L'Espresso 27

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Graphic novel

Settimane 14, 15 e 16

È

La scrittrice e illustratrice Nora Krug. Nata in Germania, a Karlsruhe, vive da anni a New York. In Italia ha pubblicato “Heimat” (Einaudi). Di recente ha illustrato “On Tyranny”, saggio di Timothy Snyder L’Espresso sta pubblicando “Diaries of War”, diario illustrato della guerra, in contemporanea con altre testate internazionali e in esclusiva per l’Italia

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10 luglio 2022

estate. «Ma ho il diritto di assaporarne l’atmosfera?». K. è russo, osserva la guerra da fuori. Artista di San Pietroburgo, all’indomani dell’invasione dell’Ucraina ha ammesso a se stesso ciò che già sapeva ma continuava ad ignorare: di non poter più vivere in un Paese aggressore e liberticida. Come molti russi in totale disaccordo con la guerra, ma impossibilitati a esprimere apertamente il loro dissenso, si è temporaneamente separato dalla famiglia, è partito alla ricerca di un luogo dove trasferirla, e l’ha trovato in Lettonia. Ora è tornato a casa, a preparare i documenti. Ma nel frattempo il senso di colpa, sindrome di ogni sopravvissuto, è uscito allo scoperto: è estate, ma posso davvero goderne? K. è uno dei protagonisti di “Diaries of war”, graphic novel che l’illustratrice Nora Krug ha cominciato a realizzare sin dalle prime settimane di guerra, mettendo a confronto, attraverso interviste, due testimoni del conflitto, e traducendo la loro esperienza in immagini: da una parte un cittadino russo, dall’altra una giornalista ucraina. Il risultato è un reportage dalla vita quotidiana, e parallela, di due persone comuni, stravolte dal conflitto. Un work in progress che L’Espresso sta pubblicando in esclusiva per l’Italia, dal 24 aprile, insieme con altre testate internazionali come Los Angeles Times e De Volkskrant. Avevamo interrotto il racconto alla tredicesima settimana, con il ricongiungimento di K., la giornalista di Kiev, con i figli: la prima reazione all’invasione russa era

stata quella di trasferirli con la nonna in Danimarca. Festeggiato il compleanno del bambino più piccolo, la donna è tornata in Ucraina, progettando di riunire presto la famiglia da qualche parte in Europa. C’è voglia di normalità, in questa guerra lunga ed estenuante: di riprendersi la propria vita, il proprio lavoro, i propri affetti. E ci si interroga tanto, da una parte e dall’altra. K. riflette con la madre sul significato di identità culturale: l’anziana donna è un’ebrea russa ma si è sempre considerata ucraina, originaria da una famiglia che si definiva “cosacca” e non russa. E anche quando si è risposata in Crimea, e ha fatto crescere la figlia in Russia fino ai 13 anni, nulla è cambiato: entrambe si sono sempre sentite ucraine. D., dalla parte opposta della guerra, vive la stessa complicata geometria di un’identità improvvisamente messa alla prova: ha antenati siberiani ed ebrei. È nato in Unione Sovietica, ma è cresciuto in Russia. È contrario alla guerra, e dunque è un traditore agli occhi delle autorità. Ma per gli stranieri è russo, e questo basta a considerarlo cittadino del Paese responsabile della guerra. Il conflitto è questo: dolore, sangue, perdite, distruzione, l’incalzare di nuove urgenze. Ma anche un permanente senso di fragilità, che mette in discussione tutto: valori, patria, appartenenza, diritti, legami. Quello che ci rende Sabina Minardi le persone che siamo. Giornalista

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Foto: Nina Subin

di Sabina Minardi


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