SPORT
C 1A0 DIEGO di Antonino Palumbo
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ell’aldilà, il 25 novembre dev’essere una data speciale, con qualche ricorrenza calcistica che noi umani non possiamo cogliere. Una specie di Festa del Ringraziamento, con qualche ora d’anticipo. Perché nel giorno in cui gli amanti del calcio ricordavano con post, link e citazioni i 15 anni dalla scomparsa di George Best, a prendersi la scena è stata la notizia che ha fatto invecchiare all’improvviso un paio di generazioni: Diego Armando Maradona non c’è più. Il “Dio” del calcio è morto a sessant’anni, compiuti meno di un mese fa, per un’insufficienza cardiaca acuta provocata da un edema polmonare acuto. All’inizio di novembre lo storico campione argentino era stato operato d’urgenza a Buenos Aires per un edema subdurale. Calciatore unico, personaggio controverso, divino in campo e umanissimo nella vita privata, Diego è stato raccontato in tutte le salse e con ogni mezzo. Libri, documentari, film, canzoni. Amato dai compagni di squadra, rispettato dagli avversari (anche se non tutti), ha saputo farsi “perdonare” anche gli innumerevoli vizi – doping, droghe, alcol, controversie giudiziarie, simpatie politiche contestate, vicende familiari – con l’aura di rivoluzionaria poesia che ha saputo infondere al suo personaggio. Maradona è stato del resto uno dei più grandi artisti del Novecento. E storicamente nessuno tra pensatori, scrittori, musicisti, pittori, registi ha potuto sottrarsi alle umane debolezze. Si chiami Parmenide o Caravaggio, Andy Warhol o Dumas, Kerouac o Picasso, Jimi Hendrix o Van Gogh: per
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Il Giornale dei Biologi | Novembre/dicembre 2020
uno stile di vita virtuoso non è dalle loro parti che bisognava citofonare. E neppure a casa Maradona. Eppure, malgrado tutto e fatta eccezione per chi non è riuscito a cogliere l’estasi suprema che D10S ha saputo esprimere e donare con la sua arte, le fragilità dell’uomo sono state parte integrante di un personaggio che ha segnato la storia del calcio e i colorati i sogni giovanili di milioni di appassionati. Cresciuto in povertà, Maradona iniziò a giocare nell’Estrella Roja, la squadra del padre, ma a 10 anni era già nelle giovanili dell’Argentinos Juniors e alla vigilia dei 16 esordì da professionista. Quattro anni dopo era al Boca Juniors, quindi nel 1982 passò al Barcellona, dopo un interessamento da parte della Juventus. L’esperienza catalana non fu particolarmente prolifica, a causa di un’epatite virale e di una serie di infortuni, tra cui quello alla caviglia procuratogli da un violento tackle di Andoni Goijoetxea, difensore basco dell’Athletic. Fu a Napoli, dove arrivò nel 1984, che Maradona otten-