Valsugana News n. 3/2020 Maggio

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In controluce di Veronica Gianelo

Un tempo nuovo: cosa me ne faccio? Tempo, una parola che oggi più che mai ci rimbomba nelle orecchie. Perché non ce n’è mai abbastanza, perché siamo presi da tante, troppe cose ogni giorno, e il tempo ci scappa, ci sfugge dalle mani; un’altra giornata arriva a termine e non ce ne siamo neanche accorti. “Ah, se avessi tempo…”, e si spengono luci e pensieri ed è già ora di andare a dormire.

N

on c’è tempo di chiederci chi siamo, o perché corriamo come i matti, non c’è tempo per chiederci “Ne vale la pena?”, non c’è tempo per un abbraccio, per un caffè che non sia al bancone, non c’è tempo per fermarsi a indovinare la forma delle nuvole. Carpe diem, direbbero gli antichi, cogli l’attimo, ma anche tempus fugit, il tempo fugge: chissà, forse erano confusi anche loro dalla misura del tempo, proprio come lo siamo noi? Perennemente tesi tra il desiderio di sfruttare al meglio le nostre giornate, di incastrare tutto, di vivere il momento per poterlo raccontare, e lo scorrere delle lancette che ci ricorda inesorabile che, mentre siamo impegnati a vivere e pensare, il tempo è già passato. E così questo carpe diem diventa quasi una minaccia, una corsa, l’unico traguardo possibile per sistemare la nostra vita. Eppure, forse, è proprio questa cognizione che abbiamo perso: il senso del tempo. E lo sapeva bene Zygmunt Bauman, che non ritrovava più l’uomo nel caos della modernità. Sappiamo dire cos’è importante? Sappiamo capire cosa merita più tempo e cosa meno? Sappiamo che il nostro tempo ha un valore? E soprattutto, sappiamo che, come suggerirebbe Tabucchi, il tempo invecchia in fretta? Sì, perché il tempo non passa ma invecchia, raggrinzisce, svanisce… È un tempo che passa,

tra sogni e incubi e poi si ferma, torna indietro e rende inquieto il presente, che torna a fuggire via. Eppure “c’è tempo, c’è tempo, c’è tempo”, cantava Fossati, talmente tanto che quando ce lo ritroviamo tra le mani… Non sappiamo cosa farcene. E diventiamo bambini, che davanti a un sacchetto di caramelle vivono delle piccole crisi esistenziali sulla scelta di quella da mangiare. Il momento storico che stiamo vivendo ci ha insegnato questo: rincorriamo in affanno il tempo, sospiriamo per averne un po’ di più, troviamo scuse per non impegnarci perché “tanto non ho tempo”, e quando all’improvviso ci viene regalato non sappiamo come gestirlo. Questa quarantena, questo #restareacasa, ci ha seduti di fronte al tempo. Tanto atteso, tanto desiderato, e ora? Alla fine questo tempo nuovo, questo tempo immobile spaventa, un po’ perché non l’abbiamo scelto, un po’ perché ci ha spiazzato. E allora c’è chi si rilassa, chi davvero riesce a riprendersi il proprio tempo, chi riscopre cose dimenticate, chi impara a giocare con i propri figli, chi a cucinare, chi a stare lontano da chi ama. C’è chi continua a farlo, chi dopo due giorni si stufa e non vede l’ora di uscire. C’è chi si ama, chi non si sopporta più, chi ogni giorno ringrazia. C’è un’Italia che riscopre il pane fatto in casa, un esercito di “copertina,

divano e film” che scopre di essere un atleta. C’è chi s’inventa un lavoro, chi un modo per strappare un sorriso. E si impara a disegnare, a contare, a dire “mi manchi”. Si riordinano cantine, si appendono fotografie, si impara che esistono altri modi di lavorare e che quel corso di aggiornamento sull’utilizzo del computer, forse, avrei dovuto seguirlo. Si sta su Zoom, su Facebook, si ha paura di restare tagliati fuori e di perdersi una diretta che t’insegni la vita. E allora le agende s’infittiscono di nuovo perché alle 8 c’è la colazione della famiglia felice, alle 10 c’è yoga alle 11 la seduta gratis online con il life coach, e di nuovo è già sera, ed è ora di spegnere luci e pensieri, e ancora non siamo riusciti ad acchiapparlo questo tempo. Ma allora che senso ha avuto tutto questo? Chiediamo che il mondo rallenti e poi, quando lo fa, corriamo per superarlo. Un tempo nuovo non è un tempo sprecato, e allora ecco che ci viene in aiuto la fisica che ci ricorda che il tempo è relativo, e ci insegna che non esiste un dentro o un fuori: siamo noi a decidere che valore dare al nostro tempo

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