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I NUOVI COLORI DEL ROSA STATO DEL CINEMA AL FEMMINILE di Mauro Giovanni Diluca Dal 1998 al 2018 la percentuale del numero di film con maggiori incassi negli USA diretti da donne è oscillata dal 2 al 7%. Nel 2018, le donne impegnate nel settore cinema a qualsiasi titolo erano il 17% del totale (più due punti nel cinema indipendente). Nel 2019, l’indicatore dei registi di sesso femminile supera il 10 percentuale. Nel 2020, le donne hanno rappresentato circa il 16% del totale dei registi che hanno lavorato nei 100 film con il maggior incasso. Una bella spinta in avanti. In Italia: a inizio 2019 solo il 12% dei film a finanziamento pubblico sono diretti da donne. Nove è la percentuale dei film di autrici che arrivano nelle sale italiane. Numeri migliori sul fronte della produzione, della sceneggiatura, nel casting e nel trucco e costumi, peggiori nella direzione di fotografia e nei tecnici di macchina e di ripresa. NUMERI CHE INGANNANO - Le donne che fanno cinema però non sono così poche. Nel 2019, il 34,5 % del cinema indipendente europeo è a firma femminile, in particolare nel mondo del documentario. Non son poche nemmeno le autrici apprezzate da pubblico, critica e giuria. In Italia, il 33% dei film diretti da donne ha ricevuto riconoscimenti nei festival, il 51% nell'Unione Europea. Stessa percentuale per il gradimento del pubblico (equamente divisi per sesso dell’autrice, secondo ricerche avvenute grazie ai dati aggregati da Metacritic). Ad essere poche, che novità del resto, sono le donne che fanno carriera, che lavorano là dove girano soldi e dove si prendono decisioni importanti che tracciano le linee di sviluppo del comparto. Nel cinema, l’incremento del numero delle donne che firmano, decidono e partecipano a livelli significativi di budget è salito negli ultimi anni, probabilmente per due ragioni tra loro connesse. L’attenzione generata da movimenti come il Me Too e più in generale dalla decisa spinta che ha avuto il movimento transfemminista da un lato, e le politiche che alcuni Paesi (anche l’Italia) hanno messo in campo per colmare il gap. FUORI I NOMI – FILM E CINEMA - Le “majors”, o comunque le più note, che molti di noi ricordano, sono Jane Campion, Sofia Coppola, Susanne Bier (e più indietro ancora Agnes Varda, e in Italia la Comencini e Lina Wertmuller …). Le conosciamo più o meno tutti, anche perché sono, come detto, relativamente poche. A queste, negli ultimi anni, tra le più accreditate, va aggiunta anzitutto Kathryn Bigelow. Il suo “Zero Dark Thirty” è un vero manuale di professionalità tra i sessi in campo militare, tra l’altro. Tra le premiate e riconosciute c’è pure la cinese Chloe Zhao, vincitrice di Venezia e dell’Oscar con “Nomadland” e l’ungherese Ildiko Enyedi che con “Corpo e anima” ha ottenuto l’Orso d’oro al festival di Berlino nel 2017. Ma è nel cinema indipendente degli ultimi anni che ci sono molto più frequentemente autrici di enorme talento e capacità. Spessore narrativo che, se messo al servizio di storie femminili, riesce a non farsi ingabbiare in una riflessione rivolta all’interno,
anzi. Tra la vasta filmografia esistente, citiamo solo alcuni tra i nomi che stanno animando il settore, consci che non potranno essere esaustivi e restituire la vivacità di ciò che si sta realizzando, specialmente negli ultimi anni. Il primo è quello della scozzese Lynne Ramsey, in particolare con il folgorante e imprescindibile “E ora parliamo di Kevin”. Un film sulla relazione alla base di Tutto; quella tra madre e bambino, raccontata attraverso i passaggi dell'esistenza intrecciata di Eva con il figlio Kevin "troppo difficile da gestire"; un padre normalmente alienato e una adorabile sorellina che finirà per essere l'agnello sacrificale nel rapporto. Il tutto punteggiato dalle melodie taglienti di Johnny Greenwood dei Radiohead. Un film duro ma che non giudica e si presta, anche a distanza di tempo, a molteplici letture e riflessioni. Dall’altra parte della Manica, Maïwenn Le Besco ha girato lo spezzacuore “Polisse”, narrazione immersiva e ritmica (anche qui, con ottimo supporto delle musiche) sul lavoro e la vita personale dei poliziotti del reparto anti-pedofilia francese. Una storia corale e emotivamente coinvolta che si addentra, come il film della Ramsey, nelle zone d’ombra del rapporto materno con dignità e lucidità, sfuggendo alle sempre inadeguate logiche binarie “è giusto così per tutti” “è completamente sbagliato e non mi riguarda”. Restiamo in Europa per alleggerirci con intelligenza grazie alla tedesca Maren Ade. La comicità originale del suo “Vi presento Tony Erdman”, garantirà una serata stimolante ed ilare, grazie alle burle che un vecchio padre ha preparato per la figlia rigida e workaholizzata. A porre rimedio a troppa (?) frivolezza, ci penseranno i film di Rachel Tsangari, esponente di picco della Nouvelle Vague del cinema greco, quell’onda iniziata circa una decina di anni fa difilm crudi e spiazzanti che raccontano lo smarrimento della contemporaneità con allegoriche chiavi di lettura. A chiudere la carrellata filmografica femminile non possono mancare il viaggio di deriva di “Zurich”, diretto da Sacha Polak e interpretato in modo indelebile da Wende Snijders, Naomi Kawase dal Giappone, nota per il delicato “Le ricette della signora Toku“ e, più vicina a noi geograficamente, la talentuosa Alice Rohrwacher.