Quanto impiega l’uomo per dimenticare un delitto atroce come quello dell’Olocausto? Molto poco. Cari lettori, far sì che questa macchia non cada mai nell’oblio è imperativo e bisogna combattere in ogni modo affinché ciò non avvenga. La guerra, questa volta, è mentale.
LA LUCCIOLA
“T
utti coloro che dimenticano il loro passato sono condannati a riviverlo” (Primo Levi). Nell’ultimo periodo sono avvenuti molti episodi di antisemitismo, e mentre forse riusciamo a renderci finalmente conto che quegli insulti, quelle stelle di David sulle porte, quelle scritte e quelle svastiche che spesso vengono definiti “casi isolati”, non sono isolati più di tanto, conviene riflettere e domandarci se l’allarme di odio e di discriminazione può essere ricondotto ad una problematica culturale che interessa tutto il paese. Secondo una recente indagine Eurispes (Istituto di Studi Politici Economici e Sociali), il 15,6% degli italiani crede che la Shoah non sia mai esistita. Prima di sorprenderci e preoccuparci per questo dato, in notevole aumento rispetto al 2004 (2,7%), vengono in mente due domande. La prima è: come è possibile? La memoria dell’Olocausto non è mai stata sottovalutata, vi sono stati dedicati libri, film e giornate, senza contare i racconti e le testimonianze, il cui scopo non è mai stato solamente quello informare, ma di far riflettere sull’atrocità e la disumanità a cui l’uomo è stato in grado di arrivare. Di recente è uscito un film, “Jojo Rabbit”, diretto da Taika Waititi, un regista neozelandese che si è ispirato al libro “Come semi d’autunno” di Christine Launens. La
storia parla di un bambino, soprannominato Jojo, e della sua vita nella Germania nazista. Jojo ha una camera coperta di svastiche, e ammira il nazismo così tanto che il suo amico immaginario è Hitler. Un Hitler ridicolo, comico, goffo, che dà sempre consigli sbagliati e che ricorda molto la parodia di Charlie Chaplin nel “Grande Dittatore”. Frequenta la Gioventù hitleriana, dove insegnano ai bambini le tecniche di guerra, ad odiare gli ebrei e a bruciare libri. Jojo vive insieme alla madre Rosie (interpretata da Scarlett Johansson), la quale viene scoperta da Jojo a nascondere in casa una ragazza ebrea di nome Elsa. La concezione che Jojo ha della realtà attorno a sé cambia quando scopre che Elsa non è quel tipo di mostro che da sempre gli avevano insegnato; anzi, i due diventano amici e Jojo cerca di proteggerla. Il film è tragico, ma presenta molti tratti di una commedia. Vuole infatti raccontare la guerra dal punto di vista di un bambino, nella sua semplicità e incoscienza, e in questo si può rivedere molto della “Vita è bella” di Roberto Benigni. Il film è la prova di come si cerca di portare consapevolezza e riflessioni su questi temi anche tra i più giovani, attraverso un impatto emotivo. Perché questo impatto emotivo sta venendo meno negli ultimi tempi? I fenomeni di negazionismo in Italia ci sono sempre stati, tanto da portare a considerarli reato nel 2016. Sul rendere reato il negazionismo ci si divide: c’è chi crede che sia corretto in quanto è inammissibile negare la Shoah, c’è chi invece pensa che potrebbe creare un precedente nella limitazione della libertà di espressione e che la battaglia da fare contro il negazionismo non debba essere legale, ma culturale. In ogni caso ciò su cui tutti concordano è che sia orrendo il fatto che si debba arrivare a tanto per fare in
Tra dimenticare e negare 26