: webinair, call, video ricette, video presentazioni han no permesso all’azienda di essere ancora più vicina ai clienti, siano essi food service, rete vendita e in dustria. Ma ora siamo ripartiti con nuove opportunità ed eventi fieristici a livello nazionale ed internazionale!

#tuttoètrasformabile#

Il pay off di T&C è #tuttoètrasformabile#, cioè la ma teria prima, il tartufo, da prodotto della terra, attraverso

processi di lavorazione curati attentamente in ogni loro fase, può essere trasformata per diventare semilavorati pronti per la creazione di molteplici ricette; essiccati in polvere, congelati, in salamoia, in diversi tagli uti lizzabili per l’Industria alimentare; siano essi salumi, formaggi, pasta all’uovo, snack etc.

Come i tagli che compie abilmente, con esperienza, un sarto per fare un abito cucito su misura, così cerca di essere T&C con il Tartufo!

La soddisfazione del cliente continua a essere la mission aziendale, per assistere il cliente in ogni sua richiesta.

Il tartufo in T&C è, certamente, anche prodotto finito e pronto all’uso: salse, creme e condimenti di vario tipo a base di tartufo, in grado di offrire varie possibilità e idee per i menù dedicati all’horeca, il catering e il retail.

I tartufi congelati sono perfetti per avere a menù, tutto l’anno, piatti al tartufo, così come l’essiccato da lavorare

PRODUZIONE
Da T&C Tartufi nuove modalità per raggiungere il mercato www.tectartufi.it clicca e leggi l’articolo sul web 78 | ottobre 2022

in ricette più facili, o i tartufi in olio o in salamoia che mantengono il profumo e la freschezza originale e diven tano dei protagonisti in cucina per nobilitare i piatti.

A questi prodotti su cui lo chef “lavora” con il suo inter vento e la sua creatività per realizzare ricette importanti, vanno ad abbinarsi le creme iconiche di T&C, prodotti di altissima gamma con il 60/70% di tartufo in purezza.

Dal best seller della salsa tartufata alla crema in purezza al tartufo bianco, dalle scaglie di tartufo in olio, ideali per la decorazione finale, l’offerta di T&C risponde alle molteplici esigenze della ristorazione, dall’apericena del locale più trendy all’alta ristorazione italiana.

Il food cost dei prodotti T&C, argomento oggi più impor tante di sempre per la ristorazione, rappresenta un punto focale per T&C e permette al ristoratore di avere sempre sotto controllo i costi.

Avere a menù, tutto l’anno, piatti al tartufo innalza il livello percepito della cucina e del locale da parte della clientela finale.

Che sia una pizza o una tagliatella al tartufo, si offre la possibilità di gustare tutto l’anno i prodotti T&C e, con un approccio democratico al prezzo, il consumatore sarà disposto ad assaggiare e a dare importanza al piatto sen za problemi di fronte a un prodotto di nicchia come il Re della terra.

T&C Tartufi: l’azienda T&C e la scuola, un progetto italiano ecosostenibile

Il legame tra scuola e azienda si rende sempre più neces sario e auspicabile.

L’ alternanza scuola e lavoro è stato un inizio per T&C Tartufi, che ha collaborato durante la Fiera del Tartufo con studenti del corso di Sala dell’Istituto Santa Marta di Pesaro.

La collaborazione con Matteo Cignetti, il vincitore delle Olimpiadi in India come il più giovane chef 2022 al mon do, ha fatto maturare le condizioni per un ulteriore passo avanti.

Il nuovo progetto che partirà nei prossimi mesi riguarda la “Buona Scuola “.

T&C concluderà entro il 2022 il progetto La Buona Ita lia, il viaggio italiano che T&C ha fatto attraverso tutte le regioni tramite ex concorrenti MasterChef, appassionati food blogger e chef che hanno rivisitato piatti tipici di ricette regionali con l’apporto dei prodotti al tartufo T&C.

Il progetto la Buona Scuola è incentrato sulla forma zione e sulla sostenibilità, nulla è più sostenibile del tartufo che cresce solo a condizione di trovare un am biente salubre, privo di pesticidi e di agenti o situazioni inquinanti.

La creatività richiesta ai giovani studenti delle scuole coinvolte sarà legata a:

• riutilizzo di materie prime povere

• utilizzo di ingredienti a km zero del territorio

• riuso di prodotti rimasti in cucina (pane raffermo, arrosti da poter utilizzare per ripieni, foglie di ve getali etc.)

• ricette veloci con pochi ingredienti sani, sicuri e si nonimi di qualità.

L’obiettivo è arrivare alla seguente formula di economia circolare: prodotto di T&C tartufi+gusto+creatività+0 spreco=sostenibilità.

Le ricette che nasceranno nell’ ambito delle varie scuole e Università del territorio nazionale, private e pubbliche, saranno promozionate sui social di T&C Tartufi: IG, FB, LK e siti aziendali.

L’obiettivo è anche portare cultura e creatività nella ristorazione, troppo spesso impegnata per fare ricer ca sull’argomento.

Inoltre, il food cost dei prodotti T&C è particolarmen te interessante per l’horeca e il fatto che futuri chef o operatori della ristorazione siano coinvolti nella creazione di ricette sostenibili al tartufo è un passo avanti per chi domani dovrà bilanciare gusto, qualità e costi.

Contemporaneamente la creatività dei giovani chef sarà proattiva nell’inventare ricette moderne al tartufo.

Il tartufo è un prodotto affascinante, prezioso e miste rioso, ma ancora oggi “ingabbiato” in piatti tradizionali mentre, viceversa, il re della terra possiede una eccezionale versatilità e modernità.

Le scuole coinvolte saranno ovviamente oggetto di pro mozione e verrà data visibilità al territorio.

79| ottobre 2022

Riso Nuvola, tra consolidazioni e futuro

www.risonuvola.it

Come si fa ad affrontare il futuro?

È una domanda che ci poniamo spesso, soprattutto in questo periodo, e la poniamo anche alle aziende della filiera agroalimentare che quotidianamente abbiamo la fortuna di incontrare. Quando la risposta arriva dal campo, o dal laboratorio, più che dalle parole, assume tutt’altro significato: significa che c’è un tentativo di direzionamento preciso, un pensiero lungimirante.

Questa volta la domanda l’abbiamo rivolta a Pasquale

Barbato di Riso Nuvola, azienda sita a Castel D’Ario, piccola cittadina in provincia di Mantova storicamente legata al consumo di riso, in particolare del tradizio nale riso alla pilota.

Riso Nuvola non è nuova alle pagine di questo maga zine: abbiamo già raccontato la sua storia, l’origine del nome (un omaggio a Tazio Nuvolari, famoso pilota originario di Castel D’ario, ma anche un’associazione

alle caratteristiche del riso, bianco e leggero come una nuvola), quindi decantato le peculiarità dei loro risi, prodotti di grande personalità che, una volta provati, è difficile abbandonare, specie se si vuole garantire al proprio cliente un riso italiano di alta qualità, ma anche fortemente connotato.

Il segreto di Riso Nuvola

Riso Nuvola lavora per valorizzare la biodiversità. Dal campo, e per tutto il processo di lavorazione, infatti, si punta a coniugare le caratteristiche organolettiche tipiche di ciascuna varietà ad alcuni tratti distintivi che permettano di identificare questi chicchi rispetto ad altri: leggerezza, profumi, gusto e tenuta in cottura. Questo approccio vale per i risi classici (Vialone nano, Parboiled, Carnaroli, Arborio e Basmati), per gli integrali (il riso Venere e il riso Ermes, alternativi, originali e salutari) e senz’altro anche per i risi della

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PRODUZIONE
80 | ottobre 2022

Selezione (ottenuti dai migliori chicchi accuratamen te scelti delle varietà Carnaroli e Vialone nano, ideali per chi vuole assaggiare o proporre nel suo ristorante un riso con un altissimo profilo organolettico). Tutti questi prodotti sono disponibili anche nell’assorti mento dei soci del gruppo Cateringross anche con il marchio BigChef.

Ma, dicevamo, con Riso Nuvola abbiamo parlato anche di futuro, oltre che di consolidazioni, no? E dunque, dopo essere entrati nel mercato lo scorso anno con le tagliatelle di riso - un prodotto semi-artigianale a lun ga essiccazione, dalla consistenza spiccata, apprezza tissimo da professionisti e non solo - quest’anno l’a zienda lancia una nuova referenza: la farina di riso

“In Italia abbiamo una scarsissima conoscenza della farina di riso. Eppure è un ingrediente sostitutivo o com plementare davvero straordinario: si può utilizzare per la pastella, per i dolci, per qualsiasi genere di prepa razione, persino per la pizza. Il suo impiego si traduce in maggiore leggerezza e digeribilità e questo al giorno d’oggi è fondamentale” ci anticipa subito Pasquale, so cio fondatore, sempre attento a rispondere alle esigen ze poste da chi lavora nel settore.

“La nostra farina di riso deriva dalla lavorazione della va rietà thai fragrant, quella che per noi si presta meglio perché naturalmente profumata” - continua “Sottoponiamo i chicchi a una molitura con macine moderne, messe a disposizione da una bella azienda, con cui ci sentiamo in sintonia nel modus operandi: il Molino Gaspari di Modena. Un elemento di cui si parla poco è la temperatura di macinazione: nel nostro caso quando tocchiamo la soglia dei 40 gradi la macina si ferma in modo da preservare le proprietà del riso. È un dettaglio importante, che fa la differenza. Come lo fa la scelta di fermarsi ad una granulometria medio - fine e non fine, per evitare di intaccare l’integrità del prodot to”.

A proposito di integrità. C’è una cosa che colpisce sempre chi assaggia per la prima volta i prodotti Riso Nuvola: è proprio l’integrità. Che si tratti di un chicco di riso, della tagliatella di riso, o della nuova entrata, la farina di riso, ciò che arriva al tatto, all’olfatto e poi al gusto è la genuinità e veridicità del prodotto. La sua unicità. E quest’ultima referenza lanciata, la fari na di riso, è la testimonianza che se in un’azienda c’è affermazione d’identità, quella è in grado di governare qualsiasi nuova sfida.

81| ottobre 2022

La Toscana e la trattoria, Firenze e la bistecca non a caso detta “alla fiorentina”. Realtà o stereotipi? Luigi Veronelli, quasi cinquant’anni fa, tuonava contro la toscanità costruita e millantata. Eppure, senza voler smentire il grande comunicatore, non si tratta di immaginario collettivo, perché la fama dei toscani gente schietta, ironica e sanguigna, rispecchia un’identità che nei secoli ha trasmesso sentimenti e idee che non ammettono mezze misure: sei guelfo o ghibellino, bianco o nero.

Firenze e l’apoteosi del territorio

Terra di grandi vini, olio robusto, natura vigorosa e carni generose. La Toscana è gra ante nei modi e nella sostanza e Firenze, crogiolo ed emblema di tradizione, è depositaria di specificità e paradiso gastronomico, ancorata alla storia ma protesa alla scoperta

La cucina toscana affonda le sue radici in quella contadina che si unisce in modo armonioso alle tradizioni medicee, influenzate in certo qual modo da quelle francesi. Se Caterina de’ Medici portò la raffinatezza italiana alla corte di Francia, è anche vero che trasmise un po’ di quella francese ai suoi concittadini. Una miscellanea di gusti e tradizioni. La volontà di conservare e tramandare consuetudini genuine, gusti che rimangono nella memoria, emozioni.

Una città vasta che protende le sue braccia all’hinterland

A Firenze c’è tutto: arte, moda, industria; il centro storico non è più il solo ad accogliere perché la città si estende e, negli anni, ha inglobato nella sua cerchia piccoli centri e località che oggi formano quel substrato periferico che completa il panorama cittadino.

All’estrema periferia di Firenze, nei pressi dell’aeroporto e dell’autostrada, Da Burde, dello chef Paolo Gori, è diventato un punto di riferimento. “Viviamo la dinamica del centro minore – spiega Gori – lontani dalle vie del centro, lungo le vie di comunicazione. Siamo la trattoria della gente che lavora, un posto dove si va perché si conosce, se sei di passaggio. Siamo la trattoria dei fiorentini che vengono nella pausa di mezzogiorno, per uno spuntino o per un pranzo di lavoro. Siamo chiusi la domenica, aperti la sera un solo giorno la settimana”.

Un locale diviso in più anime, come quelli di una volta, un po’ bottega, un po’ trattoria; la cucina è la stessa ma si può scegliere un tavolo informale, per una pausa pranzo veloce, oppure una delle sale interne che si snodano alle spalle della bottega per una sosta più lenta, tutta da gustare. Qualcuno arriva apposta dal centro perché lo sa, qui si sta bene e si godono atmosfera e sapori genuini, storici.

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FARE RISTORAZIONE
82 | ottobre 2022

Bottega di alimentari, cantina, tabaccheria, bar, c’è tutto Da Burde. Periodicamente Paolo Gori organizza serate di degustazione con piatti tipici in abbinamento ai vini della bottega: sono diventate un appuntamento fisso. “Ai fiorentini piace così – racconta Paolo Gori – amano mangiare, vogliono porzioni generose e piatti tipici che ricordano la storia culinaria della regione. Essendo noi decentrati, vengono apposta da ogni parte della città, perché sanno di trovare quella cucina che a casa non si fa quasi più, e allora vengono da noi; è la cucina delle lunghe cotture, delle zuppe, dei legumi e, certamente, della bistecca come la intendiamo noi. Vogliono la ribol lita, la francesina, la pappa al pomodoro, il peposo e il lampredotto. Piatti che richiedono materie prime locali da ricercare accuratamente, che si cucinano per grandi dosi, con metodi antichi, come una volta. Siamo come le vecchie trattorie fiorentine che i turisti cercano tanto per ché narrate nelle guide, solo che siamo in periferia e da noi i turisti sono pochi: da noi vengono i fiorentini”.

Un ristorante che esprime ciò che è “essenziale”

Nel panorama fiorentino c’è posto anche per l’innovazio ne ed Essenziale, il ristorante dello chef Simone Cipria ni ne è l’esempio. Un approccio diverso, quello che ha ideato lo chef Cipriani che punta a fare ristorazione di alta qualità alla portata di tutti: non solo come prezzo ma come concetto e servizio.

“Ho scelto di proporre di volta in volta – spiega Cipriani –quello che per noi è importante, è essenziale. Per questo il menù, che cambia spesso, rispecchia ogni anno la real tà del momento e ciò che si vuole trasmettere. Quest’an no il menù è stato ridotto a 3 antipasti, 3 primi, 3 secondi per una ragione molto semplice ma fondamentale: la so stenibilità è importante, più scelta vuol dire più prodotti che girano per il ristorante e più sprechi, anche a livello ambientale. Per questo, abbiamo cercato di ridurre al mi nimo tutto ciò che usiamo: ogni prodotto è utilizzato al

massimo delle sue possibilità, ognuno di noi – siamo tutti giovani – sappiamo come impiegarli al meglio in base a un’organizzazione del lavoro meticolosa e strutturata. Non è semplice, ma tutto è calibrato al millimetro per ot tenere una resa ottimale e funziona. I miei sous chef Neri Reggioli e Silvio Taddei condividono con me questa filo sofia e, insieme, abbiamo raggiunto un buon equilibrio, in cucina e in sala”.

La squadra è importante, la formazione continua un re quisito fondamentale. La clientela cambia continuamen te ma tutti apprezzano l’atmosfera del luogo: informale, accogliente, cordiale. Non solo fiorentini di tutte le età, ma turisti incuriositi e incoraggiati dall’atmosfera che regna da Essenziale: di qualità ma senza etichette restrit tive: “A volte, in un luogo troppo formale il cliente si sente in imbarazzo, noi vogliamo metterlo a suo agio, come a casa, vogliamo che stia bene con noi. Per questo abbiamo istituito il cassetto delle posate dove ognuno si serve a piacere, per questo abbiamo ideato la lista dei consigli di comportamento – fare scarpetta per esempio – per dare un servizio sartoriale sereno e cordiale, quella cordialità tipica italiana che ci invidiano in tutto il mondo. Con con sapevolezza, però, con metodo”.

Narra la leggenda…di antiche ricette, sapori e piaceri

Una cucina coinvolgente e conviviale in cui la bellezza del pasto, non risiede solo nel cibo ma nell’armonia sca turita dall’incontro tra gli ospiti, lo chef, la sala, l’arte e la natura. È questa la filosofia che ispira gli chef Filippo Sa porito e Ombretta Giovannini, sinergia in tavola e nella vita, e costituisce l’attrattiva de La Leggenda dei Frati, un ristorante unico per location e stile culinario. Racconta Filippo Saporito, una stella Michelin, pre sidente JRE Italia: “Negli ultimi anni la proposta gastro nomica fiorentina, legata alle tipicità, si è evoluta e va riegata con locali originali e osterie moderne. I ristoranti gourmet di ottima referenza, per il momento, sono ancora pochi ma in aumento grazie anche all’offerta alberghiera rinnovata che ha cambiato l’aspetto della ristorazione in hotel e creato un panorama gastronomico di tutto rispet to e una crescita qualitativa notevole. Noi ci troviamo in un luogo unico nel suo genere, La Villa Bardini, la cui prima struttura architettonica risale al rinascimento e che oggi è Museo d’Arte, a due passi dal Ponte vecchio, immersa in un giardino con orto e frutteto affiancati dalle mura medioevali della Città. Siamo entrati in punta di piedi, sette anni fa, provenienti da Siena, e ci siamo concentrati sul cliente”. Il legame col territorio, l’armonia con l’ambiente, sono importanti ma quando si attraversa un momento di tran sizione non è semplice intercettare ed esprimere il con cetto di una cucina identificata solo con pappa col pomo doro e bistecca, ci vuole una visione.

“Firenze ha una tradizione culinaria di altissimo livello – spiega chef Saporito – che, da Caterina de’ Medici in poi, si regge su una fattura eccellente e materie prime di straordinaria qualità. Per me, qualità vuol dire cercare intorno al ristorante, nei limiti del possibile, privilegiare quei prodotti in grado di generare il minor impatto am bientale: il legame col territorio è la chiave di lettura della mia cucina. Per questo ho sempre avuto un orto, prendo quello che trovo intorno a me e cerco di esaltarlo. Per questo non ho mai cucinato fegato grasso ma fegatini di pollo, non propongo aragoste ma acciughe”. La Leggenda dei Frati offre un’esperienza, non solo cibo. Chi entra si immerge nell’atmosfera e gusta il luo go, nell’ambiente e nella cucina. È un’esperienza com pleta che comprende una visita al museo, una passeg giata nei giardini. “I turisti – afferma Saporito – restano estasiati. In questo momento sono soprattutto americani, canadesi, brasiliani. Prenotano la cena insieme al viaggio e per il menù si affidano a noi; riconoscono l’identità del luogo, capiscono che diamo loro il massimo e ci ripagano comunicandolo al resto del mondo. Offriamo loro il trino mio cucina, arte e natura, uno sguardo su una terra me ravigliosa, la Toscana, l’emozione di vivere, anche solo per il tempo di una cena, la magia della storia”.

84 | ottobre 2022
L’olio extra vergine di oliva 100% italiano EQUILIBRIO GUSTO ELEGANZA www.leprandine.com Le Prandine rappresenta l'eccellenza territoriale dell'Olio di Oliva Extra Vergine del Lago di Garda.

Rosso di Sera… e la pizza è servita!

Per gli italiani, e non solo, la pizza è il comfort food per eccellenza. Nel mondo della pizza, ormai, si può scegliere tra mille proposte, tutte interessanti e gusto se ma, nell’immaginario comune di ognuno di noi, la pizza napoletana rappresenta l’origine, è la “pizza”. C’è un locale a Taranto dove la pizza napoletana rias sume i valori storici e, al tempo stesso, prepara e pro pone l’evoluzione contemporanea di uno stile inegua gliabile, quello che emerge e conquista perché frutto di attenta progettazione e professionalità altissima.

Merito di Antonio Caracciolo e del suo socio Pasquale De Michele, architetto il primo, ex direttore di ban ca il secondo. Due amici che decidono, con cognizione, 5 anni fa, di intraprendere un’attività nuova, e lo fan no impostando la realizzazione con metodi ponderati e studiati: non è un’avventura, è un progetto. “Siamo stati i primi – racconta Antonio Caracciolo –a proporre a Taranto la cosiddetta ‘pizza napoletana contemporanea’ ovvero quella pizza di stampo napole tano, col cornicione alto, prodotta per mezzo di pre-fer

Un progetto studiato con professionalità, un locale che al gusto tradizionale unisce l’innovazione frutto di ricerca e programmazione; il risultato è pizza napoletana contemporanea di altissima qualità: piacere assicurato
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PIZZERIE

mentazione e altissima idratazione. Una scelta dettata dal gusto personale ma, soprattutto, da una profonda ricerca di mercato che ci ha suggerito l’impostazione, dalla collaborazione con amici pizzaioli professionisti napoletani che hanno contribuito a dare l’impronta al prodotto secondo protocollo e da un profondo studio sulle materie prime. Utilizziamo prevalentemente materie prime campane trasformate da noi, nessun semilavorato o prodotto industriale, nessun surgelato. Tutto viene lavorato e preparato nella nostra cucina allo scopo di garantire il massimo della qualità del cibo, dell’ambiente e dell’offerta”.

Una trentina di pizze in carta, numerose varianti d’impasto e di topping, un concept che segue le linee guida impostate da un professionista, due pizzaioli esperti che le eseguono con maestria.

Il segreto è un impasto personalizzato per ottenere il risultato desiderato, spiega Caracciolo: “Utilizziamo un blend di farine creato dai nostri esperti formato principalmente dalle farine di 5 Stagioni del mulino Agugiaro&Figna che ci assicurano sofficità e ottima lievitazione nei tempi lunghi, una vera garanzia di resa ottimale, insieme a un 20% di altra farina, più forte, che contribuisce a creare quell’effetto crunch che mitiga la tipica gommosità della pizza napoletana e a dare un sapore più intenso. La miscela così composta ci permette di lavorare in quasi totale assenza di lievito: facciamo un pre-impasto, quasi un lievito madre, con lo 0,03% di lievito per ogni kg di impasto, poi una pre-fermetazione parte in biga e parte a temperatura ambiente, quando le temperature esterne lo consentono, a cui fa seguito un periodo di riposo in frigo e un’ultima fase di lievitazione in frigo a temperatura

controllata. In questo modo l’impasto esplode e diventa straordinario: soffice e leggero ma al tempo stesso delicatamente croccante, saporito”.

Per ottenere il giusto bilanciamento dell’impasto e valutare il risultato, Antonio Caracciolo e Pasquale De Michele, da veri professionisti ed esperti organizzatori del lavoro, dopo aver fatto numerose prove e studi sulla lavorazione degli impasti a livello tecnico, hanno proceduto col “metodo sociale”, ossia hanno proposto impasti diversi in assaggio a un panel di ipotetici clienti: la quasi totalità della gente ha scelto l’impasto misto. Un’ulteriore prova, se mai ce ne fosse bisogno, che un lavoro organizzato secondo metodologie ben studiate è in grado di generare risultati positivi: non c’è spazio per l’improvvisazione, perché la professionalità e il metodo sono alla base se si vuole raggiungere un obiettivo. In questo caso l’obiettivo, perfettamente raggiunto, di Rosso di Sera è certamente la qualità e la soddisfazione del cliente. L’estate appena trascorsa ne è l’esempio. Aperto solo la sera, in una zona di Taranto molto urbana e frequentata, Rosso di Sera ha una clientela vasta: “Il cliente tarantino è certamente al centro, ma il sabato sera vengono anche dalla provincia e molti dalla Basilicata. Prima del lockdown perfino dalla Campania. È stata una buona estate, siamo propositivi e ottimisti”.

Rosso di Sera Via Emilia, 219 74121 Taranto Tel. 392 086 6260 87| ottobre 2022

I preparati surgelati di Centro Carni Company

Molto più di una gamma

www.centrocarnicompany.com

Non solo una comodità. Una scelta di qualità e servizio. La gamma di Centro Carni Company dedicata agli elaborati surgelati ha al suo interno moltissime referenze, proprio per andare incontro a più esigenze. Una gamma che spazia dal classico hamburger con diverse grammature e ricette, alle polpette alla carne macinata. Prodotti con percentuali di carne diverse, per incontrare il gusto di chi vuole un prodotto con altissimo contenuto di carne e il gusto di chi invece non vuole rinunciare alle proteine animali ma in minor quantità. Dal bovino al vitello, una gamma completa e adatta ad ogni esigenza e ricetta.

Il prodotto surgelato è molto comodo da gestire in cucina e inoltre mantiene inalterate le sue proprietà organolettiche. Questo tipo di prodotti si presta a cucine “fast” dalle preparazioni veloci, con tempi e comande ravvicinate, sino a cucina più gourmet in cui devono essere esaltate le materie prime stagionali. Un venta-

glio di referenze che guarda al servizio in cucina, alla semplicità senza rinunciare alla qualità che da sempre è per noi uno dei pilastri del nostro operato.

La versatilità in cucina è fondamentale e avere un prodotto duttile è importantissimo perché permette a chef e cuochi di proporre piatti diversi e, in alcuni casi potremmo quasi osare “anti spreco”. Si pensi alle polpettine per esempio: un ottimo appetizer e finger food, sfiziose come sugo per la pasta, perfette come secondo con un contorno di stagione. Sono deliziose e si sposano bene con ogni concetto o piatto del menù.

Uno spunto: Meatballs finger food premium #2

• Polpette di bovino premium, pomodorino confit, scamorza affumicata capperi fritti, emulsione al basilico.

• Polpette di bovino premium, pomodorino confit, burrata pugliese, olive taggiasche, olio evo.

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NOVITÀ
89| ottobre 2022

I funghi porcini dello chef

Cateringross vuole approcciare al mercato in termini di diversificazione e posizionamento, identificando li nee di prodotti a marchio per approcciare alla clientela professionale con un più forte appeal in termini iden titari ed esclusivi.

Per raggiungere questo obiettivo però bisogna garan tire alle referenze a marchio parametri qualitativi di un certo livello, ed è qui che entrano in gioco diversi fattori, a cominciare dalle competenze dei responsabi li acquisti, su cui il gruppo Cateringross non ha certo lesinato nella selezione professionale di questi anni. Oggi le linee di prodotto a marchio stanno portando al gruppo buone soddisfazioni e la consapevolezza di ampi margini di crescita. Il tutto grazie a precisi cri teri che animano i buyer nella selezione di referenze e aziende fornitrici; queste ultime sono sempre leader di mercato per numeri e per qualità.

In questi anni Cateringross ha ampliato progressiva mente la gamma raggiungendo un numero di referen ze in grado di coprire le esigenze della ristorazione,

garantendo quegli elementi di differenziazione in un mercato sempre più molto complesso. E questi sono: quotazione controllata e sicurezza del prodotto, garan tita da un gruppo solido come Cateringross.

I funghi porcini dello chef BigChef

Funghi porcini dello chef in olio, spicchi di carciofo al naturale e trifolati, champignon al naturale e trifolati, funghi porcini dello chef in olio: referenze ideali per il mondo pizza ma anche per la ristorazione selezionate dall’azienda veronese Pralver che garantisce un ap provvigionamento fatto nelle maggiori coltivazioni ita liane e, dal 2008, tramite un’organizzazione polacca di proprietà di uno dei soci di Pralver. Questa collabora zione diretta garantisce qualità di prodotto, continuità e sicurezza. Sono questi i criteri che hanno portato a scegliere Pralver per le nuove referenze a marchio Big Chef per il canale pizzeria. Inoltre la prerogativa dei prodotti Pralver è di essere tutti senza glutine, senza glutammato monosodico aggiunto e senza Ogm.

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PRODUZIONE
90 | ottobre 2022
Prodotti indispensabili per la tua cucina Chiedili al tuo fornitore Cateringross www.cateringross.net FUNGHI PORCINI DELLO CHEF SEASONED PORCINI MUSHROOMS - Ingredients: porcini mushrooms (Bolets Edulis and family) 75%,sunfloweroil,salt,onion,parsley,garlicpepper, aromas, acidity regulator: E330, antioxidant: E300. PRODUCT FOR PROFESSIONAL USE Store away from heat sources. Once opened store in the fridge and use within 2/3 days. PRODOTTO SELEZIONATO SELECTED PRODUCT PRODOTTO IN ITALIA DELLO CHEF C/LDPE 90 PLASTICA BUSTA FUNGHI PORCINI TRIFOLATIIngredienti: funghi porcini (Bolets Edulis e famiglia) 75%, olio di semi di girasole, sale,cipolla, prezzemolo, aglio pepe, aromi, correttore di acidità: E330, antiossidante: E300.PRODOTTO AD USO PROFESSIONALEConservare lontano da fonti di calore. Una volta aperto conservare in frigo ed utilizzare entro 2/3 giorni. CATERINGROSS S.C. Via Margotti, 8Casalecchio di Reno (BO)Stabilimento di produzione / Manufacturingplant / Produktionsstätte / Usine de fabrication: Via Edison 13, Verona - Italy L’immaginenonèrappresentativadelprodotto. /Theimage fürdoesnotreflecttheproduct./DasBildistnichtrepräsentativ dasProdukt./L’imagenecorrespondpasauproduit. Daconsumarsipreferibilmenteentro:/ Bestbefore:/Mindestenshaltbarbis:/Àconsommerdepréférenceavant: Lottonr./ Lotn°/ Lotn° Peso/Weight/Gewicht/Poids GEWÜRZTE STEINPILZE - Zutaten: Steinpilze (Bolets Edulis und Familie) 75%, Sonnenblumenker-nöl, Salz, Zwiebeln, Petersilie, Pfeffer, Aromen,Säureconcealer E330, Antioxidationsmittel E300. PRODUKT FÜR DEN PROFESSIONELLEN GEBRAUCH VonWärmequellenfernhalten.NachdemÖffn-en im Kühlschrank aufbewahren und innerhalb von 2/3 Tagen verwenden.CÈPES SAUTÉS - Ingrédients: cèpes (Bolets Edulis et famille) 75%, huile de graines de tournesol,sel, oignon, persil, ail poivre, arômes, correcteurd’acidité: E330, antioxydant: E300.PRODUIT POUR UNE UTILISATION PROFESSION-NELLE Conserver à l’écart des sources de chaleur. Une fois ouvert conserver au réfrigérateur et utiliser dans les 2/3 jours. ENERGIA/ENERGY/ENERGIE/ÉNERGIE SALEPROTEINE/PROTEIN/EIWEISS/PROTÉINES / SALT / SALZ / SEL 574 kJ / 138 kcal 2,96g 1,07g VALORI NUTRIZIONALI | NUTRITION FACTS |NÄHRWERTE | VALEURS NUTRITIVES 100g 8,61g 1,86g GRASSI/FAT/ FETT/ MATIÈRESGRASSESAcidi grassi saturi / Saturated fatty acids /Gesättigte Fettsäuren / Acides gras saturés 10,5g 0,30g CARBOIDRATI / CARBOHYDRATE /KOHLENHYDRATE GLUCIDESZuccheri / Sugars / Zucker / Sucres SENZA GLUTEN-FREEGLUTINE GLUTENFREI SANS GLUTEN ORIGINE:/ ORIGIN: / HERKUNFT: /ORIGINE: UE/EXTRAUE

Giannino, locale storico di Milano che nasce alla fine dell’800 come trattoria ai cui tavoli si sedevano operai delle fabbriche limitrofe e impiegati che desideravano mangiare piatti buoni ma veloci, nel corso dei decenni diventa anche un ristorante della borghesia.

Il ristorante si trasferisce in una zona più centrale, in via Sciesa, dove la clientela si estende anche ai nobili, per poi spostarsi in Via Vittor Pisani, dove ha la sede tutt’ora.

All’élite milanese si aggiungono anche coloro che, in visita a Milano, cercano un locale di riferimento con cibo di altri tempi per la qualità e piacevolezza. Numerose sono le personalità che lo hanno frequentato tra cui: Silvana Mangano, Paolo Stoppa, Maria Callas, Grace Kelly, Sophia Loren e Salvador Dalì.

Lo chef Maurizio Lai ha attinto alla tradizione proponendo i suoi piatti in chiave contemporanea. Ora il menu è frutto di una cucina legata alle esperienze asiatiche dello chef e alla sua terra natia di Sardegna.

Il piatto che viene proposto è “Hummus di ceci, composta di limone, verdure croccanti e chips di quinoa”

Hummus di Ceci, composta di limone, verdure croccanti e chips di quinoa:

Dosi per quattro persone:

Per l’hummus:

200 g di ceci secchi, una costa di sedano, una carota arancione, 100 g olio extra vergine di oliva, 60 g succo di limone, 40 g Tahina, Sale q.b.

Ammollare in acqua i ceci per una notte, riponendoli in frigorifero. Scolarli e cuocerli in una casseruola con abbondante acqua, sale, una costa di sedano e una carota. Quando saranno morbidi, scolarli, mantenendo circa 40

Baracchino

Fine Wine Critic

grammi di acqua di cottura. In un frullatore, miscelare i ceci, l’acqua di cottura, un pizzico di sale, l’olio, il succo di limone e la Tahina. Frullare il tutto finché il composto risulterà omogeneo. Passare il composto, attraverso un setaccio e riporre a temperatura refrigerata.

“Hummus di ceci, composta di limone, verdure croccanti e chips di quinoa” abbinato al vino Nerina 2021
Hummus di Ceci, composta di limone, verdure croccanti e chips di quinoa
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info@paolobaracchino.com www.paolobaracchino.com Paolo
ABBINAMENTI
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sul web 92 | ottobre 2022

Per la composta di limoni:

530 g limoni (solo la polpa, privata della parte bianca), 34 g scorze di limone julienne, 45 g zenzero, 160 g zucchero di canna

In una casseruola far cuocere a fiamma bassa la polpa del limone, lo zenzero e lo zucchero di canna. A parte, sbollentare le scorze unendole poi al composto negli ultimi dieci minuti di cottura. Raffreddare il composto.

Per le chips di quinoa: Sbollentare per circa 15-20 minuti la quinoa, in acqua appena salata. Scolare e frullare finemente. Stendere su delle teglie provviste di carta da forno e seccare la quinoa a 55°C per circa tre ore. Una volta seccata, rimuovere la carta da forno e tagliarne dei pezzi di circa 6 cm di lunghezza, friggerli in olio a 210°C. Scolarla e riporre su una teglia per rimuovere l’olio in eccesso.

Per la finitura del piatto: due carote arancioni, due carote viola, due zucchine verdi otto asparagi bianchi, otto asparagi verdi, otto carote arancioni baby, otto carote viola baby, otto finocchi baby, otto zucchine baby, 100 g lattuga, 100 g soncino, 100 g radicchio.

L’Azienda Girolamo Russo si trova in Sicilia, sull’Etna.

Nel fondo del piatto scelto per impiattare, aiutandosi con un coppapasta tondo di circa otto cm di diametro, stendere due cucchiai di hummus. Nel mentre, affettare le carote arancioni, le carote viola e le zucchine verdi a circa 0.8mm di spessore, condirle e arrotolarle, porle nel piatto, sul contorno del hummus. All’interno di esse mettere una punta di composta di limoni. Affettare finemente le carote gialle e riporle in un contenitore con acqua e abbondante ghiaccio. Dopo circa 10 minuti, scolarle, condirle e riporle al centro del piatto, sopra l’hummus. Sbollentare tutte le rimanenti verdure baby.

Mondare le foglie di lattuga, di soncino e le foglie di radicchio, condirle e assieme alle verdure baby, inserirle all’interno delle verdure arrotolate e negli spazi vuoti. Completare il tutto inserendo nel mezzo le chips di quinoa soffiate.

Giannino dal 1899 via Vittor Pisani 6, 20124 Milano tel + 39 02/36519520 www.gianninoristorante.it

I terreni di coltivazione delle vigne sono il frutto delle eruzioni vulcaniche che si sono susseguite nel corso dei secoli. L’Etna si è formato più di mezzo milione di anni fa, la lava, detta sciara, (termine di derivazione araba) si è raffreddata e si è solidificata. Le vigne si trovano in diverse zone di produzione: San Lorenzo, piano delle Colombe, Feudo, Feudo di Mezzo e Calderara Sottana. Giuseppe Russo ha scelto le piante migliori delle vecchie vigne, anche di altre contrade e tramite il loro DNA ha ottenuto cloni che ha ripiantato.

Nerina Etna bianco D.O.C. annata 2021

La varietà sono il Carricante 75% e Catarratto, Inzolia, Grecanico, Minnella e Coda di volpe per il 25%.

Le zone di produzione sono le contrade San Lorenzo, Feudo e Calderara Sottana. Le bottiglie prodotte sono circa 10.000 all’anno. Le vigne sono sia giovani sia risalenti a 50/100 anni. L’altitudine vigne va dai 650 agli 800 s.l.m. La densità degli impianti è di 5500 ceppi per ettaro. La resa è 50 q per ettaro. I contenitori di fermentazione sono tonneaux usati per il 30% ed acciaio per il 70%, l’affinamento dura 6 mesi. La fermentazione dura circa 10 giorni con lieviti indigeni autoctoni. La macerazione sulle bucce avviene per 24 ore e non fa fermentazione malolattica. C’è un ulteriore affinamento in bottiglia che dura minimo 6 mesi. Il colore è giallo paglierino abbastanza intenso con lievi riflessi grigio verdi. Dal bicchiere si innalzano profumi di zagara, gelsomino, biancospino, vaniglia, miele, colla Coccoina (latte di cocco e mandorla) episperma (è il dolce della seconda pelle del marrone bollito) lievi di camomilla. Il ricco percorso olfattivo prosegue con delle note mentolate seguite dalla pera kaiser, lievi di bergamotto, pompelmo giallo, lievi di ruggine, pepe bianco, per terminare con pizzicotti di mela renetta. All’assaggio ha un corpo medio sufficiente che tende a spogliarsi lasciando spazio alla freschezza. Vino generosamente sapido e minerale. Sapori di limone e pompelmo giallo. In questo momento l’equilibrio gustativo è lievissimamente altalenante tra alcol e freschezza; sicuramente con la sosta del vino in bottiglia diventerà perfettamente equilibrato. Lunga è la persistenza aromatica intensa, grazie alla freschezza ed alla sapidità che vanno ad integrare la struttura. Finale di piacevole pompelmo rosa. (90/100) Ho trovato che il Nerina forse il vino ideale da abbinare a questo piatto, in particolare perché la nota agrumata di bergamotto (buccia grattugiata del limone) e di pompelmo giallo e rosa si sono fuse con i sapori del piatto, creando un piacevole unisono. Azienda agricola Giuseppe Russo, Via Regina Margherita n. 78 - 95012 Passopisciaro (CT) tel. 0942/983142 mail: info@girolamorusso.it

93| ottobre 2022

millenaria di Puglia

Un viaggio culinario tra i sapori nostrani, quelli autentici che sanno di terra, di antiche tradizioni e di cucina contadina pugliese

Puglia e ulivi: da sempre un legame sim biotico, un binomio che descrive im mediatamente la nostra terra e la carat terizza nell’immaginario globale. Con i suoi tronchi scultorei e le sue chio me indomite, l’ulivo sin dall’antichi tà disegna il paesaggio pugliese e la

storia della nostra civiltà contadina. Le prime tracce risalgono già a diversi millenni fa con i rinvenimenti di noccio li di olive nella roccia neolitica; la storia poi ci racconta di come le olive e il loro prezioso nettare abbiano assunto una fun zione strategica nel commercio tra popoli.

POLPA DI OLIVE DOLCI PUGLIESI IN PUREZZA
Essenza

Concentrato di sapienza e tradizione, le nostre Olive Nolche Dolci Pugliesi sono di colore nero violaceo, hanno una polpa dolciastra e un retrogusto legger mente amarognolo per l’alta presenza di polifenoli. Noi di Spirito Contadino le raccogliamo con l’arrivo della stagio

ne autunnale quando hanno raggiunto la maturazione completa, già da metà Set tembre nelle zone più calde. Le privia mo della buccia e del nocciolo per poi ricavarne una polpa morbida e succosa, una crema particolarmente unica che contiene l’essenza del gusto pugliese.

FUTURO DA CAVICIONE vellutata di sponzali e polpa di olive dolci pugliesi Spirito Contadino, fior di latte, acciughe del Cantabrico, pepe nero ORAZIO CHIAPPARINO

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da utilizzare per la preparazione di an tipasti, primi, secondi e pizze e anche in dolci originali con forte persona lità. Una Polpa esclusiva che si pre sta a numerosi impieghi creativi nelle cucine di chi vuole fare la differenza.

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