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RASSEGNA STAMPA LUGLIO 2021
PRINCIPALI ARGOMENTI DALLA RASSEGNA STAMPA DI LUGLIO:
DOLOMITES WORLD HERITAGE GEOTRAIL ....................................................................................................... 3 MATTEO RIGHETTO AL RIFUGIO CITTA’ DI FIUME PER INCONTRI D’ALT(R)A QUOTA...................................... 5 DOLOMITI UNESCO: LA MOSTRA AL MUSE DI TRENTO ..................................................................................... 7 CORSO DI GEOGRAFIA NELLE DOLOMITI UNESCO ........................................................................................... 8 PELMO D’ORO 2021............................................................................................................................................ 9 ESTATE 2021: CONTROLLI E SCARSA CONSAPEVOLEZZA ............................................................................. 10 MOBILITA’ SOSTENIBILE: LE INIZIATIVE TERRITORIALI .................................................................................. 12 OLIMPIADI: GLI AGGIORNAMENTI .................................................................................................................... 14 COLLEGAMENTO COMELICO-PUSTERIA: GLI AGGIORNAMENTI..................................................................... 17 COLLEGAMENTO CORTINA-CIVETTA: GLI AGGIORNAMENTI .......................................................................... 21 HOTEL A PASSO GIAU: GLI AGGIORNAMENTI ................................................................................................. 22 MALGA ANTERSACS: LA NUOVA STRADA FORESTALE.................................................................................. 24 RIFUGI CORONELLE E PASSO SANTNER: GLI AGGIORNAMENTI .................................................................... 27 PASSO ROLLE: GLI INTERVENTI ...................................................................................................................... 29 TRAFORO SOTTO IL GIAU: LA PROPOSTA ...................................................................................................... 30 SITI UNESCO DEL VENETO: IL CONVEGNO ..................................................................................................... 31 NOTIZIE DAI RIFUGI.......................................................................................................................................... 33 NOTIZIE DAI MUSEI .......................................................................................................................................... 38 NOTIZIE DAL CLIMA ......................................................................................................................................... 40 EDITORIALI ...................................................................................................................................................... 41
DOLOMITES WORLD HERITAGE GEOTRAIL L’Adige | 1 Luglio 2021
p. 15 Presentata l' "Alta via del tempo profondo", ispirata dal geoturismo NICOLA MASCHIO Un ulteriore strumento di valorizzazione delle Dolomiti, il nostro patrimonio mondiale, che non si esaurirà più nelle semplici immagini di una cartolina. La Fondazione Dolomiti UNESCO ha presentato ieri il Dolomites World Heritage Geotrail, un nuovo percorso che attraverserà le montagne riconosciute come uniche e straordinarie in tutto il mondo. È stata definita l' "Alta via del tempo profondo", ispirata ai principi del geoturismo, ideata allo scopo di accompagnare gli escursionisti in un vero e proprio viaggio tra le ere geologiche delle montagne dolomitiche, patrimonio mondiale ormai dal 2009 quando ricevettero il più alto riconoscimento nella città spagnola di Siviglia. «È sempre un piacere poter parlare delle Dolomiti e del loro ruolo nella nostra vita, nel nostro territorio - ha spiegato il vicepresidente della Provincia Autonoma di Trento, nonché presidente della Fondazione Dolomiti UNESCO, Mario Tonina. - Grazie a progettualità come queste, uniamo due elementi fondamentali: geologia, e dunque storia, ma anche paesaggistica, altro aspetto da non sottovalutare. Parliamo infatti di eccellenze riconosciute a livello mondiale, ed ecco perché ritengo molto importante anche quello che viene definito "escursionismo consapevole". È una parola da usare attentamente, con cautela anche, perché densa di significato: coloro che visiteranno queste montagne, per passione o per turismo, devono sapere quale incredibile opportunità hanno, ma anche come tutelare l'ambiente che li circonda». A supporto del progetto inoltre sono state realizzate ben quattro guide in tre lingue diverse (inglese, tedesco e ovviamente italiano), mentre la struttura del percorso sarà la seguente: dalle Giudicarie alla Val di Non ci saranno sei tappe, dal Bletterbach alle Dolomiti di Sesto invece ce ne saranno dieci, poi ventuno dalle Dolomiti di Sesto al Monte Pelmo ed infine altre dieci nelle Dolomiti Friulane e d'Oltre Piave. Insomma, una ricchezza incredibile in termini esplorativi, naturalistici, turistici ed ambientali, un'opportunità che tutti gli amanti della montagna dovranno necessariamente cogliere. «Si tratta di una vera e propria testimonianza della storia della terra - ha spiegato Mara Nemela, recentemente neo-eletta direttrice della Fondazione Dolomiti UNESCO all'unanimità, dopo gli otto anni al vertice da parte di Marcella Morandini, sua predecessora - Concordo inoltre sull'importanza della parola "consapevolezza": noi tutti sappiamo quanto è importante incentivare nuove forme di turismo, ma senza essere consapevoli di ciò che stiamo vedendo, facendo e del luogo in cui ci troviamo, rischiamo di non capire l'importanza di preservare questi ambienti da oggi fino al prossimo futuro».
Corriere delle Alpi | 3 Luglio 2021 p. 19 Geoturismo sulle Dolomiti: un viaggio nelle ere geologiche BELLUNO
"Dolomites World Heritage Geotrail - La geologia della meraviglia". È un'altra proposta di approccio con i monti pallidi da parte della Fondazione Dolomiti Unesco. Si tratta di un trekking di più giorni tra i nove Sistemi delle Dolomiti Patrimonio Mondiale, ispirato ai principi del geoturismo e creato per introdurre l'escursionista, passo dopo passo e in modo semplice, alla straordinaria storia geologica delle Dolomiti. Il Geotrail non è solo un prodotto per la frequentazione turistica del Bene, bensì soprattutto uno strumento per rendere il visitatore sempre più consapevole dello straordinario valore delle Dolomiti, andando oltre la foto cartolina. Il trekking di più giorni spiegano alla Fondazione - stuzzica la curiosità dell'escursionista e lo rende protagonista in prima persona. Non più solo un osservatore, perché esplora, osserva e interpreta: è un'esperienza e una scoperta da fare con tutti i sensi, tappa dopo tappa.Il tracciato sfrutta la rete sentieristica esistente, incluse diverse alte vie, ma le caratteristiche uniche del Geotrail ne fanno il principale percorso dedicato all'esplorazione e alla scoperta delle Dolomiti Patrimonio Mondiale.Un unico grande percorso in quattro volumi nato dall'iniziativa della Provincia Autonoma di Bolzano - Alto Adige, la quale ha coordinato il gruppo di lavoro che ha prodotto un primo volume che guida l'escursionista dalla gola del Bletterbach alle Dolomiti di Sesto. Il progetto è stato esteso in una fase successiva all'intero territorio delle Dolomiti Patrimonio Mondiale con il nuovo coordinamento da parte della Fondazione. Il percorso che coinvolge le Dolomiti bellunesi è articolato in 21 tappe, parte da sesto e arriva sul Pelmo. Di 10 tappe l'itinerario fra le Dolomiti Friulane e d'Oltre Piave. Quattro, fino ad oggi, i volumi-guida, distribuiti in tedesco e inglese, oltre che in italiano. La realizzazione è stata possibile grazie alla collaborazione con la casa editrice Athesia Buch GmbH. Ogni tappa è divisa in una sezione escursionistica, più breve, e una invece dedicata all'interpretazione geologica del paesaggio di volta in volta attraversato. La sezione geologica contiene inoltre dei momenti di pausa e osservazione lungo il cammino chiamati Geostop, che invitano l'escursionista ad approfondire alcune particolarità geologiche nelle immediate vicinanze. La Fondazione Dolomiti Unesco ha presentato a Trento un nuovo percorso che attraversa i diversi Sistemi delle Dolomiti Patrimonio Mondiale: è il Dolomites World Heritage Geotrail, una sorta di "Alta via del tempo profondo" ispirata ai principi del geoturismo, che ha come scopo quello di accompagnare gli escursionisti in un viaggio nelle ere geologiche che hanno segnato la formazione dell'arcipelago fossile, le cui testimonianze sono osservabili tra le pagine di quel libro di geologia a cielo aperto che sono le Dolomiti. Per Mario Tonina, presidente della Fondazione, «il Dolomites World Heritage Geotrail è un filo rosso che unisce tutti i territori dolomitici, una guida alternativa alla scoperta della geologia della meraviglia che ha reso queste montagne uniche al mondo». Secondo Mara Nemela, direttrice della Fondazione, «incentivare l'esplorazione consapevole delle Dolomiti è essenziale per la gestione del Sito. Il Geotrail aiuta l'escursionista a riconoscere nuovi valori in queste montagne, ad apprezzarle sotto una nuova luce e di conseguenza ad assumere comportamenti più rispettosi». --FDM© RIPRODUZIONE RISERVATA
MATTEO RIGHETTO AL RIFUGIO CITTA’ DI FIUME PER INCONTRI D’ALT(R)A QUOTA Corriere delle Alpi | 14 Luglio 2021
p. 26 Dialogo sul futuro della montagna: Matteo Righetto al "Città di Fiume" Borca di Cadore "La montagna dopo di noi", dialogo con lo scrittore Matteo Righetto all'ombra del Pelmo. Appuntamento per venerdì alle 14 , sui prati antistanti il rifugio Città di Fiume, con la rassegna "Incontri d'alt(r)a quota", organizzata dalla Fondazione Dolomiti Unesco. Righetto dialogherà con il pubblico sui grandi temi che caratterizzano il presente e il futuro del vivere in quota. Autore di numerosi romanzi come "La pelle dell'orso" (da cui è stato tratto l'omonimo film di Marco Segato con Marco Paolini), lo scrittore è noto al grande pubblico anche per la cosiddetta "Trilogia della Patria" (L'anima della frontiera, L'ultima patria, La terra promessa), definita un caso letterario e ampiamente tradotta all'estero. In molte delle sue opere è protagonista l'ambiente montano, di cui Righetto affronta la complessità e le contraddizioni. «Venerdì partiremo proprio da qui», dicono gli organizzatori, «dalla montagna che per secoli è stata un luogo da cui fuggire (e purtroppo i dati dello spopolamento confermano che in parte lo è ancora), ma che i cambiamenti climatici potrebbero
trasformare in un luogo verso cui fuggire. L'evento - moderato dal giornalista Giambattista Zampieri - è gratuito e prevede l'obbligo di iscrizione via mail a press@dolomitiunesco.info. La rassegna proseguirà in Friuli Venezia Giulia il 20-21 luglio al rifugio Pordenone, con "Cucina sotto le stelle", in compagna dello chef stellato Alessandro Gilmozzi, il 10 settembre al rifugio Antermoia in Trentino con la pittrice Silvia De Bastiani per un workshop di acquerello e si concluderà il 18 e 19 settembre al rifugio Alpe di Tires in Alto Adige con il fotografo Moreno Geremetta per un laboratorio dal titolo "Catturare attimi di luce". --© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere del Veneto | 24 Luglio 2021
p. 15, edizione Treviso-Belluno Vette, libri, escursioni I trekking letterari Lo scrittore Matteo Righetto guida tra parole e natura Francesca Visentin Montagne e letteratura. Boschi, prati, vette prendono vita tra le pagine di romanzi memorabili. Come quelli di Matteo Righetto, che in particolare con La pelle dell’orso (Tea) prima e Trilogia della patria (Mondadori) poi, ha trascinato lettori e lettrici dentro paesaggi di roccia, di selva e di prato. Dalla carta alla realtà, quelle vette e quei boschi diventano itinerari da percorrere camminando, con i trekking letterari di Matteo Righetto. Lo scrittore ieri ha guidato gli appassionati di libri e natura nella zona del monte Pelmo, fino al Rifugio Città di Fiume, nell’evento organizzato da Fondazione Dolomiti Unesco per gli «Incontri d’Alt(r)a Quota». Zaino in spalla, scarponcini, carta e penna, tre ore di escursione per guardarsi intorno, respirare a pieni polmoni, scoprire la magia del dialogo tra uomo e natura e conoscere la montagna più autentica. Oggi invece il trekking letterario sarà lungo l’Alta via dell’Orso, nel bellunese, il percorso creato sui luoghi dove è nato il romanzo di Righetto La pelle dell’orso , da cui è stato tratto l’omonimo film con Marco Paolini. Cinque ore circa di escursione, con 12 tappe e in ognuna un reading letterario tratto dalle pagine del romanzo. Guida e anima dei percorsi è sempre Matteo Righetto, legato alla montagna da una profonda connessione interiore. Al suo fianco, la cagnolina Dorch. «Il nome gliel’ha dato Mauro Corona - rivela - in ladino significa “fieno di settembre”». Passeggiate, ma anche esercizi di scrittura creativa. «L’ambiente naturale offre molti spunti e suggestioni - spiega Matteo Righetto - . Mettersi in ascolto, cercare l’empatia con boschi e montagne potenzia anche la capacità di raccontarli. Questi trekking letterari hanno l’obiettivo di fare riflettere sulla sostenibilità. Di mettere davanti al significato della presenza umana in un ambiente e in un ecosistema fragile come è quello di vette e boschi. Per fare riflettere sul clima e sui temi della sostenibilità le montagne non hanno bisogno solo di geologi e scienziati, ma anche di scrittori e umanisti. Divulgare bellezza e fragilità della natura è molto importante perché il messaggio arrivi a tutti». Sulla scia della tradizione narrativa del Veneto, in cui il paesaggio è sempre stato al centro della scrittura e dell’impegno di nomi che hanno fatto la storia della letteratura, da Andra Zanzotto, a Mario Rigoni Stern, a Dino Buzzati, il progetto di Matteo Righetto mette al
centro proprio il collegamento tra libri e natura. In nome anche di un’etica civile che impegna lo scrittore in prima persona, al di fuori delle pagine dei romanzi. Scriveva già nel 1980 in Uomini, boschi e api Mario Rigoni Stern: «Mai come oggi l’uomo sente la mancanza di natura e la necessità di luoghi: montagne, pianura, fiumi, laghi, dove ritrovare serenità e equilibrio. Al punto che viene da pensare che la violenza, l’angoscia, l’apatia la solitudine siano da imputare in buona parte all’ambiente generato dalla nostra civiltà». Una visione che adesso, in piena pandemia e con la voglia che tutti hanno di spazi aperti e natura, pare profetica. I trekking letterari in montagna aiutano.
DOLOMITI UNESCO: LA MOSTRA AL MUSE DI TRENTO Corriere del Trentino | 25 luglio 2021 p. 9 Dolomiti fragili La mostra al Museo delle Scienze di Trento racconta la bellezza di vette da proteggere, Patrimonio Unesco. Installazioni sonore sull’agonia dei ghiacciai che si sciolgono Bellezza e fragilità. Natura e ecosistema in pericolo. La meraviglia del paesaggio delle Dolomiti è racchiusa in questi aspetti, che ne fanno un gioiello da proteggere. Nel giardino del Muse (Museo delle Scienze di Trento) è aperta la mostra Dolomiti Patrimonio Mondiale Unesco - Fenomeni geologici e paesaggi umani , sintesi dei valori che rendono le montagne uniche nel mondo. La mostra è visitabile a qualunque ora, gratuitamente fino al 24 settembre. Curata dal Museo delle Scienze di Trento e da tsm|step Scuola per il Governo del Territorio del Paesaggio, nasce nell’ambito della Rete della Formazione e Ricerca Scientifica della Fondazione Dolomiti Unesco per proporre una lettura delle molte sfaccettature che caratterizzano le Dolomiti, montagne nelle cui forme, colori e caratteristiche geologiche, si rispecchiano le peculiarità del paesaggio circostante, che è insieme territorio naturale e culturale. Un paesaggio preservato per secoli dalle comunità montane, che oggi presenta fragili equilibri che richiedono una rigorosa salvaguardia. Attraverso 24 pannelli di immagini suggestive, testi e illustrazioni, la mostra evidenzia le bellezze paesaggistiche, offrendo spunti di riflessione su un territorio che dal 2009 è patrimonio di tutti e come tale richiama a sentirsi «cittadini delle Dolomiti» e a prendersene cura. L’evento inaugurale ha raccontato l’universo dolomitico con installazioni audiovisive che hanno restituito immagini d’autore delle vette e delle valli, facendo sentire i suoni di queste montagne, perché anche il ritiro dei ghiacciai ha una sua sonorità. L’installazione multimediale Il Pianto del Ghiaccio curata dal Dipartimento di Musica Elettronica del Conservatorio Bonporti di Trento, ha dato voce alla lenta agonia dei ghiacciai uccisi dal riscaldamento globale. Impiegando un originale sistema di elaborazione algoritmica si sono trasformati in processi sonori gli andamenti annuali dei ghiacciai trentini, dal 2020 al 2101. E dai suoni sono scaturite riflessioni di antropologi, glaciologi, ricercatori e musicisti alle prese con alcune delle sfide più impegnative che attendono i territori dolomitici: dagli effetti del surriscaldamento alla gestione di imponenti flussi turistici, dalla ricerca degli equilibri tra economia e ambiente alla scelta di percorsi di sviluppo sostenibile. Mario Tonina, presidente della Fondazione Dolomiti Unesco e assessore all’urbanistica, ambiente e cooperazione della Provincia autonoma di Trento, sottolinea: «La mostra rappresenta un’ulteriore testimonianza dell’impegno della Fondazione Dolomiti Unesco e della Rete della Formazione e della Ricerca Scientifica coordinata dalla Provincia di Trento. L’educazione e la formazione a ogni livello, dagli amministratori ai tecnici, dagli operatori economici alle scuole e all’intera cittadinanza, sono un ambito strategico sul quale la Fondazione da anni lavora intensamente. Vivere nelle Dolomiti implica infatti, una grande partecipazione per tutti coloro che si occupano di conservazione, tutela e valorizzazione». Gianluca Ceppolaro, direttore tsm | Trentino School of Management descrive il fine didattico della mostra: «Fa vedere le Dolomiti come laboratorio eccezionale per sperimentare l’integrazione tra l’educazione al paesaggio, all’ambiente e al territorio e la cittadinanza attiva. E mette in relazione natura con cultura e geologia con paesaggio, ma anche il senso di appartenenza con la responsabilità e la partecipazione». Secondo Michele Lanzinger, direttore Muse Museo delle Scienze evidenzia: «Con la sua particolare attenzione alla geologia e al paesaggio la mostra stimola il visitatore a riscoprire e reinterpretare con nuova attenzione anche luoghi già conosciuti. Ci auguriamo che questa esposizione possa offrire alle scuole occasioni inedite di scoperta del territorio dolomitico mettendo i giovani in confidenza con temi e discipline fondamentali per elaborare un comune sentire in termini di futuro sostenibile». Il video dell’inaugurazione è su YouTube del Muse.
CORSO DI GEOGRAFIA NELLE DOLOMITI UNESCO Corriere delle Alpi | 8 Luglio 2021 p. 25 Al via il corso per conoscere il Gruppo Pale di San Martino Montagna Gianni Santomaso "Nell'agordino in fondo alla Valle di San Lucano che è uno degli angoli più strani e impressionanti della terra, si erge con impeto pauroso - dal fondovalle per contemplarlo bisogna torcere la testa in su - l'architettura massima di tutte le Dolomiti. È il Monte Agnér, che incombe con un apicco di un chilometro e mezzo". Sono le parole di Dino Buzzati ( "Cordata in tre", Corriere della Sera, 23 giugno 1956) che il geologo Danilo Giordano ha scelto a corredo del suo "Aspetti geologici e geomorfologici del Gruppo delle Pale di San Martino". Uno degli interventi che comporranno la prima giornata del corso interdisciplinare di geografia "Per la conoscenza del Gruppo delle Pale di San Martino" organizzato dalla Fondazione Dolomiti Unesco e dalla Fondazione Giovanni Angelini, con la Sezione agordina del Cai, il Parco naturale Paneveggio-Pale di San Martino e i Comuni di Agordo e Taibon. Parole, quelle di Buzzati, che offrono un esempio di come l'occhio umano possa rivolgersi al paesaggio che incontra sulla sua strada e fornirne una lettura che tiene insieme il denotativo e il connotativo. Un po' quello che si propone il corso che si svolgerà da domani a domenica e che, dice Ester Cason Angelini, «vuole essere un omaggio ad Agordo e all'Agordino, comprese la Valle del Biois e la Valle di San Lucano». Si tratta di un evento di grande rilevanza scientifica come dimostrano i nomi dei relatori che doman alle 9.30 alle 18 all'Istituto Follador di Agordo saranno protagonisti dell'introduzione teorica: Vittorio Ducoli (sulla gestione dell'area protetta del Parco di Paneveggio), Davide Pettenella (sulle lezioni offerte da Vaia per la gestione delle risorse forestali), Ester Cason (sui toponimi e oronimi delle Pale di San Martino), Benedetta Castiglioni (sulle metodologie didattiche per la lettura del paesaggio della Conca Agordina e del medio Cordevole), Danilo Giordano (sull'inquadramento geologico e geomorfologico dell'area del corso), Giovanni Baccolo (sui piccoli ghiacciai delle Pale di San Martino), Cesare Lasen (sull'inquadramento fioristico vegetazionale). Gli altri due giorni del corso saranno riservati a due escursioni: la prima, sabato, dalla Val di Garés al Rifugio Pedrotti alla Rosetta; la seconda, domenica, con la traversata dell'Altopiano delle Pale e la discesa in Val di San Lucano. Gli spunti teorici uniti all'esperienza sul campo consentiranno ai corsisti di cogliere la valenza di un paesaggio che va ben al di là del semplice lato estetico. La formazione delle rocce, il tipo di vegetazione, la vita dei ghiacciai legata ai cambiamenti climatici, le casere, le malghe e i pascoli, il rifugio, la strada militare, le cave di marmo nero, i dissesti idrogeologici di ieri e di oggi, la toponomastica che, come fanno capire Ester Cason e Maria Teresa Vigolo, è preziosa guida nel far scoprire il mondo che sta dietro un breve nome. «Di fronte a un paesaggio», dice la geografa dell'Università di Padova, Benedetta Castiglioni, nel testo "Leggere il paesaggio per educare alla cittadinanza" contenuto nel volume dedicato al corso, «una lettura geografica procede per gradi. In una prima fase cerca di riconoscere i diversi elementi visibili del paesaggio stesso, di dare loro un nome, di descrivere la loro forma. Una operazione successiva cerca di collegare gli elementi del paesaggio ai fattori e ai processi da cui hanno origine, attraverso una lettura "interpretativa"». «L'osservazione delle dinamiche in atto», continua Castiglioni, «porta a sviluppare la lettura dal passato verso il futuro. Quanto si estenderà ancora la copertura del bosco? Quanto procederà l'urbanizzazione del fondovalle? In che forme? Si potranno prendere delle decisioni rispetto a queste trasformazioni o si tratta di un processo inarrestabile? Chi deciderà? » . --© RIPRODUZIONE RISERVATA
Gazzettino | 13 Luglio 2021 p. 15, edizione Belluno La geografia riscoperta sulle Dolomiti Le Dolomiti, ovvero un libro di geografia a cielo aperto. Anche quest'anno a sfogliarne le pagine è stata la Fondazione Angelini, in collaborazione con la Fondazione Dolomiti Unesco, a beneficio di docenti delle scuole di ogni ordine e grado, formatori del Cai, guide, tecnici degli enti locali provenienti da tutta Italia. Nell'ultimo fine settimana allievi e docenti sono stati protagonisti di una corposa lezione itinerante accompagnati dalle guide del Cai di Agordo. I 40 partecipanti sono saliti dalla Val di Garés, hanno attraversato l'Altopiano roccioso più alto e più esteso delle Dolomiti - le Pale di San Martino - e sono scesi ai piedi della parete più alta delle Dolomiti - la Nord dell'Agnér -, lungo una valle glaciale particolarmente stretta e profonda, la Val di San Lucano, dopo aver pernottato al Rifugio Pedrotti alla Rosetta accolti dai gestori Mariano Lott e Roberta Secco. Assai qualificato il team di docenti - Danilo Giordano, Cesare Lasen, Mara Nemela, Dario Dell'Osbel, Benedetta Castiglioni, Davide Pettenella, Giovanni Baccolo, Vittorio Ducoli ed Ester Cason -, tutti
provenienti dagli atenei di Padova e Milano Bicocca, dall'istituto Follador e dal Cai di Agordo, e dal Parco naturale Paneveggio-Pale di San Martino. PURO STUPORE Ancora una volta la Fondazione Angelini ha fatto centro e lo dimostrano le dichiarazioni di alcuni allievi più che soddisfatti dell'esperienza di questi giorni. Dalla Campania lo stupore di fronte a tanta bellezza del nostro ambiente montano: «Sono una ricercatrice e vengo da Napoli. Ho potuto constatare con i miei occhi che le Dolomiti sono tra le montagne più belle del mondo. La Fondazione Angelini è molto qualificata e ha saputo dare un'impostazione molto efficace all'iniziativa. Infatti la carta vincente, secondo il mio parere, è la multidisciplinarietà che ci ha concesso di apprendere tutto quanto c'era da apprendere». Lo scopo era quello di formare gli insegnanti per trasmettere quanto appreso ai loro allievi: «Sono di Rocca Pietore e insegno alla scuola primaria. Iniziative come questa mi aiutano a educare i bambini nell'amore per la montagna e nell'attaccamento a questo territorio». Geografia e educazione civica, poi, si completano a vicenda, come sostiene una docente padovana di materie letterarie: «Spero di riuscire a trasmettere ai miei allievi il rispetto e la cultura del paesaggio e che ciò porti a un senso di responsabilità verso di esso». Conclude Ester Cason, responsabile Oronimi Bellunesi della Fondazione Angelini: «La geografia oggi è un po' trascurata ma andrebbe studiata di più perché è l'effetto di una sinergia di discipline diverse, sia fisiche sia antropiche. Il corso ha offerto la possibilità di fare geografia camminando, vedendo di persona i luoghi, avvicinandosi alle bellezze geologiche, botaniche e antropiche delle Dolomiti»ù. Dino Bridda © riproduzione riservata
PELMO D’ORO 2021 Corriere delle Alpi | 25 luglio 2021 p. 19 Emozioni ed entusiasmo al Pelmo d'Oro «Rappresenta il legame con la montagna» l'evento Una festa per la montagna bellunese. Dopo un anno di stop causa pandemia, riecco l'atteso e partecipato momento del Pelmo d'Oro, manifestazione organizzata dalla Provincia e giunta alla 23esima edizione. A fare gli onori di casa Cesiomaggiore, dopo aver ricevuto il simbolico passaggio di consegne da Chies d'Alpago.«Questo premio è molto sentito», ha evidenziato il presidente della Provincia, Roberto Padrin. «Lo avevano ideato nel 1998 l'allora numero uno Oscar De Bona e Massimiliano Pachner, come momento di riconoscenza e gratitudine nei confronti dei personaggi che hanno fatto grande la nostra montagna». Carlo Zanella, primo cittadino cesiolino, ammette: «L'entusiasmo dei consiglieri comunali e dei volontari, a dimostrazione del desiderio di tornare a vivere appuntamenti così. Il Pelmo d'Oro rappresenta l'attaccamento di noi bellunesi alle nostre montagne».Oltre alla consueta scultura del Monte Pelmo, opera del maestro Gianni Pezzei, due opere consegnate erano di realizzazione dello scultore Italo De Gol, nato e cresciuto tra Cesiomaggiore e Santa Giustina.Christoph Hainz ha ottenuto dalla giuria il premio per l'alpinismo in attività, mentre Eugenio Bien quello relativo alla carriera alpinistica. Per la cultura alpina, premio a Giuliano Dal Mas. Assegnato a Dante Colli il premio speciale 2021 "Giuliano De Marchi". Da segnalare anche il premio speciale Dolomiti Unesco 2021, andato al Cai di Mestre e quello speciale della Provincia all'imprenditore Giuseppe Tabacco.Tra gli annunci di giornata, la conclusione del percorso in giuria di Roberto De Martin, volto storico del Pelmo d'Oro. «Il Pelmo d'Oro è adulto ed avrà futuro e soprattutto ha legato e continuerà a farlo la provincia, grazie alla scommessa vincente di organizzarlo itinerante». De Martin ne ha approfittato anche per un ricordo di Guido Rossa, operaio e sindacalista dell'Italsider di Genova, nato a Cesiomaggiore nel 1934 ed assassinato dalle Brigate Rosse. Proprio questa sera, nell'ambito dei numerosi eventi collaterali della manifestazione, vi sarà lo spettacolo Controvento nella sala polifunzionale di Pradenich alle 20.30 dedicato proprio alla figura di Rossa. Durante la cerimonia, la Fondazione Berti del Cai ha assegnato il premio letterario "Antonio Berti". Primo "Dolomiti. Sentieri dedicati" di Paolo Bozzetti e Paolo Lazzarin, secondo "Quelli di Lassù" di Ezio Sesia e terzo "Visentin selvaggio" di Giovanni Carraro. Segnalato anche "Riccardo Bee. Un alpinismo titanico" di Marco Kulot e Angela Bertogna. Ricordata anche la figura di Silvana Rovis. Consegnate infine due importanti targhe. Una al Gruppo Folk di Cesiomaggiore, che a febbraio aveva festeggiato i 50 anni di storia, ed una a Daniele e Ginetta, ex gestori del Rifugio Boz. La manifestazione, in collaborazione con la Fondazione Dolomiti Unesco, era patrocinata dalla Regione del Veneto, del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi e dell'Unione Montana Feltrina. Fondamentale per l'organizzazione e per il sostegno economico la "Casa Comune" composta da CaiCnsas-Guide alpine, il Consorzio Bim Piave, nonché la sponsorizzazione di Grafiche Antiga di Crocetta del Montello. Hanno collaborato numerose associazioni e volontari tra cui il Gruppo Escursionisti Cesio, Pro Loco di Busche, Comitato Sant'Agapito, associazione di apicoltori L'ApeRina, Comitato "Festa della patata", Gruppo Folk di Cesiomaggiore, U.S. Cesio, associazione "Il Tasso" di Menin,
Comitato "San Leonardo" di Cesiominore, Comitato Pullir. Numerose le autorità presenti, come il Vescovo Renato Marangoni e vari rappresentanti politici. --Gianluca Da Poian© RIPRODUZIONE RISERVATA
ESTATE 2021: CONTROLLI E SCARSA CONSAPEVOLEZZA Corriere delle Alpi | 3 Luglio 2021 p. 19 Intensificati i controlli estivi contro il turismo "cafone" Alessia Forzin Belluno Pugno di ferro contro il turismo cafone. Quello che lascia rifiuti lungo i sentieri, che si immerge nei laghi anche in presenza di un divieto, che non tiene i cani al guinzaglio: in una parola, che non rispetta l'ambiente. E se l'ecosistema è fragile, come quello dolomitico, l'azione di tutela non può che essere incisiva.Sessanta carabinieri forestali saranno in azione quest'estate sui sentieri e nelle zone dolomitiche maggiormente frequentate dagli escursionisti. Dal lago del Sorapis, dove si avventurano centinaia di persone al giorno, che spesso concludono l'escursione immergendosi nelle acque cristalline nonostante il divieto stabilito da un'ordinanza del 2019, alla Val Visdende, dalla conca Ampezzana al Nevegal, dalle Tre Cime di Lavaredo e fino alla Val Zoldana. LAGO DEL SORAPIS Si annuncia l'ennesimo boom di turisti sulle montagne bellunesi, e anche quest'anno i carabinieri forestali intensificheranno i controlli non solo per vigilare sul rispetto delle norme e delle ordinanze dei sindaci, ma anche per tutelare il delicato ecosistema alpino. Grande attenzione sarà posta al lago del Sorapis, dove vige il divieto di balneazione previsto dall'ordinanza del 1° agosto 2019 del Comune di Cortina. Il divieto mira a tutelare da un lato l'integrità del delicato circo glaciale e dall'altro l'incolumità pubblica, non essendo previsto alcun sistema di soccorso. Per gli inadempienti sono previste sanzioni fino a 500 euro. TUTTI I DIVIETI I carabinieri forestali vigileranno anche sul divieto di abbandono di rifiuti, il divieto di campeggio e di accensione fuochi e sull'obbligo di passeggio con cani al guinzaglio per evitare eccessivi disturbi alla fauna selvatica.Molte delle aree che saranno controllate in tutta la provincia di Belluno godono di regimi di tutela anche internazionale. Gran parte sono ricomprese nel perimetro del Patrimonio Unesco, e numerose di esse sono inserite nella Rete Natura 2000. Aree da tutelare e proteggere, con comportamenti responsabili e di buon senso da parte di tutti i frequentatori della montagna. CONTROLLI SERRATI Anche lo scorso anno i carabinieri forestali intensificarono i controlli sulle montagne bellunesi, elevando sanzioni a chi campeggiava in luoghi dove è vietato farlo, a chi transitava con l'auto lungo strade forestali senza autorizzazione, a chi abbandonava rifiuti o non teneva il cane al guinzaglio. I controlli saranno effettuati tutti i giorni fino almeno alla metà di settembre, in base all'andamento dei flussi turistici. --© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere delle Alpi | 31 luglio 2021 p. 11 In bermuda e felpa sul ghiacciaio L'allarme: «Così si rischia di morire» Francesco Dal Mas BELLUNO Si può andare in quota e rischiare di morire? Sì, anche se non si cade dalla parete verticale. A lanciare l'allarme è ilsoccorso alpino aostano, ma anche sulle Dolomiti il pericolo è incombente: «È successo, poco più di un mese fa, quassù sul ghiacciaio della Marmolada. Una giovane escursionista di nazionalità rumena è caduta con un compagno in un crepaccio per oltre 30 metri. Lei è morta», racconta Carlo Budel, che gestisce Capanna Penia sulla vetta, «lui si è salvato. Non erano legati». L'allarme in reteIeri il Soccorso alpino valdostano ha lanciato un severo monito: si rischia di morire se si cade sul ghiacciaio, soprattutto nei crepacci, senza scarponi, ramponi, casco e corda. E ha diffuso la foto di un escursionista sulla via normale del Breithorn, nel massiccio del Monte Rosa, a quota 4. 000 metri. Procedeva da solo, in una zona, senza abbigliamento tecnico adeguato. "In caso di caduta in crepaccio",
il monito del direttore del Cnsas valdostano, Paolo Comune, "questa persona ha pochissime possibilità di sopravvivenza". "La montagna è un luogo straordinario ma non è un parco cittadino o una spiaggia di sabbia", ha ripreso il Soccorso alpino nazionale. "Il primo modo per rispettarla è viverla con prudenza, ben attrezzati e consapevoli dei propri limiti senza aver paura di saper rinunciare. Solo tramite una corretta e costante sensibilizzazione a 360°, partendo anche dai più piccoli, riusciremo a far diminuire le migliaia di incidenti che ogni anno avvengono sulle nostre montagne". Troppa improvvisazione«Tutto vero quello che dicono da Aosta», conferma dalle Dolomiti Leo De Nes, storica guida alpina. «Oltre alle conseguenze dovute alla caduta e allo sfregamento contro il ghiaccio, la permanenza nel crepaccio, con equipaggiamento leggero, non consente la necessaria protezione dal freddo e dall'ipotermia che può verificarsi in tempi brevi». Ma attenzione - avverte De Nes -, i pericoli ci sono anche qui, sulle Dolomiti senza ghiacciai, a parte la Marmolada. «Continuo a vedere escursionisti in ferrata con le scarpe da tennis. Calzature che vengono normalmente utilizzate, per fortuna da pochi (sempre troppi comunque), anche lungo i sentieri, compresi quelli esposti, dove basta la più banale scivolata, per volare all'altro mondo». Alex Barattin, delegato provinciale del Cnsas di Belluno, conferma che quest'anno, seppur in presenza di un minore afflusso di escursionisti, gli incidenti sono aumentati tra il 15 ed il 18%. L'anno scorso sono state soccorse in Veneto 1.086 persone con 1.054 interventi, che in numero assoluto erano aumentati del 16% rispetto agli eventi del 2019. «C'è un tasso maggiore di imprudenza», ammette Barattin, «soprattutto perché non si tiene in debita considerazione la variabilità del tempo». Agli oltre 3300 metri di Capanna Penia, sopra il ghiacciaio, capita di accogliere "arrampicatori" improvvisati saliti col maltempo - racconta Budel - e di non riuscire a trattenere coloro che comunque vogliono scendere anche se piove o c'è nuvolo. «L'incoscienza, o meglio l'inconsapevolezza alberga soprattutto negli stranieri dell'est. La coppia di rumeni finita dentro il crepaccio, seppur senza legarsi, ha voluto scendere per il ghiacciaio anziché per la più sicura ferrata». Sempre più spesso capita che qualcuno affronti l'alta montagna come se andasse a fare una passeggiata in centro città con scarpe da ginnastica, pantaloncino corto e felpa. Basta osservare al mattino le code che si formano davanti all'ingresso della ferrovia del Sass Pordoi. I più turistici salgono per compiere la traversata fino al rifugio Boe. Bellissima, ma a rischio se nello zaino non si porta l'abbigliamento necessario per la pioggia, magari anche la tempesta e il freddo del pomeriggio. È invitante la discesa, al ritorno, lungo il ghiaione. Ma farla con le scarpe da ginnastica è da incoscienti. «La prudenza dev'essere massima, anche lungo i percorsi che potrebbero sembrare i più banali», avverte Barattin.Poi è anche vero che la montagna seleziona da sola. «Li voglio vedere quelli in bermuda e scarpe da ginnastica arrampicarsi fino ai 3 mila metri del Civetta», sospira Venturino De Bona del rifugio Torrani, mentre imperversa il temporale. «Quassù si sale solo se si ha la capacità e la forza di arrampicare»Pericolo bike«La mountain bike e l'e-bike», segnala De Nes, «sembrano rappresentare quest'anno la nuova frontiera dell'emergenza, non tanto in salita, ma in discesa: anche solo perché non si sa frenare». In tanti salgono ad alta quota con la due ruote, anche quelli che hanno poca esperienza. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti. -- © RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere delle Alpi | 31 luglio 2021 p. 11 In montagna è fondamentale conoscere i propri limiti BELLUNO «Se un infartuato sale in quota e cammina per due o tre ore, magari sotto il sole cocente e nello zaino non ha neppure una borraccia d'acqua, è evidente che costui rischia davvero di morire». Lo afferma Rodolfo Selenati, presidente regionale del Cnsas, il Soccorso Alpino, ricordando che sono tante le forme di approccio con l'alta quota che possono risultare fatali.Quindi? «Quando si decide di salire, bisogna avere puntuale coscienza dei propri limiti. Non basta affrontare il ghiacciaio della Marmolada legati, con gli scarponi, i ramponi e magari anche la piccozza», esemplifica Selenati. «Bisogna per esempio sapere che non è saggio camminare per otto ore di seguito senza avere una preparazione specifica. Oppure che si possono avere conseguenze gravissime affrontando una tempesta senza un abbigliamento adeguato».Selenati precisa subito che i volontari del Soccorso Alpino non intendono affatto fare i necrofori, ma ammette che la casistica quotidiana degli incidenti sulle terre alte certifica che si affrontano i sentieri con troppa leggerezza; così pure le ferrate, mentre specifica preparazione palesano gli alpinisti. Il motivo della crescita degli incidenti tra il 15 e il 18% è data da due fattori quasi "banali": la spossatezza e la perdita di orientamento.E infine una raccomandazione: «È opportuno assicurarsi, con il Cai o con Dolomiti Emergency, anche se si va in montagna solo per qualche giorno». --Fdm© RIPRODUZIONE RISERVATA
MOBILITA’ SOSTENIBILE: LE INIZIATIVE TERRITORIALI Corriere delle Alpi | 3 Luglio 2021 p. 31 Una navetta da Padola fino a Selvapiana nel segno dell'ambiente COMELICO SUPERIORE Il Comelico fa gioco di squadra con l'obiettivo di favorire lo sviluppo turistico del territorio. Da oggi infatti viene attivato in via sperimentale un servizio di trasporto pubblico che dal centro di Padola permetterà di raggiungere l'area di Selvapiana, punto strategico di partenza di gran parte delle escursioni. Tra le mete di maggior appeal figurano infatti il passo della Sentinella, la Croda Rossa e cima Colesei. Dietro il nuovo servizio si cela la stretta collaborazione instaurata dal Comune di Comelico Superiore con la Fondazione Dolomiti Unesco, nel segno dello sviluppo sostenibile. Ma c'è di più perché il benestare all'iniziativa è arrivato, senza indugi, anche dalle Regole di Casamazzagno e Dosoledo, dalla sezione Cai della val Comelico, dal consorzio turistico val Comelico e dall'Unione montana Comelico senza dimenticare i rifugisti della zona. Determinante poi il supporto della cooperativa Cadore. «Lo spirito dell'iniziativa è quello di limitare al minimo, nei periodi di maggior afflusso turistico, la presenza d'auto in quota a garanzia della tutela ambientale e della qualità dei luoghi da visitare», fanno sapere dal Comune, «la tutela dell'ambiente e in particolare quella della montagna passano attraverso una gestione consapevole e responsabile del territorio in cui viviamo e che visitiamo. Con questo spirito ogni progetto è attuabile».La partenza è fissata a Padola in località parcheggio Gurtà. Previsto il transito con tappa al centro sportivo Kral Ladin. È stata firmata un'ordinanza di limitazione del traffico veicolare nel tratto che collega l'ex colonia don Bosco a Selvapiana. --Gianluca De Rosa© RIPRODUZIONE RISERVATA
Alto Adige | 10 luglio 2021 p. 13, edizione Belluno
OLIMPIADI: GLI AGGIORNAMENTI Alto Adige | 1 Luglio 2021 p. 15 Dobbiaco, nuova mobilità con i soldi "olimpici" Dobbiaco Dobbiaco può diventare un centro per la mobilità importante per la Pusteria ed anche per l'Ampezzano. Lo sostiene il sindaco Martin Rienzner che ricorda anzitutto come quest'anno ricorre il centocinquantesimo anniversario della costruzione della ferrovia della Pusteria ed il centenario di quella della ferrovia delle Dolomiti che collegava Dobbiaco con Cortina. Ed ancora, settant'anni fa veniva costruita, in concomitanza con i giochi olimpici invernali di Cortina (1956) la "strada alta", il bypass che dal distributore Eni si allaccia direttamente con l'Alemagna. Ora sono in arrivo le Olimpiadi invernali per il 2026 che interesseranno Cortina, Anterselva e di conseguenza anche il territorio di Dobbiaco che ha l'occasione di essere punto focale per la "green mobility".Il "bottino" da sfruttare.Infatti nell'ambito dei finanziamenti per i giochi olimpici invernali è stata prevista e stanziata la somma di 13 milioni di euro per la realizzazione a Dobbiaco di infrastrutture stradali. Il sindaco Rienzner evidenzia, sull'ultimo bollettino del Comune, che «anche per Dobbiaco il traffico di transito costituisce un problema di primaria importanza anche in considerazione delle due importanti direttive in cui esso si svolge e che interessano direttamente il nostro territorio comunale: l'asse Est-Ovest della Pusteria e l'asse Sud-Nord dell´Alemagna. La problematica relativa all'asse Est-Ovest ha trovato una sua prima soluzione con la realizzazione delle due rotonde. Rimane aperta la problematica dell'asse Nord- Sud che collega appunto Dobbiaco e la Pusteria con Cortina ed il Veneto. Entrambe le direttive di traffico vengono costantemente monitorate con dei rilevamenti sui flussi che vengono effettuati a Carbonin ed a Prato alla Drava». Il gruppo di lavoro.Il finanziamento sopra accennato si focalizza unicamente sulla direttiva Sud-Nord. Secondo le rilevazioni del traffico, negli anni 2018 e 2019 si è rilevato un traffico medio giornaliero di circa 5100 veicoli in estate e di circa 2750 mezzi in inverno. «Ho quindi deciso l'istituzione di un apposito gruppo di lavoro - continua il sindaco - in cui sono rappresentate tutte le formazioni politiche presenti in consiglio comunale. In numerose riunioni, ha esaminato le proposte formulate in merito dalla giunta provinciale. Nello specifico si sono raccolte e sintetizzate tutte le riflessioni e proposte dei singoli appartenenti al gruppo di lavoro. Nell'ultima riunione si è convenuto di identificare alcuni criteri, sorretti dal consenso politico, cui deve attenersi ogni soluzione futura del problema del traffico». Le rassicurazioni di Alfreider.Dobbiaco ha deciso per il sì all'utilizzo dei mezzi pubblici nell'ottica del miglioramentocomplessivo della mobilità sull'asse Nord-Sud(Dobbiaco-Cortina), ha detto sì ad un collegamento diretto con la stazione ferroviaria, al mantenimento e rispetto dei tracciati della ciclabile e delle piste da fondo, al miglioramento del collegamento con la zona artigianale "Öden" ed al mantenimento e rispetto della zona ricreativa "Waldwunderwelt". Si è espresso in maniera contraria al traffico pesante sulla "strada alta" (bypass dal distributore Eni alla Alemagna) mentre è favorevole alla demolizione della "strada alta". Il sindaco ricorda ancora che «bisogna cogliere l'opportunità del finanziamento concesso e porre cosi in atto un primo passo verso una mobilità sostenibile nel tempo. Come giunta comunale abbiamo quindi colto con convinzione questa opportunità, ci siamo attivati ed ora sediamo al tavolo della programmazione e delle decisioni come partner di pari livello con le autorità provinciali. L'assessore Daniel Alfreider mi ha assicurato che cercherà di accogliere tutti i desiderata ed i suggerimenti del Comune e di inserirli negli atti progettuali». Appena possibile l'amministrazione, probabilmente in occasione di una assemblea civica, provvederà ad informare la popolazione circa gli ulteriori progressi effettuati nell'identificare soluzioni per il traffico di lunga prospettiva. E.D.
Corriere del Veneto | 1 Luglio 2021 p. 10, edizione Treviso-Belluno Pista di bob La Regione:«Avanti» Cortina d’ampezzo La pista di bob a Cortina sarà rifatta. Lo conferma la giunta regionale a un’interrogazione di Cristina Guarda (Europa verde): «Come denunciato — accusa la consigliera regionale — è un’opera dai costi faraonici che rischia di diventare una cattedrale nel deserto. Nuova opera stile-Pedemontana: cara da morire e pensata su analisi sovrastimate. Sì alle Olimpiadi come rilancio del territorio, ma non a scapito dell’ambiente».
Gazzettino | 9 luglio 2021
p. 13, edizione Belluno Giochi: territorio e paesaggio sotto l'ala di Comune e Iuav L'Università Iuav di Venezia e l'amministrazione comunale di Cortina collaboreranno per valorizzare territorio, paesaggio e patrimonio culturale, guardando con attenzione ai Giochi olimpici e paralimpici invernali Milano Cortina 2026. LA FIRMA Ieri è stato firmato il protocollo di intesa, dal sindaco Gianpietro Ghedina e dal rettore Alberto Ferlenga, accompagnato dai docenti Paolo Faccio e Francesco Guerra, responsabili scientifici dell'accordo, insieme a Francesco Musco. Il documento di ieri segue la delibera di intenti, votata dal consiglio comunale, lo scorso 31 marzo. Iuav metterà a disposizione il patrimonio di conoscenze ed esperienze per condividere progetti di sviluppo locale e valorizzazione del territorio, anche nella prospettiva delle Olimpiadi 2026, il cui principio più innovativo rispetto al passato è la previsione di costruire da zero soltanto l'8% delle strutture, in favore di una riqualificazione intensiva di ciò che già esiste e può essere riutilizzato. Il sindaco Gianpietro Ghedina commenta: «Con questo protocollo il comune intende acquisire, sviluppare e applicare metodologie di ricerca nei settori della tutela, conservazione, sicurezza e valorizzazione, pianificazione urbanistica e territoriale, in particolare in rapporto ai Giochi 2026». Nel concreto, in linea con le strategie promosse dal Green Deal europeo e con l'Agenda 2030 delle Nazioni Unite, saranno avviati progetti di ricerca per restaurare e riutilizzare edifici e beni artistici mobili e immobili, patrimonio culturale di un territorio di straordinario valore paesaggistico e naturalistico. Iuav indicherà strategie per valorizzare architettura e paesaggio, incluse attività di servizio per azioni intraprese dal comune, per valorizzare e recuperare il patrimonio culturale. IL RETTORE Lo conferma Alberto Ferlenga, rettore di Iuav Venezia: «Valorizzare il paesaggio e il patrimonio culturale, nel contesto di Cortina, patrimonio universalmente riconosciuto, è per Iuav un'occasione davvero speciale e particolarmente stimolante per mettere a disposizione i propri saperi ed esperienze nelle discipline progettuali che governano le trasformazioni di ambiente, città e territori. Un intero settore di ricerca Iuav è dedicato ai paesaggi culturali e l'accordo con Cortina conferma la nostra volontà di contribuire a una cultura europea del paesaggio, indirizzata alla responsabilità della cura dei territori, condivisa tra cittadini, istituzioni, attori economici, professioni». Nell'accordo rientra la possibilità di organizzare conferenze e simposi e avviare esperienze formative condivise, come tutor per tesi di laurea, di dottorato, di specializzazione. Marco Dibona © riproduzione riservata Corriere delle Alpi | 9 luglio 2021 p. 28 Progetti green in vista dei Giochi Comune e Iuav lavorano insieme Obiettivo valorizzare territorio paesaggi, patrimonio culturale e favorire le riqualificazioni delle strutture già esistenti a discapito di nuove costruzioni CORTINA Il sapere a disposizione del territorio per un progetto di valorizzazione tanto innovativo quanto green. Potrebbe riassumersi così il protocollo d'intesa siglato ieri mattina in municipio a Cortina dall'Amministrazione locale con l'università Iuav di Venezia (rappresentata per l'occasione dal rettore Alberto Ferlenga). Dall'altra parte del tavolo il sindaco di Cortina Gianpietro Ghedina che ha "benedetto" la svolta culturale della conca ampezzana in ottica olimpica. Ben delineata la mission che si cela dietro l'accordo: favorire la riqualificazione delle strutture esistenti a discapito di nuove costruzioni. In quest'ottica diventa importante la collaborazione che fornirà al territorio un gruppo di docenti dell'università veneziana che si occupano di architettura, design, teatro, moda, arti visive, urbanistica e pianificazione del territorio. «Attraverso la firma di questo protocollo d'intesa, il Comune di Cortina intende acquisire, sviluppare e applicare metodologie di ricerca nei settori della tutela, della conservazione, della sicurezza, della valorizzazione, della pianificazione urbanistica e territoriale in vista dei giochi olimpici invernali del 2026», ha sottolineato il primo cittadino, «è pertanto con grande piacere che avviamo questa collaborazione con la prestigiosa università Iuav di Venezia, nel comune intento di valorizzare e pianificare il nostro patrimonio culturale e del paesaggio». «Valorizzare il paesaggio e il patrimonio culturale in un contesto come Cortina, che è esso stesso patrimonio universalmente riconosciuto, è per Iuav un'occasione speciale e particolarmente stimolante per mettere a disposizione i propri saperi ed esperienze nelle discipline progettuali che governano le trasformazioni dell'ambiente, delle città e dei territori», ha aggiunto il rettore Ferlenga, «un intero settore di ricerca Iuav è dedicato ai paesaggi culturali e l'accordo con Cortina conferma la nostra volontà di contribuire a una cultura europea del paesaggio, indirizzata alla responsabilità della cura dei territori condivisa tra cittadini, istituzioni, attori economici e professioni». Iuav metterà a disposizione del territorio ampezzano il proprio patrimonio di saperi ed esperienze per condividere progetti di sviluppo locale e di valorizzazione del territorio, in prospettiva olimpica ma non solo, il cui principio più innovativo rispetto al passato sarà costruire da zero solo l'8% delle strutture in favore di una riqualificazione di quelle già esistenti. In linea con le strategie promosse dal green deal europeo e con l'agenda 2030 delle Nazioni Unite, saranno avviati progetti di ricerca per il restauro e il riuso di edifici e beni artistici mobili e immobili. Attività di ricerca anche
operative saranno dedicate all'efficientamento energetico e alla rifunzionalizzazione di edifici tutelati. --Gianluca De Rosa© RIPRODUZIONE RISERVATA Il Corriere della Sera | 9 luglio 2021 p.11, edizione Treviso-Belluno Restauro per il trampolino olimpico Cortina, intesa ateneo Iuav-Comune per progetti «green» ai Giochi 2026 Matteo Riberto CORTINA d’ampezzo L’Università Iuav di Venezia in pista per le Olimpiadi di Cortina: team di professori e studenti svilupperanno progetti «green» per valorizzare l’architettura e il paesaggio della Perla delle Dolomiti in vista dell’evento del 2026. Ieri Il Comune di Cortina e l’Università hanno firmato un protocollo d’intesa per promuovere la valorizzazione del patrimonio naturalistico e culturale della città. Un progetto verrà già presentato a fine mese. «Una tesi di uno studente sul restauro del trampolino olimpico del 1956 a Zuel» svela il rettore Alberto Ferlenga. Professori, ricercatori e studenti lavoreranno a diversi progetti: studi sulla sostenibilità delle infrastrutture previste per i Giochi e una documentazione che ripercorrerà l’architettura storica e rurale che ha contraddistinto lo sviluppo di Cortina in modo che gli interventi di recupero di alcuni edifici siano coerenti col loro passato. Una documentazione preziosa: la previsione, per le Olimpiadi, è di costruire da zero solo l’8% delle strutture puntando a un’ampia riqualificazione delle esistenti. «Auspichiamo che diversi progetti possano concretizzarsi — precisa Ferlenga — valorizzare il paesaggio e il patrimonio in un contesto come Cortina è un’occasione stimolante». Aggiunge il sindaco Gianpietro Ghedina: «Col protocollo il Comune intende acquisire e applicare metodologie di ricerca nella tutela e valorizzazione urbanistica». Intanto entro questo mese via ai lavori per la messa in sicurezza e la bonifica dell’ex casello Verocai. Dovrebbero durare un mese e mezzo per un investimento da quasi 40 mila euro. È il primo degli interventi che l’Agenzia del Demanio sta programmando su immobili che testimoniano la storia della vita in montagna della prima metà del Novecento. Questi beni nascevano come presidio nei collegamenti tra zone impervie e centri urbani. Analoghi interventi dovrebbero interessare altri caselli lungo l’ex Ferrovia delle Dolomiti che univa le province di Belluno e Bolzano e oggi è pista ciclabile.
Corriere del Trentino | 13 Luglio 2021 p. 6 Milano-Cortina,il governatore nel comitato olimpico 2026 La giunta provinciale, nell’ultima seduta, ha affrontato anche il tema dell’organizzazione delle Olimpiadi invernali Milano-Cortina del 2026, approvando l’intesa «con i contenuti degli schemi di decreto del sottosegretario di Stato allo sport concernente l’istituzione del consiglio olimpico congiunto e de forum per la sostenibilità dell’eredità olimpica e paralimpica. Il consiglio olimpico «ha funzioni — si legge nella delibera — di indirizzo generale sull’attuazione del programma di realizzazione dei Giochi, assicurando il confronto tra le istituzioni coinvolge, in ordine alle principali questioni organizzative». Per il Trentino il rappresentante sarà il presidente Fugatti. Corriere del Veneto | 29 Luglio 2021 p. 10, edizione Treviso – Belluno Infrastrutture per le Olimpiadi Gli Industriali: «Il nostro Piano alla Regione e al governo» Belluno «Siamo pronti a mettere a disposizione di Regione e governo il Piano delle infrastrutture che stiamo realizzando con le associazioni degli industriali di Trento e Bolzano e col supporto operativo dell’Università di Padova. Alle istituzioni chiediamo di essere ascoltati in questo percorso lungo cinque anni ma che deve essere proiettato anche sul lungo periodo». Queste le parole di Lorraine Berton, presidente di Confindustria Belluno Dolomiti e coordinatrice del Tavolo nazionale «Sport e Grandi eventi» di Confindustria, dopo l’incontro sulle opere utili all’appuntamento olimpico del ministro Enrico Giovannini e del board esecutivo di Milano-Cortina 2026 con i rappresentanti delle Regioni, delle Province autonome e dei due Comuni sede dei Giochi.
Gli industriali bellunesi, con i colleghi di Trento e di Bolzano, stanno portando avanti da diversi mesi uno studio volto a definire lo stato attuale e gli scenari «pre» e «post» Olimpiadi del sistema delle infrastrutture di trasporto d’interesse per le province sulle quali insiste il Patrimonio Unesco. A elaborarlo i ricercatori del Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale-Icea dell’Università di Padova. «Progetto in tre step — ricorda Berton — Dalla ricognizione e mappatura dell’esistente alla programmazione futura, guardando a uno sviluppo integrato dei territori alpini e delle loro interconnessioni, anche virtuali, con pianura e i Paesi confinanti». Nel caso del Bellunese focus specifici dedicati ai collegamenti intervallivi, dall’Alto Agordino al Comelico, passando per il Basso Feltrino. In chiave trans-provinciale. «Penso alla viabilità tra Falcade e Moena, ma anche tra la parte bassa della provincia e la Superstrada pedemontana veneta, altro asse strategico per merci e persone» rimarca Berton. Un capitolo specifico sarà dedicato allo sbocco a nord da intendersi come «corridoio multimodale», aperto alle varie soluzioni stradali, ferroviarie e telematiche.
COLLEGAMENTO COMELICO-PUSTERIA: GLI AGGIORNAMENTI Corriere delle Alpi | 8 Luglio 2021 p. 27 Collegamento sciistico: progetto corretto, ok dalla Vas Francesco Dal Mas COMELICO SUPERIORE La Valgrande senza traffico? È solo una delle tante soluzioni suggerite al Comune di Comelico Superiore dallo Studio Planning di Mauro Colz (Belluno). Il collegamento sciistico con la Val Pusteria va avanti, ma si contestualizzerà all'interno di un programma di turismo naturalistico - così come sollecitato anche dal mondo ambientalista - che recependo le intuizioni della Fondazione Dolomiti Unesco rilancerà questa parte del Comelico verso quel turismo che nella post pandemia sta andando per la maggiore. Dalle passeggiate alle ciclovie, dalla riscoperta culturale e storica del territorio alla valorizzazione gastronomica, dai musei alle terme. Solo un anno fa, nel municipio di Comelico Superiore si incrociavano le dita augurandosi che per la fine di quest'anno il collegamento tra Padola, precisamente l'ingresso della Valgrande, e il Col Colesei sarebbe stato una realtà. Così non sarà. E difficilmente l'opera potrà essere pronta per la fine del prossimo anno. È più probabile che la data giusta sia quella del 2023. Ma è già un successo, per il sindaco, Marco Staunovo Polacco, e i suoi collaboratori, aver portato a casa da Venezia il benestare della Vas, la Commissione di valutazione ambientale strategica della Regione. Lo studio progettuale è stato approvato, con alcune correzioni che di fatto allontanano il percorso dall'area buffer delle Dolomiti Unesco.La raccomandazione è anche di "mascherarlo", soprattutto l'arrivo, che fra l'altro sarà abbassato di quota in direzione di passo Monte Croce. Adesso, però, si tratta di perfezionare il progetto. Un compito che si era assunta la società pusterese Drei Zinnen, l'investitore privato del collegamento (per la parte pubblica sono a disposizione circa 40 milioni di euro, peraltro fermi da anni). Bisogna adesso vedere chi predisporrà il progetto esecutivo: i collaboratori di Franz Senfter, l'ex magnate dei salumi che ora gestisce la maggior parte degli investimenti nell'Alta Pusteria? Oppure il Comune, attraverso propri professionisti? Il sindaco mantiene sull'argomento il più stretto riserbo, limitandosi a dire che ne parlerà solo nel momento in cui si appalteranno i lavori. Si sa, comunque, che l'impianto sarà articolato in due tronconi, il primo dalle piste del Col d'La tenda verso Bagni, al centro della Valgrande. E da qui parte il secondo che s'innalza in direzione della Val Pusteria. Tante osservazioni recepiscono, di fatto, le obiezioni avanzate dalla Soprintendenza e dagli ambientalisti. Saranno sufficienti, le "correzioni" per consigliare al mondo ambientalista di non ripartire con la "guerra" quando il progetto sarà depositato? Il sindaco Staunovo Polacco ha fatto il primo passo con l'introduzione del blocco del traffico in Valgrande nei fine settimana di luglio e per tutto agosto. Un'iniziativa molto apprezzata fra gli ambientalisti. -© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere delle Alpi | 14 Luglio 2021 p. 26 Mw, ancora no al collegamento anche dopo le prescrizioni Vas COMELICO SUPERIORE Ancora un no del movimento Mountain Wilderness al collegamento tra Padola e la Val Pusteria, in Comelico, attraverso due tronconi di telecabina. La Commissione Vas ha verificato lo studio progettuale del Comune, dando sostanzialmente il via libera, ma con alcune
prescrizioni che di fatto verrebbero incontro ad istanze espresse sia dal mondo dell'ambientalismo che dalla Soprintendenza.Ma MW ribadisce il suo no, anche se il collegamento alto abbassa l'arrivo rispetto alla iniziale collocazione sul Collesei.«Anche il collegamento basso comporterà comunque gravissime ferite a un territorio rimasto finora quasi integralmente intatto», afferma MW, «si pensi, tra l'altro, al grande bacino in progetto artificiale per consentire il continuo innevamento artificiale, all'impianto da Camporotondo al Col de la Tenda, con relative piste e grande parcheggio alla nuova stazione di arrivo in corrispondenza dell'attuale sciovia». Gli ambientalisti affermano che, anche alla luce del fallimento di tante strutture legate agli impianti sciistici di bassa quota, continuano ad essere convinti che le prospettive per il Comelico non possano basarsi sullo sviluppo di un turismo insostenibile, fondato sulla monocultura dello sci da discesa, ma piuttosto su un turismo che si rivolge ai luoghi dove la natura non ha subito aggressioni, che si sta diffondendo sempre di più, come si auspica viene confermato proprio in questa fase di riapertura post Covid. Va peraltro proprio in questa direzione la chiusura alle macchine (nei fine settimana, in luglio e in agosto) della Valgrande. Ma - obietta Mountain Wilderness - la realtà è che questa operazione è funzionale a grandi interessi economici esterni che con opportunismo hanno deciso di utilizzare il notevole finanziamento pubblico per completare un collegamento che darà vita a uno dei più grandi caroselli sciistici delle Alpi; un vero e proprio luna park delle nevi, che lascerà al Comelico, più che le briciole, un territorio devastato. «Si chieda agli investitori privati se sono disposti a portare avanti il progetto anche in assenza di 40 milioni di soldi pubblici. La realizzazione di questo progetto distrugge un bene comune a favore dell'interesse economico di pochi».Ben altra deve essere, secondo MW, la destinazione di quel finanziamento: servizi per i cittadini a partire da quelli sanitari, del tutto carenti, e da quelli scolastici, senza i quali è vano parlare di prospettive per i residenti; strade da mettere in sicurezza e per prime quelle dove più alto è il pericolo di frana; acquedotti da sistemare; alberghi e altre strutture turistiche già esistenti da ristrutturare e valorizzare. --francesco dal mas© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere delle Alpi | 23 luglio 2021 p.27 La Consulta respinge il ricorso veneto contro la blindatura del paesaggio imposta dal Ministero dei beni ambientali Vincoli, mazzata per Comelico e Auronzo «La Regione non può fermare lo Stato» Francesco Dal Mas COMELICO SUPERIORE Devi recintare un orto? Non puoi farlo, se non sei autorizzato dalla Soprintendenza. Hai la canna fumaria da rinnovare? Passa, ancora, per Venezia. Tanto più se ti devi fare la casa nuova. Il nuovo cappotto termico non puoi realizzarlo, se la Soprintendenza non ti dà l'ok. Questi (ed altri) vincoli paesaggistici, imposti un anno e mezzo fa ai Comuni del Comelico e a quello di Auronzo dal Ministero dei beni ambientali e culturali, non verranno tolti. La Regione ha fatto ricorso, un anno fa, per far valere la sua pianificazione, meno restrittiva, ma la Corte Costituzionale li ha di fatto confermati. Le Regioni - si legge nella sentenza n. 164 depositata ieri (redattore Augusto Barbera) - non possono pianificare lo sviluppo del proprio territorio con scelte di carattere urbanistico se non quando queste ultime siano rispettose dei vincoli posti dallo Stato per tutelare beni di valore paesaggistico. Inoltre, lo Stato può adottare la dichiarazione di interesse paesaggistico di un bene anche quando la Regione sia contraria. La tutela di questi beni risponde infatti a una «logica incrementale», che consente alle Regioni di allargarne l'ambito ma non di ridurlo, neppure per mezzo dei piani paesaggistici di competenza regionale, da redigere d'intesa con lo Stato. La Corte ha riconosciuto che neppure la circostanza che il piano paesaggistico della Regione sia in corso di approvazione può privare lo Stato del proprio potere di indicare i beni da tutelare. Essi dovranno perciò essere inseriti nel piano regionale senza modifiche. Si è perciò concluso che la dichiarazione di notevole interesse pubblico dell'area del Comelico rientrava tra le competenze costituzionali dello Stato nei confronti della Regione e si è quindi respinto il ricorso proposto dal Veneto. Questo significa che, come avviene da un anno, ogni intervento che modifichi in qualche modo il paesaggio deve passare dalla Soprintendenza. Non solo il grande impianto, come il collegamento sciistico con la Val Pusteria, o la costruzione di una strada, magari urgente e limitata alle misure di una pista forestale, ma anche il restauro di una casa, la semplice tinteggiatura di una facciata, il cambio di colore delle imposte, la costruzione del più piccolo camino. Non puoi decidere da solo di trasformare l'orto in un giardino (o al contrario), né di recintarlo con una rete anziché con una staccionata. Il che significa che la cantierabilità del progetto, ancorché di nessun impatto, deve ritardare da un minimo di 4 o 5 mesi e arrivare ad anni. Il titolare di una pratica porta il progetto in Comune. L'ufficio tecnico aspetta che si accumulino altri dossier per passarli all'esame di una commissione allargata, comprendente anche un rappresentante della Sovrintendenza. Se il fascicolo riceve il via, il Comune lo inoltra a Venezia, dove riceverà l'esame definitivo. È evidente che se l'intervento è complesso, passano i mesi, se non l'anno, prima di una risposta.«Questo pronunciamento della Consulta», commenta l'assessore regionale Cristiano Corazzari, «non fa altro che contrastare quel principio di autonomia che più volte abbiamo rivendicato, anche in campo urbanistico e paesaggistico. Questo accadeva, in particolare, nel negoziato per l'Autonomia avviato con lo Stato, nel quale abbiamo chiesto la possibilità di assumere la gestione delle Sovrintendenze, vale a dire del settore paesaggistico, a fronte di una profonda conoscenza che la Regione ha del proprio territorio e di una forte sinergia stabilita con le comunità. Questo al fine di evitare che vengano imposti vincoli e definite imposizioni da parte del Ministero non condivisi con il territorio. Situazioni che, ben sappiamo, possono creare problematiche o ostacoli significativi su fronti molto importanti, quali lo sviluppo dei territori, lo sviluppo turistico e la possibilità di dare un futuro concreto ai territori stessi».Per Corazzari non ci sono dubbi: il principio affermato dalla Consulta va in direzione di un centralismo che il Veneto ha sempre combattuto.
Non solo, questa sentenza interpreta una competenza concorrente quale quella della Pianificazione, giustificando l'individuazione di vincoli da parte del Ministero come un'attribuzione costituzionale nella materia della tutela dell'ambiente, riservata alla competenza legislativa esclusiva statale dall'articolo 117. --© RIPRODUZIONE RISERVATA Bottacin: «Il ministero della Cultura decidere se tagliare un albero in un torrente: è assurdo» I sindaci: «Uccidono la montagna, Non si ferma così lo spopolamento» LE REAZIONI Oltre al ricorso della Regione Veneto, ce n'è un altro in ballo, al Tar, da parte dei sindaci, della Provincia e ancora della Regione. «L'esito non è una sorpresa», ammette il sindaco di San Nicolo Comelico, Giancarlo Ianese, e presidente dell'Unione Montana. Purtroppo i vincoli ci sono e sono destinata rimanere. A meno che il Veneto, con la sua battaglia per l'autonomia, non riesca a regionalizzare la Sovrintendenza. La vicenda si è snodata tra polemiche molto vivaci, con proteste di piazza, come a Padola. «Sarà in virtù di quelle mobilitazioni e del pressing di Comune, Provincia e Regione», constata Ianese, «che, per la verità, l'iter tecnico burocratico delle pratiche si è rapidizzato». Se tecnicamente è vero, politicamente resta il problema. «Sono esterrefatta», commenta a caldo il sindaco di Auronzo, Tatiana Pais Becher. «Sono sempre più convinta che imporre un vincolo a un territorio montano già vincolato per il 95% della sua superficie significhi un aumento dei costi e della burocrazia per i nostri cittadini, che già stanno vivendo mille difficoltà per poter rimanere a vivere in montagna. Lo spopolamento è la piaga più grande che sta attanagliando il Cadore, i vincoli paesaggistici imposti senza alcun consenso delle comunità locali non faranno altro che accelerare tale fenomeno». Pais Becher, Ianese e gli altri sindaci sostengono che non possono essere i meri esecutori di ordini imposti dallo Stato senza alcuna condivisione: «Le esigenze della cittadinanza delle nostre valli cadorine sono lontane anni luce dai palazzi romani, così si elimina qualsiasi autorità e autonomia decisionale dei Comuni. Nessun coinvolgimento delle comunità locali e nessuna considerazione nemmeno della Regione Veneto». L'assessore regionale Giampaolo Bottacin che, da bellunese, ha seguito tutta la vicenda, è sconsolato. «Lo Stato decide senza alcuna possibilità per le Regioni di incidere (se non in maniera più restrittiva). Lo potrebbe però fare se fosse attuata l'autonomia che abbiamo richiesto su ambiente e beni paesaggisti regionalizzando le soprintendenze. Nel 2016 avevo fatto una legga regionale che prevedeva la deroga alle autorizzazioni paesaggistiche per i lavori di difesa del suolo legati a questioni di sicurezza. La mia legge fu impugnata da Renzi e la Corte costituzionale ha dato ragione allo Stato. Siamo alla follia, tra l'altro anche in difformità alla direttiva europea sulle alluvioni che pone al primo posto l'incolumità umana e la tutela dell'ambiente al secondo posto».È una situazione assurda, constata Bottacin. «Siamo l'unico paese al mondo che per tagliare un albero in un corso d'acqua deve avere il permesso del Ministero della cultura da cui dipendono le soprintendenze», sospira l'assessore regionale. «Organismi che hanno potere assoluto e con ampia discrezionalità. Sono assolutamente imbarazzato perché questa via presuppone la morte della montagna e di conseguenza della pianura». --© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il Gazzettino | 23 luglio 2021 p.13, edizione di Belluno Vincolo su Comelico e Val d'Ansiei la Consulta dà ragione allo Stato VENEZIA Spettava al ministero dei Beni Culturali l'apposizione del vincolo sull'area alpina compresa tra il Comelico e la Val d'Ansiei. Con questo verdetto la Corte Costituzionale ha risolto a favore dello Stato il giudizio per conflitto di attribuzione tra enti promosso dalla Regione Veneto, che si era schierata a fianco dei Comuni di Santo Stefano di Cadore, Auronzo, Comelico Superiore, San Nicolò, San Pietro e Danta. Restano comunque pendenti davanti al Tar del Lazio i ricorsi delle istituzioni locali, nel timore che la dichiarazione di notevole interesse pubblico, proposta dalla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio, sia il preludio dello stop al progetto di un collegamento sciistico tra Padola e la Val Pusteria. LE MOTIVAZIONI Secondo la Consulta, le Regioni non possono pianificare lo sviluppo del proprio territorio con scelte di carattere urbanistico, se queste ultime non sono rispettose dei vincoli posti dallo Stato per tutelare i beni di valore paesaggistico. Inoltre, lo Stato può adottare la dichiarazione di interesse paesaggistico di un'area anche quando la Regione sia contraria. La difesa di questi beni risponde infatti a una «logica incrementale», che consente alle Regioni di allargarne l'ambito ma non di ridurlo, neppure attraverso i propri piani paesaggistici da redigere d'intesa con lo Stato. Si legge nelle motivazioni: «La tutela ambientale e paesaggistica, gravando su un bene complesso ed unitario, considerato dalla giurisprudenza costituzionale un valore primario ed assoluto, e rientrando nella competenza esclusiva dello Stato, precede e comunque costituisce un limite alla tutela degli altri interessi pubblici assegnati alla competenza concorrente delle Regioni in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali e ambientali». Per i giudici costituzionali, il conferimento allo Stato della competenza legislativa esclusiva in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema «rende del tutto coerente con il disegno costituzionale» la previsione secondo cui «l'autorità statale possa autonomamente rinvenire in un bene le caratteristiche che lo rendono meritevole di tutela, anche se la Regione nel cui territorio il bene si trova dovesse essere di contrario avviso».
LE REAZIONI Furiose le reazioni a Palazzo Balbi. «Questo pronunciamento della Consulta tuona Cristiano Corazzari, assessore all'Urbanistica non fa altro che contrastare quel principio di autonomia che più volte abbiamo rivendicato, anche in campo urbanistico e paesaggistico. Questo al fine di evitare che vengano imposti vincoli e definite imposizioni da parte del ministero non condivisi con il territorio. Il principio affermato oggi va in direzione di un centralismo che noi abbiamo sempre combattuto». Il collega Gianpaolo Bottacin, titolare dell'Ambiente, condivide la preoccupazione dei sindaci bellunesi: «Ora bisognerà capire la percorribilità di una via normativa che, sul progetto dell'impianto di risalita, non renda vincolante il parere della Soprintendenza». Angela Pederiva © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere delle Alpi | 24 Luglio 2021 p. 29 Vincoli, dai legali un barlume di speranza «La sentenza che conta è quella del Tar» AURONZO «La partita dei vincoli paesaggistici non si chiude con la sentenza della Consulta. Rimane ancora del tutto aperta con il ricorso che i Comuni hanno presentato al Tar del Veneto». Lo afferma l'avvocato Bruno Barel che, per conto dell'Amministrazione di Auronzo e insieme ad un pool di altri legali, ha presentato al Tribunale amministrativo regionale l'opposizione ai vincoli imposti dal Ministero dei Beni culturali e ambientali.Le ragioni dell'ottimismo«La Consulta ha esaminato solo l'aspetto della competenza amministrativa dei vincoli, asserendo che essa è in capo allo Stato e non alle Regioni. I sindaci, il presidente della Provincia e la Regione hanno chiesto al Tar, attraverso il ricorso presentato insieme», spiega Barel, «che i nuovi vincoli siano tolti in parte perché illegittimi e in parte anche perché danno adito a confusione in una materia che esige la massima chiarezza». Il Tribunale amministrativo potrebbe pronunciarsi nel merito entro la fine dell'anno. Il supplemento di tutela imposto dal ministero dei Beni ambientali ha vincolato sostanzialmente il 100% del territorio dei Comuni di Auronzo, Comelico Superiore, Danta, San Nicolò Comelico, Santo Stefano e San Pietro. A dire dei sindaci - in particolare di Tatiana Pais Becher, prima cittadina di Auronzo - si tratta di un decreto che porta all'esasperazione: non solo amplia il territorio ingessato, ma di fatto prescrive quello che si può fare e quello che non si può. «Si tratta, dunque, di prescrizioni impositive», osserva il sindaco, «che in precedenza non c'erano. Anche prima del decreto, infatti, c'erano dei vincoli da rispettare, ci mancherebbe altro; ma sostanzialmente il proponente inviava il proprio progetto al Comune e alla Soprintendenza, per ottenere l'autorizzazione. Adesso, invece, vengono prospettati già prima quali sono i limiti da rispettare».Il nocciolo della questioneE proprio su questo eccepisce il ricorso presentato al Tar. La convinzione in Comelico ed in Val d'Ansiei è che la nuova pianificazione paesaggistica sia, di fatto, la risposta della Soprintendenza all'insistenza con cui viene portato avanti il progetto di collegamento sciistico con la Val Pusteria. «Se il vincolo paesaggistico resta tale e quale», commenta l'avvocato Barel, «è difficile che si possa concretizzare quel progetto. Ma noi abbiamo la grande speranza che il Tar, dovendo esaminare la situazione nel suo complesso, trovi il modo di alleggerire il vincolo paesaggistico, riconoscendo quanto in materia è già stato determinato dalla Regione del Veneto» . È infatti inaccettabile, per il legale del Comune di Auronzo, che da Roma si imponga, ad esempio, quanta erba va tagliata nel più remoto pascolo del territorio auronzano, o di quale colore deve essere la recinzione dell'ultimo orto sperduto nellai Val Visdende. Dal Tar, dunque, potrebbe essere riaperto tutto questo capitolo. E, con l'eventuale riduzione dell'ingessatura paesaggistica, facilitare così le procedure per l'autorizzazione dei due tronconi di telecabina tra Padola e Col Colesei. Anche i sindaci, per la verità, nutrono fiducia in tal senso, a cominciare da quello di Comelico Superiore, Marco Staunovo Polacco. --Francesco Dal Mas© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere delle Alpi | 28 Luglio 2021 p. 28 Vincoli, Mw ci mette il "carico" «La montagna si salva solo così» COMELICO SUPERIORE Gli ambientalisti condividono la protezione paesaggistica da parte della Soprintendenza e del Ministero dell'Ambiente e replicano a Confindustria Belluno Dolomiti asserendo che «non sono certo i vincoli a definire la morte della montagna. Anzi, i vincoli, cioè le regole di comportamento di noi umani nei confronti dei beni collettivi naturali, la montagna ad oggi l'hanno parzialmente salvata». Quindi afferma Giancarlo Gazzola, vicepresidente di Mountain Wilderness - sono un valore, frutto di specifiche valutazioni ed attenzione
particolare nell'autorizzare determinati interventi. Gli ambientalisti controbattono anche la tesi che siano i vincoli a provocare lo spopolamento. «I giovani scappano perché la montagna non offre servizi.Scuole sempre più lontane per gli studenti, chiusi reparti interi di ospedali, mancano ambulanze, non viene curato il territorio, le strade a rischio frane nei periodi piovosi o di nevicate, i trasporti pubblici sono sempre più carenti, non si offrono ai giovani né spazi né opportunità di lavoro di alta qualità».MW contesta le risorse destinate alle Olimpiadi 2026, soprattutto gli 85 milioni per la pista di bob a Cortina.«Cose già viste. Questi soldi dovrebbero essere usati per aiutare la gente di montagna e non essere sperperati solo per "prestigio" o rivolti al sostegno di limitati interessi economici» . E poi un'accusa ancora più pesanti ad alcuni proprietari di boschi in Val d'Ansiei. «Ci sono montanari che hanno davvero a cuore il proprio territorio, lo curano con grandi sacrifici, ma anche molti altri che per "trenta denari", specie nelle zone della Val d'Ansiei, svendono boschi e aree prative ad imprenditori altoatesini con l'illusione di arricchirsi, investendo in ingestibili alberghi diffusi e casette di lusso sugli alberi o su palafitte per soddisfare un auspicato aumento di turismo legato al concetto di lusso in montagna. Il tutto invadendo aree aperte, territori liberi da infrastrutturazione, zone molto delicate e straordinariamente belle. In questo modo si tradisce la reale cultura della montagna basata sulla sobrietà e sul limite; per pochi soldi si svendono i beni più preziosi, i gioielli rimasti sul nostro territorio».Quanto, infine, al progetto di collegamento sciistico con la Val Pusteria, MW afferma che, dopo il parere della Vas e della Vinca, si può aprire un confronto su aspetti specifici, ma avendo ben presente come l'ipotesi più elevata in quota sia ormai definitivamente superata. «Probabilmente è meglio, da subito, mettersi a ragionare su altri progetti che tendano al rilancio socioeconomico delle vallate dolomitiche. Su questo siamo disponibili a collaborare» . --f.d.m.© RIPRODUZIONE RISERVATA
COLLEGAMENTO CORTINA-CIVETTA: GLI AGGIORNAMENTI Corriere delle Alpi | 21 Luglio 2021 p. 26 Legambiente premia il ‘no’ al carosello. La bandiera verde issata a Livinallongo livinallongo A Livinallongo la Bandiera Verde di Legambiente. Ogni anno l'associazione ambientalista assegna il riconoscimento a località, enti, associazioni e alle personalità che si sono particolarmente distinti nella difesa del territorio e degli aspetti naturali del proprio comprensorio. Un riconoscimento nato molti anni fa per premiare le buone pratiche per la valorizzazione del territorio, come, a titolo di esempio, le azioni per la tutela contro incendi e dissesto idrogeologico o gli interventi di ripristino.Quest'anno la Bandiera Verde è stata assegnata a Livinallongo, il comune che comprende anche il centro turistico di Arabba, per il merito di aver posto al centro dell'agire amministrativo la resilienza ai cambiamenti climatici e la partecipazione delle comunità nel solco degli obiettivi dell'Agenda 2030, valorizzando il patrimonio naturale riconosciuto dall'Unesco nel cuore delle Dolomiti. In particolare, al centro del riconoscimento di Legambiente c'è l'opposizione da parte del comune ladino al "Carosello delle Dolomiti", un progetto di impianti a fune che mira a unire i comprensori sciistici di Arabba e Cortina passando per la Zona Settsass che, secondo l'associazione Legambiente e numerosi ambientalisti, avrebbe un impatto decisamente negativo sul territorio.Un progetto che è invece fortemente sponsorizzato da Luca Zaia e dalla Regione. «Siamo estremamente contenti di questo riconoscimento che premia i nostri sforzi e la nostra politica per la salvaguardia del territorio in cui viviamo e dove ospitiamo migliaia di turisti nelle due stagioni», commenta Leandro Grones, sindaco di Livinallongo, «la montagna ha bisogno di attenzioni continue e devono essere gli stessi abitanti delle quote alpine i principali attori di questa nuova consapevolezza. Prendersi cura delle nostre vallate è un impegno politico e prima ancora un dovere morale».Resta da capire se le volontà degli abitanti verranno ascoltate da chi nelle montagne vede solo la possibilità della speculazione economica, raccontando di volerle così salvare dall'abbandono. -- G. San. © RIPRODUZIONE RISERVATA
HOTEL A PASSO GIAU: GLI AGGIORNAMENTI Gazzettino | 16 Luglio 2021 p. 11, edizione Belluno «No all'hotel-ecomostro sul Giau» COLLE SANTA LUCIA «Giù le mani dal passo Giau: no a ecomostri che distruggerebbero un habitat unico tra i più pregiati esistenti tra le Dolomiti». L'appello di Italia nostra, Mountain Wilderness, Wwf, Comitato Peraltrestrade Dolomiti e Gruppo Promotore Parco del Cadore contro l'ipotesi di hotel di lusso è stato tradotto nero su bianco in un documento inviato a Soprintendenza, Fondazione Dolomiti Unesco, Comune di Colle Santa Lucia, Provincia di Belluno e Regione Veneto. «Stiamo parlando di un ambito protetto - sottolineano i rappresentanti dei sodalizi - su cui è stato chiesto un intervento edilizio di inaccettabile impatto paesaggistico e ambientale. Per capirci, una volumetria pari a tre edifici di sette piani l'uno. Chiediamo che il Ministero per i beni ambientali e culturali, nel valutare l'intervento, eserciti le funzioni di tutela previste dalla normativa ed esprima parere negativo, senza possibili spiragli di fattibilità». LA PRESA DI POSIZIONE A prendere carta e penna contro quello che definiscono un ecomostro, sono stati Carmine Abate e Giovanna Ceiner (rispettivamente presidenti regionale e provinciale di Italia nostra), Franco Tessadri (presidente Mountain Wilderness), Augusto De Nato (vicepresidente regionale Wwf), Giovanna Deppi (Comitato Peraltrestrade Dolomiti) e Mirta Da Pra (Gruppo Promotore Parco del Cadore). «Partiamo dal presupposto - affermano - che il passo Giau è area protetta paesaggisticamente, che l'intervento proposto si colloca a oltre 2mila metri di altitudine e che la convenzione Unesco, di cui fanno parte le Dolomiti, stabilisce che beni culturali e naturali siti in varie parti del mondo e d'importanza universale debbano essere conservati quali patrimonio di tutta l'umanità. L'area interessata, inoltre, è localizzata nelle vicinanze del Sic Monte Pelmo - Mondeval - Formin, appartenente alla rete Natura 2000». L'ambito in questione, pur essendo in prossimità di località turistiche molto frequentate quali Cortina e Corvara, appare ancora ben conservato e privo di manufatti di rilevante impatto tanto che è luogo privilegiato di spot pubblicitari e riprese cinematografiche (come ad esempio Ladyhawke). IL NO SECCO «Alla luce di questo scrigno di ricchezze - sottolineano gli ambientalisti - segnaliamo la straordinaria gravità di un'iniziativa edilizia che in nome della valorizzazione del passo Giau sarà a breve presentata in sede di Conferenza dei servizi. Tale proposta riguarda l'edificazione di circa 40.000 mc, di cui 24.500 fuori terra, per la costruzione di un grande albergo in sostituzione dell'esistente Enrosadira, a suo tempo acquistato e lasciato in stato di abbandono e degrado dagli attuali proprietari. Forse ai non addetti ai lavori può sfuggire l'imponenza della dimensione, tuttavia, per coloro che si occupano di architettura e urbanistica è ben chiaro che 24.500 metri cubi corrispondono, ad esempio, a tre edifici di almeno sette piani o a una settantina di appartamenti di taglia media. Va inoltre precisato che il terreno è caratterizzato da una cotica erbosa di spessore variabile dai 5 ai 10 centimetri sotto la quale si trova la roccia dolomitica, quella che compone il sovrastante monte Averau. Non è quindi difficile immaginare quali possano essere le problematiche conseguenti all'approvvigionamento idrico e allo smaltimento dei reflui, quali disastri sarebbero causati dalle esplosioni con mina, necessarie per la frantumazione del banco roccioso dolomitico e quali conseguenze potrebbero ricadere su ambiente e paesaggio per la sola formazione e conduzione del cantiere». L'APPELLO «Chiediamo alle autorità competenti - concludono i sodalizi - di escludere qualsiasi intervento edilizio che possa deturpare la località. In particolare, chiediamo che il Ministero per i Beni ambientali eserciti le funzioni di tutela previste dalla normativa ed esprima parere negativo, senza possibili spiragli di fattibilità. Interventi di questa natura rappresentano infatti l'esatto contrario di quello che chiamiamo sviluppo sostenibile in quanto comportano consumo del suolo, danno al paesaggio e all'ambiente, danno irreversibile per tutta la collettività. Da parte nostra, siamo intenzionati a tenere alta l'attenzione e ad avvalerci di tutti i mezzi legali a disposizione per impedire che si realizzi questo ulteriore scempio nel territorio dolomitico».Raffaella Gabrieli
Corriere delle Alpi | 19 Luglio 2021 p. 16 Gli ambientalisti in difesa del Passo Giau «No all'ecomostro da 40 mila metri cubi» La protesta Gianni Santomaso
«No all' "ecomostro" da quarantamila metri cubi che una società russa vuole realizzare a oltre duemila metri sul Passo Giau, in comune di Colle Santa Lucia».La prospettiva di una cementificazione pari a tre edifici di almeno sette piani o a una settantina di appartamenti di taglia media fa inorridire il consiglio regionale veneto, la sezione di Belluno di Italia Nostra, Mountain Wilderness Italia, il Comitato Peraltrestrade Dolomiti e il Gruppo Promotore Parco del Cadore, che hanno chiesto alla Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio, alla Fondazione Dolomiti Unesco, alla Commissione nazionale per l'Unesco, al Comune di Colle Santa Lucia, alla Regione Veneto e alla Provincia di Belluno di intervenire per escludere qualsiasi intervento edilizio con forte impatto ambientale sul Passo Giau. E in particolare si sono rivolte al Ministero per i Beni ambientali e culturali affinché eserciti le funzioni di tutela previste dalle norme ed esprima parere negativo al progetto della russa Tsara Holding Limited.«Tale società», dicono le associazioni ambientaliste, « è la proponente e la finanziatrice di un super ecomostro di 40 mila metri cubi di volumetria (di cui 24.500 fuori terra) che vorrebbe edificare laddove sorge ancora (in abbandono) il piccolo albergo-rifugio Enrosadira». «Facendolo passare come progetto turistico strategico di interesse regionale, disciplinato dalla LR 11/2013», continuano, «il Comune di Colle Santa Lucia sta valutando la realizzazione al Passo Giau di un Hotel 5 stelle gran lusso».Un'operazione che le associazioni reputano sconveniente e dannosa sotto tutti i punti di vista. In primis quello dell'utilità. «Secondo le ottimistiche previsioni dello studio di mercato commissionato», dicono con ironia gli ambientalisti, «questo complesso alberghiero sarà aperto tutto l'anno, impiegherà un centinaio di persone e sarà collegato con navetta (rigorosamente elettrica) con il paese di Colle Santa Lucia che, come per miracolo si salverà così dallo spopolamento, perché i suoi giovani, trovando in loco un impiego, non avranno più motivo di emigrare».I dubbi delle associazioni sono rivolti al fatto che i pochi giovani di Colle Santa Lucia aspirino a fare i camerieri in un hotel 5 stelle e che gli ospiti di tale struttura preferiscano esplorare Colle Santa Lucia e non Corso Italia a Cortina. Ma le critiche mosse al progetto sono anche di carattere paesaggistico e ambientale. «Passo Giau», spiegano puntualmente le associazioni, «è area protetta paesaggisticamente. L'intervento edilizio, decisamente fuori scala rispetto ai manufatti esistenti, localizzato nei pressi dell'area buffer del Sistema 1 Dolomiti Unesco indicata come "Pelmo-Croda da Lago", di cui Passo Giau è parte integrante, porterà sicuramente una nota stonata in un territorio ancora integro e libero dal cemento, recando inevitabilmente notevoli danni al paesaggio e all'integrità del sito». «L'area interessata», proseguono, «è localizzata nelle vicinanze di un sito della rete Natura 2000 tutelato da apposita normativa che prevede la Valutazione di incidenza ambientale (Vinca)».Le associazioni si rifanno ai valori del sito descritti al punto 4.2 del documento Sic It 3230017 Monte Pelmo-Mondeval-Formin (tra cui la presenza del sito mesolitico di Mondeval, le orme dei dinosauri, le iscrizioni rupestri preromaniche, la flora ricca di specie rare, le foreste, i ghiaioni, le crode) per dire che «è difficile pensare che 40 mila metri di cubi di costruito nelle immediate vicinanze possano essere accettabili».Preoccupazioni altrettanto profonde emergono dal punto di vista idrogeologico e sono legate alle problematiche conseguenti all'approvvigionamento idrico, allo smaltimento dei reflui e alle esplosioni con mina, necessarie per la frantumazione del banco roccioso dolomitico. --© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere del Veneto | 21 Luglio 2021 p. 10, edizione Treviso-Belluno Hotel eco-mostro, i Verdi:«Se passa pronti a chiedereil ritiro del titolo Unesco» Colle Santa Lucia Quell’hotel non s’ha da fare. Levata di scudi contro il progetto di un nuovo hotel a 5 stelle sul Passo Giau(foto), con vista diretta su Nuvolau, Tofane e Cristallo. I primi a parlare di «Olimpiadi del mattone» sono stati gli ambientalisti. «In gara per la medaglia d’oro — si legge in un comunicato al veleno — la squadra russa della Tsara Holding Limited, proponente e finanziatrice di un super-ecomostro da 40.000 metri cubi di volumetria (di cui 24.500 metri cubi fuori terra), che vorrebbe edificare laddove sorge ancora, in abbandono, il piccolo albergo-rifugio Enrosadira». Alla posizione contraria ora si aggiungono i Verdi. «Il progetto di costruire un mega-hotel sul Passo Giau è irricevibile — in una nota Luana Zanella, componente della Direzione nazionale di Europa Verde-Verdi e Paolo Perlasca di Europa Verde-Veneto — L’ennesimo teatrino all’italiana, quello di chi, pur in presenza di una struttura sottoutilizzata, viene colto dalla brillante idea di realizzarne un’altra, senza curarsi d’impatto ambientale e paesaggistico e di arginare un consumo di suolo che, nel nostro Paese, costa 2 metri quadrati ogni secondo. Aderiamo all’appello di numerose associazioni ambientaliste, chiedendo al Mibact (ministero per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo) di escludere qualsiasi intervento edilizio con forte impatto ambientale». Aggiungono Zanella e Perlasca: «Già abbiamo espresso la nostra contrarietà al progetto del cosiddetto “Carosello delle Dolomiti” che aggredisce un sito patrimonio Unesco con un’imponente opera di cementificazione. Mentre la crisi climatica continua a erodere il futuro, non è possibile avallare la realizzazione di un eco-mostro che preoccupa anche dal punto di vista idrogeologico». Concludono i Verdi: «Faremo quanto in nostro potere per opporci alle “Olimpiadi del mattone” e alla realizzazione di un hotel 5 stelle in un’area tutelata da Valutazione d’incidenza ambientale. Siamo pronti anche a chiedere simbolicamente il ritiro del riconoscimento Unesco» .
Corriere della sera | 30 luglio 2021
p. 14, edizione Treviso e Belluno Nuovo hotel vip al Passo Giau Ecomostro, Cai sulle barricate Colle santa lucia Anche il Cai (Club alpino italiano) Veneto contro il progetto di un nuovo albergo a 5 stelle sul Passo Giau. «La realizzazione del nuovo comprensorio immobiliare eserciterebbe un impatto devastante sulla zona “Pelmo-Croda da Lago” delle Dolomiti, riconosciuta Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco — spiega l’associazione in una nota — Il Passo Giau è parte di questo territorio e l’intervento edilizio si localizza nei pressi dell’Area Buffer del Sistema 1, recando potenziali danni al paesaggio e all’integrità del sito». Il Cai minaccia anche d’intraprendere le vie legali. «Siamo convinti — aggiunge il presidente Renato Frigo — che il nuovo albergo a 5 stelle sia inutile tenendo conto che il Passo Giau è a poca distanza da località turistiche, molto rinomate e frequentate, quali Cortina d’Ampezzo e Val Badia». Il Cai Veneto si riserva d’intraprendere tutte le azioni necessarie presso gli enti pubblici preposti alla tutela del territorio, invitandoli ad una rigorosa valutazione dell’ipotesi progettuale». © RIPRODUZIONE RISERVATA
MALGA ANTERSACS: LA NUOVA STRADA FORESTALE Alto Adige | 4 Luglio 2021 p. 33 Malga Antersacs, si può realizzare la strada forestale val badia Dopo una lunga battaglia, gli ambientalisti guidati da Michil Costa sono sconfitti: il Consiglio di Stato ha deciso che si potrà realizzare l'ultimo chilometro della strada forestale per malga Antersasc, in Val Badia, anche all'interno del parco naturale Puez Odle. La proprietaria Hanna Mair smentisce che ora si voglia trasformare la malga in un rifugio o in un ristorante, come temono gli ambientalisti: "Vogliamo solo - dice - poterla raggiungere con il trattore o con l'auto e sistemare la stalla".La polemica era sorta anni fa quando gli ambientalisti si erano schierati contro la strada che la Provincia aveva autorizzato per raggiungere la malga nel territorio di San Martino in Badia e nel 2011 il Tar aveva accolto il ricorso di Wwf e Dachverband contro la costruzione della strada forestale. Una serie di ricorsi e controricorsi hanno successivamente condizionato i lavori che la Provincia aveva poi garantito realizzando una strada meno ampia di quella prevista. Un ricorso degli ambientalisti è stato accolto dal Tar. Il successivo controricorso della famiglia che gestisce la malga è stato accolto di recente dal Consiglio di Stato, che ha autorizzato la costruzione dell'ultimo chilometro della strada. La polemica sembra comunque destinata a proseguire anche dopo quest'ultimo intervento del Consigliodi Stato e le rassicurazioni sui lavori previsti per malga Antersacs.
Alto Adige | 7 Luglio 2021 p. 32 «Perso anche l'ultimo paradiso» ezio danieli VAL BADIA «Ho perso una battaglia, non certa la guerra». A dirlo è Michil Costa, albergatore e ambientalista, dopo la sentenza del Consiglio di Stato che ha dato ragione alla proprietaria della malga Antersasc. La strada che da Longiarù porta alla malga può essere costruita anche nell'ultimo tratto di circa un chilometro. Costa, assieme ad altri ambientalisti, era stato protagonista, anni fa, di una battaglia contro la strada. Ora parla della sentenza che lo vede sconfitto. Ma pare di capire che non ha alcuna voglia di rinunciare alla sua battaglia contro il completamento della strada. E ciò anche se la proprietaria della malga dice che il collegamento con Longiarù servirà soltanto a fini agricoli. Quindi nessun aiuto ai turisti. Dice Michil Costa: «Siamo inerti. L'inerzia di chi poteva fare - i governi, la politicae non ha fatto, l'inerzia di chi doveva protestare e l'ha fatto o lo sta facendo con troppa poca veemenza. Personalmente sono perfettamente consapevole di essere parte in causa, faccio l'imprenditore turistico e contribuisco in modo sostanziale a mandare un pezzo di mondo in rovina, a lasciarlo meno bello di come l'ho trovato. E mi rendo conto che laddove avrei la possibilità di portare avanti le mie battaglie (apertura/chiusura dei passi dolomitici a fasce orarie, obbrobri di inquinamenti luminosi anche nei piccoli paesi, grandi
sponsor che minacciano di essere prevaricanti sullo sviluppo di una comunità ed altro) ho perso». Sconfitta personale? «Sì certamente. Ho perso la battaglia sui passi dolomitici, hanno vinto le moto e l'arroganza. Ho perso l'idea di un paese illuminato decentemente e hanno vinto le grandi scritte pubblicitarie e i neon che accecano chi passeggia, ho perso quando immaginavo, vent'anni fa, un paese di montagna non attraversato dai camion ad alta velocità. Ho perso perché i migranti qui non li vogliamo, pur avendo migliaia di letti, e ho perso perché la legge urbanistica ci permetterà di costruire come prima e più di prima». Persa anche la battaglia di Antersasc. «Quest'ultima non è da considerarsi la battaglia più importante, aggiunge solo una sconfitta ad altre. Rispetto pienamente il giudizio del Consiglio di stato, come rispetto tutte le sentenze. I giudici fanno il loro mestiere, reputo che lo facciano bene con cognizione di causa. Non sono più arrabbiato, solo triste. Mi spiace perché quella valle era l'ultima senza accesso stradale, una specie di paradiso immacolato, un posto fuori dal tempo e dai rumori. Eppure non è la strada di Antersasc che mi preoccupa, anzi: il contadino ha il diritto di farsela, ha vinto la causa e sono contento per lui. Forse, ed è questa l'unica speranza che mi rimane, riattiverà quel casolare, ci porterà le pecore, forse farà del formaggio buono. Forse non sarà mai un rifugio a 4 stelle».Poi la stoccata al presidente dell'Hgv e all'assessore Schuler: «Hanno dimostrato, ancora una volta, di essere insensibili a certe problematiche».©RIPRODUZIONE RISERVATA
Alto Adige | 8 Luglio 2021 p. 33 l Cai: «Antersasc non deve diventare malga-luna park» ezio danieli VAL BADIA «Le sentenze si rispettano anche se provocano tristezza. Il nostro compito sarà quello di vigilare con attenzione che quella malga non diventi un'attrazione per i turisti». A parlare é Carlo Alberto Zanella presidente del Cai Alto Adige. La malga è quella di Antersacs e per la strada per il Consiglio di Stato ha dato ragione alla proprietaria. La strada che da Longiarù porta alla malga può essere costruita anche nell'ultimo tratto di circa un chilometro. La proprietaria della malga ha detto che il collegamento con Longiarù servirà solo a fini agricoli. Quindi nessun aiuto ai turisti, almeno per il momento. E proprio qui sta in punto. «Chi mi dice che in futuro sulla strada non passeranno le auto dei turisti, che venga istituita una sorta di navetta per portare la gente fino alla malga che così sarà trasformata in breve in una sorta di attrazione?».La malga è in territorio protetto, all'interno del parco naturale...«E proprio qui nasce il mio dispiacere per la sentenza del Consiglio di stato. Non si è guardato avanti, non s'è pensato al futuro della nostra provincia e di un luogo incontaminato».Il rischio che si corre qual'è?«Che la malga diventi simile a quella di altre zone della Badia dove sono molte le baite diventate un'attrazione per il turismo di massa. Come non ricordare quanto sta avvenendo a Tires?».La proprietaria ha detto che la strada servirà, per ora, solamente a fini agricoli.«D'accordo. Avrei preferito che avesse detto per sempre. In ogni caso voglio sperare che la strada non sia realizzata con i soldi della Provincia. Perché un eventuale contributo di soldi pubblici sarebbe una sorta di anticamera per uno stravolgimento dell'intera zona».Cosa teme in particolare?«Ciò che abbiamo già visto in altre occasioni, Un passo alla volta e il guaio sarà inevitabile. Prima la vendita di bevande e la possibilità di mangiare, poi un parco giochi per i bambini ed altre attrazioni fino ad arrivare ad una navetta che può portare alla Antersasc più gente di quanta possa salire a piedi. Sarebbe la fine di una località splendida e di una malga fatta apposta, per ora, per coloro che vogliono salirci a piedi». Per Michil Costa - difensore della malga e quindi avversario della strada per collegarla a Longiarù - che «la battaglia di Antersasc non è da considerarsi la battaglia più importante, ma solo una sconfitta. «D'accordo con Michil, di cui rispetto il grande impegno contro il collegamento con una strada per la malga, ma quella di Antersasc è l'ultima senza accesso stradale, una specie di paradiso immacolato, un posto fuori dal tempo e dai rumori. Ma non è la strada che mi preoccupa perchè il contadino ha il diritto di farsela, ha vinto la causa . Forse non sarà mai un rifugio a 4 stelle».
Alto Adige | 21 Luglio 2021 p. 33 L'Avs su malga Antersasc: «La strada non è necessaria» Val badia Il Consiglio di Stato ha stabilito che l'alpeggio della malga Antersasc può essere reso accessibile su strada e la decisione ha suscitato l'amarezza degli ambientalisti, cui si aggiunge ora una nota dell'Alpenverein Südtirol - Avs che ricorda come "per la ricostruzione di edifici e strutture, la costruzione di una strada di accesso non è necessariamente richiesta, come dimostrano anche nel nostro paese
le ristrutturazioni e le nuove costruzioni di rifugi di montagna per mezzo di elicotteri o funivie provvisorie". E "per l'uso agricolo dell'alpeggio in una zona a tripla protezione, tutti possono essere tenuti a percorrere i restanti 850 metri dall'attuale fine della strada forestale al limite del bosco fino all'alpeggio. Resta il fatto - continua l'Avs - che le strutture dell'alpeggio non si sono deteriorate perché la strada di accesso non era stata permessa nel 2014, ma perché l'uso agricolo era stato trascurato nei decenni precedenti. Secondo gli esperti, all'alpe manca un elemento molto cruciale per un'attività agricola alpina significativa: l'acqua in quantità sufficiente. E questa circostanza non cambierà con una strada di accesso".L'Avs continua la sua nota: "Antersasc è un'area a tripla protezione come parte del Parco Naturale Puez-Odle, della rete europea di aree protette Natura 2000 e delle Dolomiti Patrimonio Unesco. Il paesaggio è stato ampiamente coltivato per secoli, intrecciato con l'aspro paesaggio naturale delle Dolomiti. La bellezza paesaggistica della zona e la tranquillità prevalente fanno di Antersasc un vero gioiello, un luogo che sta diventando sempre più raro in Alto Adige. Diverse perizie si esprimono contro uno sviluppo per mezzo di una strada forestale. Vista la particolare situazione paesaggistica, l'interesse pubblico a conservare l'area nel suo stato incontaminato è da valutare più alto dell'interesse privato per lo sviluppo completo di questo alpeggio. La gestione dei pascoli alpini è parte integrante dell'agricoltura altoatesina. La gestione sostenibile e tradizionale dei pascoli alpini modella il paesaggio culturale altoatesino e dovrebbe quindi essere promossa dal settore pubblico. Tuttavia, lo sviluppo di strade non è assolutamente necessario per la gestione tradizionale dei pascoli alpini. Al contrario, troppo spesso lo sviluppo è legato a un cambiamento d'uso degli alpeggi: il pascolo del bestiame viene ridotto e vengono in primo piano usi alternativi, anche turistici". E.D.
RIFUGI CORONELLE E PASSO SANTNER: GLI AGGIORNAMENTI Alto Adige | 25 luglio 2021
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Catinaccio, dopo il Coronelle giù anche il rifugio Santner davide pasquali BOLZANO Un vero e proprio assalto al gruppo del Catinaccio, come sostengono il Club alpino italiano dell'Alto Adige e l'Alpenverein Südtirol, sostenuti sia dall'Heimatpflegeverband che dal Dachverband für Natur und Umwelt. Mentre a livello internazionale si discute animatamente sull'opportunità o meno della costosa demoricostruzione - in buona parte a spese pubbliche - dell'ottocentesco rifugio Coronelle oggi di proprietà della Provincia, i privati intanto sorpassano sulla destra: la famiglia Perathoner, gestrice dell'Alpe di Tires, intende demolire e ricostruire il rifugio Santner ai piedi di cima Catinaccio, triplicandone sia l'altezza che i posti letto, trasformandolo in un edificio avveniristico a forma di tenda a quota 2.734 metri. Nel frattempo, a Carezza c'è l'intenzione di erigere due nuovi alberghi superstellati e a Tires sono ormai avviati i lavori per la realizzazione della nuova cabinovia da San Cipriano a malga Frommer, per ora priva di pista da sci ma dotata di pista da downhill per Mtb. Nel frattempo a Tires sono stati presentati progetti per tre nuove vie ferrate.Il Santner, era solo un rifugioIl Santner - realizzato nel 1956 dalla guida fiemmese Giulio Gabrielli - come ricorda il presidente del Cai Alto Adige Carlo Alberto Zanella, venne costruito al culmine meridionale della Croda di Laurino, soprattutto allo scopo di dare rifugio alle guide alpine nel caso dovessero intervenire in soccorso agli scalatori incrodati sulla impegnativa parete Ovest, sopra la Berglerhütte. Per trascorrere la notte, da sempre escursionisti e arrampicatori usano soprattutto il Coronelle sul versante altoatesino, o il re Alberto o il Vajolet o il Preuss sul versante fassano. Al Santner, la sera, i più salgono con un quarto d'ora di camminata dalle Torri del Vajolet per ammirare Bolzano al tramonto. Il rifugio, parzialmente risanato a inizio anni Duemila, era poi stato chiuso nel 2013 e riaperto solo nel 2019. Anche a riprova, fanno notare Cai e Avs, che non si facessero proprio affari d'oro. Più comodo, una volta terminata la via attrezzata del passo Santner o la via normale a cima Catinaccio, ritornare a dormire giù a valle.La nuova strutturaNel 2018 la famiglia Perathoner dà incarico al rinomato studio di architettura Senoner-Tammerle di Castelrotto - loro il progetto di ristrutturazione dell'Alpe di Tires e del rifugio Petrarca o Stettinerhütte (gruppo di Tessa) - di progettare la demoricostruzione del Santner. I primi elaborati, con un sospiro di sollievo da parte dell'Avs che aveva avuto modo di entrarne in possesso, vengono respinti. L'intenzione è demoricostruire, alzare, ampliare i posti letto. Oggi sono una dozzina, con l'ultimo progetto diventeranno 32 («Il primo progetto però ne prevedeva 42», chiarisce il presidente dell'Avs Georg Simeoni). Da un piano ora si passerà a tre. A quanto pare, il progetto sarebbe già stato approvato dal Comune di Tires, dalla Provincia, nonché dalla Fondazione Unesco. L'edificio, a poche centinaia di metri in linea d'aria dalle Torri del Vajolet, si trova infatti sia all'interno del perimetro delle Dolomiti patrimonio dell'Umanità sia in quello del parco naturale provinciale Sciliar Catinaccio. Secondo quanto dichiarato al sito ildolomiti.it, i Perathoner ritengono indispensabile adeguare la struttura alle esigenze contemporanee, soprattutto per questioni di spazio: servizi non adeguati, magazzino piccolo, frigorifero mini eccetera. L'Alpenverein questa settimana ha chiesto lumi a livello amministrativo, ma per il momento non sono arrivate risposte. «Se il progetto - cui sia noi che il Cai siamo profondamente contrari - fosse stato approvato davvero, a nostro avviso rappresenterebbe un vulnus molto grave. Non si è nemmeno convocato l'Alpinbeirat, la consulta istituita per legge dalla Provincia e di cui facciamo parte». Già sufficienti gli attuali posti letto, sostengono le associazioni alpinistiche, assai critiche sia nei confronti della Provincia che della Fondazione Unesco. Tuona Zanella del Cai: «La nostra impressione è che l'Unesco non abbia portato alcun beneficio alle Dolomiti. Finora c'è stato solo questo: un aumento di traffico e di interessi da parte dei potentati economici, gli esempi recenti in Dolomiti sono innumerevoli».La nouvelle vagueSia Simeoni (Avs) che Zanella (Cai) sono tutt'altro che estremisti dell'ambientalismo, contrari a oltranza alle innovazioni. Condividono, per dire, i recenti interventi provinciali per risanare in stile contemporaneo tre storici rifugi, catapecchie o minacciati dal pericolo slavine. Sono però stupefatti di ciò che sta accadendo a Carezza. È appena stato terminato un nuovo impianto con stazione a monte interrata, proprio sotto il Coronelle. Era prevista a corredo anche una torre in cristallo alta 18 metri, poi bocciata per l'opposizione delle associazioni alpinistiche. La torre però, raccontano ora Cai e Avs, si è ripresentata sotto altra forma: un nuovo moderno albergo di lusso per sciatori, da sfruttare quasi tutto l'anno al posto della storica Kölnerhütte estiva, eretta a fine Ottocento dalla sezione Renania del Döav, il Club alpino austro-tedesco, ampliata poi nel 191112 con un ulteriore dormitorio. «C'è poco da salvare», spiega la Latemar Carezza Srl della famiglia Eisath. «Conviene demolire e ricostruire». Un progetto da 13 milioni di euro. «Che pagheremo in buona parte noi», tuona Zanella. E Simeoni rincara: «Una partnership pubblico privato di 35 anni in cui oltre il 40% dei lavori sarà a carico della Provincia, che poi dovrebbe versare oltre mezzo milione di euro l'anno come contributo di gestione. Una cifra folle. Fra Cai e Avs gestiamo 25 rifugi, per la cui manutenzione ordinaria, sentieri compresi, in totale spendiamo cinquecentomila euro l'anno». La nouvelle vague sarebbe questa: giù i vecchi rifugi, su alberghi con ogni comfort magari spa compresa, serviti da impianti, non tanto destinati a escursionisti e alpinisti, ma a turisti abbienti, sciatori in inverno, e-biker in estate. In questo si inquadra anche la nuova cabinovia da San Cipriano a malga Frommer. «I lavori sono già stati avviati, per ora solo pista da downhill, ma sappiamo come vanno a finire le cose, di solito», chiosa Simeoni. E Zanella: «Ci auguriamo che non chiudano la strada da Tires per consentire più introiti alla cabinovia», commenta Zanella.Intanto, dopo una prima bocciatura al Tar, si ritorna alla carica per un albergo di lusso con chalet diffusi a malga Angerle a Carezza (si pretendevano 230 posti, ora ci si accontenterà di 60). E in Comune a Vigo di Fassa si è chiesta una variazione urbanistica per un nuovo albergo di lusso a passo Costalunga, a fianco di Felicetti.
PASSO ROLLE: GLI INTERVENTI L’Adige | 29 Luglio 2021
p. 33 Passo Rolle cambia volto, finita l'era dell'ecomostro PASSO ROLLE Da ieri si può dire che un'era nuova è iniziata a Passo Rolle. Addio alll'ormai storico ecomostro e al suo posto una piazza e diversi servizi per residenti e ospiti. Con la consegna del cantiere alle ditte che si sono aggiudicate l'appalto, è stata avviata ufficialmente la riqualificazione dell'area dopo la demolizione dell'ex albergo "Passo Rolle", un intervento che si pone come il primo passo in vista del collegamento San Martino - Passo Rolle.«Il compendio, posizionato in corrispondenza del passo all'interno del Parco naturale Paneveggio Pale di San Martino, costituisce una innata porta di ingresso in una terra che rappresenta un patrimonio culturale e paesaggistico di grande valore» osservano gli assessori allo sviluppo economico Achille Spinelli e allo sport e turismo Roberto Failoni. I rappresentanti della Giunta evidenziano come sia fondamentale investire in «un turismo che faccia della qualità e della sostenibilità i cardini dello sviluppo locale e del Trentino, valorizzando il paesaggio e l'ambiente naturale che rappresentano risorse inestimabili per la nostra terra».L'appalto principale è stato aggiudicato all'impresa Ste Costruzioni generali srl di Moena, mentre la realizzazione dell'area giochi è stata affidata alla ditta Il Gabbiano scs di Trento.ll progetto, sviluppato dall'architetto Cesare Micheletti di Cavalese, è costituito da una piazzetta centrale per la socializzazione di visitatori ed escursionisti, anche per svolgere varie attività ricreative all'aperto. Non mancherà un edificio info-point sospeso, la fermata per il trasporto pubblico, un punto ristoro per i ciclisti e un piccolo parcheggio di servizio per la sosta breve di auto e moto.La sistemazione paesaggistica, a corredo della zona centrale, partirà dalla paretina in roccia a vista che delimita il piazzale, in corrispondenza della quale sarà realizzato un giardino roccioso alpino con le principali specie botaniche tipiche degli habitat delle Dolomiti e del Lagorai. L'intervento comprende anche la sistemazione del collegamento pedonale con la sovrastante chiesetta mediante due percorsi: il primo consiste in un vialetto che si sviluppa sinuoso
lungo il pendio e rende accessibile a tutti il sagrato della cappella; il secondo è formato invece da una scalinata che attraversa più direttamente il giardino botanico. Anche il sagrato sarà oggetto di una riqualificazione al fine di costituire un vero e proprio belvedere panoramico. Completa l'intervento la realizzazione di un'area giochi composta da cinque totem in legno: essi, oltre ad essere delle stele giocabili e scalabili che permettono la visione e la conoscenza del paesaggio circostante, diventano anche un landmark che compone la scritta "Rolle"Il L'intervento di riqualificazione è frutto dell'accordo sottoscritto a fine 2019 tra Provincia autonoma di Trento, Comune di Primiero San Martino di Castrozza e Patrimonio del Trentino spa. Un accordo che prevede la sistemazione paesaggistica dell'area di risulta dalla demolizione dell'ex struttura ricettiva e di realizzazione di spazi pubblici destinati a servizi collettivi. A tal fine, il Comune ha stanziato l'importo lordo di 70.000 euro e ha provveduto ad acquisire, nel 2020, un comodato gratuito sull'area pertinenziale della chiesetta della Madonna Assunta, di proprietà della Parrocchia dei Santi Martino e Giuliano di Siror. Patrimonio del Trentino si è invece fatto carico della progettazione, dell'acquisizione di tutte le necessarie autorizzazioni e dell'esecuzione dei lavori, impegnando a tal fine la somma di 330mila euro.
TRAFORO SOTTO IL GIAU: LA PROPOSTA Corriere delle Alpi | 29 Luglio 2021 p. 15 Un traforo sotto il Giau Gli industriali di Belluno Trento e Bolzano riscrivono la viabilità I PROGETTI Un piano strategico di infrastrutturazione della montagna perché le Olimpiadi del 2026 lascino davvero il segno in termini di sviluppo. Lo stanno mettendo a punto le Confindustrie di Belluno, Trento e Bolzano, in collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale - Icea dell'Università degli Studi di Padova. Diciamo subito il grande sogno a cui gli imprenditori hanno già rinunciato: un grande asse ferroviario tra Venezia, Belluno, Monaco; 10 miliardi di costo e 30 anni di cantieri, quindi no. Invece più fattibili sono altre opere, magari di collegamento intervallivo. A cominciare dal trasporto su gomma, ecco l'opportunità di un corridoio diretto per Cortina: ricalibratura della Feltrina, con innesto sulla Pedemontana, tunnel sotto il lago di Alleghe (previsto dalla regione nel Pnrr) e collegamento con l'Ampezzano in galleria sotto il Giau. Ipotesi, questa, che rilancia il Sellaronda in tunnel, sotto la montagna, fra Arabba e Selva di Cadore, Canazei e Corvara, con una grande rotonda d'incrocio sotto il grande massiccio. Un altro collegamento ritenuto indispensabile è quello tra la Valle del Bios e la Val di Fassa, o quella di Fiemme. Dall'altra parte della provincia. Si danno per scontate le circonvallazioni olimpiche di Cortina e di Longarone, ma si chiede all'Anas di rimettere in sicurezza la galleria del Comelico e di trasformare la vecchia statale, lungo il lago di Vigo, in pista ciclabile, dimensionata però anche per il traffico automobilistico in caso d'emergenza. Meglio ancora se il Comelico verrà collegato alla Val Pusteria attraverso un nuovo tunnel sotto il passo Monte Croce. Un capitolo specifico sarà dedicato allo sbocco a nord da intendersi come "corridoio multimodale", aperto alle varie soluzioni stradali, ferroviarie e telematiche. Fino a quando l'Austria e la Germania dovessero mantenere il no ad una nuova autostrada, Confindustria Dolomiti propone alla Regione Veneto di riprendere lo studio di proseguire il treno delle Dolomiti fino a Dobbiaco, per potersi collegare poi a Lienz, da una parte, e a Bolzano (ferrovia del Brennero), dall'altra. Non mancherà un altro capitolo, dedicato al trasporto a fune: non tanto per nuovi collegamenti sciistici, ma per collegare centri a valle con borghi in quota, magari attraverso cabine che possano essere rimorchiate da veicoli elettrici ad hoc a fondovalle.«Siamo pronti a mettere a disposizione di Regione e Governo il piano delle infrastrutture che stiamo realizzando», annuncia la presidente Lorraine Berton, «la sfida delle Olimpiadi 2026 si vince con il coinvolgimento delle imprese e di tutti gli attori del territorio. Alle Istituzioni chiediamo di essere ascoltati in questo percorso lungo cinque anni ma che deve essere proiettato anche sul lungo periodo» . Prendendo atto che Regione ed Esecutivo hanno avviato un percorso importante sull'infrastrutturazione olimpica, Berton mette a disposizione del governatore Zaia le proposte dell'associazione, considerando che presto sarà presentato un tavolo sinottico complessivo di opere, finanziamenti e criticità. Gli industriali bellunesi infatti con i colleghi di Trento e di Bolzano stanno portando avanti da mesi uno studio volto a definire lo stato attuale e gli scenari pre e post Olimpiadi del sistema delle infrastrutture di trasporto di interesse per le province su cui insiste il Patrimonio Unesco». -Francesco Dal Mas © RIPRODUZIONE RISERVATA
SITI UNESCO DEL VENETO: IL CONVEGNO Corriere delle Alpi | 14 Luglio 2021 p. 10 Veneto, se la bellezza produce valore Valdobbiadene Si può dare un valore misurabile alla bellezza? Se lo chiede chi vive e lavora sulle colline del Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene, l'ultimo arrivato tra i Patrimoni dell'Umanità Unesco in Veneto, e se lo chiederanno i protagonisti della quarta e ultima tappa degli appuntamenti di Green & Blue, hub del Gruppo Gedi dedicato ai temi della sostenibilità. Domani alle 20.45 - in diretta su greenandblue.it da Villa dei Cedri a Valdobbiadene - va quindi in scena "Quanto vale la bellezza", serata dedicata alla prospettive economiche, ma non solo - delle eccellenze ambientali e culturali del Veneto. Interverranno, tra gli altri, i due rappresentanti dei siti Unesco trevigiano e bellunese: Marina Montedoro, presidente dell'Associazione per il patrimonio delle colline Unesco, e Mara Nemela, direttrice Fondazione Dolomiti Unesco. Con loro, nel dibattito centrale del programma, si confronterà anche la voce di un... aspirante patrimonio Unesco: Padova infatti attende nei prossimi giorni il sigillo da Parigi, per il riconoscimento dei suoi affreschi del Trecento (Giotto e i suoi contemporanei), che di fatto segnerebbe il nono tesoro della nostra regione in questo pregiato elenco internazionale. Per questa candidatura, ormai in dirittura d'arrivo, parlerà Andrea Colasio, assessore alla Cultura del Comune di Padova. Sarà della partita anche il primo responsabile delle politiche venete per questo settore: Federico Caner, assessore al Turismo. Dunque arte e verde, montagne e colline, cultura e produzione. Un ospite di grande rilievo sarà il geologo Mario Tozzi, divulgatore scientifico, saggista, autore televisivo e conduttore televisivo. Uno dei primi punti di riferimento per la "comunicazione ambientale" in Italia. Tra i protagonisti Filippo Rodriguez, responsabile sostenibilità Enel Italia. L'incontro sarà moderato da Luca Ubaldeschi, direttore Il Secolo XIX e coordinatore degli appuntamenti "I territori Green & Blue"; da Fabrizio Brancoli, direttore La Tribuna di Treviso e quotidiani veneti Gnn, e da Francesca Sforza, vicedirettore Green & Blue e giornalista La Stampa. Domani sui quattro giornali veneti del Gruppo Gedi, inoltre, l'inserto Green & Blue dedicato ai patrimoni Unesco del Veneto. Quanto vale la bellezza delle colline Unesco, per esempio? Dal punto di vista economico è dal 7 luglio 2019, giorno della proclamazione a Baku, che gli addetti ai lavori provano a darsi una risposta. E una sorta di "business plan" - spazzato via dal Covid nel corso del 2020, ma all'epoca nessuno poteva saperlo - era stato presentato. Si partiva, quindi, dai 400 mila turisti registrati nel 2019 nei 15 Comuni del Conegliano-Valdobbiadene, ciascuno con una spesa media di 285 euro a testa: 135 di pernottamento (quasi tutti per una o due notti), il resto in acquisti sul territorio, dalle bottiglie comprate direttamente dal produttore alle cene al ristorante o in agriturismo. Sempre secondo i calcoli dell'era pre-Covid, quei 400 mila turisti sarebbero dovuti crescere del 20 per cento ogni anno grazie al "brand" Unesco, tanto che oggi dovremmo essere a quota 576 mila. Il conto è presto fatto: nel 2021 il riconoscimento Unesco avrebbe dovuto riversare sui colli del Conegliano-Valdobbiadene qualcosa come 164 milioni di euro solo per quanto riguarda le presenze turistiche. Un calcolo "parcheggiato" in attesa che cadano le ultime restrizioni alla mobilità. E poi per il Prosecco c'è la partita commerciale. Unesco ha più volte ribadito che il titolo di "Patrimonio dell'Umanità" non può essere utilizzato per vendere un prodotto, ma va da sé che grazie alla proclamazione di Baku il Prosecco è diventato una volta di più un brand conosciuto in ogni angolo del mondo. Il business delle bollicine vale circa 3 miliardi declinato nelle tre denominazioni Doc, Docg Conegliano-Valdobbiadene e Docg Asolo, un impero che l'emergenza Covid è riuscita a scalfire solo in parte, con una sostanziale tenuta delle vendite. Ma la bellezza ha anche (tanto) valore immateriale, che sui colli del Prosecco si traduce in una transizione virtuosa, iniziata ben prima di Unesco, verso l'agricoltura senza chimica, con l'utilizzo di prodotti fitosanitari a basso impatto ambientale. -- andrea de polo© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere delle Alpi | 14 Luglio 2021 p. 10 Confronto sul futuro con il commissario Ue Valdobbiadene Gli interventi della serata "Quanto vale la bellezza", domani dalle 20.45 in diretta streaming su greenandblue.it da Villa dei Cedri a Valdobbiadene, sono affidati a Mario Tozzi, geologo e divulgatore scientifico; Luciano Fregonese, primo cittadino del Comune di Valdobbiadene; Federico Caner, assessore della Regione Veneto a Fondi UE, Turismo, Agricoltura e Commercio estero; Andrea Colasio, assessore alla Cultura del Comune Padova; Marina Montedoro, presidente dell'Associazione per il patrimonio delle Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene; Giancarlo Moretti Polegato, patron di Villa Sandi; Mara Nemela, direttrice della Fondazione Dolomiti Unesco; Filippo Rodriguez, responsabile sostenibilità Enel Italia. In collegamento streaming interverrà anche il
lituano Virginijus Sinkevicius, commissario europeo per l'ambiente. Moderano Francesca Sforza, vice direttore di Green and Blue e giornalista La Stampa; Fabrizio Brancoli, direttore La Tribuna di Treviso e quotidiani veneti Gnn; Luca Ubaldeschi, direttore Il Secolo XIX e coordinatore degli appuntamenti "I territori Green and Blue". Spettacolo teatral-muscale con Bandakadabra. È la quarta tappa degli appuntamenti di Green and Blue, l'hub del Gruppo Gedi dedicato all'innovazione per la sostenibilità e l'ambiente.--© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere delle Alpi | 14 Luglio 2021 p. 17 Il Piave strada del turismo Doglioni: servono navette per chi sbarca a Venezia IL focus Il futuro turistico delle Dolomiti Unesco, come pure quello delle Colline del Prosecco che da due anni sono "patrimonio dell'umanità", passa lungo il Piave. Paolo Doglioni, presidente di Confcommercio, ne è così convinto che afferma: «Il percorso del Piave ci mette nella condizioni di promuovere la destagionalizzazione dei flussi turistici in montagna». Il Piave? In che modo? «Milioni di turisti arrivano a Venezia ogni anno, perché non si possono programmare un tour che vede da Venezia partire "navette" che arrivano nella Marca Gioiosa di Treviso per poi proseguire, in tempi liberi e prestabiliti, per le montagne bellunesi?».Doglioni interviene anche nella sua nuova veste di incaricato per il turismo delle province di Belluno e Treviso dalla Cciaa. E pure come uno dei 40 saggi del Tavolo tecnico scientifico che dovrà predisporre la legge sulla montagna. «Il turista - spiega, cercando di conciliare le esigenze di Belluno e Treviso potrebbe in pochi giorni, in questo caso, vedere tre ambienti diversi ed unici: lo splendore di Venezia con la laguna e i suoi monumenti antichi, la marca Trevigiana con le ville del Palladio e la ricerca del Prosecco tra le sue splendide colline e infine una realtà unica : le Dolomiti con gli scenari unici, magari con la possibilità di fare una esperienza con gli sci, oppure un treking a vari livelli nei rifugi, assaporando i prodotti di una agricoltura eroica con cibi particolari quale il pastin, una griffe esclusiva di questi territori montani». Per fare questo, però, ci vogliono - secondo Doglioni - progettualità, conoscenza delle lingue, strutture preparate ed adeguate, in ambienti dove non manchino i servizi, perché «non si costruisce nulla nel deserto, lontano da tutto». Tutto si tiene, secondo il presidente dei commercianti. «In questa prospettiva - dice - i negozi in quota devono essere aiutati con contributi ed esenzioni fiscali che verranno ampiamente ripagate dalle tasse derivanti da questo lavoro». Al tavolo con i bellunesi Andrea Ferrazzi, Sergio Pra e Daniele Trabucco, istituito dal ministro Gelmini, Doglioni ha presentato un programma dall'ermetico, ma suggestivo titolo "Nutrire la montagna, perché la montagna ci nutra". «Se la montagna deve vivere - fa sintesi - bisogna che si ripopoli e ciò può avvenire solo con un progetto attrattivo in modo particolare per le nuove generazioni che possano vedere nella montagna una possibilità lavorativa economicamente appagante. Lo stesso meccanismo attrattivo deve avvenire con il possibile insediamento nei fondo valle di nuove attività artigiane e industriali, mentre in tutto il territorio devono poter vivere dignitosamente esercizi commerciali e turistici in collaborazione con attività agricole e di allevamento di animali produttori di latte e carne. Pertanto si deve trovare un equilibrio tra i settori primario, secondario e terziario". Il ripopolamento delle aree montane, specialmente da parte dei giovani, necessita di sicurezza lavorativa, di collegamenti veloci e facili, di servizi e strutture adeguate, di garanzie per il futuro.«Non si può pensare, oggi, di vivere e lavorare con la famiglia in un posto dove non ci siano vicini negozi di alimentari e di altro tipo, scuole, assistenza medica, punti di ritrovo e infrastrutture essenziali - sottolinea Doglioni - Teniamo presente che il ripopolamento delle aree di montagna ha come conseguenza la tutela del territorio a salvaguardia di fenomeni idrogeologici e franosi con un effetto positivo per tutte le aree a valle della montagna e quindi ecco un primo vantaggio per l' economia nazionale». --fdm© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere delle Alpi | 18 Luglio 2021 p. 18 Dolomiti e Prosecco ora aspettano Giotto Nel "team Unesco" di Villa dei Cedri le Dolomiti e le colline del Prosecco accompagnano gli affreschi patavini del Trecento verso l'ammissione all'esclusivo club. Si deciderà tra il 24 e il 27 luglio se anche i capolavori di Giotto saranno Patrimonio dell'Umanità, intanto l'assessore alla Cultura di Padova, Andrea Colasio, è salito sul palco di Green & Blue assieme a Mara Nemela, direttrice Fondazione Dolomiti Unesco, e Marina Montedoro, presidente Associazione per il patrimonio delle colline Unesco. Parola d'ordine: collaborare, perché solo uniti si possono vincere le sfide dell'economia, del turismo, dell'ambiente. «Dobbiamo fare rete tra gli otto siti riconosciuti del Veneto, ci auguriamo presto nove» ha ribadito, durante il panel moderato dal direttore dei quotidiani veneti Gedi Fabrizio Brancoli, Marina Montedoro. «Siamo accomunati dallo stesso obiettivo: mantenere alto l'interesse per questi siti e promuovere tutto il Veneto nel mondo con un'unica voce». E fare rete aiuta non solo il turismo ma anche le popolazioni locali, è convinta Mara
Nemela: «Lavorare assieme agli altri territori consente alle popolazioni di montagna di uscire da una certa marginalità».Ma la serata di Valdobbiadene ha vissuto anche (e soprattutto) di suggestioni, dal primo bacio della storia dell'arte, nella Cappella degli Scrovegni, evocato dall'assessore Colasio, alla più prosaica Villa Carlotta sul lago di Como, ricordato da Montedoro come la più recente «bellezza» vista di persona. E di bellezza s'intende Mara Nemela, dal privilegiato osservatorio sulle Dolomiti. È il sito, fra i tre sul palco, che da più tempo gode del marchio Unesco; cos'ha insegnato finora questa esperienza? «Che la bellezza passa per il filtro della conoscenza dei luoghi e l'importanza scientifica» risponde Nemela, «il paesaggio non è una cartolina ma un'entità da proteggere con un incessante lavoro delle popolazioni, che devono trasmetterne la vera essenza. Essere patrimonio Unesco vuol dire svelare bellezza ma soprattutto rendere il proprio territorio riconoscibile anche per le popolazioni locali. La cura dei luoghi è un cardine per le Dolomiti e per qualsiasi altro sito». --a.d.p.© RIPRODUZIONE RISERVATA
NOTIZIE DAI RIFUGI Corriere delle Alpi | 4 Luglio 2021 p. 19 Stenta a decollare l'estate del VII Alpini «Pochi escursionisti» Fabrizio Ruffini BELLUNO Rinnovato e attivissimo, ma ancora con troppi pochi visitatori. Stenta a decollare la stagione al rifugio VII Alpini di proprietà del Cai di Belluno: i sentieri sono ancora poco battuti dagli escursionisti, per lo più italiani, e molto raramente si incontra qualcuno interessato a fermarsi per la notte. «Parliamo di un fondamentale presidio territoriale ai piedi della Schiara, una zona che sarebbe estremamente selvaggia senza la presenza e la passione dei gestori del VII Alpini», commentano dal Cai, «dobbiamo essere tutti vicini a questo luogo, terminando qui una bella passeggiata e sostenendolo al meglio per la stagione».A gestire il rifugio ci sono Lara Forcellini e il suo staff, che negli ultimi mesi hanno visto trasformarsi l'edificio, con gli importanti ammodernamenti portati dal Cai di Belluno grazie al contributo dell'Ente Parco. Da poche settimane, infatti, sono stati sostituiti tutti gli infissi con modelli di uguale colore, ma tenuta ben maggiore, in modo da migliorare il confort degli ospiti; inoltre sono stati ripensati anche gli spazi interni del rifugio, con lo spostamento del bancone e una miglior disposizione dei servizi, in modo da far sentire subito a casa anche l'escursionista che per la prima volta si trovi a varcare la soglia in cerca di riparo o di un pasto caldo.«Purtroppo però, per il momento non c'è ancora un gran movimento su sentieri e ferrate», spiega Forcellini, «chi è abituato ad andare in montagna si porta il pranzo da casa, ma soprattutto ce ne sono pochissimi che si fermano a dormire, cosa che per noi rappresenta il grosso del lavoro».Il rifugio può ospitare oltre cinquanta persone, ma le camerate al momento sono semi-deserte e il problema non sembra proprio essere il Covid: «L'idea che ci siamo fatti», continua la titolare, «è che la gente preferisca sempre di più i posti comodi da raggiungere. Il VII Alpini è il premio per chi fa la fatica di arrivare fin quassù ed evidentemente ci sono sempre meno persone disposte ad affrontare questo tipo di escursioni».La speranza, però, è sempre l'ultima a morire. Il rifugio quest'anno ha aperto leggermente in anticipo rispetto all'anno scorso, che comunque aveva fatto registrare un'ottima affluenza, anche se distribuita quasi esclusivamente nei weekend: «In passato l'80% dei nostri clienti era straniero, che per il momento si vedono ancora raramente. Le previsioni che facciamo è che si possa vivere qualcosa di simile anche quest'anno, magari da metà luglio in poi, anche se con numeri più ridotti», conclude Forcellini, «se andrà meglio sarò ben contenta di essere smentita». --© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere delle Alpi | 4 Luglio 2021 p. 19 Il nuovo bivacco Sperti pronto a volare fino alla Pala Belluna BELLUNO È pronto a volare in vetta il nuovissimo bivacco Sperti, appena consegnato alla sezione Cai di Belluno dalla ditta Bortoluzzi di Alpago.La sostituzione della vecchia struttura con una più moderna e sicura avverrà nei prossimi giorni, grazie all'utilizzo dell'elicottero, sancendo così l'ultimo atto di un lungo lavoro portato avanti dal club alpino nell'ultimo anno per migliorare lo stato di uno dei suoi gioielli storici. Il rifugio d'emergenza, posizionato sullo zoccolo della Pala Belluna della Schiara, è da sempre tra i più amati dagli scalatori dolomitici, grazie alla vista spettacolare che offre, e attendeva da tempo un restyling che ne migliorasse la tenuta termica e la sicurezza. «Il
vecchio bivacco era messo in condizioni precarie oramai da tempo ed era venuto il momento di sostituirlo», spiegano dal Cai, «quello nuovo è completamente coibentato e costruito con materiali migliori. Pensiamo alla finestra in doppio vetro e al legno utilizzato per rivestirne l'interno».Nel frattempo, la vecchia struttura è già stata smontata e portata a valle nei giorni scorsi, ma questo non vuol dire che verrà gettato, anzi, si avranno presto novità di quella vecchia casetta di metallo rossa che è stata testimone di tante imprese di alpinisti da tutto il mondo e che ha sicuramente salvato tantissime vite proteggendo dal freddo e dal maltempo chi in passato si è fatto sorprendere in quota. --f.r.© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere delle Alpi | 6 Luglio 2021 p. 15 Una partenza soft per l'estate dei rifugi «Ma con il bel tempo facciamo il pienone» Francesco Dal Mas BELLUNO Rifugi al rallentatore. Causa il meteo, in prima istanza, e la neve sulle Alte Vie. L'ultimo weekend l'ha testimoniato. Dai 2 mila metri in su, la giornata di sabato prometteva il tutto esaurito per la domenica. Invece, ecco la delusione. «I meteo commerciali, troppo improvvisati, sono la nostra rovina», protesta Carlo Budel dai 3180 metri della Capanna Punta Penia. «Domenica abbiamo ricevuto la tormenta di neve, ma nel tardo pomeriggio; durante la giornata si poteva salire. Invece non si è visto quasi nessuno. I veri escursionisti, per non dire degli alpinisti, dovrebbero consultare solo le previsioni Arpav di Arabba».Ai piedi del Pelmo, sopra la Val Fiorentina, in comune di Selva di Cadore, Mario Fiorentini coordina i gestori di una quarantina di rifugi del Veneto dal suo "Città di Fiume". «Arrivi e presenze sono decisamente al di sotto delle aspettative», ammette. «Ritenevamo che il boom dell'estate scorsa si ripetesse già in giugno. Non è così per i rifugi alpini, vanno bene solo quelli di prima fascia, più vicini alla pianura». Fiorentini è comunque convinto che già nelle prossime settimane il trend possa riequilibrarsi. «L'importante è che il tempo si stabilizzi. O meglio che diventino meno ballerine le previsioni meteo», aggiunge. Fiorentini confida che «quasi quasi c'era più gente, con la neve, lo scorso febbraio, quando il Veneto si è posizionato in giallo prima del nuovo lokdown».«Sì, di gente ce n'è di meno dell'anno scorso, ma solo perché alle nostre quote, lungo l'Alta Via n.2, c'è ancora molta neve e per attraversare i canaloni, fino alle Pale di San Martino, ci sono dei tratti con le funi che solo da qualche giorno stanno riemergendo», testimonia, al rifugio Volpi sul Mulaz, sopra Falcade, Sebastiano Zagonel, che lo gestisce con la moglie Beatrice. «Certo, incidono le previsioni meteo, che spesso sono improprie, ma quando il tempo è bello, come sabato e quest'oggi (ieri per chi legge, ndr) noi facciamo davvero il pieno. C'è tanta voglia di salire in montagna e quest'anno abbiamo notato con soddisfazione anche una gioventù performante, tra l'altro attrezzata». Gli stranieri? Tedeschi, austriaci, olandesi; ancora nessun inglese, qualche americano, ma non come le altre estati.Alle Tre Cime la situazione è diversa. Ci sono anche francesi, spagnoli, cecoslovacchi, oltre ai tedeschi. E non solo escursionisti, ma anche scalatori, che si cimentano sulla Trinità. «Sì, siamo soddisfatti di questa ripartenza», ammette Enrica Vecellio, del rifugio Lavaredo, «ma fino al 30 giugno, a causa della strada inaccessibile, abbiamo lamentato perdite ben superiori al 50%». In questi giorni il lago Sorapis non potrebbe essere più turchino, mentre dall'alto lo osserva il ghiacciaio che si è rigenerato con le abbondanti nevicate dell'inverno e della primavera. «Non ci lamentiamo, stiamo vivendo giornate fotocopia di quelle di un anno fa. A mezzogiorno, s'intende, perché i pernotti ancora sono pochi, dal momento che la neve non permette le grandi traversate», informano i gestori Emilio Pais e la moglie. «Come l'estate scorsa siamo raggiunti da tanti giovani, che però troviamo più educati. Il risultato è che la sera di rifiuti, intorno al lago, ne raccogliamo, ma meno di un anno fa». --© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere delle Alpi | 6 Luglio 2021 p. 15 Lunelli e Berti senza telefono Il Torrani aprirà a metà mese COMELICO SUPERIORE Quando non c'è la neve a impedire l'accesso ai rifugi, come nel caso del Torrani, sopra il Civetta, che aprirà solo a metà mese, c'è il telefono a creare difficoltà enormi di gestione. Il rifugio Lunelli, in fondo alla Valgrande, e il rifugio Berti, che lo sta a guardare da sotto il passo della Sentinella, sono privi di telefono fisso dallo scorso maggio. Prima hanno provato a sollecitare la Telecom per porre rimedio al disservizio, poi i gestori si sono rivolti ai carabinieri. «Ma la Telecom», protesta Bruno Martini, gestore del Berti, «non si è fatta ancora sentire. Eppure, noi siamo nel pieno della stagione».Da tener presente che la copertura col telefono mobile è solo parziale su quell'anfiteatro circondato da alte vette. Il Berti ha aperto solo dal primo luglio; escursionisti e alpinisti, però,
si sono fatti vedere numerosi, anche dall'estero. «Non ci lamentiamo affatto», afferma Martini -, però non riusciamo a raccogliere le prenotazioni». Importante la novità introdotta dal comune di Comelico Superiore, questo fine settimana: di sabato e domenica i parcheggi del Lunelli sono inaccessibili, però funziona una comoda navetta dalla piazza di Padola e dal parcheggio all'ingresso della Valgrande. Il servizio, nel mese di agosto, sarà quotidiano, per cui al Lunelli non si potrà sostare durante tutta la settimana. Quanto alla neve, questa impedisce ancora di percorrere lo storico itinerario della "Strada degli alpini", se non per una parte. Difficoltà di accesso anche ad altre ferrate. Sul Civetta rimarrà chiuso ancora per due settimane il rifugio Torrani. «Lassù c'è troppa neve», testimonia il gestore, Venturino De Bona, «aprirò verso il 15 luglio. Prima è assolutamente pericoloso avventurarsi, c'è ancora della roccia ghiacciata». Di solito il Torrani apriva nei primissimi giorni di luglio. Quanto mai breve, dunque, la stagione dell'accoglienza ai 3000 metri della Civetta. --Fdm© RIPRODUZIONE RISERVATA
Gazzettino | 7 Luglio 2021 p. 15, edizione Belluno Dolomiti, serve un cambio di rotta «Ogni anno cerchiamo di tenere vivo lo spirito di Dolomiti senza Confini, lo scorso anno abbiamo potuto fare solo un evento a distanza usando Facebook. Quest'anno torniamo in presenza anche se non in rifugio, ma a fondo valle»: Bepi Monti, gestore del rifugio Carducci, uno dei pochi raggiungibili solo a piedi, spiega così l'appuntamento di sabato a Dosoledo di Comelico Superiore quando alle 18 nella sala polifunzionale della locale scuole elementare sarà protagonista ancora una volta la montagna con le tematiche che tanto gli stanno a cuore. Ripensare i confini della montagna e l'approccio etico allo sfruttamento delle sue risorse, questo il tema dell'incontro che nella conduzione è stato affidato a Luca Calvi, traduttore e storico dell'alpinismo dolomitico, che dialogherà con don Luigi Ciotti, religioso ed attivista per i diritti umani e contro le mafie, fondatore del Gruppo Abele e di Libera. A VALLE Per avere ospite don Ciotti Monti ha deciso di non fare l'incontro in quota, «c'è ancora troppa neve a nord, arrivare in rifugio è molto impegnativo», assicura; di fatto il progetto Dolomiti senza Confini ha colpito il fondatore di Libera. In Comelico perchè da ben 48 anni è gemellato con l'austriaca Kartitsch, ogni anno per celebrare la pace, le delegazioni delle due municipalità transfrontaliere salgono alla croce sul monte Cavallino a portare un fiore. Sabato con don Ciotti dialogheranno Fausto De Stefani, alpinista himalayano ed attivista per la cooperazione con le realtà economicamente o socialmente ai margini; Lucio Cavazzoni, presidente di Good Land, esperto di etica, economia ed ecologia dell'alimentazione; Alessandra Buzzo, presidente della Cooperativa Sociale Cadore; Daniel Rogger, guida alpina di Sesto Pusteria autore del volume Dolomiti senza confini. L'alta via ferrata dolomitica che annulla i confini, edizioni Versante Sud; Gianandrea Mencini, scrittore, autore del libro Pascoli di carta. Le mani sulla montagna, edito da Kellermann. Mencini ha svolto un'indagine alla scoperta di alcune contraddizioni e problematicità che accomunano la gran parte del settore montano italiano. In seguito ad una riforma del 2003 della Politica agricola comunitaria, i sostegni dedicati a questo comparto hanno infatti subito un cambiamento di rotta, consentendo a molti di accedere ai fondi europei senza rispettare quello che dovrebbe implicitamente essere l'obiettivo finale, ovvero la salvaguardia ambientale. Ciò che emerge dall'analisi di Mencini è un sistema consolidato e capillare di frodi legate al mondo dei pascoli montani, che interessa l'intero territorio nazionale. Dove non c'è il coinvolgimento della criminalità mafiosa in senso stretto, si ravvisa una diffusa mafiosità dei comportamenti scrive nella prefazione don Luigi Ciotti. A Bepi Monti Fabbro, ideatore e creatore del progetto Dolomiti senza Confini il compito di trarre le conclusioni. Giuditta Bolzonello © riproduzione riservata
Corriere delle Alpi | 9 luglio 2021 p. 20 Anche il Vazzoler ha seri problemi «Danni alla linea, Telecom non interviene» Rifugi, segnali di fumo per comunicare «Telefoni fuori uso» Il caso Francesco Dal Mas «I rifugi sono o no un presidio di sicurezza, un avamposto dei soccorsi?». Se lo chiede Doris Corrazza, della Val di Zoldo, che ha in gestione uno dei più frequentati rifugi dolomitici, il Vazzoler. Ancora non può contare sul telefono fisso. Luca de Zordo, Gestore del Coldai, ha dovuto tirarsi da sé il filo sostitutivo di quello interrotto in più punti dal maltempo. Bruno Martini, dal Berti in Comelico ha chiamato perfino le Forze dell'Ordine perché la Telecom ripristinasse il servizio. Ancora niente. E la stagione si è già avviata.L'anno scorso anche il Torrani, a 3 mila metri del Civetta, è rimasto privo di linea fissa, eppure questo è davvero un "nido d'aquila", dove il collegamento è indispensabile. La signora Corrazza le ha provate proprio tutte perché chi di dovere sostituisse il filo danneggiato dalle
nevicate dell'inverno e della primavera. «Dapprima ho chiamato degli operai perché provvedessero a riparare la linea. Sono riusciti a rabberciarla in 4 o 5 punti, poi hanno desistito perché l'ambiente era impervio. Abbiamo quindi chiamato la Telecom. Si sono presi nota ma non li abbiamo più visti. Allora è stato il Cai di Conegliano, che ha la proprietà del rifugio, a sollecitare. Niente da fare. Siamo stati in Comune a Taibon, si sono mobilitati prontamente, ma anche loro non hanno ricevuto un riscontro. Solo di recente, a seguito delle mail in pec che sono state recapitate a Telecom, ci è stato detto che si farà il possibile per una ricognizione in elicottero lungo la linea per scoprire dove è interrotta». E poi? «Speriamo che si intervenga, ma intanto saremo a stagione inoltrata, se non in conclusione della stessa».Per fortuna che al Vazzoler arriva la corrente elettrica che permette ad internet di funzionare, tuttavia a singhiozzo, La signora Doris si è attrezzata col figlio universitario rimasto a casa, nello Zoldano, per raccogliere le prenotazioni e trasmetterle nel tardo pomeriggio alla mamma. «Ho studiato anche il modo di arrangiarmi come ha fatto il collega del rifugio Coldai, che ha tirato il filo a terra, provvisoriamente, per ripristinare il servizio. Ma nel nostro caso», spiega Corrazza, «non sipuò fare perché bisogna superare anche delle voragini ed è pericoloso».Dall'altra parte della montagna dolomitica, sotto le Marmarole, Canzan del Chiggiato ammette che questa è una problematica che si ripete, ad ogni estate, in misura sempre più grave. «Quando ci affidiamo ai fili del telefono, non passa nevicata che non accada qualcosa e purtroppo la Telecom ha tempi d'intervento che non sono compatibili. Ma anche i classici ponti radio stanno diventando inaffidabili. In tanti casi la stessa Telecom ci dice che non ha i pezzi di ricambio. Quindi bisognerà ricorrere alle moderne tecnologie, almeno là dove è possibile».Si ritorna al punto di partenza. Se i rifugi sono dei presidi, gli appelli dei Comuni, del Cai, soprattutto del Soccorso alpino, non possono rimanere disattesi. I rifugisti, in queste condizioni, non si accollano responsabilità di mancate chiamate. --© RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere delle Alpi | 11 luglio 2021 p. 38 Dopo Sekou arriva Seydou: in rifugio l'inclusione raddoppia LA STORIA Il rifugio Carducci non lascia ma raddoppia, confermandosi "capitale" di accoglienza ad alta quota. Non solo Sekou: da quest'anno al lavoro all'interno della struttura situata in alta val Giralba all'ombra della maestosa Croda dei Toni ci sarà anche Seydou. Amici africani, accomunati da un lungo viaggio che dopo mille peripezie ed altrettante fatiche li ha visti, da Lampedusa, una volta scesi da uno dei tanti barconi della fortuna che quotidianamente solcano il Mediterraneo, raggiungere prima l'Alpago e poi Auronzo. Era l'anno 2017. Insieme hanno vissuto sulla propria pelle di colore stenti e diffidenza. Senza mai arrendersi, credendo in un futuro migliore. Che, per chi sa aspettare, alla fine arriva puntuale. Merito di Bepi Monti e del suo socio Alessio Parrinello che hanno deciso di assumerli entrambi in rifugio, dove si fatica dall'alba al tramonto a 2300 metri d'altezza. Che, per due africani, significa "roba dell'altro mondo" . Sekou prima, Seydou poi. La storia di Sekou Samateh è già nota: gambiano ventenne, ha iniziato a lavorare al Carducci come lavapiatti per scoprire presto di essere bravo nel fare pizza e pane. Reminiscenze di una vecchia passione risalente ai suoi anni in Gambia e messa a frutto ai 2300 metri del Carducci sotto la spinta dell'amico Bepi Monti che ha deciso di dargli una chance dopo averlo conosciuto per le strade di Auronzo, ospite della locale struttura d'accoglienza. Sekou ha fatto strada e adesso sogna un futuro da chef. Nel frattempo ha maturato altre esperienze professionali durante l'inverno, altrove perche il Carducci, con la neve, diventa off limits. Detto di Sekou, quest'anno è stata la volta di Seydou Konate, assunto dal Carducci come lavapiatti.Un'altra "trovata" di Bepi Monti, avallata senza indugi dal giovane socio Alessio.Seydou non parla bene l'italiano, arriva dal Mali ed ha trent'anni, dieci in più di Sekou che fa da traduttore per raccontare la sua storia.«Seydou è arrivato insieme a me, in Italia, nel 2017. Abbiamo viaggiato, seduti uno al fianco dell'altro, su un barcone della speranza. Abbiamo temuto di non farcela ma non abbiamo mai perso le speranze. Seydou è sposato ed ha due figli», racconta ancora Sekou, «ma non vede la sua famiglia da tredici anni. Io da cinque. Ha già lavorato in un bar ad Auronzo e da quest'estate è arrivato quassù a darci una mano. Si è subito ambientato bene. Seydou si trova bene ad Auronzo, gli piace la montagna. Un po' come al sottoscritto. I nostri sogni? I suoi non so, immagino vorrà tornare quanto prima in Mali per riabbracciare la moglie ed i suoi figli. I miei? Anch'io vorrei un giorno tornare in Gambia ma solo per un breve periodo di vacanza. Ora la mia vita è qui in Italia, qui ad Auronzo tra le montagne. Qui sono felice».Dei due parla anche Giuseppe Monti. Dietro la barba bianca e lo sguardo da "montanaro" si cela il buon cuore di chi ha deciso di aprire le porte del suo rifugio non ad uno ma a due migranti.«Seydou nei giorni scorsi ha aiutato me ed Alessio a sistemare un sentiero qui in zona», ha rivelato Bepi, «si muove con disinvoltura, anche sulla neve. Sekou ormai è un veterano, fa su e giù lungo i sentieri della val Giralba ed all'occorrenza si trasforma anche in guida turistica». --gianluca de rosa© RIPRODUZIONE RISERVATA
Gazzettino | 16 Luglio 2021 p. 12, edizione Belluno Nuvolau rush finale per aprire a fine mese
CORTINA D'AMPEZZO Il rifugio Nuvolau non è ancora aperto, in cima alla montagna che sovrasta la conca d'Ampezzo e l'Alto Agordino, ma almeno un panino e una bevanda si possono trovare, in un punto di ristoro. «I lavori di straordinaria manutenzione sono in corso, confidiamo che possano terminare alla fine di luglio, al massimo nei primi giorni di agosto, ma intanto siamo quassù e qualche cosa riusciamo a offrire a chi sale: un panino con la salsiccia e qualcosa da bere. Siamo riusciti a organizzare una griglia all'aperto, nelle giornate di buon tempo, in attesa di poter iniziare ad accogliere le persone all'interno», dice Emma Menardi, la giovane ampezzana che ha ottenuto la gestione dello storico rifugio, dalla sezione di Cortina d'Ampezzo del Club alpino italiano, che è proprietaria del Nuvolau, costruito nel 1883. SI LAVORA TUTTO IL GIORNO «Io ormai vivo quassù da oltre un mese continua Emma, 27 anni anche perché è necessario garantire l'alloggio e la mensa agli operai dell'impresa edile che sta realizzando i lavori. Lavorano tutto il giorno, dalle prime luci del mattino sino a sera. Siamo ancora in mezzo al cantiere, non sappiamo quando riusciremo ad aprire il rifugio, speriamo davvero che sia presto». OPERE INIZIATE A GIUGNO I lavori dell'impresa sono iniziati lunedì 14 giugno, quando è stato possibile salire ai 2.575 metri della cima del Nuvolau, liberata dalla neve a mano, con l'intervento dei familiari di Emma e dei volontari del Cai, che hanno anche liberato i locali interni, dove si deve intervenire. Di quest'opera si è parlato nella recente assemblea della sezione. Le pratiche edilizie sono state perfezionate nel corso del 2020. E' stato previsto l'abbattimento di opere realizzate negli anni Settanta, in difformità; le indicazioni della Soprintendenza hanno indotto a demolire un'aggiunta, sull'angolo nord ovest, per la successiva ricostruzione. E' prevista anche la sostituzione dell'attrezzatura della cucina, con un costo di 36mila euro. Nel bilancio di previsione 2021 è stato indicato un costo complessivo di 130mila euro; l'intervento è in parte coperto da contributo del fondo rifugi del Cai centrale, per 70 mila euro. Emma Menardi Diornista, nel soprannome ampezzano di famiglia, ha concorso al bando aperto dal Cai, per la gestione del Nuvolau, assieme a oltre 250 altre domande; è stata scelta a maggioranza, dal consiglio direttivo, per subentrare alla famiglia di Mansueto Siorpaes e Jo Anne Jorowski, che hanno lasciato quel rifugio dopo averlo gestito per 47 anni. A loro è stato consegnato un riconoscimento del Cai, per quanto hanno fatto e per come sono riusciti a rappresentare un simbolo della accoglienza in montagna. Marco Dibona © riproduzione riservata
L’Adige | 24 luglio 2021 p. 30 Il rinnovato Rifugio Boé connesso con banda ultralarga CANAZEI Tim ha attivato il primo collegamento satellitare a banda ultralarga in alta quota in un rifugio montano. Protagonista di questo record è il Rifugio Boé situato nel comune di Canazei a 2.873 metri d'altitudine, nel versante del Trentino Alto-Adige delle Dolomiti.È la prima volta in Italia che si effettua un collegamento in un rifugio a quasi 3.000 metri in quota attraverso la tecnologia satellitare, realizzato da Tim grazie alla partnership con Eutelsat Communications.Questo nuovo servizio offre la possibilità di navigare con la banda ultralarga sfruttando la capacità del satellite Konnect di Eutelsat riservato a Tim in esclusiva per il territorio italiano, con l'obiettivo di portare la connettività anche nelle zone più remote.L'eccezionalità dell'intervento al Rifugio Boè, effettuato con la collaborazione di Dolomites Network, è dovuta anche alle caratteristiche orografiche del territorio e alla logistica del rifugio situato nel centro del Gruppo montuoso del Sella. Per poter connettere la struttura è stato necessario l'utilizzo di un elicottero, dell'intervento di personale altamente specializzato Tim e del supporto tecnologica del Consorzio Tecnologie Avanzate locale.Il collegamento del rifugio Boè è già pienamente operativo e garantisce una connessione in download di 50 MB, che date le caratteristiche della località, rappresenta un traguardo importante che aumenta la sicurezza delle persone che abitualmente frequentano l'area per escursionismo, attività sportive e turistiche e rappresenta un'opportunità di ulteriore sviluppo per il territorio locale.
Corriere del Trentino | 24 Luglio 2021 p. 3 Pessimismo ad alta quota «Rifugi, sarà il caos» «prevedo un gran caos». Lorenzo Ognibeni è il gestore del Rifugio Sette Selle, e oltre alla preoccupazione esprima anche un po’ di rabbia: «Dicono tanto che il turismo è il volano dell’economia, ma fanno di tutto per renderci la vita impossibile. Già ci sono le limitazioni dei posti, ora anche la discriminazione del Green Pass». E Ognibeni usa proprio questa parola: «Ma è così, perché chi sceglie di non vaccinarsi non avrà le stesse possibilità di chi si è vaccinato. E in ogni caso, un Rifugio non è un semplice ristorante dove uno può decidere anche di non entrare: questo è un presidio – sottolinea – un posto in cui si accolgono gli escursionisti che non riescono a
scendere a valle, che hanno bisogno di ristoro per riprendere il percorso». Sull’efficacia delle regole che scatteranno dal 6 agosto, il gestore del Sette Selle è dubbioso: «Se è una bella giornata si mangia fuori, ma se è brutto chissà. E poi come facciamo con la privacy? Per le prenotazioni non posso tenere elenchi con dati sensibili come lo stato di salute, ma non sono nemmeno un pubblico ufficiale che può chiedere la patente del Green Pass, che poi qualcuno potrebbe addirittura avere su un telefono scarico. Cosa faccio? Non lo faccio entrare?». Per Ognibeni «la speranza è che ci siano delle regole chiare»: «O che la Provincia prenda una posizione concrete. Visto che sbandierano che il turismo è la fonte economica principale del Trentino, cerchino di tutelarci».
NOTIZIE DAI MUSEI L’Adige | 6 Luglio 2021 p. 31 Laboratori, escursioni e show con esperti del Museo Geologico e del Muse PREDAZZO Presentato il calendario di eventi estivi del Museo Geologico delle Dolomiti di Predazzo. La sede fiemmese della rete Muse propone per l'estate un ricco palinsesto di attività all'aria aperta: geolabs itineranti, cinema all'aperto, dialoghi erranti ed escursioni alla scoperta di antichi atolli. Taglio del nastro anche per la nuova sezione della mostra «Le vie del turismo. Strada, ferrovia e accoglienza in Fiemme dal '700 ad oggi».Un museo di antica tradizione che - fin dai tempi della sua fondazione nel 1899 - è capace di raccontare attraverso le rocce la storia della Val di Fiemme e delle Dolomiti Patrimonio Unesco. Custode di oltre 12.000 reperti, tra cui la più ricca collezione di fossili invertebrati delle scogliere medio-triassiche d'Italia, il Museo Geologico delle Dolomiti di Predazzo racconta la storia geologica delle Dolomiti e il rapporto dell'uomo con la montagna. Il calendario estivo, consultabile online sul sito Muse vede tra le tante novità la collaborazione del museo con il Palazzo della Magnifica Comunità di Fiemme nella realizzazione della mostra «Le vie del turismo. Strada, ferrovia e accoglienza in Fiemme dal '700 ad oggi», ospitata tra le due strutture museali. La sezione della mostra allestita a Predazzo, che vede anche il contributo del Museo dell'Orologeria di Pesariis (Prato Carnico), racconta come lo studio della geologia e il richiamo della natura dolomitica abbiano portato in valle studiosi, esploratori e ricercatori da tutto il mondo, dando di fatto il via allo sviluppo dell'accoglienza in valle.L'estate del Museo Geologico si caratterizza per un fitto programma di attività all'aperto. Sono stati pensati due itinerari di Geotrekking: ogni lunedì (9.30-14.30) sul Monte Agnello alla scoperta della «Pompei del Triassico» e il mercoledì (9.30-16) sull'atollo del Latemar dove svetta la Torre di Pisa.Torna, dopo il successo dello scorso anno, l'avventura su due ruote di «Geologia in bicicletta», una pedalata a cavallo di un'e-bike tra Ziano e Predazzo alla scoperta del paesaggio geologico della Val di Fiemme: l'appuntamento è il venerdì con partenza alle 9 accompagnati da un esperto del museo e da un istruttore di mountain bike.Per i più piccoli e le loro famiglie, ogni mercoledì (10.30-12), spazio a «Le avventure di Gea sulla crosta terrestre», spettacolo itinerante lungo il sentiero Dos Capèl in compagnia di Gea e una giovane geologa alla scoperta dei segreti nascosti delle Dolomiti; il giovedì e la domenica prendono invece il via i GeoLabs, laboratori tematici - sia in museo che in esterna - per scoprire da vicino rocce, boschi e ghiacciai, misteriosi testimoni del passato e preziosi indicatori climatici.Particolare attenzione è riservata ai bambini di età fra i 3 e 5 anni per i quali, in collaborazione con la Biblioteca Comunale di Predazzo, sarà allestito ogni venerdì uno spazio per il gioco esplorativo «Un mondo da scoprire», ospitato all'interno dell'area del Biolago di Predazzo.Al via anche la nuova collaborazione con l'Apt Val di Fassa e il Circolo Mineralogico di Fassa e Fiemme: ogni martedì e venerdì alle 17 partono dalla Ciasa de Noscia Jent di Pozza di Fassa due laboratori tematici: «A pesca nel Mar del Triassico» e «La tombola dei minerali»; ogni giovedì alle 9 sono invece in programma i geotrekking alla scoperta delle Dolomiti fassane in compagnia degli esperti del Muse e degli accompagnatori di media montagna.Tornando a Predazzo oggi alle 17 prende il via il ciclo di appuntamenti di teatro-scienza «Geologia che spettacolo»: Petra e la signora Curiosità propongono un viaggio nel tempo geologico, anche grazie alla nuova guida interattiva «Al museo con Petra». Mercoledì 21 luglio, con ritrovo alle 16, debutta «Dialoghi erranti», ciclo di sei passeggiate guidate dagli esperti del Muse e intervallati da letture e spettacoli di danza nei dintorni di Predazzo e Bellamonte per immergersi nel paesaggio e parlare di sostenibilità ambientale. Il primo incontro, dal titolo «Paesaggi di Fiemme, breve storia del rapporto millenario tra uomo e natura», è affidato a Cesare Micheletti, consulente scientifico della Fondazione Dolomiti Unesco. Il 28 luglio si parla di «Economia circolare per soluzioni sostenibili» con Silvia Scarian Monsorno del Muse e Andrea Ventura, di Bioenergia Fiemme, il 4 agosto di «Storia e biodiversità lungo il tracciato dell'ex ferrovia Ora-Predazzo» con Tommaso Dossi della Magnifica Comunità di Fiemme, l'11 agosto è la volta di «Passeggiate prestoriche, 10 mila anni fa come oggi» con l'archeologa del Muse Elisabetta Flor, mentre il 18 agosto il geologo del Muse Riccardo Tomasoni entrerà nel vivo dei misteri di «Val San Nicolò. Mosaico geologico». A chiudere la rassegna, mercoledì 25 agosto, Gilberto Volcan del Parco Naturale di Paneveggio con il dialogo «Nel bosco all'imbrunire sulle tracce dei suoi abitanti». Il 29 luglio e per i tre giovedì successivi (5, 12 e 19 agosto, ore 20.45) proiezioni del Nuovo cinema Dolomiti, in collaborazione con il Trento Film Festival: un salotto al chiaro di luna, dove film e autori suggeriscono una riflessione su cambiamenti climatici e le connessioni che attraversano il nostro
pianeta. Primi film in rassegna: «Icemeltland park di Liliana Colombo (Italia, UK 2020) e «Tage draußen!» di Franz Walter (Austria, 2020). Il 5 agosto è in programma «Samuel in the clouds» di Pieter Van Eecke (Belgio, 2016), il 12 agosto «Nomad: in the footsteps of Bruce Chatwin» di Werner Herzog (UK, 2019), il 19 "Con le mie mani" di Mattia Venturi (Italia, 2020). Tutte le attività sono svolte in sicurezza, principalmente all'esterno del museo e a numero chiuso. Prenotazione obbligatoria al 331 9241567.
Corriere del Trentino | 18 Luglio 2021 p. 10 Geotrekking e bicicletta per studiare le Dolomiti Roberto Brumat A piedi o in bici tra fossili e antiche scogliere tropicali, per scoprire la storia delle Dolomiti. È la suggestione del Museo Geologico delle Dolomiti di Predazzo (rete Muse) che, con gli oltre 12mila reperti tra cui la più ricca collezione di fossili invertebrati delle scogliere medio-triassiche d’Italia, racconta la storia della Val di Fiemme e delle Dolomiti Patrimonio Unesco. Si parte dalla mostra «Le vie del turismo. Strade, ferrovia e accoglienza in Fiemme dal ‘700ad oggi» realizzata con il Palazzo della Magnifica Comunità di Fiemme e col Museo dell’Orologeria di Pesariis (aperta fino all’11 giugno 2022 in due sedi). Per gli amanti delle emozioni ad alta quota ci sono due escursioni guidate di Geotrekking (gratuite e con pranzo al sacco): ogni lunedì (9.30-14.30) sul Monte Agnello alla scoperta della «Pompei del Triassico» e mercoledì (9.30-16) sull’atollo del Latemar dove svetta la «Torre di Pisa». «Geologia in bicicletta» porta invece ogni venerdì alla scoperta del paesaggio geologico della Val di Fiemme tra Ziano e Predazzo: partenza alle 9 accompagnati da un esperto del museo e da un istruttore di mountain bike. Per bambini e famiglie ogni mercoledì (10.30-12) ci sarà Le avventure di Gea sulla crosta terrestre , spettacolo itinerante lungo il sentiero Dos Capèl alla scoperta dei segreti delle Dolomiti; il giovedì e la domenica nel museo e all’esterno si terranno invece laboratori tematici per scoprire da vicino rocce, boschi e ghiacciai. Per i bimbi fra i 3 e i 5 anni ogni venerdì nell’area del nuovissimo Biolago di Predazzo c’è lo spazio di gioco esplorativo «Un mondo da scoprire». Ogni martedì e venerdì alle 17, in collaborazione con Apt Val di Fassa e Circolo Mineralogico di Fassa e Fiemme, partono dalla Ciasa de Noscia Jent di Pozza di Fassa due laboratori tematici: «A pesca nel Mar del Triassico» e «La tombola dei minerali»; i giovedì alle 9 ci saranno i geotrekking alla scoperta delle Dolomiti con gli esperti del Muse e accompagnatori di media montagna. Mercoledì 21 luglio alle 16 debutta «Dialoghi erranti», ciclo di sei passeggiate guidate dagli esperti del Muse tra letture e danza nei dintorni di Predazzo e Bellamonte: il primo incontro, «Paesaggi di Fiemme, breve storia del rapporto millenario tra uomo e natura», è affidato a Cesare Micheletti, consulente scientifico della Fondazione Dolomiti Unesco. Tra gli altri, il 28 luglio sarà la volta di «Economia circolare per soluzioni sostenibili» con Silvia Scarian Monsorno del Muse e Andrea Ventura di Bioenergia Fiemme, mentre il 4 agosto ci sarà «Storia e biodiversità lungo il tracciato dell’ex ferrovia Ora-Predazzo» con Tommaso Dossi della Magnifica Comunità di Fiemme. Il 29 luglio e nei tre giovedì seguenti (ore 20.45, nella piazza di Predazzo) verranno proiettati film sui cambiamenti climatici nel «Nuovo cinema Dolomiti», in collaborazione con il Trento Film Festival. Le attività sono a numero chiuso con prenotazione al 3319241567; il Museo apre da martedì a domenica con orario 10 - 13 e 16 – 19.
Gazzettino | 28 Luglio 2021 p. 15, edizione Belluno Un ecomuseo per la valle del Biois «Così si valorizza il nostro territorio» La Valle del Biois ha deciso di unire le forze per valorizzare il suo patrimonio naturale e culturale. E domani alle 20.45 nella Sala degli emigranti in via Lotta a Canale presenterà il suo ecomuseo. Nata dall'incontro tra Loris Serafini e Roberta Marcolongo, l'iniziativa è sostenuta delle tre amministrazioni comunali, di Falcade, Canale e Vallada e vede impegnati il museo Albino Luciani e le tre rispettive Proloco. A monte della proposta elaborata dai due promotori con la collaborazione di un gruppo di volontari del territorio c'è la lettura della realtà sociale della valle, caratterizzata da un lato dallo spopolamento e dall'abbandono, dall'altro dal forte legame che chi resta ha con la propria terra e dalla volontà di prendersi cura della ricchezza naturale e culturale presente. L'IDEA «L'ecomuseo - spiega Roberta Marcolongo - è una realtà diffusa sul territorio fatta di beni materiali e immateriali, di cui la comunità composta da associazione, gruppo volontario, semplici cittadini, si prende cura per poterla poi raccontare e tramandare. Se un museo classico è un luogo chiuso che raccoglie reperti riguardanti una determinata tematica, l'ecomuseo è invece uno spazio aperto che custodisce il patrimonio generale di una comunità, la quale lo preserva prima di tutto per sé e quindi anche per possibili visitatori». Dal dialogo con le persone che vivono in valle del Bois emerge la loro necessità di raccontare agli altri quanto la montagna sia intrisa di
energia, storia e meraviglia: quasi una sorta di cura verso l'identità locale, un estremo tentativo di non voler smarrire quanto gli avi fecero in questi monti. I SITI In Valle del Biois sono tanti i siti che appartengono a vari ambiti socio-culturali i quali a volte finiscono per sovrapporsi. E sono ancora tante le persone che curano tali patrimoni della comunità sfalciando un prato, pulendo un sentiero, aprendo un piccolo museo, illustrando le opere d'arte o la storia di una chiesa. «L'idea che abbiamo condiviso - dice Loris Serafini - è far interagire le diverse particolarità identitarie (musei, siti, luoghi...) al fine di unire le forze e di far scaturire nuovi stimoli che portino la comunità a prendersi cura del territorio e a valorizzarne le peculiarità anche a scopo turistico. Abbiamo pensato che fosse opportuno abbracciare un'area che andasse oltre i perimetri comunali, in quanto il territorio con il suo paesaggio, le sue peculiarità dinamiche antropiche e la sua storia, presenta caratteri omogenei e identitari in tutta la Valle del Biois». La richiesta di inserire l'ecomuseo nell'albo veneto è stata già inoltrata alla Regione. Dario Fontanive © riproduzione riservata
NOTIZIE DAL CLIMA Alto Adige | 29 Luglio 2021 p. 20 «Aria più calda e umida: eventi estremi frequenti e difficili da prevedere» davide pasquali BOLZANO Il proliferare delle zanzare tigre nel fondovalle dell'Adige è stato solo l'inizio. Poi c'è stata la tempesta Vaja, che ha fatto aprire gli occhi anche a chi negava a oltranza. E poi quest'estate: le terribili esondazioni prima in Germania e poi in Austria, a seguire il nubifragio di Siusi, e le grandinate super in Pianura padana. E il meteo dell'ultima settimana? Temporali a raffica, potenti, temperature ping pong, estrema variabilità. Tanto che lo stesso assessore provinciale alla Protezione civile ha tenuto a rimarcare: dobbiamo aspettarci eventi estremi non prevedibili neanche dagli esperti del meteo. Per tentar di decifrare la realtà contingente si può provare a parlarne con il professor Dino Zardi, docente di fisica dell'atmosfera all'università di Trento e direttore vicario del Centro Agricoltura Alimenti Ambiente.C'è da chiedersi, innanzitutto, se siano le impressioni dell'uomo comune, oppure se si sia davvero scavallato, entrando in una nuova era climatica. «In effetti - commenta il professor Zardi - i cambiamenti climatici hanno una faccia molto evidente. Innanzitutto c'è l'aumento delle temperature; ci arriviamo tutti, non abbiamo dubbi al riguardo».Ma l'aumento della temperatura media è solo una delle varianti che entrano in gioco. Ci sono poi altri fattori. «Come conseguenza c'è questo: nell'atmosfera è aumentato il contenuto di vapore acqueo, perché l'aria calda ha maggiori capacità di asciugare i terreni, però c'è un impoverimento idrico non solo del suolo ma anche di foglie, alberi. Il rischio di perdere acque per evaporazione aumenta. Questo ha ovviamente delle ripercussioni in primo luogo sull'agricoltura: c'è un rischio di siccità maggiore».Inoltre, «siccome l'aria più calda contiene una maggiore quantità di vapore, in caso di condensa, quando si formano nubi si tratta di nubi violente, convettive. Si sviluppano temporali: quando le gocce superano una certa dimensione si verificano precipitazioni liquide di forte intensità oppure anche forti precipitazioni solide, grandinate». L'aria umida, prosegue il professore, «tendenzialmente è più leggera e favorisce la convezione». Succede di norma ai tropici, «dove ogni giorni si verificano dei rovesci».È proprio qui uno dei punti chiave della questione. Cambia il paradigma anche per i nostri previsori meteo. «Ai Tropici ogni giorno si verificano rovesci, che non sono quelli usuali da noi; non arrivano fronti di maltempo come da noi, per esempio provenienti dall'Inghilterra». Sono fenomeni puntuali. Nascono lì. E ora, nascono pure qui. «La convezione locale produce termiche, il fenomeno evolve in verticale, quando le goccioline di condensa diventano più grosse e pesanti inizia a piovere». Non per nulla si parla di tropicalizzazione del clima. Non più depressioni, bassa pressione in arrivo da lontano, con fronti estesi, bensì fenomeni locali. «Se su un versante montuoso l'aria si surriscalda particolarmente, dando innesco alle correnti, tutto si scarica lì vicino».Sta proprio qui il problema. «Si tratta di fenomeni particolarmente difficili da prevedere. Non sono precipitazioni organizzate, di grandi dimensioni, che posso seguire da lontano». I radar meteo, in questi casi, servono a poco. «Questi fenomeni nascono localmente. Quando mi accorgo di cosa sta per succedere, il tutto sta già partendo. La convezione è un fenomeno esplosivo, che nasce e si esaurisce in poche ore».A regnare sovrano, dunque, è un regime di instabilità, come in questi giorni di fine luglio. «Da qui al fine settimana saremo esposti a fenomeni di instabilità, ma non è possibile dire quando il tal fenomeno si verificherà e nemmeno dove. Può partire qua o là, si tratta di un elemento stocastico, non prevedibile».Se non è prevedibile la localizzazione e la tempistica dei fenomeni, è invece più semplice da prevedere, quanto meno a livello teorico generale, l'aumento di intensità dei fenomeni. «Se l'atmosfera è più calda e incamera una maggiore quantità di vapore acqueo, in sostanza contiene più energia che, quando si scarica, ha un impatto più violento».Il professor
Zardi ama servirsi di un esempio al di fuori del suo campo di studi. «È come quando viaggiamo in auto a un velocità molto elevata. Se tutto fila liscio, non c'è nessun problema. Ma se capita una collisione è chiaro che l'esito e i conseguenti danni sono molto più pesanti. Sappiamo che se per qualsiasi motivo il traffico veicolare deve rallentare, la frequenza di incidenti con grossi danni diminuisce alquanto».Idem accade con il cambiamento climatico in atto. «Se c'è più energia in atmosfera, aumenta il potenziale di impatti significativi».Il cambiamento climatico, oltre agli eventi estremi di cui sopra, ha poi altri risvolti negativi, per esempio sui ghiacciai. «Fino a pochi decenni fa erano una garanzia per il futuro, costituivano una riserva di lungo termine. In certi anni crescevano, in altri diminuivano, ma in media mantenevano una massa significativa».Da alcuni decenni, però, si registra una continua inesorabile diminuzione. L'acqua stivata sotto forma solida nei ghiacciai costituiva una riserva idrica utile per l'ambiente naturale, l'agricoltura, l'idroelettrico. Ora invece tirano decisamente brutte arie.Come in agricoltura. Apparentemente l'innalzamento delle temperature medie permette di coltivare a quote più elevate o di coltivare da noi specie - per esempio di vite - un tempo destinate a quote più basse. «Apparentemente - ad esempio per la viticoltura - è un vantaggio, non immune però da rischi. Le coltivazioni infatti devono fare i conti non solo con le temperature medie, ma anche con quelle estreme, minime e massime. Posso coltivare in un posto in quota una palma, per qualche anno può andarmi bene, può svilupparsi, specie se si susseguono inverni non troppo rigidi. Però basta che una sola volta arrivi una gelata, fatto alle nostre latitudini niente affatto improbabile, che la palma si secca e muore. Le temperature medie più elevate non sono sufficienti, contano anche le minime e le massime. In una sola notte può andare tutto perduto».E invece, sul clima, ormai è tutto perduto? «Se vogliamo contenere entro un grado e mezzo le temperature medie rispetto alle condizioni preindustriali, a livello globale dovremmo raggiungere un bilancio con zero emissioni nette di CO2 nel range tra il 2040 e il 2055». A livello internazionale al riguardo sono stati elaborati dei grafici eloquenti. «Azzerando le emissioni nette si stabilizzano le concentrazioni, che poi pian piano cominciano a diminuire. Il sistema tende ad assimilare CO2 grazie alle piante e agli oceani».Ma se non ci si riuscisse, cosa accadrebbe? «Facciamo fatica a dire cosa accadrà in futuro. Si tratta di territori inesplorati. Non si sono mai investigati simili fenomeni di innalzamento medio delle temperature in tempi così brevi. È un capitolo inedito nella storia della Terra».Le soluzioni per uscirne? «Riduzione delle emissioni di CO2, facendo largo impiego di energie rinnovabili. Nella nostra regione si sfrutta l'idroelettrico? Forse si potrebbe incentivare ancora di più. E poi siamo in un contesto alpino sì, ma con molte giornate soleggiate. Si dovrebbe potenziare il ricorso all'energia solare, banalmente anche solo sulle coperture degli edifici. E poi c'è tutto il capitolo mobilità: affidarsi ai motori elettrici, compresi i sistemi di trasporto pubblico. E non dovremmo più utilizzare combustibili fossili, né in inverno per riscaldare né, tanto meno, in estate per raffrescare».
EDITORIALI Corriere della Sera | 28 Luglio 2021 p. 25 Il bollino Unesco da solo non basta di Gian Antonio Stella «Prima classe, il passeggero è un miliardario forestiero: / “Italia bella, io comperare; quanti dollari costare?” / Ma il ferroviere, pronto e cortese: “noi non vendiamo il nostro Paese”» Una certa esultanza sviluppista per il recentissimo ritorno dell’Italia in cima alla classifica dei Paesi con più siti Unesco («Il marchio Unesco vale un tesoro», «Unesco, un marchio da 100 milioni», hanno titolato dei giornali veneti) fa tornare in mente la deliziosa filastrocca di Gianni Rodari che spiegava come l’orgoglio, giustissimo, per il nostro Paese e il nostro patrimonio vada protetto non solo dai Vandali denunciati da Antonio Cederna ma anche dai rischi di una vanità sveltamente «monetizzata». Dario Franceschini sottolinea che «con Padova Urbs Picta e Montecatini tra le Grandi città termali d’Europa diventano 57 i siti italiani iscritti nella lista del Patrimonio Mondiale dell’umanità», il che fa del nostro Paese (con altri 14 «patrimoni immateriali», dai pupi siciliani all’arte dei muri a secco) il primo al mondo davanti alla Cina. Bene. Ma è bene anche stare alla larga dalle sparate d’un tempo, tra cui quella di Super Silvio: «L’Italia è il Paese che ha regalato al mondo il 50% del patrimonio tutelato dall’Unesco». Boom! Resta sotto sotto, però, la vecchia tentazione di rivendicare solo i primati (sia chiaro: evviva!) senza la piena consapevolezza di doverne portare la responsabilità. Esempio: «il turismo a Padova può aumentare di un altro 20%»? Purché sia chiaro che, a dispetto degli strilli sul «diritto» di «tutti» (tutti?) di ammucchiarsi a Venezia, San Gimignano o Pompei, la stupenda e delicata Cappella degli Scrovegni dovrà continuare ad accogliere, pena la rovina, non più di dieci persone alla volta e per soli dieci minuti. Fine. E purché sia chiaro che il «bollino» Unesco non basta a cambiare le sorti di un tesoro culturale. Lo dimostra ad esempio (per citarne uno) Villa Adriana a Tivoli: ebbe l’agognato marchio nel 1999. Eppure oggi ha meno visitatori di vent’anni fa, e va già meglio dopo aver subito cali vistosi. Colpa
degli ingorghi pazzeschi sulla Tiburtina, dell’assedio di una poltiglia cementizia, dei tentativi di fare lì accanto una spropositata discarica di pattume... Prima di esser sbandierate e «messe a frutto», quelle nostre ricchezze vanno amate. E rispettate.