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TUTTA L’ITALIA A PIEDI PER 2000 KM LUNGO LA VIA FRANCIGENA
Giuliano Dal Molin, artista noto a livello nazionale, a 62 anni compie un’impresa che riesce a pochissimi
Carolina di Valmarana sferza: “Vicenza non ha una dimensione internazionale e la merita”
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Notte che se ne va Antonio Di Lorenzo >antonio.dilorenzo@givemotions.it<
“Notte che se ne va…” cantava Pino Daniele. E la notte è svanita nel cielo politico di Vicenza, con le candidature alle amministrative di primavera che si sono materializzate dopo mesi di sospensione e incertezze, che avevano reso l’orizzonte opaco. Due o tre considerazioni vanno fatte in questa “Terra di mezzo” della politica, tra ciò che non è più e quello che non è ancora.
segue a pag 5
bifacciale dim. 600x300 cm bifacciale dim. 600x300 cm Al centro del giornale scopri l’inserto con le nuove offerte AL “ROSSI” A lezione di ecologia nei terreni 12 IL PROCURATORE FALVO “La ‘ndrangheta può infiltrarsi nel Veneto” 13 ECONOMIA De Concini “Mai così ricco il fisco” 15 SCRITTORI Il misterioso autore ora compone poesie 36 ANTONIO BONANNO L’illustratore che reinventa Pigafetta 24 ENOGASTRONOMIA I dolci tradizionali sulla tavola 37 Servizi alle pagg. 8, 9 e 10
COLPI DI
E CANDIDATI LA BATTAGLIA PER IL PALAZZO La corsa per la poltrona
il confronto politico a Vicenza Servizio
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LA FRUSTATA DI VALMARANA “MA A VICENZA INTERESSA
TURISMO?”
A
SONDAGGI
di sindaco infiamma
IL
Servizio a pag. 6
FEBBRAIO 2023 Periodico d’informazione localeAnno XXIX n. 2
del giornale L’INFORMAZIONE LOCALE
Notiziario
NOI SIAMO verde
ANTENORE verde
Più sicurezza sul lavoro
Il col. Giuseppe Moscati e il luogotenente Leonardo Anderlini
Icarabinieri dell’Ispettorato del lavoro di Vicenza hanno denunciato 264 persone, di cui 14 per violazione delle norme penali sul lavoro e 250 per violazioni, sempre penali, in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
È il bilancio dell’attività svolta nel 2022 dal nucleo comandato dal luogotenente Leonardo Anderlini che opera di concerto con il comando territoriale del colonello Giuseppe Moscati.
L’anno scorso sono stati registrati 1090 decessi sul lavoro in Italia, di cui 113 nel Veneto. Per contrastare e prevenire questi incidenti, l’attività dei carabinieri dell’Ispettorato del lavoro si svolge in quattro direzioni: controllo dei cantieri, lotta al caporalato, contrasto del lavoro nero, sicurezza sul lavoro.
Centoundici le ispezioni dei carabinieri ad altrettante aziende, due a settimana: i controlli hanno riguardato 27 casi in materia di lavoro e 84 la sicurezza.
Sono state 46 le sospensioni delle attività in altrettante imprese, 9 per lavoro nero e 37 per violazioni in materia di sicurezza. Sono state contestate sanzioni amministrative per oltre 210 mila euro, più sanzioni penali per 373mila euro. Quindi, i carabinieri hanno inflitto multe per mezzo milione di euro.
Sono stati controllati 307 lavoratori e di questi 88 sono risultati in “nero”.
Dai controlli è risultato altissimo il numero delle aziende che assumono dipendenti come stagisti, apprendisti, a part time o con contratti intermittenti mentre hanno diritto a contratti a tempo indeterminato. E i carabinieri contestano queste violazioni e riqualificano i contratti.
È un periodico formato da 23 edizioni locali mensilmente recapitato a 506.187 famiglie del Veneto.
I carabinieri hanno elevato multe per mezzo milione di euro
Notte che se ne va
Antonio Di Lorenzo >antonio.dilorenzo@givemotions.it<
Una postilla va aggiunta e riguarda la temuta astensione che – sono pronto a scommettere – a Vicenza non sarà pesante come quel 60% che non s’è presentato alle recenti regionali. La competizione interessa e i candidati, tutti, anche i minori, stanno mettendo in campo le risorse migliori per coinvolgere e convincere. Ognuno ha la sua motivazione.
La prima considerazione è che nessuno si sente sicuro, viceversa c’è perfino un po’ di ansia in entrambi gli schieramenti. Del resto, le rendite di posizione non valgono più. L’abbiamo toccato con mano in troppi casi, l’ultimo è il voto di Verona, perché non sia vero anche questa volta.
La seconda riflessione riguarda i sondaggi. In due mesi ne sono stati diffusi due: il primo, elaborato da Winpoll, che dà i due maggiori candidati attorno al 50% e indica una sfida aperta, il secondo della Swg che parla di un sindaco approvato dal 71% dei cittadini e che può vincere perfino al primo turno con 51-52% e stravincere al secondo.
Al netto delle contestazioni metodologiche pure sollevate in entrambi i casi, evidentemente i sondaggi, elaborati a un mese di differenza, non possono essere veri entrambi. Questi risultati possono essere solo la spia di un “sentiment” ancora complesso da decifrare e in formazione.
Il terzo polo (dopo gli ultimi risultati c’è chi come Marco Travaglio contesta ancora con più veemenza che sia terzo, bensì sesto in Italia…) deve ancora delineare la sua strategia, ma la sua presa affievolisce e ha ricevuto un “no” importante alla candidatura da Luca Ancetti, peraltro corteggiatissimo non solo da loro.
A centrodestra ci sono diverse liste concorrenti nei confronti del sindaco, al di là dei nervosismi dell’area filo Donazzan e Conte di Fratelli d’Italia e dell’esplicito “no” a Rucco di “Coraggio Italia”. Anche a voler minimizzare, tre o quattro liste rischiano di rosicchiare quel margine che potrebbe essere decisivo. Variati vinse nel 2008 per 500 voti, non dimentichiamolo. Sull’altro fronte, per Possamai i problemi potrebbero nascere proprio in casa. Pur lasciando perdere la querelle un po’ fatua sul “civismo”, il candidato del centrosinistra ha sempre affermato che le amministrative sono un’elezione differente rispetto alle politiche. E ha ragione. Ma è anche vero che il suo Pd è ridotto male nella percezione degli elettori in generale, e se non si risolleva nei prossimi tre mesi rischia di essere un serbatoio, sì, ma con molte bolle d’aria.
è una testata giornalistica di proprietà
Questa edizione raggiunge la città di Vicenza per un numero complessivo di 43.000 copie. Iscrizione testata al Tribunale di Vicenza n. 4194/2020 V.G. del 23.11.2020; R.S. 17/2020; numero iscrizione ROC 32199
Chiuso in redazione il 17 febbraio 2023
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Il personaggio. Giuliano Dal Molin, artista vicentino,
ha realizzato un progetto nel quale riescono in pochissimi
A piedi sulla Francigena per 2000 km
In novanta giorni ha percorso l’intero itinerario dell’antica strada dei pellegrini, dal Gran San Bernardo in Val d’Aosta sino a Santa Maria di Leuca in Puglia. Da Roma fino al mare è stato sempre da solo, con un paesaggio purtroppo rovinato da molti rifiuti abbandonati
Ha percorso a piedi tutta l’Italia, dal Gran San Bernardo a Santa Maria di Leuca. Ha impiegato tre mesi per consumare le scarpe lungo duemila chilometri attraverso la via Francigena, perché non s’è fermato al percorso classico e conosciuto, quello che va dalle Alpi a Roma, ma ha proseguito dalla capitale sino all’ultima estremità della Puglia, laddove i pellegrini si imbarcavano per la Terra Santa. E nel secondo tratto, parliamo comunque di poco meno di mille chilometri, ha attraversato Lazio, Basilicata e Puglia da solo.
Se il “cammino di Santiago” è noto la via Francigena è meno di moda ma assai più lunga e impegnativa: nella sola parte italiana è quasi il doppio del cammino di Santiago, duemila chilometri appunto. La via Francigena in realtà inizia da Canterbury e attraversa la Francia.
Il protagonista è Giuliano Dal Molin, artista che vive a San Vito di Leguzzano anche se lavora ed è noto a livello nazionale. Le sue opere tridimensionali mettono assieme pittura e scultura: sono molto geometriche e animate da una ricerca sul colore assai accurata. Bisogna partire da queste sue strutture per capire le motivazioni che hanno portato un uomo di 62 anni, sposato con Sonia dal 1990, genitori di
Lucia di 29 anni, a imbarcarsi in un’avventura che solo pochi hanno affrontato. Centrale è il medioevo e l’arte antica. La ritroverete. Hanno infatti scritto di lui: “Dal Molin dimostra lo stesso atteggiamento degli antichi “maestri” medievali nei confronti dell’opera d’arte. Il suo modo di porsi rispetto al lavoro è interamente immerso in una cultura che non separa la teoria dalla pratica, ma la concepisce come facce di una medesima medaglia”.
Lui spiega che è affascinato dalla manualità come fatto creativo. Lo dimostrano, appunto, le sue opere e prima ancora lo racconta la sua storia: s’è costruito la casa con le sue mani, prima un piano e poi l’altro. Ha imparato dal papà muratore, che l’ha aiutato. E siccome ha ereditato un bosco di settemila metri quadrati, l’ha ripulito e lo cura personalmente.
Se gli chiedete come gli è venuto in mente di lanciarsi in questa impresa, vi risponderà che le motivazioni sono state due: voleva ammirare il paesaggio e conoscere l’arte. Paesaggi ne ha visti in quantità, dato che in gran parte la via Francigena si addentra nei sentieri e attraversa assai poco le strade. Anzi, Dal Molin ha rischiato proprio quando ha affrontato l’asfalto e il traffico. Arte ne ha ammirata quanta ne ha voluta fra centri storici,
chiese, monasteri, abbazie e naturalmente pitture e sculture, specie medievali. Il che ha risposto a un altro interesse di questa parte della sua vita, dato che – spiega lui – ha riscoperto l’arte classica, quella antica. Quello attuale, aggiunge, è un periodo di riflessione e di ricerca spirituale, tutta laica e personale. Niente di meglio che riflettere faticando. Ha impiegato tre mesi a camminare dalle montagne della Val d’Aosta al mare della Puglia. Quarantacinque giorni fino a Roma e altrettanti fino a Santa Maria di Leuca. Racconta che non è uno sportivo, ma solo un camminatore in
montagna. Scusate se è poco, per dirla con Totò. Le tappe, infatti, sono in media di 1820 chilometri, ma ci sono anche quelle di trentadue. Dalle Alpi sino a Vercelli gli ha fatto compagnia un amico; cinque giorni prima di Roma lo hanno accompagnato Bortolo Saccardo e Luigi Anzolin, amici con i quali due anni fa aveva percorso il tragitto fra Siena e Viterbo.
“Se la Francigena non l’avessi affrontata adesso, non ci sarei riuscito più”, commenta. Ha camminato sempre, anche con la pioggia: del resto, la prima regola è di non fermarsi mai. È stato fortunato perché
ha visto poca acqua, soltanto tre giorni su novanta. Per orientarsi usava le indicazioni poste sui sentieri, fossero cartelli o anche il semplice viandante disegnato sulle pietre. Lo smartphone gli serviva la sera per chiamare casa. Se ha incrociato molta arte, da Roma in poi lo spettacolo ambientale è stato ben diverso. Dal Molin ha fotografato cumuli di rifiuti, lasciati ai bordi della strada ma anche gettati nei boschi. Uno spettacolo indecorso e sconcertante, che racconta molto del carattere degli italiani sia come cittadini sia come amministratori pubblici.
Come commenta la sua esperienza? E cosa gli è rimasto dentro dopo tre mesi di camminata instancabile, che gli è costata naturalmente le vesciche ai piedi? “È stata un’esperienza straordinaria – risponde – Ho chiarito alcune cose in me stesso. Capisci quello che è importante nella vita: lasci perdere gli affanni e le corse”. (a.d.l.)
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L’impresa
Un primo piano di Giuliano Dal Molin, 62 anni, e una sua opera. L’indicazione del viandante sulla via Francigena
“Troppe promesse non mantenute dal sindaco in questi anni. Il progetto politico di Possamai è davvero civico perché lui si mette a servizio della città in modo autonomo rispetto al partito. Mi auguro che le forze di centrosinistra aderiscano al suo appello. Le liste degli ex assessori possono portare via voti al centrodestra”
Il centrosinistra vicentino punta (quasi) tutto su Giacomo Possamai per poter tornare ad amministrare la città. È un nome senza dubbio forte, visto il successo elettorale alle regionali del 2020. Ma la sua candidatura potrebbe incontrare qualche insidia, stretta com’è tra l’appartenenza partitica e visione civica, all’interno di un agone elettorale che vede crescere i candidati per palazzo Trissino. Ne parliamo con Giovanni Selmo, consigliere comunale del gruppo “Da adesso in poi”.
Nell’arco di un mese hanno sciolto le riserve a candidarsi per il ruolo di sindaco Giacomo Possamai, Francesco Rucco, Claudio Cicero e Lucio Zoppello. E potrebbero essercene ancora.
La situazione si fa affollata. Ma penso che i due candidati di centrodestra e di centrosinistra saranno quelli che andranno a giocarsi la partita più di tutti.
Che ruolo possono svolgere le altre candidature?
Zoppello e Cicero possono andare ad indebolire il fronte del centrodestra, visto che facevano parte della squadra di governo di Rucco; si rivolgono maggiormente a quell’elettorato.
Non vede lo stesso rischio anche per il centrosinistra?
Possamai quando ha lanciato la propria candidatura ha esteso l’invito a partecipare alla coalizione di centrosinistra a tutte le forze che vi si riconoscono. Il mio auspicio è che questo invito sia colto ovviamente, soprattutto da quelle forze con cui in questi cinque anni abbiamo sempre lavorato assieme, come “Grande Vicenza”.
Non va dimenticato che Possamai è un esponente del Pd, nonostante la sua campagna elettorale sia partita all’insegna del “civismo”.
Possamai ha voluto dare un segnale di discontinuità con la sua candidatura rispetto a quella di Rucco, che ha dovuto aspettare un traballante benestare da parte dei partiti che lo sostengono. Il messaggio che vuole dare Possamai alla città è che lui si vuole mettere a disposizione a prescindere dalla linea del suo partito. È
incentrato più su un progetto civico che sulla sua figura, che è sempre stato legata al Pd. Il fatto che il Partito Democratico stia riscontrando un calo dei consensi può avere un effetto sulle amministrative?
Penso che il livello locale della politica sia un’altra cosa rispetto a quello nazionale; certo in questo momento il Partito Democratico non gode di grande fiducia da parte dei cittadini, anche e soprattutto nel Veneto, ma a livello locale le persone premiano maggiormente le competenze e le idee calate sulla città.
La candidatura di Possamai ha voluto trasmettere anche questo messaggio: è una figura cresciuta all’interno del partito ma che si è dimostrata autonoma nelle proposte e nel proprio posizionamento rispetto al partito. E la grande maggioranza delle figure che lo sostengono lo fanno senza tessera in tasca; Possamai ha la capacità di saper coinvolgere e di fare squadra sia con partiti sia con figure ad essi slegate, ed in questo è molto civico, non schematizzato in dinamiche di partito.
Secondo lei quale può essere un punto di forza di Possamai?
È una persona che ascolta molto il territorio, mi piace che abbia iniziato la campagna incontrando i quartieri più che i vertiti delle liste di partito.
E un punto debole invece?
Ad una prima occhiata può sembrare un po’ rigido, ma in realtà è perché non vuole mai… spararla grossa, dire cose che non è in grado di portare a termine. Esattamente il contrario di quanto fatto da Rucco in cinque anni fa, che ha fatto una marea di promesse senza mantenerle. (al.fe.)
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Politica e amministrazione
L’intervista. Giovanni Selmo, consigliere comunale del gruppo “Da adesso in poi” di centrosinistra valuta la situazione politica
“Possamai è la svolta che serve a Vicenza”
Giovanni Selmo, consigliere comunale, e Giacomo Possamai candidato a sindaco di Vicenza
L’intervista. Sulle elezioni parla Mattia Ierardi,
“Rucco ha lavorato bene, la città lo sa”
Nel mare magnum della politica vicentina, la barca del centrodestra berico ha dovuto far fronte ad alcune onde anomale in questo inizio di anno elettorale, dalla sconfitta del proprio candidato alle elezioni per il presidente della Provincia fino alle liste di ex assessori della giunta Rucco che si presenteranno alle prossime comunali. Ciononostante, per l’assessore Mattia Ierardi, che è anche responsabile provinciale di Fratelli d’Italia, il timone nelle mani di Rucco è ben saldo.
Due ex assessori come Cicero e Zoppello hanno presentato la propria candidatura a sindaco. Tosetto ha presentato una sua lista che guarda al centrosinistra. Queste scelte possono indebolire la candidatura di Rucco?
A mio avviso, no. Ho vissuto in prima persona il loro percorso in maggioranza, e se sono ex assessori un motivo c’è. Così facendo fanno solo il gioco del centrosinistra.
E questo non può essere penalizzante alla lunga?
Fare il gioco non significa che il gioco vada a segno. La figura del sindaco si valuta sulla base del proprio operato e di quello della propria giunta: non mi preoccupa che ci siano dei concorrenti. Saranno poi i cittadini ad esprimersi, e ritengo che i vicentini siano così intelligenti da poter valutare ciò che è stato fatto in maniera oggettiva, senza che l’opinione degli elettori venga influenzata da questi movimenti.
Un sondaggio a dicembre dava i due candidati “forti”, Rucco e Possamai, sostanzialmente alla pari. Rucco può aver perso il vantaggio competitivo che solitamente hanno i sindaci uscenti che si ricandidano?
C’è un recente sondaggio che dice tutt’altro, riconoscendo a Rucco un sostanzioso vantaggio. Il 71% dei cittadini, spiega il sondaggio effettuato a gennaio, approva l’azione dell’amministrazione. Al netto del fatto che i sondaggi lasciano il tempo che trovano, secondo me la partita non parte alla pari. Gli elettori saranno sicuramente in grado di valutare l’operato di questa
amministrazione, le condizioni in cui ha portato avanti il proprio programma e ciò cui si aspira con un secondo mandato.
Perché ce n’è bisogno?
Nonostante tutte le difficoltà vissute in questi anni tra covid, inflazione, crisi energetica, sono ben consapevole della visione di città che abbiamo. Di sicuro c’è ancora molto da fare, vanno “uniti i puntini” di tutte quante le cose fatte fino ad adesso, e confido nel fatto che ci venga data la possibilità di proseguire nella nostra strada.
La sconfitta del centrodestra alle elezioni per il presidente della Provincia a detta di molti osservatori dimostra che la coalizione non è controllabile. Ciò potrebbe influenzare il voto?
Assolutamente no, per il semplice motivo che alle provinciali hanno votato gli amministratori, che possono avere delle influenze terze, mentre alle amministrative vota il popolo. L’influenza politica è relativa, una parte di un partito non incide tanto quanto può aver inciso alle provinciali.
Qual è il punto forte di Rucco?
“I cittadini sapranno valutare e non verranno influenzati neanche dalle candidature e dalle liste degli ex assessori. Che fanno solo il gioco della sinistra. I due maggiori candidati non partono alla pari”. Secondo un sondaggio fatto a gennaio, il 71% dei vicentini approva l’operato dell’amministrazione comunale
Il suo punto forte direi che è la calma e la sua capacità di mediare, di trovare delle soluzioni.
Mentre quello debole?
Che si arrabbia troppo poco. (ride, ndr). Quindi croce e delizia.
Stessa domanda riferita al suo principale sfidante, Giacomo Possamai.
Il suo punto forte senza dubbio è che ha una grande capacità politica che gli va riconosciuta, ma la capacità politica non è la capacità amministrativa, quindi…? Il suo difetto invece è che è di sinistra, punto, non è sicuramente un civico.
Alvise Ferronato
www.ilvicenza.com 9 Politica e amministrazione Fotografa il QR code e ascolta l’ultimo Notiziario
assessore ma anche responsabile provinciale di “Fratelli d’Italia”
L’assessore Mattia Ierardi e il sindaco Francesco Rucco
Gli altri protagonisti. Quattro ex assessori si presentano alle elezioni con tre liste differenti. E nessuno appoggia Rucco
Ex in campo con tanta voglia di rivincita
C’è tanta voglia di rivincita nelle scelte dei quattro ex assessori che sono scesi in campo in vista delle amministrative. Ognuno ha una storia personale alle spalle, ma tutti e quattro sono stati “licenziati” dal sindaco Rucco in questi cinque anni. Nessuno di loro sostiene il sindaco uscente, e questo è comprensibile: le loro posizioni vanno dall’indifferenza verso tutti i candidati all’appoggio esplicito all’oppositore di Rucco. È il caso di Matteo Tosetto, già assessore al sociale ampiamente apprezzato, che si presenta con la lista “Ripartiamo da Vicenza”: punta a sostenere Giacomo Possamai. “Voglio coinvolgere anche Grande Vicenza e Terzo polo in questo programma”, ha dichiarato.
Con lui si schierano anche Patrizia Barbieri, già compagna di strada di Rucco, ora nel gruppo misto, e Davide Fiore, del Fai e storico dell’arte.
Lucio Zoppello, ingegnere e già assessore all’urbanistica, uscito di scena nel 2019, si presenterà con la lista “Rigeneriamo Vicenza insieme”. “Sono sempre stato del centrodestra e non lo disconosco. Ma del centrodestra in questa coalizione c’è rimasto ben poco – ha spiegato caustico – Per seguire Roma, l’amministrazione si sta sempre più distaccando dai cittadini”. Assieme a Zoppello si presenta anche un altro ex assessore, Marco Lunardi e Andrea Maroso, che nel 2018 battezzò la lista “Siamo Veneto” che raccolse 418 voti. Lucio Zoppello non ha pronunciato dichiarazioni bellicose, limitandosi a ribadire: “Sono di centrodestra, saremo determinanti”.
Infine c’è Claudio Cicero, anche lui grande sostenitore del sindaco poi uscito da palazzo Trissino nel 2019, che presenta la sua lista “Impegno a 360 gradi” (richiama il suo impegno per le rotatorie con cui è diventato celebre con la giunta Hullweck) con la quale è la terza volta che corre, dal 2008 a oggi, raccogliendo peraltro consensi calanti, dal 9 sino al 2.6 per cento. “Ho lo stesso entusiasmo di vent’anni fa”, assicura. Con Cicero si schierano anche Alessandra Lolli e Nico Pigato. Cicero ha dichiarato che a un’eventuale ballottaggio fra Cicero e Possamai voterà scheda bianca.
Matteo Tosetto fa il tifo per l’oppositore più importante di Rucco, Possamai. Lucio Zoppello non prende posizione e si limita a dire: “Siamo di centrodestra e saremo determinanti”.
Claudio Cicero spiega che al ballottaggio non appoggerà nessuno dei due
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La prima novità sulla scena politica è l’elezione di Andrea Nardin a presidente della Provincia contro Nicola Ferronato. La scalata a palazzo Nievo del sindaco di Montegalda è stata la prova che, anche in politica, l’obbedienza non è più una virtù. La parafrasi della celebre frase di don Lorenzo Milani serve a spiegare che ci si attendeva un risultato e n’è arrivato un altro, in aperto contrasto con l’indicazione delle segreterie del centrodestra. Va tenuto presente che il centrodestra nel Vicentino conta il 60% dei voti. Le divisioni in Fratelli d’Italia e Lega hanno pesato parecchio: nel primo caso la corrente di Donazzan s’è smarcata da Ierardi e nel secondo la corrente di Pretto e Ciambetti s’è apertamente dichiarata contro la segreteria Celebron. Poi conta anche parecchio la “libertà di coscienza” di molti amministratori.
Sotto un altro profilo c’è la novità della presenza di Marco Marturano come “spin doctor” di Francesco Russo. Milanese, 55 anni, ha grande esperienza nel settore a livello nazionale: docente universitario, giornalista, è un guru, come si dice, che ha seguito decine di campagne elettorali, anche molto importanti, soprattutto del centrosinistra. Nel Veneto, l’anno scorso, assieme a Mauro Ferrari ha seguito Francesco Peghin alle comunali di Padova. Di recente ha seguito le regionali in Lombardia. La sua presenza a supporto di Rucco non contrasta con quella di Alberto Serafin, che seguì anche la campagna 2018 del sindaco: l’uno cura testi e relazioni stampa l’altro organizzazione e comunicazione.
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Politica
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e amministrazione
Claudio Cicero Lucio Zoppello
Matteo Tosetto
Andrea Nardin
Marco Marturano
Il dibattito. Si accende il confronto politico, e non solo, sui possibili scenari
Tempo di riforme istituzionali: sarà una vera rivoluzione?
Si apre un periodo cruciale per l’autonomia, il presidenzialismo, il terzo mandato e la “riscossa” delle Province
Èvero. In alcuni casi se ne parla da decenni, dividendosi tra favorevoli e contrari, tra speranzosi e scettici. Fatto sta che non se ne è fatto nulla.
Di cosa stiamo parlando?
Delle grandi riforme istituzionali che dovrebbero cambiare definitivamente il volto al nostro Paese.
AUTONOMIA, NOVITÀ E PROSPETTIVE
Quella certamente più sentita, almeno nel nostro territorio, è certamente la riforma in senso federale del nostro Paese.
Negli anni passati, Veneto e Lombardia celebrarono anche un referendum, la cosiddetta autonomia è stata la madre di tutte le battaglie. Il presidente Zaia chiese, a gran voce, un impianto autonomista articolato su 23 materie prevedendo, inoltre, di trattenere i 9 decimi del residuo fiscale.
In buona sostanza gli autonomisti Veneti chiedevano di poter tenere il 90% dei soldi delle tasse dei veneti garantendo di gestire, senza nulla chiedere allo Stato Centrale, 23 materie, scuola compresa.
A questa visione totalmente autonomista se ne contrapposero almeno altre due: quella dei contrari che considerano questa riforma uno “smembramento dell’Unità Nazionale” e quella dei possibilisti che, però, non parlano di residuo fiscale e che considerano più “realistico” concentrarsi su nove materie e non 23.
Rispetto a questo dibattito, dunque, quale è oggi la novità?
La novità è che il Ministro Roberto Calderoli ha portato all’attenzione del Consiglio dei Ministri una cornice autonomista. Certo, c’è ancora molto da fare a partire dai cosiddetti Lep (i livelli essen-
ziali di prestazione: quegli indicatori che dovrebbero dimostrare come in qualsiasi regione, anche in presenza di una riforma autonomista, i servizi ai cittadini siano gli stessi), ma almeno è stato messo un primo punto.
PRESIDENZIALISMO E COSTITUZIONE
La seconda grande riforma della quale si parla molto è tornata alla ribalta all’indomani della vittoria elettorale di Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia. Parliamo, ovvia-
che, elette in modo indipendente, hanno il potere legislativo e di controllo, ma non possono sfiduciare il Presidente.
Secondo i suoi sostenitori, il Presidenzialismo dovrebbe garantire maggiore stabilità politica e la possibilità di assumere decisioni in modo più agile.
dove il Sindaco Brugnaro finirà il proprio secondo mandato nel 2025 e, ad oggi, non potrebbe ricandidarsi a Padova dove Sergio Giordani ha appena avviato il proprio secondo.
mente, del presidenzialismo.
Ma cos’è? Per capirci: oggi l’Italia è una Repubblica Parlamentare dove al centro di tutto ci sono, appunto, la Camera dei Deputati e il Senato che hanno il compito, tra le altre cose, di votare la fiducia al Presidente del Consiglio incaricato e di eleggere il Presidente della Repubblica.
Con una modifica della Costituzione si vorrebbe, almeno questo è l’intendimento di alcune forze politiche di Governo, introdurre il presidenzialismo. In buona sostanza si sposterebbe si sposterebbe, in modo sostanziale, il focus dalle Camere alla figura del Presidente sia esso Presidente del Consiglio o della Repubblica che, in quel caso, sarebbe eletto direttamente dai cittadini.
In buona sostanza il potere esecutivo è nelle mani del Presidente che, eletto dai cittadini, diventa sia il capo del Governo sia il capo dello Stato ma non ha la possibilità di sciogliere le Camere
Secondo i detrattori, viceversa, servirebbe una migliore legge elettorale per garantire stabilità e lavoro, non una riforma istituzionale che rischia, inoltre, di avere un Presidente che muove in una direzione e un parlamento in un’altra creando un cortocircuito paralizzante.
In questo caso, a differenza di quanto sta accadendo con l’Autonomia per la quale almeno c’è una prima e parziale cornice che servirà per aprire un dibattito, non c’è ancora nulla. Anzi è già in corso un derby tra le forze politiche della maggioranza di Governo per quale delle due riforme debba viaggiare più speditamente e per comprendere se vi siano elementi di contraddizione tra loro.
SINDACI, SPUNTA
IL TERZO MANDATO
L’altro grande dibattito in corso è legato al terzo mandato per i Sindaci e i Presidenti di Regione. Anche in Veneto sarebbero molte le città interessate: da Venezia,
Ma la grande incognita riguarderebbe la Regione Veneto. Il Presidente Zaia finirà il proprio terzo mandato nella primavera 2025, ma la “regola” che ha introdotto il limite dei due mandati è entrata in vigore dopo i suoi primi cinque anni in laguna: se passasse questa modifica, quindi, Zaia potrebbe ricandidarsi per il suo terzo mandato, visto che il primo (che sommati fa 4) non verrebbe conteggiato.
sarebbe anche una quarta, quella legata alle Province. La cosiddetta “Riforma Delrio” ha declassificato le Province a enti di secondo livello, ovvero soggetti eletti soltanto dagli amministratori comunali del territorio e non più dai cittadini e con competenze molto più ridotte rispetto al passato: una sorta di grande “conferenza dei sindaci” concentrata principalmente su viabilità e edilizia scolastica.
Anche in questo caso è in corso un dibattito, questa volta non per fare qualcosa di nuovo, ma per “tornare al passato” ovvero a delle Province elette dai cittadini e con competenze maggiormente “solide”.
Se ne parla, se ne parlerà ancora, ma anche questo elemento potrebbe contribuire ad un cambiamento importante degli assetti istituzionali del nostro Paese.
Anche in questo caso il dibattito è in corso tra i favorevoli che sostengono come gli anni della pandemia abbiano allungato i processi amministrativi e quindi per completare il lavoro servirebbe “un’aggiunta” e i contrari che ritengono “malsano” per la democrazia la mancanza di ogni tipo di alternanza. Staremo a vedere.
In realtà di riforme ce ne
Di cose che bollono in pentola ce ne sono molte. Bisognerà capire come si combineranno gli ingredienti, quale sarà il primo ad essere pronto e se, alla fine, il piatto che ne uscirà sarà appetitoso, ma soprattutto nutriente. Noi proveremo a raccontare, da qui in avanti, tutti i passaggi che si susseguiranno, raccogliendo opinioni e pareri dei protagonisti di quella che potrebbe essere una vera rivoluzione o, semplicemente, un nuovo buco nell’acqua.
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Politica
PROVINCE, RITORNO AL PASSATO
Il Ministro Roberto Calderoli ha portato all’attenzione del Consiglio dei Ministri una cornice autonomista
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Con una modifica della Costituzione si vorrebbe poi introdurre il presidenzialismo
L’iniziativa. Al
Un misuratore d’acqua che salva i terreni
Una lezione di Francesco da Schio e di Andrea Fasolo su questa nuova frontiera dell’agricoltura: “Sono le piante che fanno il terreno, non il contrario”. L’esperimento dell’acqua
Una lezione al “Rossi” sulle nuove tecniche di coltivazione dei suoli più rispettose degli equilibri ecologici. In cattedra Francesco Da Schio, agronomo, che da anni attua e si batte per diffondere queste buone pratiche nella conduzione dei fondi agricoli, a partire dalla propria fattoria didattica “La Pettorina” di Villadose, a pochi chilometri da Rovigo.
Da un’intervista su questo gionale hanno preso spunto le docenti dell’Istituto Rossi di Vicenza Annalisa Scalvi (vicepreside) e Mariagrazia
Vignaga, per organizzare una lezione-laboratorio in aula magna cui hanno partecipato ben 16 classi, dopo alcune lezioni individuali di preparazione condotte da altri docenti di scienze e chimica, vanno citate le professoresse Annalisa Tessarolo e Francesca Villani.
Il tema, a prima vista complesso, era “Agroecologia ed erosione del suolo” ma attraverso le spiegazioni dello stesso da Schio, coadiuvato da Andrea Fasolo, agronomo e dottorando all’università di Padova, l’attenzione degli alunni è stata immediatamente catturata sul rapporto tra chimica e terreni. L’incontro è stato condotto dal giornalista Antonio Di Lorenzo. Esaurita una rapida sezione dedicata alle nozioni teoriche che hanno illustrato i cam-
biamenti repentini e dannosi per l’agricoltura a partire dagli anni Sessanta, causati dalla massimizzazione delle rese, è stato il momento atteso e apprezzatissimo, di un esperimento molto esaustivo ed efficace. Con l’ausilio di un piccolo modello in miniatura, è stato possibile verificare di fatto come si comporta un terreno lavorato intensamente e come reagisce un altro terreno, trattato secondo questo nuovo approccio. Nel primo caso il mix di chimica e lavorazioni intensive fa sparire le piante; nel secondo le piante restano e trattengono il terreno. L’acqua versata, che simula la pioggia, nel primo caso si trascina via il terreno superficiale, quello più ricco di importanti elementi organici, mentre il modellino con il terreno trattato con le tecniche della agroecologia (Meno chimica, più verde) alla fine mostrava l’acqua quasi trasparente perché non aveva intaccato la superficie. Ha spiegato Francesco da Schio: “Dieci anni di agricoltura industriale consumano una quantità di suolo (vale a dire 2-3 centimetri di terra) che ci ha messo 100 anni per crescere. Bisogna lasciare il suolo per produrre domani. Perché non è il suolo che fa le piante, ma sono le piante che fanno il suolo”.
Glistudenti del “Rossi” hanno osservato e commentato con
interesse e curiosità il piccolo esperimento e alcuni di loro alla fine si sono intrattenuti a lungo con i due esperti per chiedere ulteriori informazioni che hanno dichiarato trovare interessanti per l’attività familiare.
Non solo, ma in prospettiva Francesco Da Schio ha avan-
zato una proposta affinché il Rossi prenda in considerazione l’idea di progettare e realizzare di un prototipo, che al momento sarebbe il primo in Italia, in grado di valutare la capacità di assorbimento dell’acqua nei terreni. Se il progetto prenderà corpo, come sembra, potrà addirit-
tura partecipare ad un bando della Regione Veneto che sostiene percorsi innovativi di educazione civica che portino gli studenti alla valorizzazione degli spazi esterni e di prossimità della scuola con particolare attenzione alle fattorie didattiche.
Silvio Scacco
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“Rossi” si studia un progetto legato all’agroecologia, più rispettosa dei campi e delle coltivazioni
Innovazione e scuola
La vicepreside Annalisa Scalvi Andrea Fasolo Francesco da Schio
Il personaggio. Il procuratore della Repubblica di Vibo Valentia, Camillo Falvo, ha parlato al liceo “Quadri”
‘Ndrangheta, alto rischio di infiltrazione
“Con i quattrini che arrivano e giungeranno sempre di più grazie al Pnrr – ha detto il magistrato – il Veneto deve stare attento a questa organizzazione criminale che punta a riciclare grandi somme di denaro. Le sue armi sono usura e corruzione. Obiettivo sono le imprese”. La ‘ndrangheta mette radici nel territorio
“Il Veneto è terra di frontiera per la ‘ndrangheta. Ma visti i soldi che arrivano e arriveranno con il Pnrr il rischio di infiltrazione è altissimo. Il loro obiettivo è impadronirsi delle aziende. A loro non interessa loro fare affari, colpire e andare via, sono diversi dalla mafia. La ‘ndrangheta ha disponibilità di denaro elevatissime e ha solo il bisogno di riciclare quella montagna di soldi che arriva dallo spaccio di stupefacenti. Prendono di mira imprese in difficoltà, per esempio. Usano gli strumenti di società che sono collegate all’organizzazione grazie a prestanome: offrono agli imprenditori servizi, forniture, subappalti. O fanno prestiti a chi è in difficoltà a tassi da usura, 20 per cento al mese: 240% all’anno”. Sono le parole di Camillo Falvo, procuratore di Vibo Valentia dal 2019, che ha parlato al liceo Quadri, istituto superiore assai attento a questi temi, come ha ricordato nell’introduzione il preside Paolo Jacolino che, grazie al vicepreside Diego Peron ha organizzato l’incontro assieme a “Libera” e “Vicenza valore comunità”. Falvo è stato intervistato dal direttore di TvA Gian Marco Mancassola che ha intervistato anche Raffaele Consiglio, segretario generale della Cisl.
L’incontro è stato reso possibile da Salvatore Durante, urologo a Villa Berica, calabrese d’origine e compagno di liceo del procuratore.
L’incontro è stato molto interessante, perché la ‘ndrangheta è poco conosciuta e il procuratore Falvo (che è stato anche ufficiale della Finanza e della polizia prima di entrare in magistratura) non solo è esperto della materia - ha lavorato con il procuratore Gratteri a Catanzaro - ma ha anche una capacità di comunicazione di rara efficacia. Con esempi tratti dalle sue indagini, il magistrato ha spiegato com’è organizzata
la ‘ndrangheta. Ha ricordato che è l’organizzazione criminale più potente dal punto di vista economico - finanziario: ha citato i borsoni di denaro nascosti sottoterra e quindi utilizzati per comprare la banca di San Marino. Quando li hanno trovati, c’era ancora terra. Un altro esempio: alla ‘ndrangheta i grandi racket brasiliani, colombiani, mes-
sicani affidano la droga perfino in conto vendita, senza chiedere subito il pagamento, comportamento quasi impensabile ma che rivela l’affidabilità che s’è conquistata. Per l’organizzazione, i proventi della droga alimentano le ricchezze illecite e quindi la corruzione, perché l’obiettivo principale per la’ndrangheta è quello di riciclare una gran
massa di denaro.
La ‘ndrangheta è già arrivata al Nord, ha spiegato Falvo Lo testimoniano i consigli comunali sciolti per il reato di associazione mafiosa, dalla Lombardia alla Liguria: in realtà le motivazioni erano tutte collegate alla ‘ndrangheta, non alla mafia. Il che è spiegabile con il fatto che la mafia arriva in un paese o in una città, fa affari sporchi e se ne va. La ‘ndrangheta, invece, insedia una sua ‘ndrina e si impadronisce del territorio. Colonizza e non scappa. Questa è una criminalità diversa da come siamo abituati a considerare le magie. Non fa stragi, e usa la violenza con (relativa) misura: ricordiamo i sequestri di persona negli anni Settanta e Ottanta, di cui fu vittima anche il vicentino Carlo Celadon. Fa invece perno sull’omertà e sull’assoggettamento. L’unico modo per contrastarla è la denuncia: “La ‘ndrangheta non prende piede - ha spiegato - nei territori in cui c’è alta propensione alla denuncia”. Comportamento assai raro – ha aggiunto sottolineando “purtroppo” – in Calabria.
L’occasione dell’incontro è tornata buona per discutere anche di attualità, ovvero dell’arresto di Messina Denaro. Il magistrato ha ribadito il valore essenziale delle intercettazioni e ha anche affermato che nella vicenza “lo Stato non è sceso a patti, pensarlo è pura fantascienza”.
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La testimonianza
Il procuratore della Repubblica di Vibo Valentia, Camillo Falvo
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L’analisi. Le imprese sopportano costi valutati in 55 miliardi per gestire i rapporti con la pubblica amministrazione
Burocrazia, serve proprio un calcione
È stato un anno ricchissimo per il fisco, che ha conteggiato i maggiori incassi di sempre: 568 miliardi di euro. Ma resta aggrovigliato il nodo della pubblica amministrazione che non si riesce a sciogliere
Per il fisco italiano il 2022
è stato un anno ricchissimo; nei soli primi dieci mesi dell’anno ha incassato 57 miliardi di euro in più rispetto allo stesso periodo del 2021. Tale andamento favorevole per le casse dello Stato è stato influenzato – in assenza di nuove tasse – da tre aspetti congiunturali distinti:
1) la cancellazione, nel 2022, di molte proroghe o sospensioni fiscali legate al biennio 2020/2021;
2) la crescita dell’inflazione che ha determinato un aumento esponenziale delle imposte indirette;
3) il miglioramento economico e occupazionale del primo semestre 2022 che ha comportato maggiori entrate dirette. Nel 2022, dunque, lo Stato italiano ha incassato complessivamente oltre 568,4 miliardi di euro: una quota record che segna, rispetto al 2002, anno nel
quale lo Stato incassò 373,4 miliardi di euro, un incremento del +52,2%.
Di questi 568,4 miliardi, 279,1 sono imposte indirette (Iva, accise…), 284,4 miliardi sono imposte dirette (Irpef, Ires…) e 4,8 miliardi sono imposte in conto capitale (successioni, condoni e così via).
Mancherebbero ancora all’appello quasi 8 miliardi di euro dovuti al mancato pieno incasso della tassa sugli extra profitti delle imprese energetiche (incassi stimati 10,5 miliardi di euro, incassi riscossi
2,7 miliardi di euro).
Da questi dati, comunque, emerge la considerazione che, abbattendo buona parte degli sprechi e delle inefficienze annidate nella Pubblica amministrazione, le risorse per operare il tanto agognato abbattimento ponderoso del peso fiscale complessivo ci sa-
rebbero eccome.
Ciò libererebbe energie economiche latenti e oggi ancora inespresse.
Occorre constatare che l’importante messe di incassi dello Stato non ha cambiato una situazione scandalosa che a tutt’oggi vede quantificato in 57 miliardi di euro l’anno (“The European House Ambrosetti”) il costo sostenuto dalle imprese per la gestione burocratica dei rapporti con la pubblica amministrazione e in 55,6 miliardi di euro i debiti che lo Stato e le sue articolazioni periferiche hanno nei confronti delle Pmi.
E ben si comprende come qualche perplessità sulla capacità della pubblica amministrazione di riformarsi in meglio appaia giustificata. Senza scomodare i secolari costi della malagiustizia, il deficit infrastrutturale comples-
sivo, l’arretratezza colpevole che ingessa anche la migliore spinta economica, risulta evidente come più che un maquillage di facciata. È necessario e urgentissimo uno scossone profondo, traumatico e in qualche misura rivoluzionario al fine di provare se una macchina tanto farraginosa come la pubblica amministrazione italiana possa ripartire, costituendo se non un aiuto almeno un mancato
freno alla crescita e al risveglio economico del nostro paese. In un celebre film d’antan per costringere un motore renitente ad avviarsi il motorista, all’ultima spiaggia, lo prendeva a pedate ed esso borbottando ricominciava ad andare. Il che dimostrerebbe che, talvolta, qualche calcione ben assestato male non fa. Almeno in senso metaforico ed economico.
Giuseppe de Concini
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Economia
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Il personaggio. Carolina di Valmarana arriva a chiedersi se la città creda davvero in un investimento serio in questo settore
“Turismo, Vicenza deve investire di più”
Da vent’anni residente a Vicenza, in precedenza ha vissuto a Roma, Milano e Londra: “Ho relazioni ad ampio raggio. La città non mi sfrutta abbastanza. Ma sono a disposizione”. Il suo lavoro con i grandi musicisti Schiff e Fischer. “Purtroppo a Vicenza non ci sono i grandi personaggi di una volta. La città è chiusa, guarda dentro di sè”.
“A Vicenza manca un respiro internazionale diffuso, eppure avrebbe occasioni e capacità”. Si rinnova il giardino storico della villa
Vicenza non investe sul turismo. A tal punto che viene da chiedersi se ci crede veramente. Non ha respiro internazionale, anche se organizza programmi ed eventi musicali di livello europeo. E non approfitta abbastanza di lei, che rapporti a largo raggio li ha e sarebbe ben felice di dare una mano ai vicentini. È il pensiero di Carolina di Valmarana, 65 anni, due figlie, sposata con Adalberto Cremonese che vive e gestisce la foresteria della villa “ai nani” della famiglia, antica di secoli. I cugini sono direttamente responsabili della villa in senso stretto.
Nata a Roma, ha vissuto anche a Milano e Londra, lavorando nella comunicazione anche per Feltrinelli. È figlia di Paolo di Valmarana, un autentico genio della Rai e del cinema, scomparso troppo presto. Tanto per dire, fu autore di programmi come “Buon pomeriggio” con Maurizio Costanzo e “Per voi giovani”, un must della radio di fine anni Sessanta, ma fu anche produttore dell’Albero degli zoccoli dell’amico Ermanno Olmi. Carolina di Valmarana è da vent’anni residente a Vicenza. Per la sua grinta e la visione aperta è un’interlocutrice ideale se si vuole guardare (e capire) Vicenza dall’esterno. Ha vissuto a Roma, Milano, Londra: Vicenza le sta stretta?
Dovrei rispondere “per forza”. Ma faccio un altro ragionamento. La città è bellissima e ha un’offerta musicale di livello internazionale: così vivo esperienze straordinarie. Con i maestri Fischer e Schiff, con i quali collaboro anche per i loro concerti a Vicenza, davvero partecipo a programmi internazionali: la settimana scorsa con Fischer eravamo a Budapest, tanto per dire. Lei si sente un’ambasciatrice
di Vicenza?
La verità è che Vicenza non mi utilizza abbastanza. Certo che sono internazionale, parlo tre lingue, qualche settimana fa ero con l’ambasciatore in Olanda. Non chiedo altro: sono qui, sfruttatemi. Come vede la città?
Bella, ma non aperta al turismo. Gli alberghi sono carini, ma non ce ne sono di straordinari.
E lei come si trova a Vicenza?
Devo dire la verità? Bene, anche se non tutto va bene.
Qualche sera fa a Santa Caterina camminando ho avuto paura: non c’è un’anima in giro di sera.
Magari i vicentini si ritrovano nei club.
E noi, che non facciamo parte di nessun gruppo perché alla fine non siamo andati a scuola insieme, siamo ancora outsider dopo vent’anni da residenti. È una città che guarda dentro sè stessa.
O si guarda l’ombelico. I vicentini sono notoriamente riservati.
Anche chiusi, va là. Educati ma formali. Sono puntualissimi. Sarà per l’eredità austroungarica nel carattere. È come se recitassero sempre.
Ecco: ingessati, questo sì.
Avranno un pregio…
Professionalmente impeccabili, anche se poi ci sono le eccezioni. Sicuramente affidabili, hanno una grande etica del lavoro.
Come ci si sente nobile in una città nobile? Lei è contessa, la sua famiglia ha costruito la Basilica palladiana.
La concezione della nobiltà non esiste più. Se qualcuno mi chiama “contessa” lo lascio fare. La verità è che sono una poveretta che lavora come tutti.
Ed è un lavoro che rende il suo? Mantenere aperta e funzionale una villa così, per turisti, eventi e matrimoni deve
costare parecchio.
Diciamo che riusciamo a far quadrare i conti. Fra spese e mutui, i costi comunque arrivano al mezzo milione l’anno.
E gli incassi?
Nel 2022, anche se sono mancate le scuole, abbiamo avuto più entrate con meno persone rispetto al 2019. La caffetteria è un successo.
Dà più pesi o soddisfazioni abitare assieme a Tiepolo?
È semplicemente una missione.
Chi è stato il più illustre turista nella villa?
Goethe, che commentò: qui ho visto il sublime e il naturale. Il primo aggettivo era per la pittura di Giambattista Tiepolo e l’altro per quella del figlio Giandomenico.
E l’ospite più simpatico?
Paola di Liegi. Mi sono molto divertita.
Poi nel 1987 fu ospite in villa la regina madre inglese: dicono che bevesse il Martini come il latte.
Su di lei si raccontano tante cattiverie. Più che simpatica lei era un pezzo di storia vivente. Carattere straordinario, perfino Hitler la temeva.
Cosa vuole fare nella vita in futuro? Questa è l’ultima città in cui abiterà?
Chi lo sa, magari tornare a Roma.
Cosa manca a Vicenza?
Un respiro internazionale diffuso, quello che viene dato dalla musica. E investire sul turismo. Ricordo Evelyn Lambert, che nella sua villa a Longa di Schiavon faceva relazioni pubbliche di alto livello con amici texani. Partecipavano personaggi di rilievo: Bandini, Boso Roi, anche Parise. Dove sono oggi persone così? Non è colpa di nessuno, ma non ci sono personaggi internazionali. Uno dei pochi è stato Paolo Marzotto.
Qual è il posto più bello di Vicenza?
Questo. Cioè il paesaggio che si rispecchia nelle dimore e nelle architetture. Era il segreto di Palladio, in fondo.
A proposito di paesaggio, avete ottenuto un bel finanziamento dal Pnrr. Due milioni di euro. Li investiremo nel giardino storico. Sarà splendido. Qual è il posto più brutto di
Vicenza?
I bidoni dei rifiuti vicino allo stadio.
Qual è l’obiettivo che si deve Vicenza?
Lo ripeto, sul turismo non si fa abbastanza. E non parlo del consorzio Vicenza è. Però chiedo: il turismo interessa davvero?
www.ilvicenza.com 17 L’intervista
Carolina di Valmarana con il maestro Andràs Schiff e al centro della foto assieme alla regina madre inglese, Mary Elizabeth, durante la sua visita in villa nel maggio 1987. Sotto, un affresco di Giambattista Tiepolo nella villa
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La vita presa con umorismo
La gita scolastica. Era stata organizzata dal prete di Conco che grazie al suo ordine ci portò in Campania e perfino a Capri
Ho vissuto un’altra vita: babà a Napoli
I sentimenti ultraortodossi leghisti dei ragazzi furono distrutti a colpi di sfogliatelle alla crema, pastiera napoletana, pizza e granite al limone. Per non parlare di o’mare, o’Vesuvio e, appunto, o’ babbà
Esiste la reincarnazione, la vita oltre la vita, una dimensione oltre? Certo che sì, ma anche nell’aldiqua. Io, ad esempio, mi ricordo di un’esistenza precedente dove ero insegnante di scuola media a Conco. Quattro mattine a settimana mi alzavo alle sei meno venti e dopo dodici minuti intensivi di bagno-colazione-bagno, partivo verso l’altopiano. Alle sei e ventidue zulu ora locale ero a Marostica e dopo aver sorbito un caffé gusto Apocalissi in una bettola che non si capiva se aveva appena aperto o stava per chiudere, mi lanciavo con le budella in mano lungo le cinquecento sfumature di curve che portavano a Conco.
Era una vita da precario, tappabuchi di terza fascia, supplente senza abilitazione e con contratto a tempo determinato, emblema della condizione umana, anzi italiana. Credo che all’estero queste eroicomi-
che figure non esistano o non siano mai esistite. Non sapendo quello che ci si perde, come ad esempio, una gita scolastica a Napoli, Pompei e Capri. Dopo dodici ore di pullman arrivammo in un paese dello sterminato hinterland napoletano, ospiti in un complesso di edificio del medesimo ordine religioso di appartenenza del prete di Conco, maitre organizzatore della gita, una cosa tipo i Padri Stiratori della Santa Tunica o le Sorelle Afflitte delle Dodici Spine.
Una volta cenato alla mensa comunitaria e aver scoperto che con la pastasciutta si potrebbero anche stuccare i muri, andammo con i ragazzi a prendere un gelato. Nella piazzetta del paese, Giovannino della 3° C, cresciuto a pane e leghismo ortodosso, mi guardò, formulando con il tipico vocione post puberale, la frase: “Professore, qui sono tutti terroni!”, che echeggiò per tutto il
paese, rimbalzando per le vallate fitte di noccioli fno al golfo di Napoli, dove si spense tra le onde. Non ci fu bisogno di lezioni morali o punizioni: nei giorni successivi gli sciagurati stereotipi instillati nella mente padana di Giovannino, furono demoliti a colpi di sfogliatelle alla crema, pastiera napoletana, pizza e granite al limone. Per non parlare di o’mare, o’Vesuvio e o’ babbà. Dopo aver visitato Napoli, percorso le antiche strade di Pompei ed essere entrata nella solfatara di Pozzuoli uscendone senza perdite significative, la scolaresca l’ultimo giorno si intruppò sulla banchina del porto per l’ultima meta della gita: Capri. Ora, direte voi ma che c’entra l’isola delle sirene o dell’amore, quando non l’isola più bella e soprattutto più cara del mondo, con una qualsiasi gita scolastica? Il fatto è che il prete era originario proprio di lì e non solo ne aveva
programmato una visita, ma addirittura, sempre attraverso il suo tentacolare ordine dei Padri Muratori della Preziosa Betoniera, il pernottamento. Almeno ottanta persone, a Capri! Fuori dalla portata di una scuola media del Lussemburgo o un collegio del Bahrein. Visitata l’isola trascorremmo la restante mezza giornata su una spiaggetta dove gli scolari, chi in mutande e calzini, chi in pantaloncini e maglietta, chi direttamente vestito approfttò per fare un bagno. Verso sera sciamando con la tribù per piazza Umberto I, la famosa piazzetta isolana, un paio di signori mi si avvicinarono con
infastidita gentilezza e mi dissero: “Cercate di fare presto, perché l’ultimo traghetto per Napoli parte tra venti minuti”. Li ringraziai della loro pelosa sollecitudine e risposi che non c’era fretta, visto che avremmo passato la notte nella boscaglia tra Capri e Anacapri a cacciare la selvaggina. E forse sarebbe stato meglio, poiché finii a condividere uno stretto lettuccio con un collega che univa ad una opposta fede politica un formidabile russare. Cosa della quale costui mi accusò non appena svegliatosi al mattino, come da miglior tradizione coniugale.
Alberto Graziani
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“Donne, più benessere nel mio studio”
Orari flessibili per conciliare lavoro e famiglia ma anche benefit economici da spendere nel territorio. Ecco le iniziative che hanno ottenuto un plauso nazionale
Orari flessibili per aiutare le dipendenti a conciliare lavoro e famiglia, ma anche benefit economici da spendere nel territorio di residenza:
le buone pratiche di welfare aziendale, valgono allo studio di consulenti del lavoro Faccin Gonzo & partners di Vicenza il premio “Welfare Champion”.
È un riconoscimento all’ascolto e all’attenzione verso le necessità delle collaboratrici il premio consegnato a Sara Gonzo, 42 anni, mamma di due bambine e socia dello studio di consulenti del lavoro con sede a Malo e Vicenza, durante l’edizione 2022 di “Welfare Index Pmi” l’evento promosso da Generali Italia con il patrocinio della presidenza del Consiglio dei ministri e la partecipazione di Confindustria, Confagricoltura, Confartigianato, Confprofessioni e Confcommercio.
È un traguardo importante, che inserisce lo studio vicentino tra le migliori piccole e medie imprese italiane premiate per iniziative di welfare aziendale su un totale di 6.500 partecipanti, ma anche un riconoscimento alla sensibilità che Sara Gonzo, insieme ai soci Maurizio Faccin e Marta Pomi, ha applicato sul luogo di lavoro per aumentare il benessere delle dipendenti. Gonzo è laureata in consulenza del lavoro all’unviersità di Padova e iscritta all’ordine dei consulenti del lavoro dal 2009. Quando avete avviato aiuti ed incentivi di welfare in studio?
Cinque anni fa, attuando le prime politiche di welfare aziendale che includono buone pratiche, ma anche il flexible benefit ovvero un importo erogato dall’azienda spendibile in beni e servizi defiscalizzati.
In particolare, quali iniziative avete attuato per aiutare le dipendenti?
Con una ventina di collaboratrici donne, quasi tutte madri e con carichi di assistenza familiare, dall’inizio della pan-
demia ad oggi abbiamo concordato con loro una gestione flessibile dell’orario di lavoro, con l’auto-organizzazione di giornate in smart working anche in funzione di esigenze familiari. Abbiamo istituito il part time reversibile (una forma di part time che si può utilizzare fino all’ottavo anno del figlio per poi tornare al tempo pieno) per agevolare il rientro dalle maternità. A livello economico, invece,
cosa avete fatto?
Pensando ai rincari delle bollette di energia e gas abbiamo aumentato il “credito welfare 2022”. Per erogarlo abbiamo scelto la piattaforma welfare TreCuori Spa Società Benefit, per fare in modo che le dipendenti possano spendere il loro credito welfare totalmente detassato, direttamente nel territorio.
La pandemia ha condizionato la vita di molti: in che modo il welfare le aiuta?
Le donne trovano nel welfare un importante ausilio per la conciliazione vita-lavoro. C’è, inoltre, la formazione cheè uno strumento di “easy welfare” molto potente, che permette l’aggiornamento continuo delle competenze dei lavoratori o la loro riqualificazione, utile sia per chi rientra da lunghe assenze, come ad esempio da congedi parentali, sia per chi necessita di nuove competenze.
Dopo la pandemia, infatti, è arrivato il fenomeno delle grandi dimissioni. Quali sono le buone pratiche che le aziende possono adottare per incentivare i dipendenti a rimanere e a garantirne il benessere?
Maggiore flessibilità oraria, servizi per favorire il benessere dei collaboratori come buoni spesa, carburante o buoni da spendere in sport, viaggi, cultura e tempo libero. Previsti benefit per istruzione e formazione, ma anche per salute e assistenza alla famiglia.
Sara Panizzon
www.ilvicenza.com 23 Viale del lavoro 14 35020 Ponte San Nicolò (PD) Tel. 049 986 18 00 info@invictus-padova.it www.invictus-padova.it ORTOPEDICO | FISIATRA FISIOTERAPISTA | OSTEOPATA PALESTRA RIABILITATIVA Carnevale in CONTEST FOTOGRAFICO Vinci fantastici premi! In buono energia In buoni spesa 250€ 150€ 100€ Condividi sui principali social e taggaci Fatti votare sul sito www.lapiazzaweb.it Carica la foto nel link in bio entro il 28/02/23 Scopri come partecipare www.lapiazzaweb.it Mondo del lavoro
riconoscimento. Un premio a Sara Gonzo, consulente del lavoro a Vicenza e Malo, per le iniziative realizzate nella sua azienda
Sara Gonzo, 42 anni, madre di due bambine
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Il personaggio. Antonio Bonanno, catanese che vive a Bergamo, ha vinto il concorso per il miglior disegno sul navigatore
“Saliamo tutti sulla nave di Pigafetta”
Spiega l’artista che aver disegnato Pigafetta di spalle ci coinvolge direttamente. È come essere partecipi delle sue avventure.
L’ispirazione da Caspar David Friedrich. Ora Bonanno realizzerà una graphic novel su Pigafetta
“Un omaggio al mare, metafora dello stato d’animo degli uomini siano essi naviganti, artisti o sognatori”. È questa la descrizione che Antonio Bonanno, 52 anni, siciliano di Catania oggi insegnante di illustrazione e grafica pubblicitaria al liceo artistico di Bergamo, fa del suo ritratto dedicato alla figura di Antonio Pigafetta con cui ha vinto il concorso “Il coraggioso Pigafetta e il viaggio intorno al mondo”, promosso nell’ambito della mostra “Non si farà mai più tal viaggio. Pigafetta e il primo giro attorno al mondo”, da poco conclusasi alle Gallerie d’Italia di Vicenza. Un’ottantina i partecipanti.
L’opera, un acquerello, si può ammirare fino al 28 febbraio a palazzo Leoni Montanari, mentre Bonanno, già grafico pubblicitario per diverse agenzie e case editrici tra cui Salani Editore, ora si prepara a realizzare una graphic novel ispirata al testo realizzato dalle classi che hanno aderito alla proposta didattica delle Gallerie d’Italia dedicata all’impresa di Magellano e Pigafetta. Quando si è avvicinato al mondo del disegno?
Da bambino volevo diventare un cavaliere della tavola rotonda. Il mio giocattolo preferito era la matita, la mia spada con cui ho iniziato a lasciare segni ovunque: su fogli bianchi, abiti, ma anche mobili e pareti di casa. Per me non è
mai stato un lavoro, ma una passione, uno stile di vita. Ancora oggi cerco di lasciare un segno con la mia “spada” su una tavola non più rotonda ma rettangolare: il foglio è il mio campo di battaglia. Sono tornato bambino nel paese dei balocchi. Sono un cavaliere del foglio bianco.
Come è evoluta la sua arte nel corso del tempo, a quali stili si è avvicinato?
Disegnavo mostri, robot, supereroi. Così ho coltivato questa mia passione frequentando l’Istituto d’Arte e conseguendo il diploma di maturità d’arte applicata e il diploma di Maestro d’arte con specializzazione in grafica pubblicitaria e poi l’Accademia di Belle Arti di Catania. Mi piace molto l’acquerello, ma la mia tecnica preferita è il tratteggio a china.
Passando a Pigafetta, cosa le è piaciuto di questo personaggio tanto da partecipare al concorso?
Per me è stata una sfida, non pensavo di vincere. Mi andava di sperimentare con l’acquerello e il tema mi stuzzicava perché mi piacciono l’avventura e i viaggi. Sarei stato un ottimo mozzo.
Per realizzare il disegno ha studiato la vita del Pigafetta? Certamente. Un buon illustratore si documenta sempre su quello che deve rappresentare e reinterpretare. Pigafetta era un italiano che insieme a Magellano girava il mondo, scoprendo popolazioni e spezie sconosciute. Ed è grazie a lui che oggi sappiamo molte cose di quei viaggi. Grazie al suo coraggio e ai suoi manoscritti.
Una curiosità, perché l’ha ri-
tratto di spalle mentre osserva il mare?
La visione di spalle del protagonista ci fa partecipi del momento, come se noi fossimo insieme a lui sulla nave. Cosa l’ha ispirata, c’è un legame con le sue origini siciliane?
C’è un bellissimo quadro, “Il viandante sul mare di nebbia” di Caspar David Friedrich, che ne è un ottimo esempio. Pigafetta che guarda l’orizzonte è una figura simbolica, esprime tutto il concetto dell’opera. Forse sì, il mio essere cresciuto in un’isola circondata dal mare, mi rende particolarmente sensibile al tema e mi fa viaggiare con la fantasia. Il mare, in tutte le sue forme, in tempesta o calmo, è una me-
tafora dello stato d’animo di un’artista e di qualsiasi uomo, che sia siciliano o no.
Lei lavora anche come docente, qual è l’insegnamento principale che trasmette ai suoi studenti?
Credere nei propri sogni, essere testardi nel senso positivo del termine, essere appassionati e professionali. Rimanere giovani dentro.
Quali sono i suoi prossimi progetti?
Organizzare i miei corsi sul tratteggio a china e progettare i miei albi illustrati, sia come autore che illustratore. Ne ho già uno nel cassetto, uno da finire… E poi devo fare ancora una graphic novel.
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Arte
Sara Panizzon
Il disegnatore Antonio Bonanno e il suo ritratto di Pigafetta visto di spalle
La bottega storica. La pasticceria di corso Fogazzaro è stata agevolata dalla zona pedonale:
Aliani, dalla “putàna” in tv alla Sacher
Più che una pasticceria è un’istituzione a Vicenza. Niente di più giusto che sia stata insignita del titolo di “bottega storica” in municipio, riconoscimento riservato alle attività aperte da almeno quarant’anni. La pasticceria Aliani, al civico 163 di corso Fogazzaro, lo è da ben 77. Eugenio Aliani, l’uomo da cui l’avventura ha inizio, prima della Seconda guerra mondiale lavorava alla Zambon, azienda farmaceutica in cui produceva pastiglie officinali. Nel 1945 apre la sua attività con la produzione di caramelle e più tardi amplia il listino con pasticcini, focacce, panettoni, uova di Pasqua. Il figlio Giovanni, oggi settantaseienne, rileva l’attività nel ‘72, nello stesso anno in cui nasce la figlia Michela. Giovanni Aliani trasforma la bottega in una pasticceria di pregio, realizzando prodotti di alta gamma da materie prime di qualità, sempre alla ricerca di rielaborazioni da accostare alla tradizione.
Oggi alla guida dell’attività c’è la figlia, Michela, che come suo padre prima di lei ha rilevato l’attività di famiglia e sforna ogni giorno dolci artigianali, che rappresentano la tradizione dolciaria veneta e vicentina.
Come ci si sente alla guida di una così longeva attività?
“Anzitutto se ne va fieri. Poi, qualche volta, mi stupisco al pensiero.”
Perché?
Da ragazza non prevedevo di lavorare nell’attività di famiglia. Volevo diventare una designer. E per un periodo lo sono stata, ma l’ambiente era talmente competitivo da sfociare spesso nella scorrettezza. All’ennesimo sgarbo ho deposto la matita e ho impugnato la frusta. Da cucina. Qual è il core business della pasticceria Aliani?
“Per lo più colazioni, ne serviamo circa un centinaio al giorno. Inoltre, andiamo forti con gli zaletti, biscotti con burro, uvetta e farina di mais tipici della tradizione vicentina, e col cioccolato. Ma lo serviamo solo d’inverno per garantirne la qualità.”
Lei di cosa si occupa in prima persona?
“Oltre alla conduzione, sono la specialista del cioccolato. Alla produzione ordinaria aggiungo, sotto Natale alberi e palline di Natale di cioccolata mentre a Pasqua è il turno delle uova”.
E del resto chi si occupa?
“Posso contare sull’appoggio di mamma e papà e, da qualche tempo, anche di due giovani e volenterosi collaboratori.”
Quali sono i dolci più graditi?
Molti. Abbiamo diversi prodotti di nostra esclusiva produzione: una sacher con crema gianduia e confettura di fragole, la pastina alle mele fatta con la ricetta originale di mamma Elisa e una confettura di Zucca. Ma l’elenco è lungo.”
Considerato il periodo, come vanno gli affari?
“Bene, pur con tutte le difficoltà. Potrà sembrare strano, ma la zona a traffico limitata a orari ci ha molto aiutati con la visibilità. Ora anche da questa parte del centro c’è più giro.
Coi tempi che corrono, però,
Michela gestisce l’attività fondata nel 1945 dal nonno Eugenio. La aiuta il papà Giovanni che aveva rilevato il laboratorio quando è nata. Il suo nome è sinonimo di un’istituzione a Vicenza. È diventata “bottega storica”
le preoccupazioni ci sono.”
Come sono i clienti d’oggi?
“Generalmente fidelizzati, ed è un bene perché sappiamo quasi sempre cosa aspettarci. Abbiamo anche alcuni clienti che vengono da lontano per i nostri dolci tipici. Poi ci sono gli imprevisti, e vabbè si improvvisa.”
Che tipo di imprevisti?
“Ragazzini, e intendo tredicenni, che mi chiedono gli spritz e che si dichiarno diciottenni (senza documento) o signori che di primo mattino chiedono un Campari. Non servo nulla, in entrambi i casi. Un imprevisto che invece ci ha fatto sorridere è stato quando, nel 2021, abbiamo partecipato alla trasmissione Linea Verde. Volevamo preparate la nostra “putana” ma la produzione non voleva che si sentisse in televisione. Per tutta la puntata abbiamo dovuto fare giri di parole per non pronunciarne il nome. È stato molto divertente”.
Roberto Meneghini
www.ilvicenza.com 25 I personaggi del centro Fotografa il QR code e ascolta l’ultimo Notiziario
“Così siamo più visibili”
Michela Aliani assieme a suo padre Giovanni
Il libro. Giuseppe Pupillo ha dedicato un lavoro di oltre 400 pagine alla figura del grande avvocato e giurista Ettore Gallo
“In tribunale era capace di commuovere”
Un grande intervento a braccio di Giorgio Sala, lucido e preciso, che alla “Vigna” ha parlato tre quarti d’ora per ricordare Gallo. Contributi anche da Lucio Pegoraro e da Alba Lazzaretto, docenti universitari. “Gallo doveva diventare prefetto a 31 anni, fu bloccato dalla burocrazia”. Il suo passaggio dal Partito d’Azione ai socialisti
Chi s’è perso lo straordinario intervento di Giorgio Sala, che ha 95 anni ha parlato a braccio per oltre mezz’ora per ricordare Ettore Gallo, ha perduto non solo un esempio di lucidità e precisione della memoria di un uomo di un’età veneranda, ma anche il racconto avvincente di un pezzo di storia di Vicenza. L’occasione è stata la presentazione alla Biblioteca La Vigna (straordinariamente affollata) del libro di Giuseppe Pupillo “Gli anni vicentini di Ettore Gallo”, pubblicato da Ronzani. Pupillo, da presidente dell’Istrevi, ha intitolato l’istituto dedicato alla storia della Resistenza proprio all’avvocato, diventato poi giudice costituzionale e nel 1991, per circa un anno,
presidente della Corte costituzionale.
Sala ha scavato nella sua memoria di diciottenne, quando nell’agosto del 1945 il Cln aveva convocato i vicentini al cinema Roma e sul palco, assieme al presidente Antonio Emilio Lievore, parlò in quell’occasione proprio Ettore Gallo, a nome del Partito d’Azione. Indicò come obiettivo politico l’assemblea Costituente: avere dopo vent’anni di dittatura e partito unico un parlamento era una grande conquista di libertà per quegli anni.
“Ettore Gallo - ha ricordato Sala - doveva diventare il prefetto di Vicenza. Aveva 31 anni, che a quei tempi era un’età da uomo fatto, ma non
fu possibile assegnargli quella carica perché l’alta burocrazia non era morta”.
Il liberalsocialismo, ha ricordato ancora Sala, portò Gallo da orfano del Partito d’Azione ad avvicinarsi al Partito socialista, che poi lo candidò prima al Consiglio superiore della magistratura e quindi alla Corte costituzionale.
Sala ha anche raccontato che Bandini, socialista dagli anni della giovinezza, dipingeva Gallo con due frasi: ne indicava “l’appartata distanza dalla politica” e sottolineava “il misterioso pudore sulla Resistenza”.
All’incontro, organizzato dall’Istrevi e condotto dal presidente Stefano Fracasso, hanno portato sostanzio-
si contributi Lucio Pegoraro, giurista e docente universitario a Bologna, e la storica Alba Lazzaretto, già all’università di Padova. Pegoraro ha evidenziato il valore interdisciplinare della corposa ricerca (oltre 400 pagine) perché l’analisi giuridica si unisce a quella storia, politica e sociale. Ha anche individuato nella tensione fra rispetto della regola e disobbedienza civica quando la norma non è morale una costante del pensiero di Gallo.
Alba Lazzaretto ha toccato vari punti della vita di Gallo. Ne ha ricordato il suo giudizio sulla Resistenza: “Non fu una guerra civile perché fu combattuta in presenza del nemico”, e qui ha citato un altro
storico, Angelo Ventura, che era sulla stessa linea. La professoressa ha citato la Vicenza degli anni Cinquanta come “una piccola Firenze” per gli intellettuali che l’animavano: da Enrico Niccolini a Neri Pozza fino appunto a Gallo. Ha ricordato il suo commento sul processo di Norimberga, contro chi criticava che fossero soltanto i vincitori a giudicare: “I giudici hanno deciso in nome dell’umanità offesa”. Il caso Chessman negli Usa offrì a Gallo l’opportunità di dichiararsi contro la pensa di morte. Infine, la professoressa ha citato il sentimento che era diffuso in chi ascoltava i suoi interventi in tribunale: “Gli altri avvocati impressionavano, lui commuoveva”.
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Cultura
Giorgio Sala
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#Regione
Via libera dal Governo. Il ministro: ad inizio 2024 saranno esaminate le proposte presentate dalle Regioni
Autonomia: “Adesso si fa sul serio”
Calderoli: “Tra un anno sarà legge”
Inizia la lunga marcia, a tappe forzate, per l’autonomia. Il primo passo con il via libera in Consiglio dei Ministri alla prima bozza del disegno di legge sull’autonomia differenziata messo a punto dal ministro per gli affari regionali Roberto Calderoli. Ora la palla passa al Parlamento che entro un anno, non di più, dovrebbe approvare la legge mentre nello stesso periodo la Cabina di regia lavorerà ai Lep, i “Livelli Essenziali delle Prestazioni”, vale a dire i servizi che lo Stato deve fornire in modo uniforme in tutto il Paese per garantire il pieno rispetto dei diritti sociali e civili dei cittadini.
“Se entrambi daranno il via alla legge e ai Lep, ed è un auspicio visto che i tempi del Parlamento non possono essere dettati, mi auguro che ad inizio del 2024 inizieremo a esaminare le proposte di autonomia differenziata presentate dalle Regioni”, ha osservato Calderoli, sottolineando che “spetterà al buon senso e alla saggezza delle regioni
fare richieste e con altrettanta saggezza e buon senso risponderà il governo dopo aver ascoltato il Parlamento”. Materiale da maneggiare con cura, ha aggiunto il ministro, richiamando tutti alle proprie responsabilità sulle 23 materie che possono essere devolute alle regioni:
“Possono piacere o non piacere ma sono nel testo costituzionale approvate 22 anni fa e confermato da un referendum popolare. Io sono autore di una riforma che modificava il Titolo V che purtroppo è stato bocciato da
un referendum popolare. Dieci anni dopo lo stesso tentativo fu fatto dal governo Renzi e anch’esso fu bocciato. Quando c’è una Costituzione la si rispetta”.
La riforma, ha concluso Calderoli, “è necessaria per rinnovare e modernizzare l’Italia, nel segno dell’efficienza, dello sviluppo e della responsabilità.
L’Italia è un treno che può correre se ci sono regioni che fanno da traino ed altre che aumentano la propria velocità, in una prospettiva di coesione. Dopo l’ok compatto del Governo, la-
voriamo insieme a Regioni ed Enti locali con l’obiettivo di far crescere tutto il Paese e ridurre i divari territoriali”.
A Venezia la notizia ovviamente è stata accolta con entusiasmo, sottolineando la portata storica del disegno di legge. Zaia non ha dubbi in proposito: “Diamo corso alla volontà dei Padri costituenti che scrissero la Carta costituzionale in vigore dal ’48 e ai dettami della modifica del titolo quinto. Ma non è il traguardo di un percorso; è l’inizio. Si apre una grande sfida per questo Paese perché stiamo scrivendo una vera e propria pagina di storia. Va riconosciuto a questo Governo che con molta coerenza e rispetto per gli elettori ha mantenuto gli impegni, avviando il percorso dell’autonomia”. A chi non si dice convinto e sottolinea i punti deboli del disegno di legge Zaia ribatte: “Non è il momento di polemiche, dimostreremo con i fatti che autonomia non è la secessione dei ricchi, che non è una trovata per affossare o la-
sciare indietro qualcuno, tantomeno il Sud. L’autonomia sarà una grande opportunità anche per il Sud del Paese; non sarà una nemica ma un’opportunità di crescita insieme e l’occasione di valutare fino in fondo gli amministratori. Nord e Sud sono legati a doppio filo come gemelli siamesi”. Il governatore difende a spada tratta il disegno di legge e i provvedimenti che ne seguiranno: “Ben venga la definizione dei Lep, un elemento di civiltà in un Paese in cui su questo tema non si è mai voluto fare chiarezza fino ad oggi. Se esiste un paese a due velocità non è colpa dell’autonomia ma del centralismo tanto decantato da chi si ostina a contrapporlo al percorso dell’autonomia. L’autonomia è prevista dalla Costituzione quindi è chi è contro l’autonomia a essere contro la Costituzione. Ci sono state più conferme sulla correttezza giuridica e istituzionale del percorso”.
Le reazioni. Il centrosinistra sottolinea i punti deboli della riforma, soddisfazione nel centrodestra
De Carlo: “Ripagata la fiducia dei cittadini”, Martella: “Solo un altro annuncio”
Fronte politico veneto spaccato sull’autonomia. Da una parte il centrodestra esulta, dall’altra il centrosinistra sottolinea le molte incertezze di un percorso ad ostacoli. Chi brinda al disegno di legge è il senatore Luca De Carlo, coordinatore veneto di Fratelli d’Italia: “La meta dell’autonomia si fa sempre più vicina. È inconfutabilmente un risultato targato Giorgia Meloni: i cittadini alle ultime elezioni hanno scelto la concretezza e la coerenza di Fratelli d’Italia, premiandoci con la loro fiducia. In Veneto un cittadino su
tre ha creduto in noi e questo ci onora, e la loro fiducia va ripagata: lo facciamo oggi, con atti concreti e non con slogan, promesse o chiacchiere che hanno caratterizzato i passati governi”.
Andrea Martella, senatore e segretario del Pd Veneto è netto: “L’autonomia si arricchisce di un nuovo annuncio. Si tratta di una recita a soggetto, destinata ad arricchire scaffali di carta e destinata ad arenarsi in Parla-
mento per le troppe contraddizioni che contiene.“Le modalità con le quali si è arrivati a questo provvedimento non sono state adeguate alla serietà della questione in gioco - aggiunge il senatore dem -. Basti pensare al fatto che il ministro Calderoli non ha neppure convocato le Regioni, saltando a piè pari su un confronto che era sacrosanto. La verità è che a questa destra non interessa il merito e neppure il confronto vero sull’autonomia, sulle materie realmente realizzabili, sui Lep e sulle risorse indispensabili per realizzare la riforma”.
Per Rachele Scarpa, deputata del Partito Democratico, “l’autonomia proposta da Calderoli è un contentino tra alleati dato alla Lega ma spaccherà il Paese. Quello sull’autonomia differenziata è un progetto che per essere anche solo considerato dovrebbe stare ad alcune condizioni. Una è avere un confronto costante con le regioni: il ministro Calderoli non le ha nemmeno convocate. Altre sono la chiarezza e la razionalità nelle materie. Il testo uscito dal consiglio dei Ministri non fa nessuna di queste cose: è semplicemente irricevibile”.
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In foto Roberto Calderoli e Luca Zaia
Luca De Carlo Andrea Martella
Sfide digitali. Integrati quaranta servizi on line della pubblica amministrazione
ViviVeneto, la “super app” della Regione
Dalla sanità al pagamento del bollo auto, dalla cultura al turismo: tutto in un solo strumento facilmente accessibile. Calzavara e Zaia: “Passo importante sul fronte della semplificazione digitale, anticipiamo i tempi”
Si chiama ViviVeneto, è disponibile su Apple store e su Play store, ed è la nuova “super app” della Regione Veneto, come l’ha definita l’assessore all’agenda digitale e innovazione Francesco Calzavara.
Al suo interno sono state per ora convogliate 4 app e sono attualmente disponibili 40 servizi. Dalla sanità al turismo, dagli eventi culturali ai servizi amministrativi. Un’App sicura, veloce e gratis che, autenticandosi una sola volta con Spid o carta elettronica digitale, permette di fruire dei principali servizi digitali della nostra regione. Ma è solo l’inizio perché l’app sarà continuamente implementata con nuovi servizi. Un servizio costato 1 50mila euro e 8 mesi di lavoro.
A tenere a battesimo la app (www.viviveneto.it) insieme all’assessore Calzavara, il presidente del Veneto Luca Zaia, che l’ha presentata così: “Abbiamo messo ordine al disordine. Questa app ViviVeneto è qualcosa di straordinario e sarà implementata all’ennesima potenza. Arriveremo a fissare tutte le visite mediche tramite attraverso questo strumento, non appena le agende cartacee saranno digitalizzate. E con ViviVeneto stiamo anticipando anche un fenomeno internazionale. Tra le dieci strategie tecnologiche emergenti del 2023 ci sono le ‘super App’, cioè le applicazioni mobili in grado di fornire molteplici servizi tra cui l’elaborazione di pagamenti, la ricezione di comunicazioni ed effettuare altre transazioni. Ancora una volta, anticipiamo i tempi con la nostra super app del Veneto”.
“Si tratta di un contenitore che continuerà ad arricchirsi, in particolare con servizi della pubblica amministrazione ma non solo - ha aggiunto Calzavara -. Ad esempio nella sezione ‘Turismo’ ci sono le informazioni di Unioncamere veneto. Sempre in ambito turistico,
abbiamo in progetto di prevedere una volta a settimana una messaggistica ad hoc con le varie esperienze offerte dal nostro territorio”.
Un progetto in fieri, dunque, “un percorso che inizia e che testimonia l”obiettivo della digitalizzazione e della semplificazione digitale prevista nel programma 2020-25 del presidente Zaia – ha ricordato Calzavara –. Preciso che siamo i primi in Italia a rea-
lizzare un progetto così. E ricordo che il Veneto non ha un’agenzia esterna per la digitalizzazione, ma fa tutto con risorse interne. Abbiamo centrato un importante risultato, ma non ci fermeremo qui. ViviVeneto è un’App che valorizza gli investimenti fatti in questi anni dalla regione in ambito digitale e li mette a sistema, creando benefici diretti per i cittadini e generando economie di scala. L’App è stata realizzata
coinvolgendo ed ascoltando i cittadini, sia nella fase di progettazione sia di test e crescerà nel tempo. Infatti, tra le 16 schede del Pnrr regionale una è dedicata al potenziamento delle infrastrutture digitali e servizi per ViviVeneto, la Casa del Cittadino Veneto”. Tra gli obiettivi futuri della app, anche una sezione “Lavoro” da mettere in piedi con Veneto Lavoro offrendo un match tra domanda e offerta.
Cosa si può fare con la nuova applicazione
Nell’area Salute è possibile cercare e controllare l’affluenza nei pronto soccorso del Veneto, gestire i propri documenti sanitari (certificati, esami, visite), scegliere e cambiare il proprio medico di base. Nell’area Amministrativa si può fare tutto ciò che prima richiedeva l’accesso tramite web ai portali regionali MyPA, BolloAuto, ViviPass, come ad esempio gestire in completa autonomia tutto quello che riguarda il bollo per cittadini e imprese (pagare, controllare, prendere appuntamento, gestire avvisi di accertamento). Novità
importante riguarda la gestione dei contrassegni e delle targhe per i disabili (Cude E Ztl), dal proprio smartphone anziché doversi recare in Comune. Nell’area Turismo è possibile cercare e informarsi su eventi, spettacoli, attività, beni e luoghi del Veneto, scoprire i sentieri pedonali, ciclabili, equestri e quelli dedicati agli sport invernali, ma anche cercare le strutture ricettive per programmare le proprie vacanze e trovare notizie sul territorio, sui prodotti locali e sul meteo. Tutto questo è disponibile anche in lingua inglese.
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Regione
Il presidente Zaia e l’assessore Calzavara presentano l’app Ecco il qr-code per accedere a ViviVeneto
L’intervista. Il 26 febbraio la sfida delle primarie del Partito Democratico
Bonaccini: “La differenza tra me e Elly? Voglio un partito di governo, non di protesta”
Stefano Bonaccini ha vinto nel voto nei circoli del Pd con circa il 55% dei consensi. Per la leadership dei democratici manca solo un passaggio: le primarie del 26 febbraio nel quale affronterà Elly Shlein, che nel voto tra gli iscritti Pd si è fermata al 33%.
C’è stato un dibattito sulla sopravvivenza stessa del partito. C’è ancora dunque del Pd nel nostro Paese?
“Da quasi due mesi sto facendo un viaggio d’ascolto nel Paese, ovunque registriamo grande partecipazione e voglia di confrontarsi. Se le chiami, le persone arrivano. È una comunità che chiede di ripartire. Per farlo servono un nuovo gruppo dirigente, una nuova agenda e un partito popolare e più forte, che torni fra la gente e parli dei problemi reali: lavoro, scuola, sanità, ambiente. Si sono già espressi 128mila iscritti e ben oltre la metà mi ha accordato la propria fiducia. Sono convinto
che dalle primarie del 26 febbraio, dove potranno partecipare tutti, non solo gli iscritti, uscirà un’ulteriore spinta”.
La vittoria delle regionali in Emilia del 2020 ha testimoniato, nonostante fosse un test nazionale e non soltanto amministrativo, che c’è un Pd che può vincere. Quale la ricetta?
“Non dimentichiamo che il Pd esprime sindache e sinda-
ci quasi nel 70 per cento dei comuni italiani, abituati ogni giorno ad ascoltare i cittadini e dare loro risposta: donne e uomini che hanno vinto le elezioni nei territori mentre, magari lo stesso giorno, venivano perse a livello nazionale. Con me c’è quindi una classe dirigente già rodata, per troppi anni tenuta in panchina: intendo ripartire da loro e dal coinvolgimento vero della base. La mia ricetta, come quella dei sindaci, è stare ogni giorno dove la gente studia, lavora, si cura o si diverte. Perché un partito popolare è così, in sintonia con le persone”. Circoli e militanti. Molti iscritti non si sentono completamente valorizzati. Come invertire la tendenza?
“Se resterà questa pessima legge elettorale, da segretario farò le primarie per scegliere
i parlamentari: devono essere i cittadini a scegliere i propri rappresentanti. Di sicuro non accadrà più ciò che ho visto alle politiche del 25 settembre, quando nessun dirigente nazionale si è candidato nel proprio collegio e i nomi sono stati paracadutati da Roma. Barmsta, adesso si cambia”. Cosa differenzia la sua proposta da quella degli altri candidati alla corsa alla segreteria? E quale il loro ruolo in caso di sua vittoria?
“C’è un confronto molto civile. Nessun partito fa più un congresso per decidere la propria identità e scegliere chi lo guida, dobbiamo essere orgogliosi di questo. Da noi scelgono iscritti ed elettori, mentre gli altri decidono in quattro a Roma nel chiuso di una stanza. La differenza principale? Io non voglio un partito di prote-
sta ma di governo, pragmatico e non ideologico. L’obiettivo è tornare a vincere. Se toccherà a me guidare il Pd, chiederò ai miei sfidanti di darmi una mano”.
Quali prospettive politiche per il Veneto, storicamente una regione nella quale il centrosinistra fa più fatica nonostante le ottime esperienze nelle amministrazioni comunali?
“Conosco piuttosto bene il Veneto: non solo siamo contigui, ma condividiamo una rete sociale e un tessuto produttivo forti. Anche a questa Regione serve una politica industriale, una formazione continua che accompagni i lavoratori nella trasformazione, una rete di servizi che sostenga l’occupazione femminile, le famiglie, la natalità. Dobbiamo rimettere al centro i giovani”.
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“L’obiettivo è tornare a vincere, serve una forza politica pragmatica e non ideologica, ma anche popolare e in sintonia con le persone”
In foto Stefano Bonaccini
Regione
Sviluppo sostenibile. L’obiettivo è intercettare le eccedenze di cibo, favorendone la redistribuzione
Da scarto a risorsa, l’impegno di Despar contro lo spreco alimentare
Lo spreco alimentare è un elemento cruciale dello sviluppo sostenibile e uno dei temi fondamentali per la sfida della sicurezza alimentare. Proprio nell’ottica di promuovere stili di vita sostenibili e comportamenti responsabili per ridurre gli sprechi, proteggere l’ambiente e garantire una sicurezza alimentare per tutti, l’Agenda ONU 2030, attraverso l’SDG 12, ha messo al centro il tema dello spreco del cibo con l’obiettivo di “dimezzare lo spreco alimentare globale pro-capite a livello di vendita al dettaglio e dei consumatori e ridurre le perdite di cibo durante le catene di produzione e di fornitura, comprese le perdite del post-raccolto”. In questo quadro la GDO svolge un ruolo di primo piano per intercettare le eccedenze di cibo prima che diventino
spreco, ridando loro una seconda possibilità, favorendo la redistribuzione di alimenti ancora buoni ma non più vendibili su altri canali, e innescando un circuito virtuoso per aiutare le persone più bisognose e in difficoltà. E questo è anche l’impegno
Tre domande a Last Minute Market
Da dove nasce l’idea di Last Minute Market (LLM) e come si è sviluppata la sua rete sul territorio?
Last Minute Market nasce fra la fine anni ‘90 e l’inizio anni 2000 come progetto di ricerca accademica applicata per affiancare le aziende della Grande Distribuzione Organizzata nel recupero delle eccedenze alimentari a fini solidali. Nel tempo Last Minute Market ha ampliato e perfezionato i suoi ambiti di intervento, occupandosi di prevenzione delle perdite e degli sprechi a 360°, e promuovendo i principi dell’economia circolare e dello sviluppo sostenibile così come declinati dall’Unione Europea e dalle Nazioni Unite, permettendo di dare un contributo fattivo al raggiungimento di alcuni degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda ONU. Dal 2022, inoltre, LMM è membro della Piattaforma Europea sulle perdite e sprechi alimentari.
La GDO è un partner importante per la raccolta del cibo, come è nata la collaborazione con Aspiag Service?
A partire dal 201 3 Last Minute Market collabora con Aspiag Service per recuperare i prodotti rimasti invenduti ma ancora consumabili. La collaborazione ha consentito di costruire gradualmente un’iniziativa strutturata attraverso cui ogni punto vendita è messo in condizioni di donare la merce in eccedenza ancora perfettamente integra ed utilizzabile, alimentare o non alimentare, ad uno o più enti del proprio territorio che assistono persone in difficoltà. Grazie a quest’iniziativa, contestualmente all’apertura di ogni nuovo negozio Aspiag Service, vengono individuati gli enti beneficiari presenti su quel territorio e viene attivato il recupero delle eccedenze. Ad oggi, oltre 9.150 tonnellate di prodotti in eccedenza sono stati donati dall’inizio della collaborazione alle 200 organizzazioni non lucra-
che vede Aspiag Service in prima linea dal 2003 in tutte le regioni in cui l’azienda opera. Un impegno che ha permesso alla concessionaria dei marchi Despar, Eurospar ed Interspar per il Triveneto, l’Emilia-Romagna e la Lombardia di recuperare
ingenti quantitativi di cibo invenduto da destinare alle persone bisognose. “É un’attività di cui andiamo particolarmente orgogliosi e che si inserisce perfettamente nelle nostre azioni di responsabilità sociale di impresa”, spiega Giovanni Taliana, Direttore Regionale di Aspiag Service per il Veneto. Un’azione resa possibile grazie alla consolidata collaborazione con Last Minute Market e Fondazione Banco Alimentare che ha consentito ad Aspiag Service di creare una solida rete con oltre 200 associazioni e strutture caritative dei territori in cui l’azienda è presente. Nel 2022 Aspiag Service ha così recuperato, nelle diverse regioni in cui opera, più di 1400 tonnellate di alimenti, appartenenti a tutte le categorie merceologiche, consentendo la preparazione di oltre 3 milioni di pasti.
IL PUNTO
di Giovanni Taliana
Una sostenibilità che guarda all’ambiente e alle persone
tive che aiutano persone in situazione di difficoltà.
Come funziona la rete che avete creato sul territorio Veneto, quali le realtà alle quali donate e come vengono scelte?
Last Minute Market non gestisce direttamente i prodotti, ma affianca l’azienda per la corretta gestione del recupero secondo la normativa vigente. Le strutture beneficiarie coinvolte in questo tipo di iniziativa sono principalmente Empori solidali, Organizzazioni di volontariato, Cooperative sociali, Case-famiglia, Comunità Terapeutiche. Tutte le strutture coinvolte sono impegnate quotidianamente nell’attività di assistenza a persone fragili. L’obiettivo è quello di accreditare gli enti beneficiari prossimi alla sede di recupero e con le caratteristiche adatte per gestire in massima sicurezza tipologia e quantità di alimenti. Una volta attivate le relazioni territoriali, LMM supervisiona le
attività di recupero, ne monitora l’andamento ed interviene in caso di necessità. Inoltre, al fine di prevenire l’insorgere di criticità operative e di mantenere un confronto costruttivo con gli enti no profit partner, LMM e Aspiag Service organizzano periodicamente incontri di restituzione dei risultati, e corsi di formazione, destinati agli operatori degli enti beneficiari finalizzati in particolare a fornire tutti gli strumenti necessari per la gestione in massima sicurezza dei recuperi.
É un risultato a cui ha contribuito in modo significativo anche il Veneto attraverso il longevo e proficuo rapporto con Last Minute Market e a fianco del tessuto di volontariato sociale della nostra regione”. In Veneto nel 2022 sono state quasi 600 le tonnellate di cibo recuperate e donate a numerose associazioni sul territorio. I prodotti raccolti e redistribuiti hanno consentito la preparazione di quasi 1,3 milioni di pasti, generando un forte impatto in termini di sostenibilità e riduzione degli sprechi e degli scarti. In Veneto la quantità totale di merce recuperata ha infatti permesso di ottenere una riduzione dei rifiuti prodotti dall’azienda pari a 556 tonnellate, equivalenti a quasi 1.235 cassonetti della spazzatura. Inoltre, ha consentito di non sprecare oltre 2 tonnellate di CO2 emessa e quasi 1,2 milioni di metri cubi di acqua utilizzata per produrre gli alimenti rimessi in circolo. “I dati legati al recupero dei prodotti in eccedenza ci hanno permesso sia di aiutare concretamente le persone più bisognose, sia di intervenire in termini di sostenibilità ambientale. La lotta allo spreco alimentare è un impegno che continueremo a perseguire, in armonia con alcuni degli obiettivi dell’Agenda ONU 2030 che la nostra azienda ha scelto come linee guida per il proprio sviluppo in un’ottica di sostenibilità sociale e ambientale.
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Direttore Regionale Aspiag Service per il Veneto
In foto Matteo Guidi, AD e socio fondatore di Last Minute Market – Impresa sociale
Progetto “Polis”. Entro il 2026 saranno 7mila gli uffici trasformati, 500 quelli del Veneto
La rivoluzione digitale dei piccoli comuni
Dall’Isee al passaporto, tutto alle Poste
Sono 500 gli uffici postali dei piccoli comuni del Veneto che entro il 2026 verranno trasformati fisicamente e digitalmente in uno Sportello Unico di prossimità, con l’obiettivo di rendere più semplice e veloce l’accesso dei cittadini ai servizi della pubblica amministrazione. Di questi, 105 sono in provincia di Vicenza, 91 di Padova, 84 di Verona, 83 di Treviso, 48 di Rovigo, 59 di Belluno e 30 di Venezia. Il progetto si chiama “Polis” ed è stato presentato a fine gennaio a Roma da Poste Italiane con un evento che ha visto la presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, della Presidente del Consiglio dei ministri Gorgia Meloni, del Presidente del Senato Ignazio La Russa, di quasi tutti i ministri del Governo, del Segretario di Stato della Santa Sede Pietro Parolin, del Presidente di Anci Antonio Decaro e di 3.500 su 7mila sindaci alla guida di comuni con meno di 15mila abitanti. Costerà 1,2 miliardi di euro: 800 milioni di euro finanziati con risorse del piano complementare al Pnrr e 400 milioni a carico di Poste Italiane.
La ristrutturazione degli uffici postali non sarà innovativa solo dal punto di vista strutturale, con l’abbattimento ad
esempio di tutte le barriere architettoniche: nei nuovi “Uffici Polis” saranno installati dei totem self-service grazie ai quali il cittadino, affiancato da personale appositamente formato, potrà fare richiesta di alcuni documenti e certificati: carta di identità elettronica, passaporto, certificati di stato civile e anagrafici, autodichiarazioni di smarrimento, denuncia di detenzione e trasporto d’armi, richiesta di nuova emissione del codice fiscale (compresa quella del primo codice fiscale dei neonati), estratto conto delle posizioni debitorie, visura delle planimetrie catastali, esenzione del canone Rai, deleghe per i soggetti fragili, certificati giudiziari, Isee, estratto contributivo, modello Obis per i pensionati, certificazione unica, rilascio della patente nautica, denuncia e richiesta di duplicato della patente. Non è tutto, perché i nuovi uffici postali dei 7mila comu-
Nei centri con meno di 15mila abitanti i cittadini potranno richiedere attraverso un totem certificati e servizi della pubblica amministrazione.
Un investimento complessivo di 1,2 miliardi di euro 800 milioni sono finanziati con il Pnrr
uffici postali presenti in tutte le province, inoltre, saranno creati anche 250 “Spazi per l’Italia”, rete di coworking con oltre 10mila postazioni di lavoro e riunione, servizi condivisi, aree dedicate a eventi e formazione per professionisti, imprese, associazioni e singoli cittadini. I primi 37 spazi saranno aperti entro la fine dell’anno.
ni coinvolti vedranno l’installazione di ATM Postamat, di lockers per la consegna di pacchi (attivi 24 ore su 24), di colonnine di ricarica per i veicoli elettrici, di impianti fotovoltaici per l’alimentazione degli stessi uffici e di sistemi di smart building e sensori di monitoraggio ambientale. Alcuni degli uffici saranno dotati, all’esterno, di spazi attrezzati per accogliere iniziative culturali, di salute e benessere. Dalla trasformazione degli edifici direzionali di Poste e dei grandi
“Il mondo è cambiato, ma la vocazione di Poste Italiane di tenere unito il Paese si conferma”, ha dichiarato il Presidente Mattarella, che ha voluto sottolineare come la mancanza di servizi nei piccoli centri abbia portato a un impoverimento dell’Italia. Le comunità sotto i 15mila abitanti rappresentano il 90 per cento dei comuni, coprendo una superficie dell’80 per cento del territorio nazionale. Un’area nella quale vivono 16 milioni di italiani.
“Oggi l’Italia ha il dovere di garantire a tutti i cittadini le stesse opportunità e la stessa
qualità del vita”, ha dichiarato la presidente di Poste, Maria Bianca Farina, che ha spiegato come il progetto “offra servizi essenziali con connessioni internet ad alta velocità alle zone periferiche, comunità piene di vita e di saperi che nel tempo hanno perso popolazione perché non efficientemente connesse”. Matteo Del Fante, amministratore delegato di Poste, ha aggiunto che l’attuazione del progetto “contribuisce ad accelerare anche la trasformazione digitale del Paese”. Per Giorgia Meloni si tratta di “un progetto imponente e capillare per avvicinare istituzioni e cittadini, un modello di innovazione e inclusione sociale che insegna all’Europa, che unisce l’Italia, che dice no ai servizi di serie A e di serie B, garantendo a tutti il diritto di accedere ai servizi in maniera semplice e veloce, guardando al futuro e facendo risparmiare tempo”.
Sara Salin
Il ministro Nordio difende il lavoro dei giornalisti: “La stampa libera è fondamento della democrazia”
L’Ordine dei giornalisti compie 60 anni. È del 3 febbraio 1963 la legge che istituì la professione, voluta dal veronese Guido Gonella, primo presidente dell’Ordine, oltre che segretario della Democrazia Cristina, ex ministro di Grazia e giustizia e della Pubblica istruzione. E proprio nel Veneto di Gonella si sono aperte le celebrazioni nazionali, con un convegno organizzato alla Scuola Grande di San Giovanni Evangelista di Venezia su “I valori del giornalismo, le sfide dell’informazione”, seguito il 3 febbraio a Roma da un evento aperto con il messaggio del Presidente della
Repubblica Sergio Mattarella che, partendo dall’art.
21 della Costituzione che tutela la libertà di informazione e del pensiero del cittadini, ha sottolineato come i giornalisti abbiano una re-
sponsabilità enorme. “Una responsabilità accentuata dalla moltiplicazione delle fonti di informazione offerta dalla rivoluzione del web. Alla professione giornalistica – ha detto Mattarella
– viene affidato il ruolo di espressione della libera critica secondo doveri di lealtà e buona fede. Ai giornalisti è rimesso il compito rilevante, ai fini della libera formazione delle opinioni dei cittadini, del rispetto della verità sostanziale dei fatti”.
Alla celebrazione nella capitale hanno preso parte il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il suo vice Francesco Paolo Sisto, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’informazione e all’editoria Alberto Barachini, la vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno e il costituzionalista Giovanni Maria Flick.
“La stampa libera è uno dei fondamenti della democrazia liberale e della cultura”, ha detto nel suo intervento il Guardasigilli, che ha sottolineato l’importanza di “coniugare la sua prerogativa con il rispetto della dignità e della libertà dei cittadini, che può essere violata, violando la segretezza delle loro conversazioni”. Precisando che “se un giornalista pubblica una notizia riservata su un’indagine giudiziaria, la colpa non è del giornalista, che non va né incriminato né censurato. La colpa è di chi consente la diffusione di queste notizie e non vigila abbastanza”. (s.s.)
www.ilvicenza.com 31 Regione
Sergio Mattarella e Matteo Del Fante
Sicurezza stradale, la parola ai ragazzi
Sicurezza stradale, la parola passa ai ragazzi. Saranno loro gli ideatori dei prossimi messaggi di prevenzione che la Regione Veneto utilizzerà per sensibilizzare i più giovani al tema della sicurezza sulle strade.
La sfida è partita, “Un’altra strada challenge”, e invita alla partecipazione attiva al progetto i ragazzi della secondaria di secondo grado del Veneto, attraverso un’attività che si svolgerà nelle scuole.
“Guidare ti fa sentire… libero! Niente più bus affollati la mattina, niente più genitori che ti aspettano fuori, niente più pioggia finito l’allenamento. Ma non è tutto rose e fiori. – recita lo spot di presentazione del progetto che in questi giorni rimbalza nel web da una pagina all’altra delle Ulss venete -. Ci sono limiti e regole pensati per proteggerci perché, in fondo, essere liberi significa anche questo: rispettare la libertà degli altri. Scegliamo di essere responsabili. Contribuire a una strada più sicura è qualcosa che dobbiamo prima di tutto a noi stessi e puoi farlo anche tu. Partecipa a un’altra strada chellenge realizzando messaggi di prevenzione efficaci e creativi. Eh sì, anche i meme vanno bene.
Prosegue alla pag. seguente
www.ilvicenza.com 33 Salute on-line: /category/salute/ FEBBRAIO 2023
Il concorso della Regione, una sfida a “colpi” di meme
Salute Usa il cellulare con intelligenza
Tutela la salute e l’ambiente
Il concorso della Regione, una sfida a “colpi” di meme
Con la tua classe potrai vincere un’opportunità di crescita per te e i tuoi compagni e fondi da investire nella tua scuola. Accetta la sfida”.
“Un’altra strada challenge” è, dunque, un concorso che mette alla prova gli studenti, sfidandoli a creare il messaggio di prevenzione più efficace e accattivante, e promuovendo in loro comportamenti consapevoli e prudenti. Un’altra strada è un progetto che vuole creare awareness nelle scuole, invitando gli studenti a realizzare contenuti sul tema della sicurezza stradale, portandoli a riflettere su 3 concetti fondamentali: libertà, responsabilità e sicurezza.
Dopo un primo momento di approfondimento sul tema della sicurezza stradale, gli studenti saranno chiamati a realizzare contenuti brevi ed efficaci, con l’obiettivo di diffondere i valori della prevenzione e della responsabilità con un tono di voce fresco e creativo, mirato a diffondere consapevolezza proprio fra i giovani.
Chi può partecipare al concorso di idee? Tutte le scuole secondarie di secondo grado e gli istituti di Formazione professionale del territorio Veneto, presentando una o più proposte oh messaggi sul tema della sicurezza stradale.
“Usail cellulare con intelligenza. Tutela la salute e l’ambiente”.
E’ il messaggio che si rinnova nella campagna di sensibilizzazione del Ministero della Salute e che l’Ulss 2 Marca trevigiana fa proprio veicolandone, nella sua pagina Facebook, i punti salienti attraverso una infografica sul tema.
“Gli smartphone - si legge - sono ormai parte integrante della nostra vita e sono in molti ad utilizzarli per più ore consecutive, per motivi legati alla propria professione o perché lontani dai propri affetti. Uno dei dubbi più comuni sull’uso massiccio dei telefoni cellulari è il possibile effetto nocivo dei campi elettromagnetici in radiofrequenza. Sul tema sono stati condotti numerosi studi”.
L’obiettivo è dunque informare e chiarire qualche dubbio per utilizzare correttamente gli smartphone, nell’ottica di un approccio basato sulla prevenzione. Lo smartphone e onde elettromagnetiche. Le evidenze scientifiche attualmente disponibili sul tema affermano che le emissioni di telefoni cellulari e cordless non sono pericolose per l’utilizzatore, le ricerche tuttavia sono ancora in corso: non sono ancora disponibili osservazioni fatte a più di 15 anni dall’inizio dell’uso, mentre sono ancora limitate le evidenze per le esposizioni durante l’infanzia e l’adolescenza.
“In quest’ottica - si legge nell’infografica - è prudente cercare di ridurre l’esposizione alle onde
elettromagnetiche, soprattutto per i più piccoli, in attesa che studi specifici in corso forniscano evidenze utili.
Le chiamate sono il momento in cui si è più esposti, pertanto è consigliabile utilizzare l’auricolare o il vivavoce, preferendo quando possibile i messaggi.
E’ inoltre preferibile utilizzare il telefono in condizioni di buona ricezione, così il segnale trasmesso sarà meno forte.
Se si è portatori di pacemaker è bene non tenere il cellulare vicino al cuore.
Non distrarsi col cellulare sulle strade. Niente chiamate, messaggi, foto, videogiochi, fumetti o libri mentre si è al volante o in strada. Mentre si guida o si cammina la strada non dev’essere mai persa di vista. E’ opportuno evitare di ascoltare la musica ad alto volume con gli auricolari.
Il Codice della strada, peraltro, lo prevede: è vietato toccare il telefono mentre si guida, anche se fermi in fila nel traffico, al semaforo o al casello.
Il cellulare, infatti, aumenta il rischio di incidenti: scrivere un messaggio equivale a 1 0 secondi di distrazione, si abbassa la soglia di attenzione e aumentano i tempi di reazione come quando si beve troppo.
Dove smaltire il vecchio cellulare. E bene rivolgersi direttamente ai punti vendita. E’ un servizio che viene fornito gratuitamente e senza l’obbligo di acquisto.
Da quando e fino a quando può essere presentata la domanda? La domanda di partecipazione al concorso dovrà essere presentata entro 90 giorni dalla data di pubblicazione della deliberazione del Bollettino ufficiale regionale (Bur) e nel portale Internet regionale (piattaforma telematica “bandi online” della Regione del Veneto: https//bandi.regione.veneto.it/), secondo le indicazioni e le procedure indicate nell’avviso contenuto nell’allegato della deliberazione.
Quante classi possono partecipare per singolo istituto? Non esiste un limite, però l’adesione al bando è effettuata dall’Istituto, che pertanto dovrà coordinare le proposte presentate dalle proprie classi o gruppi di studenti. Scopo dell’iniziativa è di sensibilizzare ciascuno studente al tema della sicurezza stradale e di raccogliere il maggior numero di proposte al fine di individuare quella con la maggiore efficacia a livello comunicativo. La domanda di partecipazione può essere presentata anche da un singolo alunno? No, la partecipazione al concorso di idee effettuata dall’Istituto scolastico, eventualmente anche in forma associata con altre scuole e potrà interessare più classi. Non è prevista la possibilità di presentare proposte direttamente da parte degli studenti.
Gli step del progetto sono tre: preparazione, creatività, partecipazione dei migliori progetti.
La preparazione. Ogni insegnate che intende iscrivere il proprio istituto scolastico può registrarsi e scaricare il “Kit dello studente” e i documenti allegati da leggere con attenzione insieme agli studenti. Creatività. L’invito rivolto agli studenti è di creare il contenuto più interessante (sia esso un meme divertente oppure un video emozionante), virgola facendoli lavorare da soli o in gruppo.
La partecipazione. L’insegnate individuerà i prodotti migliori selezionando i lavori più efficaci dei suoi studenti, poi dovrà caricare il materiale tramite il profilo della scuola, senza dimenticare nessun documento al momento dell’upload.
Premi in palio. Al termine del concorso una giuria esaminerà i contenuti e decreterà le tre opere vincitrici che saranno premiate con una somma di denaro: 5.000 euro per la scuola prima classificata 3.000 euro per la seconda classificata e 2.000 euro per la scuola terza classificata.
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La campagna di sensibilizzazione del Ministero della Salute rilanciata dall’Ulss 2 Marca Trevigiana sul corretto utilizzo degli smartphone
L’appello
Prevenzione. La campagna di
screening della Regione Veneto
Prevenzione del tumore del collo dell’utero, con una diagnosi precoce si può curare
Tumore del collo dell’utero, si può prevenire e curare, grazie ad una diagnosi precoce, che può davvero salvare la vita.
E’ questo il mantra che è stato in più occasioni ribadito. Il messaggio rivolto alle donne è chiaro e si può sintetizzare in tre parole: informati, aderisci allo screening e fai il vaccino.
La campagna della Regione del Veneto sulla sensibilizzazione alla prevenzione del tumore del collo dell’utero parte proprio dal programma di screening oncologico della cervice uterina.
In generale, si spiega sulla pagina web della Regione, i Programmi di Screening hanno lo scopo di ridurre la mortalità favorendo la diagnosi precoce che accresce le possibilità di cura e di guarigione, sono rivolti a tutte le persone che abitano in Veneto e che sono in una fascia di età in cui il rischio di ammalarsi di questi tumori è più alto.
Nello specifico quello della cervice uterina è un percorso gratuito per la prevenzione dei tumori del collo dell’utero, che accompagna la persona dal momento dell’adesione all’invito, alla diagnosi, fino alla cura dell’eventuale lesione. Ha lo scopo di favorire la diagnosi precoce di tumori e di lesioni che potrebbero evolvere in tumore (lesioni pretumorali), per ridurre la mortalità e accrescere le possibilità di cura e di guarigione.
L’invito ad aderire è rivolto a tutte le donne che hanno residenza in Veneto, a partire dai 25 o 30 anni di età, a seconda dello stato vaccinale per la vaccinazione contro il Papillomavirus (HPV), e fino ai 64 anni. Le
donne vaccinate contro HPV entro i 15 anni hanno un rischio molto ridotto di sviluppare tumori o lesioni pretumorali, per cui iniziano lo screening a 30 anni. Le donne non vaccinate contro HPV entro i 15 anni, invece, iniziano lo screening a 25 anni.
Il Programma di Screening della cervice uterina, propone tramite lettera d’invito, il Pap test ogni tre anni alle donne dai 25 ai 29 anni non vaccinate contro HPV e il test
HPV ogni 5 anni a tutte le donne dai 30 ai 64 anni. Viene offerto il test di screening più appropriato ad ogni fascia d’età, sulla base delle caratteristiche del test e sul rischio della donna di sviluppare tumore o lesioni pretumorali.
Differenze tra test HPV e Pap test. Il test
HPV è un esame di recente introduzione che ricerca l’infezione da HPV, mentre il Pap test ricerca le lesioni causate dall’infezione stessa. Il test HPV è più sensibile rispetto al Pap test e, per tale ragione, può essere eseguito ogni 5 anni anziché
3. Tuttavia, poiché nelle donne più giovani le infezioni da HPV sono molto frequenti e nella gran parte dei casi regrediscono spontaneamente, il test HPV è raccomandato a partire dai 30 anni.
Come si procede. La lettera d’invito a effettuare il test arriva a casa alle donne nelle fasce di età interessate da parte della Ulss di appartenenza. Una volta effettuato il test, se l’esito è negativo, la persona riceve una comunicazione dalla Ulss e, dopo l’intervallo programmato, un successivo invito.
Se la risposta è invece positiva, la persona riceve una comunicazione dalla Ulss e un invito a eseguire specifici esami di appro-
fondimento (visita ginecologica con colposcopia): Successivamente, in caso di diagnosi di lesione pretumorale o tumore, vengono definite e programmate le analisi e le cure del caso.
Se il test HPV risulta positivo, viene effettuato, sullo stesso campione, il Pap test.
Se anche il Pap test risulta positivo, la persona riceve una comunicazione dalla Ulss e un invito a eseguire specifici esami di approfondimento (visita ginecologica con colposcopia). Successivamente, in caso di diagnosi di lesione pretumorale o tumore, vengono definite e programmate le analisi e le cure del caso.
Se invece il test HPV è positivo, ma il Pap test risulta negativo, la donna riceverà una comunicazione dell’esito dei test ed un invito a ripetere il test HPV dopo un anno.
E’ bene precisare che un test positivo (test HPV o Pap test) non indica la presenza di un tumore o di una lesione pretumorale, ma indica un aumentato rischio. Per questo motivo è importante eseguire gli esami di approfondimento proposti.
La vaccinazione contro il papilloma virus.
In Italia è raccomandata e offerta gratuitamente alle ragazze e ai ragazzi, a partire dagli 11 anni di età, e viene somministrata in due dosi a distanza di sei mesi. Se il ciclo vaccinale inizia dopo il compimento dei 15 anni, le dosi previste sono tre.
Come difendersi dai cyberbulli, alcuni suggerimenti proposti dall’Ulss 5 Polesana
Cyberbullismo e giovani. L’occasione per riflettere sul tema è stata offerta dalla celebrazione, lo scorso 7 febbraio, della Giornata mondiale contro il bullismo, in tutte le forme in cui esso si manifesta.
L’Ulss 5 Polesana ha concentrato l’attenzione proprio sul cyberbullismo e ha fornito, attraverso la sua pagina Facebook, un serie di indicazioni per aiutare i ragazzi che hanno a che fare con questo tipo di molestie.
Intanto, è opportuno sapere che per cyberbullismo s’intende l’uso delle nuove tecnologie per intimorire, infastidire, mettere a disagio o escludere altre persone.
Quando accade la prima cosa da fare – secondo le indicazioni
dell’Ulss 5 Polesana – è inviare un messaggio al bullo, esplicitando il fatto che il suo comportamento infastidisce e disturba, invitandolo a non continuare con il suo atteggiamento.
E’ opportuno non avviare un botta e risposta con chi offende on-line. Il rischio è di fare il suo gioco.
La mossa successiva è quella di
bloccare tutti i profili social del bullo. E’ la strategia più efficace per non rimanere intrappolati nella sua dinamica.
In ogni caso, conviene tenere traccia delle conversazioni o degli sms molesti: potrebbero tornare utili come prova in caso di denuncia.
Non è il caso di visitare community o chat in cui si è attaccati in modo offensivo; così come non è il caso di isolarsi ma, piuttosto, reagire informando i genitori o un adulto di riferimento su quanto sta avvenendo.
L’invito rivolto ai ragazzi è quello di denunciare sempre, se si è testimoni, gli episodi di cyberbullismo perché questo tipo di testimonianza rappresentano un valido aiuto per chi si trova in difficoltà.
A partire dai 25-30 anni e fino ai 64 anni di età l’invito rivolto alle donne è di aderire al percorso gratuito di controllo, diagnosi e cura della eventuale lesione pretumorale
Antibiotici
sì, ma con cautela. E’ il monito che anche la Regione Veneto rinnova, invitando ad un uso corretto e consapevole di tali medicinali. Un uso improprio degli antibiotici contribuisce, infatti, a rendere i batteri resistenti ai successivi trattamenti.
Inoltre, è bene sottolinearlo, gli antibiotici sono efficaci solo contro le infezioni da batteri, non aiutato perciò a guarire dalle infezioni causate da virus, come i comuni raffreddori o l’influenza.
Gli antibiotici, pertanto, vanno usati solo con prescrizione e su indicazione del medico. Forse non tutti lo sanno ma gli antibiotici non utilizzati non devono essere conservati e vanno smaltiti secondo mo-
dalità ben precise. Da questo punto di vista molto utili possono essere le indicazioni fornite dal farmacista.
Se continueremo ad usare gli antibiotici nella stessa quantità in cui lo facciamo oggi, potrebbe accadere in futuro che non funzionino più, proprio nel momento in cui potrebbero essere più necessari. La conclusione, quindi, è che possiamo contribuire a mantenere efficaci gli antibiotici solo se ricorriamo ad essi quando servono e lo facciamo in modo corretto.
Chi volesse avere ulteriori informazioni al riguardo può consultare la pagina web della Regione Veneto all’indirizzo www.regione.veneto.it/web/ sanita/antimicrobico-resistenza
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Antibiotici, vanno usati in modo corretto per essere efficaci
Il
Se lo criticava lui, Einaudi era contento
Centocinque anni fa, il 10 febbraio 1918, Tullio Martello si spegne a Bologna, città che lo aveva visto per più di trent’anni titolare della cattedra di economia politica nella alma mater. Insigne economista (ma fu anche ingegnere, filosofo, storico, patriota, politico e altro ancora) legò il suo nome a Vicenza non solo perché vi nacque il 13 marzo 1841 ma anche per le memorabili diatribe dottrinali con un altro grande vicentino: Fedele Lampertico.
Sebbene inizialmente influenzato dalle sue teorie economiche e forse anche agevolato da Lampertico nell’ascesa della sua carriera, Martello cominciò infatti gradatamente a manifestare posizioni opposte a quelle del concittadino, fino a schierarsi apertamente coi liberisti e a battagliare senza esclusione di colpi con la parte avversaria, fautrice del vincolismo economico di matrice lombardo-veneta.
Celebre l’episodio durante il banchetto di Bassano nell’agosto del 1874, in occasione del congresso dell’Associazione per il progresso degli studi economici: narrano le cronache che al brindisi “alla concordia degli economisti italiani” proposto da Lam-
Pochi lo ricordano oggi, ma fu una grande figura. Martello litigava con il senatore progressista vicentino e aveva da ridire anche con il futuro presidente della Repubblica.
Einaudi commentava: “Se le critiche vengono da lui, sono un onore”
pienti amici dell’Italia e del suo progresso civile”.
pertico – presente assieme a Luigi Luzzatti e allo stesso Martello – quest’ultimo abbia risposto: “Alla concordia di quali economisti si rivolge l’on. senatore? Qui non vi sono economisti: voi tutti qui presenti siete socialisti, bensì detti della cattedra, ma socialisti o socialistoidi, se così vi piace meglio. E poiché la verità non può trovarsi contemporaneamente da noi e da voi, io bevo al conflitto degli economisti, e mi auguro ch’esso duri ostinato, finché a tutti risulti evidente da quale parte si trovino i veri e sa-
Fu uno strappo che tuttavia non lasciò strascichi indelebili: in occasione di una pubblicazione celebrativa curata da Sebastiano Rumor pochi anni dopo la morte di Lampertico, Tullio Martello scriveva infatti all’abate vicentino: “Ho sempre avuto una immensa stima del compianto nostro insigne concittadino, ma sul terreno prettamente scientifico mi sono permesso di criticarlo con la maggiore indipendenza di opinione [...] in linea di benemerenza patriottica, io credo che ogni elogio sarebbe ozioso da chiunque [...] profferito, tutti sapendo, in tutta Italia i legittimi titoli suoi all’ammirazione, all’ossequio, alla gratitudine e della patria”.
Polemista straordinario, schietto e mordace nei suoi giudizi, Martello riscosse tuttavia sempre il rispetto dei colleghi: il futuro presidente della Repubblica Luigi Einau-
di, ad esempio, scriveva: “Una critica del prof. Martello è un onore; tanto più quando essa è cortese, viva, frizzante come quella che ho avuto il piacere di leggere a proposito di un mio articolo del Corriere della Sera. Quando viene da un maestro della scienza e da un superbo polemista”. Fu amico di Garibaldi (lo troviamo infatti al suo seguito nella spedizione siciliana del 1860), di cui tradusse in francese il romanzo storico “Cantoni il volontario”. Manifestò anche alcune fugaci velleità letterarie, come una commedia in dialetto veneziano dal titolo “I do marii e le do muger” che poi sottopose al giudizio di alcuni attori: uno
di loro la definì “degna di tutto: di patate, di torsoli, di mele cotte, di arance fradicie” ma sembra che, a insaputa dell’autore, fosse stata poi rimaneggiata e presentata sotto mentite spoglie sui palcoscenici italiani.
Delle sue idee rimarrà traccia nelle molte e ricercate opere pubblicate nel corso della sua vita, alcune delle quali notevoli per chiarezza, originalità e completezza d’esposizione: “I libri di Tullio Martello – commenterà uno dei suoi colleghi economisti – saranno sempre ricercati dai lettori amanti delle belle pagine battagliere, in cui la frase immaginosa accresce la suggestione del pensiero”.
Oreste Palmiero
Dopo 25 mila aforismi, il misterioso autore che regala i libri adesso scrive poesie
Dopo dieci anni di scritture misteriose e di firme apocrife, di libri consegnati a domicilio all’intellighenzia locale e di fantasiosi nomi di autori, il misterioso scrittore che lascia i suoi volumi nei sacchetti neri della spazzatura, ha cambiato completamente genere. Basta con i libri pieni di massime - abbiamo contati sicuramente 25mila aforismi in questi anni, che è comunque una cifra da Guinness dei primati: qualcuno dovrebbe segnalarlo a quell’organizzazione - perché è stato recapitato un sobrio libretto di 32 pagine, di piccolo for-
mato, dalla copertina verde e dal titolo “biro” in minuscolo. Forse anche per lui il costo della carta, quadruplicato in dieci mesi, s’è fatto insostenibile.
Anche in questo caso le modalità di consegna sono quelle usuali, vale a dire sacchetto nero e post it giallo con nome del destinatario e firma falsa: ogni anno un nome diverso, quest’anno è Emilio a consegnare il dono. Anche questo è un nome di fantasia, ma... chi può dirlo? Sono pochissimi a conoscere la sua vera identità.
Questo mistero dello scrittore vicentino che resta
nell’ombra fa ricordare i primi tempi di Scotolati, quarant’anni fa, quando era rimasto anonimo l’autore che
battezzava le vie con l’indicazione G. Scotolati. Era l’estate del 1983. In quel caso il mistero durò lo spazio di
pochi mesi, poi Gabriele Padoan venne alla luce. Nel caso del misterioso autore, invece, il giallo rimane. Di lui è stato tracciato un identikit proprio su “Il Vicenza” dalla esperta Roberta Melli, pezzo che dev’essere stato notato dall’interessato se anche lei, da quest’anno, è stata gratificata dal dono. Il libretto, come detto, si intitola biro. Non c’è nome di un autore, neanche falso. Trentadue sono le pagine (rispetto anche alle 200 e passa di un tempo) con una poesia per ciascuna di queste. Sono liriche assai brevi e, va detto, anche in-
teressanti. Nessuna ha titolo, e anche questa è una caratteristica. C’è stile, comunque. In prima pagina c’è una dedica a M. C. e l’indicazione di un altrettanto misterioso editore “CaFard 2023” anche questo inesistente. L’autore ha saltato il Natale, infatti, ed è approdato direttamente all’anno nuovo. Il mistero prosegue, anche se proprio Roberta Melli, esperta grafologa, aveva tracciato un interessante identikit, indicando fra l’altro l’età dell’autore come matura, almeno 60 anni e naturalmente uomo di solida cultura.
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Vicentini illustri
personaggio. Tullio Martello, economista di vaglia e anche polemista senza freni. Se la prese soprattutto con Lampertico
Tullio Martello, Fedele Lampertico e Luigi Einaudi, che diventerà presidente della Repubblica nel dopoguerra
Frittelle e crostoli timbrati Venezia
Frittelle, crostoli e tanti dolci della tradizione sono tipici del periodo. Ormai le frittelle sono prodotte con tutti i ripieni possibili: crema, cioccolato, pistacchio. Le frittelle si distinguono dalle castagnole perché nell’impasto di queste ultime non c’è il latte, di conseguenza è più compatto.
Le origini delle frittelle risalgono a quando nell’antica Roma si celebravano i Saturnali, una festa molto simile al carnevale odierno, una settimana a dicembre e un’altra a marzo. Durante questo periodo di banchetti e feste popolari, in cui tutti i canoni sociali venivano ribaltati, uno dei simboli d’eccesso erano le “frictilia”, dolci fritti nel grasso di maiale e olio, distribuiti alla folla fra le strade della città.
La patria delle frittelle moderne è Venezia. La prima ricetta delle frittelle risale, infatti, a un documento veneziano della metà del XIV secolo, conservato alla biblioteca Cana-
tense a Roma. Invece la prima ricetta ufficiale delle frittelle alla veneziana, tipiche delle feste carnevalesche rinascimentali delle classi alte, è attribuita a Bartolomeo Scappi (cuoco personale di papa Pio V, quello della vittoria di Lepanto del 1571), battezzato “il Michelangelo della cucina”, autore del trattato “Opera”, uno dei più completi libri di gastronomia del XVI secolo.
Fu nel Settecento che le frittelle divennero “dolce nazionale della Repubblica Serenissima”, e la loro preparazione era una prerogativa della corporazione dei “fritoleri”.
I veneziani furono i primi al mondo a creare una “corporazione di fritoleri”, ovvero di coloro che avevano l’esclusiva di produrre e mettere in commercio le frittelle a Venezia. L’associazione prevedeva che l’attività continuasse di padre in figlio esclusivamente, senza l’ingresso di altri.
Le frittelle sono citate nel “Campiello” di Carlo Goldo-
ni del 1756 a proposito di una donna che si definisce “fritolera”.
Tipici del periodo sono anche i crostoli (per la terraferma) e galani (per Venezia), ma si chiamano anche in tanti altri modi: “frappe” a Roma, “chiacchiere” a Milano e “cenci” in Toscana: così le chiama Pellegrino Artusi nel 1891 nel suo “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”.
Mentre per crostolo si capisce che il nome deriva dalla croccantezza del dolce, che ricorda una crosta, nel caso di “galano” si fa riferimento al termine usato a Venezia per il nastro, galano appunto. E in effetti la somiglianza della frittella a un pezzo di nastro è evidente.
Esiste una differenza tra crostoli e galani? I puristi sostengono che i galani sono tirati di più, e quindi più sottili dei crostoli: di fatto è una differenza che s’è persa.
Antonio Di Lorenzo
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Enogastronomia
I dolci di tradizione. Fu la Serenissima a creare la corporazione dei “fritoleri” citata anche da Goldoni
Fino alla fine degli anni
Dieci di questo nuovo millennio, la serialità italiana ha sempre dimostrato una certa fatica a raccontare la gioventù.
Accantonando “I ragazzi della 3ª C” e “College” - non possiamo davvero considerarli racconti di formazione - prodotti come “Compagni di scuola” o “I liceali” faticavano a catturare lo snodo evolutivo tra l’adolescenza e l’età adulta. Per una semplice ragione: la necessità - molto italiana - di universalizzare le storie per renderle il più larghe possibili. Col timore di parlare “solo” agli adolescenti, si finiva per rivolgersi a tutti i pubblici, escluso quello giovane. Poi è arrivato Skam Italia, offrendo uno sguardo intimistico e in presa diretta sulle vite di un gruppo di giovani romani. Anche “Baby” e “Summertime” di Netflix hanno saputo, a modo loro, contribuire a riscrivere un genere, quello del coming of age, che da noi ha sempre zoppicato. Il picco - finora - di questo percorso è “Mare Fuori”, fenomeno targato Rai giunto alla terza stagione. Grazie all’espediente narrativo del pesce fuor d’acqua - Filippo Ferrari (Nicolas Maupas), un giovane della Milano bene che finisce all’Istituto di Pena minorile (Ipm) di Napoli, liberamente ispirato al carcere di Nisida - entriamo in un universo narrativo in cui i giovani protagonisti sono degli antieroi in procinto di compiere delle scelte che riguarderanno il resto delle loro vite.
Qual è il segreto di “Mare fuori”? È una serie che non predica e non strumentalizza i suoi personaggi per fini moralizzatori. Ognuno può essere ciò che vuoleanche chi, una scelta, non l’ha mai avuta nella propria vita - nel bene e nel male.
Nelle sole 24 ore dal lancio dei primi sei episodi della terza stagione - già disponibili su Rai play - la serie ha totalizzato 8 milioni di visualizzazioni e 3 milioni e cinquecentomila ore di visione, rendendola la serie più vista nella storia della piattaforma Rai, il che la dice lunga sulla capacità di far presa sul pubblico in attesa degli sviluppi narrativi. La quarta stagione è stata già confermata dalla direttrice di Rai Fiction, Maria Pia Ammirati, ma la serie potrebbe non fermarsi lì: la creatrice Cristiana Farina pensa già alla quinta e alla sesta stagione.
Scoppia la recessione e rispuntano gli zombie. Esiste una bizzarra correlazione tra i morti viventi nella cultura pop e i periodi di depressione economica.
“L’alba dei morti viventi” - il film di George Romero che funge da anno zero del genere - debuttò al cinema nel 1978, subito dopo che la crisi petrolifera spinse l’inflazione verso l’alto. Alto è un eufemismo: si viaggiava con l’inflazione a due cifre, che di lì a poco avrebbe raggiunto il 20 per cento.
La moneta era deprezzata a tal punto che nacquero i mini assegni per far fronte alla scarsità cronica di spiccioli e di metallo. Per la crisi energetica, gli spettacoli finivano alle dieci di sera e gli ascensori si potevano bloccare da un momento all’altro. La paura si toccava con mano: e non erano come zombie anche questi spettri?
Anche “The Walking Dead” - l’epopea zombie conclusasi pochi mesi fa dopo 12 stagioni - esordì nel 2010, a cavallo tra il crollo della Lehman Brothers nel 2008 e il “Whatever it takes” di Mario Draghi, nel 2012. Erano gli anni della crisi dei mutui subprime, la seconda del decennio.
Allo stesso modo The Last of Us - serie tv targata Hbo e tratta dal videogioco medesimo in onda su Sky dal 16 gennaio - è figlia della recente crisi crisi economica amplificata dalla guerra. La serie diretta da Craig Mazin (che per Hbo ha diretto “Chernobyl”, altra serie apocalittica, ma ben poco di fantasia) ambisce a reinventare il genere dei morti viventi.
Il nemico non è un virus pandemico - ne abbiamo già avuto abbastanzama un fungo che ha fatto il cosiddetto salto di specie, decimando la razza umana. Pedro Pascal torna a interpretare un padre putativo - l’antieroe riluttante per eccellenza - dopo “The Mandalorian”. La sua missione è tutelare Ellie - Bella Ramsey -, teenager che rappresenta la luce in fondo al tunnel: una possibile cura al fugo-killer.
Perché gli zombie ci infondono speranza? In tempi di crisi sono loro che stigmatizzano il marcio della società contro cui tutti - ricchi e poveri, buoni e cattivi - facciamo fronte unito per ricostruirci una vita, anche se non sarà mai come quella di prima. Sono i morti viventi a ricordarci che non basta esistere, per fare la differenza.
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La fortuna di “Mare fuori”
è di non fare moralismi
The Last of Us, gli zombie sono il marcio da combattere
Rubrica a cura di Paolo Di Lorenzo