CANARINI DI COLORE
Domande sul mosaico di GIOVANNI CANALI, foto E. DEL POZZO e ORNITOLOGIA LODATO
M
i capita di ricevere domande sul mosaico da parte di qualche allevatore. Non si tratta di domande sull’origine, argomento sul quale mi sono espresso più volte, ma sulle caratteristiche e sugli accoppiamenti. Talune ancora su concetti che dovrebbero essere ormai acquisiti, ma che evidentemente non lo sono per tutti. In ogni disamina bisogna partire dall’inizio, quindi dal canarino selvatico (non ancestrale, come si dice, visto che non è estinto). Tralasciamo il tipo (le melanine) e la varietà (i lipocromi o più precisamente i carotenoidi, in quanto tali) per considerare la categoria, vale a dire la distribuzione dei carotenoidi, nonché la struttura delle produzioni cutanee (penne, becco, squame ed unghie).
In ogni disamina bisogna partire dall’inizio, quindi dal canarino selvatico (non ancestrale, come si dice, visto che non è estinto)
Ebbene, il canarino selvatico come categoria è un brinato. Questo significa che i carotenoidi non raggiungono l’apice delle penne tectrici, tranne che in alcune zone dette di “elezione”. L’apice della maggior parte delle penne tectrici è quindi biancastro. Questo
apice biancastro ha fatto pensare ad un cristallo di brina, da cui il termine brinato. In altre lingue il brinato è chiamato in modo diverso, evidentemente altri popoli hanno avuto impressioni diverse; tali nomi sono ad esempio: schimmel e nevado. Quanto alla struttura delle produzioni cutanee, è presto detto, nel selvatico è normale. Si parla di struttura solo perché è avvenuta una mutazione straordinaria, direi unica, che altera la struttura delle produzioni cutanee e che è denominata “intenso”: questo perché il colore carotenoide è appunto più intenso. Il meccanismo consiste nel ridurre le produzioni cutanee: poco evidente sul becco, un poco di più sui piedi (squame ed unghie), evidente sulle penne ove si accorciano le barbe, ridu-
Coppia di canarini selvatici, fonte: canale Youtube Ornitologia Lodato
NUMERO 2 - 2021 53