SUL FILO DELLA MEMORIA
BINOTTO
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«TORNEREMO A VINCERE»
INTERVISTA AL TEAM PRINCIPAL DI FERRARI CORSE. COME È CAMBIATO L’APPROCCIO DEL CAVALLINO ALLA F1 E QUAL È LA STRADA CHE PORTERÀ DI NUOVO SUL TETTO DEL MONDO. di Danilo Castellarin 03#/%'45&6#$#7& 8#46/'&*%/#&9%$5""52
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Alla Ferrari ci sono 1200 specialisti che lavorano per riportare il titolo mondiale a Maranello. L’imbarazzante digiuno dura dal 2007, quando campione fu Kimi Raikkonen. E continua dopo il secondo titolo conquistato a Suzuka da Verstappen. Per spiegare l’impegno della squadra, Mattia Binotto, nato a Losanna il 3 novembre 1969 da genitori italiani e cresciuto in Svizzera, butta lì un esempio facile: «Quando iniziai a lavorare per la Ferrari, nel 1995, c’erano 600 persone impegnate nel reparto corse, oggi sono il doppio perché le specializzazioni si sono moltiplicate, i power-unit hanno imposto studi e ricerche incrociate, l’aerodinamica è diventata estremamente sofisticata . Ormai è finita l’epoca in cui le auto da corsa erano ispirate alla massima leggerezza e al motto “Meno roba c’è, meno roba si rompe”. Ricordi lontani anche per gli appassionati di auto storiche, quelli che non dimenticano quando per vincere di persone ne bastavano molte di meno. «Oggi il prodotto è troppo complesso e per gestirlo servono specia i a ioni mo to sofisticate, i risu tato non mai so o i una ersona, ma i un gru o motivato , sottolinea Binotto. E aggiunge che fra gli avversari, «la Red Bull ha una capacità di sviluppo superiore alla Mercees . Una constatazione che aiuta a comprendere come sia cambiata la F1 Red Bull, infatti, non ha il bagaglio di esperienze di due colossi come Ferrari e Mercedes. Ma ha la genialità di Adrian Newey, un