LA LUCCIOLA - APRILE 2020 - GUERRE QUOTIDIANE

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ARTE

Vero nell’arte

S

econdo Manzoni scrivere un romanzo che sia verosimile e coerente con la realtà è molto difficile: colui che decida di scrivere un’opera di narrativa dovrà fare un attento studio di ciò che lo circonda, con il rischio, in ogni caso, di scadere nel falso. Descrivere le azioni e le situazioni potrebbe essere possibile, ma riprodurre realisticamente i sentimenti umani è molto complesso. Perfino coloro che sono, al dire dell’autore, romanzieri “mediocri”, colgono una parte della realtà, ma trovano poi difficoltà nel perseguire tale via attraverso la narrazione, creando una natura umana non corrispondente al vero. La natura, nelle sue forme che si ripetono geometricamente e regolarmente in maniera diversa in ogni corpo, è la prima artista di cui osserviamo l’opera, la stessa cosa avviene nell’universo che ci contiene e nel riflesso di esso che ritroviamo in noi e nei nostri corpi. Noi siamo dunque il frutto di un’incredibile arte necessaria del mondo ed eguale è in noi la necessità di creare un’arte ed imprimerci nel mondo con la nostra necessaria ricerca della bellezza. Tale bellezza che noi creiamo, in quanto riflesso di noi, del nostro sentire e dunque dell’universo stesso è ciò che esprimiamo con l’arte, che ha in generale come oggetto il vero che l’umanità possiede come indissolubile pulsione. Detto ciò, l’arte può presentarsi in svariate forme, più o meno verosimili rispetto al mondo che ci circonda: dalla perfezione quasi assoluta delle statue neoclassiche e la più precisa forma di ritratto fino al “quadrato nero” di Malevic o le opere di Rymar. Se queste opere opere abbiano come oggetto il vero o il falso è solo chi compone l’opera e chi ne “fruisce” che potrà giudicare. Un romanzo inverosimile potrà suscitare in me un sentimento molto forte, riportare alla luce verità nascoste, affini al mio vissuto e

alla mia sensibilità, come potrebbe per un'altra persona essere nient’altro che tante parole su un foglio, un falso inutile e di poco conto. Allo stesso tempo l’autore, dal canto suo, potrebbe aver scardinato ogni parte di sé per creare tale opera, esprimendo egli stesso una parte inconscia di sé, inesprimibile per lui nel verosimile, ma incredibilmente corrispondente al suo sentire, e dunque vera.

“Il bianco ci colpisce come un grande silenzio che ci sembra assoluto”. Così afferma Kandinsky commentando “Twin” di Robert Rymann: un’opera che rappresenta un canvas bianco, puro, luogo del nulla, inverosimile, ma che può suscitare nell’osservatore l’assoluta verità della sua sensazione, quadro criticato, giudicato, ma in sé presente e necessario in quanto creato. Come afferma Virginia Woolf descrivendo il romanzo moderno, un autore libero non rappresenterebbe mai una narrativa verosimile esterna alla sua realtà, poiché l’arte è essa stessa espressione del proprio interno: basta questo affinché essa sia giustificata e identificata con la verità. Nel caso in cui la mancata verosimiglianza sia data da una mancanza di tecnica, ciò non cambia, poiché la tecnica è apprendibile, mentre l’arte non lo è affatto, si può però scoprire, riscoprire, esplorare, vivere ed esprimere. Oltre a questi pareri disparati tra di loro, io credo nella libertà, specialmente nell’arte, di lasciar risuonare ciò che risuona di per sé, senza razionalizzare cosa sia più o meno verosimile nella sua rappresentazione. La produzione artistica più vera per me, che ha come oggetto il vero, è ciò che arde, cioè ciò che di impellente dobbiamo far fuoriuscire da noi, ciò che, per citare Picasso, “toglie dalla nostra anima la polvere accumulata dalla polvere di tutti i giorni” SARA BUONOMINI

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