Italia Ornitologica - numero 11 2020

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ITALIA ORNITOLOGICA - Anno XLVI - Numero 11 - 2020

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Rivista mensile di Ornitologia Scientifica - Tecnica - Pratica Organo Ufficiale della F.O.I.-Onlus

ANNO XLVI numero 11 2020

Estrildidi Fringillidi Ibridi

Zigolo dal petto dorato

Veterinario

Quando il problema è respiratorio

Canarini di Forma e Posizione Lisci

L’Irish Fancy

Canarini di Forma e Posizione Arricciati

Il Fiorino: taglia e lunghezza


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ANNO XLVI - NumerO 11 - 2020

sommario Futuro, problemi e speranze

3 5 11

Giovanni Canali

Zigolo dal petto dorato Piercarlo Rossi

Il Conuro ventre cremisi Attilio Casagrande

Il Fiorino: taglia e lunghezza

37 40 43 47

Emilio Sabatino

Pagina aperta

Argomenti a tema

Il collezionismo ornitologico (3ª parte) Francesco Badalamenti

Photo Show

Le foto scattate dagli allevatori

Democratizzazione e ammodernamento del nuovo Statuto e Regolamenti A.O.S.

49 Blanque mon amour Giuseppe Nastasi 52 Orni-flash News al volo dal web e non solo 54 Le Cucurbitacee e la muta nel Canarino Pierluigi Mengacci 57 Consiglio Direttivo Ass.ne Ornitologica Salentina

5 Estrildidi Fringillidi Ibridi

23 Canarini di Forma e Posizione Lisci

L’identità di mutazione

13 15

Riccardo Rigato

Quando il problema è respiratorio Diego Cattarossi

Diamante guttato x Diamante mandarino (2 ª parte) Francesco Formisano

L’Irish Fancy Sergio Palma

Forma e colore Giovanni Canali

I Crocieri: ricordi e brevi considerazioni

Ivano Mortaruolo

Alimentazione e nutrizione Pasquale Leone

AmmInISTRAZIOnE E PuBBLICITà: Segreteria F.O.I.-Onlus Via Caorsana, 94 - Località Le mose 29122 Piacenza Tel. 0523.593403 - Fax 0523.571613 Web: www.foi.it - E-mail: redazione@foi.it

17 23 27 31 35

27 Didattica & Cultura

Ercole Turati Roberto Basso

Lettere in Redazione Attività F.O.I. - Verbale Consiglio Direttivo del 22 agosto 2020

Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana ISSN 0391-254X (International Standard Serial Number) Autorizzazione del Tribunale di Bologna n. 4396 del 12-3-1975

Direttore Responsabile: Antonio Sposito Caporedattore: Gennaro Iannuccilli Collaboratori di Redazione: Giovanni Canali, Maurizio Manzoni, Francesco Rossini

Stampa: TEP s.r.l. - Strada di Cortemaggiore, 50 29122 Piacenza - Tel. 0523.504918

Commissione Salute, Benessere animale e Ricerca Scientifica: Elena Circella, Giuseppe Marruchella, Gianluca Todisco

ABBOnAmEnTI AnnuI: Italia E 50,00 - Estero-Europa E 70,00 Estero-ExtraEuropa E 90,00 Un numero E 5,00 - Arretrato E 6,50 C.C.P. 53684957

Coadiutore Editoriale: Lorenza Cattalani

37 Canarini di Forma e Posizione Arricciati

Inoltro postale in Italia: Effezeta srl Via Amilcare Mazzocchi, 36 - 29122 Piacenza

60 62 63

Le quote abbonamento vanno versate, mediante vaglia o assegno, alla Segreteria. Le opinioni espresse dagli Autori non impegnano la Rivista e la sua Direzione. La Redazione si riserva il diritto di non pubblicare o emendare gli articoli proposti. I collaboratori assumono piena responsabilità delle affermazioni e delle immagini contenute nei loro scritti. Vietata la riproduzione, anche parziale, se non espressamente autorizzata. © F.O.I. In copertina: Conuro ventre cremisi (Pyrrhura perlata) Foto: PHILIPPE ROCHER

Italia Ornitologica è la rivista ufficiale della F.O.I. - Federazione Ornicoltori Italiani, pubblicata in 10 (dieci) numeri annuali a cadenza mensile, 2 (due) dei quali in versione bimestrale nel periodo estivo (Giugno/Luglio e Agosto/Settembre). Il numero 11 - 2020 è stato licenziato per la stampa il 10/11/2020


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Editoriale

Futuro, problemi e speranze di G IOVANNI CANALI

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er hobby come l’allevamento amatoriale degli uccelli e altri analoghi il presente è pesantissimo ed il futuro incerto. Ovviamente penso alla pandemia di Covid 19 che tanto duramente ci colpisce, ma anche ad altri aspetti. Tralascio per ora la pandemia che prenderò in considerazione in seguito, per inquadrare l’allevamento amatoriale in un contesto generale, di non emergenza. Allevare uccellini è già da tempo problematico. I condomini nei quali moltissimi abitano, spesso non concedono di tenere animali. Anche dove è possibile, spesso manca il luogo adatto; non sempre c’è una cantina luminosa ed asciutta o analoga soffitta ed anche il garage non sempre è idoneo, automobile a parte, e la stanza intera da dedicare agli uccellini, liti familiari a parte, in un piccolo appartamento non c’è. Si può ripiegare in una parte di stanza con protezioni, ma non sempre è possibile e le conflittualità fra familiari si possono verificare spesso. In passato si vedevano molte gabbie alle finestre o sui balconi, oggi molto meno.

Diversa era la tipologia degli appartamenti. Anche uscendo dal nostro ambiente specifico, ho sentito cifre da paura come calo di iscritti, ad esempio fra gli allevatori di piccioni. Cito questi perché è un hobby non troppo lontano dal nostro ed a Parma, la mia città, c’era una notevole tradizione, specialmente per quanto riguarda i piccioni viaggiatori. Ebbene non c’è un sufficiente ricambio generazionale, anzi bassissimo. Anche nel nostro ambiente il ricambio generazionale è debolissimo, forse al sud qualcosa di meglio, ma in generale non andiamo bene affatto. Del resto basta vedere quali sono gli interessi dei giovani, con telefonino incorporato, e molto tecnologici, con i vari strumenti informatici. Certo non mancano giovani attenti alle tematiche ambientali, per fortuna! Tuttavia spesso si dedicano alla protezione ed all’osservazione delle specie in natura, attività lodevoli al massimo, ma raramente allevano, almeno a livello amatoriale.

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Editoriale In questo ambito la F.O.I. può fare ben poco; non possiamo fornire appartamenti o locali a tutti coloro che li vorrebbero. Certo è estremamente difficile realizzarlo, ma se un’associazione locale o qualche privato riuscisse a reperire luoghi adatti da affittare o dare in comodato ai soci, sarebbe molto bello. Ricordo che diversi anni or sono ho visto qualcosa del genere, realizzato a Bologna nella vecchia fornace. Tuttavia è ben difficile che circostanze del genere possano realizzarsi e mantenersi. Non resta che lavorare al meglio e fare pubblicità. Ho spesso messo in evidenza come i rapporti esterni siano importanti per farci conoscere. Le iniziative ci sono state, come la “F.O.I. scuola” ed altro. Ritengo si debba insistere, ad esempio anche con il museo, una volta che ci si potrà muovere agevolmente. Ora c’è da considerare qualcosa che non avremmo mai voluto vedere e cioè la pandemia Covid 19. Ne abbiamo già parlato, ma ora si impone ulteriormente in tutta la sua gravità e con le sue conseguenze. Certo gli aspetti più gravi e drammatici riguardano la salute pubblica e l’economia così duramente provata, ma in questa sede prendo in considerazione un aspetto minimo, se visto in generale, ma importante per il nostro particolare. Vale a dire il rischio di avere un calo dei soci. Dobbiamo dirlo, molti soci sono sconfortati, per la minima presenza di mostre ed altre manifestazioni che, come sappiamo, sono insostituibile momento di incontro e confronto. Io stesso di fronte a qualche soggetto valido, mi stizzisco al pensiero di non poterlo esporre. Certo non possiamo prendercela con qualcuno, se non con il virus; la F.O.I. e diverse associazioni hanno fatto e fanno il possibile. Tuttavia capita di sentire che diversi allevatori dicono di voler ridurre il numero dei riproduttori, si mostrano amareggiati e si pongono talora anche il dubbio se continuare.

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Anche la difficoltà di cedere il surplus della produzione incide alquanto. Del resto, se i commercianti non hanno richieste è difficile che possano acquistare. Molto bene ha fatto la F.O.I. ad organizzare un sito di scambi possibili fra allevatori, ma certo cedere o acquistare di presenza è diverso; ce ne rendiamo tutti conto, ma si fa di necessità virtù. Ora gli allevatori “più impegnati” come me, l’iscrizione l’hanno già rinnovata, magari hanno già gli anelli. I dubbi possono esserci per i meno motivati. Ebbene, ritengo giusto incoraggiare i dubbiosi. C’è già stato un periodo terribile per l’allevamento, cioè la guerra. Premesso che la tragedia della guerra ha prodotto lutti e rovine terribili ed il problema dell’allevamento amatoriale è quindi è infinitesimale come importanza, tuttavia ci riguarda e ritengo giusto ricordarlo. Se oggi si allevano ancora certe razze è perché sono state preservate da veri amatori, magari con grandi sacrifici. Senza di loro avremmo avuto un danno difficilmente riparabile. Chi ha tenuto duro, poi ha avuto una posizione di vantaggio alla fine del conflitto, oltre ai meriti per aver salvato le razze di cui sopra. Chi terrà duro con la pandemia potrà riprendersi meglio dopo, dovrà pure arrivare il tanto atteso vaccino. Per i nostri maggiori, durante la guerra, le difficoltà furono ben più impegnative. Ricordo che vecchi allevatori della mia città mi raccontarono di aver affittato un campo da coltivare a scagliola. Gli approvvigionamenti erano ben difficili all’epoca, ben più di oggi, che sono rimasti pressoché invariati. Mi piace ricordare un’esperienza di Giuseppe Vaccari che viene ricordata nel suo testo: “I canarini Isabella” Edizioni Encia, Udine 1972: su quel testo, Vaccari, sia pure con argomenti non tutti condivisibili, ci racconta un episodio significativo in cui ricorda di essere stato bloccato in una zona circondata dalle opposte forze, senza possibilità di reperire il misto per canarini (aveva sei coppie di gibber italicus); ebbene, si arrangiava con pastoncino all’uovo e verdure, ma per i nuovi nati non bastavano. Cercava senza esito piante selvatiche con semi immaturi, ma non ne trovava essendo la zona piuttosto arida; ripiegò sul frumento prima acerbo, poi cotto, salvando parte della produzione, infine lo usò germinato per gli adulti. Direi che almeno sotto questi aspetti per noi è meno dura. Penso che chi saprà respingere tentazioni disfattiste, potrà averne vantaggio quando finalmente usciremo dal tunnel della pandemia, o almeno ci sarà un equilibrio accettabile. Raccomando quindi a tutti, me compreso, di non abbattersi troppo e, nei limiti del possibile, preservare il nostro impegnativo ma bellissimo e creativo hobby.


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ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBDRIDI

Zigolo dal petto dorato Golden-Breasted Bunting - Emberiza flaviventris di PIERCARLO ROSSI, foto di DOMENICO CAUTILLO

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u descritto come Emberiza flaviventris per la prima volta da Stephens nel 1815, ad oggi risulta essere uno tra gli zigoli africani dal petto giallo maggiormente diffuso. Ha un habitat molto vario, preferendo generalmente gli spazi ampi della savana, a sud del deserto del Sahara, dove sono presenti alberi di Acacia, la Burkea africana (Burkea) e il Colosphermum mopane della famiglia delle leguminose, noto come albero delle farfalle; è possibile inoltre osservarlo nei boschi secchi lungo i fiumi asciutti, dove sono presenti alti arbusti su un terreno roccioso, a margine dei campi coltivati. Nel suo girovagare si avvicina spesso agli insediamenti urbani frequentando i giardini e piccoli appezzamenti coltivati. Una caratteristica interessante è che questa specie è completamente assente nella cintura equatoriale. Di indole gregaria, è normalmente visto da solo, in coppia o in piccoli gruppi.

Il capo è caratteristico, con due strisce bianche che lo attraversano (una sopra e l’altra sotto all’occhio) separate da una striscia nerastra

rate da una striscia nerastra; inoltre, una striscia, sempre di colore bianco, attraversa la fronte fino alla nuca. Le strisce laterali della corona raggiungono il becco, l’anello perioculare è nero sopra e bianco sotto, nel piumaggio nuziale questi disegni risultano essere ben marcati ed il bianco maggiormente candido; tale disegno facciale è diverso dagli altri zigoli Africani.

Maschio Emberiza flaviventris

Identificazione Ha una lunghezza di 16cm. circa, potremmo definirlo un emberizide di medie dimensioni, con un vistoso disegno bianco e nero sulla testa che lo rende inconfondibile. Il maschio e la femmina, nel periodo eclissale, risultano essere molto simili tra loro. In questa specie spicca il petto giallo arancio, il dorso è di un caldo color marrone castagna, generalmente con strette strisce color sabbia, groppone grigio ed ali bordate di bianco. Il motivo sul capo è caratteristico, con due strisce bianche che lo attraversano (una sopra e l’altra sotto all’occhio) sepa-

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Emberiza flaviventris

La livrea è di un colore Bruno rossiccio dove spiccano le scapolari bianche molto evidenti. Alula e coperture primarie nerastre. Primarie e secondarie di colore marrone-nero, con un sottile margine pallido sulla parte esterna. Le penne della coda sono marrone scuro, le tre esterne sono bordate di bianco. Il becco presenta la mandibola superiore marrone scuro, rosa carnicino quella inferiore. Le zampe hanno un colore marrone rosato. Iris marrone scuro. Il piumaggio maschile nel periodo non riproduttivo, può avere la striscia della corona di colore ruggine. Gli individui con un piumaggio pallido e striato possono essere confusi con la sottospecie somala di questo zigolo, che inoltre ha il dorso grigio uniforme, in evidente contrasto con il mantello. A riposo il groppone a volte è nascosto dalle ali piegate, ma il contrasto con il mantello è ben evidente in volo. Le barre alari sono larghe e bianche e ben evidenti sia sulla mediana che sulle

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I sessi risultano essere molto simili, anche se nelle femmine il disegno sulla testa è più marrone bianco rosato

copritrici maggiori. La gola è gialla, di solito chiaramente delimitata dal petto giallo-arancio che sfuma sul ventre diventando di colore bianco sporco, sui fianchi con sfumature rosa grigiastro. Nei maschi adulti, la gola gialla è piuttosto distinta dal petto arancione-ruggine. Come già accennato in precedenza, i sessi risultano essere molto simili, anche se nelle femmine il disegno sulla testa è più marrone e la striscia della corona si tinge di un pallido bianco rosato.

Il mantello risulta essere maggiormente striato ed assume toni grigio olivaceo. Le copritrici minori sono più grigiomarrone che nei maschi. Il petto è più scuro della gola alla pancia e si nota chiaramente meno il distacco dalla gola. Nel periodo non riproduttivo sono più evidenti le sfumature color ruggine sulla striscia della corona e sul supercilium. Nelle femmine, il motivo scuro sulla testa è più marrone, e le parti biancastre mostrano una sfumatura più soft rispetto ai maschi nel piumaggio corrispondente. La femmina adulta ha una fascia del petto più opaca e meno distinta. Il colore giallo delle parti inferiori è meno brillante. Le femmine di solito mostrano strette fasce scure sulle piume del mantello. I giovani risultano avere una colorazione nel complesso più pallida rispetto agli adulti con le strie nere del capo meno marcate ed un bianco più “sporco”, inoltre il colore del petto è più spento. La gola è di colore giallo-arancio pallido, Il mantello è marrone-sabbia, diffusamente striato. La schiena, il groppone e la parte superiore della coda sono di colore grigio-marrone. Le copritrici minori sono grigiastre, con sottili frange. Effettuano la loro prima muta dopo la stagione riproduttiva, ad eccezione della coda e delle remiganti, e generalmente la ultimano prima degli adulti. Per quanto riguarda gli adulti non viene registrata nessuna muta pre-nuziale. Nessuna differenza di piumaggio legata all’età è stata rilevata con certezza, una volta completata la muta post-giovanile. Il colore dell’iride e l’ossificazione del cranio possono tornare utili ad una stima approssimativa. MISURA Ala (max): maschio 80,0-87,0 mm / femmina 79,5-86,5 mm – Coda: maschio 67,5-75,5 mm / femmina 68,574,5 mm - Fattura: (al cranio) maschio 13,8-14,4 cm / femmina 13,8-14,8 cm Tarso: maschio 16,3-18,7 cm / femmina 17,3-18,0 cm. Variazione geografiche La distribuzione a nord dei tropici è ben definita, ma a sud dell’equatore la situazione è meno chiara. Sono state descritte cinque sottospecie, ma le differenze


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sono relativamente lievi e solo tre sono riconosciute effettivamente. Il colore del mantello cambia con l’usura e con l’età, facendo si che lo sbiancamento (delle strie del capo) e la differenza tra piumaggio fresco e consumato nello stesso individuo può essere maggiore della differenza tra gli stessi individui, con piumaggio corrispondente di diverse regioni. Analizziamo ora la specie e le relative due sottospecie: E. flaviventris (la specie nominale) È presente nell’Africa sub-sahariana dal sud del Mali a sud del Sudan in Uganda, in Tanzania, nella RDC meridionale, l’Angola e lo Zambia fino all’Africa meridionale, è abbastanza comune in Mozambico, Zimbabwe, Botswana, Namibia settentrionale e gran parte del Sudafrica, escludendo in gran parte il Capo Occidentale, il Capo Settentrionale e lo Stato Libero. Descritto sopra. E. f. princeps (S. Angola, Namibia) Molto simile alla specie sopra descritta, ma più grande (maschio: ala 88-93 mm, coda 74,0-80,5 mm) e generalmente più pallido, con fascia del petto meno accentuata e più ampiamente bianco sui fianchi. Non tutti gli uccelli della Namibia settentrionale si adattano alla descrizione e lo stato e la validità della sottospecie potrebbe richiedere ulteriori studi. E. f. flavigaster (distribuito lungo il bordo meridionale del deserto del Sahara, dal Mali ad est verso l’Eritrea) Il colore del mantello risulta essere più pallido, così come il colore del dorso, tendente al rossastro, con quasi nessuna striatura nera nella femmina. Il groppone è di colore grigio chiaro, sabbia sfumata. Il petto è più pallido, sessi molto similari, colore giallo delle parti inferiori più pallido, con fianchi più bianchi. Il Canto Possiamo definire il canto di questo affascinante zigolo abbastanza vario e viene effettuato generalmente su un punto di rilievo su una forcella di un albero o di un cespuglio. A volte è chiaro, a volte piuttosto dissonante, ma di solito una ripetizione di 4-5 passate simili, sebbene alcuni tipi di canzoni possano includere più di un motivo. Il richiamo in volo è un flebile tsiipp. Il

Zigolo petto dorato

Nelle femmine, il motivo scuro sulla testa è più marrone, e le parti biancastre mostrano una sfumatura più soft

richiamo di contatto di solito ascoltato dagli uccelli appollaiati è un ronzio disordinato (Inerii) che ricorda in parte alcune note del canto del ciuffolotto (Pyrrhula pyrrhula). Un’altra variante, probabilmente di funzione simile, è un breve weechee weechee weechee. Nido, uova e nidiacei Alleva principalmente durante la stagione delle piogge, ma a volte la anticipa, anche se non ha un periodo ben definito; infatti, i nidi possono essere trovati praticamente tutto l’anno, a

seconda delle condizioni climatiche locali, anche se in genere vengono allevate 2-3 nidiate. In linea di massima si è riscontrato quanto segue: il periodo riproduttivo, nella parte meridionale dell’Africa va da ottobre a febbraio, con novembre-dicembre come massimo periodo di attività. Nello Zimbabwe i tempi sono simili, con una stagione riproduttiva molto lunga da ottobre ad aprile, con la maggiore attività da ottobre a gennaio. In Zambia e Angola l’allevamento inizia a settembre o ottobre. In gran parte del Kenya, il periodo riproduttivo inizia a dicembre e continua a luglio, con un picco marcato ad aprile. Nello Zaire l’allevamento si svolge da luglio a novembre. La razza flavigaster alleva principalmente da giugno a settembre. Il nido, a forma di coppa, risulta essere abbastanza grossolano, costruito con erba secca e piccoli bastoncini o steli di piante infestanti, imbottito da erba fine

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e radici, spesso anche con lunghi peli di coda di cavallo o di bestiame. È collocato su una forcella in un alberello a 12 m dal suolo, spesso abbastanza esposto. Uova 2-3, bianco lucido, crema o azzurro verdastro, con un anello di linee nero seppia, intervallate da punti e trattini, sul polo ottuso. Incubazione 12-13 giorni, il nido viene abbandonato verso il sedicesimo, diciassettesimo giorno. Sono stati registrati casi di parassitismo da parte del cuculo Diderick (Chrysococcyx caprius) e del cuculo Jacobin (Clamator jacobinus). Alimentazione Durante la stagione riproduttiva si nutre di una grande quantità di insetti, apportatori di importanti proteine, fondamentali per lo svezzamento e la crescita dei piccoli, come locuste, termiti e coleotteri, bruchi, ragni scarafaggi e

Femmina in primo piano e novello

Novello in voliera

Integra la sua dieta con semi, tra cui Cynodon dactylon nota come gramigna, boccioli di fiori e semi di graminacee

cavallette dalle corna corte. Al di fuori del periodo riproduttivo, integra la sua dieta con semi, tra cui Cynodon dactylon nota come gramigna, boccioli di fiori e semi di graminacee. Potremmo definirlo un razzolatore, infatti si muove in maniera disinvolta a terra, nella ricerca del cibo; al di fuori del periodo riproduttivo è possibile osservarlo in piccoli gruppi composti da 10/15 esemplari. Status e habitat Sebbene sia uno dei più diffusi zigoli africani, di solito non è mai molto comune. Sono presenti due popolazioni disgiunte a sud del Sahara, come già accennato evita la regione della foresta equatoriale. La sottospecie flavigaster si trova in una fascia molto stretta, appena a sud del Sahara, che attraversa diversi

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stati, tra cui il Mali, Burkina Faso, Ghana settentrionale, Niger meridionale, ad est di Zinder, Nigeria nordoccidentale, Sudan centrale e l’Eritrea settentrionale. La specie nominale è diffusa a sud e ad est della foresta equatoriale, dallo Zaire meridionale e orientale a ovest e dalle parti meridionali del Sudan e dell’Etiopia a est, nella parte più meridionale del Sud Africa. In Kenya è presente principalmente sopra i 1400 m negli altopiani occidentali e centrali, e in Uganda ad ovest del Victoria Nilo. È possibile osservarlo, inoltre, in tutta la Tanzania, ad eccezione delle pianure costiere nel nord-est. Diffuso in Zimbabwe, Zambia e Malawi. Distribuzione in Mozambico non ben nota, ma registrata dalla maggior parte del suo territorio. Si trova in tutto l’altopiano interno dell’Angola, in tutto il nord della Namibia, ad eccezione del deserto costiero, a sud dell’area di Windhoek. Occasionale in Camerun. Allevamento in ambiente controllato Animale di grande fascino, questo zigolo, importato raramente, ha da subito creato una vera e propria sfida tra tutti gli appassionati di ornitologia. Non risulta essere specie particolarmente esigente anche se per l’allevamento richiede un certo spazio; come per tutte quelle specie provenienti dal continente africano, è importantissima la somministrazione della vitamina D e del calcio (per non incorrere nello spiacevole guscio molle delle uova). L’amico e Collega giudice Domenico Cautillo, bravissimo allevatore di diverse specie del genere Passer e non solo, è riuscito a riprodurre questo zigolo e qui di seguito ci svelerà quali sono stati i suoi stratagemmi per giungere a questo importante risultato. Quali specie allevi? Durante quest’ultimo anno ho allevato principalmente specie appartenenti al genere Passer e nello specifico queste razze: 3 coppie di Passeri del deserto (Passer simplex) 4 coppie di Passero Dorato (Passer luteus)


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2 coppie di Passera Sarda (Passer hispaniolensis) 2 coppie di Passero Testa Grigia (Passer griseus) 2 coppie di Passero dalla Gola Gialla (Gymnoris xanthocollis) Quali hai allevato in passato? Appassionato da sempre dai fringuelli, in passato ho allevato e riprodotto diverse razze tra cui Organetti, Lucherini, Botton D’oro, Verdoni, Ciuffolotti Messicani e Ciuffolotti Coda Lunga. Come ti sei avvicinato a questa specie? Mi sono avvicinato per caso a questa bellissima specie visitando un mercato in Germania. Un mio amico (Gianni Sassi) li ha acquistati, ed essendo l’unica coppia sul mercato io non riuscii a comprarli. Passati alcuni mesi, lo stesso mio amico mi regalò proprio la coppia acquistata al mercato, poiché non aveva lo spazio idoneo per allevarli. All’inizio ho avuto difficoltà perché sembrava non volessero nidificare. Ben presto, però, ho capito che erano due femmine e cosi l’anno successivo alla mostra scambio di Reggio Emilia sono riuscito a trovare due maschi. Fu prodigioso! L’anno successivo il mio sogno si avverò e riuscii a riprodurli. Dimensioni della voliera Le voliere che utilizzo hanno una dimensione di 2 metri di altezza, 1,80 metri di lunghezza e 70 centimetri di larghezza materiale sul fondo Il materiale sul fondo della voliera è composto da ghiaia e sabbia, ma aggiungo sempre i fili della noce di cocco. Questo perché ho notato che tutti i fringillidi ne vanno matti. Similitudini con specie allevate in precedenza Avendo allevato in passato i Botton D’oro, penso che queste due specie abbiano comportamento ed abitudini molto similari. Alimentazione - riposo - precova allevamento Come alimentazione fornivo loro un buon misto per canarini, a disposizione per tutto l’anno, integrato con un misto per esotici, larve delle mosche carnaria (bigattini) e camole (questi li acquisto surgelati) e le tarme della farina (queste vive) di medie dimensioni. Hai riscontrato che prediligono un alimento rispetto ad un altro, o alimenti

È risaputo che l’aumento delle ore di luce migliora il ciclo riproduttivo

che li mandano in estro? Di regola, aumentando le dosi delle larve dei ditteri e delle perle, vanno in estro; questo accade anche con i fringuelli ed i Botton D’oro. Alimenti fondamentali per lo svezzamento dei novelli Anche per lo svezzamento utilizzo la stessa alimentazione, ovvero aumento le dosi delle larve dei ditteri e delle perle morbide con il pastone. Tipo di nido e materiale per la costruzione Da sempre uso il nido da canarini, quello da esterno, chiuso sui lati, per capirci; il materiale più utilizzato è composto dai fili e dalle fibre delle noci di cocco. Ore di luce periodo riproduttivo È risaputo che l’aumento delle ore di luce migliora il ciclo riproduttivo, ma io non ho possibilità di usare la luce artificiale. Allevo all’esterno da tanti anni, le voliere sono costruite all’aperto e le coppie sfruttano solo la luce solare. Crescita dei novelli Ho notato che vanno in amore dal mese

di marzo fino al mese di maggio e successivamente dal mese di agosto fino al mese di settembre, anche se ho avuto dei piccoli anche ad ottobre. Crescono molto velocemente, dopo una quindicina di giorni lasciano il nido e dopo circa 35 giorni sono indipendenti. Il maschio collabora alla costruzione del nido? Ed allo svezzamento dei pullus? Anche il maschio partecipa alla crescita dei novelli ed anche per la costruzione del nido risulta essere attivo. Il maschio però, in qualche occasione, nel periodo dell’accoppiamento diventa particolarmente aggressivo nei confronti della femmina. Tipo di anello, il diametro ti sembra appropriato? Vengono anellati con un anello di tipo Y e il diametro è corretto. Progetti per il futuro Il progetto che sto cercando di portare avanti da alcuni mesi è la costruzione di una nuova voliera molto più capiente, che potrà accogliere più coppie in più voliere all’interno della stessa struttura. Dopodiché spero di essere pronto per iniziare una nuova sfida, quella dell’allevamento dei fringuelli, una specie che mi affascina molto. Ringrazio Domenico per la sua grande disponibilità e passione, e mi scuso pubblicamente per le sue foto “prestate” ad alcuni miei articoli.

Pullus nel nido

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CANARINI DI FORMA E POSIZIONE ARRICCIATI

Il Conuro ventre cremisi Pyrrhura perlata (Spix, 1824) - TSN 177713 (Taxonomic Serial Number) secondo la classificazione ITIS (Integrated Taxonomic Information System) Testo, foto e allevamento ATTILIO CASAGRANDE

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lassificato come unico rappresentante della specie perlata, non esistendo sottospecie, precedentemente conosciuto come Pyrrhura rhodogaster (ora invalidato), ovvero Conuro Ventre Cremisi (non Conuro perlato con cui si indica il Pyrrhura lepida), il nome comune lo definisce molto bene per il suo ventre completamente rosso cremisi; le sfumature dorate delle guance ed il blu delle copritrici alari che ben contrastano con il grigio del collare, ne fanno uno dei più appariscenti conuri sud americani. La coda leggermente corta rispetto al corpo e la taglia tozza, lo distinguono bene dalle altre specie del genere Pyrrhura. In natura la sua distribuzione geografica si estende lungo il grande Rio delle Amazzoni, dal Brasile al Mato Grosso; è presente anche in Colombia e nell’area settentrionale della Bolivia.

Foto 1 - La testa massiccia nel maschio a destra

Questo grazioso conuro in ambiente domestico ama voliere spaziose, possibilmente ben ombreggiate per ricreare le foreste primarie dove vive abitualmente; la presenza di una ciotola per il bagno quotidiano è fondamentale per garantire un piumaggio perfetto e brillante. Come alimentazione, la dieta comprende un buon misto per colombi precedentemente ammollato per rendere i semi grossi più appetibili, gradiscono infatti il mais e i piselli, ma anche frumento e girasole sono tra i più cercati, oltre ad un normale misto secco per inseparabili ben depolverato, la frutta viene mangiata volentieri se non troppo matura, le bacche di Aronia melanocarpa, Goji, Piracantha, oltre a ribes e lamponi, fiori di Robinia, tarassaco, ibisco: questi forniscono nutrienti importanti e aiutano a renderli golosi e intraprendenti perdendo ogni timore nei confronti dell’uo-

Il nome comune lo definisce molto bene per il suo ventre completamente rosso cremisi mo, ben presto verranno a prenderli direttamente dalle nostre mani. Il Conuro ventre cremisi in ambiente domestico si riproduce con discreta facilità, se possiamo formare la coppia in età giovanile è preferibile per renderli compatibili, i sessi sono molto simili e quindi solo unsessaggio garantisce la certezza di maschio o femmina, anche se in realtà si nota una certa differenza nella forma della testa (fig 1) e in generale sulla sua corporatura; sono sessualmente maturi dopo il secondo o terzo anno di vita. La voliera da riproduzione con misure di 2x2mt larga 1 mt andrà benissimo, i tre posatoi a diverse altezze gli permetteranno di compiere brevi voli e uno spazio esterno per ricevere direttamente la pioggia e raggi solari lo manterranno in salute. La stagione riproduttiva va da febbraio a giugno, il nido preferito è a forma di elle (fig.4) con spessore di circa 2 cm in legno, posizionato in alto, le cui misure interne sono indicativamente base 20 x 30 cm, altezza 50 cm, la colonna con misura 20 x 20 cm e foro d’ entrata di 7/8 cm, il fondo leggermente incavato per tenere raccolte le uova, un substrato formato da rametti di salice che avremo posto all’interno del nido e che

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Foto 2 - Particolare del substrato composto da salice sminuzzato

Foto 3 - Sul posatoio, novelli di circa due mesi, notare la colorazione del ventre

loro avranno frantumato in piccole scagliette (fig 2) sarà a mio avviso quanto di meglio gli serve. Io evito la torba o segatura perché tendono a seccare troppo le uova; queste sono deposte in numero da tre a sei, tondeggianti e piuttosto grandi rispetto alla sua taglia, sono covate esclusivamente dalla femmina per circa 23 giorni. Alla nascita, i pulcini presentano un fitto piumino e sono alimentati da entrambi i genitori. Una settimana prima della schiusa fornisco un’alimentazione più proteica: pinkies (larve di insetti surgelate) bolliti, qualche tarma della farina, uovo sodo e farina di ceci sono integratori che, aggiunti al misto ammollato per colombi, servirà fino allo svezzamento. Inoltre, somministro qualche rametto di timo e origano fresco, alcune gocce di olio di fegato di merluzzo e un buon integratore di sali minerali, oltre a verdure e spighe varie come frumento, orzo, avena e panico allo stato lattiginoso. Come pastoncino uso un “fai da te” semplicissimo composto da 4 parti di pane secco, 1,5 di farina di ceci, 1,5 di semolino e 1 di farina gialla da polenta; in fase di svezzamento si può usare per asciugare i semi ammollati grazie ai quali, umidificandosi, diventa anche più appetibile. Inutile dire le verdure fresche sempre a disposizione, tarassaco, portulaca, borsa da pastore, centocchio, cicorie varie: queste erbe non dovrebbero mai mancare nelle diete dei pappagalli, anche l’ortica fresca (resa innocua se raccolta la sera) triturata finemente al mattino e mescolata ai semi ammollati, ricca di fer-

ro e vitamine, è un buonissimo ricostituente e depurativo del fegato. All’involo i giovani presentano una colorazione priva del rosso cremisi del ventre (foto 3), questa sarà completa al secondo anno di vita; la loro indole tranquilla e socievole li porta ad interagire con chi li accudisce perdendo ogni timore. In breve tempo si possono ottenere soggetti molto tranquilli e da compagnia e, se isolati a contatto con gli umani, possono anche imitare bene le parole e vari suoni. I giovani pulli si anellano a circa 8/10 gg con anelli di diametro 5,5 o 6 mm interno, in lega di duralluminio. A volte può succedere che i colori brillanti e lucidi degli anelli stimolino i genitori a toglierli; io ho adottato un semplicissimo modo per evitare questo: basterà dipingerli precedentemente con dei colori a tempera, gli stessi usati per gli acquarelli, un colore rosa carne va benissimo, poiché una volta asciugati

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Foto 4 - Nido per Pyrrhura perlata, misure interne

bene diventano opachi dello stesso colore della zampetta. Bisogna fare delle prove per trovare la giusta tonalità e, una volta usciti dal nido, il colore all’acqua sparirà completamente lasciando l’anello integro. La specie è inclusa in allegato B della CITES e, non essendo considerata di facile riproduzione, oltre alla denuncia di nascita entro 10 gg tramite modello SCT1/B (obbligatoria), per la eventuale esposizione o cessione dei soggetti nati si dovrà tenere il registro di allevamento previsto e la presentazione della denuncia dichiarativa/informativa SCT2/B. Molto appariscenti e rustici, abbastanza silenziosi, sono uccelli tra i più belli da allevare, anche se non sono ancora fissate mutazioni; si prestano bene alle esposizioni se precedentemente abituati alle gabbie da mostra, sopportando anche alcuni giorni di esposizione senza la minima sofferenza. Sitografiahttps://www.itis.gov/index.html

Foto 5 - Primo piano di Conuro ventre cremisi


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ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI

L’identità di mutazione di RICCARDO RIGATO, foto F.O.I. e S. GIANNETTI

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uando in una specie compare una nuova mutazione, sicuramente viene stimolato l’entusiasmo per la riproduzione e la selezione della neonata variante cromatica. All’esordio, l’esigenza primaria degli allevatori in possesso del nuovo pool genetico è quella di garantirne la sopravvivenza. Vi sono specie difficili da allevare che richiedono grande impegno e dedizione, supportati da strutture idonee e da un buon bagaglio di esperienza. A volte gli sforzi non sono sufficienti a garantire un futuro alle nuove cromie (fanelli opale, cantori d’africa bruni, per esempio) ma una delle problematiche che spesso si verifica è una selezione che non rispecchia l’attività mutante del gene o dell’insieme di geni in questione. L’indirizzo selettivo, a mio avviso, non deve essere dettato da uno standard frutto del gusto personale degli estensori dello stesso. Uno standard, che dovrà guidare gli sforzi selettivi degli allevatori e che dovrà anche essere lo strumento in possesso dei giudici per effettuare una perizia il più oggettiva possibile, è frutto di una accurata analisi di come il genotipo mutato sia in grado di modificare il fenotipo rispetto al riferimento ancestrale. Si è abbondantemente dissertato in un precedente lavoro sull’importanza del punto di repere; di non minore importanza deve essere l’attenta analisi di come agiscono i nuovi fattori mutanti sul corredo sia melaninico che lipocromico, avendo il coraggio di accettare fenotipi che a volte si possono discostare dal gusto personale, ma che sono aderenti alle modificazioni operate dal nuovo genoma.

Verdone lutino maschio

Un esempio che può illuminarci su tale tematica è la mutazione lutino. È questa una mutazione di forte impatto visivo, perché aggredisce in maniera decisa il corredo melaninico senza intaccare i lipocromi. Anzi, per un meccanismo di compensazione, i lipocromi spesso risultano amplificati.

Un esempio che può illuminarci su tale tematica è la mutazione lutino

Il verdone è stata forse la prima specie tra i fringillidi ad essere interessata da questo eclatante fenotipo. I soggetti appaiono fondamentalmente gialli (perciò lutino, dal latino luteus) con iride quasi totalmente depigmentata da far apparire l’occhio color rubino per evidenziazione della trama vascolare sottostante. L’entusiasmo è stato notevole nell’allevamento di tale variante cromatica. Ci sono voluti anni però per essere d’accordo su come deve essere un soggetto che esprime in maniera corretta la mutazione. Dopo lunghi confronti tra tecnici, errori selettivi ed approcci empirici, oggi si è giunti ad un modello selettivo condiviso dai più.

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È stato raggiunto tale traguardo dopo aver intrapreso strade tecnicamente non aderenti alle caratteristiche del gene mutante, non considerando l’effettiva capacità inibente sulle melanine, ma aspirando ad un modello teorizzato in maniera soggettiva. Venivano selezionati, ed erano apprezzati a livello espositivo, i soggetti che non palesavano residui melaninici. Tale fenotipo però non è aderente all’azione del gene sul fenotipo. La mutazione lutino aggredisce in maniera decisa il corredo melaninico, ma non lo azzera. A livello fenotipico la feomelanina pare venga inibita totalmente, l’eumelanina nera, che sembrerebbe scomparire, può essere rilevata nel sottopiuma in forma ridotta, determinando una colorazione grigio perla (frutto pertanto della diluizione del nero e non del bruno). Il pigmento melaninico che subisce in minor misura l’azione inibente è l’eumelanina bruna. Quando si è presa piena coscienza di ciò (grazie anche all’analisi di come la mutazione si comporta in altre specie come il cardellino) si è cominciata ad apprezzare la presenza di un residuo eumelaninico bruno su remiganti e timoniere.

Cardellino lutino

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L’esperienza del verdone ha fatto sì che non venissero ripetuti gli stessi errori in altre specie. Nel diamante di gould lutino è fortemente apprezzata la presenza del residuo eumelaninico bruno. Il concetto di “più chiaro più bello” non è stato minimamente preso in considerazione. Lo standard è stato redatto nel rispetto di come effettivamente si esprime il genotipo sul risultato fenotipico. Nella comprensione dell’attività di modificazione dei pigmenti della mutazione lutino, è stata di grande contributo l’interazione con la mutazione bruno che ha dato come risultato la combinazione che, nel settore EFI, viene definita satiné ovvero lutino bruno. Quando il gene inibente l’eumelanina bruna del lutino anziché agire su un substrato ancestrale si trova a dover inibire una quota di eumelanina bruna pressoché doppia (tipica della mutazione bruno) non riesce ad esprimere appieno il suo potere inibente, così che il residuo eumelaninico bruno appare nei satiné in maggior misura. Il lutino a base bruna è quindi paradossalmente più ricco di pigmento melaninico rispetto a quello su base ancestrale. Risulta pertanto di vitale importanza

riuscire a capire come ogni nuova mutazione esprima il suo potere di modificazione dei pigmenti rispetto all’ancestrale, rispettando la sua identità e non rincorrendo un fenotipo idealizzato. Del resto, con il tempo, coloro i quali si sono adoperati inutilmente per selezionare dei lutini privi di residuo melaninico sono stati lo stesso accontentati dalla natura. È infatti comparsa nel verdone una mutazione in grado di azzerare i pigmenti melaninici lasciando intatto il lipocromo. Il verdone battezzato citrino è infatti del tutto privo di melanine in virtù del fatto che è in possesso del gene che determina l’inibizione della tirosinasi, un enzima che, agendo sulla tiroide, è responsabile tra le tante cose della sintesi melaninica. Tale fenomeno studiato in medicina, nella branca della teratologia, è detto albinismo. Ogni mutazione ha dunque una sua identità. A noi non spetta il compito di decidere come deve esprimersi fenotipicamente, ma scoprire come agiscono i geni mutati sull’espressione di ciascun pigmento del substrato originario affinché venga rispettata l’agognata identità di mutazione.

Diamante di Gould ino testa rossa, foto: S. Giannetti


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VETERINARIO

Quando il problema è respiratorio testo e foto di DR. DIEGO CATTAROSSI (*)

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l sistema respiratorio degli uccelli si è sviluppato e specializzato in virtù della facoltà dei volatili di volare. È un sistema complesso ed affascinante, che ottimizza gli scambi gassosi e contribuisce ad alleggerire il corpo del volatile. Questa estrema specializzazione ed efficienza, in ambiente domestico rappresenta purtroppo la sua debolezza e predisposizione ad ammalarsi più che in altri animali non volatili. È sempre molto penoso vedere un animale con difficoltà respiratorie, la sensazione di fame d’aria, di difficoltà ad ossigenare, crea un senso di forte disagio anche in chi osserva il povero pennuto. La sensazione di impotenza che spesso ci pervade è insita nella capacità empatica della nostra specie di “sentire” anche le sensazioni di piacere o di disagio che stiano provando altri essere viventi. Per meglio intendere cosa succede nel sistema respiratorio di un volatile durante un fenomeno patologico, cerchiami di capire come è strutturato questo apparato nei suoi aspetti fisiologici, quindi normali. Possiamo schematizzare in termini semplicistici il sistema respiratorio degli uccelli con un paragone ed una analogia in ambito meccanico applicato ai motori. Il sistema respiratorio di un mammifero assomiglia ad un motore a due tempi, nel quale l’aria entra, effettua gli scam-

La patologia respiratoria vede nell’aerosol terapia un grandioso alleato, perché permette di portare le molecole terapeutiche direttamente nella zona interessata dal fenomeno patologico

bi gassosi a livello alveolare cedendo ossigeno e poi esce portando con sé l’anidride carbonica. Il sistema respiratorio aviare assomiglia ad un motore a quattro tempi, ovvero l’aria entra e arriva ai sacchi aerei posti più in profondità, poi viene spinta nei polmoni dove gli scambi gassosi avvengono a livello di parabronchi, quindi come con un terzo passaggio raggiunge i sacchi aerei superiori che spingeranno con un quarto passaggio l’aria all’esterno del corpo dell’animale. In aggiunta a tutto ciò il sistema respiratorio è intimamente connesso alle

Areosol terapia negli uccelli

(*) Clinica Veterinaria Casale sul Sile www.veterinaricasalesulsile.com

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Areosol pappagalli

ossa pneumatiche e quindi l’aria circola anche all’interno dell’apparato locomotore. Così facendo la possibilità di “concentrare-filtrare” tossici volatili e microrganismi delle vie respiratorie risulta enormemente aumentata rispetto ad un sistema respiratorio più rudimentale. L’ambiente domestico è ricco di sostanze volatili potenzialmente molto pericolose per i nostri pennuti come ad esempio: il calore umido dei bagni, il teflon che si può liberare dalle pentole antiaderenti, il fumo di sigaretta, gli insetticidi, i profumieri ambientali, le polveri che si liberano dai pastoni e mangimi, la scarsa igiene nel locale di allevamento, ecc. I sintomi più comuni di patologia dell’apparato respiratorio sono: respirazione con becco aperto, rumori durante la respirazione, “basculamento” della coda ovvero movimento di “pompaggio” sincrono con ogni atto respiratorio delle penne timoniere. Altri segni meno comuni sono muco o altro materiale in uscita dalle narici o dalla bocca, starnuti o tentativi di espettorare. La patologia respiratoria vede nell’aerosol terapia un grandioso alleato, perché permette di portare le molecole terapeutiche direttamente nella zona interessata dal fenomeno patologico. Alcune strutture anatomiche, come ad esempio i sacchi aerei, hanno una vascolarizzazione praticamente assente, quindi non è possibile fare affidamento su molecole somministrate per via sistemica. Tutte le altre parti dell’ap-

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Il Dr. Diego Cattarossi

parato respiratorio (trachea, siringe, parabronchi e polmoni) avranno ugualmente enormi benefici dalla sinergia tra terapia sistemica e locale tramite aerosol. È quindi sempre consigliabile eseguire questa terapia direttamente davanti al becco degli animali collaborativi oppure tramite “camera a gasaerosol” pulita e di dimensioni quanto più possibile contenute, per garantire la corretta concentrazione dei vapori terapeutici. Per creare una camera ad aerosol si possono utilizzare vaschette trasparenti (come quelle usate per la conservazione degli alimenti) alle quali si praticherà un foro per permettere di inserire all’interno i vapori terapeutici. La scatola dovrà essere trasparente per poter osservare l’animale durante tutta la seduta terapeutica. Più piccolo sarà il contenitore, maggiore sarà la concentrazione di vapore all’interno. La camera di aerosol andrà sempre disinfettata tra una seduta e la successiva, per evitare che il vapore porti in sospensione e quindi faccia inalare ai soggetti microrganismi ambientali o germi potenzialmente pericolosi. L’apparecchiatura in uso dovrà garantire una micronizzazione delle particelle sotto i 30 micron di diametro, per permettere di raggiungere ogni parte del sistema respiratorio. L’aerosol terapia andrà eseguita per almeno 30 minuti 23 volte a giorno. Una terapia sistemica, ovvero a base di antibiotico o antimicotici dati per bocca o per iniezione sarà prescritta da

un veterinario specializzato dopo aver eseguito gli opportuni accertamenti diagnostici. Anche le molecole utilizzate per eseguire la terapia in aerosol andranno scelte e prescritte da un veterinario specializzato in patologia degli uccelli ornamentali. Vale sempre la pena ricordare che nessuna terapia medica ha valore preventivo, fatto salvo la somministrazione di vaccini. Le terapie non vanno mai somministrate “a caso”, sulla scorta di consigli di persone che per quanto esperte in ambito ornitologico non siano abilitate a somministrare o prescrivere medicinali. La terapia in ambito respiratorio deve sempre essere instaurata tempestivamente per evitare che il fenomeno tenda a cronicizzarsi. La terapia respiratoria deve sempre essere associata ad un’igiene scrupolosa dell’aria. Entrando nella stanza dove teniamo gli uccelli non dovremmo sentire alcun odore cattivo, non dovremmo sentire odore di ammoniaca o di deiezioni. Nessuna terapia può avere successo se l’animale respira aria umida, ricca di germi o di sostanze irritanti le vie respiratorie. In ambienti dove non si riesca a garantire un ottimo ricircolo di aria possono essere utilizzati ionizzatori o ozonizzatori per “disinfettare” l’aria e ridurre le particelle in sospensione. In alcune zone d’Italia caratterizzate da una forte umidità ambientale può essere molto utile valutare l’utilizzo di deumidificatori ambientali.


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ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI

Diamante guttato x Diamante mandarino (Stagonopleura guttata x Taeniopygia guttata castanotis) testo e foto di FRANCESCO FORMISANO

Ibridi D. gutato x D. mandarino a 1-2 gg. dalla schiusa

N

ella prima parte di questa nota ho raccontato, per sommi capi, la realizzazione - casuale - di alcuni ibridi mutati tra il Diamante guttato e il Diamante mandarino; nel fare un resoconto circostanziato riassumo ora, più o meno, quanto vissuto. In un ipotetico ordine progressivo degli elementi che hanno contribuito alla realizzazione di questo evento, indubbiamente la componente fortuna ha avuto un ruolo determinante. La dea bendata, infatti, ha disposto che tutti i tasselli del puzzle, in modo spontaneo e naturale, si incastrassero tra loro. Poi ci sono stati gli imprevisti che, in quanto tali, facendo parte del gioco, hanno piacevolmente condito questa mia - inattesa - esperienza riproduttiva; comunque principali e inconsapevoli protagonisti sono stati:

Ibridi a 5-6 gg. dalla schiusa

Seconda parte 1) Il guttato “maschio”, regalo dell’amico Franco mingione il quale, oltre che palesemente mutato – becco e codione giallo - , “porta” anche l’Opale; 2) Il maschio (certo) ancestrale, acquisito presso l’amico Luigi Romano del quale, sono convinto - chissà perché?- sia portatore di bruno; 3) La Diamante mandarino bruno presa dall’amico Carmine maddaloni, per tentare di realizzare un ibrido mutato, nell’ipotesi che il guttato di Luigi realmente sia portatore per tale mutazione;

Ibridi a 11-12 gg. dalla schiusa.

4) Il Diamante mandarino feomelanico, acquisito successivamente per cercare di capire quale mutazione, visto gli inattesi risultati di “complementazione”, la mandarino porta nel genotipo, oltre la palese bruno. Riassunto della prima parte Come raccontato in precedenza, la nascita, tra l’altro, di qualche Diamante guttato con pelle e piumino chiaro, bulbo oculare rossastro, sembra confermare il mio pensiero, anche se nessuno di essi vive più a lungo di un paio di giorni, ma è risaputo come i mutati siano meno robusti degli ancestrali e questo basta a giustificare la mortalità post natale; d’altra parte i fratelli ancestrali hanno uno sviluppo regolare e si mostrano belli sani e vita-

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Ibridi a 15-16 gg. dalla schiusa

Ibrido mutato all'involo; particolare del becco

Ibrido pre-muta

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li. Da questa coppia ottengo in un paio di covate cinque soggetti viventi, quattro maschi e una femmina, tutti ancestrali. L’anno successivo, sempre convinto di avere a che fare con un portatore di bruno, a ottobre mi procuro una femmina mandarino novella, mutata bruno e la accoppio con uno dei maschietti, sperando sia portatore per tale mutazione, come presumo lo sia il padre. Per raggiunti limiti di età, sostituisco poi la vecchia guttato, unendo l’unica femmina ottenuta l’anno precedente al padre, formando così una coppia consanguinea. Dopo una serie di deposizioni invernali composte sempre da uova chiare e, quando ormai la speranza di ottenere qualche risultato positivo per quella stagione riproduttiva si affievolisce, ecco l’evento che non ti aspetti: la nascita di due soggetti mutati dalla coppia in purezza e ben quattro in tre covate, dalla coppia mista. La convinzione che il guttato di Luigi sia portatore di bruno, con la nascita dei soggetti mutati naturalmente si rafforza, ma quando iniziano ad impiumare, il colore biancastro assunto dalla livrea, anziché di un caldo color nocciola, come lecitamente atteso, mi porta a pensare che qualcosa non quadra.

Inconfutabilmente si tratta di una mutazione comune ai due esotici, chiamata opale per quanto riguarda il Diamante guttato e rinominata “falso opale” da qualche anno a questa parte, dato che ibridazioni mirate con specie mutate opale certe, complementando, hanno originato solo prole ancestrale. Autentico mistero invece è la mutazione (recessiva) che interessa la diamante mandarino, oltre alla palese sex linked bruno; svelato questo, si potrà dare la giusta denominazione all’attuale mutazione presente nel guttato, conosciuta come opale. A tal fine mi procuro, non senza qualche difficoltà, presso un allevatore di Modena contattato telefonicamente, e ritirata da amici conterranei nel novembre scorso a Reggio nell’Emilia, in occasione della mostra internazionale, una coppia di Diamante mandarino feomelanico (ex Isabella). Al momento questa mutazione, considerando tinta del bulbo oculare alla schiusa e tonalità della livrea degli ibridi una volta impiumati, è quella maggiormente - e unica - indiziata. Giunti in allevamento il lunedì mattina, sistemo i nuovi arrivati in un contenitore da 60cm, e osservandoli da una certa distanza noto come la femmina, sebbene tipica per la mutazione cui è interessata, non “scoppia” certo di salute, così come tassativamente richiesto telefonicamente dallo scrivente e garantito dal cedente; anzi... pochi giorni dopo il suo arrivo, purtroppo la povera bestiola peggiora e muore. Accantono per il momento, obtorto collo, il progetto di ibridare la mandarino feo con guttato/opale oppure “opale”, disponendone entrambi i tipi, e “calo” l’altro jolly che ho ancora in mano, formando la coppia Diamante mandarino feo x Diamante mandarino bruno/?, come logica vuole. Formata a febbraio, la coppia stenta ad affiatarsi nonostante abbia inserito il maschio circa due mesi dopo aver tolto il guttato, dando così alla mandarino il tempo necessario per dimenticare... “l’altro”. Agli inizi di giugno, finalmente la femmina si decide e depone regolarmen-


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te 8 uova di cui 5 risulteranno poi gallate; dato l’eccessivo nervosismo manifestato dal maschio, ogni qualvolta mi avvicino al modulo dove è sistemata la coppia, decido di non sostituire le uova e quando noto la femmina sostare stabilmente nella cassetta nido, segno sul calendario un’ipotetica data di schiusa. Probabilmente però la mandarino ha iniziato a covare già dal primo uovo deposto, poiché la schiusa avviene in modo sfalsato dal primo al quinto, sicché il primo uovo si schiude la domenica e l’ultimo il giovedì. Inutile dire che mai schiusa è stata vissuta dal sottoscritto in sì trepidante attesa. I primi quattro hanno pelle, piumino e bulbo oculare chiaro, il quinto, più chiaro dei fratelli, ha tutte le caratteristiche di un pullus feomelanico; man mano che crescono, poiché come detto sopra, tra il primo e l’ultimo ci sono ben cinque gg. di differenza, quattro si confermano per quanto alla schiusa ritenuti, cioè mutati bruno. Ovvio che il padre ne sia portatore, d’altra parte nessuna sorpresa, si sa che per il Diamante mandarino feo, o ex Isabella che dir si voglia, la selezione avviene inserendo il bruno al fine di avere soggetti con una carica feomelanica maggiore, quindi nel suo genotipo vi è presenza di tale gene. Mentre all’involo

i fratelli svolazzano timidi e goffi, aggrappandosi insicuri ad ogni appiglio presente nella voliera, l’ultimo nato, impiumato ma ancora nel nido, conferma di essere un feomelanico o almeno di essere “affetto” da quella mutazione che, ad oggi, viene ritenuta tale in “mandarinocoltura”. Al momento in cui scrivo - fine luglio - la coppia sembra essersi concessa una pausa di riflessione: il maschio, come fatto in precedenza, continua a raccattare materiale dal fondo cercando di assemblare un improbabile nido nella mangiatoia, nonostante il sottoscritto abbia di nuovo provveduto a imbottire la cassetta nido usata in precedenza, con del materiale pulito; la femmina, dal canto suo, estranea a tutto, sembra iniziare una incipiente muta, denunciata dalla presenza di alcune penne bruno giacenti sul fondo della voliera. Per quanto mi riguarda, sono soddisfatto del risultato raggiunto; anche se un solo novello (maschio) è mutato feo, ciò è sufficiente a svelare/confermare la mutazione occulta di cui la mandarino è affetta... Descrizione dell’ibrido mutato Come detto in precedenza, alla schiusa gli ibridi mutati hanno pelle e rado piumino chiaro; bulbo oculare rossa-

stro; becco e zampe carnicini. Col passare dei giorni, man mano che crescono, il becco in particolare inizia a inscurirsi, assumendo un colore violaceo e, per meglio rendere l’idea, direi color prugna. Il dorso e le ali, così come le parti inferiori, impiumando diventano biancastre con lievi sfumature feomelaniche, più marcate nel maschio, su fianco e addome; il codione presenta il classico “marchio di fabbrica” del guttato, vale a dire la pennellata rosso fuoco che caratterizza la specie, anche se nel nostro caso non è propriamente di tale intensità; inoltre è evidente,

Ibrido mutato; parti inferiori

Ibrido mutato femmmina; particolare del fianco

Ibrido mutato maschio; particolare del fianco

Ibrido mutato; particolare del dorso e codione

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Coppia - maschio feo, femmina bruno portatore di feo

anche se sfumato, il tipico disegno “zebrato” del guttata castanotis. All’involo, nei soggetti più tipici, è presente una leggera puntinatura biancastra al fianco su fondo castano. A muta ultimata, il soggetto maschio, oltre a manifestarsi tale col canto, ad una attenta osservazione rivela tenue e lieve zebratura al petto, a denunciare il sesso e la parentela con il Taeniopygia guttata castanotis. A proposito del canto, c’è da dire che il richiamo di contatto è il noioso petulante verso, tipo “trombetta giocattolo”, emesso dal Diamante mandarino, mentre il canto vero e proprio, si compone in gran parte delle note emesse dal Diamante guttato. Come per tutti gli ibridi, vi è eterogeneità cromatica a conferma del detto che essi sono dei “pezzi unici”. Considerazioni Con i “se” e con i “ma” è noto, non si va da nessuna parte, però in questa circostanza e per come si sono svolti i fatti, ci sono una serie di “se”, che vanno considerati. 1) se la guttato di Franco Mingione fosse stato un maschio, come da lui ritenuto, non avrei avuto motivo di acquisire un maschio da Luigi Romano; 2) se non avessi avuto la convinzione (errata) che il guttato di Luigi fosse

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Come per tutti gli ibridi, vi è eterogeneità cromatica a conferma del detto che essi sono dei “pezzi unici” probabile portatore di bruno, non mi sarei procurato una mandarino bruno presso Carmine Maddaloni; 3) se non avesse attinto, tra gli altri, anche dall’allevatore laziale Franco Vellucci, il quale, raggiunto telefonicamente, ha affermato che quando allevava mandarino ha avuto anche dei feomelanici, Carmine non si sarebbe ritrovato, a sua insaputa e grazie a questa coincidenza, nel suo allevamento dei portatori per tale mutazione; assolutamente casuale poi il fatto che lo fosse proprio quella bruno… 4) se il sottoscritto non fosse stato almeno in questa circostanza - particolarmente “mazzos …” pardon, se la dea bendata non si fosse, una volta tanto, rivelata particolarmente benevole nei miei confronti, col cavolo che avrei avuto l’opportunità di vivere questa interessante e piacevole esperienza di allevamento!

L’ibrido in mostra Su un totale di otto ibridi ottenuti, quattro sono ancestrali e altrettanto mutati; in questi ultimi, labile è il dicromismo sessuale: il maschio si distingue per la carica feomelanica più ricca delle parti inferiori e per il disegno del fianco più marcato e saturo di tale pigmento. Al termine della muta, dei quattro ancestrali, tre hanno buona struttura, ma sono poco armoniosi e troppo sbilanciati verso il D. mandarino; sinceramente, anche se grossi di taglia, non mi piacciono granché, pertanto decido per l’imminente stagione mostre di esporre l’altro, quello che palesa in maniera molto evidente i due parentali, praticamente sembra un D. guttato e se avesse la guancia nera, per il bianco neve delle parti inf., sembrerebbe un D. mandarino interessato da tale mutazione, anche se manca della zebratura pettorale; inoltre, contrariamente agli altri tre fratelli, è molto calmo e si lascia tranquillamente osservare da vicino senza sbatacchiare (particolare questo, molto appezzato in fase di giudizio). Una curiosità: in un primo momento è l’unico che col canto manifesta di essere maschio; successivamente anche uno dei mutati, e precisamente uno dell’ultima nidiata, si dimostra anch’esso tale alla stessa maniera. Per testarlo, lo espongo al Campionato regionale che si tiene nel mese di novembre a Pomigliano d’Arco (Na): va alla grande, classificandosi primo (93 punti) nella sua categoria e fa anche campione razza. Ai Campionati Italiani (Bari 15 - 22 dicembre), lo ripresento ed espongo anche uno dei quattro mutati, la femmina della seconda covata, che ritengo essere più tipico rispetto al soggetto ottenuto nella covata precedente (i due dell’ultima, nati alla fine di ottobre, sono ancora in muta). Entrambi salgono sul gradino più alto del podio nelle rispettive categorie ottenendo, l’ancestrale 92 punti e il mutato 93, permettendomi, con la vittoria riportata dallo stamm D. guttato x Padda (1° nella sua categoria), di realizzare un gratificante “terno”. Chiudo questa fantastica e soddisfacente stagione mostre, partecipando


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all’ultimo evento per quanto riguarda la mia regione: la 1^ mostra ornitologica organizzata dalla “giovane ed effervescente” ass.ne Enamus che si svolge a Sant’Arpino (Ce) dal 27 al 29 dicembre; in questa occasione presento di nuovo i due che ben si sono comportati a Bari, i quali confermano posizione e punteggio. Conclusioni A una ipotetica domanda sulla percentuale di difficoltà di realizzazione di quest’ibrido, in tutta onestà non sono in grado di rispondere in maniera univoca: potrei dire medio-bassa, considerando le ultime tre covate con partners affiatati ed estro “sincronizzato”, nonostante le poche uova fecondate a fronte dell’enorme quantità di quelle deposte; come potrei anche dire medio-alta, tenendo conto delle deposizioni autunnali e invernali, composte solo e sempre da uova chiare. Tuttavia, a parte le soddisfazioni espositive che comunque hanno una loro importanza, perché gratificano e in parte compensano il tempo sottratto a mugugnanti mogli e indifferenti figli, non condividendo, la maggior parte di essi, questa nostra bella e sana passione, indubbiamente questa esperienza riproduttiva si è rivelata ricca di piacevoli sorprese, le quali si sono verificate, incastrandosi (ad hoc) liberamente, riservandomi questo inaspettato rebus genetico. Rebus che sinceramente, se cercassi di risolvere con le mie modeste nozioni di genetica, mi inoltrerei in un autentico campo minato; non mi resta quindi che sperare affinché questo

D. mandarino mutato feo all'involo

mio scritto stimoli quantomeno l’interesse a commentare e quindi a creare un dibattito tra gli studiosi delle mutazioni, i quali senz’altro sapranno molto, ma molto più dello scrivente e in maniera chiara ed esaustiva, con cognizioni di indubbia valenza tecnico-scientifica, dipanare l’intera “matassa” nel dare una spiegazione a quanto, ripeto, per puro caso si è verificato nel mio piccolo allevamento. L’unica cosa che mi sento di affermare, senza timore di smentita in base a quanto da me osservato, è la certezza che la mutazione del gut-

Siamo in presenza di una mutazione del colore autosomica recessiva

tato una volta chiamata opale e rinominata in tempi più recenti – giustamente - “falso opale” è la stessa mutazione che nel D. mandarino viene chiamata feomelanico (ex Isabella). Semplificando, direi che siamo in presenza di una mutazione del colore autosomica recessiva che, come ben noto, si manifesta solo se presente nel genotipo di entrambi i partners, quindi il guttato maschio di Luigi, così come la femmina di Franco e la mandarino bruno di Carmine, sono portatori della stessa identica mutazione. Ecco spiegato, quindi, la nascita nel 2017 di soggetti puri mutati e, come sopra riportato, deceduti a distanza di un paio di giorni dalla schiusa, nonché la successiva realizzazione dell’ibrido mutato oggetto di questa nota. Intanto, da rumors captati sul web, sembra che il Taeniopygia guttata castanotis, feomelanico non lo sia affatto... La parola passa ora ai nostri bravi tecnici, ai quali viene demandato il non facile compito di trovare un nome che indichi, coerentemente, la mutazione comune a questi due stupendi esotici australiani e, per proprietà transitiva, anche al loro ibrido. Buon lavoro ragazzi e... grazie! BIBLIOGRAFIA I Ploceidi - Giorgio de Baseggio - Edagricole Bologna 1970 Diamante Mandarino - Club Dell’Esotico Faenza 1992 Gli Uccelli Esotici - Elisabetta Gismondi – De Vecchi editore – Milano 1993 Finches & Sparrows - P. Clement, A. Harris, J. Davis - Christopher Helm Ltd. - London 1993

Famigliola con mutato feo

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CANARINI DI FORMA E POSIZIONE LISCI

L’Irish Fancy testo e foto di SERGIO PALMA

Gruppo giovani 2019

I

l canarino Irish Fancy, originariamente nato intorno al 1974 come canarino da canto, per molti anni è stato conosciuto come “Roller irlandese”. Attualmente l’Irish Fancy ha raggiunto un traguardo di popolarità inizialmente insperabile. Dopo “un’infanzia” da cantore, ha continuato la sua evoluzione come canarino di forma e posizione, fino a diventare in poco tempo un “piccolo” emancipato. Trattandosi di una razza facilmente allevabile, ha acquisito immediatamente molta popolarità in tutta l’Irlanda prima, nel 1978 è stato fondato “l’Irish Fancy Canary Club of Ulster”, ed in tutta Europa successivamente. L’obiettivo dell’Irish Fancy Club, quello cioè di promuovere lo sviluppo, lo studio, l’allevamento e l’esposizione di

Femmina bianca

Attualmente l’Irish Fancy ha raggiunto un traguardo di popolarità inizialmente insperabile

questo nuovo canarino, è stato raggiunto egregiamente. Il Club fornisce anche gli anelli che possono essere acquistati diventando membro. Come molte volte accade, questo canarino ha superato le barriere politiche che dividono le due isole d’oltre Manica, diventando popolare ed acquisendo estimatori anche in Gran Bretagna.

Razza riconosciuta dalla C.O.M nel 2012. L’ Irish Fancy per convenzione è inserito tra i canarini “Leggeri”. La lunghezza prevista è di 12,5 -13 cm, per esporlo si utilizza una gabbia che potrebbe essere assimilata a quella del canarino Lizard con sfondo blu. La posizione impettita con un angolo di circa 70 gradi. La testa piccola ed arrotondata tipo nocciola che si stacca nettamente dal resto del corpo. Il petto deve vedersi ben tornito con un arco ellittico che parte dal sottogola e raggiunge la massima estensione del raggio nella zona dei muscoli pettorali, per poi declinare lievemente, perdendosi poi sotto la cloaca. La schiena deve formare una linea retta che parte dalla fine del collo e termina con la fine della coda. Le

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Maschio giallo intenso

Maschio verde brinato

Maschio bianco

zampe, leggermente flesse, devono far vedere mezza tibia che deve essere impiumata. Osservarlo svolazzare nelle gabbie, dà una leggiadra sensazione di allegria, forse da qui il suo repentino successo anche tra gli allevatori Italiani. Questa razza, come altre di piccola taglia, Fife Fancy, Razza Spagnola, Japan Hoso, sono facilmente gestibili dai neofiti; anche a questo si deve la sua immediata diffusione in Italia come in altri paesi Europei. Attualmente, in questa razza si possono ammirare molte mutazioni di colore già esistenti nei canarini di colore, tranne logicamente la varietà “rosso” in quanto la colorazione non è ammessa in questo canarino. Da circa due anni, nei vari Clubs dell’Irish Fancy c’è un certo fermento a causa del meticciamento con la Razza Spagnola

da parte di qualche allevatore. Questa mia affermazione è sostenuta dall’esame di due aspetti caratteristici del canarino Irlandese che si sta sempre più allontanando dallo standard voluto dagli Irlandesi e dettato dai Criteri di Giudizio. Stiamo parlando della testa, prima voce della scheda con 20 punti e della forma del corpo, seconda voce, anch’essa con 20 punti. Ora, se noi non

rispettiamo le volontà dei creatori, attenendoci appunto allo standard, ci troviamo ad esaminare un canarino di discutibile origine. Partiamo dalla testa descrivendola secondo standard: Piccola e proporzionata, ben arrotondata, staccata nettamente dal corpo. Nelle ultime due stagioni espositive, abbiamo invece assistito a teste che fino a qualche tempo fa erano aspetto pregevole della Razza Spagnola, cioè le piume del cranio che si alzano a mo’ di cresta di gallo allorché il soggetto viene stimolato ad assumere la posizione ed è quindi evidente una risposta nervosa. La definizione “ben arrotondata” non si riferisce all’aspetto della testa quando il soggetto assume la classica posizione, bensì a una costante caratteristica di questa razza. Quindi costantemente rotondeggiante.

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Questa razza, come altre di piccola taglia, Fife Fancy, Razza Spagnola, Japan Hoso, sono facilmente gestibili dai neofiti


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Altra voce che si sta inquinando è quella del “corpo”: sempre a seguito del meticciamento con la Razza Spagnola, questa volta nel tentativo di contenere la taglia, il corpo dell’Irish, sta perdendo la peculiarità descritta dallo standard, che recita: “Affusolato con spalle ben arrotondate. Massima ampiezza a livello del basso petto che si presenta dolcemente arrotondato”. Bene, nelle ultime due stagioni espositive ho visto esposti canarini che dell’Irish avevano solo la posizione con spalle strette, corpo sottile, senza

Giovani 2019

Attualmente, in questa razza si possono ammirare molte mutazioni di colore

del suo logo, ma non le voci dello standard, quindi gli appelli di quanti adducono come giustificazione questo elemento non trovano riscontro con i dettami dello standard e tutti sappiamo quali siano gli effetti dei vari disegni di canarini di questo o quel club, Gloster docet.

Gialli intensi in muta 2019

Femmina gialla intensa

ampiezza del basso petto. Di contro, durante l’ultimo Campionato Mondiale tenutosi a Matosinhos, dove ho avuto l’ingrato compito di giudicare alcune categorie della Razza Spagnola, ho notato che molti di essi, invece di assumere la posizione tipica di questa razza, si rizzavano sulle zampe come fossero Irish. Queste manovre stanno danneggiando gravemente entrambe le razze, gli allevatori devono riprendere la selezione in purezza. Da pochissimo tempo l’Irish Canary Club ha cambiato, a mio parere in peggio, il disegno

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DIDATTICA & CULTURA

Forma e colore di GIOVANNI CANALI, foto S. GIANNETTI, E. DEL POZZO e F.O.I.

È

noto, anche da esperienze in zooOggi si fanno tecnia, che selezionare un ceppo o una razza, in 2 o più direzioni, è differenziazioni possibile, ma non si ottengono i risultati di classificazione, migliori in nessuna delle mete prefissasia nei canarini di forma te. Il risultato ottimale si ottiene solo se la e posizione lisci meta è unica. Non direi che esistano difche arricciati, ficoltà teoricamente ben definibili, ma attinenti al colore piuttosto difficoltà pratiche, cioè difficoltà insormontabili concretamente. Sono ben note le razze a triplice attitudine, come ad esempio nelle pecore: carne, latte, lana, oppure nei bovini: tiro, latte l’Arlecchino portoghese, che presente, carne. Come del resto quelle a duta aspetti particolari. plice attitudine, come in due degli obietOggi si fanno differenziazioni di classitivi precedenti o nel caso dei polli: carne ficazione, sia nei canarini di forma e posie uova. Queste razze possono arrivare zione lisci che arricciati, attinenti al coload avere discreti risultati in tutte le direre; d’ora in poi ometterò di differenziare zioni, talora perfino un esito buono in una direzione, ma non ci sono Ciuffato tedesco lipocromico, 94 punti al Campionato Mondiale di Bari 2014, foto: S. Giannetti esempi di risultati ottimi in tutto. Del resto, noi allevatori ben conosciamo le difficoltà che ci sono per avere dei campioni, anche selezionando verso un solo obiettivo. Anche nel nostro ambiente, in passato, si tentava di avere razze a duplice pregio, come canto e colore o forma e colore, nonché forma e canto. Tuttavia questi obiettivi sono stati mancati come esito pieno, cioè ottimo in tutto, e spesso abbandonati. Residua poco di quella tendenza, come il Ciuffato tedesco, discreto o buono, sia nella forma che nel colore o più recentemen-

fra lisci ed arricciati per brevità, a meno che non sia necessario. In questa sede desidero sconfinare da quella che è la mia specializzazione per parlare di questi aspetti. Del resto da ragazzo ho allevato anche canarini di forma e posizione sia lisci che arricciati e, soprattutto, ho sempre seguito anche questi aspetti. Si badi che non considero colore in senso stretto le categorie: brinato, intenso e mosaico. Le categorie non generano direttamente i colori, che sono prodotti dalle melanine e dai carotenoidi, ma agendo sulla struttura della penna, interferiscono con i colori stessi. Segnatamente l’intenso, restringendo il vessillo attraverso l’accorciamento delle barbe, concentra i colori, rendendoli più evidenti ed appunto intensi, questo per quanto concerne i carotenoidi, ed assottigliando il disegno dato dall’eumelanina. La categoria intenso, riducendo le produzioni cutanee (becco, squame dei piedi, unghie e soprattutto piumaggio) modifica anche la morfologia del soggetto, che appare più snello rispetto ai fratelli brinati o mosaico. L’esito è tale che si è a lungo creduto che la mutazione intenso agisse anche sullo scheletro. Stando così le cose io ritengo che sia necessario dividere le categorie a concorso fra intensi e brinati; possibile mettere con i brinati eventuali mosaico, poiché la struttura è la stessa. I cosiddetti “mosaico intensi” in realtà so-

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no sempre analoghi ai brinati, ma più contenuti rispetto ad altri mosaico, abbondanti di piumaggio e con zone di elezione meno espresse, di regola causa di accoppiamenti in purezza. Questa divisione non costituisce una separazione di colori, ma è strutturale. Questo va ben capito. Da giovanotto faticavo a spiegare a vecchi allevatori di arricciati che accoppiare intenso per brinato era necessario. Questi allevatori dicevano che il colore negli arricciati non contava, ed in un certo senso avevano ragione, ma faticavo (fresco di studi) a spiegare che i soggetti che definivano “dorati” oppure a “piumaggio duro o semi duro” altro non erano che intensi e quelli che definivano “pagliati” o a “piumaggio morbido” altro non erano che brinati. Si badi di non fare confusione, come spesso accade, non esistono intermedi fra il brinato e l’intenso eterozigote, l’intenso è mutazione dominante e sub letale. Esistono intensi eterozigoti a scarsa espressione, con residui di brinatura; tuttavia sono sempre intensi non intermedi e come tali si comportano. Quindi le espressioni: “semi intenso” e “falso intenso” sono errate e da non usare, sono solo intensi scarsi. Potremmo considerare intermedio l’intenso eterozigote rispetto all’intenso omozigote, detto doppio intenso; sarebbe un inquadramento accettabile,

Arlecchino portoghese testa liscia

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Si badi di non fare confusione, come spesso accade, non esistono intermedi fra il brinato e l’intenso eterozigote ma che normalmente non si fa, stante la condizione striminzita dell’omozigote che determina la classificazione di sub letale alla mutazione. Di certo questa circostanza esclude un’ulteriore situazione intermedia essendo 2 i geni di una coppia. Di fatto ad occhio, i vecchi allevatori spesso accoppiavano bene, ma senza una vera conoscenza della categoria. Semmai erano molto inclini ad accoppiare verde (nero giallo) o pezzato x giallo, dando un’importanza perfino eccessiva al tipo. Vero che il tipo selvatico nerobruno conferisce una sia pur modesta maggiore robustezza alla penna, ma non è mai stato dimostrato che si ripercuota sui lipocromici figli di incroci con pezzati. La mancata divisione in categorie (intenso e brinato) ha fatto si che nel Gibber Italicus oggi non esistano più i brinati, almeno per quello che valuto io, ma solo intensi omozigoti, i cosiddetti doppi intensi. Gli ultimi brinati li ho visti molti

anni or sono. Ne ricordo distintamente alcuni, quando da ragazzino, avendo rotto il salvadanaio, andai a comprare una coppia di Gibber Italicus da Augusto Schianchi, uno dei primi allevatori di tale razza. Ebbene, si trattava di un maschio verde (forse intenso) ed una femmina gialla “pagliata”, cioè brinata. Se si fossero divise le categorie oggi avremmo ancora i Gibber brinati. È stata una perdita vederli sparire? Ognuno risponda come crede, secondo me forse si, anche se nel brinato il Gibber non dava certo il meglio di sé. Ora parliamo di colore in senso stretto: melanine che costituiscono il tipo e lipocromi che sono carotenoidi e costituiscono la varietà. Nel canarino selvatico abbiamo eumelanina nera e a quanto pare anche bruna, ma non rilevabile visivamente ad occhio nudo, e feomelanina bruna che costituiscono il tipo. La varietà, sempre nel selvatico, è data da carotenoidi gialli, pertanto il selvatico appare nell’insieme verde. I soggetti che hanno lo stesso tipo del selvatico venivano chiamati nero-bruni, termine corretto, poi per via di una moda nei canarini di colore, oggi vengono chiamati solo neri. Quando interviene la mutazione di isabellismo l’eumelanina nera è trasformata in eumelanina bruna. I soggetti affetti da isabellismo all’inizio vennero chiamati correttamente isabel-

Arlecchino portoghese testa ciuffata, foto: E. del Pozzo


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la, oggi vengono chiamati bruni. Nell’ambiente della forma e posizione, spesso fra vecchi allevatori si usa ancora il termine isabella per questi canarini, indubbiamente più corretto, ma che è bene abbandonare per non fare confusione con un altro tipo detto isabella. Successivamente è apparsa la mutazione agata, cioè un nero diluito, che interagendo con il bruno produce il bruno diluito detto isabella. In effetti è successo che dopo la comparsa dell’interazione bruno + agata, il soggetto ottenuto, invece di essere chiamato isabellaagata o volendo usare un solo nome, magari isabellino che sarebbe andato benissimo, si è cambiato nome all’isabella in bruno e la nuova interazione è stata chiamata isabella. Così abbiamo i 4 tipi base cioè nero, bruno, agata ed isabella. Si tenga conto che un tempo i nero-bruni, o neri come si dice oggi, venivano indicati assieme alla varietà: se la varietà era il giallo si diceva verdi, se c’era il bianco, ardesia, se rosso, bronzo ed altro. Un ulteriore aspetto è che bruni, agata ed isabella in presenza di bianco venivano chiamati argento, cioè bruno argento ecc... Nel Lizard, va diversamente: il fondo bianco è detto blu, mentre il brinato è detto argento e l’intenso dorato, è bene sapere ciò per non confondersi con le varie denominazioni. Tanto per ben capire: verde, nero-

Lizard dorato

Oggi i 4 tipi base sono presenti in diverse razze anche di forma e posizione lisci ed il bruno anche negli arricciati bruno giallo o nero giallo indicano lo stesso canarino. Inoltre dorato non è sinonimo di intenso, tranne che nel Lizard. Esistono intensi giallo limone (verdognolo), anche se la tonalità limone è poco nota nella forma e posizione, essendo diffusa la tonalità intermedia con il dorato. Oggi i 4 tipi base sono presenti in diverse razze anche di forma e posizione lisci ed il bruno anche negli arricciati. Ben presto è stato introdotto attraverso meticciamenti il bianco dominante, raramente il recessivo, meno gestibile, e si è anche inserito il rosso. Tuttavia per il rosso, date le difficoltà, spesso ci si limita all’alimentazione colorante. Comunque non mancano anche inserimenti genetici di fattori rossi. Personalmente trovo del tutto sgradevoli sfumature arancio nei canarini di forma e posizione. Tanti anni or sono si dibatteva alquanto sugli Arricciati di colore, che erano il frutto di meticciamenti di diverse razze con

il Parigino. Nella mia sempre più fornita biblioteca conservo un vecchio testo di G. Zamparo, edizioni Encia di Udine 3° edizione 1961, ove si stigmatizzavano gli incroci imposti al Parigino ai fini del colore che lo compromettevano. Su questo testo si faceva anche una commistione fra Milanesi e Padovani, i primi senza ciuffo ed i secondi con il ciuffo, questo parlando dell’Arricciato di colore. Oggi non si fanno più certe confusioni; il Padovano è razza a sé e gli Arricciati di colore sono chiamati giustamente Parigini di colore, visto che è quella l’espressione a cui tendono. Tuttavia ho ricordato questo precedente storico per segnalare come già in passato si comprendeva che il colore nei canarini di forma e posizione debba essere considerato secondario ed anche di qualche pericolo, per non compromettere le caratteristiche peculiari. Personalmente ritengo che, per quanto riguarda il tipo (melanine), si debba differenziare solo fra melanici, lipocromici e pezzati, non riterrei opportuni ulteriori riconoscimenti, sia per quanto riguarda i tipi base ed a maggior ragione eventuali ulteriori mutazioni. Questo perché è già impegnativo nel Canarino di colore cogliere sfumature anche minime e non mi sembra il caso di cercare complicazioni in altre linee selettive. Nel già citato testo del 1961 si ipotizzava di avere tutti

Lizard argentato

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i colori negli Arricciati di colore, ma non condivido, fra l’altro all’epoca non c’era l’arcobaleno che c’è oggi. Temo che il piumaggio arricciato renda molto difficile cogliere certe differenze, talora minime. So che si differenziano i bruni nelle categorie a concorso, ma non ne vedo la vera necessità. Si fanno molti discorsi sulla morbidezza del piumaggio del bruno, ma non mi pare così pregnante; anzi ritengo molto meglio il nero che leggermente rafforza il piumaggio e per me è esteticamente molto più bello. Per quanto concerne la varietà, ho già detto di essere del tutto contrario all’inserimento di fattori per il rosso, che non trovo pregevoli e che comportano presenza di geni estranei alla specie Canarino, poiché derivano dal Cardinalino del Venezuela. Anche l’alimentazione colorante, la vedo come un artificio inutile. Accettabile solo in razze anche di colore, come il Ciuffato tedesco, l’Arlecchino portoghese o magari il Parigino di colore. Diverso il caso del bianco. L’inserimento del bianco, non comporta miglioramenti delle forme o della posizione, semmai all’inizio ha potuto arrecare danno essendo inserito con incroci, tuttavia i bianchi appaiono davvero belli come effetto d’insieme. Non è escluso che il bianco, che come colore crea l’impressione di ingrossare, possa in alcuni casi fornire un sia pure apparente vantaggio. Semmai c’è il problema della categoria; infatti anche nei bianchi c’è il brinato, l’intenso ed il mosaico. Oggi i bianchi gareggiano con i brinati, ed in effetti spesso sono a struttura brinata, ma non è sempre così. All’inizio avevo anch’io avuto questa idea, ma c’è il problema delle razze ove gli intensi sono avvantaggiati per le loro forme. Un Norwich bianco intenso non crea problemi gareggiando con i brinati poiché svantaggiato, ma un Fife bianco intenso si, poiché avvantaggiato e, se bello, surclassa i brinati. Di conseguenza è mio parere che i bianchi, siano essi lipocromici, pezzati o melanici, debbano gareggiare a parte. Pretendere di dividere i bianchi in intensi e brinati non è possibile, certo le differenze ci sono, ma ci sono anche casi dubbi, specialmente in presenza di grandi taglie e piumaggi abbondanti. Ora c’è l’aspetto delicato delle pezza-

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Gibber Italicus lipocromico, 94 punti al Camp. Mond. di Bari 2014. Soggetto non in posizione ottimale al momento dello scatto, foto: S. Giannetti

ture. Oggi si divide in pezzati melaninici e pezzati lipocromici a seconda se prevalga una parte o l’altra. Ebbene dico chiaramente che questa differenziazione la trovo inutile ed inopportuna, ci sono con facilità dei dubbi, francamente non la manterrei. Ricordo che l’acianismo, cioè la mutazione che induce i lipocromici, è ad espressività variabile e ben poco controllabile. Sul comportamento genetico dell’acianismo si è da più parti detto che sia a dominanza parziale oltre che ad espressività variabile, ma secondo me le parti acianiche visibili in soggetti melanici, come residuo, fanno pensare a qualcosa di più complesso. Poi si premiano i melaninici ed i lipocromici, ove non si considerano come tali i soggetti anche leggermente macchiati sul piumaggio, ciuffo tollerato. Ebbene non ritengo utile che vi siano categorie che prevedano l’assenza totale di zone spurie. Questo potrebbe incoraggiare selezioni a favore del colore puro che non sono di alcuna utilità nelle razze di forma e posizione e potrebbero distrarre dalle selezioni veramente pregnanti, quali forma e posizione, nonché arricciature negli arricciati. Senza contare le tolettature non del tut-

to ortodosse. A mio parere piccole macchie o remiganti e timoniere chiare, non dovrebbero essere considerate. È bene ricordare che accoppiando un melanico ed un lipocromico si ottengono tutti pezzati in varie espressioni. Accoppiando due pezzati si ottengono 25% di melanici, 50% di pezzati e 25% di lipocromici. Attenzione però, non è così semplice la storia; infatti i lipocromici sono quasi tutti macchiati, ed il quasi l’ho messo solo per prudenza, e molti melanici presentano penne, specialmente timoniere e remiganti soprattutto primarie, lipocromiche nonché talora unghie lipocromiche. Nonostante ciò questi soggetti, non diventano pezzati, ma restano a tutti gli effetti lipocromici o melaninici. Lo si vede bene perché accoppiando fra di loro lipocromici con piccole macchie nascono solo lipocromici, nessun melanico, né vero pezzato, ed accoppiando parimenti melanici con penne lipocromiche non nasce alcun lipocromico, né vero pezzato. Ora ci potrebbe essere il dubbio fino a che punto si possa parlare di lipocromico con macchie o vero pezzato ed allo stesso modo melanico con tracce lipocromiche e vero pezzato. Ebbene, i veri pezzati sono solo quelli che accoppiati fra di loro generano sia lipocromici, che melanici e che pezzati. D’accordo mi si dirà, ma come distinguerli con parametri certi? Mi sarei preparato degli appunti, ma sarebbe lungo indicarli e comunque sarebbero in parte discutibili. Chi volesse conoscerli potrà chiedermeli, qui anche per brevità li ometto. Dico solo che secondo me bisogna distinguere fra pezzati, che sono sostanzialmente degli intermedi e macchiati, che invece sono a tutti gli effetti melanici o lipocromici, ancorché con zone spurie di piccola entità. Quello che quindi ribadisco è che, secondo me, è sbagliato assimilare i macchiati ai pezzati. Inoltre nella forma e posizione piccole zone spurie sono esteticamente ininfluenti e non ritengo di alcuna utilità e forse di danno, come dicevo sopra, incoraggiare selezioni a favore del cromaticamente puro in canarini che non sono di colore. Spero di non suscitare malumori con questo mio intervento che intende essere costruttivo


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DIDATTICA & CULTURA

I Crocieri: ricordi e brevi considerazioni testo e foto di IVANO MORTARUOLO

I

Crocieri suscitano in me un vivo interesse per le loro peculiarità morfologiche, cromatiche ed etologiche. Questa attrazione ha origini remote. Invero, se percorro a ritroso la mia storia di ornitofilo, emergono lontane (quasi sessanta anni fa) ma ben determinate immagini di questi singolari uccelli, visti per la prima volta nella bottega del calzolaio: la loro bellezza contrastava vistosamente con la fatiscenza della gabbia e dell’ambiente circostante. La mia curiosità mi spinse a chiedere al proprietario informazioni su tali uccelli, ma questi mi liquidò con un secco “vengono da lontano!”. A ben pensarci, quella che fu una stizzosa risposta di una persona, senz’altro non disponibile né competente, ad un bambino “rompiscatole” che poneva troppe domande, ha un fondamento di verità dal punto di vista biogeografico, morfologico, filogenetico e anche del rapporto con l’uomo. I Crocieri, infatti, pur occupando un vasto areale (America, Europa, Asia ed anche Africa), circoscrivono preferibilmente la loro presenza alle zone dove vi sono forti concentrazioni di boschi di conifere. Pertanto, nella mia regione (l’Umbria) le segnalazioni di tali uccelli sono state molto esigue. Non a caso nel 1601 un mio illustre conterraneo, Antonio Valli da Todi, pubblicava la celeberrima opera “Il canto degl’augelli” nella quale venivano del tutto ignorati i Crocieri: molto verosimilmente erano volatili pressoché sconosciuti, perché comparivano occasionalmente... e “venivano da lontano”. Nella seconda metà del secolo XIX anche Enrico Hillyer Giglioli, con la sua

Circoscrivono la loro presenza alle zone con forti concentrazioni di boschi di conifere

opera “Avifauna italica” (1866), nella quale propose eterogenee analisi della nostra ornitofauna, indirettamente dà prova della rarità del Crociere in Umbria, in quanto i dati relativi a questa regione sono omessi. Va però doverosamente evidenziato che recenti

Coppia di Crocieri delle pinete. Cromolitografia tratta dal libro Birds of Great Britain, vol. III (1873), di J. Gould. Collezione I. Mortaruolo

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Le arcane origini dei Crocieri sarebbero state confermate anche dal ritrovamento di un fossile in Carpinteria (California), attribuibile al tardo Pleistocene (Miller, 1932)

check-list (Laurenti S. e Paci A. M., 2017) hanno messo in luce che il Crociere è nidificante e svernante occasionale in pochissime e circoscritte aree della Regione. Lontano, remoto è anche il processo evolutivo che ha forgiato le ranfoteche dei Crocieri. Il becco non è infatti il frutto di uno scherzo della natura, di un’aberrazione teratologica degna dell’attenzione di un pittore dalla bizzarra creatività come, ad esempio, Hieronymus Bosch, bensì è la risultante di un lungo, lento percorso evolutivo che

Coppia di Crocieri con giovane. Cromolitografia tratta dall’opera Naturgeschichte der vogelmitteleuropas (1897/1905) di J.A. Naumann. Collezione I. Mortaruolo

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ha permesso di forgiare uno straordinario strumento per estrarre i semi dagli strobili (pigne). Lontano, remoto appare altresì il processo di speciazione che ha dato origine agli attuali esponenti del genere Loxia. Arnaiz-Villena et alii (2001), in una pregevole ricerca intesa a determinare le relazioni filogenetiche di ventiquattro Carduelini attraverso l’esame del DNA mitocondriale, ha evidenziato che i Crocieri hanno grande affinità con gli Organetti. I due gruppi di uccelli deriverebbero infatti da un antenato comune, un Carduelis-like vissuto circa nove milioni di anni fa, quando le foreste di conifere erano molto vaste. Successivamente, con il sopraggiungere dei periodi interglaciali, le aree occupate da tale vegetazione si restrinsero notevolmente e, di conseguenza, si originarono due linee evolutive: da una parte i Crocieri, specialisti di semi di essenze conifere, e dall’altra gli Organetti, adattatisi a differenti habitat e alimenti. Le arcane origini dei Crocieri sarebbero state confermate anche dal ritrovamento di un fossile in Carpinteria (California), attribuibile al tardo Pleistocene (Miller, 1932). Lontano, remoto è anche il rapporto fra il volatile e l’uomo, caratterizzato da peculiari aspetti che, non di rado, hanno subito valutazioni di segno opposto. In passato, infatti, i Crocieri erano ritenuti uccelli forieri di sventure e avidi saccheggiatori di frutteti. Per converso, si credeva che l’acqua presso la quale si era abbeverato un Crociere era un buon rimedio contro l’epilessia. Poi, in Turingia, era diffusa la credenza secondo la quale negli uomini i reumatismi si attenuavano se la parte superiore del becco del volatile osservato, era rivolta verso destra, e degli stessi benefici godevano le donne se la ranfoteca era rivolta verso sinistra (Nethersole-Thompson, 1975). Ma a tale uccello, oltre alle capacità terapeutiche, venivano anche attribuite simbologie di spiccata valenza cristologica. Invero, secondo una leggenda medioevale, la morfologia del becco dei Crocieri sarebbe la conseguenza dei tentativi di estrarre dalla croce i chiodi che immobilizzavano le


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Peculiare appare altresì la superstizione secondo la quale il corpo di tali uccelli morti non si decompone

Femmina di Crociere delle pinete. Cromolitografia tratta dalla seconda edizione dell’opera Svenska Foglar (1920) il disegno del volatile fu realizzato nel 1830 dal pittore finlandese Magnus von Wright. Collezione I. Mortaruolo

mani del Cristo. E il colore rosso del maschio sarebbe quindi originato dal sangue del Redentore. Peculiare appare altresì la superstizione secondo la quale il corpo di tali uccelli morti non si decompone. A ben pensarci, questa credenza potrebbe avere un fondamento di verità, poiché i Crocieri, durante la loro attività trofica, possono imbrattarsi con le resine delle piante da cui traggono gli alimenti preferiti. E talvolta può accadere che tali sostanze creino una sorta d’impermeabilizzazione in grado di rallentare o bloccare il processo di decomposizione.

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CRONACA

Alimentazione e nutrizione di PASQUALE LEONE, foto AUTORI VARI

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uando ci si riferisce ai canarini o ad altri uccelli d’affezione in genere, si parla di alimentazione o di tecniche di alimentazione; è raro che si utilizzi il termine nutrizione. Nonostante i distinguo, spesso alimentazione e nutrizione sono stati e sono tuttora utilizzati come dei sinonimi sia nel linguaggio comune sia in alcune branche della medicina, tuttavia sinonimi non lo sono affatto. Per alimentazione s’intende un processo multifasico che inizia con l’introduzione del cibo nella cavità orale, la digestione, l’assorbimento ed il metabolismo dei nutrienti, ovvero ciò che diamo da mangiare ai nostri soggetti. Essa è considerata specifica degli organismi eterotrofi, ovvero gli organismi che acquisiscono energia da materiali organici; giusto per rendere l’idea, un canarino si alimenta, invece una pianta non si alimenta, assume nutrienti. Per nutrizione il concetto è più ampio, poiché si intendono i vari processi metabolici dell’organismo, in questo caso di un canarino, che hanno il fine di utilizzare quei principi nutritivi che sono stati assunti tramite l’alimentazione. In sintesi, per nutrizione s’intende ciò che le cellule dei nostri soggetti ed i loro tessuti effettivamente ricevono col cibo che noi gli abbiamo fornito. Va altresì specificato che quando si parla di nutrizione, ci si riferisce ad un sano e corretto apporto di nutrienti, o meglio dei principi nutritivi, ossia le sostanze che vengono assunte durante il processo di nutrizione (glucidi, proteine, lipidi).

Immagine tratta da: www.a2gov.org, autore: Dea Armstrong

Quando si parla di nutrizione, ci si riferisce ad un sano e corretto apporto di nutrienti, o meglio dei principi nutritivi

Ritengo che avere chiari questi concetti possa essere un valido aiuto al fine di avere una migliore gestione dei nostri allevamenti. Lo stato di benessere e salute dei canarini parte proprio da una dieta corretta capace di fornire tutti gli alimenti necessari, divenendo nel contempo un validissimo strumento di prevenzione per molte malattie, nonché di trattamento per molte altre. Il benessere dei nostri animali è il fine primario di ogni ornicoltore; è necessario, quindi, entrare nell’ottica che

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sati da noi stessi allevatori, proprio a causa degli eccessivi o inappropriati alimenti che forniamo agli uccelli. Noi ornitofili abbiamo tutti i mezzi per riuscire a fornire ai nostri uccelli un’alimentazione bilanciata dal punto di vista nutrizionale. Le aziende che ruotano attorno al nostro mondo ci offrono prodotti per ogni specifica esigenza. Per quanto possa sembrare paradossale, abbiamo una gamma di prodotti molto più ampia rispetto agli allevatori che operano con gli animali da reddito, dove l’orientamento nutrizionale è spesso basato sul concetto di “razione” calcolato in rapporto al fabbisogno calorico giornaliero dell’animale in relazione ad un ciclo vitale predefinito. È mia opinione che se, ad esempio, un allevatore ha la necessità di utilizzare

Soggetti si cibano all’interno della voliera presso la Sede federale

alimentazione fa rima con nutrizione allorquando i cibi assunti sono bilanciati e ricchi di sostanze che possono rigenerare l’organismo dei nostri uccelli e mantenerlo in buona salute.

Immagine tratta da: www.usatoday.com autore: MauriceBaker

Solo se si prende coscienza di questo, si potranno evitare molti dei più comuni squilibri nutrizionali che si verificano negli allevamenti, ricordando che quest’ultimi sono sempre cau-

Noi ornitofili abbiamo tutti i mezzi per riuscire a fornire ai nostri uccelli un’alimentazione bilanciata dal punto di vista nutrizionale

un qualsivoglia integratore, è opportuno che lo acquisti specifico per uso ornitologico, avendo l’umiltà di accettare i consigli e la professionalità delle aziende e degli operatori del settore, rispettando le indicazioni riportate ed evitando di variarne le dosi. Noi alleviamo per passione e questa è una grande forza sulla quale tuttavia dobbiamo mantenere sempre un controllo razionale, poiché emozionalmente abbiamo la tendenza ad antropomorfizzare i canarini pensando che essi abbiano esigenze alimentari tipiche degli umani, errore che ci porta ad un facile sbilanciamento nutrizionale e, al contempo, ad avere soggetti “super alimentati” ma di fatto sottonutriti, spesso in costante carenza di vitamine e/o sali minerali.

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CANARINI DI FORMA E POSIZIONE ARRICCIATI

Il Fiorino: taglia e lunghezza di EMILIO SABATINO, foto E. SABATINO e S. GIANNETTI

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a CTN-CFPA (D’Alessandro G.Aurelio R.- Sabatino E.), il Presidente di Collegio Sez. E (Ceccarelli A.), i Giudici Internazionali Altobelli A. e Pisani G. e il Presidente del Club del Fiorino (allievo giudice Cozzolino B.), si sono riuniti il 17 Agosto 2020 a Isola Liri (FR) per parlare e discutere del Fiorino.

In quest’ultimo decennio, molto si è discusso e parlato del Fiorino e molto si è scritto su di esso

Fiorino testa liscia melaninico pezzato, 94 punti al Campionato Mondiale di Bari 2014, foto: S. Giannetti

Argomento: Taglia e lunghezza del Fiorino. In quest’ultimo decennio, molto si è discusso e parlato del Fiorino e molto si è scritto su di esso, in particolare è stata dettagliatamente esaminata la voce più discussa dello standard: “la Taglia”. Ultimamente il Club è sempre in stretto contatto ed in accordo con

Fiorino testa liscia lipocromico, 94 punti al Campionato Mondiale di Bari 2014, foto: S. Giannetti

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Si è discusso su questo argomento in quanto, come lamentano alcuni, i Fiorini nonostante non siano in standard primeggiano nelle mostre Fiorino TL Bruno F. - Allevamento E. Sabatino

l’attuale CTN, avendo come obiettivo i seguenti punti: - Migliorare la conoscenza e favorire la diffusione della razza; - Approfondire e divulgare i metodi di selezione e di allevamento, al fine di esaltare le caratteristiche dello standard che sono cosi peculiari da rendere il Fiorino stesso un canarino “unico”; - Salvaguardare la razza che nonostante il passare degli anni, da quando il Prof. U. Zingoni e M. Del Prete hanno portato al riconoscimento della stessa, proprio per aver raggiunto negli anni uno standard di perfezione ben codificato e stabile, si cercherà di mantenere immutate nel tempo tutte le sue caratteristiche. Tuttavia, recentemente le nostre certezze sono state turbate da alcune notizie pubblicate su I.O. dove allevatori della razza ipotizzano un declino e un aumento di taglia del Fiorino, con giudici poco attenti a ciò che sta avvenendo. Si è discusso su questo argomento in quanto, come lamentano alcuni, i Fiorini nonostante non siano in standard primeggiano nelle mostre. Infatti, è da tener in considerazione un fattore importante: taglia e lunghezza (e che la prima è differente dalla seconda): • la lunghezza viene misurata in centimetri con il canarino disteso sul dorso su un piano (posizione supina) misurato dalla punta del becco fino alla fine della coda; • la taglia prende in considerazione

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Fiorino TL Ardesia M. - Allevamento E. Sabatino

oltre alla lunghezza anche la forma e quindi più precisamente la voluminosità. Il Fiorino è il più piccolo tra i canarini di forma arricciata, una delle quattro razze di origine italiana (1985), lunghezza 13 cm, con una “silhouette“ elegante che sia testa ciuffata o liscia. È preferibile un Fiorino arrotondato per far esaltare al meglio le sue arricciature principali: jabot, spalline, fianchi, nonchè una testa arrotondata per dare collocazione al ciuffo.

Fiorino TL Bruno F. - Allevamento E. Sabatino

La “rotondità” non deve essere incrementata aumentando la taglia e deve essere sempre contenuta nei 13 cm. La taglia rappresenta la mole del soggetto, armonico tra tutte le sue parti, in modo da far esaltare tutte le sue arricciature e bellezze. Forma e taglia sono tra loro in stretta relazione, la forma in particolare dipende essenzialmente dal suo piumaggio, perché il corpo vero e proprio è considerato quello di un soggetto deplumato in toto. La lunghezza (come già citato) si misura dalla punta del becco alla punta finale della coda. La lunghezza realetotale, secondo l’ornitologia mondiale/internazionale, si misura sul canarino in posizione supina a collo esteso, per cui è sempre maggiore della lunghezza apparente (Prof. U. Zingoni 1997). La lunghezza apparente dipende da tre fattori: estensione minore o maggiore del collo, portamento, quantità e qualità del piumaggio (soggetti stretti di piumaggio o striminziti appaiono più lunghi). Importante mettere nella gabbia da mostra il canarino per poterlo ammirare e giudicare, aspettando che assuma il proprio portamento. Da questo brevissimo excursus, appare evidente e chiaro che le dimensioni del Fiorino devono essere contenute in un range ben preciso, non basta avere solo il colpo d’occhio, perché si potrebbe sbagliare, ma avvalersi di vere e proprie misurazioni (ad esempio: i ferri della gabbia intervallati tra loro, da 1 a 10 e 1/2 misurano 13 cm).


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È da tener presente che ancora oggi ci sono in giro allevatori, astuti, che prima della data di una mostra dove partecipano con i loro esemplari, tendono a spiumare le timoniere calcolando il tempo di crescita per avere in taglia il canarino per il giorno del giudizio. Questo fa sì che a crescita ultimata (anche dopo pochi giorni), si vedrà un soggetto di taglia superiore; inoltre, per equilibrare timoniere e remiganti, talvolta vengono spiumate le ultime due remiganti sia a dx che a sx, come già verificato in alcune esposizioni. Con questo vogliamo precisare di non buttare la “croce” su chi giudica, perché si giudica ciò che si vede e che si ha difronte in quel momento, e non ciò che avverrà dopo. Prima di ricorrere a pareri negativi sui giudizi emessi nelle

mostre, sarebbe auspicabile che ogni allevatore valuti con parsimonia e precisione la lunghezza/taglia dei propri fiorini, così da stabilire personalmente se rientrano nello standard. In questo incontro, la discussione è scivolata anche sulla qualità del piumaggio, sui principali difetti della razza, su come intervenire nel migliorarla e come evitare gli inganni. La CTN ed il Club, per far fronte al mantenimento dello standard e all’incremento dell’allevamento della razza, cercheranno di aumentare le specialistiche ed i giudizi a confronto. Il giudizio a confronto alla presenza dell’allevatore è sicuramente molto più pratico del giudizio tradizionale a punti, e crediamo non possa sostituirlo, ma diffondendolo maggiormente consentirebbe un interessante scam-

bio culturale allevatore/giudice, molto costruttivo rispetto alla tipica scheda di giudizio. Il giudizio a confronto, a nostro umile avviso, si presta meno a critiche o disaccordi; infatti, giudicando per categoria, si arriva per esclusione al “Best” con un margine d’errore minimo. Sarebbe auspicabile che alla fine dei giudizi, il giudice si soffermasse con gli allevatori spiegando pregi e difetti dei canarini visionati, cosi da poter dare ulteriori utili consigli e incentivare i neo-allevatori a partecipare. Fiduciosi di raggiungere questi obiettivi prefissati, la CTN, il Club ed i giudici intervenuti augurano a tutti gli appassionati di questo splendido canarino di portare sempre più in auge ciò che il Prof. U. Zingoni e M. Del Prete hanno creato con tantissima passione.

Il poker dell’A.C.O.

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on la stagione 2019, l’Associazione Castellana Ornitologica ha celebrato la 50° edizione della sua Mostra. Da oltre vent’anni alla Nostra manifestazione è abbinata a un’attività Sociale, per lo più rivolta alle Scuole. Lo scorso anno però, data la particolare ricorrenza, il Direttivo ha accolto l’invito pervenuto dalla Direttrice della locale Casa per Anziani, la quale ci chiedeva di partecipare a un progetto di riqualificazione di un’area interna alla struttura che avrebbe previsto fra le altre, la installazione di una Voliera. Dopo alcuni incontri, il progetto è stato definito e intitolato: “Pet Therapy nel Giardino Sensoriale della Casa di Riposo Domenico Sartor a Castelfranco Veneto”. Nel titolo si spiega appunto un percorso delineato fra piante, fiori e animaletti. Con la vista, l’olfatto e con il tatto, ogni passante può trarne beneficio. La Nostra Segreteria diretta da un Socio particolarmente attivo in materia, si è

impegnata per trovare fondi che permettessero la partecipazione al costoso progetto e dopo avere commissionato la costruzione della voliera, qualcuno di noi si è prodigato per la corretta installazione. L’inaugurazione era prevista per Marzo 2020 ma causa Covid 19, nel rispetto alla salute degli anziani ospiti, tutto è stato sospeso. Tale sospensione è stata provvida poiché ha permesso che nessun ospite della Casa si sia ammalato di tale virus. Bella mattinata e grande soddisfazione all’inaugurazione:

erano presenti tantissime autorità del territorio, un Senatore della Repubblica, un Consigliere Regionale, il Presidente della Provincia di Treviso e Sindaco di Castelfranco Veneto nella stessa persona, il Responsabile territoriale dell’USL, il Vice Presidente di Raggruppamento e altre ancora, che con i loro interventi hanno incensato il progetto della giovane Compagine Dirigente della Struttura e le varie Associazioni che vi hanno aderito, fra le quali l’Associazione Castellana Ornitologica. Questa è la quarta voliera che l’ACO ha installato in varie Strutture Sociali della Castellana, tutte e quattro permettono di entrarvi o sostare anche con l’ausilio della carrozzina. Sono abitate dai comuni Canarini o Diamanti Mandarini, da Ondulati, Calopsitte, Inseparabili e alcune Roselle, che regalano momenti di gioia agli ospiti, sia a quelli giovani come agli anziani. GIANCARLO CIVIERO (per l’A.C.O.)

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Se desideri proporre un argomento scrivi a: redazione@foi.it

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n questo numero pubblichiamo un testo, ben argomentato, scritto da uno dei più attenti conoscitori delle problematiche relative alla normativa CITES, spauracchio per molti allevatori di pappagalli e non solo. Capita spesso, infatti, di trovarsi in difficoltà nel dover interpretare e rispettare i precetti in essa contenuti. Come prefazione del testo seguente, si rappresenta che la FOI ha recepito l’esigenza di fornire un servizio di consulenza qualificata ai propri iscritti, attraverso allevatori/esperti della materia, come indicato nello stralcio del Verbale del Consiglio Direttivo Federale del 2/10/2020 che riportiamo di seguito: “Il CDF istituisce in favore dei tesserati FOI il servizio di consulenza – sia a carattere istantaneo sia a carattere formativo – che viene denominato “SOS CITES”. Tale servizio consentirà a coloro che ne avessero necessità il consulto con un esperto su base territoriale che fornirà, là dove possibile, il proprio ausilio e la propria competenza per la risoluzione di problematiche anche contingenti. Appena disponibile, sarà pubblicato un vademecum contenente le attività da porre in essere per accedere al servizio che sarà a titolo gratuito. Verrà parimenti pubblicato l’elenco con i nominativi ed i recapiti degli esperti cui fare riferimento. È in programma di estendere la possibilità di accedere al servizio anche con riferimento alle problematiche discendenti dalla detenzione di fauna autoctona.”

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Argomenti a tema

“S O S * C I T E S”

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l mio blog (www.danielezoli.it) mi consente di mantenere un collegamento costante con una buona parte di allevatori, in particolare con coloro che allevano pappagalli e di condividere con loro le diverse problematiche che interessano i nostri aviari. Senza ombra di dubbio il principale problema che ci sta mettendo in difficoltà, oltre alle conseguenze del COVID 19 come per tutti gli altri, è quello della mannaia della normativa CITES per colpa delle esagerate sanzioni. Se non si fa nulla c’è il rischio che a fine pandemia resti ben poco del settore degli psittaciformi. Mi sono permesso di formulare una proposta ai dirigenti della FOI, che fornirebbe una buona copertura agli allevatori interessati, i quali finalmente non si sentirebbero più soli poiché potrebbero contare su di un punto di assistenza che fornirebbe loro un adeguato supporto. Prima di entrare nel merito della proposta devo fare una sintetica premessa: • La legislazione CITES risulta particolarmente difficile e controversa per le sovrapposizioni di normative europee e nazionali. L’Italia è l’unico Paese UE che ha legiferato in modo quanto meno bizzarro per quanto riguarda la gestione dell’allegato B, che raccoglie la quasi totalità degli esemplari allevati in cattività; • Gli uffici periferici CITES sembrano totalmente sprovvisti di un coordinamento centrale, pertanto ognuno interpreta le norme a proprio piacimento, in molti casi pretendendo comportamenti non previsti dalla Legge; • Le sanzioni risultano esageratamente elevate e totalmente sproporzionate rispetto alla natura dei reati (una sanzione da 10.000 euro è la normalità). Siccome periodicamente gli uffici CITES, nella loro attività di controllo, elevano sanzioni particolarmente pesanti, si produce un “effetto paura” che porta all’abbandono delle specie sottoposte a controllo CITES, o peggio, alla chiusura degli allevamenti; • Non esiste nessun punto di riferimento informativo per gli allevatori i quali si vedono costretti a rivolgersi direttamente agli Uffici CITES, oppure all’amico un po’ più esperto con tutte le conseguenze del caso; Per le ragioni su indicate, tutti gli allevatori di esemplari coperti dal CITES sentono fortemente la necessità di avere un punto di riferimento che li assista e li difenda nel momento di necessità.


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Se la FOI si attrezzasse per soddisfare questa esigenza, oltre a contenere il fenomeno dell’abbandono dei propri associati, potrebbe stimolare l’interesse di tutti coloro che non sono associati ma che troverebbero protezione in questo tipo di assistenza. Ovviamente, il servizio dovrebbe essere reso solo agli associati. Per soddisfare le esigenze degli interessati, il servizio di assistenza dovrebbe essere strutturato su quattro livelli: 1) Assistenza telefonica per quesiti; 2) Controllo ed assistenza nella compilazione dei registri e documenti accessori; 3) Coordinamento dell’assistenza legale, in caso di sanzioni, attraverso convenzioni con Uffici Legali specializzati in questa particolare materia; 4) Rappresentazione delle problematiche del settore presso i Ministeri e le Autorità competenti. 1) Assistenza telefonica per quesiti La FOI dovrebbe preparare, attraverso adeguata formazione, il personale della sede avvalendosi della collaborazione dei profili già sufficientemente esperti. Gli stessi “istruttori” dovrebbero restare a disposizione per rispondere agli eventuali quesiti, telefonici o per e-mail, che venissero eventualmente posti dagli operatori della sede. Dovrebbero inoltre partecipare ad un apposito gruppo di lavoro per mettere a punto le proposte e/o le rivendicazioni da presentare alle Autorità per quanto previsto al punto 4). A questa unità dovrebbero fare riferimento anche gli eventuali collaboratori che operano sul territorio. 2) Controllo ed assistenza nella compilazione dei registri e documenti accessori L’ufficio della sede dovrebbe essere a disposizione degli allevatori associati che ne facciano richiesta per l’aiuto e/o l’aggiornamento dei registri e degli altri documenti obbligatori. Tale assistenza potrebbe essere fornita anche dagli esperti individuati nelle diverse zone del paese, a condizione che il livello di conoscenza della materia sia adeguato. 3) Coordinamento dell’assistenza legale, in caso di sanzioni, attraverso convenzioni con Uffici Legali specializzati in questa particolare materia; FOI dovrebbe stipulare delle convenzioni con un certo numero di uffici legali a livello nazionale, già esperti nella particolare materia CITES. La base dell’accordo potrebbe essere: FOI indirizza i propri associati presso i loro studi in cambio di tariffe agevolate. L’associato sanzionato dovrebbe trasmettere copia del verbale alla FOI che, dopo essere stato valutato, magari con il contributo di un esperto, verrà trasmesso all’Ufficio Legale più vicino al sanzionato, previo assenso dello stesso. Il rapporto “associato – ufficio legale” procederà quindi senza nessun altro intervento di FOI, salvo l’obbligo dell’associato di trasmettere alla stessa l’esito finale della controversia a soli fini statistici. 4) Rappresentazione delle problematiche del settore presso i Ministeri e le Autorità competenti Il responsabile FOI delle relazioni con i Ministeri e gli Enti Pubblici potrà avvalersi del supporto di un gruppo di lavoro composto dagli esperti, che nella fase di avviamento, avranno istruito il personale operativo. Questo gruppo dovrà riunirsi ogni qualvolta se ne ravveda la necessità ed in ogni caso in occasione della preparazione dell’agenda di lavoro per gli incontri con le Istituzioni. Mi auguro che i dirigenti FOI prendano seriamente in considerazione l’ipotesi di approntare tale punto di assistenza CITES per fornire agli allevatori interessati, oltre all’aiuto pratico, l’aiuto psicologico importantissimo che permetta loro di pensare che non saranno più soli a fronteggiare il “mostro CITES”, ma che potranno contare sulla FOI.

Argomenti a tema

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DIDATTICA & CULTURA

Il collezionismo ornitologico

Terza parte

Il collezionismo cartaceo testo e foto di FRANCESCO BADALAMENTI

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l termine collezionismo cartaceo non è di mia invenzione, ma è effettivamente in uso tra gli appassionati per individuare quel collezionismo di nicchia che di norma comprende: le raccolte di documenti antichi, di manoscritti, di materiale proveniente dagli archivi storici, della scripofilia (cioè la raccolta di documentazioni finanziarie, di certificati azionari e obbligazioni e altri titoli), ecc. Questa sezione include, inoltre, le collezioni di una vasta gamma di altri articoli cartacei, a partire da documenti d’epoca di altissimo valore storico, come gli antichi dipinti o le stampe litografiche, sino ad arrivare ad oggetti di comune uso corrente e di facile reperibilità, quali bigliettini, fotografie d’epoca, cartoncini augurali, pieghevoli, calendari,

Tessere F.O.I. anni ‘60 (formato a libretto)

adesivi, santini, figurine, etichette di bottiglie di vini e liquori, fascette di carta litografata che si collocano sui sigari, perfino i messaggi all’interno dei cioccolatini ecc… insomma come si suole dire “ di tutto un po’ “. Riconducendo questa forma di collezionismo al nostro contesto di ornicoltori, questo comparto può comprendere in primo luogo le tessere, i pass, gli attestati a vario titolo assegnati agli iscritti e più in particolare:

Questa sezione include le collezioni di una vasta gamma di articoli cartacei

1980 Campionato Italiano Pordenone: introvabile cartoncino che, affisso alla gabbia insieme alla scheda di giudizio, consentiva di individuare già a distanza i soggetti che avevano conseguito il titolo di Campione Italiano

le tessere di iscrizione al Registro Nazionale Allevatori che annualmente la F.O.I., attraverso le Associazioni territoriali, distribuisce agli iscritti. Queste per parecchi anni sono state costituite da un

Tessere F.O.I. dagli anni ’80 in poi

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Piccola collezione di Vademecum editi dalla F.O.I.

Molti espositori conservano e raccolgono persino tutti i pieghevoli e i ProgrammiRegolamento Mostra delle manifestazioni a cui hanno partecipato

libretto pieghevole, in formato cartaceo, poi sono state sostituite da una versione cartoncino e infine da un modello “plastic card”, quest’ultima di anno in anno in differente veste grafica; le tessere di Giudice F.O.I., una volta distinte per i ruoli Regionale e Federale, anche queste dapprima in formato cartaceo, costituito da un tesserino pieghevole, contenente foto e dati anagrafici e successivamente sostituita da una card plastificata; altre tessere quali quelle di iscrizione ai Club di specializzazione, le tessere di accredito per le votazioni alle Assemblee della F.O.I., le tessere delle Associazioni territoriali, ecc.;

Piccola collezione di Rubriche Giudici edite dalla F.O.I.

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Ragusa dicembre 1968 VI Campionato Italiano Ornitologico, foto: G. Scrofani

i pass di accesso alle mostre Ornitologiche e/o i biglietti di ingresso; • gli attestati F.O.I. di attribuzione del codice di iscrizione R.N.A. (di norma consegnati in occasione del primo tesseramento), che negli anni sono stati aggiornati graficamente e modificati. Molti espositori conservano e raccolgono persino tutti i pieghevoli e i ProgrammiRegolamento Mostra delle manifestazioni a cui hanno partecipato, nonché i cataloghi contenenti le classifiche delle esposizioni ornitologiche. Particolarmente ricercate sono le classifiche dei Campionati Mondiali e dei Campionati Italiani che, per dimensioni e formato, sono oramai diventati dei veri e propri volumi.


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Etichette di superalcolici made in France: “Canari” Matha (Rum anni ’60 – Gin anni ’70)

Porto Rico anni ’70 - Etichetta del liquore “Anis del Canario”

Vecchio logo F.O.I. dei primi anni ’70, mai stabilmente utilizzato

Sicuramente un pezzo da collezione è “l’Annuario Mostre 1989” pubblicato dalla F.O.I. a chiusura della stagione e che riepiloga i risultati espositivi delle più importanti manifestazioni tenutesi nel corso dell’anno; una iniziativa mai più in seguito replicata e che oggi sarebbe economicamente improponibile. Sempre in tema di classifiche mostre, nella prima metà degli anni ’90 la F.O.I. aggiunse ai consueti numeri di Italia Ornitologica due ulteriori riviste

denominate “Speciale Mostre”, dove venivano riepilogate classifiche, le peculiarità e le iniziative collaterali delle manifestazioni organizzate. Altro importante ambito di questa sezione del collezionismo è costituito dalle vecchie fotografie, che chiaramente più sono antiche e datate e maggiormente sono appetite e ricercate dai collezionisti. Sono ancora collezionati numerosi altri elementi cartacei vari come, gli

Articoli vari: adesivi, pass, bigliettini, etichette, cartoncini, calendari, ecc.

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stampare e rilegare in adesivi, i bigliettini da ricercata veste tipografivisita degli allevatori, e ca) ed i Vademecum F.O.I., persino i vecchi cartellini che nelle prime edizioni da affiggere alle gabbie venivano chiamati più da esposizione (gli allesemplicemente: “Elenco vatori più datati li ricorSoci” deranno, erano bianchi per i singoli e rossi per gli Un primo elenco degli stamm) ed i blocchetti di allevatori italiani venne giudizio, in uso fino pubblicato nel 1939 dalall’avvento del giudizio la rivista degli allevatori con il tablet, che nel (Uccelli da gabbia e da corso della storia sono voliera), mentre dovrebstati via via modificati be risalire al 1954 il pricon il variare degli stanmissimo Albo Nazionale dard. degli Allevatori. I primi Attraverso la collezione elenchi erano in fogli di logo delle Associazioni sciolti e pubblicati all’inOrnitologiche si può terno delle riviste stamripercorrere una parte pa dell’epoca, visto il della storia dell’Ornitoficontenuto numero di lia sportiva. tesserati. Il primo EAfferiscono alla sezione lenco Soci edito in stamdel collezionismo cartapa tipografica dalla ceo anche le antiche F.O.I., di cui ho avuto stampe litografiche raffitraccia, risale al 1971. In guranti prevalentemente seguito, oltre all’elenco i volatili di comune allevadelle Associazione terrimento. Trattasi di un coltoriali Federate e dei lezionismo per pochi tesserati, si cominciaroeletti, in relazione all’inno a racchiudere in un gente quotazione che unico testo anche altre frequentemente possono informazioni riguardanti raggiungere le stampe la struttura Federale, la più belle e rare, numerate 1911 stampa tratta dal libro “ Our canaries” . composizione del Consie firmate dall’autore. Al by C. St. John “A thoroughly practical and comprehensive guide to the successful keeping, breeding and exhibiting glio dell’Ordine dei riguardo occorre distin- of every known variety of the domesticated canary” Giudici e dei Collegi Giudiguere se trattasi di opera ci, delle Commissioni Tecd’arte fine a sé stessa niche Nazionali e, a partioppure di un’opera pensata come illure dalla prima metà degli anni ’70, non strazione di un libro. appena costituiti, anche dei RaggruppaUn primo elenco menti Regionali e Interregionali. Infine Frequentemente le litografie artistidegli allevatori italiani a partire dagli anni ’80 è stato stampato, che sono separate dal libro a cui sono venne pubblicato con cadenza biennale, un Vademecum legate per essere vendute come nel 1939 dalla rivista in formato rubrica. pezzo unico a un prezzo più alto. I rigattieri di libri e litografie vintage Più recente è la pubblicazione della degli allevatori sono soliti depredare e smembrare gli “Rubrica Giudici”, di cui oggi se ne conantichi testi, per rivendere singolartano alcune edizioni, contenente mente le stampe artistiche che foto, indirizzi, recapiti telefonici e ruoaccompagnano il testo. lo di appartenenza di tutti i Giudici of Canaries and Cage-Bird British and Questi antichi libri, oltre che a essere F.O.I. Foreign” le cui immagini delle stampe introvabili, nella veste integrale ragIn sintesi questa forma di collezionicontenute al suo interno, sono state giungono ormai prezzi elevatissimi. Tra smo consente di ripercorrere la storia più volte utilizzate a corredo di articoli questi uno tra i più famosi e noti è un della Federazione attraverso i suoi pubblicati su Italia Ornitologica. testo inglese del 1878 Published by protagonisti che in varie epoche si Tra i documenti storici da collezione Cassell & Company Limited, London, sono avvicendanti in ruoli e funzioni possiamo ricomprendere gli statuti e i avente per titolo: “The Illustrated Book apicali e non. regolamenti (che un tempo si era soliti

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Questo mese, il protagonista di Photo Show è: DAVIDE CORTESE – RnA 4nSn con la fotografia che ritrae il soggetto “Agata Opale Mosaico Giallo” Complimenti dalla Redazione!

• Invitiamo tutti gli allevatori a inviare foto di soggetti provenienti dai propri allevamenti, con descrizione della specie, razza e mutazione, all’indirizzo: redazione@foi.it

• All’autore della foto mensilmente prescelta da un comitato interno, verrà offerto in omaggio un libro edito dalla FOI in base alla preferenza e alla disponibilità.

(*) Tutte le foto inviate, anche quelle non pubblicate, rimarranno a disposizione della FOI a titolo gratuito e potranno essere utilizzate, senza alcun limite o vincolo temporale, per pubblicazioni, iniziative e scopi promozionali della Federazione


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CRONACA

Democratizzazione e ammodernamento del nuovo Statuto e Regolamenti A.O.S. Strumenti importanti per il successo di un’Associazione Ornitologica testo e foto del CONSIGLIO DIRETTIVO ASSOCIAZIONE ORNITOLOGICA SALENTINA

Introduzione L’essere umano è per natura gregario e questo lo porta a costituire gruppi organizzati utili al conseguimento di obbiettivi comuni. Come in tutti gli animali sociali, l’indole gregaria dell’uomo dà origine a “comunità funzionali”, che stimola lo sviluppo di abilità comunicative necessarie alla convivenza. Nella sua anomala storia evolutiva, homo

Tre Presidenti A.O.S. che leggono il nuovo statuto

Come in tutti gli animali sociali, l’indole gregaria dell’uomo dà origine a “comunità funzionali”

sapiens sapiens, ovvero l’uomo che sa di sapere, ha sviluppato di pari passo

a incredibili competenze cognitive come la deduzione, la logica, la prospettiva - e, per l’appunto, anche le abilità comunicative tra cui il linguaggio e la scrittura - anche i vissuti emotivi come l’affettività, la compassione e in senso lato l’amore (sintesi più estrema dei vissuti emotivi ed emozionali). In modo particolare, lo sviluppo intellettivo ed emotivo dell’uomo non ha eguali sopratutto in relazione allo svi-

I soci A.O.S. riuniti in assemblea straordinaria

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luppo delle competenze meta cognitive, legate cioè ai processi di generalizzazione e astrazione del pensiero. I più grandi uomini della storia passata e presente sono fondamentalmente dei pensatori, capaci come si suol dire di vedere al di là dell’orizzonte e avere idee che vanno oltre l’ordinario. Avere una prospettiva basata sulla storia che insegna e sul presente che ci dà il senso delle cose, permette di programmare il futuro e spostare noi e le nostre passioni nel tempo e nello spazio. Ovviamente, perché le idee diventino poi realtà, è necessaria la giusta determinazione, la competenza e che ci venga indicata con certezza la strada da seguire. Ecco perché tutte le società civili, fin dall’antichità, hanno sempre per prima cosa organizzato una serie di norme e regole utili all’ordine comune. Convinti di questo, tre anni fa, uno degli obbiettivi più importanti del programma elettorale per il primo mandato di questa dirigenza AOS fu proprio il rinnovo dello statuto e finalmente, dopo 60 anni, il varo del primo regolamento. Perché il rinnovo dello Statuto Lo statuto AOS dal 1958, anno della fondazione, è stato rinnovato una prima volta nel 1984, una seconda volta nel 1998, una terza volta 2008 e infine da noi il 28 dicembre 2019 per la quarta volta. Ogni riforma è stata operata

Le società civili, fin dall’antichità, hanno sempre per prima cosa organizzato una serie di norme e regole utili all’ordine comune

sempre per soddisfare l’esigenza di avere dei riferimenti normativi adeguati, legati in primis alle finalità oggettive e contemporanee che motivano l’esistenza stessa dell’associazione e in secondo luogo, affinché ne attualizzino l’identità giuridica e la disciplina interna. Crediamo non sia pensabile dirigere un’associazione con strumenti legati a realtà passate. L’Ornitologia sportiva, come molte altre discipline, corre vertiginosamente verso nuovi traguardi selettivi, scientifici, sportivi e tecnologici. La maggior parte dei soci delle nostre associazioni è oggi gente dinamica, impaziente, capace di mettersi in contatto attraverso la rete con allevatori e realtà associative che magari stanno dall’altra parte del mondo, portando poi nella propria quotidianità spunti e esigenze nuove, che rimpiccioliscono l’importanza della consuetudine. Ecco perché i direttivi delle associazioni devono essere all’avanguardia e aver strumenti normativi adeguati a fronteggiare un’ornitologia

60° A.O.S. due grandi Presidenti (Cammarata e Caricato) che si stringono la mano

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globale, senza rimanere ancorati a vecchie sovrastrutture che allontanano le nuove generazioni. Rinnovare lo statuto di un’associazione serve ad alzare i livelli di democraticità, a garanzia che tutti possano essere partecipi, come si è fatto ad esempio con la nuova formula di costituzione del CD AOS, che prevede la candidatura per liste presidenziali su modello FOI, ma con la composizione del consiglio direttivo per somma della lista vincente con due rappresentanti della lista arrivata seconda! Democratizzazione e ammodernamento sono le sfide più ardue che le associazioni ed il movimento ornitologico sportivo italiano devono assolutamente vincere, perché senza quest’apertura, senza un ricambio generazionale degli allevatori sarebbe come allevare senza giovani uccelli. È l’innovazione, il confronto, la sfida verso il mondo globalizzato che rende oggi grande questa passione che ha bisogno di dispiegare le ali e conquistare nuovi spazi nella ricerca ufficiale, nella medicina veterinaria e nella mangimistica. Solo se un direttivo, nei tempi e nei modi previsti dalla legge, si spende in divulgazione, esposizioni e comunicazione potrà rendere interessante questo mondo all’universo che lo circonda. E questo è possibile se un’associazione ha una personalità giuridica ed amministrativa credibile e norme democratiche garanti di tutti i soci ed al passo con i tempi.

Assemblea di rielezione del Presidente Faggiano


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Autoregolamentazione attraverso il Regolamento Organico Mentre lo statuto rappresenta il modo per dare un’identità giuridica certa all’associazione, ispirato e coerente a quella FOI e contemplante, per forza di cose il codice civile, che rappresenta la norma principe a cui ci si deve riferire, i regolamenti sono quella serie di regole e procedure che un gruppo organizzato di persone, nello specifico i soci di un associazione, auto-stabiliscono a garanzia che i momenti salienti della vita associativa siano svolti secondo procedure e modi noti ed efficaci. In una società come quella che viviamo, dove un po’ tutti cercano di evitare l’evitabile, la scelta dell’AOS di auto regolamentarsi crediamo sia veramente un messaggio di solidità e forza di cui essere orgogliosi! Avere regole chiare e certe per le diverse attività sociali è garanzia per chi dirige, quanto per chi è socio, perché si ha conoscenza dei meccanismi che regolano e fanno vivere l’associazione. Ecco perché col notevole impegno di altri soci, primo tra tutti il giudice internazionale di FPL Palma Sergio, che ringraziamo del solido aiuto, abbiamo elaborato questo documento di auto regolamentazione che indica procedure e modalità precise per ogni momento associativo. Il potere dell’Assemblea dei Soci Aver approvato all’unanimità, alla fine di un mandato notoriamente iniziato con turbolenze, la riforma dello statuto e il primo regolamento AOS,

Rinnovare lo statuto di un’Associazione serve ad alzare i livelli di democraticità, a garanzia che tutti possano essere partecipi

ci ha dato la garanzia di aver mantenuto alto il consenso iniziale attraverso la realizzazione di ciò che ci eravamo prefissati e forse anche di essere riusciti a riavvicinare a noi quella parte di soci reticenti al cambiamento. Il voto unanime dell’assemblea straordinaria, alla presenza del Presidente onorario, il compianto Pino Caricato e di

Il logo dell’Associazione Ornitologica Salentina

tutti i precedenti Presidenti ancora vivi, che nei 60 anni di vita dell’associazione ornitologica salentina si sono susseguiti, ha dato senso compiuto al nostro lavoro e ha messo in evidenza come la forza di un’associazione sta nei valori di appartenenza e di fidelizzazione dei soci, che nel tempo diventano amici di avventure ornitologiche e radicano nelle loro vite l’amore per ornitofilia in senso lato. Se da un lato quest’associazione ha avuto sempre grandi Presidenti, dall’altro dietro ogni grande Presidente, come mi sussurrò in assemblea il Presidente Cammarata Giuseppe, c’è sempre una grande assemblea dei soci! È difatti nella partecipazione attiva alle assemblee che si denota il vigore della passione, non per l’ornitologia sportiva in sé, ma per l’associazionismo che è strumento indispensabile alla nostra passione. È questo uno degli insegnamenti più importanti che abbiamo ricevuto da coloro che ci hanno preceduti e che speriamo di trasmettere! Le nostre esortazioni a partecipare all’assemblea non sono funzionali solo all’approvazione dei bilanci, ma vogliono essere l’invito a sentirsi veramente protagonisti di una “comunità funzionale” al nostro hobby, perché un’associazione non è e non deve essere un’agenzia di servizi dove il Presidente è l’amministratore delegato, ma un gruppo di appassionati la cui sovranità del pensiero assembleare deve essere il faro dell’opera di ogni corpo dirigente.

Un momento di aggregazione dei Soci A.O.S. dal giudice Baglivo

Cardinalini del Venezuela Lucherini petto nero Xantogaster Lucherini testa nera ancestrali e mutati Tel. 338.3161496

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CRONACA

Blanque mon amour testo e foto di GIUSEPPE NASTASI

A

llevo uccellini da più di 40 anni ma quello che mi è capitato un po’ di tempo fa ha qualcosa di veramente straordinario. Nel mio paesino una coppia di sposi ebbe “l’originale idea” di far volare all’uscita della chiesa quattro bellissime colombe di razza KING, per intenderci quelle meravigliose bestiole con un portamento altero e bellissimo. Veramente uno spettacolo vedere quelle colombe volare… ma che fine faranno quelle bestiole una volta involatesi? Sicuramente la stessa fine che fa un canarino scappato via: o viene mangiato da un gatto o semplicemente muore di fame perché non sa come procacciarsi il cibo. Il giorno dopo il matrimonio andai nel chiosco dove di norma vado a prendere il caffè e notai sul tetto una di quelle colombe involatesi il giorno prima al matrimonio; la guardai incuriosito e chiesi alla signora del bar se avesse notato

“Blanque” fotografata dall’autore

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quella colomba sul tetto. Lei mi rispose di si, anzi mi disse: “gli ho dato delle patatine ma non ne ha mangiata neanche una”. Corsi subito a casa per andare a preparare un mix di avena, farro e mais tritato; tornai al chiosco e offrii quel cibo alla colomba che, immediatamente, si precipitò e fece una grossa scorpacciata di quel misto da me propinato. Il giorno dopo tornai al chiosco e trovai quel bell’esserino sul tetto; mi diressi subito in macchina, presi quel mix di semi, glielo offrii e lei nuovamente si precipitò a mangiare. I giorni passarono e io puntualmente trovavo la colomba sul tetto del chiosco; gli offrivo da mangiare e lei prontamente faceva largo uso del cibo da me preparato. Dopo qualche mese mi accorsi che la colomba, appena mi vedeva arrivare con la macchina, scendeva dal tetto del chiosco, si metteva nell’angolo dove di solito le davo il cibo e si metteva a tubare avvi-

Puntualmente trovavo la colomba sul tetto del chiosco; gli offrivo da mangiare e lei faceva largo uso del cibo cinandosi a me senza paura; a quel punto cercai di accarezzarla e lei si è fece sfiorare il becco. Con il passare dei giorni, la storia si ripeteva immutata: arrivavo con la mia auto, lei mi vedeva, immediatamente andava nel “nostro” angolino e si metteva a tubare. Io gli porgevo il cibo e, mentre mangiava, io la accarezzavo dolcemente. Improvvisamente, un giorno, mentre la stavo accarezzando, lei con il suo becco mi sfiorò le mani. Questa bestiolina diventò la mascotte di tutta la clientela del chiosco, sebbene non si facesse avvicinare da nessuno tranne che da me. Tutti provavano ad accarezzarla, ma lei prontamente scappava: io ero il prescelto anche perché ero l’unico a darle sempre il cibo. Un giorno a sorpresa non la trovai: chiesi alla signora, nessuno sapeva dove fosse finita quella colomba. Il giorno dopo niente, lei non c’era… Il terzo giorno me la ritrovai lì, al solito posto: lei si precipitò verso di me, mettendosi sulle mie spalle a tubare continuamente. Le porsi il cibo, lei mangiò, solite carezze, solite beccate alle mie mani: era tornata. Mi fermò un signore di nazionalità rumena che mi confessò: “Sai che avevo catturato la colomba? L’ho portata a casa, gli ho messo da mangiare quello che gli dai tu ma lei per due giorni non ha toccato cibo. Stamattina ho visto che era un po’ malandata e l’ho liberata: come


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sta adesso?” “Bene” - gli dico - evidentemente si è vista chiusa in una gabbia, io non c’ero e lei si è depressa. Ormai si è abituata a stare fuori e ad avere il mio cibo quotidianamente”. Un giorno mi recai come sempre al chiosco e trovai una sorpresa: insieme a lei c’era una colomba selvatica… lei me la presentò ma questa scappò immediatamente. Evidentemente aveva trovato un amico. Passarono tanti giorni, sempre la stessa storia: carezze, bacini, era sempre più felice della nostra amicizia. Un giorno a sorpresa me la trovai davanti insieme a due colombine: mi fece le fusa come al solito e mi presentò i suoi figli. Erano due meticci bianchi e grigi che lei fece mangiare per primi, poi mangiò anche lei. Cercai di accarezzare i due colombini ma questi scapparono senza indugio. Per alcuni giorni la famiglia si presentò alla mia offerta di cibo: queste due colombine erano certamente meno timorose ma non si facevano avvicinare più di tanto. Questa storia durò per circa due anni, quando un giorno arrivai al chiosco e trovai la colomba sul tetto. Lei si avvicinò e mi accorsi che qualcosa non andava: stava palesemente male. Cercai di prenderla ma quel giorno per la prima volta non si fece avvicinare. Tentai più volte di prenderla per portarla a casa e provare a curarla, senza riuscirci; non mangiò per tutto il giorno e, la sera, mi volò sulle spalle per darmi una decina di baci, cosa che non aveva mai fatto prima, per poi volare via e non vederla più. Blanque (così la chiamai) andò a morire in qualche angolo ma, prima di andare all’aldilà, mi volle comunicare la sua gratitudine con quei bacini che non dimenticherò mai. Ho avuto due cani prima di avere quello che ho oggi: tutti e due sono morti di vecchiaia ma nessuno dei due mi ha salutato prima di andarsene. Blanque, invece, un uccellino, mi salutò come se avesse voluto dirmi: “non ti dimentico, ci vedremo sicuramente qualche volta in un altro mondo”. Vi confesso che sto scrivendo senza vedere quello che scrivo, perché ho gli occhi pieni di lacrime.

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O rniFlash Senza turisti, pinguini e cormorani riconquistano il loro habitat

News al volo dal web e non solo

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l 2020 è stato un anno fuori dalla norma anche alle Galapagos, le isole del Pacifico note per la loro incredibile varietà di specie animali (dalle iguane marine, agli albatros, alle tartarughe giganti). Proprio la natura, ora che il turismo internazionale è pressoché paralizzato a causa dell’emergenza sanitaria, si sta riprendendo i suoi spazi. Quest’anno la popolazione di pinguini delle Galapagos (Spheniscus mendiculus) si è attestata sui 1.940 esemplari: bisogna tornare indietro fino al 2006 per trovare un numero così alto. Sono invece 2.290 i cormorani atteri delle Galapagos (Phalacrocorax harrisi). Un record assoluto fin dal 1977, anno in cui è stato avviato il programma di monitoraggio. Sicuramente la rinascita di pinguini e cormorani proprio nell’anno del coronavirus, che ha pressoché azzerato il traffico aereo per mesi, può dare una parziale risposta a questo fenomeno. Il secondo motivo è legato al clima. Stando alle rilevazioni della Noaa, l’Agenzia americana per gli oceani e l’atmosfera, quest’anno la zona è stata interessata da La Niña, un fenomeno che provoca il forte raffreddamento della superficie dell’Oceano Pacifico equatoriale. In pratica si tratta dell’opposto rispetto a El Niño. Un contesto molto favorevole per le specie marine, spiegano i ricercatori, auspicando che l’attuale trend positivo possa continuare. Fonte: https://www.lifegate.it/galapagos-pinguini-cormorani Foto: Adavyd/Wikimedia Commons

C

Com’è fatto il cervello di un uccello?

omportamenti complessi e pensiero cosciente: secondo un gruppo di ricercatori tedeschi gli uccelli non sono affatto “stupidi” come pensiamo. Anzi, potrebbero avere tante abilità nascoste. Avere un cervello di gallina potrebbe diventare persino qualcosa di cui vantarsi, e non più una presa in giro. Per quanto piccolo, infatti, l’organo cerebrale degli uccelli non è affatto limitato o meno dotato di quello di molti altri animali comunemente reputati più intelligenti. A dirlo sono le ultime novità pubblicate da due team di neuroscienziati tedeschi, uscite nelle scorse settimane su Science, che hanno messo a nudo l’attività del cervello di questa classe di esseri viventi. Scoprendo, di fatto, che ha in comune con quello dei primati (come il nostro) molto più di quel che pensavamo. La corteccia cerebrale degli uccelli, hanno rilevato i ricercatori, è organizzata in modo molto simile a quella dei mammiferi, il che spiega come mai alcuni esemplari – come per esempio pappagalli e corvi – siano in grado di assumere comportamenti complessi. Ma non solo: l’ipotesi avanzata dagli studiosi è che alcuni uccelli possano essere capaci persino di pensiero cosciente. Fonte: https://www.wired.it/scienza/ecologia/2020/10/29/ cervello-uccelli-complesso/?refresh_ce= (Credit video: Science Magazine)


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O rniFlash U

no studio combinato dell’Università di Bristol e del Royal Veterinary College ha evidenziato come gli uccelli riescano a mantenere stabile il loro volo anche se colpiti da raffiche di vento molto forti. Anche quando, per esempio, gli uccelli volano in picchiata per raggiungere una preda o stanno atterrando riescono a fronteggiare raffiche di vento improvvise ed eseguire la loro azione senza alcun pericolo. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Proceedings of the Royal Society B e la protagonista di questo documento è una simpatica barbagianni di nome Lily. L’uccello, altamente addestrato e abituato a trovarsi in contesti con tante telecamere e tante luci, è stato così messo in una struttura ad hoc, con tante telecamere in modo che il suo volo potesse venire ripreso. Per raggiungere il premio, del cibo, l’uccello doveva volare attraverso il vento avverso generato dalle ventole. Attraverso questo studio si è capito che il segreto del volo stabile, nonostante le condizioni avverse, era all’interno delle ali. Le ali rappresentano il 10% del peso dell’animale e questa massa assorbe l’energia delle raffiche contrarie. In un punto ben preciso delle ali la forza contraria si annulla del tutto e questa energia avversa, quindi, non raggiunge il resto del corpo. Successivamente, altri processi dell’animale vanno a compensare le raffiche avverse garantendogli un volo sicuro e preciso anche in condizioni decisamente avverse. Fonte: https://tech.everyeye.it/notizie/come-uccelli-mantengono-stabilitaforti-raffiche-vento-475922.html

Scoperti in Antartide i fossili di uccelli giganti come l’albatros

V

ivevano in Antartide, avevano un’apertura alare di circa sei metri e mezzo, uno spaventoso becco dentato e somigliavano ai moderni esemplari di albatros, le cui ali non superano i 3,5 metri: sono tra i più grandi uccelli fossili mai rinvenuti. Risalenti a circa 50 milioni di anni fa, appartengono a due gruppi di volatili giganti. È quanto emerge dallo studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports dai ricercatori dell’Università della California, a Berkeley, del Museo di storia naturale di San Diego e dell’Accademia cinese delle scienze, a Pechino. L’analisi dei fossili, appartenenti alla famiglia dei cosiddetti pelagornitidi, la stessa dei pellicani, spiegano gli autori della ricerca, indica che il cranio doveva essere lungo circa 61 centimetri e la mascella 13, con file di denti aguzzi, ognuno dei quali lungo poco più di 2,5 centimetri. “ La scoperta dei nuovi fossili - spiega Peter Kloess, dell’Università della California, a Berkeley - mostra che questi uccelli si sono evoluti fino a raggiungere dimensioni davvero gigantesche in tempi relativamente brevi dopo l’estinzione dei dinosauri, sorvolando gli oceani per milioni di anni”. Fonte: https://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/ragazzi/news/2020/11/02/scoperti-in-antartide-i-fossili-di-uccelli-giganti-come-lalbatros_ ba80e013-626c-426e-92fa-05c91c4b3205.html

News al volo dal web e non solo

Come gli uccelli mantengono la stabilità in volo

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ALIMENTAZIONE

Le Cucurbitacee e la muta nel Canarino Correlazione tra “principi attivi” e “piumaggio” testo e foto di PIERLUIGI MENGACCI

Premessa Durante i mesi di reclusione forzata, causata dal Coronavirus, ho dedicato del tempo a riordinare le paginette dei miei appunti “orto-ornitofili” e quelle scritte per il Corso Allievi Giudici che, come Insegnante per la sezione Canarini di Colore, ho tenuto a Pesaro nella primavera-autunno 1988 presso la sede dell’A.P.O. a cui partecipò, con interventi illuminanti sulla genetica, l’amico Giovanni Canali. Quanti bei ricordi… e quanto ho appreso anch’io dalle sue puntigliose e precise lezioni!

Novelli in muta nella penombra della voliera

Dal quaderno dei miei appunti orto-ornitofili e non solo

Ricordo in particolar modo la lezione di Giovanni sui loci, crossing-over, linkage, vicinanza dei geni, in cui si parlò del-

le difficoltà che avevamo entrambi nel trasferire l’avorio da un tipo di canarino ad un altro, cosa che mi diede lo spunto per redigere un articolo sul mio lavoro di trasferimento dell’avorio rosa dall’agata all’isabella, pubblicato su I.O. e che fu richiamato dal Prof. Zingoni nel suo libro “Canaricoltura”. A conclusione di detto articolo ho scritto: “…Ma allora è proprio vero che il locus dei geni responsabili dell’avorio rosa e dell’agata (correggo un “lapsus calami” di allora, segnalatomi da Giovanni, in quanto il gene avorio è vicino al bruno) è così vicino che è praticamente quasi inscindibile e non trasferibile nell’isabella?! A tutt’oggi, e dopo quattro anni, nel mio allevamento sembrerebbe proprio di sì e tutto ciò ad avvalorare quanto scritto dall’amico Giovanni, (riferito ad un suo articolo pubblicato su I.O.n.10/1917- limitato crossing-over dell’avorio nell’isabella) a cui vanno i miei più sentiti auguri e ringraziamenti.” Bando alle ciance, come dicono in Toscana; ma è sempre un piacere ricordare gli amici. E veniamo all’argomento del Titolo. Nella rilettura di alcuni trattati, ho trovato molto interessanti e tuttora attuali gli scritti sulla “Muta del Canarino” e quelli sulle “Cucurbitacee”, in quanto, a mio avviso, può esserci correlazione tra i principi attivi dei frutti di queste piante erbacee e il rinnovo delle penne dei volatili, che di seguito espongo.

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Partiamo dalla muta Si sa, la muta (più appropriato linguisticamente “muda”, come ha scritto lo scomparso prof. Zingoni nel suo libro “Canaricoltura”, nel quale, come ho già detto, sono onorato di essere citato nella bibliografia per un mio articolo pubblicato su I.O. nel 1988 n.8/9 dal titolo “L’importanza del locus nel crossing-over”) è il rinnovamento stagionale del piumaggio degli uccelli che avviene con la caduta spontanea delle penne e la loro ricrescita, alla fine del periodo riproduttivo, coincidente, per il Canarino, nei mesi che vanno da Luglio a tutto Settembre e in alcuni casi anche Ottobre. La fine della fase riproduttiva viene

lo). Una intensa attività dell’ormone tiroxina stimola la consumazione di ossigeno e le papille delle penne durante la muta (caduta delle vecchie penne e fuoriuscita delle nuove). Durante la muta i volatili sono sterili e i maschi non cantano.” Questo processo naturale determina la muta. Tralascio la descrizione delle caratteristiche del piumaggio e la topografia degli uccelli (oggetto di una lezione del suddetto corso) e rimando gli eventuali interessati al volume “Canaricoltura” del Prof. Zingoni, dove sono ottimamente descritti: volume che non dovrebbe mancare nella libreria di qualsiasi allevatore di canarini!

Riproduttori a fine cove nella penombra della Voliera per la Muta

determinata dal fotoperiodo naturale, ambientale o artificiale (riduzione delle ore di luce), e fa iniziare quella del ricambio delle penne (muta nei volatili). A tal proposito il Prof. Giorgio De Baseggio, nel volume Campioni e Razzatori (che riporto integralmente) ha scritto quanto segue: “Al termine delle cove diminuisce l’attività delle gonadi (ovaie e testicoli): una minore quantità di estrogeni (ormoni femminili) e di testosterone (ormone maschile) nel sangue viene accentuata da un aumento della quantità dell’ormone “tiroxina” (T) prodotto dalla tiroide, a sua volta stimolata dall’ormone T.S.H. prodotto dall’ipofisi (ghiandola del cervel-

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La Muta, in linea generale, dura circa due mesi o poco più. L’ipofisi (ghiandola endocrina) svolge svariate funzioni, tra le quali l’aumento del flusso sanguigno alle papille poste alla base di ciascuna penna che stimolano i follicoli alla formazione di nuove penne e piume e che, crescendo, espellono dal follicolo le vecchie penne facendole cadere. Nei volatili si verificano inoltre false mute e mute primaverili; le prime dovute a scompensi vari (ormonali, ambientali, alimentari, malattie ecc.) e le seconde, con perdita di alcune piume, con l’avvicinarsi della stagione produttiva. Ma la muta del piumaggio in senso

lato non avviene per tutti i volatili allo stesso modo. Infatti, novelli, adulti e vecchi hanno tempi e modalità differenti per il ricambio delle penne. Apro una parentesi per riportare quanto mi diceva il buon Sergio Renzoni (Pace all’anima Sua) che fu Segretario dell’APO PESARO, durante la mia Presidenza, parlando di selezione dei riproduttori: - “Come faceva mia nonna per i polli e le anatre, do sempre la precedenza agli “Agostinelli” (così chiamava i canarini nati in Agosto), perché anticipano la muta rispetto ai fratelli nati nelle precedenti covate e le femmine sono brave ovaiole.” - muta nei novelli: I giovani dell’annata mutano non prima di 40 giorni dalla nascita e rinnovano solo le penne tettrici e copritrici, ad esclusione di timoniere e remiganti primarie e secondarie, nonché le grandi copritrici delle primarie, (salvo che non siano stati spiumati dai genitori, cadute accidentalmente o oggetto di “pica”). Le prime penne (piume) che vengono mutate sono quelle delle così dette spalline, le ultime quelle della testa. Durante questo periodo, i maschi iniziano a gorgheggiare, affinando il canto a muta terminata. - muta negli adulti: Il ricambio delle penne per gli adulti è totale ed avviene subito dopo aver portato a termine l’ultima covata. Non tutti i canarini entrano in muta contemporaneamente e la sua durata può variare da volatile a volatile. Qualche allevatore, per stimolare la muta, strappa alcune remiganti e timoniere a riproduttori restii ad abbandonare le cove o per anticiparne l’abbandono. - muta nei vecchi: i canarini “vecchi” (dai tre anni in poi), generalmente hanno una muta difficoltosa, causata o dalla mancata ricrescita di alcune penne, o dal prolungarsi della crescita delle nuove, o dalla eventuale comparsa di “lumps”. Ho riscontrato che alcuni canarini più invecchiano e più presentano un piumaggio “arruffato” e “spennacchiato”, come se la muta non terminasse mai. Va detto poi che per sollecitare la muta negli adulti e vecchi,


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oltre a strappare alcune remiganti e timoniere, alcuni allevatori sottopongono il volatile ad abluzioni continue spruzzando acqua calda più volte al giorno.

fornire un’alimentazione leggera, ma nutriente, ricca di vitamine, sali minerali e modiche quantità di proteine e lipidi (come riportato nel citato libro del prof. Zingoni) per sopperire ad un aumentato metabolismo e ad un incremento della domanda di principi attivi. Il commercio ci fornisce semi e pastoncini testati per le varie fasi della vita dei nostri volatili, consigliando vari “nutrienti” integrativi e di aggiungere questo o quel medicinale o integratore chimico anche per il periodo della muta. Non contesto e non sono contrario… ma mi son sempre detto: perché non cercare “quei nutrienti” in natura, nelle verdure, frutta, semi immaturi, ecc. per integrare la normale razione di semi e pastoncino? Ed ecco che le Cucurbitacee, di cui ho già pubblicato alcuni articoli su I.O. (La zucca e Semi di Zucca (marzoott.2016), il cetriolo (dic.2018), mi sono state di aiuto, assieme ad altre verdure, nella delicata fase della muta, in sostituzione di preparati chimici, in quanto sono ricche di valori nutrizionali. Oltre ad una grande quantità di acqua (ottima azione idratante, depurativa) e ad un ridotto apporto di calorie, in tutte le Cucurbitacee e particolarmente nei semi

Attenzioni e accorgimenti durante la muta Durante questo processo biologico (muta) l’organismo del volatile adulto, dopo aver effettuato sforzi per la procreazione e svezzamento dei nidiacei, sopporta un ulteriore sforzo molto particolare per il ricambio delle penne ed ha bisogno di particolari attenzioni e accorgimenti da parte dell’allevatore. Anche i novelli che provengono dall’abbandono dei genitori e che da poco hanno iniziato ad alimentarsi da soli, si trovano in uno stato di stress dato anche dall’insieme dei nuovi compagni e dallo sforzo per rinnovare il piumaggio da nido, e pertanto necessitano, come gli adulti, di particolari attenzioni per tutelarne la salute. È altresì risaputo che la muta debilita molto i nostri volatili ed è anche causa di alcune morti, soprattutto fra i soggetti più deboli, malaticci e vecchi. Allarmiamoci il giusto: possiamo dire che la muta funge anche da selezione! Le attenzioni a cui mi riferisco, come ogni allevatore dovrebbe sapere, a tutela della salute dei volatili, sono la cura e pulizia degli alloggi, la temperatura e ventilazione degli Fonte: www.il calendariodellorto.com ambienti, il bagnetto con acqua ed aceto di mele o bicarbonato (antiparassitari e antibatterici naturali), la fotosensibilità (penombra e non esposizione diretta ai raggi solari), visite limitate alla sola pulizia dei locali e alimentazione dei volatili (persone estranee e rumorose possono creare panico con caduta accidentale di timoniere e remiganti), ma soprattutto l’alimentazione deve avere una particolare attenzione. E qui subentrano anche le Cucurbitacee. Le Cucurbitacee, fonte di Sali minerali, vitamine e… antistress È risaputo che durante la muta e ricrescita delle penne si debba

troviamo un’abbondate presenza di vitamine A, B, C, E, sali minerali e aminoacidi essenziali, indispensabili durante questo periodo critico. La paginetta allegata, tratta anni orsono da “Il calendario dell’orto”, riassume in modo perfetto tutti i “Poteri delle Cucurbitacee”; poteri che si possono tranquillamente adottare anche per i nostri volatili. Una fettina a giorni alterni di ogni Cucurbitacea, con i suoi semini, (che i miei canarini consumano volentieri per intero), a seconda della varietà dei volatili allevati, oltre ad apportare benefici all’organismo, attenua lo stre ss della muta (il melone è giudicato un antistress per eccellenza), aiuta ad eliminare l’eventuale “pica” e a rendere il piumaggio più serico e brillante. Altro motivo per cui le Cucurbitacee sono utili durante la muta è il contenuto di omega3 e omega6 (semi di zucca, zucchine, melone, cocomero) in quanto sono di aiuto nello sviluppo corporeo, ed in modo particolare nella formazione della cute (si dice che ”la pelle dovrebbe essere fine come un velo di cipolla”) e contribuiscono alla fuoruscita della penna dal suo follicolo. Aiutano altresì la pelle ed il piumaggio a limitare o ad eliminare i così detti “lumps”. Concludo dicendo che nel mio piccolo allevamento di canarini di colore ho potuto verificare, nel corso degli anni, “questa correlazione” tra Cucurbitacee e muta riscontrando che i riproduttori (adulti e vecchi), ed in particolare i novelli Canarini presentano, a fine ricambio delle penne, non solo ai miei occhi, un piumaggio più serico e compatto, ed una varietà decisamente più brillante, qualità riconosciute anche nel giudizio in manifestazioni ornitologiche cui ho partecipato. Aggiungo infine che, fra le verdure, la più indicata durante la muta, per l’alto contenuto di betacarotene e di O mega3, soprattutto per i Canarini a fattore rosso, è la Portulaca (vedi mio articolo su I.O. n.5-2015). Ad maiora semper!

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DIDATTICA & CULTURA

I Padri dell’Ornitologia italiana

Ercole Turati (Busto Arsizio, 1829 - Milano. 1881) di ROBERTO BASSO, foto ARCHIVIO CIVICO MUSEO DI STORIA NATURALE DI JESOLO

I

l Conte Ercole Turati, discendente da una nobile e facoltosa famiglia, si distinse nella vita come imprenditore e banchiere. Sin da giovinetto manifestò una non comune intelligenza e propensione per le scienze naturali e la passione per la caccia. Crescendo, egli dedicò il suo tempo libero dagli impegni politici e professionali ad una crescente passione per l’ornitologia.

Negli anni riuscì a costituire un’importante raccolta, inizialmente di uccelli lombardi e italiani, per poi svilupparla anche verso quelli europei

Negli anni riuscì a costituire un’importante raccolta, inizialmente di uccelli lombardi e italiani, per poi svilupparla anche verso quelli europei e successivamente provenienti da tutti i continenti. Iniziò così, nel 1844, a soli 15 anni, a raccogliere e catalogare specie rinvenute sul territorio lombardo; già nel 1869 erano 11.227 esemplari di 4.850 specie diverse; si pensi che erano i due terzi delle specie conosciute e studiate

Ritratto del Conte Turati eseguito dal pittore milanese Sebastiano de Albertis, conservato presso il M.S.N.M.

Busto in bronzo di E. Turati realizzato da Francesco Confalonieri ed esposto nel secondo piano del Civico Museo di Milano

all’epoca. Passò poi a 14.600 individui e 6.300 specie nel 1877 e ad oltre 20.000 esemplari e 7.000 specie nel 1880. Poco prima della sua dipartita la collezione raggiunse i 20.661 esemplari appartenenti a 2.291 generi e circa 7.200 specie, a cui vanno aggiunti 700 scheletri montati e smontati e numerose pelli per studio di uccelli in livrea giovanile o tran-

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sitoria. Negli ultimi anni della sua vita il Turati acquistò intere raccolte direttamente da tassidermisti e affermati naturalisti ma anche da avventurieri dell’epoca, che erano soliti effettuare viaggi esplorativi o commerciali nel continente africano, in Asia e nelle Americhe, senza trascurare il fatto che il Turati fece diverse spedizioni mirate per la raccolta di esemplari in varie località italiane. Negli anni, con metodica pazienza, costituì anche un’importante biblioteca ornitologica multilingue. Seppe inoltre stringere importanti contatti, che si dimostrarono utili per scambi di esemplari, con i maggiori musei e collezionisti della seconda metà dell’Ottocento. Il Turati nel 1881 morì; gli eredi decisero poi di donare quell’immenso patrimonio naturalistico e scientifico alla città di Milano: correva l’anno 1884. All’atto della donazione fu sancito l’obbligo da parte della municipalità di adoperarsi in merito alla conservazione e valorizzazione di detto patrimonio; la risposta fu rapida e risolutiva, con l’assunzione come curatore del Dott. Ernesto Pelitti, zoologo e ornitologo, già uomo di fiducia dello stesso Turati. Seguirono nomi illustri come i curatori e direttori Giacinto Martorelli ed Edgardo Moltoni: quest’ultimo sino al 1980 vigilò, con dedizione e competenza, su quel patrimonio. Il Comune di Milano, resosi conto dell’importanza di questa collezione, nel 1892 fece progettare e diede avvio alla

Nella collezione E. Turati donata al Museo di Milano era anche presente uno splendido esemplare di Alca impenne, specie estintasi nel 1852

realizzazione della prima struttura in Italia architettonicamente funzionale per un museo naturalistico; lo stesso fu inaugurato il 18 aprile 1898 alla presenza dell’allora Sindaco Giuseppe Vigoni, di tutti i parenti del Turati e di molte personalità scientifiche dell’epoca. È certamente corretta l’affermazione secondo cui Civico Museo di Storia Naturale di Milano, oggi una delle strutture più importanti d’Europa per la mole di collezioni di studio in esso contenute, sia sorto grazie alla prima donazione offerta dal Conte Ercole Turati e più precisamente dalla sua collezione ornitologica.

Facciata principale del M.S.N.M., museo istituito grazie alla donazione della collezione ornitologica Turati

Purtroppo, nel 1943, durante la Seconda Guerra Mondiale, un bombardamento provocato da un raid aereo distrusse gran parte del Museo e dei suoi contenuti: circa il 50% della collezione Turati andò distrutta e la restante parte si salvò grazie agli sforzi profusi dall’allora Prof. Edgardo Moltoni che per giorni, instancabilmente, trasse dalle macerie quanti più soggetti possibile. Ercole Turati ebbe due fratelli: Ernesto, che realizzò un’importante raccolta di nidi e uova degli uccelli lombardi, e un altro fratello, Vittorio, fotografo pioniere che ideò nuovi processi di stampa a colori con tonalità diverse, che vennero chiamate synchromie. Si pensi che le tavole a colori illustrate da Giacinto Martorelli inserite nel suo famoso e raro volume del 1895 “Monografia Illustrata degli Uccelli di Rapina in Italia” usufruirono di questa pionieristica tecnica di stampa. Non trascurabile è il fatto che diverse specie e sottospecie scoperte dal Turati portano a tutt’oggi il suo nome. Il figlio Emilio Turati riunì anche una pregevole collezione entomologica di studio, soprattutto di farfalle diurne. Nel centro della città di Milano vi è un palazzo di famiglia che porta il loro nome. All’interno del Museo di Storia Naturale di Milano, al secondo piano, dove nel 1896 furono collocate le sue collezioni, la città incaricò il noto scultore Francesco Confalonieri di realizzare, in sua memoria, un austero busto bronzeo, ancora oggi ivi custodito.

Una delle tante sale del Palazzo Turati in Via Meravigli a Milano, in cui nacque e fu custodita la sua collezione ornitologica

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I passeri non rispondono al cellulare di DINO TESSARIOL

Lettere in Redazione

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urtroppo, tutti dobbiamo riconoscere amaramente che la sparizione dei passeri non è una nuova invenzione di certi ecologisti cittadini, ma una realtà con la quale dobbiamo tristemente convivere. Da almeno dieci anni la popolazione di passeri del Nord Italia è praticamente sparita, con qualche derelitto superstite che rimane nelle zone rurali ed intorno ai pollai di periferia. Stessa sorte, ed anche maggiormente cruenta, è toccata alle popolazioni di Passera mattugia, che era presente sia nell’ambiente cittadino che in quello agricolo, anche con un numero di effettivi superiore a quello della Passera d’Italia. Esperti e non, tutti hanno voluto dichiarare le cause di questo rapido declino che, fino a qualche tempo fa, potevano essere così sinteticamente riassunte: - espansione delle popolazioni di Cornacchia, Ghiandaia e Gazza, naturali predatori dei passeri; - competizione con gli Storni per i siti di nidificazione sotto le tegole delle case; - calo dei siti di nidificazione a causa delle nuove tecnologie edilizie, quali i ganci sui coppi e le barriere para- passero; - raccolta dei rifiuti differenziata e col metodo porta a porta, che non disperde più nulla di commestibile per gli uccelli su strade, vie e piazze. Ma qualche serio studioso non si è accontentato della generalità di queste casistiche e si è preso a cuore l’argomento; dopo studi, osservazioni, consultazione di esperti e diversi esperimenti, qualcuno è arrivato ad una conclusione cui nessuno aveva fino ad ora accennato. Come stabilisce lo studio “Report Impacts comunication tower on wildlife including birds and bees” (Segnalazione degli impatti delle torri di comunicazione sulla vita degli animali tra cui uccelli e api) a cura di Thorsten Ritz, professore di fisica ed astronomia nell’Università della California e altri, sembra proprio che siano le onde elettromagnetiche dei cellulari, ripetute dalle antenne che ormai sorgono un po’ dappertutto, ad aver decimato le due specie di Passero. Gli studi hanno compreso dei censimenti in zone densamente interessate dalle comunicazioni radio ed in quelle dove le onde erano molto scarse; ebbene, i risultati sono stati chiari: nelle zone meno inquinate da fonti elettromagnetiche i passeri c’erano ancora, contrariamente alle zone ad alta intensità di onde radio, dove gli uccelli erano spariti.

Oltre a questa evidenza, sono stati studiati gli effetti delle onde elettromagnetiche sulla schiusa delle uova di questi uccelli che solitamente nidificano sotto le tegole delle case. Qui la risposta è stata netta: l’aumentare della presenza e dell’intensità delle onde provocava la mancata nascita delle uova nei nidi, seppur regolarmente fecondate. La scoperta, se da un lato chiarisce una volta per tutte le cause della sparizione repentina dei passeri, dall’altro provoca un vero e proprio allarme e gli studiosi stanno già cercando riscontri anche in altre specie di uccelli. Ma la domanda che noi amanti degli uccelli ci poniamo è questa: come fare a tornare indietro per ripristinare l’equilibrio alterato con il massiccio uso dei cellulari e delle trasmissioni radio e televisive? Chi di noi, per amore degli uccelli, rinuncerebbe al suo telefonino o a guardare la televisione? Forse l’uno per cento, non di più! Sono ormai abitudini e conquiste acquisite, cui nessuno vuole rinunciare. Allora rimarremo senza passeri e, probabilmente, senza tante altre specie di uccelli influenzate negativamente dal dilagare delle moderne tecnologie e, con tristezza, racconteremo ai nipoti che “una volta c’erano i passeri”, sperando che l’effetto negativo delle onde elettromagnetiche non interessi, prima o poi, anche la nostra specie, altrimenti a chi racconteremo la favola del passero perduto?

Particolare della testa di un maschio, fonte: www.wikipedia.org, autore: Claudio Gennari


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Attività F.O.I. Sintesi verbale del consiglio direttivo federale del 22 agosto 2020 (La versione integrale è pubblicata sul sito www.foi.it/verbali) Il CDF esamina il verbale del ODG del 25 luglio 2020 e ratifica le seguenti modifiche: - standard e scala valori per la razza Fife Fancy; - standard e disegno per la razza Lancashire; - scheda e scala valori per la razza Gloster Fancy; - disegno Razza Spagnola. - articolo 22 R.G.M., il cui testo a seguito delle integrazioni proposte sarà il seguente: “In caso di irregolarità riconosciute all’ingabbio, il Comitato Organizzatore dovrà escludere il soggetto dalla manifestazione. Se le irregolarità saranno rilevate durante o dopo il giudizio, il Comitato dovrà, in ogni caso, escludere i soggetti dalle classifiche e dalla premiazione. Nel caso l’irregolarità sia considerata dolosa, cioè nel caso di provata frode intesa ad ingannare il Comitato Organizzatore od il Giudice, l’esemplare dovrà essere eliminato da qualsiasi classifica o premio. Le infrazioni dolose ed espressamente palesi, rilevate durante il giudizio, dovranno essere verbalizzate e sottoscritte dal Responsabile di Giuria, dal Giudice interessato e dal Direttore Mostra. Gli atti relativi dovranno essere inviati alla Segreteria FOI per l’adozione dei conseguenti provvedimenti disciplinari. Elenco delle infrazioni dolose: a. esposizione di soggetti adulti non previsti dalle classifiche ufficiali FOI, calzanti anelli non colorati (acciaio) oppure dello stesso colore dell’anno corrente ma effettivamente di anni precedenti; b. esposizione di soggetti con RNA di altro allevatore; c. esposizione di soggetti calzanti anelli con diametro superiore al massimo consentito; d. anellini manomessi; e. qualsiasi manomissione atta ad alterare le caratteristiche del fenotipo del soggetto; f. esposizione di soggetti calzanti due anelli recanti RNA diversi, ad esclusione di quei casi in cui questi ultimi risultino intestati a familiari conviventi; g. esposizione di soggetti calzanti due anelli di diversa annualità, sia recanti RNA diversi, sia recanti RNA del medesimo allevatore. Sancisce il criterio della inamovibilità, precisando che l’inanellamento con anello di diametro inferiore non è da considerarsi irregolarità né segno di riconoscimento. Si precisa che le eventuali infrazioni riguardanti la regolarità degli anelli devono essere segnalate dal Giudice al Responsabile di Giuria, che procederà alla verifica di quanto segnalato, esclusivamente, con il Direttore mostra.”. Conseguentemente anche l’art. 45 R.G.M. dovrà essere modificato, il testo sarà il seguente: “Il Giudice deve astenersi dall’iniziare o proseguire il giudizio: a. di soggetti appartenenti a specie o razze per le quali non è abilitato; b. di soggetti appartenenti a specie o razze non previste a concorso;

c. di soggetti che riportano segni di riconoscimento (doppio anello recante medesimo RNA o se diverso appartenente a familiare convivente, oppure anello colorato di anni precedenti non previsti nelle classifiche ufficiali FOI); d. di soggetti con mancanza di un arto, di una o più dita, di una o più unghie; e. di soggetti con cecità parziale o totale; f. di soggetti che presentano mancanza importante e/o comunque evidente di timoniere e/o remiganti; g. di soggetti che presentano cattive condizioni di salute; h. di soggetti con dita non prensili; i. in ambienti non idonei, o comunque con luce insufficiente o a temperatura inadeguata (per le razze da canto vale quanto disposto dal regolamento speciale); l. quando infrazioni regolamentari impediscano od ostacolino il suo operato. Al termine del giudizio il Giudice compilerà le classifiche ufficiali, secondo quanto stabilito dal regolamento-programma della manifestazione ed un verbale, in duplice copia, su modello federale, sul quale vanno annotati il numero dei soggetti giudicati per specie e categorie a concorso, quelli dichiarati primi classificati, eventuali infrazioni ritenute dolose nonché una relazione sull’andamento del giudizio. La consegna del suddetto verbale sancisce l’ufficialità e la chiusura delle operazioni di giudizio.”. - Varie ed eventuali - Il CDF delibera l’acquisto di n. 4 gazebo necessari per l’allestimento di eventi di diverso genere all’interno della sede di Piacenza. - Il CDF delibera l’istituzione di un riconoscimento ad allevatori, ad associazioni, a club di specializzazione, ad organi federali che annualmente si contraddistinguono per attività di eccellenza posta in essere nei vari ambiti federali. Il riconoscimento verrà attribuito dal CDF seguendo una turnazione. - Il CDF delibera l’acquisto di n. 1.000 (mille) POSATOI codice 1045 B bianco, n. 100 (cento) POSATOI A SBALZO 165 DM10 bianco, fornitura necessaria al completamento del parco gabbie occorrenti per il campionato Italiano. - In considerazione della complessa situazione determinata dall’emergenza sanitaria e della conseguente difficoltà per gli allevatori FOI di effettuare spostamenti per convogliare uccelli verso le esposizioni internazionali organizzate in altri Paesi europei ed anche in previsione di dover ospitare in Italia più Campionati Europei di Ornitologia già assegnati dalla COM a Mostre Internazionali che si terranno nella stagione 2021, il CDF delibera di: - rendere disponibile il furgone FOI per il convogliamento verso il 15° Campeonato Ornitologico Internacional C.O.M. do Atlantico del 23, 24 e 25 ottobre 2020 a Matosinhos per la partecipazione degli allevatori FOI ai Campionati Europei del Diamante di Gould e dell’Arlecchino Portoghese;

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Attività F.O.I. - qualora si dimostrasse insufficiente il volume di carico del furgone FOI ad ospitare tutti gli uccelli da convogliare, sottoscrivere una lettera di incarico alla persona fisica o giuridica che rendesse disponibile un proprio automezzo a titolo gratuito (sempre unicamente a titolo di disponibilità logistica); - raccogliere le schede di iscrizione degli allevatori interessati mediante invio sull’indirizzo di posta elettronica segreteria@foi.it; - raccogliere le quote di iscrizione degli allevatori mediante versamento delle stesse sul conto corrente bancario della FOI contraddistinto dalle seguenti coordinate, codice IBAN IT78W0623012608000000934757, Banca Crèdit Agricole Cariparma, AG. E, Filiale di Piacenza. Il CDF dispone altresì che le quote in denaro così come raccolte saranno devolute tal quale sul conto corrente bancario della FONP mediante bonifico. Non saranno accettati versamenti di quote in denaro contante. Le responsabilità inerenti il rischio del viaggio e del trasporto, nessuna esclusa ed eccettuata, sono a totale carico degli allevatori partecipanti, svolgendo la FOI unicamente attività di ausilio logistico.

La prima piattaforma di annunci on-line per lo scambio di uccelli da gabbia e da voliera, di attrezzature e accessori ornitologici OrniScambio è raggiungibile cliccando il banner sul sito

www.foi.it

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Il convogliamento sarà diretto e capeggiato dal Dott. Domenico Borrelli, Medico Veterinario e Presidente del Raggruppamento Regionale Campania. - Convogliamento Internazionale di Bari Il CDF, considerata l’anomala situazione venutasi a creare a causa dell’emergenza sanitaria e del conseguente annullamento di alcune mostre ornitologiche sul territorio nazionale, promuove le attività di convogliamento per agevolare la partecipazione degli allevatori alle esposizioni attualmente confermate. In quest’ottica, la F.O.I. - attraverso i suoi Raggruppamenti Regionali - sostiene le attività di trasporto e ingabbio/sgabbio dei soggetti iscritti a partecipare alla 19ma Mostra Internazionale del Mediterraneo, in programma dal 18 al 25 Ottobre 2020 presso la Fiera del Levante - Bari. Tutti coloro che fossero interessati a usufruire di tale servizio, sono invitati a contattare i rispettivi Raggruppamenti attraverso le proprie Associazioni di appartenenza, al fine di accordarsi sulle modalità di consegna e ritiro degli uccelli. Il servizio di convogliamento è offerto gratuitamente dalla Federazione Ornicoltori Italiani agli allevatori in regola con l’iscrizione alla F.O.I. per l’anno in corso.

La consultazione è abilitata a tutti, anche se non registrati

L’accesso per pubblicare gratuitamente le inserzioni è riservato in esclusiva agli allevatori in regola con l’iscrizione alla F.O.I. o accedendo dall’area InTRAnET FOI

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ITALIA ORNITOLOGICA - Anno XLVI - Numero 11 - 2020

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Rivista mensile di Ornitologia Scientifica - Tecnica - Pratica Organo Ufficiale della F.O.I.-Onlus

ANNO XLVI numero 11 2020

Estrildidi Fringillidi Ibridi

Zigolo dal petto dorato

Veterinario

Quando il problema è respiratorio

Canarini di Forma e Posizione Lisci

L’Irish Fancy

Canarini di Forma e Posizione Arricciati

Il Fiorino: taglia e lunghezza


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