Voci - Numero 2 Anno 6 - Amnesty International in Sicilia

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Umanità violata: storie di popoli perseguitati

ESSERE MUSSULMANI IN BOSNIA: FRA LAICITÀ E CONFESSIONE di Paolo Pignocchi

Hatidza Mehmedovic, una donna bosniaca musulmana, sopravvissuta alle atrocità di Srebrenica nel 1995, prega davanti al muro commemorativo con i nomi delle vittime dell’offensiva serbo-bosniaca del luglio 1995. Hatidza ha seppellito suo marito e due figli nel cimitero commemorativo di Potocari dopo dieci anni di ricerca dei loro resti tra quelli raccolti da varie fosse comuni nella Bosnia orientale. 26 Maggio 2011 a Potocari vicino a Srebrenica © ELVIS BARUKCIC/AFP via Getty Images

Non è mai stato facile essere mussulmani in Bosnia Erzegovina. Necessari alcuni cenni storici di contesto. Josip Broz, meglio conosciuto come Tito, perseguendo la totale laicità della Jugoslavia adottò con assoluta decisione la negazione dei mussulmani di Bosnia come realtà statale, li confinò alla sola dimensione confessionale. Lo scopo era limitare il fattore religioso del paese. Quindi invitò i mussulmani a definirsi serbi o croati. All’inizio degli anni 70 la situazione cambiò e chi era mussulmano poté definirsi tale affermando con questo la propria identità nazionale, sentiremo parlare poi di “islam politico”. Questo equilibrio fu sempre un fattore critico nella Bosnia multietnica e multireligiosa. Il rapporto fra fede e politica condizionò e condiziona i rapporti fra la Bosnia e l’Europa. Il leader degli anni del conflitto (1992-1995) Alija Izetbegovic era convinto che i nazionalismi avrebbero distrutto la Bosnia multietnica ma fu proprio lui (diversamente dal suo pensiero) a “vendere” la Bosnia, a Dayton. Non possiamo poi non considerare gli influssi esterni che, dopo il conflitto, ebbe la Bosnia, per esempio, 27

dall’Arabia Saudita tanto che ancora oggi si parla di Bosnia come epicentro dell’estremismo islamico. Il 30 settembre 2003, Alija Izetbegovic, ormai in ospedale, rivolse un appello ai propri concittadini. “Il testamento di Alija Izetbegovic” dichiarava che: “La Bosnia sopravviverà se i Serbi resteranno Serbi, i Croati resteranno Croati e i Bosgnacchi resteranno Bosgnacchi, ma se tutti si sentiranno prima di tutto parte di questo Paese. Vorrei esortarvi a escludere la vendetta, ma a reclamare piuttosto verità e giustizia. E che nessuno ricerchi la vendetta, perché la vendetta attira la catena del male.” Ma il genocidio di Srebrenica, con più di diecimila morti mussulmani ragazzi e uomini, fu l’episodio centrale di tutta la storia dei mussulmani in Bosnia. Non averlo impedito può avere molti significati. Dopo 25 anni da quando il mondo girò lo sguardo di fronte al peggiore crimine commesso sul suolo europeo dal 1945, le famiglie delle vittime del genocidio di Srebrenica attendono ancora giustizia. DICEMBRE 2020 N.2 / A.6 - Voci


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