SOSTENIBILITÀ E RIVOLUZIONE DIGITALE NUOVE SFIDE PER IL FASHION SYSTEM Da cauta osservatrice prima e da entusiasta consumatrice poi, negli anni Duemila ho assistito alla nascita delle catene del fast fashion. Con questo imprinting, fino a qualche anno fa, prima di acquistare un capo di abbigliamento i parametri che guidavano la mia scelta erano essenzialmente due: la componente estetica e il prezzo. Non ero evidentemente l’unica a pensarla così se catene come Inditex sono esplose negli anni Duemila e hanno avvicinato la ‘Moda’ al mass market. Con il passare degli anni le mie scelte si sono fatte più consapevoli: il prezzo, discrimine sempre importante, non è più stato cruciale: al suo posto sono subentrate la qualità e la sostenibilità, intesa nel senso più ampio del termine. Dopo avvenimenti come il crollo di Rana Plaza nel 2003, dove operaie del Bangladesh morirono soffocate dalle macerie dello stabilimento tessile in cui lavoravano, o lo scandalo Burberry, che bruciò capi per il valore di milioni di euro pur di non svenderli, il tema del sostenibile è divenuto centrale nelle scelte di acquisto, non solo mie, ma di tutta la generazione Zeta. Se marchi come Stella McCartney si sono sempre dimostrati attenti ad un’ottica green e hanno sviluppato la loro strategia in questo senso, molti altri brand della moda hanno dovuto ripensare da zero le loro filiere di approvvigionamento e l’utilizzo dei materiali in chiave ecosostenibile. Quello che appariva come un ostacolo si è in realtà tramutato in una grande opportunità per i brand, che hanno percorso strade alternative e inaspettate, come Ferragamo, che ha supportato la start up Orange Fiber nel 2017, realizzando una collezione con i tessuti ottenuti dallo scarto delle bucce delle arance da spremitura, materiale totalmente green. La
moda
12
ha
dunque
accettato
la
sfida
della
sostenibilità, modificando dalle fondamenta il proprio sistema di distribuzione, arrivando a confrontarsi anche con il tema dell’economia circolare. Tuttavia, da due anni a questa parte il fashion system ha dovuto necessariamente rapportarsi con un agente esogeno imprevisto che ha dissestato profondamente le nostre vite: la pandemia. L’allontanamento forzoso cui siamo stati sottoposti non ha placato la natura sociale insita nell’uomo, che ha continuato a lavorare affinché le relazioni fossero al centro delle nostre vite. In questi anni ci siamo infatti abituati a call su Teams e Zoom, ma pare che ben presto potremo vivere l’esperienza di un contatto più realistico e ‘immersivo’, per riprendere un termine caro a Marc Zuckerberg, con i nostri colleghi e amici, anche se fisicamente distanti. Dacché il fondatore di Facebook ha rinominato la sua azienda Meta, non è possibile ignorare il fatto che il Metaverso sta prendendo una forma sempre più concreta. Esso sarà, secondo il visionario Zuckerberg, il mondo all’interno del quale stringeremo relazioni, lavoreremo, ci alleneremo. Si può dunque pensare che il nostro avatar nel Metaverso sia sempre vestito allo stesso modo? Per la moda la risposta è evidentemente negativa e la soluzione è creare capsule collection da indossare nel Metaverso, quelle che in gergo si chiamano skins. Nonostante la moda non possa certo essere considerata un early adopter del mondo digitale, alcune maison si sono lanciate nella nuova sfida, esplorando il mondo del gaming. È infatti la dimensione video-ludica quella che per prima ha creato mondi paralleli e Fortnite e World of Warcraft sono quanto di più simile al Metaverso ci sia attualmente. Balenciaga ha creato una speciale capsule di felpe per i personaggi del gioco Fortnite, aprendo all’interno della piattaforma virtuale un negozio, dove provare gli abiti.