DUE ITAL IANI A PARIGI
Parafrasando il titolo di un classico della musica novecentesca (An American in Paris, di George Gershwin)
e della storia del cinema (il film omonimo degli anni ‘50 di Vincente Minnelli), passeggiamo nel quartiere del Marais dove, nei pressi i Place de Vosges, due fratelli nostri connazionali hanno imparato a deliziare i palati della capitale francese
COLLEZIONI DI PRIMAVERA
Perpetuare un mito, sia esso antico o contemporaneo, è un’arte. Si tratta di ravvivare una fiamma che risveglia nell’immaginario collettivo narrazioni capaci di trascendere il quotidiano e di catapultarci in mondi paralleli, dove trovano rifugio i tesori di cui siamo alla ricerca. La Francia, e Parigi in particolare, sono maestre in questa disciplina sofisticata da padroneggiare, che riposa storicamente su una forte volontà di conquistare e preservare il prestigio politico e che poi ha dato origine all’irradiamento creativo e commerciale al quale assistiamo da secoli. Una volontà e un disegno che conferiscono alla creatività grande forza. Così come la moda francese reinventa il concetto di eleganza ad ogni settimana della moda, così anche la pasticceria ha fatto propri questi principi, strutturando il calendario in maniera tale da creare momenti chiave, grazie ai quali il gusto perpetua i suoi assiomi e insieme li rimescola, per accompagnare il mutare dei tempi. In ossequio a questa formula di successo, l’élite dolce si dedica da qualche anno al lancio della collezione di Natale e a quella di Pasqua, la cui ultima edizione ha avuto luogo in febbraio.
Pierre Hermé
Non è un segreto, egli padroneggia i codici di questa neomitologia sucré. Amante e collezionista d’arte, non perde occasione per ricordare l’importanza del dialogo tra la pasticceria e l’espressione artistica. Lo fa anche attraverso una nuova collezione come sempre articolata, dal titolo Origines, ispirata alle culture precolombiane e alla potente simbologia estetica impregnata di mistero ed enigma. Nelle vetrine del marchio svettano le uova scultoree che riprendono il tema delle piramidi Maya dello Yucatan, con cacao del Belize, o imitano con precisione la pietra del sole, il calendario azteco, mentre le tavolette e le friture (è il termine con il quale si designano pesci, conchiglie e crostacei che si trovano all’interno delle uova di Pasqua e che rappresentano la pesca miracolosa del Cristo dopo la resurrezione, ndr) riportano i tratti delle maschere rituali di Teotihuacan. Ogni anno la maison Hermé aumenta il grado di definizione dei dettagli dell’incisione su cioccolato e attira non solo una clientela golosa, ma anche collezionisti che si divertono a conservare intatte le opere. Ai dettagli estetici, il marchio aggiunge quelli relativi all’approvvigionamento delle materie prime, come per il cacao del Belize proveniente dalla piantagione di Xibun, nella regione di Cayo, un aspetto che i francesi stanno curando via via in maniera sempre più importante, sulla scia dell’enologia.
DIVENTA QUOTIDIANITÀ
Sarah ScaparoneLa tecnica è indiscutibilmente uno dei segreti della Coupe du Monde de la Pâtisserie. Senza una conoscenza approfondita nella lavorazione dello zucchero o del cioccolato sarebbe impossibile realizzare pièce e dessert come quelli che hanno coinvolto le 17 nazioni in gara nell’edizione 2023 di Lione. L’Italia anche quest’anno non è scesa dal podio: non lo fa dal 2007, mantenendo questo primato unico che l’ha consacrata nell’empireo dei grandi del mondo. Ma quest’anno la gara, che aveva per tema il cambiamento climatico, ha consegnato nelle mani del Giappone la silhouette femminile del trofeo: al secondo posto si è classificata la Francia, al terzo l’Italia. Quando si parla di competizioni mondiali, va detto, la bravura è scontata: è come andare a cena in un ristorante stellato, il minimo che ti aspetti è di mangiare bene. Ma per vincere una Coupe du Monde il valore aggiunto deve andare ben oltre la bravura: devi essere in grado di conoscere la materia, di mantenere e saper gestire concentrazione e sangue freddo durante le 10 ore di gara, saperti destreggiare tra la scultura di un blocco di ghiaccio, il temperaggio del cioccolato, la modellazione dello zucchero, la preparazione di semifreddi e dessert al piatto, attenendoti scrupolosamente al regolamento e alle richieste del più importante concorso al mondo di pasticceria. Una commistione di talento, allenamento, creatività, tenacia, capacità di lavorare in team e per obiettivi, e concentrazione.
L’INNOVAZIONE SECONDO IL TEAM ITALY 2023
Ma questa non è soltanto una gara fine a se stessa: tutto ciò che viene concepito per una tale competizione apporta novità al settore e sta ai singoli professionisti avere la capacità di comprendere quali di queste possono essere trasferite nel lavoro quotidiano. E tali innovazioni poi diventano d’uso comune con il passare del tempo, sono oggetto di studio e di perfezionamento, e si tramutano in abitudine in laboratorio, permettendo la necessaria evoluzione. Ce lo ricorda con un esempio il campione del mondo 2021 Lorenzo Puca che, durante questa 18a Coppa del Mondo, era anche presidente onorario di giuria insieme a Pierre Hermé e Cédric Grolet: “L’innovazione che il Team Italy vincitore introdusse nel 2015, con la torta in doppio glassaggio, oggi è diventata di uso comune”. E lo conferma lo stesso Emmanuele Forcone (capitano nel 2015, con Fabrizio Donatone e Francesco Boccia), anche lui in giuria a Lione, in qualità di team manager italiano: “Nell’edizione di quest’anno non ci sono stati grandi exploit tecnici, ma abbiamo visto innovazioni significative soprattutto da parte delle tre squadre sul podio. Tra que-
L’innovazione che nel 2015 il team vincitore, composto da Emmanuele
Forcone, Fabrizio Donatone e Francesco Boccia, fece con la torta in doppio glassaggio oggi è diventata di uso comune
ISPIRAZIONI DALLA CUCINA D’AUTORE
Tecniche, ingredienti, approcci, scelte, scienza, sapori, tendenze. Gli input raccolti a Identità Golose, proposti in ordine sparso
Rossella ContatoCome ogni anno, vi raccontiamo quanto visto, ascoltato e… assaggiato al congresso Identità Golose, organizzato in gennaio a Milano. Lo facciamo dal nostro punto di vista, selezionando input interessanti anche per il mondo della pasticceria in termini di trend, inedite visioni, sperimentazioni, attrezzature innovative, approfondimenti scientifici, nuovi ingredienti.
Trasparenze innovative
“Noi diamo spazio al dessert, mentre di solito nella ristorazione non gli si dà il giusto valore”, afferma lo chef di Senigallia Moreno Cedroni, insignito del premio Innovazione Continua. Con il suo sous nonché pastry chef Luca Abbadir presenta i piatti dolci del nuovo menu della Madonnina del Pescatore, Segnali di fumo: Corto Maltese, in cioccolato fondente e spezie, realizzato con uno stencil e da mangiare con le dita; una tarte trasparente (con fogli di obulato, a base di amido) farcita con spaghetti di patata viola, gelato alla mandorla, limone candito e salsa di ribes, collocata su un piatto “volante”; un’anfora di terracotta contenente gelato al gusto Malaga, con gelatine di whiskey torbato, granadiglia (frutto simile al passion fruit) ed elicriso (amarognolo e dal sentore di liquirizia). Anche il dolce di Albert Adrià ha come base una tartelletta trasparente, sempre di fogli di obulato. Sarà la nuova tendenza? Chissà. Siccome questo prodotto si scioglie rapidamente nell’acqua, occorre fare attenzione. Cedroni e Abbadir caramellizzano la tartelletta per stabilizzarla, mentre lo chef catalano vi sovrappone una seconda tartelletta di non meglio precisata natura, più impermeabile. Il topping è costituito da crema di mais dolce e vaniglia
LA DIFFERENZA È NEI DETTAGLI
Da Cucina Dolce Giovani, ecco il Taglio al limone di Francesca Lucchetta
Il suo motto potrebbe essere “sono i dettagli a fare la differenza”, e i ragazzi della sua brigata l’hanno capito benissimo! Francesca Lucchetta è davvero giovane: a 27 anni non ancora compiuti ha solo una manciata di anni in più rispetto ai ragazzi protagonisti a Torino, lo scorso novembre, di Cucina Dolce Giovani. Un punto di riferimento ideale, nonché la personificazione di diverse delle ‘C’ di cui si è parlato nello scorso numero di “Pasticceria Internazionale”.
Innanzitutto, l’importanza della Cultura come strumento di lavoro: Francesca non ha frequentato un istituto alberghiero ma il liceo linguistico e, se questo non le ha dato la formazione tecnica di base, le ha fornito competenze linguistiche che hanno favorito le sue esperienze all’estero (dove infatti ora lavora). Oltre ad un allenamento allo studio che ha sviluppato la sua capacità di assimilare rapidamente competenze diverse quando ha compreso che il suo dàimon era la pasticceria e ha conseguito il diploma in Alta Pasticceria presso CAST Alimenti. Ha poi accumulato più anni di esperienza tra laboratori di pasticceria, ristoranti e cioccolaterie situate per lo più nella zona di Milano e dintorni.
Il momento della Condivisione arriva nel 2019, quando Francesca inizia la stagione estiva al Grand Hotel Villa Serbelloni di Bellagio, Co, dove lavora con lo chef pasticciere Manuel Ferrari, che da autentico mentore la introduce alla pasticceria da hotel e ristorazione, aiutandola a costruire le robuste ali per spiccare il volo verso la Francia e il ristorante Mirazur*** di Mauro Colagreco a Menton, dove diventa chef de partie pâtisserie. Alla fine del 2022, complice forse la curiosità che non la fa stare mai ferma, torna al mondo della pasticceria da laboratorio: non certo un laboratorio qualsiasi, ma quello di Yann Couvreur a Parigi.
La cifra stilistica di Francesca, che a Cucina Dolce Giovani si è manifestata in modo
Lucilla Cremoniesemplare, è la Cura. Cura dell’ambiente e della sostenibilità, con un predessert senza scarti, in cui del limone viene impiegata ogni parte. Cura, meticolosa, dei dettagli. Saper svolgere bene anche i compiti più noiosi è indice di carattere e contribuisce alla sua costruzione; non secondariamente, la somma di azioni apparentemente poco significative è spesso determinante per il conseguimento di un grande risultato. Lo ha dimostrato inconfutabilmente la brigata di Francesca, composta da Andrea Arreghini, 4° anno dello IAL di Saronno, Va; Salvatore Di Raffaele, 5° anno dell’Ipsseoa Pietro Piazza di Palermo; Alessandro Opesso, 4° anno dell’IIS Piera Cillario Ferrero di Neive, Cn; Giulia Possekel, 5° anno dell’IIS Sergio Ronco di Trino, Vc; Francesco Savi, al 5° anno dell’Istituto Rosario Livatino di Palestrina, Rm; Sofia Traviglia, 5° anno dell’Ipseoa Pellegrino Artusi di Roma. Per ore e ore i ragazzi hanno tagliato a velo oltre cento gambi di sedano, hanno fatto imbibire nello sciroppo le migliaia di sottilissime fettine, le hanno allineate sui teli ad asciugare, per poi disporle una a una in un fiore perfetto nelle coppe di servizio; con pazienza certosina hanno pulito, sbianchito e allargato centinaia di delicatissime foglie di basilico; hanno sbucciato e lavorato casse di limoni. Compiti ripetitivi, allo stesso tempo monotoni e impegnativi: l’esatto opposto di certe immagini patinate della pasticceria, ma il cui senso si è manifesto, lampante, alla
vista e all’assaggio del prodotto finito. La funzione del taglio al limone secondo Francesca Lucchetta si ispirava a quella del classico sgroppino, declinato in versione contemporanea di raffinato e gioioso predessert: ripulire il palato dopo le portate salate – nello specifico, un sontuoso buffet preparato e allestito dagli allievi del Colombatto – e predisporlo alle portate successive. Sono stati quindi Francesca e la sua squadra ad aprire le danze, mentre gli altri chef, dietro i vetri, spiavano trepidanti il suo debutto per trarne auspici sul resto della serata, che infatti sarebbe stata trionfale.
Al numero limitato di ingredienti, tipico dei predessert, questa preparazione affianca l’impiego di varie tecniche per esaltare le sfumature organolettiche delle componenti, producendo un’articolazione dinamica di consistenze e temperature. Ne deriva un prodotto fresco e brioso, in cui la parte acidula viene bilanciata e valorizzata dalla grassezza delicata e aromatica del cioccolato bianco. Il servizio in coppa consente di costruire un gioco di volumi, a celare e rivelare gli elementi di sorpresa, come appunto la ganache che, con la sua morbida dolcezza, predispone il palato e la mente alla portata successiva, la zuppa inglese di Marco Pinna. Ricetta che prenderemo in considerazione nel prossimo numero.
Lucilla CremoniPer ore e ore i ragazzi hanno tagliato a velo oltre cento gambi di sedano, hanno fatto imbibire nello sciroppo le migliaia di sottilissime fettine, le hanno allineate sui teli ad asciugare, per poi disporle una a una in un fiore perfetto nelle coppe di servizio; con pazienza certosina hanno pulito, sbianchito e allargato centinaia di delicatissime foglie di basilico; hanno sbucciato e lavorato casse di limoni
Sorbetto al limone e basilico
succo di limone .......................... g 2400 basilico ................................. g 250 acqua .................................. g 1500 destrosio ................................ g 300 gzucchero ............................... g 1000 gelatina ................................. g 5 Fare uno sciroppo con gli zuccheri e acqua, aggiungere la gelatina idratata, lasciare raffreddare a 50°C, poi unire il succo di limone.
Inserire il basilico, passare al mixer e lasciare in infusione, quindi filtrare e mantecare.
Olio al basilico
olio di vinacciolo o di semi ................. g 300 basilico ................................. g 100 Frullare il basilico con l’olio per 8 secondi a 60°C, lasciare riposare e poi filtrarlo con setaccio e carta per averlo il più trasparente possibile.
Brodo
succo di limone .......................... g 1000 gbasilico ................................ g 300 succo di sedano .......................... d 200 limoncello ............................... g 300 zucchero ................................ g 500 pectina NH .............................. g 100 Frullare 500 g di succo di limone con il basilico e lasciare in infusione.
In una pentola mescolare zucchero e pectina, dissolverli in 500 g di succo di limone e portare a ebollizione, mantenendo lo sciroppo a basso bollore per 1 minuto. Lasciare raffreddare e, a 50°C, unire tutti gli altri ingredienti, tra cui l’infusione filtrata con setaccio e carta per ottenere la trasparenza.
Chips di basilico
basilico, foglie grandi ............... pz (1 kg) 280
Sciroppo di osmosi
succo di limone g 500 acqua g 500 zucchero g 500 Sbianchire le foglie di basilico 30 secondi in acqua bollente e metterle subito in acqua e ghiaccio. Osmotizzarle al 100%, asciugarle dallo sciroppo, stenderle tra due Silpat e far essiccare a 60°C.
Composizione
Sul fondo della coppa, fare un anello di ganache montata al limone, sistemarvi al centro dei cubetti di scorza candita e circondarli di lamelle di sedano leggermente accavallate, a formare un fiore. Disporvi della marmellata di limone e, su questa, appoggiare una quenelle di sorbetto al limone e basilico, sulla quale va posata una foglia/chip di basilico. Al momento del servizio, contornare con il brodo profumato che contiene i tre elementi (limone, sedano ed estratto di basilico).
Francesca LucchettaLa funzione del taglio al limone si ispira a quella del classico sgroppino, declinato in versione contemporanea di gioioso predessert: ripulire il palato dopo le portate salate e predisporlo alle portate successive
A questa scelta dolce lo chef stellato Alessandro Gilmozzi ha dedicato il suo nuovo laboratorio a Cavalese, in cui studia e sperimenta insieme alla pasticcera Federica Battisti una produzione identitaria DOVE
NASCE la pasticceria di montagna
“Questo dessert, Miele, bacche e aceto, è un omaggio a un amico scomparso quasi due anni fa, Andrea Paternoster, l’imprenditore trentino di Mieli Thun, celebre per la qualità delle sue produzioni che ci forniva e che continuiamo a utilizzare anche in questo piatto”. Inizia con questo ricordo commosso l’incontro con Alessandro Gilmozzi, apprezzato chef stellato, patron del ristorante El Molin, un mulino del 1600 nel cuore di Cavalese, Tn, nell’incantevole Val di Fiemme. Qui si trovano tre tipi di miele (sulla, rododendro e albero del paradiso), con profumi e sentori del bosco, un connubio tra bacche come il crespino, pianta spontanea che produce piccole bacche commestibili, frutti come il mirtillo rosso, erbe officinali come la rosa canina, e aceti, di birra, sorbo e more, “utilizzati in gocce, yogurt della zona e altre erbe spontanee raccolte da noi oppure provenienti da Mas Vinal, azienda agricola della Val di Fiemme, nostra partner anche per le tisane che talvolta inseriamo, come lavanda, calendula e lichene bianco”.
ACQUA E INGREDIENTI ESPRESSIONE DEL TERRITORIO
Tra le materie prime di Miele, bacche e aceto si trovano la Cedea, acqua delle Dolomiti con fonte a Canazei con pH 8,1: “Si tratta di una scelta non casuale.
ùÈ importante avere un’acqua che sottolinea il valore del territorio. Questo dessert, studiato circa 7 mesi fa e in carta da circa un mese e mezzo, ha ottenuto un riscontro straordinario da parte della clientela, perché è di una piacevolezza e di una freschezza eccezionali. Qui l’acqua serve per fare la tisana con la bacca di rosa canina, poi gelificata”. La gelificazione è una tecnica che usa da tempo, con gelificanti a base naturale.
“Questa ricetta – riprende lo chef – è figlia di accostamenti particolari: in bocca sembra di sentire una fragolina di bosco che invece non c’è. Prevalgono le dolcezze dei mieli e degli zuccheri, compensati dall’acidità delle bacche, in uno speciale equilibrio che dà appunto la sensazione della fragolina in bocca”. Si tratta di un dessert identitario che sa di frutta e di erbe della zona, in cui la freschezza e la corposità si devono anche alla presenza dei succhi, di prugnola, mora, mirtillo e sambuco; in ogni boccone hai una sensazione diversa, ma nel retrogusto ti rimane la fragola. In più, viene spruzzato sul dolce del profumo di aceto di more, che comunica una sensazione di erba bagnata, muschio, effluvi di bosco, in continuità con la botanica, il territorio e la cucina di montagna. Un dessert ideato prima di Icy Corteccia, il gelato presentato sull’ultimo numero di TuttoGelato.
IL PROGETTO DEL LABORATORIO
Da un lavoro con le scuole e con il progetto “Adotta uno chef”, portato avanti con gli Ambasciatori del Gusto (associazione di cui Gilmozzi è presidente), nasce l’idea di un laboratorio formativo insieme ad Academy, la scuola di alta cucina di montagna di prossima apertura. “La scorsa estate cercavo un posto in cui stoccare le mie cose e ho trovato un locale di circa 100 m2, molto bello, anche troppo per farne un magazzino – ci racconta –. È stata mia moglie Emanuela ad avere l’intuizione e ad incoraggiarmi a far nascere il mio progetto, a fare la scuola di cucina con annesso il laboratorio di pasticceria. Mentre ne parlavamo, arriva Federica Battisti, che ha iniziato con me nel 2016 per poi passare ad altre esperienze. Ho visto in lei del valore e delle potenzialità interessanti, le ho parlato del mio piano, della pasticceria di montagna, dei progetti territoriali che avevo in mente, per poi sviluppare ciò che poteva piacere anche a lei. In 2 mesi abbiamo realizzato tutto e questa nuova realtà si chiama Alessandro Gilmozzi Academy Progetto di Alta
Cucina e Pasticceria di Montagna
Il laboratorio al momento lavora per le mie aziende; qui si fanno lievitati e prodotti su ordinazione per gli hotel e per i privati, e per la nostra pizzeria.
Poi penseremo a un punto vendita aperto al pubblico, quando aprirà l’Academy a mag-
PRIMO ANNIVERSARIO novità divertenti
Festeggiato il primo anno di attività, Luca Gambelli
Carlo Demarco di Tortatelier a Milano guardano al futuro con torte colorate dal tocco ironico
Emanuela BalestrinoA quasi un anno e mezzo dall’apertura di Tortatelier torniamo da Luca Gambelli e Carlo Di Marco per un riscontro sul 2022 e per vedere in anteprima le novità per la primavera/estate. “È stato un periodo più che positivo – esordisce Gambelli – siamo stati inondati di affetto e di clienti, non solo del vicinato, il che si è tradotto nel dover cercare un aiuto (e magari un ampliamento del locale), visto che in due non riuscivamo a tenere il ritmo delle ordina zioni e delle presenze al banco. Da settembre infatti lavora con noi Anna Bertolini, la nostra valida collaboratrice di laboratorio, che ha 22 anni e ha seguito presso Cast Alimenti il corso di pasticceria”.
NIENTE (DI) PERSONALE
Nel loro esordio imprenditoriale anche i due soci hanno dovuto affrontare la difficoltà della ricerca del personale: “Dopo la pandemia, in particolare i giovani tendono a voler passare meno ore sul posto di lavoro e desiderano più tempo libero”, esigenze che non
ESTETICA E TENDENZE
Parlando di trend ed estetica, Luca e Carlo registrano che da qualche tempo si sta diffondendo anche qui l’ugly cake, il fenomeno delle “torte brutte” con crema al burro e frasi divertenti, che anche loro hanno proposto grazie a tecnica e creatività. Poi, “complici i social, si predilige anche il prodotto bello ma abbastanza discutibile di gusto, composto di crema al burro, come i dolci di moda 10 anni fa negli
Quando si ha la fortuna di fare un mestiere creativo, la sfida più grande è quella della ricerca continua di novità, ispirazione e impatto emotivo. Tutto ciò può risultare molto bohémien, ma l’obiettivo più importante, soprattutto nella decorazione in pasticceria, è quello di replicare le forme in modo semplice e ciclico. La produzione mal si sposa con il puro esercizio di stile, ma questo non ci impedisce di creare pezzi più o meno complessi con l’utilizzo di qualche accortezza.
Il primo step è la progettazione, per poi passare alla tridimensionalità Molti dei miei allievi mi dicono che non sanno disegnare… No problem! Ci aiuta la tecnologia: Internet offre la possibilità di reperire disegni fruibili che, se presi ad esempio come base per definire le proporzioni, sono un’ottima guida. Ma vanno usati solo come spunto, non come copia, mi raccomando! Ricordatevi che esistono il diritto d’autore, così come il piacere di essere “autori” della propria creatività.
Nei soggetti cartoon adoro la caratterizzazione degli occhi, un po’ storti e di dimensioni diverse, e dei corpi, goffi e un po’ rotondi, come nel caso del cane carlino Quarantino che vedete in foto. L’impiego di coppapasta, utilizzati capovolgendone la forma, ci può aiutare in partenza per una sagoma già pronta, a cui conferire un tocco in più. Il musetto del carlino, infatti, nasce da una forma a cuore a cui ho tagliato la punta. La scelta di beccucci a punta tonda è un ottimo espediente da #tips&tricks artist, per ottenere la concentricità dell’occhio, evitando che il colore steso con il pennello fuoriesca dal perimetro o per coppare piccoli cerchietti di pasta colorata. Lo stile pittorico andrà poi ad enfatizzare il mood emotivo che vorrete trasmettere.
I colori liposolubili in polvere usati a secco, senza alcun diluente, serviranno ad aggiungere sfumature evanescenti al vostro soggetto. La stessa tipologia di colori, diluiti con alcool alimentare, darà un risultato molto più intenso, con un effetto macchia acquerello, e si asciugheranno subito grazie all’evaporazione del solvente alimentare.
E per alleggerire molto il peso delle creazioni totalmente edibili? Il #tips&tricks è quello di usare il Rice Krispies Marshmallow, cioè l’impasto che, oltreoceano, sfruttano per le grandi sculture. Ecco a voi dosi e procedimento.
Marshmallow e riso soffiato
marshmallow g 240
riso soffiato g 170 burro g 40
Sciogliere il burro per qualche secondo al microonde o in pentola. Aggiungere i marshmallow e riportare nuovamente il tutto in microonde o pentola a sciogliere. Intanto ungere una spatola in silicone con burro morbido. Quando i marshmallow sono sciolti, versare il riso soffiato e mescolare subito con la spatola unta. Trasferire il composto in una teglia, coperta con pellicola o carta formo; quando è ancora tiepido, mo-
dellate le forme che vi occorrono. Ricordate di premere per compattare bene il tutto.
Se volete cimentarvi nella realizzazione di Quarantino, non dovete far altro che andare su youtu.be/ly135NLljM4
Se avete ulteriori curiosità su cui vorreste un #tips&tricks, scriveteci.
Buon divertimento e al prossimo numero!
“Una passione in comune e la volontà di creare qualcosa di nostro, che fosse unico”. Questo è il motore di Zaf Zaf, che ha condotto Paola Olivero e Sebastiano Einaudi a dare forma alla loro attività: siamo in Piemonte, a Carignano, in provincia di Torino, e i due protagonisti arrivano da studi e mondi estranei a quello dell’agricoltura. Entrambi però hanno sentito e colto il “richiamo alla natura”, da cui nasce la loro piccola grande realtà dedicata allo zafferano, con l’obiettivo di mettere a punto un prodotto diverso e d’eccellenza, coltivato nel totale rispetto dell’ambiente, che sia in grado di fare del bene alle persone.
Perché il vostro zafferano è differente?
L’anima di Zaf Zaf, fondato nel 2019, è il piccolo bulbo di Crocus satius subito innamorati. Lo zafferano ha tantissime proprietà organolettiche e benefiche per il nostro organismo ed è usato spesso anche in campo farmaceutico. Il nostro si differen zia grazie al metodo di coltivazione, ideato tenendo in considerazione sia la qualità della spezia che l’attenzione per l’ambien te. Riusciamo infatti a ottenere in soli 1000 m² quanto richiede un ettaro di terreno: è fondamentale, in linea con il concetto di base di contribuire a migliorare l’ecosiste ma esistente. Riusciamo quindi ad avere il terreno “coperto” per più di 11 mesi all’an no e questo ha un grande impatto, sia per quanto riguarda la trasformazione di CO ossigeno, sia sul riuscire a migliorare il terreno stesso, arricchendolo anno dopo anno di sostanza organica. Come conseguenza diretta, ciò permette la crescita in salute e una qualità migliore della pianta di zafferano, che si sviluppa solo con le proprie forze, senza aiuto di concimi o fertilizzanti, in armonia con
FUTURO (IN)C ERTO
Silvia Federica BoldettiL’intento appassionato e appassionante di creare qualcosa di proprio, che non abbia eguali, è alla base di Zaf Zaf, realtà piemontese che celebra e divulga le virtù dello zafferano
l’ecosistema. Secondo i dati attuali, vengono persi ogni anno 12 milioni di ettari a causa della desertificazione, con una percentuale alta di terreni già degradati dall’utilizzo agricolo. Sono cifre allarmanti e crediamo sia fondamentale iniziare concretamente ad agire, nel rispetto della natura. Potete spiegarci il ciclo di produzione? Lo zafferano è un bulbo che si pianta tra metà agosto e metà settembre. Dopo circa un mese, inizia il periodo della fioritura che si protrae per circa 30 giorni. In questo periodo raccogliamo i fiorellini ogni mattina, alle prime luci dell’alba, in modo che siano ancora chiusi, per preservare la qualità. Nel momento in cui il fiore si apre, sia i raggi del sole che gli insetti impollinatori “rovinano” la spezia. Il fiore dello zafferano è molto delicato anche a causa della sua velocissima capacità di
sviluppo: ha un ciclo di vita davvero corto. La parte affascinante è che impiega meno di 24 ore per formarsi e andare in deperimento. Se si saltasse la raccolta anche solo di poche ore, i fiori sarebbero inutilizzabili.
Una volta raccolti i fiori cosa accade? Vengono portati in laboratorio dove si procede con la sfritura, ossia la separazione delle varie parti del fiore, e poi all’essiccazione. Intanto, durante l’inverno la pianta continua a crescere e allunga le foglie fino in primavera, quando avviene la moltiplicazione dei bulbi. Da ognuno ne nascono due o più, di diverse dimensioni. Nel periodo estivo la pianta va in “riposo vegetativo”, le foglie seccano esternamente e rimane solo il bulbo che, a questo punto, se necessario, può essere tolto dal terreno e spostato. Con la messa a dimora dei bulbi nel terreno inizierà di nuovo il ciclo.
LO SPAVENTAPASSERI
chi scappa dalla cultura si fa scappare la cultura e rimane fermo al palo
Lucilla CremoniLa cultura come materia prima è il titolo dell’incontro a “quattro mani” in cui Chiriotti Editori e Associazione Pièce hanno illustrato in quel di Sigep 2023 la filosofia che, da sempre, informa il loro lavoro e le accomuna nelle rispettive aree di interesse e attività: offrire opportunità di formazione e divulgazione di qualità per stimolare i professionisti (affermati e in divenire) a considerare la cultura come una materia prima; a studiare, curando i concetti che elaborano e il modo in cui li esprimono con la stessa meticolosità con la quale selezionano gli ingredienti; ad affinare la tecnica e cesellare le presentazioni. La parola “cultura” è impegnativa. Tanti ne sono intimoriti e per esorcizzarla mostrano di disprezzarla (l’ineffabile “con la cultura non si mangia” detto da un ministro della Repubblica) o la riducono a macchietta: eloquio ampolloso, erudizione esibita, noia. È comprensibile: gli stereotipi rassicurano, incasellando tutto in categorie stagne. Ottuse, perché la cultura è tutt’altro.
È vero, per “farsi una cultura” non ci sono alternative: bisogna faticare, studiare, leggere, imparare, assimilare informazioni e nozioni. E il risultato di questa fatica, anche quando è certificato da diplomi o lauree,
non è già di per sè cultura, però ne è base indispensabile. Come la sola padronanza tecnica non fa il pasticciere ma è imprescindibile.
Ma allora, cos’è cultura? È “quel che resta nella memoria quando si è dimenticato tutto”. Nelle definizioni da dizionario, è “quanto concorre alla formazione dell’individuo sul piano intellettuale e morale e all’acquisizione della consapevolezza del ruolo che gli compete nella società”. Una cultura di base ci dà le parole e le parole sono gli ingredienti del pensiero, sono il pensiero: conoscerne il significato e le sfumature vuol dire essere in grado di elaborare, organizzare ed esprimere il pensiero. Ci rende consapevoli, e la consapevolezza rende liberi.
Sì, ma cosa mi dà, in soldoni? Perché mai, se voglio passare la vita a fare pasticcini e dessert, dovrei avere un’infarinatura di storia, geografia, letteratura, arte, musica o politica? Banalmente, perché sono una persona e non una carota.
Sapere tutto di qualcosa (che sia la fisica quantistica o il panettone) e disinteressarsi a tutto il resto ci rende esseri umani aridi e incompleti. Il motore principale della cultura è, prima di tutto, la curiosità, la voglia di
vedere, fare e capire, allargare i propri orizzonti, mettere in dubbio i dogmi. La curiosità ci porta a esplorare; la cultura ci dà gli strumenti per cogliere dettagli e fare collegamenti, capire e tradurre le percezioni in idee e progetti.
Poi, se vogliamo essere ancora più prosaici, possiamo elencare alcuni vantaggi molto pratici dell’avere almeno un po’ di cultura generale.
Migliora la soglia di attenzione, accelera la comprensione di un discorso o di un testo (manuale, ricetta, regolamento, norme legislative), aiuta a focalizzare e coordinare meglio anche gli aspetti gestionali e amministrativi del lavoro.
Aumenta esponenzialmente la capacità di valutare le fonti e informarsi in modo efficiente e corretto, facendo risparmiare tempo ed energie.
Amplia la visuale, aiuta ad acquisire un’equilibrata visione di se stessi, a contestualizzarsi come persone e professionisti. Un po’ di cultura può aiutare ad affrancarsi dall’acquiescenza a consuetudini vessatorie (come orari e ritmi impossibili) e dalla sudditanza psicologica nei confronti di personaggi con più ego che scrupoli.
La cultura è “quel che resta nella memoria quando si è dimenticato tutto”
VISIONE E RIVOLUZIONE
Le generazioni precedenti, i giganti sulle cui spalle noi ci arrampichiamo per vedere lontano, l’avevano capito benissimo. Fin dagli anni Settanta del Novecento, infatti, quelli che sono ora considerati i grandi Padri (e Madri!) Nobili dell’arte dolciaria hanno allargato le prospettive a una visione più ampia, in grado di cogliere i ritmi e le istanze dei tempi e applicarle alla pratica quotidiana. Maestri immensi come Fulvio Scolari, Luca Caviezel, Mario Morri o Eliseo Tonti, e molti altri, sono stati largamente autodidatti, perché la loro generazione non aveva le opportunità formative alle quali possono accedere oggi i ragazzi. Allora si imparava in bottega, puniti per gli errori ma raramente guidati: “guarda e impara” era il motto. Ma a loro non bastava imparare a riprodurre i gesti, volevano capirne il senso, e nel capirlo hanno preso a picconate il macigno del “si è sempre fatto così”, scoprendo che si poteva fare diversamente e meglio. Sono stati
pionieri ed esploratori, hanno seguito e stimolato il progresso della tecnologia, dei processi produttivi, delle consapevolezze igienico-sanitarie, dell’evoluzione del gusto e dello stile. Hanno innovato e rigenerato il settore. Ma la forza della loro azione si è potuta manifestare solo perché alla ricerca e al lavoro in laboratorio hanno aggiunto la visione: hanno compreso la necessità di codificare il lavoro su basi scientifiche; di stimolare il confronto dandogli l’autorevolezza e il respiro internazionale delle grandi rassegne, fiere e concorsi; di far crescere le competenze dei singoli; di rivendicare il peso economico e sociale della categoria e del mondo che attorno ad essa gravita; di comunicare in modo sistematico ed efficace alla categoria e al pubblico.
Fra le menti di questo grande processo spicca quella, formidabile e rivoluzionaria, di Emilia Coccolo Chiriotti. La sua rivoluzione parte
LE GIUSTE ATTREZZATURE
Fabio VeronaCome scegliere macchine e utensili correttamente dimensionati per il proprio punto di somministrazione?
L’esperto Fabio Verona fornisce idee sulle soluzioni, tenendo conto delle esigenze di spazio, di performance ed economiche
LO SPAZIO
Non sempre è un punto critico nel senso che, una volta definiti il luogo e la superficie che si vuole dedicare alla caffetteria, si va alla ricerca delle attrezzature adeguate. È ovvio che tale superficie dovrà essere proporzionale al volume di lavoro che si prevede, anche se ci sono alcune piccole eccezioni.
COMINCIAMO DALLA MACCHINA ESPRESSO In commercio ne esistono moltissimi modelli e non sempre è necessario avere una maestosa 3 gruppi per soddisfare la propria clientela. Anche perché, se lavoriamo molto e abbiamo bisogno di una macchina così grande, dovremo anche avere parecchi operatori e pure per loro, come abbiamo visto nell’articolo precedente, lo spazio di movimento è importante.
Quasi tutte le ditte oggi propongono macchine a due gruppi compatte, in grado di sopperire alla trasformazione anche di 5 o 6 kg di caffè al giorno. Queste normalmente sono dotate di un boiler centrale meno capiente ma, sapendolo, nel caso si preveda la preparazione anche di molti tè e tisane oltre al caffè, sarà più utile avere un piccolo bollitore, che trova posto ovunque, piuttosto che una macchina di maggiori dimensioni.
Se poi possiamo permetterci di spendere qualche migliaio di euro in più allora le opzioni aumentano. Oggi esistono macchine da banco a vista del cliente, che assomigliano ad una spina della birra e che hanno solo bisogno di un paio di unità di riscaldamento da posizionare sotto banco, dall’aspetto di un vecchio impianto Hi-Fi Vi sono anche moderne macchine multiboiler ad alta efficienza, con controlli di flusso e temperatura a gruppo singolo, che possono essere collocate in più punti del locale, distanziate tra loro in caso di smistamento del flusso della clientela e addirittura con l’opzione di utilizzo con tanica incorporata o allaccio alla rete idrica. In ultimo, poco usate in Italia ma comuni all’estero, vi sono le superautomatiche grazie a cui, a scapito di un po’ di poesia e di professionalità, un qualsiasi addetto può premere un pulsante e attendere che la bevanda prescelta sia pronta. I tempi di attesa sono leggermente più lunghi, ma la flessibilità di utilizzo va in aiuto al gestore, il quale da solo può occuparsi di più attività. Queste attrezzature hanno incorporato uno o più grinder, diminuendo ulteriormente lo spazio generale necessario alla postazione.
IL MACININO è un altro fattore determinante: se disponete di poco spazio e volete offrire un servizio di qualità, un grinder on demand – ovvero un macinino che macina la dose di caffè necessaria solo al momento dell’utilizzo, mantenendo inalterate le caratteristiche organolettiche del caffè e tutti i suoi aromi – dovrà essere la vostra scelta. Considerate che oggi un buon grinder istantaneo occupa poco più di 15 cm di spazio ed è in grado di macinare la dose di caffè necessaria per due espressi in meno di 5 secondi. L’unico suggerimento aggiuntivo che vi do è questo: sceglietene uno poco rumoroso!
LE PERFORMANCE
Come già in parte accennato, le performance delle attrezzature possono fare la differenza nella preparazione e nel servizio, ma non bisogna dimenticare che ci deve essere necessariamente un professionista ad utilizzarle, conoscitore della materia prima e del funzionamento delle macchine. Ad esempio, una macchina tradizionale a boiler singolo può andare bene se le pretese non sono elevate, né in termini di quantità di preparazioni né di offerte di blend, mentre inizia a diventare importante avere una macchina espresso multiboiler con controllo della temperatura per singolo gruppo se si vogliono proporre più miscele, specialty o monorigini, che magari hanno differenti esigenze di temperatura di estrazione.
Anche la precisione e la capacità di produrre caffè macinato in modo costante e uniforme è cruciale. Scegliete quindi con cura il vostro grinder, prediligendo quelli istantanei a quelli con dosatore, quelli silenziosi a quelli rumorosi e quelli dotati di bilancia incorporata a quelli senza.
Un ultimo accenno riguarda gli accessori, ovvero quella gamma di strumenti che possono aiutare il barista a lavorare meglio: dal macaron o livellatore – ovvero uno strumento che ricorda appunto il famoso pasticcino francese, dotato di speciali “spatole” e utile per distribuire uniformemente il caffè nel filtro – fino al panno in microfibra per la pulizia del portafiltro; dalla doccetta e del filtro, realizzati magari con un trattamento in nanotecnologia, fino al grembiule da lavoro ergonomico…
CARTOLINE DA RIMINI
Come puntualmente anticipato sullo scorso numero, il successo del 44° Sigep (organizzato da IEG - Italian Exhibition Group, insieme ad ABTech) ha superato le aspettative e ridato ampio spazio alla dimensione internazionale di The Dolce World Expo, diffondendo ottimismo.
L’ITALIA CAMPIONE DEL MONDO JUNIORES
(classe 1999) di Parma Tommaso Nembrini (classe 2002), con il team manager Eugenio si sono aggiudicati il titolo ai Campionati Mondiali di Pasticceria , attribuito dalla giuria presieduta . Essi si sono confrontati nelle due giornate di gara sul tema “Amazzonia, viaggio nella natura”, da interpretare attraverso: presentazione artistica in cioccolato, piccola scultura-vassoio di pastigliaggio, pasticceria mignon da forno, presentazione artistica in zucchero, torta al cioccolato, coppa gelato al bicchiere e dessert al piatto al caffè espresso. Al secondo posto è , al terzo la Corea e in gara erano presenti anche le squadre di
due giornate, ispirate al tema “Il genio di Leonar do da Vinci”: dessert al bicchiere con gelato al caffè espresso, dessert al piatto caldo e freddo al cioccolato e marron glacé, bonbon mignon a forma di anello gioiello al cioccolato, piccola scultura vassoio in cioccolato, torta realizzata con stampo ed elaborato artistico in zucchero e pastigliaggio. L’italiana era stata selezionata già in vista dell’edizione 2021, non svoltasi a causa delle restrizioni sanitarie, e dopo 4 anni dalla selezione salita sul gradino più alto del podio con i voti della giuria guidata da Iginio Massari e dalla francese Anabelle Lucantonio, eletta Pastry Queen nella scorsa edizione. Al secondo posto il Giappone al terzo posto l’India, a cui si sono affiancate in gara Corea e Perù.
#cioccolateria #confetteria #gelateria #confezionamento #caffetteria #cucina
VOTA LA COPERTINA IL BIS DI SILIKOMART
Il concorso dedicato alla copertina più votata dai lettori di “Pasticceria Internazionale” per il 2022 ha premiato Silikomart
la prima
L’azienda di Pianiga, Ve, fa della comunicazione visiva un punto di forza e i lettori di “Pasticceria Internazionale” ne hanno riconosciuto l’efficacia, premiando con il maggior numero di voti la copertina apparsa sul numero di febbraio dello scorso anno, dopo il successo già riscosso nel 2020. Questa volta è una colata di pasta di zucchero violetta su una torta bianca a descrivere il prodotto, denominato Liquid Sugar Paste, il tutto contornato da una cornice dal colore in tema, a ribadire l’idea di eleganza dolce che ispira l’illustrazione. Ricordiamo che “Vota la Copertina” è stato istituito nel 2009 per promuovere la creatività aziendale e che i volti assegnati online vengono raccolti attraverso il sito pasticceriainternazionale.it e i canali social della testata.
Invitando sin d’ora i lettori, come sempre, ad esprimere il proprio gradimento anche nell’anno in corso, ringraziamo tutti coloro che hanno partecipato. Arrivederci in autunno con la prossima edizione di “Vota la Copertina”!
La targa premio per la miglior copertina 2022 di “Pasticceria Internazionale” è stata consegnata all’azienda in fiera. In foto, da sinistra, Monica Pagliardi, direttore strategie e marketing di “Pasticceria Internazionale”; Alice Zorzi, Dario Martellato, Annamaria Rizzato, Anna Zambonin e Livia Chiriotti.
MARIO MORRI
PASTRY LEGEND 2023
Il grande valore del Sistema Italia del Dolce prende forma e si nutre grazie a tutti i protagonisti (artigiani, aziende, associazioni, media, eventi…) che, con generosità e lungimiranza, hanno investito e investono nella crescita culturale e professionale del settore. In questi decenni di profonda evoluzione e di conquiste mondiali, sono tanti i professionisti che hanno contribuito con il loro operato e con il loro talento. È per loro che viene istituito lo speciale Premio alla Carriera da parte di CNA e Sigep, con la complicità di “Pasticceria Internazionale”, per celebrare quanto fatto per il comparto, per le attività associative e di aggregazione, per l’attenzione rivolta ai giovani. Un premio per valorizzare non solo la bravura in sé, ma soprattutto la serietà professionale, la coerenza, l’approccio etico e la costanza negli anni nel rappresentare e migliorare il settore. Quest’anno il riconoscimento è andato a Mario Morri, che ha insegnato a generazioni di pasticcieri. Siamo felici di riproporre anche qui il sunto della presentazione fatta in fiera, quale meritato tributo, e certi che possa servire da ispirazione a tanti.
Applausi a Mario!
Carattere affabile e schivo, sempre sorridente. Non è un uomo da prima fila Mario Morri, anche se meriterebbe di restarci, vista la sua carriera e il suo bagaglio di conoscenze. Più volte lo abbiamo “raccontato” su “Pasticceria Internazionale” (come nel 1989 per festeggiare i suoi 50 anni di attività), sempre con l’aiuto dell’estroversa moglie Paola, sua alter ego per tanti anni anche sul lavoro.
Mario è il terzo di 7 fratelli e deve iniziare a lavorare presto, nel 1952, come apprendista presso la Pasticceria Dovesi di Rimini. Dopo 6 anni diventa responsabile di laboratorio con 5 dipendenti, nel 1964 si sposta alla Pasticceria Rosa come credenziere e l’anno dopo sposa Paola, ragioniera presso un’azienda di macchine per maglieria, con la quale avrà due figlie, Susanna e Flavia (e oggi anche tanti splendidi nipoti).
L’anno della svolta è il 1966 quando insieme aprono, il 10 aprile in via Cairoli a Rimini, la loro Pasticceria Morri, che diventa presto uno dei migliori locali della riviera. “Il primo giorno l’incasso è di 40.000 lire, dopo 20 giorni mi hanno ricoverato in ospedale con un’emorragia da ulcera!”, ricorda Mario. Il lavoro è tanto e stancante, con 11 dipendenti, e alla fine, nel 1983, decidono di vendere. Aprono così una gelateria lungomare e anche quello che doveva essere un “localino” arriva a dare lavoro a 11 dipendenti con aperture non stop, 24 ore al giorno, fino al 1999.
Intanto, nel 1980 c’è la prima edizione del Sigep. La nascita di quello che oggi è uno dei maggiori saloni mondiali è il risultato della “visione” di poche persone, fra cui lo stesso Morri. È lui a ricordare che tutto ha avuto inizio in settembre da un’idea di Sauro Starnini, agente Luxardo, e di Piero Urbinati, dell’Associazione Artigiani. La prima edizione vede la luce grazie alla lungimiranza di Umberto Gandi, fondatore della Fugar, con un piccolo gruppo di colleghi, fra cui Tino Carlini, Luciano
Dicono che quando uno invecchia smette di ridere, invece è che si diventa vecchi quando si smette di ridere!
Mario MorriMario Morri abbracciato da Giancarlo Bononi (autore delle foto del suo libro), Livia Chiriotti, Mauro Morandin e Paola Morri, la moglie.
Voiper Noi 4.0
Brillante direttore di SigepGiovani, formatore e divulgatore, Samuele Calzari risponde ai vostri dubbi e quesiti. Inviate le vostre domande su
Buongiorno, vorrei proporre ai miei clienti una rivisitazione in versione monoporzione della Mont Blanc. Potrebbe darmi qualche idea?
Grazie mille, Gustavo
Buongiorno a lei, ecco una versione della Mont Blanc in formato mono.
Mont Blanc rivisitata
Frolla sablé alle mandorle
farina 00 debole per dolci g 350
zucchero a velo g 140
farina di mandorle g 50
burro freddo di frigo g 180 uova g 50 un pizzico di sale
Impastare il burro freddo insieme alle farine. Aggiungere lo zucchero e poi le uova, in cui è stato sciolto il sale. Lavorare il composto per il minor tempo possibile, e farlo riposare in frigorifero circa 2 ore. Stendere a 3 mm e foderare gli stampi da monoporzione. Cuocere a 170°C per circa 15 minuti.
Crema di marroni castagne lessate e sbucciate g 150 latte intero g 150 saccarosio g 50 un cucchiaio di rum scuro
Portare a bollore tutti gli ingredienti, tranne il rum. Lasciare intiepidire circa 20 minuti e aggiungere il rum scuro. Con un frullatore, mixare il tutto, per ottenere un composto dalla consistenza simile ad una crema pasticcera.
Ganache al cioccolato bianco cioccolato bianco g 100 panna fresca liquida g 75
Buongiorno, vorrei introdurre nell’offerta del mio negozio anche le granite siciliane: mi potrebbe fornire la ricetta delle classiche brioche col tuppo da servire in accompagnamento?
Grazie, Milena
i semi di 1/2 bacca di vaniglia un cucchiaio di rum
Portare a bollore la panna fresca. Aggiungervi cioccolato bianco tagliato a pezzetti, vaniglia e rum. Mixare con un frullatore a immersione.
Montaggio
Sulla frolla distribuire, nell’ordine, uno strato di crema di marroni e la ganache al cioccolato bianco. Decorare con pezzetti di marron glacé.
Buongiorno, ogni pasticceria siciliana ha una propria versione ma, senza volere prevaricare su quelle che sono le tradizioni locali, ecco la mia.
Brioche col tuppo
Biga
farina 00 W300 g 200
latte g 120
lievito compresso g 3
Impastare gli ingredienti, avvolgere l’impasto a farlo lievitare a temperatura ambiente per 4
ore.
Brioche
biga g 320
farina 00 W250 g 500
zucchero g 120
uova
latte
burro
lievito compresso
sale
g 250
g 100
g 100
g 10
g 4
Impastare la biga con gli ingredienti, ad esclusione di sale e burro, che vanno inseriti poco per volta. Ottenuto l’impasto, avvolgerlo su se stesso e farlo puntare per circa 30 minuti a temperatura ambiente. Spezzare in pezzature
da 30 e da 15 g. Con le pezzature da 30 g, formare delle palline e poi bucarle a forma di ciambelle. Con le pezzature da 15 g, formare delle palline e disporle sopra le ciambelle. Far lievitare circa 2 ore a 28°C, quindi infornare a 180°C per circa 15 minuti.
Samuele Calzari samuelecalzari comLievitati di primavera in versione green
Colombe e grandi lievitati in versione biologica, con farina da grano 100% italiano: è questa la proposta de La Pasticceria Bio, linea firmata Molino Grassi, che comprende cinque farine per diversi prodotti, certificate bio e italiane. E proprio in queste due caratteristiche sta l’unicità della gamma, sviluppata in collaborazione con il pasticciere Pierluigi
Sapiente: “Quando si parla di farina pensiamo a un prodotto ‘povero’ che, a prescindere dalle sue caratteristiche, miscelata ad acqua e altri ingredienti dona un prodotto che rispecchi le aspettative. Non abbiamo un’approfondita cultura dei grani e non sempre comprendiamo fino in fondo che la farina va intesa come un ingrediente vivo, in grado di modificare i nostri prodotti. Questa linea nasce per dare la possibilità di lavorare con farine biologiche e da grano 100% italiano; farine tecniche con miscele di grani adatti all’utilizzo in pasticceria”.
Le referenze sono Frolla, Pan di Spagna, Sfoglia, Croissant e Lievitati, ciascuna con forze diverse, che danno l’opportunità di realizzare prodotti da ingredienti italiani ed etichetta pulita. lapasticceriabio.it
Focaccia Dolce di Sapiente
Peso unità 825 g - Unità totali 10 Primo Impasto
Pesare tutti gli ingredienti divisi come da ricetta. Impastare assieme, per un impasto quasi liscio ma non troppo lucido, Farina Lievitati, lievito madre, zucchero e la prima parte di tuorlo con l’acqua. Aggiungere la seconda parte di tuorlo e, per ultimo, il burro a 25°C. L’operazione non deve durare più di 20/25 minuti circa.
Temperatura finale 26°C.
Lievitazione 26°C per 12-15 ore con RH 75%. Note l’impasto dovrà triplicare.
Secondo Impasto g %
primo impasto fermentato +
Pesare tutti gli ingredienti divisi come da ricetta. Impastare il primo impasto triplicato con la farina e lasciare incordare per almeno 15 minuti in 1ª velocità; incorporare lo zucchero con la vaniglia e lasciare incordare bene; inserire tuorlo, sale e burro a 25°C. Se serve, aggiungere acqua. Togliere dall’impastatrice e mettere all’interno di un contenitore dalle giuste dimensioni.
Temperatura finale ideale 25°/26°C.
Puntata 45 minuti a 28°/30°C.
Pezzatura dividere in pesi da 165 g.
Formatura arrotolare e mettere in stampo da 750 g basso, per ogni stampo 5 sfere.
Lievitazione 28°/30°C per 5-6 con RH 75%.
Raffreddamento raffreddare per almeno 15 minuti in frigo a +4°C, spennellare con acqua e cospargere di zucchero vagliatura grossa. Cottura 750 g 40 minuti a 160°C, valvola aperta i primi 10 minuti, poi chiusa.
Il tempo di cottura varia in base a dimensione, altezza, forma e tipologia del forno. Il prodotto è cotto quando arriva a 94°C al cuore. Una volta cotto, infilzare e capovolgere a testa in giù per almeno 12 ore.
Pierluigi Sapiente per Molino Grassi molinograssi it