#iorestoacasa di Patrizia Rapposelli
Italia tra pandemia e giovani irresponsabili Regole, moniti e moduli per limitare e controllare gli spostamenti dei cittadini. È questa l’Italia del Coronavirus. Il dieci marzo è entrato in vigore il decreto Dpcm “Io resto a casa” necessario a fronteggiare il virus che ha messo in ginocchio un Paese. Il nostro Paese.
I
l decreto chiedeva a tutti di stare a casa e uscire solo per ragioni motivate da comprovate esigenze. Nonostante questa sembri l’unica arma per far fronte ai numeri contagi, vittime e collasso del sistema sanitario, troppi sono stati i cittadini che hanno fatto i furbi e i maggiori beffardi sono stati i giovani. Il loro individualismo spesso non li ha fatti rinunciare alla quotidianità. Il problema globale sottovalutato e la fantasia onnipotente non hanno fatto pensare alle conseguenze. Quella del Covid-19 è pandemia; simile ad una guerra e il popolo è stato chiamato a servire la nazione. La chiave è il sacrificio: le abitudini devono essere cambiate e si deve rinunciare a qualcosa per il bene dell’Italia. La politica e la gente ha più volte parlato di trovare un buon equilibrio tra protezione della salute, riduzione al minimo delle perturbazioni economiche e sociali e rispetto dei diritti umani, ma troppo poco del senso di responsabilità. Molti cittadini hanno mostrato un forte senso comunitario nell’aiutare, nello scongiurare la paura e nel rispettare l’operato meraviglioso della sanità, ma tanti altri sono stati incuranti sia del senso civico che del rispetto delle regole. Pensieri positivi, messaggi colorati e di speranza, musica tra i balconi delle case per sentirsi abbracciati seppur lontani eppure la gravità del momento ha messo in evidenza un problema
significativo. Che i grandi stiano educando i giovani all’egoismo e a una non responsabilità comune? Non si deve tralasciare che in prima linea ci sono anche adulti irresponsabili. Il governo ha chiesto di stare a casa e di rinunciare, per un periodo, alla libertà personale, non è semplice, ma neanche impossibile, c’è chi sta facendo ben altri sacrifici. Da Nord a Sud questi noncuranti sfidano il contagio e l’hashtag #iorestoacasa ha faticato ad entrare in testa. Nasce una consapevolezza. Chiedere all’improvviso a un giovane d’oggi, cresciuto nell’individualismo, di aprirsi all’altro è fantasia; infatti questo è un percorso che bisogna iniziare da piccoli. Insieme alla drammaticità del momento affiora l’emergenza educativa degli ultimi tempi. I giovani sono i massimi esperti di relazioni sociali e di mondo digitale, ma ad oggi qualcosa non funziona. I ragazzi hanno bisogno di
“buoni esempi” e forse sono proprio questi a non funzionare. Il Paese chiede responsabilità reciproca, un patto tra generazioni in cui ognuno nell’urgenza viene chiamato a fare la propria parte. Gli adulti dovrebbero essere autorevoli e solidali, ma l’autorevolezza si conquista con la credibilità. L’Italia ai tempi del Coronavirus è un Paese che vive una tensione collettiva e questa mette in luce aspetti positivi e negativi. Da una parte la paura e la coscienza comunitaria crea sentimenti che aiutano a sistemare l’ordine logico dei valori e delle cose da scegliere : la gente partecipa in modo corale allo sforzo per uscire dall’emergenza Covid-19. Dall’altra risaltano giovani e non solo disattenti che dimostrano una povertà culturale di scarsa formazione morale. Alla fine di questa pandemia saranno molti gli aspetti che dovrebbero far riflettere.
augana
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