BREVI STORIE DI CIBO LENTO A VELOCITÀ CONTEMPORANEA
A ogge a otto di Alessia Morabito (illustrazioni di Alessia Serafini)
«D
iego vai giù?. «Sì». «Avrei voglia di cicoli». «Alè, è estate, non ci sono». È così che Diego infrange il mio sogno di pancia all’alba del suo rientro a Napoli per la pausa estiva. Siamo amici da 16 anni. «Alè só 17, uno più dell’anno scorso». Diego si chiama Diego prima che arrivasse Maradona al Napoli come fosse un segno premonitore. Ci siamo conosciuti in Toscana, a lavoro. Lui carogna in sala, io naïve in cucina. C’è bastato un mese di lavoro assieme in un posto del quale ogni tanto parliamo ancora: una fantasmagorico Relais extra lusso in Toscana, successivamente diventato residenza privata di un oligarca russo, un direttore che distruggeva documenti nel camino della camera 12, alle 7:00 di mattina, in accappatoio e foulard Hermès, pareti di vetro che sparivano dentro la collina, piste per elicotteri, bottiglie esoteriche e uno chef che mi passava le ricette sbagliate perché geloso che potessi eseguire troppo bene le sue direttive: una gabbia di matti. Ci siamo persi di vista per un paio di anni, ci ritroviamo io al timone di un ristorante affermato, lui cliente. «Ma lo vedi che alla fine non sono 17???». Diego è il maître di sala più bravo che io abbia visto a lavoro (e credo di averne visti tanti sia come colleghi sia come cliente): dal ristorante stellato dove tutto splende all’agriturismo chiassoso da più turni, ha sempre avuto la sala sotto controllo con eleganza, prontezza e disposizione verso il cliente. Nel post-Covid ha riorganizzato la sua professionalità come formatore e docente perché «voglio creare un esercito di piccoli me». Cosa sono i cicoli? Un salume cotto. Le pancette, di maiali nazionali, vengono private della cotenna e tagliate in grossi pezzi. Messe in grandi calderoni di acciaio, un tempo di rame, a fuoco dolce e costante, dopo circa 3 ore si sarà fusa tutta la parte grassa e sarà evaporata l’acqua. Quando i pezzi di carne avranno raggiunto un bel colorito biondo e rosolato si scolano le pancette e si filtra il grasso liquido che sarà commercializzato come strutto. È il momento di condire la carne con una mistura di alloro, noce moscata, cannella, chiodo di garofano, pepe e sale in dosi variabili a seconda della ricetta del norcino e metterla stratificata nel torchio, tondo o quadrato, a raffreddare. Otterremo un salume compatto, dalla forma regolare di circa 4 kg da dividere in pezzi e tagliare controverso alla stratificazione. Saranno massivamente disponibili sul mercato da ottobre a maggio ma ormai si trovano tutto l’anno. Il suo abbinamento più diffuso è con la ricotta e un pizzico di pepe nero nel più tipico e forse più antico cibo da strada napoletano, la pizza fritta. Veniva prodotta dai fornai che vivevano nei bassi (i monolocali al piano terra tanto simbolici della Napoli popolare). Nel giorno di festa il fornaio, con l’aiuto della moglie o di un garzone, un braciere e un catino di metallo pieno di strutto, stendeva, farciva, friggeva e vendeva. Una scena, questa, tratteggiata anche da GOETHE in Viaggio in Italia. Vendeva o dava a credito: la pizza fritta viene associata all’espressione “a ogge a otto”, ovvero come gridava SOFIA LOREN nel film L’oro di Napoli: “Mangiate oggi e pagate tra 8 giorni, venite veniteeee”. In un quadernetto si segnava il debitore. I cicoli si usano anche rosolati nei piatti di pasta oppure nell’impasto del tortano e del casatiello. A me piacciono mangiati come un salume, tagliati sottili che quasi gli strati si staccano, con le uova sode, le papacelle sottolio e la maionese, dentro ad un panino croccantello. Squilla il telefono… «Ciao Diego! Come stai? Quando torni?». «Te li ho trovati».
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Premiata Salumeria Italiana, 5/22