L'Espresso 27

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Itinerari d’autore GENOVA

Sogni, paure, drammi Quando eravamo noi a emigrare per mare Alla commenda di Prè il museo in cui rivivere l’esperienza in diretta dei viaggi dei nostri connazionali. E c’ è anche il nonno di Papa Bergoglio di Roberto

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uando ad emigrare eravamo noi italiani poteva accadere di partire con tutta la famiglia dal Veneto, arrivare al porto di Genova con qualche valigia di cartone e i biglietti di sola andata in terza classe per il Brasile e scoprire che la nave era in ritardo. Non di qualche ora, come a volte capita con il traghetto per le vacanze in Sardegna, ma di una settimana. E capitava anche che non ci fossero soldi per l’albergo e allora padre, madre e figli venivano accolti insieme con centinaia di altri passeggeri squattrinati in una stamberga sporca e con un solo bagno da condividere. Accadeva a fine Ottocento, per esempio. E quando, magari negli anni Cinquanta, eravamo sempre noi italiani a emigrare poteva capitare di andare a fare la vendemmia a Martigny, in Svizzera, per guadagnare 5 franchi al giorno, quando le giornate di lavoro duravano 13 o 14 ore. E quando ad emigrare negli anni Settanta eravamo sempre noi italiani poteva invece succedere a un operaio siciliano di essere licenziato dalla Volkswagen in crisi molti mesi prima di un suo collega tedesco. Insomma, in quel periodo il fatidico «prima gli italiani» era la norma in Germania. Ma a ruoli invertiti... Ecco, a Genova dal 12 maggio scorso è aperto il museo che racconta questo “ruolo invertito”, così come è

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10 luglio 2022

Orlando stato vissuto da milioni di italiani durante la lunghissima epoca delle migrazioni interne e verso l’estero. Si chiama Mei ed è il Museo nazionale dell’emigrazione italiana, nato da una sinergia tra il ministero della Cultura, la Regione Liguria e il Comune di Genova. Ha trovato spazio in un edificio che non solo è uno dei più antichi del capoluogo ligure, ma è anche quello simbolicamente più consono: è la Commenda di Prè, costruita dagli Spitalieri di San Giovanni (poi Cavalieri dell’Ordine di Malta) intorno al 1180 come ospedale e ostello per i pellegrini e i cavalieri diretti in Terra Santa all’epoca della terza crociata. E molti secoli dopo dalle banchine del porto, proprio qui fronte, sono partite tutte le ultime grandi ondate migratorie verso le Americhe, l’Asia, l’Africa e l’Australia... Ma siccome per partire verso luoghi così lontani, sono necessari i documenti, prima di iniziare il nostro viaggio nel Museo dell’emigrazione è necessario procurarsi il passaporto, che è digitale e sotto forma di braccialetto con un sensore NFC. Le generalità possono anche essere inventate e non è necessario dichiarare il genere sessuale: per il Mei non c’è differenza. Ci sarà tempo durante il percorso per vedere altre differenze, discriminazioni e pregiudizi. Passaporto al polso, si intraprende

il viaggio attraverso le essenziali architetture romaniche della Commenda appena restaurata con mano delicata per scoprire un pezzo di storia importante del nostro Paese. «Se Ellis Island è il santuario degli arrivi dei migranti in America, possiamo dire che questo è il santuario delle partenze», spiega Pierangelo Campodonico, che oltre ad essere direttore del


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