IN COPERTINA XXI CONGRESSO
La rappresentanza all’alba di un mondo nuovo Angelo Panebianco, politologo e professore ordinario all’Università di Bologna, è intervenuto al nostro Congresso generale per fornire un quadro sulla situazione mondiale
I
l mondo come lo abbiamo conosciuto è frutto del pensiero occidentale. La libertà di commercio, i diritti individuali, la rule of law, sono frutto della civiltà liberale ed è quest’ultima che ha favorito la crescita economica che ha contraddistinto l’epoca in cui viviamo. Ma cosa succede se al posto di democrazie liberali si sostituiscono potenze autoritarie e illiberali? In occasione del XXI Congresso Lapam lo abbiamo chiesto ad Angelo Panebianco, professore emerito di Scienza politica all’Università di Bologna, editorialista del Corriere della Sera e presidente del comitato editoriale della casa editrice “il Mulino”, per cui ha pubblicato vari saggi. Secondo Panebianco il mondo sta attraversando un periodo in cui le relazioni tra gli Stati diventano sempre più imprevedibili. I difficili rapporti tra USA e Cina, o tra USA e Russia, l’instabilità del Medio Oriente e di vaste zone dell’Africa, pensiamo alla Libia, al Sudan o alla Siria e più recentemente al Libano e all’Afghanistan - che Panebianco definisce aree “machiavelliane”, dove cioè non esiste un ordine politico interno - si
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n° 06 - 2021
sono moltiplicate e a farne le spese sono le potenze liberali. Secondo l’autore di “Persone e Mondi” (Il Mulino 2018) l’aumento dell’instabilità e la conseguente perdita di un primato occidentale, comporta la scomparsa di un ordine internazionale e l’affermazione di un mondo multipolare, dove non esiste un egemone e dove viene meno una componente essenziale della crescita economica: la prevedibilità. Ma crescita e sviluppo economico sono davvero stimolati da unità politica e ordine internazionale, oppure prosperano anche in una situazione di frammentarietà e multipolarismo? A questa domanda non c’è, secondo Panebianco, una risposta univoca e definitiva. L’Europa rinascimentale era divisa in stati in lotta tra loro, eppure la civiltà della tecnica prosperò dando forma e sostanza ad innovazioni tecnologiche e commerciali che hanno reso possibile lo sviluppo dell’Occidente. Al contrario e per lunghi secoli in Cina il dominio delle grandi dinastie garantì pace e prosperità, ma non un altrettanto rapido sviluppo. Ma per quale motivo l’egemone della
nostra epoca, gli Stati Uniti garanti dell’ordine internazionale dalla fine del secondo conflitto mondiale ad oggi, stanno rinunciando al ruolo di enforcer dei valori della civiltà liberale? Panebianco cita alcune teorie secondo cui nel momento in cui una potenza egemone viene sfidata da un nuovo rivale, come la Cina odierna, viene anche meno la sua volontà di difendere l’apertura dei mercati. Si torna quindi a una condizione dominata dai protezionismi e da una riduzione dei commerci e degli scambi mondiali. In questo senso gli orientamenti dell’opinione pubblica assumono maggior peso nelle scelte dei governanti. Gli statunitensi in particolare sono meno disposti a difendere i valori di libertà ed egualitarismo per cui i loro nonni hanno combattuto nei due conflitti mondiali del XX secolo. E l’Europa? Panebianco sostiene che l’Unione Europea è, ad oggi, una potenza immaginaria. Un’unione di stati che hanno potuto disinteressarsi di quanto avveniva nel mondo perché difesi dagli USA in cambio di fedeltà e riconoscimento di leadership. Ma questa “tutela”, spiega