lA REliGIONE CIVIlE DI UN POPOlO
CARSO , REDIPUGLIA , OSLAVIA , IL CIMITERO DEGLI EROI DI AQUILEIA
a cura di Lorenzo Cadedd u
Paolo Gaspari
G iorgio Secc ia
Giuseppe Severini
Roberro Todero
con i conrribll(i di Mirja Juren
Marco Pizzo
Ful vio Poli
Paolo Pozzato
Ferd inando Scala
Elvio Pederzolli
Anna Sgubin
Ringraziamerzti
Museo Centrale del Risorgimento di Roma
Alessandra Bello (www.alessandrabello.com) per la parte fotografica dei sacrari
Marco Mantini, per le foto di Redipuglia, Oslavia e Aquileia
Paolo Pi zzam u s per la cartografia del Carso
Giordano Brunettin e Fiorenzo Porracin per le immagini dei monumenti Franscesco Usai
Renato Cimenti
Abbreviazioni
AUSSME: Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito
ISREC: Ist ituto Storico della Resistenza e dell'età contemporanea di Ravenna
MCRR Museo Centrale del Risorgim ento di Roma
MSACAP: Museo storico dell'arma di cava lleria di Pinerolo
FMPGo: Fototeca dei musei provinciali di Gorizia
O.M.S.: Ordine Militare di Savoia
USSME: Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell 'Esercito
VIAGGIA RE NELLA STORIA: M. Mantini, Viaggiare nella Storia.
Dall'Adriatico al Passo di Monte Croce Carnico, Gaspari , Udine 2007
Indice
Luoghi della m emo ri a : s p azi e co rpi di Marco Pizzo
G l i elementi co stitutivi di un popolo di Giuseppe Severi ni Idemirà nazionale e nobilitazìone dei cittadini
Insegnamento della storia e religione civile
Edificare ossari p er costruire una m e m oria di Paolo Nicoloso
L'invenz ione della t r adizio n e di Paolo Caspari
"M ill e e roi silen z io si che ag ivano e morivan o n e ll 'o mbra" di Paolo Cnspari
Il passato o è pieno o è vuoro
La sto ria "sbagl iata"
Caporetro, ciò che veramcnrc accadde
Esiste un giorno di festa per l'un i tà nazionale?
La scuola italiana basata su sroria, geografia ed educaz ione c ivica
L'insegnamenro del la Storia
La Guerra Civile Ideo logi ca di Paolo (,{1Spari
La s tori e canc e ll ate. Il Carso e I' Tso n zo il vero altare del la pa tr ia? di Mitja Juren
Le battaglie che non vengono insegnate nelle scuo le
TI sac rario di Re dipuglia di fìtlvio Poli
R ed ipugli a luo go d ell a me m oria d ' Euro p a di htbio Todero
Sacr ifi cio colle t tivo e s toria con di visa di Paolo Gaspari
Il bisnonno o il prozio di rutti: lutto di massa e presa di coscicma
Le battaglie carsich e di Paolo Caspari
L e d eco r azi oni al val ore di Lorenzo Cadeddu
L e m ed agli e d 'o ro a Redipuglia e O slav ia di !.. Cadeddu., P. Caspari, C. Seccìa. E Serventi Longhi l Granatieri dì Sardegna, la Sassari e la CatanZ!Iro
Carlo Castelnovo del le Lanze e le sciabo le a Pozwo l o
Errore Laio lo con Romolo contro le Schwarzlose
Emidio Spinucci i l destino di un veterano
Iralo Sregher l'e roe della Bainsizza
Carlo Buffa di Perrero l'alpino sul Carso
Guido Maifreni dalle balze di Volterra all'Altopiano di Asiago
Spiro Tipaldo Xidias il capo degli irredenti triestini
filippo Zuccarello l'eroe del Podgora
faliero Vezzani il comandante del Barragliene della Morre
Giacomo Venezian dalla carredra universiraria alla prima linea
A1.aria Tedeschi uno degli ignori di Redipuglia
Achille Srennio un genovese per la Regina
Giuseppe Silicani da riformato ad ardito
Vincenzo Rocco il simbolo dei Granatieri di Sardegna sul Carso
Aurelio Robino il colonnello in prima linea
A lberto Riva di Villasanta il dicionenne ultima medagl ia d'oro
Giovanni Ribcr l'eroe valdese
Giovanni Randaccio dal Vcliki al Timavo
Guido Piragino uno sporrivo in guerra dalla libia al Carso
Guido un friulano da selhùo ad artigliere
Uldcr ico Ollearo nel Carso dei monfcrrini
Guido Momi l'ultimo uffici ale
Duilio Merli il ponaordini eroico
Raffaele Merelli un maestro elementare nel corpo a corpo
Vincenzo Madonia il sormrcnenre comandante di compagnia
Ira to Lambenenghi il valrcl li n ese del Fajri
Federico Grifeo e la nobiltà guerr iera
Pier Anronio Gregorurri e la srrage di ufficiali a Quota 85
Mario Giuriati nell'inferno del Santa Caterina
Elio Ferrari e i rredici conrnmacchi nemic i
Mario Del Grosso l'eroe del la Firenze sul Kuk
Carlo De Vecchi, illivorncsc dalle rre medaglie d'argento e l'oro fatale
Giovannino Cucchiari, l'imberbe sul Calvario
Alessandro Carroccio dal Lenwolo Bianco al Dosso del Palo
Giovanni Camozz ini dai derv isci al San Mi c he le
Onavio Caiazzo dalla Libia alla Bainsizza
Carlo Buccarella il pugliese di Salonicco
Giulio Blw11 il sessanren ne impavido
Eno re Biamino s imbolo del la brigata Tevere
Giuseppe Benve nuti l'eroe della Firenze
GiLJio Bechi il co lonnello scrirrorc
Umberto Pace il caporale leone
I ge n e rali di Paolo Gaspari, f'llOio Pozzato, Ferdinando Scala
Emanuele Fi lib e rto di Savoia-Aosta
Antonio Chinotto
Tommaso Monti
Giuseppe Paolini
Giovanni Prel l i
Fu lvio Riccieri
Ferruccio Trombi
Achille Papa
Alceo Carralochino
li ci mi t ero d egl i Ero i ad Aquil e ia, il lu ogo abban don ato di Anna Sgubin
Vis itare il sac ra ri o di Re di p u gli a di Elvio Pederzo/li
T.l s a crario di O slavia di Elvio Pederzolli
Itin e rari s ui l uoghi del Carso- T Se nti eri di p ace di Roberto Todero
Gli a ur o ri
Indice dei nomi
l. Karl Sch logel, Leggere il tempo nelu>spazio. Saggi di storia edi geopolitictt, Milano , Mondadori 2009.
2. A n rond la Tarp in o , Geografie def!tl memorù1. Case rovine, oggetti quotidiani, Torino, Einaudi 2008.
3. Renato Dubbini , Geografia dello sguardo, Torino, Einaud i 2003.
4. Cad1erine Brice, IL Vittoritlrlo. Monumemalità pubblica e politica a Roma, Roma, Archivio G ui do Izzi 2005; Cento anni rkl Vittoriano
1911-201 l. Arti del la giornata di s tudio tenutasi il 4 g iugno 20 Il al Vitroriano in occasione del Centenar io dell' inaugu razio n e del Monum ento , a cura di Romano Ugolini, Roma, Gangemi 2012.
5. Ministero dcll' Isrruzionc. Com itato Nazionale per la storia del risorg imento, Raccolta di testimonianze e di documenti sulLa guerra italoaustriaca Relazione di S E. on Paolo Boselli agli onorevoli membri del Comitato ne ll'adunanza dell ' l l dicembre 1915, Roma, Tipografìa della Camera dei Deputati 1915, p. 6.
6. Non Omnis Moriar, Gli opuscoli di necroLogio rki caduti italiani nella Grande Guerra. a cura si Fa bri z io Do lci e Olivcr Jam. , Ed iz ioni di sro ri a e letteramra, Roma 2003; Bruno Tob ia, Monumenti ai caduti. Dall'ItaLia Liberale all'Italia foscista , in La morte per la patrùt, a cura di Oliver Ja nz e Luz Klinkl1ammer. Roma Donzelli 2008, pp. 45-62 .
7. L. Cadeddu , La Legl'nda del soldato sconosciuto all'ALtare rklla Patria, Gas p ari, Ud i ne 200 1
8. Disegno di legge presentato al la Camera dei Deputati il 20 giugno 192 1 dal mi nist ro della g11erra Rodinò ispiram a ll e paro le del co lonnell o lo Gi ul io Douhet ap parse sulle pagine de l periodico "11 Dovere" del 24 agosro 1920.
9. Alessandro Miniero, Da VersaiLles al Milite Ignoto. Rituali l! retorù·he della Vittoria in Europa (1919-1321), Gangem i, Roma 2008.
luoghi della memoria : spazi e corpi
Cosa s'intende per "luogo della memor ia"?
Oggi questo termine deve essere inteso nella sua accezione piì.1 vasta infatti già da tempo la stor iografia italiana, sulle orme d egli analoghi percorsi compiuti dagli storici degli Annales francesi, h a incenrraro il s uoi inte re sse sui "l u oghi" simbolici nazionali. Di recente questi stessi remi hanno acquistato uno spessore diverso grazie aigli sru di di Karl Sc hlogeJ1 o di A ntonella Tarpino 2 • Si tra tta di percorsi nuovi che allargano il concerto di " luo go" anche all'area del paesaggio urbano e rurale 3 o fanno assurgere un singolo oggerro o un singo lo rnonurn cmo alla funzione di ''s im bo lo" identificativo collettivo, come nel caso del Virroriano 4 • Parallelamente si è fatta da tempo strada anche un'attenzione del tutto diversa rispeno a ll e "scrittur e di marmo" oss ia ai resti ep ig rafic i o rnonurn cmali delle città ch e sono stati indagati nella loro valenza sto ri ca, artistica e sociale.
Se si vo lesse effettuare un te n tat ivo di schernac iz.zaz io nc si porrebbero individuare le seguenti sez ioni temariche: Luoghi della memoria di impronta risorgimenrale (in questa sezione troverebbero posro i "luoghi" legati alle singole vicende risorgimentali, dalle battaglie al la sped izione di Sap ri o ai fatti dell'Aspromonte); Spazi privati (le "case" d e i padri della patria (ad esempio la casa di Mazz in i a Genova o quel la di Gariba ld i a Caprera); gli arc hi v i di pietra (dalle epigrafi a i monumenti sepolcra li, da Sanra Croce ai cimiter i ci ttadini , dai monumenti urb ani alle lap idi cittadine); i musei della memo ri a (da quell i risorgimentali a quel li mi li tari).
Ma acca nto a i luoghi, intesi co m e spazio fisico, esistono anche quelli impostati come fonri e\o memoria, come, nel caso de ll a prima gue rr a mondial e, il Fondo Guerra.
Lo sco ppio della prima gue rra mondiale, sal ut ata nel 1915 come la Quarta gue rra d'Indipendenza itali a n a, aveva richiamaro l'atte n z ione di Paolo Boselli, presidenre del Co mitato Nazionale per la sroria del Risorgimento italiano e futuro presidente del Consiglio del M in istri, c h e aveva auspicaro "di ra ccogl ie re tes tim onianze e do-
Momento della costruzione dell'ossario di Solferino.
cumcnti sulla guerra, la quale si presentava come un corollario srorico delle guerre per la nostra unirà Già il5 agosto 1915 Boselli diramò una circolare nella quale venivano indicare le modalità di raccolta dei mareri::tli della guerra e la rete dei collaboratori: erano chiamati a collaborare non solo i suoi membri corrispondenti ma anche gli enri pubb lici c privati, gli editor i e le redazioni dei giornali, gli studiosi e rutri i combattenti. Si ritenne quindi opportuno raccogliere documenti di ogni genere a testimonianza di un evento di cui si intuiva la porcata srorica riuscendo conservando in maniera capillare "la contemporaneità". Questa volontà di documentare memoria della guerra trovò un chiaro rispecchiamenro anche nella graduale politica di celebrazione dci "cadUli" attraverso una triplice duplice attività: la costruzione di un archivio generale di rutti i caduti; l'erezione d i monum enti su ll e vie c sulle piazze delle cicrà italiane e la costruzione di artico lati " luoghi della memoria" coincidenti con i cimireri-sacrari di guerra. Questi sacrari corrispondevano alla necessità di rrovare una forma in grado di elaborare il luno che aveva colpito, seppur in vario modo, tuua la popolazione. Commemorare i morti in guerra era divenraro quindi un gesro civico e sociale, che contribuiva a legare serenamente i singoli e le loro famiglie con la loro comunità. S i cosrruì così il "miro de l caduro", una sorra di religione civile, che faceva sue le ccmariche religiose trasformandole e che in lralia, rrovò la sua espress ione più aJra nel monumento al Milirc Tgnoco, che divenne, ben presto, il simbolo del sacrificio dell'intera collerrività e la simesi suprema Ji rurti i cimiteri di guerra sparsi lungo le lince del fronté. L::t romba del Milire Ignoro, collocata all'interno del complesso del Virroriano, assunse il ruo lo di vero e propr io tempio na:-Lionale, presso il quale officiare il riro della na7.ione7
Un ruolo analogo venne assunro dai cimiteri monumentali di guerra, da quello di Redipuglia a quello di Monregrappa, che dovevano svolgere anche una fun;ione compendiaria e di risarcimento verso le canee famiglie che con avevano neppure potuto dare degna sepolrura ai loro defunci i cui corpi erano Hari sommariamente inumati nei pressi dei campi di baccaglia nei vari cimiteri di guerra e spesso non si era riusciti neanche a identificare. I cimiteri di guerra divennero Jci "monumenti", ossia assunsero quella funzione specifica c he durante I'Ono cenco risorgimentale era srara svolta dai canri monumenci commemoraci dedicati agli illustri eroi della patria. Alla prassi di erigere srawe o targhe com memorarive dedicare a singoli personaggi, si sostituì una m e m oria monumencale collettiva che rendeva a celebrare la memor ia di un luogo anraverso il ricordo degli awenimenci che vi si erano svolri e della moltitudine dei singoli che vi avevano panecipaco.
Questa sorta di monumenti collettivo aveva rrovaro delle sue espressioni già durante le guerre d' in dipendenza: co me n el caso della cappel la ossario crerra per la battaglia di So lferino intorno al 1870; oppure quella analoga di San Marcino della baccaglia. In questi due casi, però, era più evidenre il recupero della lunga tradizione degli "ossari" assai diffuso anche in Italia nella tradizione cr istiana (s i pensi ad ese m pio a ll a c ript a del c imi tero dei cappucc ini a Roma). Tn curti c due i casi ricordati (San Mani no e So lfe-
l O. Marco Armicrn, / e momagm dtl/;t p11rrù1. Namm t' mtztont ntllrJ storia d'Ira/io. Secoli XIX t'XX, Einaudj, l(>rino 2013, pp. 93-112. l l. Tullio Vidulich e Corrado Pasquali. Alpini in guerra. Storie di uomini ani di leggmt!a, Società Storica della Gmude Guerra, Rolzano 2000.
12. Alessandro P.lStore, Alpinismo ntoritt d'fut· /io , Il Bologna, 2003.
13. Sui mmpi di bauaglia. Il Mome Grttpp•t. Guido srorico turisrim, Touring Club Italiano, Milano, l ')28, pp. l O-Il.
Castelfida rdo. L'ossar io d e i caduti d ella battag lia del 18 se ttembre 1860 .
La cappella dell'ossario di S a n Martino.
Accanto ai caduti della Grand e Gu erra alcuni Municipi come qu e llo di Fanna (Pordenone) hanno posto la lapide dei cittadini caduti nel Risorgimento.
rino) l'idea del luogo sacro era estesa anche a turro l'ambienrc circostante, vincolato a quesro urilizz.o "civile" Un po' come era capiraro per Caprera, luogo d 'e lezione di Giuseppe Garibaldi, definita nella pubblicistica dell'epoca come "lsola Sacra". Uno dci precedenti illustri più vicini all ' idea dci sacrari militari della Grande Guerra può se mmai essere rinlracciato a Castcllìdardo, nello spazio-ossario, eretto a ricordo dei caduti nella battaglia del 18 settembre 1860 proprio sul luogo dove si era svolra la fase più cruema della battaglia. Quesro era staro l'unico "mo numento" della barLaglia fino al 1912 quando venne inauguraro il gruppo bronzeo di Viro Pardo dedicatO all'impresa di Cialdin i. Non a caso l'obierrivo deii'Ossario di Castelfidardo non era troppo dissimile. Il giorno seguente alla battaglia del 1860 furono raccolti i co rpi di tutti i caduti, sia i soldari pontifici c h e quelli sabaudi, e già il 27 seucmbre 1861 fu posta la prima pietra del monumento-ossario che riporra sulle tàcce esterne delle piramidi i nomi dci caduti. ln questi casi si era passati dal concctro di monumenw ai caduri a quello di Sacrario\sepolcro dei caduti. Non più un cenotafio, ma un sepolcro.
Sem bra quindi che l'idea di base non fosse troppo d issimile da quella espressa essi da Douher nel 1921 quando si pre se ntò il disegno di legge inritolaco Sepo ltura della salma di un so ldaro ignoro in cui si sc riveva:
"Le salme dci militari morti in guerra è[ ] sono, per una metà quasi, di individui non riconosciuti. È una molrirudine anonima di prodi che non hanno lasciato alle famiglie, wrro tormentare dai dubbi più angosciosi, il dolce e mesto conforto di poter c ustodire le loro gloriose spoglie. Sono legioni di umili eroi che la grande famiglia della Palria - al le cui fortun e essi hanno fedelmente concorso co l nobi le sac rificio della vita -vuole rivendicare a sé, rraducendo lo c riassumendo, nel suo scnrimenro e nella vo lontà , la volontà e il sentimcmo di migliaia di madri, spose e sorelle doloranti.
Cimitero militare di Gallio nell'Altopiano di Asiago.
Lentini , cerimonia per i caduti nel 1921 ( MCRR).
Una qualsiasi di quelle salme, scelta a tra quella mura e inerte folla ignoco, ha la virtù di un s imbolo e di un monit o; perché rappresenta, da sola, l'eroismo del so ldato italiano che co n la propria morrc, con la soppressione asso luta del la propria i ndividualità , ha co ntribuito ad assicurare la vira e il prestigio della Patria, ad imporre il nome di es1.a al rispeuo e all'ammirazione del mondo; perché ammonisce, infine, che l'essere statO italiano cd essere caduto per l'Ita li a è titolo bastevole per i supremi onori e la sempiterna venerazio n e, all'infuori di ogni a lero segno idenrifìcarore" 8 • Una so rta di celebrazione diffusa e collettiva che aveva anch'essa le sue radici della tradizione del Risorgimento e ndJa culrura della fìne XlX secolo: non più la memoria d i uno ma la il ricordo di molti. Qucsci luoghi\memoriali co incisero con i principali cimiter i di guerra che il Ministero della guerra aveva individuaro quando incaricò una commissione per raccogliere le spoglie non idenrificate che dovevano essere il preludio alla idenrificazio ne della salma del Mi li te 1gnoro 9 • La commissione espl orò con cura i luoghi dove si "p ill aspramente" s i era combatturo, dal Carso agli Altipiani, dalle foci
del Piave al Montello , Roverero, Dolomiti , Altipiani , Grappa , Montello, Basso Piave, Cadore, Gorizia, Basso Isonz.o, San Michele, il tratro da Casragnevizz.< al mare. Il sorgere dei sacrari militari diventava quindi la concretizzazione di un diverso sentire del paesaggio, inceso anch'esso come un monumento Uno degli scenari principali della prima guerra mondiale in Italia fu il paesaggio alp in o. I:Adamello , il Monte Grappa, Asiago e tante altre cime alpine dell'arco nordorientale furono t ean·o degli scontri pitt aspri sulla linea inrangibile del la fromiera con il nemico Le Alpi divenravano il crinale di separa-Lione con l'impero austro-ungarico questa linea doveva essere fortificata, difesa, armata e m odellata secondo le esigenze belliche. Questa guerra ad alta quora provocò quindi una serie di azioni che modificarono fortemente il panorama di queste monragne fìno ad allora dimenticate e con fin a re nel novero delle terre selvagge 10 • Fino ad allora la popolazione del la montagna apparteneva ad un m ondo misterioso e paurosa: dai briganti ai contrabbandieri, dagli erem iti ai montanari. Q u esti ultimi secondo lo stereodpo al lora vigente erano schivi , lontani dal la c ittà e dai modi "urbani", a metà strada rra l'eremita e il selvaggio. Con la guerra l'abitatore per eccellenza del la montagna divema "l'a lpino" , l'eroe per eccellenza, in grado di vivere e domare le asprezze della condiz ione di vira momana , tra ghiaccio, neve e gelo che rrovarono delle puruuali testimonianze nella coeva produzione forografìca 11 • Si realizzarono ampie panoramiche paesaggisriche del pan orama ad alt a quota . Queste vedute, eseguire unendo rra loro vari sin gol i scarti, cercavano di restituire una visione a 360 grad i su ggerendo l'esperiema provata sull e verre. Uno sguardo circolare un grado di abbracciare il paesagg io La forografia di guer ra ereditava anch'essa la lezione ottocentesca di Virrorio Sella e , ancor prima del CA! - Club Alp in o haliano, che si era costinùto poco dopo l'unirà d'Italia nel 1863 a Torino poco dopo l'eroica ascens ione al Monviso 11 E già nello statuto de l CA! si intravedono le fìnalirà della fotog rafia alpina alla quale può essere applicato in primo artico lo dello staruro in cui si affermava che il compito del CA1 era que ll o di conoscere e studiare le montagne, "specie quelle i ta li ane" . rimmagine fotografica era quindi la testimonianza del mutamento di senso : dall'es t atica an1 mirazione dei sublimi spazi delle montagne alla conosce n za oggettiva dello spazio naturale. Si passa quindi dal Romanricismo idealista in cui la vis ione del paesaggio innevaro se mbrava conrinuare la poetica pittorica di Cari Gusrav Friedrich ad una v isione consapevo le ed oggettiva, carica de ll 'ered ità intellettuale del positivismo. Ma con l a Grande G u erra la metamorfosi del "luogo-memoria" era stato segnaro anche da a ltre profonde e spesso di irreparabi li profanazioni. Per compre nderle possiamo farci accompagnare dalle paro le di una delle glùde turistiche realizza te intorno a l 1925 dal Touring C l ub lraliano per far vis i ta re i cam pi di battaglia ai reduci nostalgici c agli ita li ani curiosi o appassionati
Quesre le parole per descrivere l'aspetto de l Monre Grappa durame la guerra: "Se le forme e la str uttura del massiccio rimasero co m e le vo ll e for giò la nacura, il suo aspetto murò durante la lotta. I pascoli d ' un verde riposante si rigarono di trincee e di scavi. Caverne, rnacchie, detriti, strade, sent ieri, piste, fasci di fìli srriarono il terreno in ogni senso. Baracche, rende, ricoveri popolarono le val li e pendii [ ... ] Né l'uomo si accontentò di solcare e di a nim a re la plastica, ma penetrò nelle visce re d ella terra e con colossale lavoro di talpa vi ricavò cu ni col i, rane, ri cover i e posrazioni [ ... ] dove rrovarono posro can n oni, mi tragliatrici, motori, uomini , rifornimenti: formidab il e fortezza moderna pronta a res ist e re a n c h e se isolaca" 13 • U no spazio formato e deformaro d alle es ig enze de lla gu e rr a c h e co nse nre a ncor a oggi di leggere alcuni luoghi (dali ' Adan1e llo al Monte Gra ppa; dalle trincee ai can1min amenri di montag n a) come segni della stor ia.
Gli elementi costitutivi di un popolo
I sacrari e gli ossar i de lla Grande Guerra sono un segno del passato di straordinaria suggestione perché si collocano con particolare intensità in quell'incrocio misterioso tra storia e memoria, tra individualità, familiarità e nazione, tra rerriror i locali e Stato, dove s'intrecciano gli elementi costitutivi di un popolo c si contribuisce a contrassegnarne l'identità.
Ossari e sacrari sono monumenti che partono dal Risorgimento e ch e sono legati all'idea stessa di nazione, non meno , simbolicamente, del tricolore. Trascendono le contingenze policiche de ll a loro edificazione, ma non nel significato profondo e diretro al futuro.
È bene scindere la loro presenza e la loro cura dalla te rnp erie che vide innalzati quelli della Grande Guerra. La na zione, che simboleggiano, preesiste e persi ste b en o l rre. È un 'osse rvazione centrale, che vale di suo a depurare il rema dalla connessione connotativa con il Venrennio. Non ne sono lo specchio, e se è vero che in allora furono realizzati i massimi tra di loro, fu per via della recente fine della prima guerra mondiale; se è vero che allora fu dedicata amplissima attenzione e grandi risorse al tema della m o ne in guerra e alla sua sacralizzazione, non è meno vero che non s i tratta di opere escl usive di quell'ambi e nte politico. Lo mo s trano lo spazio e il tempo. Lo spazio, perché simili e analoghi monumenri degli anni Venti e Trenta furono realizzati in Paesi di rurt' alrra improma poUrica , si pensi alla Francia.
n tempo , perc h é è con le guerre d 'in dipendenzacioè, con I'inverarsi del concetro di guerra naz iona le - che, per l'Ital ia, furono immaginare le prime realizzaz ioni di quesro tipo: basti pensare alla torre di San Martino della Battaglia, presso la quale vi è un ossario con oltre 2.600 resti di soldati ita l iani e austriaci. È con questo spiriro e questa co nsapevolezza di li berrà e d ' inrerpretaz ione scevra da pregiudi z i, che oggi vi ci s i deve avvicinare anche in Italia.
E questo è forse il principale merito di questo l ibro , p erché, con la s roricizz.az ionc c l'uso d e lla ragione, offre il suo efficace contributo alla maturaz i one delle menralità e al superamento degli auromarismi.
Identità
nazionale e nobilitazione dei ci ttadini
Il Riso rg i me n to come discrirnine storico, dicevamo. Ne ll ' Amico Regime, quando quel lo delle armi era un mestiere m erce n ar io e la l eva militare era a venire, la sacralizzazione de ll a m orte g u erriera si riduceva a in -
dividualità, J familiarit1t, aveva testimonianza monumemale, cioè rivolta al blico, solo per il condonicro di particolare fama e spesso prescindeva dalla fine in combanimemo. La funzione commemorativa del monumento era dedicata alla virtù individuale c al riconoscimento nobilitante della dignità guerriera del personaggio, non alla coesione della patria.
È con il conccno di nazione armata, figlio della rivoluzione francese che chiamava alle armi i cittadini, con l'identificazione !>oggertiva tra esercito e Paese, che la monumenraliZ7azione del cimitero di guerra diviene un mezzo di riconoscimemo e di identità nazionale, esaltante la dignità sovrana della morte per la patria, strumento di elaborazione co ll eniva del luttO e codice della sua suprema g iu st ifi cazione. Con i sacrari e gli ossa ri della Grande Guerra il processo di nobilitazionc del cimitero di guerra s i compie c - co n la quantità enorme di caduti- gi u nge all'apice, affermando irrevocabilmente la del sacrificio e raggiungendo lo scopo di indeclinabil c na z ionalizzazione. lsciwzionalizzazione con la quale il sacrario- il c ui stesso nome eleva a dignità superiore l'ossario- viene cretto in altare della religione civile, non dissimilmentc dall'archetipo centrale dell'Altare della patria che, unendo i due profìli, va a ospitare la romba del Milite Ignoro, rappresentante rutti i caduti nell'immane sacrificio collettivo.
In questo processo storico, il paradigma materiale di sacrari e ossari si sublima in quelli della Grande Guerra, dove è facile cogliere il riflesso della sua concezione di ultima delle guerre d'indipendenza. La prima guerra mondiale è infaui quella che più d ' ogni altra ha lasciato la traccia nei rerrirori che ne furono rearro e nella memoria colleLLiva, e poiché queste tracce sono ora oggetto di un'ap po s ita c speciale tute la giuridica (quella della legge 7 marzo 2001, n. 78, su lla tutela del patr i monio storico de ll a prima guerra mondi a ie), occorre i ncemrarsi su sacrari e ossari r iferiti a l 1915-18 per cogli e re la valenza u ni versale di spaz i unifi ca mi de ll a memoria, del lutto di un popo lo c de ll a s ua buona causa.
Una prospeniva che nega la prccarierà dei manufatti bellici, la monumcnralità verticale riconoscibile a distanza, la documentazione dell ' immanità del sacrificio e la destinazione imperitura rappresentano la drammaricirà di quell ' impronta. Se trincee e fortezze sono vestigia per loro natura precarie cd esposte all'insulto del tempo per la loro strumenralidt occasionalc, sacrari e ossari sono invece definitivi, e così più di quelle vanno a connotare il paesaggio che li contie ne e il senso di sé di un popolo.
Il numero dei caduti che vi sono raccolti e le identità locali implicite n e i cog nomi e spesso nei nomi ,
C\DU'ft) - '
• ALTI PIA•'«> DFt.U
IL 19 AGOSTO 1917
COM llATTE:NOO
PER LA UBERTÀ D ' ITALIA
Uno d ei tanti obelischi sorti in ogni comune per comm e morare i cittadini caduti. (G. Brunettin , F. Porracin, La costruzione dello memoria dello Gronde Guerro nello monumentistico del Friuli occidentale).
l nomi dei soli fanti della brigata Campania in una d elle tante lapidi commemorative che punt eggiano il fronte.
no un legame senza residui ua i cittadini in armi c gli eventi. lnverano, nella dimensione tragica, con la puma più alta, l'idea di naLione coesa, di cittadini-soldati partecipi, il concerto partecipato di Stato proprio della concezione moderna c in ulrimo democratica.
La sacralizzazionc civica, collettiva, della morre per la Patria è del resto i l rema conduttore che, pur sotto il simbolismo dei soli nomi riuniti, è già segnato dai monumenti ai caduri che ovunque furono realizzati dopo la guerra; così come dai viali e dei parchi della rimembram a. Ma se il monumenro è- per l'etimo e per la significazione- il ricordo, il sacrario è la presenza tangibile e sacralizzata.
Insegnamento d ell a storia e reli gio n e civil e
Al tempo come nei monumenri ai caduti diffusi in ogni municipio italiano, in queste concemraLioni realizzare sul luogo del sacrificio o in prossimità, viene narrata una sinresi che chiude e perpetua la vicenda epica del conflitto, sacralizza lo stesso spazio del martirio e rende irrefutabile la causa che lo volle. Rcndcndola semp re "presente" , ne eleva infatti i l significato e lo dcsrina al futuro. Non so no cimiter i evocativi di individualità o di famiglie, ma matrici dell'unirà completata della nazione, matcrializzazioni della patria e della sua for1.a segnata dalla genera;done perduta. Lo spazio dell'individualità vi è deliberatamente esaurito nell'indicazione del nome e del cognome del ca duro, a significare la dedizione totale alla causa nazionale dell'effusione del sangue, la prevalenza del co llcni vo sul singolo. È onniprese rue l'oricnramcmo a lla dimensione colleniva. Vi si elaborano il coraggio e il marririo.
I: imponente Sacrario dei cenromila di Redipuglia, nella !>Ua solennità archctipa di cemro di culto del sac rificio militare c patriorrico, ne è paradigma: il ritorno infiniw della scritta " prcseme", i caduti alternati a essa, la scalinata di ascesi alla vittoria; l' indi vidua lità del Comandanre dell'lnvirra Terza Armala, Emanuele Filiberro d'Aos ta, esal t ata a rarnrnenrare non il suo vissuto, ma la ridu z ione all'unità coi so ldati, la dedizione allo scopo comune nel l uogo stesso della co ntesa. Così come, con la mediana Via Eroica, l'ascendente al Carso, nome sacralinaro e sintesi stessa del confl irto: strumenri definitivi dell'ipermncsia della Grande Guerra: mondiale sì, ma prima di tutto nazionale e definitrice.
Si tratta dunque non solo di luoghi, ma di monumenti della memoria , c con essa del lucro e del mito della Grande Guerra : ormai essi srcssi immediati luogh i della Storia. Nella comune percezione di oggi- depurata dal la rcrorica che spesso ru inressma arrorno a quesri monum enti, come dell'antirecorica - un sacrario testimonia la Grande Guerra c la sua stessa memoria, non meno di un fortino o di una galleria di mine.
Dal punro di vista giuridico c amministrativo, si deve ricordare che a questa capacità è connessa una funzione pubb l ica, che opportunamente r iduce a unità la gestio n e di tutti i sac rari e ossari militari , in lralia o a ll 'estero, a partire da quelli del 1848 , cioè della prima Guerra dj indip endenza
La cura e la manutenzione di queste vesrigia, come di tutti i cimiteri di guerra, è un servizio svolro dal Ministero della difesa tramite un appos iro ufficio, il CommissariatO Generale per le Onoran ze dei Caduti in Guerra, noto come Onorcaduri, isriruiro n el 195! in sost ituzione dci serviz i istituiti prccedc ntemenre (1919, 1931, 1935). Attualmente è regola to da due leggi, del 1981 e del 1985. Tra le in combenze di Onorcaduri vi è anche il mantenimento delle sepo l ture contenenti i resti dei caduti austro-ungarici della Grande Guerra. Recenremenre, al siro internet di
questo servizio, è stata inuodorra una banca dari, in via di perfezionamentO, sulle sepolrure, che offre modo di conoscere i dari essenziali (data e luogo del decesso, luogo della sepolrura).
Oggi noi guardiamo però a rutto ciò con occhi assai diversi da quelli di quando i sacrari sorsero, educa ti come siamo al valore superiore della pace e della coesistenza, alla consapevolezza che la dignità della persona umana è collegata al riconoscimcnlo del valore supremo de lla viw. Dunque grande è la distanza di questi tempi da quelli, enorme è il salro di menta l ità c la disponibilità dei conse n si. Ma questa consapevolezza del divenire storico non impedisce di guardare a quesri monument i per coglierne il signifìcaro per l'epoca in cui sorsero e per i farri cui si riferiscono; studiandonc le matrici; ricercandovi radici forti dell'Unità nazionale. Questo libro è un nuovo e meritevole reperrorio storico, geografico e architettonico della monumenralirà della religione civile incenrrata sulla Grande Guerra. Si può dire che quesro libro è anche un libro di memoria collettiva: la sua funzione è, dopo i molri decenni trascorsi dalla letteratura similare uscita negli anni venti e trenta, di riporrare all'arrenzione degl i italiani questi manufatti. Senza enfasi e senza ragioni politiche, ma so l o con l'inrenro più lodevole, che è di legare le generazioni odierne a del l'eve nto totale del passaro. con cu i ogni famig lia italiana ha un suo legame c spesso un caduro, e questo legame, mostra il libro e mostrerà il suo successo, è più tenace e duraturo del lungo tempo che da allora è passato.
Il tempio ossario di Udin e con 21.513 italiani di cui 5.685 ignoti
O ssario di Udine, il libro è to sul testo di Stelutis alpinis, una so rta di inno identitario d e i friulani.
l. Sul processo di n.wonaliua7ione: G. L Mosse, La nazionaliZZJJziont dt-lle masst!, Il Mulino, Bologna 1975; sul culto d el soldaro caduro in Europa: G. L Le gmrrr mondiali. Dalla tragedia al mito dei caduti, Roma Hnri l 990. pp. 6-1 O, 79- 118; sul culto del caduto in l ralia: L. Bregantin, Per Ili/Il morirt' 1//ai, li l'oligrafo, Padova 20 l O; s u l le varie cosrrutio n i c m:lnifcsrazioni della m cmori.1dell.t Grande Guerra in Italia: M. lsncnghi, !.ti Gmndr Gutrm, in !luoghi della memoria, a <.:ura di M. lsncnghi, L.uena, Roma-Bari l 997, pp. 27"i-,'l0ll; Q. Antond li , Cmto anni di gmndf' gurrm, Donzelli. Rom.1 2018.
2. SuU.idcologiaa;ivnc della nazione: E. Gentile, La Grande Ira/w. Il m1111 dt!lltl m1ziont nt!l XX st!colo, Laten.a. Roma-Bari 2006, pp. 157-225: sulla fascisLiaa.lionc del cui ro della parria: Id., Il mito dt!llittorw, Later/..t, Roma-Bari 200 l, pp. 37-92; sul sacrificio per la patria: !tt morte per/,, patria. La dt!l mduri d,tf Risorgimmto a/M Rtpubblim. a cura di Olivcr Jam e Lurz KJinkammer, Dontdli, Roma 2008.
3. A. M. Fiore, Llt monumrmtdiZZttziont di'i luogln teatro della Grande Gut'rra: i Jacmri di Giovanni Grrppi r dr Giannino Cmtiglioni (19.331941), resi di dottorato, lu.w Vcne1 ia 2001, pp. 13-19.
4. Ji Oslav ia: L. l'in, Limario di Oslavia di V(nturi, in Li' pil'lrf dell11 memoria. Monumemi mi ronfìne orimlttle, a cura di Nicoloso, Udine 20 l 5. pp. l 13- l 31.
5. del Monre Grappa: Livio Vanzetro, Monte C:rapptl, i n f luoghi drlL11 nmnori11. Simboli e miti dell'ltlllia tmira, a cura di Mario Isnenghi, Laterza, Roma-Rari 1996, pp. 367372.
6. Un esempio il colombario di Vigna Codini o della 1òmba degli Scipioni a Roma.
7. SuU'ossario di Redipuglia cfr. M. Bonolorri, Progmi l' realiZZIIziom in J.riu/J Vrm:zia Cm/in. 1931-1938, in "Parametro", n. 213, mano aprile 1996. pp. 33-45; L. Safrcd, l Fahi, r. Todero, Rt!dipugltn. Storùr, 11rlt', mmwria, Ccnrro cuirurale pubblico polivalemc dd monf.1lconese, Ronchi dei Legionari, 1996; L. rabi, Storia, mnnoria, arte t miro di tmmonumt!nto cht! parla di pace, Linr, Trieste 1996; A. M. Fiore, La 1110/llmltllfllfiZZIIZÌO/If dd luoghi IMtro dr/la
Grnndt Guam: il ram1rio di Rfdipuglia di (7io-
Edificare ossari per costruire della Grande
Guerra
. una memona
Il fascismo si appropria della memoria della Grande Guerra e ne veicola i significati. La guerra viene inresa dal regime come rigeneratrice della stirpe Perciò viene letta come un'anticipazione dello stesso fasc ismo, un evenm sa lutare in s tretta cominuità co n la rivoluzion e mussoliniana. Per vcnr'anni la propaganda consacrerà il "fascis mo [ ] figlio della guerra".
La Grande Guerra ha avuro, come a ltrove in Europa , un ruo lo d ec isivo nel processo di lungo periodo di naziona lizzaz ion e del le masse, ha inculcaco nelle masse l' idea di appartenere alla nazione per cu i s i co mb aue 1 • Nel dopoguerra il fascismo imprime un'ulteriore accelerazione al processo di nazionalizzazione. Ma in più, g li assegna una precisa connotazione ideologica. In alrre parole, vuole che la nazione sia identificata dalle masse con il fascismo stesso. Operando in questa direzione anche la Grande Guerra, combaLruta dalla nazione, viene fascisrizzata. Si tratta di una forzatura ideologica, che ha lo scopo di diffondere:: ndle:: masse l'idea che quella guerra vittoriosa srara in realrà una guerra fascisra tmte litteram2 • Operando in questa direzione, il fascismo promuove la mirizzazione della guerra e del soldato caduto. E ques10 milO viene alimentato anche con la costruzione di monum emi, che devono avere certe forme, perché devono modellare la memoria collettiva: devono servire per esaltare il ricordo della guerra vittoriosa e rimuovere il ricordo della tragedia, del dolore, dcll'oscenirà della mone. Servono per imporre ai posteri quel tipo di memoria funzionale al fascismo TI processo di monumenralizzazione dd ricordo riceve un impulso decisivo con il p rogramma generale di monumenralinazione dei luoghi del la guerra vitroriosa predisposto nel 1928, c riconCermaro nel 1930, dal generale Giovanni Faracovi, al lo ra Commissario per le onoran1.e ai ca d u t i. Punro qualificante de l programma è la realizzazione di pochi grandi ossari in sostiwzione dei numerosissimi cimiteri dispersi lungo il fronte3 .
La preferenza per questa cipologia funeraria non è dovuta so l o a ragioni di tipo economico, dettare dalla necess ità di ridurre le c rescent i spese di manutenzione, ma soprattutto da finalità di ripo commemorativo e ideologico. Le inumazioni cimiteriali hanno una durata limitata e si prestavano poco a una modellazione architettonica monumentale. Invece, attraverso l'architetwra in pieua degli ossari è possibile ortenere quei caratteri di "grandiosità", di "monumentalità", di "pe rperuità", richiesti dal fascismo per celebrare il culco della naL.ione virroriosa. Quelle architetture possono essere modellare per rrasmerrere i valo ri nuovi, per fare in. modo che il c uho dci morti - i morri sono assunri a eroi della patria- si rrasformasse in culro della nazione, che sempre piLI si vuole identificata tout court con il fascismo.
Il primo grande ossario a essere rea liaaro seguendo il programma di Faracovi è quello di Oslavia. Il generale lo affida all'arch ircrw pi sano Ghino Venturi .
:Cossario accog lie 20.000 so ld ati noti e 30 .000 ignori e ha a prima vista la for m a di fortcz.z.a È precedeuto da un'a mpia c lunga scalinara. che con du ce alla platea trian go lare. Ai ve rtici del triango l o s i innalzano rre torr i, mentre un a quarra, mo l to p i ù g rand e, è posta al cemro. l loculi sono d isposti l ungo le pareti i nterne della torre cent ra le.
Nel suo vo lersi proporre come fortezza l ' ossario si richiama al castello di Gorizia, che sorge a qualche chilometro di distanza. Ma l'architettura principale, quel grande cilind ro cavo, è soprattutto un rimando ai grandi mausolei della Roma imperiale. In questo senso Oslavia è un gra11de m ausoleo all'antica, sul modello dei mausolei romani- quello di Planco a Gaeta, di Cecicilia Metella su ll a via Appia a Rom a . È un frammento di romanità cos trui ta su una co llina del confi n e oriencalé. Un ca mbio di passo ne lla proge tta z ion e degli ossari avviene s u l Monte Grappa. Dopo una se rie di in succes s i, qu i l' i mpresa è affidata a un co mmi ssa rio, il general e Ugo Cc i, c he assegna il progetto a due arrisri mi lanesi, G iova nni Greppi c Giannino Cas ri glioni 5 Con l'arri vo di G reppi e Castigliani, l'idea, fino a llora perseguita sul Grappa, del cim itero sotterraneo vie n e abbandonata. Si ado tta in vece
una soluzione che va nella direzion e opposta. Si decide di porrare le rombe alla luce del so le, rrasformandole in un'imponente archirenura funeraria, ben visibile anche dalla grande distanza. Sul mont e G rappa, i progenisti disegnano allora 5 gradoni co n centrici c h e modellano lo sperone rocc ioso. Reirerato 2.800 volte, il lo c u l o a fo r ma di a rco è il so lo elemento de corativo. M a quel semp l ice segno a rcuato non è privo di sign ifi ca to. La forma ad arco delloculo richiama infarti a i co lomba ri di età romana imperialé. La montagna assume la forma di una sona di fortilizio g rado nato in espugnabile, il cui prospetto è definito dalle rombe -le nicchie ad a rco alla " romana"assemblate s ulle pareri verticali. La com po siz ione, unitaria c g ra ndio sa, è ottenuta dall'iteraz ion c dd singolo elemento, i l loculo ad a rco , e da ll a di s po s iz ione a grad oni.
Redipuglia
Dopo il Monre Grappa , Greppi e Casrigl ioni arrivano a Red ipu gl ia, c hiamati dallo s tesso Cci, nel frattempo dive nut o Commissa rio per le onoranze ai ca duri in sostituzione di Faracovi. Inizialm eme, s iamo nel 1935 , hanno l'incarico di risistemare il vecchio c imitero iv i esistente, allora il più importante d ' Italia per numero del le salme Nell'imm ediatO do p og u e rr a, su una co llina, ch iama t a La Monragnola, erano stat i infarri ra cco lri i resri di ben 30.000 so ldati ca dud in diverse zo n e del Carso, di cui solo 5 .000 ri co no sc iuti . In cima a ll a co llin a, c he aveva assumo un impianto ascendente e co n ce ntrico , era stata costruita una cappella, voluta da Emanuele Filiberto,
llllmli Grtppi r Giannino Castiglwm, in "An nali di archirettur.t, n. 15, 2003, pp. 133-247; !d., l/ sacra no di Rl'diprtglia di Grtppi r Castigliolll in /1 pirtrt di'Ila mrmori4, cir., pp. 133-153.
8. Morti più uivi di'i vitti, " li Popolo dd 20 \ettembre 1938.
9. Sul rito dell'appello cfr. E. Gentile. Il mito dl'l littorio l: il. p. 4-48; Sul successo dd la Mostra: J. T. Anno X Ltt mostra della Rivoluzione fiucisttl del 1932. lsriru d edi rori ali c po li gra fì ci internaziona li, 2003. pp. 41-49.
Loc alizzazione del sacrario di Re dipugli a e degli altri sacrari del fronte dell'lsonzo e del Pi ave prima della costruzion e dei quello di Udine .
duca d i Aosta. Questo camposanto, chiamato il cimitero degli Tn vitri, era stato in augurato il 24 maggio 1923 all a presenza del re , di Mussolini e di d'Annunzio 7
Caratteristica pri n cipale del cimitero degli Jnvitri era q u ella di evidenziare in modo particolare il legam e con il campo di battaglia. Era un camposamo che ri costruiva la vira in trincea. Era cosparso di elmi, frammenti di granare, borracce, cesoie, gavette, fi li spinac i. Restiruiva un ricordo vivo, in parre eroico , ma anche drammatico e realista. Esprimeva una piecistica ingenua e popolare , ada t ta alle comitive di reduci e di familiari, che si recavano in quel luogo a comme-
Il cimitero degli lnvitti sul Colle Sant'Elia negli anni 20. La lapide dei 30. 000 soldati sconosciuti sepolti a Redipuglia.
morare i loro car i.
Tra la fine degli anni venri c i pr imi anni Trenta, il cimitero degli Tnviui fu inreressaro da diversi progetti di sistemazione, rra cui uno di Venturi, che propone un grande arco tri o nfale di accesso al camposanto . Ma tutte queste proposte non hanno esito. Soprattutto il cimitero n o n piace a Mussolini, perché non resriru isce quel l'idea di guerra vittor iosa, non trasmette il miro dell 'armata invincibile. Non è funzionale a quella trasmissione di valori che servono per edu care fascisticamenr.e il popolo. Dispregiativamenre lo definisce un "grande deposito di un ferro-vecchio". Serve u na so l uzione rad icale, bisogna passare dall a ripologia cim i teriale tradizionale a quel la de ll 'ossario monumemale. Nel 1935 viene perciò deciso d'autor ità il trasferimento delle sal m e su l co ll e opposto del Sei Busi. Greppi e Castigliani sono i ncar icati di disegnare il nuovo ossa rio.
Q u esto nuovo ossar io sul Carso deve s uper aJe per dimensione turri gli altri, deve essere maggiore di quello del Mo n te Grappa e anche di quello non distante di Oslav ia , che Venturi sta in quegli anni realizza ndo. Deve essere il pitt grande d 'Europa. La s ua gran d ezza, per estens ione e per numero dei morti , deve parlare esplicitame n te della po tenza della naz i o n e. Anche n ell 'ammassamento dei rest i d e i caduti, il fascismo vuol e prim egg iare in E uro pa, vu o le distinguersi p er la sua politi ca di potenza.
G reppi e Cas ti g li a ni disegnano un'efficace dispositivo celeb rat ivo. D alla "Via eroica", che corre fra 38 lapidi in bronzo con i nomi d e ll e battagl ie co mb attute sul Carso, attraverso due b rev i rampe si accede alla platea. Qui sono sis temat i il monolite di marmo del d u ca d'Aosta, comandante della Te rz a Armata, e i cinque monoliri d e i suoi generali. l'ossario vero e propr i o sta alle spalle, adagiato sul declivio del monte. È co mp osto da 22 gra doni. Ogni grad one, alro 2 m etr i e mezzo, largo 12, lu ngo circa l 00, è coronato da una sc rirra- " Presente"- ripetuta migliaia di vo lt e . S ull e p arer i ve rtica li d e i gradoni, sotto la scr itta "P rese nt e", ci sono le lastre di bronzo con i nomi dei cad uti. L'ossa ri o ne contiene 40 .000. Altri 60 .000 , rim ast i ig n oti, so no in vece racco l ti in due tombe sul grado ne pi ù alto. L'ascesa è conclusa da tre croci, ch e nell a compos iz ion e comp less i va q u asi sco mpaion o all'orizzonte. Mussolini in augura J'ossario il 19 se ttem bre 1938, nel venrennal e d ella Vittoria ln realtà, i lavori non so n o ancora ultimati e qu attro gradoni verranno co mpl etati
Ghino Venturi, Ossorio di Oslavia , modello, 1932-1938 .solo nei primi ann i Cinquanta. L'archircrrura dell'ossario gli appare quanto di più distanre c:i sia dall'informe e caotico cimi tero degli Tnvini. SoddisfattO, dichiara che il monumento "sfide rà i secoli c forse anche i Diversamente dagli alrri sacrari, qui a Redipuglia i morri sono allineaci, disposti a schiera, compresi in una visione unitaria. Questi morti compongono una massa disciplinata e i 40 mila singoli nomi, distribuiti stù 22 gradoni, scompaiono nella ben più visibile serina "Presente", ripetuta ossessivamenre 8 mila volte.
Per turri in quegli anni la scritta "Prcscnrc" assume un pregnantc sign ilì cato politico, appartiene al vocabolario della li turgia fascista. Infatti, questa parola viene pronunciata nel riro fascista per eccellenza, cioè nel riro dell 'A ppcllo 9 • Essa si ritrova in ttmi i sacrar i fascisti. La ritroviamo, ad ese mpio , nel più famoso dci sacrari fascisti, il sacrario dei Martiri fascisti di Libera e Valente, alla Mostra della rivoluzione fascista del 1932 a Roma. Qui sulla parere di una sala circolare viene ripcrma centinaia c centinaia di volte e quella sala fu visitata da quasi 4 milioni di persone. Quella parola-icona viene riproposta sul Carso, cioè sui Luoghi della gue rra vittoriosa, di cui il fascismo dichiara di essere "figlio". Redipuglia, da ossario dei so ld ati caduti in guerra viene trasformato in un gigantesco sac rario fascista a c ie lo aperro. A Redipug l ia , i s in goli caduti, co n le loro sroric , con le loro vicende indiv iduali, le loro idee politiche- non riconducibili a un movimemo fascista che deve ancora nascere - si fanno una voce unica. Vengono costretti a pronunciare una parola che allora faceva parre del rituale fascista. Quel "P resente" omologa turro e rutti. La svolta corali caria che nella seconda merà degli anni T'renra invesre la società civile, fagocita anche il culro dei caduti nella Grande Guerra, lo irrcggimenra nella propria id eologia. Qui il fascismo ha m odo di rnanifesrare la propria c ultura prevaricatrce, non rispcrrando la memoria dei morri, imponendo la propria memoria sctraria ai vivi
L'os sario di Redipuglia appena costruito davanti al Coll e Sant'Elia su progetto di Giovanni Gre ppi e Gi annino Ca stiglioni , 1936-1938.
l ' invenzione della tradizione
La Soc ietà delle Nazione nacque dalla prima guerra mondiale, l'Orga nizzazione del le Nazioni Unire nacque dalla seconda. La naz io ne è cons iderata il tutto il pianera l' unico fondamento legittimo dello Stato. Tunav ia la guerra civ il e ideologica nell'Italia democratica n on ha permesso una lem11·a in pos irivo del termine "naz io n e" e quindi del n osrro Risorgimento e della Grande Guerra.
Le tappe del Risorgimenro furono invece usare nell'Italia liberale ai fìni di rappresentare un amalgama nazionale. L a contra ddizion e tra la co n sapevo lezza di un Ris orgimento che non era stato di ru l ti gli italiani e il volerlo, ai fìni dell'amalgama, insegnare nelle scuole co m e patrimonio co lletti vo, non può essere giudicaw oggi come un "peccato o rigin ale". F u la risposta necessa ria di inrelletruali-funzionari dello Stato e di ministri della Pubblica Istruz ione alla fortunosa successione di eventi c he avevano portato all'unità nazionale in pochissimi anni, dall859 al l 86 1- anno della proclamazione del Re g n o d'Tralia- e infìne al 1870 con u n esiguo sacrificio d i vire umane.
Rapi d a, pochi lutti, un eserci re di vo lontari che conquis ta un regno : tm' unità nazionale che è ancor oggi il sogno dei popoli che sta nn o lottando da decenni. Ma questa rivoluzione n az ionale i ta liana non era riuscita, ovvero : non aveva a11uto il tempo, a dare senso di consapevolezza di una ri vo lu zione politica e di un'a ppartenenza a uno Sraro lib ero e indipendente. Libero e indipendente non erano n eanch e co n cerri famigliari alla mentalità delle classi rurali. Tanromeno nel Mezzogiorno, dove p er quattro anni dall860 all865 l'esercitO ab antiquo c h e parlava un'a ltra lin gua aveva inccndiaro paesi c ucciso civi li, legittimando alla grande il dominio dei possidenti che v iveva no della rendira prel eva t a ne ll e campagne.
Nella prima fase l'opera "per fare d eg li ita li ani" dei nuo vi su ddi ti la classe politica si poggiò su una concezione dinastica d el processo di unifi caz ion e: Casa Savoia innanzi run o, mon arc hi a e popolo, a l fine di una nazionalizzazione de ll e aristocrazie d ei regni e dei ducari preunitari e dell'alt a borghesia agraria e co mm erc ial e Con Crispi , l' ultimo a lfi ere, mazz.iniano, dell'epopea garibal dina , l'ultimo eroe dell' "età degli e roi ", diventatO capo del governo nell'" ecà d egli uomini " , si vo lle in venrare una tradizione comune a tutt a l'Italia nuova co n l'in sta urazione di un culto laico della patria p er continuare il Ri so rgim ento e cos rrui re un'Italia più forte.
11 Risorgimenro rappresentato dai mini stri della Pubbli ca Istruzione c dag li intell ettuali come Ari st ide Gabelli non fu pitl d inasrico, ma fu più semplificato, nazionalpopolare, garibaldino, "conciliarorista", per ce rcare di sedimentare ne ll ' imm ag in ar io collettivo una visione e roi ca che coinvo lgesse i ce ti medi e medi o- bass i, financh e qu elli più propriamente popolari 1 •
F u così che le "annessioni" secondo il Ri so rgi menw d e i saba udi sti e gioberriani si tras form arono in "pleb iscit i" sa n c i t i dal suffragio (popolare) universale maschil e "grazie ai quali la monarchia si sa rebb e ide ntificata con la vo lontà n az ionale" 2 • Non fu una cosa di poco co n to poiché si rovesci ava il rapporto monarchia-popolo, diventa va predominante l'idea di un a fo rza collettiva rapprese maca da quel popolo che i mode rati sabaudisri non inr en d evan o riconoscere come fo rza politi ca a sé stan te. Si recup e rò la concezione democratica , m azz ini ana e gar iba ldina d e l processo unita rio , quella stessa che att raverso altri rivoli confluiva però nell'inrerpr e razione del Risorg imenro-mancaro d egli oppos i tori d e llo Stato: radicali, repubblicani e socialisti.
Per Crispi fu importante realizzare nelle scuole "una pedagogia nazionale, una riforma morale e inrellenuale sul binomio unifi caz ion e-sv iluppo c quindi su un Riso rgim e nto che non era concluso, ma che avrebbe dovuto continuare" e di cui lui era l'unico vero interprete '.
L.:inscgnamenro della storia fu quindi posto al servizio della policica arriva di un "Risorgim ento da completare'' con la forza trascinarrice dei miti e degli eroi e levat i dalla prosaicirà a una sorta di sanrificazione. Per far questo Crispi attribuì a Mazzini la predicazione di una nazione esistente n priori, conceno agli antipodi con il pensiero mazziniano. E non fu la sola manipolazione in quantO egli operò una sov rapposiz ione tra nazione e Sraro. Cimpasro di idealità mazziniana con le anciccciche posizioni nazionalistiche che Crispi perseguì nella rappresentazione di un Risorgimento come rivoluzione che avrebbe dotmto proseguire fino a che fosse completata l'unità nazionale e l'Italia fosse finalmente consi d era ta alla pari delle altre potenze europee, portò a un naz io nalismo c h e non era piì.t "l' union e di italiani", ma ''di rerrirori" e, soprarrurro, della successiva rappresentazione del Paese in termini di forza e di grandezza.
Tn sostanza Crispi, attento osservatore dell 'az ione di governo di Bismarck, persegul il piano di uno sfruttamcnro delle risorse umane da coercitivo a persuasivo, ma per far questo doveva for vincere quelli che avevano perso la sfi da politica. L.: organizzazione del Pancheon risorgimentale fu lcneralmence capovolta e Mazzin i, il grande n em ico dci Savoia, l'esu le per eccellenza, colui c h e era morro con un nom e falso a Pisa in casa Rossclli vent'anni prima, divenne il vero alfiere dell'idea unitaria, seguiw da Garibaldi, personifìcazione del popolo vittorioso, e infine da Vittorio Emanuele TI. Naruralmenre in questa rappresentazione della vittoria il "popo l o" era a ncora sino nimo di borghesia.
Cesiro di questa invenzione della tradizione risorgimentale era la composizione armonica di una rriade paradossale, come ebbe a scrivere Carducci: "un repubblicano monarchico- Mazzini -, un monarca rivoluzionario - Virrorio Emanuele-, un dittatore obbediente" - Garibaldi 4 • Questa criripanizionc era quindi basata su rrc classi: aril>roc razia, borghesia e "plebi ancora imbozzolare in una ottusa animalità"\ per cui solo la borghesia era "il popolo" e per Crispi il pericolo per la nazionali'Z.7.,azione porcva provenire solo dai cer i medio -bass i acculturaci: g l i oppositori al "fa rs i degli italiani" che in parte provenivano proprio dal repubblicanesimo c che avevano maturato una loro visione del Risorgimento proprio sui banchi di scuola. l programmi scolastici di Sroria nelle scuole normali maschili e femminili del 1883 prevedevano uno "svolgimento piL l ampio dci fatti accaduti dal 1846 a l 18 70 co n esercizi di composizione sopra qualche avvenimenro o personaggio storico"(•. Nel 1885 si raccomandava al professore di "tessere le lezioni a viva voce poiché egli è da questi (perso naggi e farri) che la mareria deve ricevere colore c vira", ma precisando che "la retorica è i l peggior nemi co d ' un in seg nanre che debba riusci re educarivo e istruttivo. Nel raccontare i fatti è sempre necessario andare molto guardinghi affinché la parola non ingrandisca o smin uisca oltre il Inoltre il professore doveva mettere in rilievo la parre che ebbero le persone in qu esti fani " in qucsro modo si ottiene anc he il vantaggio inestimabile per l'educazione poiché si mettono dinanzi agli occhi dei giovani grandi esempi di coraggio, di fol7.a e di perseveranza che possono esercitare una potente influenza per la formazione del carattere individuale" R, ma l'as p e tro p iù i m porta n te fu che nella sostanza q uesto approccio esigeva un co rpo insegnante molto preparato sia come conoscenza della storia sia come capacità di affascinare l'uditorio, dori che per onenerle ci sarebbero occorsi anni e anni di addestramento e verifiche delle capac ità individuali degli insegnanti, procedimenro
Religione, patria e famiglia per il fante contadino in una tavo l a di V. Polli .
L'e vo luzion e da contadino a fant e e a cittad ino tratta dal " Boll ettino d e l sol d ato" n ° l d el 1919 .
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assai costoso e lungo in un'Italia centro meridionale pastorale e contadjna in cui la scuola rimaneva assolutamente marginale in Comuni poverissimi che a malapena riuscivano a fare scuole in stalle ripulite.
Il formare cirradini in grado di avere come valori morali il coraggio e la perseveranza in vista di altre "prove" della nazione. con ben due ore settimanaL dj Smria, poteva avere un ruolo educativo preci s o s olo per giovani provenienri da ceti socialmente emergenti. Aristide Gabelli e gli altri inrcllerruali incaricati di predjsporre i programmi rappresentavano quanto di meglio ci fosse a livello europeo. el biennio comune le ore ili sroria nel 1885 passarono a rre, per rirornare a due dalla rena classe. Ma fu a partire dall890 che per le scuole normali "l'amor di patria e sentimenti di umanità, buoni effetri dello sllldjo e del lavoro c d ' ogni pubblica e privata virrù devono essere la morale del racconro srorico fatto dal maestro'") Ai componimenti storici per iscritto era da preferirsi abituare l'alunno a discorrere "a voce degli uomini e dei fatri, senza bisogno di seguire per ciò la parola del libro di rcsro" 10 • Ciò avveniva menrre Crispi c i suoi ministri modificavano l'organizl.:nione del Pantheon risorgimentale, premessa per una nazional izzazio ne della borghesia anche a livelli piLJ bassi: sarebbe spcttaLo infatti a essa, permeata dall'eLica civ il e, r.'lrc da traghettatrice delle plebi nello Stato nazionale. Ciò c h e Crispi non renne in considerazione fu che una pane di questa borghesia arrivasse al punco di considerare come la propria missione fosse appunto quella di rendere civili quelle "pleb i" ancora "imbozzolare" amaverso l'utopia socialista. Così, mentre la classe dirigente liberale perfezionava i meccanismi scolastici per l'educazione civile delle plebi avendo come mera il culro della patria e come me-Lzo l'insegnamento della Sroria. molri borghesi acculturati e alcuni ìnrellerruali superarono il concetto di pauia ad uso della politica nazionalistica e imperialistica dj Crispi, per arrivare all'internazionilismo proletario. D ' alrro !aro la Cruesa comrastava l'opera dj omologazione lajca c sratale contrapponendo una propria organizzazione a tutela delle masse popolari, come scrisse Augusto Monri nel 1923 su "Rivoluzione liberale" : "li combatteme italiano, come molriwdinc, non era né poteva essere lntervenrisra: era intervenuto, questo sì, per farne del bene e fargli del bene, bisognava tenere presente questa disrinzione, accomentarsi della sua qualità e mentalità dj inrervenuro, c su di questa fondare la sua attività c la sua educazione politica" 11 • Linsegnamento della Storia-materia decisiva de l percorso educa ti vo lo era fin dalla legge Casati del 1859 che durò fino al 1923 (sembra il destino della Pubblica istruz ion e italiana che prima di real izzare un a "riforma'' aspetti un secolo c che quando si accorge che " le riform e inventate" dai burocrati dei panìti non funzionano, aspetti d ecenni per eliminarle), fu na ruralmeme " piegata" a i co n diz ionamenti id eo logici e politici d c i vari govern i, ma quello che qui s i vuole so ttolineare è : l") che non riuscì a fornire un'educazione a llargata alle classi popolar i e rurali ancora estranee e lonrane da ll e Istituzioni e prive di una cultura della cittadinanza; 2°) che di contro influì in modo profondo nella nazionalizzazione dei ceri borghesi rendendo egemone la rappresentazione di un Ri1.orgimemo che cont in uava, dopo L'unirà, per un'Italia più grande e moderna c, in fondo, che si completasse l'unità con Trento e Trieste.
Lobbligo scolastico per i primi ere anni delle elementari era staro stabilito con la legge Coppino del 18 77 che aveva posto in primo piano come compim specifico dell'insegnamento l'educazione etico-civile, solo che l'attivazione della disciplina avvenne con il ministro Boselli undici anni dopo, nel 1888, e fu frutto appunto dell'opera di Aristide Gabelli 11 in cui l'insegnamento della stori a assumeva il ruolo principale per promuovere la maturaz.ione etico-civile e il senso critico.
[impronta di Aristide Gabelli rimase anche con i nuovi programmi elaborati nel l 894 da Crispi c dal ministro Guido Baccelli che puntavano, almeno nelle intenzio ni , a considerare le elementari non pill come "vestibolo" a lle scuole supe riori , quanto a educare e a essere "strumento Ji redenzione morale e civilc" 1 1 secondo il criterio " leggere, scrivere, far di como c diventare un galantuomo operoso". Si accorparono in un ' unica materia cardine i Dirini e Doveri del cittadino, la Storia e la Geografia. Tuaavia, pur essendo passari dieci anni dai programmi elaborati da Gabelli , s u tuno il terrirori o nazionale il Ministero della Pubblica fstruz io n e non poteva ancora comare su maestri paremati e nelle scuole rurali i maestri avevano ancora una formazione approssimativa, per cui l'insegnamemo delle tre macerie era mnemonico, non collegare alla vita pratica e al semimento patriottico in quanto la Storia e i Diritti e doveri n on s' in seg nava n o per E poi i bambini non venivano proprio mandari a scuola.
Nell'anno scolastico 1891-1892 su 2.266.593 iscritti alle elcmenrari erano arrivati alla 3 ' solo 28 7 .1 7 1 e alla 5• solo 45.281. Nel 1901-1902 i bambini prosciolri dall'obbligo scolastico furono so lo 214.300, mentre alla licenza di 5• elementare arrivaro no so lo 27 .079 alunni in tutta
Ccvasione sco lastica nel 1895-96 riguardò ben 805.816 bambini che non furono nemmeno iscritti alle scuole; l'anno dopo erano scesi a 606.579 e nel 1898, l'anno dei richiamati del 1917, a 558.676. Computando quelli che si smarrivano per srrada prima di arrivare alla fìne dell'obbligo si wccava alla terribile propot-Lione che solo l /6o degli iscriLLi giungeva a comp letare i tre ann i d elle elememari! Gabelli l'aveva previsto. li fa llim ento del progeno di na7.ionalizzazionc di Crispi
è sintetizzatO dalla percenruale degli alunni che completarono l'obbligo ......
scolastico: nel l 881 dei cento iscritti alla l elemenrare, 52 si iscrissero alla 2 • , 38 alla 3 ' e solo 17 ottennero il proscioglimenro dell'obbligo a fine an no; nel l 90 l i bambini che arrivarono alla 2 • furono 60, a ll a 3• so lo 42 e al proscioglimcnro 18.
Ciò si riAesse sul godimenro dei diritti politici. Quando nel l 882 la legge elcrrorale abbassò l' età dai 25 ai 21 anni, tolse il vincolo del censo pagato, mante nn e però il v in colo d'aver acquisito l'istruzione e lementare obbligatoria, i votanti passarono da 621.900 a 2.049.400, poco più del 22% dei votanti maschi. A questa esclusione dai dirirri politici si affiancò la lim it azione del godimento dei diritti civili fondamentali - libertà di associazione e d'espressione- in quanto ormai le classi pitl basse e ra n o co n s iderar e "pe ri co lose" per morivi di ordine pubblico e di "sicu re zza"; ciò creò una percepita divaricazione rra coloro cui erano garantiti i diritti di cittadinanza e coloro per i quali i diritti srabiliri dallo Statuto Albertino rimanevano solo enunciati.
·Iùttavia il Risorgimento nazional-popolare persegui co dai gove rni Cr isp i nell'ultimo decennio dell' 800 fece sicuramente presa tra la borghesia inglobando anche i ceri piccolo borghesi, ma senza una vera nazionalizzazione della maggioranza della popolazione.
Questa rivisìrazione del Risorgimento in chiave nazional-popolare fu ben efica i n quanro cu l wralm ente rese egemone l'apporto mazziniano-garibaldino che i primi governi unitari avevano emarginato sul piano ideologico, ma ebbe come conseguenza una divaricazione tra la visione dinastica del Risorgimento propria del corpo degli ufficiali e degli ufficiali superiori dell'esercito- in buona parte ancora apparrencmi alla nobiltà-, imbevuti di valori sociali almmente conse rvaror i, co n uno s piriro di co rpo mo lto
C a rtolina di Melchiorre M e lis p e r la prop a ganda sull a mobilitazione d e lle donn e rurali a sostegno d e ll'impegno bellico nella Grande Guerra.
L' i nvenzione d e Ua tradizione
l. U. Levra, Fare gli italiani.Memoria e celebrazione del Risorgimento, C,ornirato di ' [orino dell' Istinuo per la storia del Risorgimenro iraliano, ' !orino 1992. p. 302; B.1C.lbia, Una pturia per gli italiani, Laterza , Roma-Bari 1998. pp. 143-159.
2. U Levra , op. cir. , p. 303
3. Ibidem, pp. 306, 350-353.
4. Ibidem , pp 324 -326
5. Ibidem, p. 339.
6. A. op. c ir.. p 3 16.
7. U. Levra, Fare gli italiani, op. ciL, p. 341.
8. lbidern, pp. 341, 342.
9. Ibidem , p. 361.
l O. lb idem , p. 383 .
11. A. Baravelli, La vittoria mtarrita. Legittimità e rappresentaz ioni della G'raude Guerra nella crisi del sistema liberale, Cuocei, Roma 2006, p. 51; Nora, Come si manipola la memoria. Lo storico,il potere, il passato, La Sc uol a , Brescia 2016, pp. 4, 57.
12. E. Dc ron, Storia della scuoLa elementare i11 Italia. vol. I. Dallimirà all'età giolittiana, Felrrinel li, Milano 197 9, p. 163.
13. Ibi dem, p 30 .
14. I bidem, p. 35.
15. Ibidem, pp. 36, 37 .
16. lbi dem , p. 163; A. Gabelli, Educazione positiva e riforma della scuola, a c ura di Renato Tisaro , La N uo ve Itali a , Firenze 1972, pp. XXX-LXXIII , 22 7 -243.
17. L. Bracci Testasecca, Drti dragoni del Genova ai bmaglù:ri di Boriani. !l diario di guerra di un intellettuale aristocmtiw pp. 134, 135. La scoperta da parre degli intellenuali del "volgo rurale" lasciatO a se stesso da seco li di opacirà delle classi dirigenri, s i può dire infàrri che avvenga co n la Grande Guerra, cfr M lsne ng hi , Il miro deLlo Grande Guerra, Il Mulino, Bologna 1997 , p. 269; E. Di R.ienzo, Il diritto delle armi. Guerra e politica neLL'Europa modemtl , Franco Ange l i, Milano 2005 , pp. 166.
18. N. Tra n faglia, Carlo Rosselli e il sogno t!i una democrazia sociale moderna Baldini Casto ldi Dalai , Milano 2010, pp. 30 , 3 1, .36; Del Negro P., Lct prima guerra mondiaLe e l'identità nazionale italiana, in "Studi stor ico -mi li tari " , 2000, Ussme, Roma 2002, p. 387; sul culto d ei cadu ti: B. Taverni , L. Corsen i, Il cuLto dei caduti della Gmnde Gutler m. Il monummto di Mario Moschi a Poggio a Caiano , "Quaderni Soltìciani" 18 , l'raro, 2016, pp. 11-23.
19. G. Fiori, Casa RosseLLi, Einaudi, Torino 1999. p p. 3, 4.
forre ed esclusivo che , con l'appoggio di altri setrori conservatori, rimase fedele alla visione monarco-oligarchica, e quella degli studenti e laureati c h e avrebbero formaw in guerra il nerbo degli ufficiali inferior i fìno al grado di capitano che avrebbero vissuto la prima grande guerra di massa condividendo con i soldati provenienti dalle classi popolari a stramagg ioran za rurale gli stessi pericoli, disagi, sofFerenze, finendo come loro feriti, uccisi o prigionieri. Una vicinanza e condivisione reale che permise però a e mrambi una vera "conoscenza dell'altro", come ebbero a dire molti inrellerruali come Lucangelo Bracci Tesrasecca: "Ci avevano sempre deno turri, dal professore di università al segretario della società operaia, dagli uomini di governo ai vigili urbani , ci avevano d e rro che un popolo più indisciplinatO, più cialtrone, pit• volubile, pitl venale, pitt smidollaro del nostro, non era possibile trovare nel g lobo terracqueo; un popolo, per colmo, tenace n e ll a abiezione e incorreggibile. Invece vivendo per mesi a lato del nostro soldato, giorno e notte, lo abbiamo trovato buono, docile, disciplinato, lavoratore fino all'esaurimento, affettuoso, generoso fino al sacrificio della vita. Questo figlio del popolo, ignorante, sporco, ruvido, al quale l'Italia d'oggi nulla ha d ato perché potesse elevarsi alla dignità di uomo e che a Ici tutto ha votato con slancio commovente, noi lo abbiamo visro, se comandatO da uomini moralmente degni di lui, rimanere a combattere, s u linee faticosam.enre conquistate c Aagellare dal nemico, fìn sette giorni co ns ecurivi, senza tregua, senza riposo , affamato, assetato, insanguinato, cencioso, ma sempre sereno, fermo di c uore e di bra cc io , spesso di buon umore" 17 •
Un ulteriore esempio è quello offerto da Ca rlo Rosselli. Anch'egli riteneva che durame la guerra si fosse verificata un'importanre opera di avvicinamento tra le classi sociali, tra borghesia e popolo, c he sull'"u nione sacra dell'ufficiale col soldato, dd borghese col popolano" avrebbe dovuto poggiare la vita politica nel dopoguerra.
"G l i srudemi soldat i- sc ri sse- andaro no verso il popolo un po' come verso l'ignoro e trovarono in quell'ignoto tanta forza, tanta bellezza, miLLe eroi silenziosi 1:he agivano e morivano nell'ombra". In Inchiesta sui giovani (guerra efascismo) Rosselli affrontava quesro snodo soc iale come un nuovo elemento del l'esperienza della nazione: "lo qui non voglio accennare che a un so lo fattore, la guerra ... Voglio solo obierrivameme ril evare lo sconvolgimemo imman e ch ' essa ha determinato non solo nelle cose, ma nelle anime, nelle coscienze Le rovine che hanno seminare s ul suo cammino e che pii• che nel sacrifìcio dei morti e nelle sofferenze d e i v iv i stanno nel le inAuenze profonde e dolorose che ebbe a esercitare sull'animo di turri gli uomini, vecchi e giovani, combacrenti e non combattenti. Per una gener<tlione almeno, il suo ricordo rivivrà nel le azion i degli uom i ni Nel combaucmc anche più enrusiasta, nell'interventista più frenetico, un nuovo equilibrio si andò formando p er il conrarro realistico col popo lo nostro. A contatto co l popo lo molri co nobbero c apprezzarono la 'massa', questa massa su cui oggi si sputacchia tanto volentieri. Ne compresero i dolori , le lacune , le mirabili virrù. Io stesso ricordo con co mmozion e la scoperta che ne feci e il grande amore che mi prese per essa. A co matto con la morte, con i dolori della guerra, !ungi dalla falsa letteratura dei vari Barzini, vicino a lle picco le c diuturne tragedie, i giovani studenti che e rano pani ti foll i di ebbrezza e fuori di ogni realtà, vennero temperandosi e una nuova e più elevata armonia subentrò. Partiti con un idea le astratro, questo, nel fal'Si co ncreto, ed essi con l'aderire alla vita e alla realtà che è sempre complicata e multiforme , furono posti in grado di comprendere tante cose che sarebbero loro certamente sfuggite nel loro iso lan1enro di classe e dì professione" 1R
Non è un caso che a precisare con lucidità srorica questo evenro sia Carlo Rosselli , nipote di Sara Narhan Levi amica a Lond ra di Mazzin i, e di Pel legrino Rosselli nella
cui casa si rifugiò Giuseppe Mazzini per vivere nascosto sono il fulso nome di dottor Brown fino al la sua morte i l l O marzo 1872 1 1 •
Oppure come ebbero a testimoniare l'altra categoria di giovani acculturati che ebbero il grado equiparato a quello di ufficiali del regio eserciro, i cappellani militari, anch'essi provenienti in genere dalla borghes ia paesana e rurale, ma mo l ti provenienti proprio dalle classi popolari c avviati all'apostolato religioso pervaso profondamente da un senso etico della vira. Tra gli ufficiali di complemento, i cappellani militari e i so l dati-contadini s'instaurò pian piano una reciproca st ima e fratellanza che consentì di raggiungere assai spesso comparrezza e dedizione dei repani alla causa comune, ottenendo sul campo di battaglia risultati con il minor numero di perdite. T1 risultato di questa partecipazione a que ll a guerra consenrì al fante conradino di sentirsi in modo netto e irreversibile componente organico della società. Fu la vera forza dell 'esercito man mano che ai posti di comando delle brigare, delle divisioni e d ei corp i d 'armata emergevano uffic iali borghesi che era no e ntrati i n guerra come maggiori o tenenti colonnelli (se non addirittura come capitani): fu la coesione e l'amalgama che s i realizzò era ufficiali e soldati, e sul senso di una patria comune da difendere rutti insieme da parre dci soldati provenienti dalle "p lebi" non p iù ''imbozzo lar e", ma ormai protagoniste della storia. Finora infarti i progressisti italiani hanno definito la Grande Guerra "la guerra che sand l' ingresso delle masse n ella sto ri a" riferendos i esclusivamente alla loro marcia verso l'uropia soc ialista o co munisla, ma, crollata ormai quesra, la Grande Guerra resta oggi l'unico momento della storia italiana in cui s'è formaro l'amalgama , una straordinaria coesione di classi e di uomini che hanno sapum superare insieme una delle prove più terribili che la stor ia europea generò, c siccome l'amalgama non è una condizione c ulrurale e soc iale che si può di s perdere con leggerezza, nell ' lralia repubbli ca na di oggi è forse pitl importante ripartire dall ' in se gnamento della scoria del Risorgime nto e de lla Grande Guerra co llegata co n i Diritti e doveri del cittadi no e con i paesi che an co ra nel mondo smnno percorrendo la loro via verso l'unità e la democrazia, per avere finalmente dei cirradini in possesso di una solida cultura c di un se nso di sé non manipolabilc p iù di canto. Riprendersi una "comunidt imma g inata" .
Padre Gemelli, cappellano militare laureato in psichiatria , mentre parla ai soldati e ai cappe ll ani di Sanità ( Archivio ISTREC)
Il luogo della memoria è un luogo di cristallin.azione, un luogo di abbreviazione narrativa in cui un gruppo può riconoscere se stesso come pure la propria storia .
Lo storico francese Pierre Nora ha conia to il conce ttO che tramite il luogo de lla memoria una naz ione rema di colmare il divario sempre c rescente, una volra usciti dalla società agraria rradizionale, tra spazio dell'esperienza e orizzonte dell'attesa.
Dal punto di vista psico logico il Luogo deffa memoria è la memoria coffettiva di esperienze autentiche che acquistano senso solo attrttverso un mcconto interpretativo. È la nostra coerenza, la nostra guida nel sentirei uniti. "Senza di essa non siamo nulla".
Esso è il risultato dj u na volo nt à di conservare per poter rivalutare a ogni generazione un avvenimento fondativo dell'identità nazionale.
Nora ha poi prodotto una ropologia del patrimonio simbolico della Francia nei sette volumi dci Lieux de Mémoire1 che tr atteggiano u n nuovo modo di inrrarrcnersi nel proprio passato. Progetti analoghi sono sorti in Germania e in altri Paesi.
In lralia no. Questo ra cconto inrerpretarivo è staro da molti inr elle rruali bollato come " nazional isti co", non tene n do co mo che q u ell a guerra ha reso prot ago nisti proprio quei giovani contadini che con essa legittimarono il suffragio universale.
" Mille eroi silenziosi che agivano e morivano nell'ombra "
Il volto d'adolescente del diciannove nne Guerrino Titton di San Giorgio di Nogaro, soldato del 45 ° Reggio caduto sul Pi ave a Se rnagli a il 15 giugno 1918.
Quali sono i luoghi della memoria dell'impresa più imporrame compiuta dagli italiani nella loro storia: la crealione di uno stato unitario libero e indipendente lì dove c'erano 7-8 regni e ducati protetti dall'esercico dinaHico degli Asburgo? Non Calarafìmi. Non San Martino. Meno ancora Cusroza. Rimarrebbe k1 battag lia del Volturno c Castelfidardo ... : un ' identità "con i fìchi secchi", p er parafrasare Marilde Serao.
Benedicr Andcrson , il maggior pensatore sulla microfhica del senrimenro di appartenenza nazionale, definisce nazione una "comunità politica immaginata limitata e indipendenrc". Anche al profano appare chiaro che l'unico momenro storico in cui si rafforzò a livello di massa l'idea di com unità politi ca immaginata e si sviluppò il se nso di una comune appartenenza a llo Staro unitario fu la prima guerra mondiale. Quella che nel 1915 i giovani, usciti dall'insegnamento della Sroria unito a quello dei Diriui e Doveri del cittadino, chiamavano la Quarttl guerra per l'indipendenza. Con le repubbliche "popolari" di Roma e di Venezia e le Cinque giornate di Milano la Prima guerra per l'indipendenza era stata epica
Poi per anni decine di giovani cospiratori erano stati impiccati c fucilati: i maniri. La Seconda finl perché Napoleone Ili ch iese l'armisrizio. La 7èrza fu umiliant e. Per fortuna c'era sta ta subiro dopo l'impresa dci Mille: un processo verso l'unità nazionale in cui la componente repubblicano-garibaldina fu fondamenrale.
Il momento il cui si raggiunse il vero amalgama e un sentimento patriottico e di dedizione al bene collettivo fu però la Grande Guerra!.
La scor ia è sempre stata un'attività politica, ma si rrarra ora in lralia d'iniziare a co niugare questi luoghi storici fondativi con la contemporane ità di una "cu ltura oriz7.0ntale" determinatasi con la rivoluzione digital e. La funzione dello storico è sl quella di stabilire gli eventi, ma dopo si trana di mantener/i vivi e presenti, c lì il compiro più arduo.
Iniziata negli anni '7 0 del 900 e con un'accelerazione degli ultimi venr'anni, in Ttalia si è spezzata le linea temporal e che dal passaro conduceva gli italiani al futuro amaverso il presenrc . Tn termini clin ic i, per gli individui , ciò viene anche eh iamaro "pe lli cola strappata", ed è una patologia grave. U disconoscimento della Grande Guerra come "romanzo nazionale " , come oceano delle memorie individuali narrate è dovuro a vari farrori legati alla italianissima "guerra civile ideologica" che hanno configurato la Grande Guerra come retaggio di un'Italia monarchica, autoritaria e amidemocratica, per cui i parriti politici maggiori, rinunciando alla eredità della Grande G u erra, ruppero il senso di una ered ità e di una v ic in anza con la piì.1 estesa c profonda esperienza de ll a nazione, non c hé mu taz i one del la memoria popolare che in breve porrò inevitabilmente all'allonranamenro ideale anc he da l Risorgimento. Si ridisegnò la storia nazionale per l'ennesima volta, ma non conservando più dal passato l'esperienza fondante dell'idenrirà nazionale per aprire una nuova pagina, piombando invece nel vuoto pneumatico dopo la fìne del co muni s mo e le traumatiche manifestaz ioni dei genocidi africani e delle stragi delle nuove "guer re di religione" innestar e dalla "guerra tra la ge nte" . Cosicché il presence, colmo di orrori inaspettati e indicibili c di un'umanità lacerata, è la categoria conoscitiva unica con la quale gli italiani sono stati costretti a confrontarsi, ma come guida con nienr'aluo da rrarre dal proprio vissuro collettivo che una pellicola strappata3 Perdendo la dimensione idemitaria del Risorgimento e della Grande Guerra, il passaro non è stato più inreriorizzato co m e una filiazione spo ntanea, non ci s i è sentit i p iì.1 credi di una fì e rezza "costr ui ta da rurri" e quindi non si è poturo più guardare indietro per ottenere quella forza che serve per illuminare un futuro farro di stragi, migrazioni e violenza brucale.
delle Anna/es prima c la quasi coralità di quella italiana poi avevano bandiro dal raccomo srorico l'evento, ma nel momento in cui si è posro prepotenrernerne l'uso politico del passaro' per legicrimare prima un'ltalia frazionata, poi un sovranismo che rispondesse alle migrazioni provenienti dall'Africa e dal Medio Oriente, ecco che l'evento rirorna a essere il punto cL partenza per un nuovo "romanzo na7.ionale", basamento per una scoria veramente cornernporanea ' . Per il cente nario del Milite Ignoto J 921-2021 l'evento rirorna a esse re il fulcro della contemporaneità secondo i criteri di Pierre Nora ed è appunco il se nso di questo libro in cu i s i racconta, non le mentalità, ma l'eve nto , la memori a degli arrori storici (a lm eno di alcuni) che hanno legato la loro esistenza a quei luoghi del Carso. Presente, nazione e memoria diventano così i tre pilastri della coscienza storica contemporanea degli italiani 6
Il pa ss ato o è pieno o è vuoto
La cerimo nia dell ' incoronazione britannica che appare oggi così sfarzosa, sacrale e "antic<t" fu inventata poco più di ccnro anni fa e l'invenzione fu una risposta alla crisi della regaJità c dell'identità dello Stato inglese. Era stata inventata ancor pr i ma che il termine sro rico-sociologi co "idenrità" entrasse nelle scienze storiche nel significato come noi oggi l'intendiamo; sembra incredibile, ma il termine identità apparve negli anni Senanra del '900 ed entrò nei dizionari solo nel 1986.
Verrebbe da pensare che nel momento in cui si percepisce che il mondo tradizionale è fìniro e tutto è globaJizzaro, sorge il bisogno di riaffermarc il senso di essere comunità.
La memoria culruraJe -bas e per il raccomo idemitario trasmissibile è una memoria se le ttiva. Fortunati sono quei popo l i che hanno racco lto rnolro materiale d e ll a loro sco r ia. Il "passato pieno" deve ave r co nservato le sue memorie in quantità suffìcienre da essere sroricizzate e raccontate. In alrre parol e, il passato che deve servire a fìni conremporanei non solo deve essere pieno, ma anche ben ricostruito scienrifìcamcnre, altrimenti è facile che venga "invenraro" di sana pianra. ncompito dell'intellettuale è precisamente quello di coscruire questo mosaico di evemi stimolanti e connotare personaggi eroici, o comunque positivi, in modo che formino un modello chiaro che renda giustizia ai motivi, spesso rra loro in conAitro, presenti nella sroria della comunità nazionale '
Le nazion i infatti non sono entità s tati c he, ma sono process i di lunga durata, di mob ilitazione e inclusione che in pratica vengono ricostruiti da ogni generazione, ma entro l imiti defìniti, perciò la modern i tà della n azione è qualifìcata dalle sue radici stor iche e da ciò che ogni generazione vi
Purtroppo in Italia si è assistito a una colpevolizzaz ione del conceno di nazione e di patria, sia a causa della guerra fredda c della comapposizione ideologica sia perché una storiografìa non scientifica ha sviluppata dci giudizi sulla storia delle ultime due grandi nazioni che hanno compiuto la loro unirà nazionale nell'Ottocento -Italia e Germania - come le due nazioni del più violcnro c brutale nazionalismo causa delle efferatezze razziste della seconda guerra mondiale. Ma qucsro giudizio dell a sto ria ira liana e redesca nasce dalla affermaz io n e astoriologica- per u sare u n ter m in e coniato da Emil io Genti le -ch e, siccome i due paesi ebbero uno !>viluppo storico di tipo nazional isti co completamente diverso rispetto aJ normale svo lg imento verifìcarosi in paesi come Francia e Gran Bretagna che non hanno conosciuto né fascismo né nazismo, ciò sarebbe dipeso dalla loro idea di nazionalità, per cui l'avvento del Fascismo nel 1922 e del nazismo nell933 non sarebbero aluo che degenerazioni di quanto era accaduto nel 1848!
Un capo r al e e un sold a t o d egli a rditi . Gli a r di ti prove n ivan o d all e cl assi pi ù umili in qu a n to l ' app a rt e n e n za a lla sp e ci a lizzazi o n e g arant iv a un so ldo maggiore e d e i pre mi in d e n a ro.
l caduti divisi per n azioni e la percentuale rispetto ai mobilitati . Comprendendo i soldati dell'impero, i caduti del Regno
Unito furono circa 950 . 000, ma della sola Gran Bretagna furono pari agli italiani : circa 680 . 000 , ma la percentuale dei caduti rispetto ai mobilitati fu superiore a quella inglese , come fu pure enorme il contributo dato dal corpo d'armata Albricci in Francia come caduti e feriti.
A livello generale vi è quindi questa astratta micizzazione che è srata per mo l ti aspeni farra propria da buona parte de ll a storiografìa italiana per cui, una volta scomparsa la monarc h ia come istituzione che di rcrtamenre simboleggiava la continuità della tradizione del Risorgimento e della classe dirigente l iberale fautrice della "Quarta guerra per l'indipendenza", una vo l ta scomparsi i picco l i parriri, il Liberale e il Repubblicano, d i matrice risorgimentale, la rappresentazione storica si è caratterizzata nello sforzo di segnare i limi ti autoritari e di "classe" e quindi "g l i aspett i negativi del p rocesso risorgimentale" insistendo sul carattere parologico del patriottismo visro come sinonimo di naz ional ismo che, radicandosi n ella paura e nell'odio per l'"alrro", sviluppa delle affinità con il razz ismo. "È bene ricordare- precisa da gran inrellerruale Benedice Anderson -che le nazio n i suscicano amore, e spesso amore pronto a l sacr ificio. I pro d oni cu l tural i de l nazionalismo (poesia, leuerarure, musica e arri p lastiche) illustrano questo amore in cent i na ia di forme e stili diversi. Mentre è p i ù diffìcile trovare analoghi prodoni n azionalisti che esprima n o paura e odio" 9 • Ci() va messo in relazione con l'estrema si mesi Cad u ti per la P atria, in milioni di u ominj. con cui Hobsbawn defìnisce la posizione ideologica de ll a sinistra sul patriottismo: "il farro è che i marxisti, in quanto rali, non sono nazionalisti" (nel senso che non sono patr ioti). Fino alla caduta del muro e alla fine del comunismo, in lralia i progressisti cosmopoliti ascoltava n o con fastidio l'Inno di Mameli o la Leggenda del Piave (" ... il Piave mormorava calmo c p lacido ... " ) perché li considerava n o inni "di desrrà ' , nazionalisti.
fl sostanziale anacronismo in questa interpretaz i o n e ideologica del Risorgimento in cui vengono fatte carico posiz ion i e prob lemi che apparre n gono all'epoca del primo o del secondo dopoguerra i talia n o, han n o portato mo lt i srorici accademici a t rasmette re ag l i insegnant i di sror ia nel la scuo la dell'obbligo, nella secondaria e ne ll e univers i tà, l'i m magine di un a sroria "sbagliata": la genesi dello staro nazionale r idor ra a u n ' i mpos iz ione dei poss id e n ti liberali a sfavore dei ceti agrar i minori, la predicazione n az ionale di Mazzini co m e prodromo del nazionalismo fasc ista, ema rg in az i o n e po l it ica de ll e classi rurali e rita rdo del suffragio u niversale - asro r io logia p ur iss i ma: la Gran Bretagna il s u ffragio lo eb b e nel 1919, O landa 19 17, Svez ia 1909, I rl a nd a 19 18, Belgio 1893, A u stria 1907, Italia 1912-, cor ru zio n e e trasfo rmis m o dei li be ra li , ecc., innestando così un attacco ai valor i d ella cosc ie nza n az io n a le e cu lturale che trova oggi il s u o epigono in Contro L'identità italiana d i C ri st ian R a i mo : a ri guardo del l'ope ra di Ciamp i n el riprist in a re l'esposiz ione del tr i colore e d ell 'insegnamento dell'Inno di
Mmnelt: "per questo l'opzione ciampiana per riscrivere il nazionalismo in versione patriottico-repubblicana è fallimenrare"! Ma già Rosario Rorneo aveva individuato la "sco riografìa della disfana" che arrribuisce alle vicende del '900 i di ferri del nosrro Risorgimcmo. Né, come afferma Charles Tilly, alla fìn fìne fu molto più "facile" il percorso verso i diritti politici e alla formazione dello Sraro ne ll e altre naz ioni europee 11l.
Sroriografìa della disfana e "sro ria sbagliata" hanno reso possibili delle vulgare con pregiudizi deterministici che riporrano al Ri so rgimento e alla Grande Guerra quelle che so no vicende storiche successive, dcconresrualizzando, sotto lineando la necessità di rompere qualsiasi "contin uit à" con l' It alia liberale e "borghese" che aveva rea li zzatO il Riso rg im e mo , arrivand o all' in veros imile d ' imputare la guerra c ivile del 1921-22 e 1943-4 5 a l processo dell'unificazione italiana.
La storia " sbagliata "
La prima guerra mondiale è diventata l'emblema della scoria sbagliata. S i poteva evirare
Non era volma da l popolo.
Gli studenti che manifestarono nel maggio 1915 per l'entrata in guerra erano una minoranza ed erano srati manipolati da nazionalisti fanatici e da personaggi pagati per far entrare l'Italia in guerra accanto all'Intesa.
Cadorna era un criminale che mandava a morire inudlmenre i so ldati. l generali e rano incapaci e pensavano solo a lla carriera a spese dei fanti-carne da cannone.
Per chi non obbcdiva o si ribellava c'era la fucilazione.
Lasroriologia di questa vulgata, purtroppo farra propria da docenti pagati dallo raro per uasmerrere la memoria storica di un popolo , è praticata con protervia.
Si poteva fare a meno di enrrare in guerra?
No. Era impossibile non entrarci. Solo per rifarsi a du e italiani che di politica se ne intendevano, vale riportare le loro considerazioni.
Il primo è Guicciardini nel Libro X della sua Storia d'italia: " La neutralità nelle guerre degli altri è buona solo per chi è potente e non ha così da temere di quello di loro che resterà superiore perché si mantiene in forze e può sperare di avvanraggiarsi dai disordini di altri; luor di quesro è inconsiderata e dannosa perché si resterebbe in predtT del vincitore e del vinto E peggiore di ruue è quella c h e si fa non per giudizio, ma per tituban za, cioè quando non ri riso lvi se vuoi essere neutrale c ti governi in modo che non soddisfi chi allora si conrcmerebbe che ru lo assicurassi di rimanere neu rralc".
La seconda è di Cavour in un discorso alla Camera del 1855: "Se la neurralirà è ralvolra possibile alle potenze di prim'o rdine, lo è rare volre a quelle di secondo se non sono collocate in circosta nze politiche e geografiche speciali. La scoria però raramente ci d imostra fortunata la neuua lir à, il cui men tristo frutto è farsi alla fìn fìne bersagli o ai sospetti e agl i sdegni di ambo le pani".
La comp lessità è purtroppo spesso nemica della semplicità, ma fonunaramenre è un avversario mortale delle soluzioni semplicistiche.
Fu una minora111.a a volere la guerra? Ma quando mai una guerra è stata decisa da un referendum?
Fu una spec ie di col po di Staro perch é il Parto d i Londra fu deciso dalla rriade Re, Salandra e Sonn in o?
Da sempre le guerre sono decise dai governi. E il re ne aveva comunque l'autorità.
24 ottobre 1917 . Lo sfondamento della 12a divisione tedesca- 23° e 63° reggimento - in fondova lle lsonzo: partendo da Tolmino raggiunsero Caporetto alle l 5:30 trovando lungo il cammino pochi reparti che, come segnato, opposero sempre resistenza.
27-29 ottobre. Le battaglie sostenute dalla 63" e dalla 36a division e in Val Resi a e nel Gemonese per rallentare l'avanzata delle divisioni Edelweiss e jager e consentire il ripi egame nto d el Xli corpo d'arm ata della Carni a che, pressato a nord dalla l oa armata del generale Krobatin, sarebbe stato tagliato fuori.
l on era una guerra voluta dal popolo? Ma quando mai il popolo ha volmo una guerra?
Tutte queste perle di giudizi sono srarc possibili dalla quasi rotale esclusione delle ricerche d'archivio di storia militare del la Grande Guerra in ambito univer sitario e dall'aver crimina li zzato l'entrata in guerra dell' I ta li a nel 1915 in antagonismo con Benedetto Croce che aveva serino: " ... , ma la conclusione è stata la rassodata conferma della vecchia teoria che la guerra non si giudica né moralmenre né giuridicamente, c quando c'è la guerra, non c'è altra possibilità né altro dovere che cercare di vincer/a". La guerra mondiale è come una pandemia.
La scoria militar e della Grande Guerra è il ramo della storia più trascurara nelle isriruzioni preposte a ll a ricerca srorica e alla trasmission e del vissum co ll euivo. Non ci può essere alcun ramo deUa storia, né quello economico, né queUo socia le, né quello politico che può fare a meno della sroria militare, anzi essa costituisce uno dci due corni del dilemma, "armi" c "politica". Si trana del ramo della storia che per morivi ideologici è stata maggiormcme trascurata dalla storiografia deii'Tralia repubblicana. Cosa c'è di pitt "collcrrivo" eU una guerra di o l rre cinque milioni dj rich iamati alle a rmi, e di rutta la popolazione impegnata al loro sostentamento fìsico, militare e morale?
Prendiamo Caporecco.
TI giuruzio degli sto ri ci trasmesso autorevolmcme neUa vulgata era netto e caricaro di considerazioni guerra non voluta da cittadini ancora sudditi, poco patriottici, poco affidabili, che andavano tenuti con una disciplina durissima pena diserzioni c rese immotivate. Non era mai capitato c he di fronte a una sco nfìtra così vistosa il coman dante in capo dell 'esercito amihuisse la colpa ai soldati. Ma ciò che è storicamente rilevante non è tanto il giuditio infamanre, e ignobile, eU Cadorna, guanto il fatto che, tranne poche eccezioni, la gran parte della classe dirigente militare e politica non si dissociò dall'inrerprerazione cadorniana e nella sostanza l'interpretazione che Caporcrro fosse stata causata da soldati che non fecero il loro dovere, è rimasta fìno al la fìne del '9 00.
Anche perché era comoda agli sto ri c i di "guerra alla guerra". Gli storici avrebbero poruro fare le ricerche che avrebbero smenriro un'interpretazione così palescmanere incongrua e moralmente nefasta per l'immagine stessa degli italiani.
Da almeno quindici anni ormai si sa, avendo ricostruito gli avvenimenri militari, che invece gli ita l iani nel giorno dello sfo ndamento , il 24 ouobre, combatterono fìno a ll ' ul timo, e c he nelle miglia ia di tonne ll ate di documemi conservati neg li archivi s i sono "scoperre" a l meno altre nove battaglie durate la ritirata. Quindi, piutto sto c he di storia sbagliata, o di stanchea.a per ·'una guerra non voluta dalle classi popolari", si è trattato di una prova di straordinaria tenacia e dedizione. Esattamente il comrario del giuditio negativo che gli italiani si sono portati sulle spalle per quasi un secolo.
Ma una volta appuratO c h e nell'Italia repubblicana e ra divemara egemone una vis ione che non co rri spo ndeva alla realtà srorica, la si sarebbe dovuta abbandonare. Invece nei m anuali sco lastici si continua a insegnare la "d isfana".
Caporetto, ciò che veramente a cc adde
La battaglia di Capore rro è l'unica barraglia della Grande Guerra italiana conosciuta in E uropa cd è anche l'unicfl gra nd e ba u agli a perdura i n rutta la guerra ita l iana.
Tale è stato il peso del l'immagine delle sconfìrre pr ecedenti - Novara, Cusroza, Lissa, Adua- e dei pregiudizi ideologico-politici che sono srari caricati sulle spalle
Gruppo Stelndi Caporetto, che questa batraglia è diventata il sinonimo della pochezza morale, d ell ' inaffidabilità e della atavica viltà degl i italiani.
E lo è tuttora. La storiografia del secondo dopoguerra, non utilizzando le fonti degli archivi militari, non ha infarti ricostruito le varie fasi della battaglia e della ritirata, ma nella sostanza ha legittimato i giudizi del 1918 della Relazione della Commissione d1nchiesta , anno in cui ancora non si conosceva l' esarro svo!gimenro degli eventi.
Chiariamo i punti di partenza: le guerre le decidono i governi; la condotta della guerra per vinm·e le battaglie è affìdata ai generali e agli ufficiali che devono mantenere un ascendente sui soldati per far loro eseguire gli ordini. La vittoria in guerra è invece un fatto politico.
Come in ogni situazione di emergenza o di evento inaspettatO, anche a Caporetto ci furono uffìciali superiori che crollarono e altri che diedero prova di gran valore; ci furono ufficiali subalrerni che stenero con i propri reparti condividendone il destino fìno all'estremo sacrificio e altri che preferirono merrersi al riparo; ufficiali che avevano un asce ndemc morale sui loro soldati per i quali provavano una cameratesca dedizione, e ufficiali che erano totalmente inesperti o che disprezzavano quella truppa plebea, venendone ricambiati.
Senza la ricostruzione dettagliata dei combattimenti era impossib ile conoscere come si erano comportati i soldati e gli ufficiali.
Una sola battaglia persa in una guerra, vinta, che distrusse l'impero contro il quale gli italiani avevano combattuto per 7 0 anni per raggiungere l'indipendenza e l'unità nazionale. Una battagl ia che ancor oggi (come lo fu negli anni Sessanta del secolo scorso) , viene utilizzata dagli srorici di professione come dimosrra-L.ione che la guerra non era voluta dalle masse (si c) , che fu diretta da generali incapaci e sprezzanti delle vite dei soldati, che fucilavano e "mandavano inurilmenre al massacro " .
Ora, per vincere una guerra di massa e di materiali come fu la Grande Guerra ci vogliono generali capaci , truppe addestrate , ben armate e ben nutrite, comandate da ufficiali coraggiosi e, soprattuttO , con i l supporro tenace di rutto il resto della popolazione civile, perché quella non fu solo una guerra di eserciti come quel le de l passato, ma " una guerra di popoli", e se fosse mancata una sola di queste componenti, la si sarebbe persa. E g l i italiani l' hanno vinta, da soli; l'unica delle guerre per l'unirà nazionale vinta da soli.
Viene quindi da chiedersi come mai alla sroriografìa accademica ita l iana manchi il racconto delle battag l ie di quella guerra; come mai ancor oggi trovino spazio nell ' accademia, sulla stampa e nel mass media una serie di pregiudizi e luoghi comuni che non h anno modificato la vulgata, così palesemente astratta e senrenz iosa, risalente agli anni Sessanta del seco lo scorso e, soprattutto, realizzata ignorando le fonti d'archivio.
Noi italiani siamo pervasi dalla nostra inadeguatezza per questo macigno di Caporetto che ci port iamo sulle spalle.
In realtà gli italiani a Caporerro combatterono da valorosi e non si ritirarono fìno a quando avevano munizioni o fmo a quando non furono circondati da forze superiori. Quando 12 anni fa ricostruii una battaglia di retroguardia ch e si combarré i l 28 ottobre 1917 mi trovai davanti il più grande giacimento italiano di memoriali (e forse europeo). Nell'Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore de ll 'Esercito erano conservati i memorial i di quasi 16.000 ufficiali farri prigionieri nel corso della guerra, pitl della metà dei quali nei quindic i giorn i di Caporetto.
Tmti gli ufficiali al ritorno dalla prigionia nel dicembre 1918 avevano dovuto presentars i davanti a una Commissione interrogarrice per descrivere minuziosamenre il combanimenco o la sintazione che li aveva portati alla resa. Un eserciw deve esser ben
Pagina seguente . l combattimenti d e ll e r e troguardie del 26-27 o ttobre. A contrastare l a sadivisione del Brandeburgo, la 26 3 , la 200 a, I'Aipe n korps e la 12 a slesiana, tra Cast e lmonte e il monte Madl e se n a a est di Cividale , c ' erano i resti delle brigate Taro, Spezia, Elba, battute il 24 e il 25, e le brigate della riserva del Comando Supremo, Ferrara, Jonio , Milano e Avellino che riuscirono a rallentare per 8 ore l ' avanzata delle cinque divisioni tedes ch e ve r so la pianura.
Le battaglie d el 30 ottobre: l'inizio della battaglia di Ragogna che si concluse il 2 novembre ; l a b a ttagl i a di Pozzuolo e verso Codroipo la b a tta gli a per i pon t i sul Tagliamento: la 2 a armata si r itirò sempre combatte ndo aprendosi la strada (vedi p. 80) .
ceno di avere ufficiali capaci a cui affidare la responsabilità delle vite dei subordinati, assicurando la carriera ai più meritevoli, perciò li fece scrivere, e poi valutò. In questi memoriali gli ufficiali, dal generale al diciannovenne aspirante ufficiale, dovettero raccontare quanto era accaduro c ciò che avevano visto dal 24 orrobre al giorno della cattura. In più precisare le vicende della prigionia fìno a l ri entro in Italia. Solo poche centinaia di aspiranti c sorrotenemi scrissero un paio di Mringarc paginuzze, la gran parte lasciò almeno una mezza dozzina di fogli protocollo c molti addirittura 40-50 pagine, con gli schizzi delle posizioni e dci combarrimenri, facendo i nomi dei souufficiali e dci soldari coinvo lti nella loro vicenda personale. Molli, sapendo il moltiss imo che avevano farro. si aspettavano riconoscen7A'l e ricompense per il valore dimostrare e segnalava no anche i nomi dei combattenti della truppa meritevoli di medaglie. Tranne che per Carlo Emi lio Gadda c qualche alrro personaggio, questi memoriali non erano srari utilizzati da nessuno.
Scopr ii più tardi che il generale Adriano AJberri, capo dell'Ufficio storico dell'Esercito dal 1919 al 1924, aveva basato la ricostruzione degli awenimenti del 24 ottobre nel suo L'importanzn dell'azione militlfre italiana. Le rnuse militari di Cnporetto, proprio s u queste fonti, ma senza citarle. l! libro era poi rimasto inedito per vo lere dci verrici dell 'eserc ito c probabilmente di Mussolini che preferì c hiamare Caporerro per quello che era srara- un sconfitta militare - senza dare la scura a una caterva di recriminazioni sulle colpe dci generali e dei soldati che avrebbero awelenaro il clima di mitizzazione della guerra con il quale lui incentivò il consenso degli ex combattenti, ma privando così la sroriog rafia italiana di uno srudio che, se pubblicato nel 1924, non avrebbe permesso la genesi della legge nda nera di Caporctto. Fu pubblicatO nel 2004, ma in Iralia c all'estero fu ignorato c non indusse i maggiori srorici italiani a murare il loro giudizio su Caporerro e così neanche a cambiare il raccomo di Caporetto nei manuali scolastici, cosicché ai cittadini di oggi si elencano giudizi e "interpretazioni" che hanno pochissime conness ioni con ciò che è veramente accaduto nella banaglia più imporrante della s toria italiana. La "scoria sbagliara" è proprio quel la che molti accademi c i i ta li ani hanno racconraro da venticinque an ni in qua perché non si confaceva co n quciJa "immaginata" dalla loro appartenenza, spesso, al cosmopol itismo progrcssisra e antimilitarista. Ma essere antimilitaristi e pacifisti non significa che non si debba srudiare b storia militare. Tnvece essa da decenni non è insegnara nell e università italiane. Caporetto fu esattamente l'opposto di quello che finora le classi dirigenti , le vere responsabili della sconfitta, hanno propagandato. A Caporetto i cittadini -so ldati combatterono, quelli che ropparono rurono alcuni genera li e colonn elli che invece di condividere con gli uomini di cu i erano responsabili il comune destino (essere cioè uccisi , o feriti o fatti prigioni eri) preferirono mettersi al sicuro. Loro al sicuro, e gli altri ufficiali c i soldati a combattere fino all'uJrima cartucc ia. Ricosrruire i fatti vuoi quindi dire i nomi di quelli che si defilarono dalle loro responsabilità e di quelli che invece, vera classe dirigente, rimasero con i propri soldati fino alla fine. ''Lo scopo principale del la sroria è que ll o di conoscere se stessi". Se s i chiede oggi a un qualsiasi studente, e forse anche a un insegnante, di fare il nome di una medaglia d'oro deUa Grande Guerra, costui non vi saprà rispondere. AJ più vi dirà Baracca. Un aviarore? in una guerra di Hincea?
Come è possibile? Quando i nomi dei decorati sono scolpiti sulle lapidi appese s ulle pareri dei Municipi, luoghi cardine della partecipazione po l itica dei cirradini?
Delle 360 m edag l ie d'oro, 38 355 d 'a rgento, 59.399 di bronzo e 28.356 c roci di Guerra, la gran parre andò appunto ai neo-cittadini c h e si dimostrarono valorosi ramo quanto quelli di altre nazioni con molti pitt decenni di diritti di cittadinanza.
A questi si porrebbero aggiungere alcri 7 .000 ani di valore co mpiuti durame la ritirata non restati da alcuna medaglia, per cui sarebbero circa 150.000 i cinadinisoldari ( in realtà di meno perché molti ebbero fino a cinque medaglie al valore) che com pirono di più de l loro dovere. Non c'è stato nessu11 momento della storia italirma in cui gli italiani di tutte Le classi e dì tutte le regioni profusero tanto valore e dedizione. fl patrionismo è potente perché incorpora il senso della vita e della mone, esso, come dice Anderson, è culturalme nt e confrontabile con le religioni, sopratrurro quando con la modernità s'arcua l'indebolimento della fede religiosa: "Indispensabile era dunque una trasformazione laica di fatalità in conrinuirà, di conringel17a in s ignifìcaro. [ ... ] Poche enrirà erano, e sono, più adane a questo scopo dell'idea di nazione. Se le nazioni -s tato sono considerate 'n uove' c 'storiche', le n azioni a c ui danno espressione po li tica affiorano sempre da un anrichissimo passato e, cosa più imporrame , scivolano verso un futuro senza limiti [ j. Non sto suggerendo che in qualche modo il nazionalismo 'rimpiazzi' storicamente la religione. Quel che sto proponendo è che il nazionalismo va imerpretaro commisurandolo non a ideologie politiche sostenute in modo autocosciente, ma ai grandi siste mi cu lwrali che l' hanno prece duto e dai quali o contro i quali esso è naro" 11 • Senza la comprensione di questa rraspo sizione lai ca della religione civile non s i possono capire emblemi del patriottismo moderno come il Monumemo al Milite Ignoto o i sacrari militari. Nella storia i popoli orgogliosi della propria cultura hanno eretto monumenti sepolcrali in cui l'idcnrità del defunto era nora, ma mancava la sa lma. All'Altare della patria il corpo è la nazion e: il M il ire Ignoto è l'italirmo e il significatO cu l turale di questi luoghi de ll a memoria è chiaro se venisse in m e nre di paragonarli a una tomba dell'Ignoro Marxista o del Conservarore Caduro. Prima cioè d'immaginare una comunità nazionale che rafforza una cosciem.a di sé per avanzare verso un fururo attraverso la forza che emanano questi monum enti alla religione laica, bisognava sviluppare la memoria storica dei cinadini tra i quali è sono il Milite ignoro.
Quesra impon ente memoria autobiografica di guerra nel sign ifi caro che P ierre Nora conservata nell'Archivio sror ico dello Stato Maggiore dell ' eserciw è la rivincita, nella coscienza scorica, nella scoria stessa, di quanti la guerra la fecero, in contra pposizione ai cenri naia di mi gliaia di furbi, raccomandati e imboscati che salvarono la vira evitando la fàme, la sere, le ferite, le murilazioni o la morte e la prigionia, ma senn di sé nessun co ntributo al "roma nzo nazionale", alcun segno dell'epica collerriva di una nazione, nessuna avvemura che scaldasse l'animo dei co nte mporanei di oggi.
Oggi in lralia ci si crova nella condizione di ridare agli italiani il senso di una straordinaria impresa epica perché l'esercito, battuto, si ritirò combarren do delle grandi bauaglie che non ci sono in alcun manuale scolastico.
Caporetro fu una battaglia persa perch é in quel giorno c in quel luogo il nemi co aveva onenmo una "so rpresa strategi ca" : aveva un rapporro di uomini di 3 a l, di a rti gl ierie e di mitr aglia tric i di 5 a l , una super iorità ranica c di coman do , c quando c iò accade, le battaglie si perdono.
Fu una sconfitta militare, ma non fu una disfarra! Di sfatta significa che la compagine si disfa. Se non si conosce la storia militare s'interpretano le descrizioni di decine di migliaia di soldari disarmati che scappano come una disfarra, non sapendo che in una guerra di materiali , in trincee in alra montagna o a 20 metri dal n e mi co, per ogni soldaco "di lin ea", cioè che ha le a rmi, ce ne so no quattro, se nza nozioni milit ar i, che devono allestire i riforn i ment i di acqua, ci bo, armi , vestit i, legna , reticolati , munizioni e turro il materiale per continuare a combarrerc: sono
.PRIMO MAGGIO 1915
VIva li Socialismo! AbbasttO la guerra! Pllllll Dilli r M.A.OOIO
L'" Avanti!" del l o maggio 191 S.
Il Partito Socialista italiano fu il solo, assieme a quello russo, a non accettare !"' unione sacra" a tute l a della patria in gu erra, usando l a p a rola d 'o rdine:" Nè aderire n é sabotare".
Il cappellano militare aveva un grado e quiparato a que llo di tenente e fu , nella pratic a, un amico d e l soldato di cui era coetaneo.
Il monumento ai caduti di Camigliano (Caserta) con il nome dell'infermiera Anna Torrigiani
F ry, morta per servizio in un reparto infettivi nel 1917.
in quattro per uno che combatte. Furono costoro che la genre vide, perché quesri, assieme agli artiglieri, dovevano ritirarsi. Ma i soldati "di linea" inquadrati con i loro ufficiali continuarono a combattere lungo wrra la ritirata. È una cosa molto rara che un esercito già sconfìtro milirarmeme continui a combarrere, ritirandosi, per ben quindici g iorni 11 •
La prima grande battaglia avvenne a Cividale il 27 ottobre 1917, tre giorni dopo lo sfondamento. Fu la prima delle grandi barraglie di retroguardia - solo in quel giorno parteciparono 80.000 uomini- nessuna delle quali fìgura nei manuali scolastici e, di conseguenza, non fanno pane del patrimonio culwrale dei cirradini 13 Poi vi f u la battaglia di Udine del 28 ottobrc 14 che ral lentò l'avanzata verso il fìume Tag liamenro consentendo l'arrivo a Pozzuolo (7 km a sud di Udine) della 2 " divisione di cavalleria (reggimenri Gmov11 c Novara) che frenò l'attacco delle divisioni austro ungariche e tedesche sul fìanco della 3'' armata il 30 orrobre. Questa di Pozzuolo fu l'unica battaglia della ritirata entrata nella :.roriografìa in quanto combattuta da reparti d'élite composti da nobili e alro borghesi il cui valore, come classe dirigente, si contrapponeva ideologicamente alla perfìdia c alla viltà dei fanti che si erano "arresi senza combarrere" perché sogg ioga r i dal pacifismo e dal socialismo - sarebbe in fondo l'ultima rappresemuione di quella che Anrhony O. Smith ha chiamato "ernia laterale arisrocrarica" 1\ e infatti l'arma della cavalleria commemora il 30 orrobre a Poaulo la sua massima manifesrazione di coraggio e dedizione. Quel 30 ottobre ci fu un' altra grandiosa battaglia che non fìgura in alcun libro di scoria, quella per i ponri sul Tagliamento, o Ballaglia di Codroipo, in cui quattro divisioni d'assalro tedesche attaccarono sul fianco il centro e l'ala destra della 2 • armata che si scava ritirando per passare il fiume. Una battaglia enorme che coinvolse circa 50.000 ausrro-ledeschi contro circa 300.000 italiani che si aprirono la strada combarrendo conrro cenrinaia di mitragliatrici leggere. Una barraglia di movimemo in cui i generali si trovarono di colpo in prima linea: molti rimasero con i loro soldati fìno a ll a fine, altri si deftlarono. Furono fani prigionieri u na quindicina di ge nerali e co lonnel li , 50.000 furono i prigionieri, 1.700 i can noni rimasli b loccati dal brillamemo dei ponti (solo Bacchelli la descrisse nella Città degli amanti per la parre avuta dalla Sassari dentro Codroipo), ma le quarrro divisioni d ' assalto non riuscirono a cadere sul fianco della 3 • armata del duca d'Aosta c il grosso dei reparti di linea della 2 • armata riuscì ad auraversare il Tagliamento 11'
Una qu in ta fu quel la combartuta il27-29 otrobrc da due divisioni austro ledesche contro una it ali ana a nord-ovest di CaporeltO, in Val Resia 17 •
Una sesta fu combatruta dalla 63 • divisione comro rre divisioni del Gruppo Krauss nel Gemonese e a Venzone in uno scacchiere di copertura per la ritirata del corpo d'armata della Carnia 18 •
Una sett im a fu quella a Ragogna- San Daniele il 31 orrobre-2 novembre dalla brigata Bologna (3.000 uomini) lasciata su ll a riva sinistra del rlàgliamenro 19
U n'ottava fu quella di Clauzetto dove il co rpo d 'arm ata della Carnia (10.000 uomini), circondato, cercò di aprirsi la srrada verso la pianura il 5 novembre20 •
Un'orrava fu la batraglia sul Meduna il 6-7 novembre combattuta da reparti del corpo d'armata Di Giorgio per proteggere la ritirata nella pianura pordenonesc.
Una nona fu quella combarrura a Longarone il 9 novembre in cui furono furci prigionier i quasi 9.000 iraliani21 •
Jl maggiore stor ico m ili tare italian o del seco lo scorso, P iero Pieri, definì la Grande Guerra "la guerra vittoriosa del popolo in armi guidato dalla borghesia in armi", una guerra combattuta quindi da turra la società: "la guerra ha veramente porcaco
wni gli iraliani con una dedizione suprema per il trionfo di un'unica causa" scrisse poi Rosario Romeo. Ma invece oggi essa è una pellicola strappata. on c'è rraccia di questa storia neUe scuole della repubblica. La fa lsa immagine di Caporetto perdura ancora oggi. Nel la stor ia vince ch i ha p i ù memoria, ch i h a una cultura basata sull 'esperienza collettiva e individuale con più forza di durata . Si ridisegna così sia lo spazio dell'esperienza collettiva per uno dci punti nodali della scoria, sia lo spessore deU ' immagine positiva di Caporeno che, prova durissima da può, da queste testimonianze di ufficiali - la grande riserva di capitale umano dell a guerra - , r idiseg n arsi come capac i tà italiana di ' tenuta nelle avversità' in cui l'aspetto ero ici7.zanre e i de nti ta r ia è ind u b bi am ente posi ti vo, e force. Se si deve attribuire a ll a memoria delle esper ienze dei cinad i n i la base per la coscienza storica- da intendersi come forme menrali c contenuti in cui il passato viene arrualizzaro e inrerpremro - ,si può ritenere che con il ricordo delle azioni di questi uomini si darà forza a quei fattori signifìcarivi e durevoli per la vita privata c collettiva, anribuendo loro, se non un valore di eternità, almeno un valore di durata, un fur uro c h e attraversa la care n a de lle gene raz io ni , superando la franura idenrirar ia tra la vu lga ta "Caporetro simbolo de ll a guerra no n vo luta" c quel fame-contadino. simbo lo dell'unirà degli italiani, sepolro in un luogo laico che, assieme ai cippi o alle targhe in marmo ccmemate sulla facciata di ognuno degli 8.000 Municipi italiani, è la sinresi narrativa della nostra idenrirà che ciascw1a comunità ha riconos c iuto nel momenro srorico in cu i si doveva trovare u n a legittimazionc della mone per la parr ia di rami ventenni che rapp resentavano il f uturo d ella comunitàz2 •
Esis t e un g io rn o di fe st a per l' un ità naz ional e?
Questo Caporcrro-macigno era in ultima anaJisi il vero osmcolo alla piena contribuzione della Grande Guerra al senso generalizzato di appartenenza anche per le classi pi ù umi li e d iscoste.
Piecro Melogran i ne ll a s u a Storia pofitirrt della Gnmde Gunrn sc ri sse che essa fu " la prima esperienza collettiva degli italiani", intendendo anche gli italiani rimasti a produrre nelle città e nelle campagne nell'immane sfor.w collcrrivo. La Grande Guerra non fu solo un problema di "tcnura" degli eserciti- di fronte agli ammutinamenti francesi del l 9 l 7, gli episodi di ribellione dei soldati italiani assomigliano a risse da oratorio pa rrocch iale-, m a fu sopratt u tto g u e rra di popoli: vin sero gli Stati c h e po te ro n o conrare sul " fr onte i nterno", q u i n d i anc h e de ll e do nne ch e e bb e ro u n ruo lo decisivo nell'assistenza e n el la produzione bellica23 • on si deve dimenticare che se Cadorna compì la nefandC7.za d i accusare i soldati della sconfìna militare, lui e la gran parre dci generali erano consapevoli che esisteva nel paese un latente rifìuro dello StatO da parre de i cattolici osservanti e dei socialisti. [opposizio n e dci socialis t i era anch'essa dog m atica e se accertaro n o il regime pa rla m e m a re, ma nt en n e ro sem pre un a dose di m ass i m a li s rn o c h e di fa cto separava una parre popolare dei lavoratori delle c i ttà e della Pianura Padana dalle istiruzion i deii ' Tralia liberale.
La lealtà e la solidarietà di un nuovo Stato unitario ove il diritto fosse garantito da un'assemblea elettiva era compromessa da queste due entità sociali, e politiche, anri-Sraro
La res is te nza d ell a C h iesa all o S tato naz io na le c h e a veva to lto a l la C hi esa il s u o regno - i l Papa- Re- s i era manifes tata n el preservare i contadi ni - depositum fidei- nei riti e nella religione dci padri per evitare che abbracciassero la "religione civica", di
La tavola di A. Mi nardi su "La Tribuna illustrata" del 16 dicembre 1917 degli stud e nti della classe 1899 che avevano ferm a to l' e sercito imp e rial e sul Piav e nell' a utunno 191 7
qui il Non expeditche fìno a l 1904 proibì ai cattolici d ì parrecipare come candidarì e come elettori alle elezioni; indi con l'enciclica Pascendi nell90 7 Pio X condannò il modernismo che avrebbe voluto conciliare il cristianesimo con il pensiero moderno, mentre l'apertura della Rerum novarum dell891 aveva pur aperto la Chiesa al prob lema del la condizione operaia e della dom·ina sociale per cercare di erigere una diga alla diffusione delle idee de l socialismo e la proUferazìone dei sindacati. La società italiana era dunque già pervasa da una concrapposiz ione tra Staro liberale, laico, e lavoratori operai socialisti e masse contadine catto liche, nemici tra loro, ma insieme avversari dello Stato li berale.
Su l fronte catto li co la guerra rappresentò un amalgama fondamentale attraverso l'opera dei cappellani mi litar i ne i reparti di linea e negli ospedali; furono 1.350 su circa 20.000 sacerdoti che prestarono servizio mi li tare, ne morirono 93, ere di essi meritarono la medaglia d'oro al valor m il i rare, 137 quella d ' argento, 299 di bronzo e 94 la croce al valore: 528 decorazioni per 740 cappel la ni sulla linea del fuocouna percentuale superiore anche a quella degli arditi - da parte di giovani trenrenni che non avrebbero dovuro entrare nel campo di battaglia. La gran parte vi entrò per l' i rrefrenabilc obb ligo morale di essere di sollievo a quei loro am ici vemenni con i quali avevano condiviso mesi di colloqu i e paure nelle trincee e risate e scherzi nelle senima n e d i "r iposo" nelle baracche delle retrovie. Ma la vera legittimazione di questa compenetrazione tra Stato e Chiesa fu merito di uno dei maggior i ime llerruali cattolici dell'epoca, padre Agostino Gemelli , che preludeva al riconoscimento co ll ettivo della supremazia spirituale della Chiesa nella società italia n a: la grande consacrazione dell'imero Regio Eserciro al Sacro Cuore di GesLI il5 gennaio 191 7 . ripetma il 15 giugno quando al Sacro C uore fu consacrata mrra la nazione iraliana 24 Questa esperienza dei sacerdot i "denrro" una delle istituzioni più delicate dello Stato sancì il raggiunto amalgama tra mondo catrolìco e Stato laico.
Non così accad d e nelle ca m pagne ove il movimento social ista avrebbe dovuw raggiungere nel dopoguerra la gran massa d i diseredaci ed emarginati dalla vita politica che in alcune regioni s i giovarono dell'azione degli ex cappellani mi li tari diventati parroci o capi -lega
Le svariate soc ietà agrarie che componevano l'u n iverso del l'Ital ia rurale orwcenresca avevano ciascuna u n diverso modo di prelievo de ll a ren d ita da parte delle loro élite dì possi d enti. I.:avevano prima della n ascita del Regno d' I ta li a e lo mantennero nel lo Sta tu nascenti. La borghesia agraria e la nobil t à terriera componevano la gran parte del Parlamento e de ll e amministrazioni pubbliche, ma erano anche presenti nel l'alca burocrazia . Molti possi d enti al Nord erano pronti a p ra t icare le inn ovaz ion i tecniche ch e in Eu ropa furoreggiavano, ma al Nord, al Centro e al Su d tutti si opposero fermamenre ad una modern izzazionc dei patt i agrar i e ad un au me n w d e ll a tassazione sulle p roprietà che avrebbe permesso ai Comuni (sui quali fino all 'età giol ìttiana cadeva l'obbligo di pagare maestre e maesrr i p er fìnanziare i tre anni d ella scuola de ll 'obbligo) un a u mento delle spese per l'istruzione T u tro fer m o Anche il Codice Civile che " n on po n eva alcun freno al peggioramenro ulteriore della cond izione contadina consent i to d agli accordi pr ivat i fra part i soc ialmente ed econom icamente ìnegual i" 25, consentendo così la proliferazìone di residui precapìtalistici che a loro volra generavano il tr ionfo d e ll 'auroco n s um o c della co nservaz io n e di "eq uili bri sociali" basat i sulla dipendenza personale, proprio nel momento in cu i il protezionismo agrario e il dazio su l grano conse n t iva n o u n 'accumulazione d i cap i tale prat icando colw re estensive che premiavano il latifon d o m er idionale e lo sfruttamento oltraggioso del lavoro braccia n t ile e co lonico.
Ce rni g razione rra nsocean ica colpì pe r p rima l'Italia sette n uionale a part ire dal 1876
(14.724 emigran ti rispetto ai 3.809 del Mezzogiorno) con dei picchi dopo la tariffa protezionistica del 1887 di 131.446 emigrac i settentrional i c 62.126 meridionali.
Ciò accadde poco pr im a c h e lo Stato lib erale compisse un grande sforzo per nazionalizzare le masse rurali negli anni in cui nascevano leghe sindacali, ma l'ostruzionismo a dare dignità di cittadini a questi sudditi in con dizione spesso servile, accom un ò borghesia c nobiltà tc rri era.
In Svezia, secon d o Giovanna Zincone, "la costruzione di partiti dell e classi subalterne che precede l'estensione del suffragio universale ll9 07] avviene attraverso un'alleanza rra una co mponente dci ceti agrari- piccoli co ntadini e affittu ari- e una classe operaia n on urbani zzata" cosicch é questa alle a n1-<1 "dà al quarro stato un'egemon ia s ulle coalizioni che, nel caso svedese. giunge al monopolio" che consentì la produzione di diritti sociali robusti e ugualirari realizzando un "societari smo emanciparore" 26 • Questo modo svedese di una progressione civ il e dei diritti di cittadi n a n za rimanda al concettO di n az io n e rivoluzionaria contrapposta a quella naz ionalistica. P er i partiti di siniscra lo stato nazionale è vinualmeme totalitario. La patria è però concettualmente correlata all'idea di democra:t.ia parlamentare in quanro nella cosca atlantica la cen rrali zza:t. ione dci gran di stat i dinastici h a reso margina li le differe nze di ernia e di reljgione per la costiwz ion e di scrutrure pitt o meno liberali. Fu la costruzione d eg li stati nazional i nell'area ce nrro-ori e nrale, dove la dimen sione
Il senso di una mobilitazione femminile per vinc e re la terribile prova in cui l'Italia fu portata dalla storia europea è uno degli argomenti scelti da Luigi Al berti n i, direttore dei"Corriere d e lla Sera" . A partire dalla ritirata di Capo retto, "La Domenica del Corriere " dedicò diverse cop e rtine disegnate da Achille Beltrame alla figura della donna in guerra per rafforzare la determinazione a liberare i territori occupati.
Nella copertina del 13-20 gennaio 1918 una madre, scalza e scarmigliata, t a le macerie e con un'esplosione sullo sfondo buio, a mani tese sorregge un neonato, quasi fosse un'offerta. La donna genitrice invoca la determinazione del combattente a salvare lei e i bambini emica era più complessa, che generò concettualmente il "nazionalismo sterminatore".
Per la sua stess a genesi di Stato nazio nale, l'ftalia si di scosta sia dalle grandi e "vecchie " nazioni "arlanriche", sia da quel le tedesche e slave dell'Europa centrale e oriental e dove, sosta n zialmente, solo con le guerre de l 1989 si è proceduw alla seconda fase degli Stati-nazione generati dalla Grande Guerra con la dottrina Wilson. Essa aveva dato vita a 27 stari-nazione, ma la ricomposizione dell 'E uropa a fìne '9 00 dalla distruzione dell'impero soviet ico ha daco origine ad un'altra dozzina di srari. Si porrebbe dire che il pro cesso di formazione di sta ti - nazion e iniziaco con la rivoluz io n e del 1848 ha aVLtto il suo cu lm i n e co n la Grande G uerra, ma solo con la fìne dell'imp e ro sov ierico c'è stata l'apoteos i degli srari nazionali, anche se ci sono ancora nazioni che fat icheranno in Turchia a raggiungere la lo ro fo rmaz ione i n S tato .
In realtà , accertando per il momenco la classifìcazione di Hobsbawn sul concetto di nazione rivoluzionaria-democ rati ca contra pposta a quella n azional is tica, si o tterrebbe: r ivo lu z io nar io - dem oc ratica = cittad ino - pop o lo sovranostato, m entre quella naL.ionalisrica puma come base dello Sraco su ecnia
Gellncr c g li inrcll e uuali progress isri si so n o co nce n tra ti su ll 'agg ressività ideologica e po l iti ca del n azional ismo senza prendere in considerazione il farro scorico che p e r rutti i popoli che hanno formato degli stat i n azio n a li l' idca di patr ia e di nazio n e era se m pre ca ratte ri zzata da l o) indipendenza, 2°) ricerca di libertà e democrazia, 3°) dedizione alla comuni d nazionale.
Nel m o d e ll o "di sin istra" d el nazionalismo, non trovano
N ella cop e rtina del l O-l 7 novembre 1918 che raffigura una popola na friulana con tanto di scarpett di v e lluto n e ro che , da un tetto che domin a la città di Ud ine, con un pi e d e appoggiato ad un muro sbrecci a to sventola la bandiera it a li ana impu gnando l'asta con v eem enza; è l'immagine di una popolan a fi e ra, di una compagna per la vita , fort e, patriota, nuova.
neanche spazio il nazionalismo liberale inglese e quello repubblicano rrancese, né tanromeno il patriorrbmo repubblicano italiano. Durante la Grande Guerra, il parriro socialista italiano, a sotrolineare ideologicamente "operai di rurw il mondo unitevi " fu il solo, assieme a quello bolscevico, a rifìurarsi di collaborare con le altre forze politiche per la vinor ia. Anche il tedesco, c h e era allora qu ell o con più iscr itti in E uropa , appogg iò lo Stato nella guerra. I n sostanza, n egando c he esistevano "naz ioni " , per i soc iali st i i raliani la patria era un'ideo l ogia borgh ese di co ntrollo poli t ico contro le d ifferenze di clas se, p e r annullarle così in un affiato naz iona l istico. La patria era un nemico, un oppio, come la religione. Questa in comprensione del processo di lib erazio ne dci popoli come premessa alla democrazia fu dovuta alle limitate dori culturali dei dirigenti socialisti italiani dell'epoca , abbagliari clall'inevitabilità della rivoluzione proletaria: rimasero conrro lo Stato, contro la patria, e fu la rovina loro e dell'Italia intera.
Come sonolincò Gellner: "il nazionalismo non è il risveglio di una vecchia forza latente addormenrata" 28 , ma la co nseguenza di una crescita economica c di organizzazione sociale c h e l'a lfabetismo e l'e du caz ion e specializzata in stra ri sociali più l arg h i c co n un a visione d el mondo pitl ampia.
Una cu lcura superiore c cresce nti classi sociali accu lmr are hanno bisogno di uno Stato indipendente a loro congeni ale , pluralistico, a democrazia all argata, dove le persone con le possibilità di emergere siano in continua lievitazione culturale.
Se la lingua fu l'elemento unifìcame, per la popolazione colta a livelli più alti della scala sociale fu la cultura a fàvorire il nazi o nali smo democratico italiano. No n era la lingua in resa com<:: cararrer is ri ca et ni ca, ma in quanto essa e ra l'elememo ca ra li uatore per la lealtà c la so lidari etil di una nuova organi zzaz io n e srara le non più basata su lla coerc izione e discriminaz ione, ma su cinadini partecipi e consapevoli .
Nell' Italia di fine '800. una società mobile, culturalmente omogenea e con aspirazioni ugualirarie esisteva solo tra i ce ri dirigenti liberali che obiercivamenre fecero del loro meglio p er c reare questa mod ernizzaz io n e, ma so prarruuo m antenn e ro nella formazione er ica della classe media, ch e avrebbe occupato r uo li crescenti nel d eco ll o c ul turale ed economico, l'ideale di grandezza c di lib ertà ereditato dal Risorgimcnro.
C iò fu nella Grandt: Guerra uno dei più potenti str ument i di coesione del paese e ch e gli permise di vincerla.
La scuo l a italiana basata su storia , geografia ed educazione civica
Nonostante la Chiesa c il partito soc ialista fossero entrambi contro lo Stato liberale, i valor i che avevano ispira to il Riso rgimento avevano scdim emato ne lla coscienza dell a classe d irigeme dei principi direrrivi che avevano determinato mo lre scelte politiche per aprire una autentica rigenerazion c delle popolazionj, senza che però si toccasse la rendita agraria. Una di queste scelte, l'e ducazione nazional e, era srara profondamente influenzata dall'idea di nazionalità maz-
ziniana. Fedeltà a Casa avoia d'accordo, ma Arisride Gabelli, un pordenonese figlio di un maestro elementare e che aveva partecipato alla difesa di Venezia, ami c o di Cattaneo, massimo esperto dell'insegnamento elementare ed estensore dei programmi sco lastici del 1888 che facevano strame di ogni formalismo, rigidismo didanicisra e meccan ico, i ntese inculcare n e i ragazzi princip i e ric i, una ve ra reli g ione civile che rendesse prioritaria l' acquisizione di una volontà comune, "un'operosità continua e incessante" 29 , per cui l'insegnamento della roria nella scuola italiana di fine Ottocento e primo Novecento era tutto rivolto "all ' is pirare coll'esempio ai fanciulli il sentimento del dovere, la devozione al bene pubblico e l'amore per la patria" , obierrivi etico civili che s i rifacevano a vicende dello stato nazionale ch e, senza "rewricis m i insulsi", facessero "co mpre n dere il cont ri b u to dell' I tal ia al progr esso del la civi ltà per generare un sentimento di emula7 ione per la grandezza del passato" e stimo lare così un sentimenro patriottico di fedeltà e di senso del dover<;10•
Una visione di na1ionalirà chiarament e mazziniana, un "passaro pieno" secondo la definizione di Amhon y Smirh, pieno di eventi eccitanti di una sroria ricca in cui gli intellettuali "hanno il compiw di far quadrare i numerosi pezzi di q u esro mosaico i n modo che formino u n model lo c h iaro e armo ni oso che rende rà g i ustizia a turri i moriv i e a rurd i miti spesso tra l oro in conAitto che sono presenti nelle reslimonianze della comunirà" 1 1 •
La formazione dello spirito patriottico c dei principi crico civili a esso correlati vanno quindi insegnati per formare cittadini parrecipi e responsabili . La p romoz i o n e dello spi ri co patriottico è u n'arrività cuirurale basilare che deve essere rinn ovata period icamenle. Quando nel maggio 1915 -il così detto " maggio radioso" - migliaia di studenti scesero nelle piaae per manifestare per l' entrata in guerra dell'Italia contro l'Austria-Ungheria , le fecero sempLicemnue perché a scuola avevano imparato che l'unità nazionale non em compiuta c che la guerra co n tro il nemico avversaro dai loro padr i e nonni, che aveva impiccato c fucilato "i martiri" dell'indipendenza e della libertài martiri di Belfiore, Ciro Menorri, Carlo Pisacane, i fratelli Bandiera, Oberdan, Maroncelli - doveva lasciare che gli italiani di Trento e Trieste si congiungessero con la madre parria. S i porrebbe dire c h e erano il proclorro de lle r iforme ne ll ' in segnamento de ll a S to ri a c d ei Oirilt i e D over i del cirradino. Amibuire nel maggio 2015 il loro arrivismo per la guerra alle frasi roboanti di qualche fururisra famoso è stata una chiara manifestazione dell'inadeguatezza degli insegnanti italiani che , non avendo gl i srrumcmi conoscitivi della scienza storica perché no n opponuname nr e "aggio rn a ti " n el corso d e ll a lo ro ca rri era s u un a disc ip li na sc ientifica da loro appena rocca ta neg li studi u n iversita ri, hanno utilizzaro ciò che conoscevano, la letteratura, per spiegare un movimento giovanile che rispecchiava una pedagogia etico-civile che la repubblica aveva svi l iro da decenni di igno ranza e d'i n curia ne ll ' i nsegnamento del la storia. La Sto ria an dre bb e i n seg n a ta a lm e n o d a la urea t i in Sroria opport un a m e nt e aggiornati, e ver ificat i, ogn i cinqu e anni sui progressi della scienza perché il loro ruolo di rrasmis-
Nell a cop e r ti n a dell'S-I S d ic e\" bre 1918 B e ltra m e narra l'e pi so di o della c ado rin a Ol ivi a Teso ch e , di fron te alle mi n acce di un ufficia le austri aco ch e gli punta al volto il revo lver, s' avvolge n e l tri co lore, pronta a farsi u ccid ere: è un a ltro tasse llo ne ll a cos tru z i on e d e ll'immagin e d e lle d o nn e p at ri ote .
"La Domenica del Corriere" del 22-29 dicembre, il numero del primo Natale di pace , è sorprendente Si è ormai sulla strada d e lla emancipazione femminile secondo la logica nord e uropea : " Un fucil e. Un voto" e rappresenta addirittura la crocerossina udinese lna Battiste lla che, vestita di bianco e con la cuffi a , da dietro un carro con altri civili armati spara con un fucile prendendo la mira contro un gruppo di nemici che rispondono al fuoco. Trasformare una crocerossina in una fuciliera fu una decisione presa dal direttore del "Corriere" Luigi Albertini che, pur conservatore , ri t eneva ormai le donne italiane, al par i delle inglesi che avevano ottenuto il diritto di voto nell'ottobre 1918 , mature per avere i diritti politici.
sione dell'amore per "la comunità immaginata" è basilare per continuare a progredire civilmente.
Se nella scuola non s'insegna cosa è stata la Shoah o l'esodo di 350.000 italiani istriani e dalmati , o le vicende della seconda guerra mondiale e della Resistenza e soprattuttO del perché delle guerre e rivoluzioni dell'ultimo mezzo secolo, come è da ritenersi che essa abbia formaro dei cittadini che non siano negazionisti o r:u:tisti?
L' insegnamento della storia
Quesro rinnovare periodicamenre il senso di appartenenza e fierezza basandosi sulla scoria delle difficoltà del passaro superare wrri insieme appoggiando i piedi sui valori del Risorg i menw, nell'Italia (finalmente) repubblicana non è infatti avvenutO dopo ill946. Le ragioni, in fin dei conti, si possono inrravvedere già all'inizio della Quarta guerra d'indipendenza-Prima guerra mond iale dalle posizioni ideologiche dei due schieramenti di massa che s i opponevano allo Stato liberale. La guerra vittoriosa fu in sostanza la prova della saldezza del lo sraw r isorgimentale.
Le domande che vengono sponranee sono: come si era riusciti a cementare tm senso di appartenenza e un forre sentimento patriottico i n un'Tralia ulrima arrivata tra gli stati nazionali europei e caratterizzata da un analfabetismo così viscoso?
Come mai l a guerra che segnò il trionfo dello Stato liberale fu anche il catalizzatore dell ' ingresso delle masse nella dernocrazia 32 decretando la fine stessa di quell' Italia?
Il fatto che l'Italia del 1915 fosse dorara di una massa consisreme di giovani convinti di combattere l'ultima delle guerre per l' unirà degli italiani è da ascriversi ai ministri della Pubblica Istruzione e agli estensori dei programmi scolastici di sroria, come si è detto.
Gli studi di Anna Ascenzi, di Roberto Sani e del gruppo di studiosi dell'università di Macerata hanno consentire u n grande passo in avanti sullo studio dell'identità degli italiani.
Chabod sorrol i neò come l'iruegrazione della concezione mazziniana della nazione con la fede positivistica della scienza "Fu quasi un corollario della fede nella pratica e fece un tutt'uno con il senrimenro n azionale" 33 • C iò che Gellner affermò sul modello di entropia sociale e uguaglianza nelle società in dustria li, uti le a livel lo di sroria comparata, trova riscontro nella storia italiana dell'educazione nell ' azione degl i inrelletrua l i di fine Orrocenro nel tentare di creare una omogeneità culrmale n ei giovani, quella che oggi sarebbe definibile come "una sroria condivisa" 3'1 • Per evitare una contrapposizione soc iale destabilizzatrice, la classe dirigente liberale pensò bene a istruire, fin dalle tre classi elemenrari del l' obb li go scolastico, i bambini a un sistema di storia condivisa basata su una unità morale funzionale alla salvaguard ia della coesione sociale, al principio d i patria, e ai valori di solidarietà per un'Italia che non sfigurasse con gli alrri Paesi, valori che furono prospettati come gli u n ici in grado di evirare il parricolarismo d i classe o di ceti 35 I
al 3o anno delle elemcmari, l'ulrimo dell'obbligo, sapendo che la gran parre non avrebbe conrinuaro la frequenza degli altri due anni, prevedevano l' insegnamento della storia patria incenerata sulle vicende che avevano porcaro all ' unificazione. Nella 4 • classe si ricornava alla scoria greca c romana, ma non più per eccitare la fantasia dei bambini come nella l ' c 2' dell'obbligo- una storia quindi di eroi omcrici c Storici-, C in 5• si riLOrnava alla ri sorgimentale con i protagonisti che avevano portato a ll'un irà, Virrorio Emanuele II, Cavour e Garibaldi in primis. Con i programmi didanici di storia dd 1894 s'accelerò il processo di omogeneiLzazionc c nazionaliz7.azione degli italiani delle classi più umili attraverso la scuola elementare da ottenersi con l'inseg nam entO della stor ia: un'educazione civile con la meta del culto della parria 36 • TI Risorgimento e la libertà "dev' essere un reraggio che incateni a noi le giovani generazioni" concludeva francesco Crispi, capo del governo, che aveva ben chiaro che la questione più rilevante dal punto di vista politico era quella del la lealtà dei cirradini e della loro identificazione con lo Stato. li binomio monarchia - popolo e la lerreratura dd Risorgimento come grande epopea nazional-popolare furono rapprcscnrate nell'insegnan1emo del primo quarantennio unitario, il perfezionamento awen ne con la legge Coppi no del 1887, ma l'impronta di Gabelli, mazziniano, fu potente. La Storia proposta non sarebbe stata un'esposizione di nomi , farri e dare, ma doveva conformarsi al genere biografico-n arrativo degli evemi che avevano contribuito al rinnovamento dell'Italia, seguendo nel conrcmpo il rigore scientifico: csarrezza c precisione dci fàtri.
Naturalmente il promuovere una "pedagogia nazionale" arrraverso il canale privilegiatO delle scuole elementari in un momenro storico di forti contrasti sociali, scioperi e nascita del partitO socialista ( 1892) aveva il compito di fornire una pitl solida legittimazione al parriw liberale che era stato l'arrcfìce della nuova Iralia r
I programmi scolasrici sposavano quindi una nuova concezione dell'epopea risorgi mentale che faceva i n izia re il Risorgi mento non dalla fase carbonaro-cospirativa spesso ami- Savoia del 1820-21 e 1831, ma dal 1848 in modo da renderlo un grande evento collenivo, una vera e propria rivoluzione nazionale che trovava il suo centro nella monarchia c nell ' eserciro regolare da un a pan e, e dall' altra nel pop o lo nel la sua esp ress io n e più a mpi a, quindi non so lo borghesia. Il binomio monarchia-popolo e l'insegnamento di un cammino comune in un' epopea nazional-popolare implicava però che il Risorgimento non era ancora concluso e, pur nei li miri di opporrunità di po li tica internaz i onale defìniri dalla Trip li ce Alleanza con gli imperi tedesco e austro-ungarico, lasciava chiaramente intendere che l'unificazione era un valore morale aperto ad altre impegnative prove. Come si è acce nna co, purtroppo in quegli anni l'efficacia di q u esti intendimenti di per sé positiv i venne in parre vanifìcara dall'evasione dell'obbligo scolastico che si aggirava intorno al 33% e dal fatto che al proseguimento del rriennio obbligarorio delle elementari giungesse solo l /6 degli iscrini: al la maggioranza deg l i italiani "non pervenne alcun raggio di isrruz i o n e" 38 In altre parole: le condizio ni arcaiche de ll'agricolmra c la miseria nelle città maggiori non permisero che l'ambizioso programma crispino arrivasse alla nazionalizzazione profonda. Esisteva cioè una marcata divaricaz ione tra paese legale c paese reale, una terra li bera per l'in tervento sia dei ca ttoli ci che dci socialisti. T primi vedevano ancora nei cuori semplici delle masse rurali il depositum fidei, i secondi vedevano nel proletariato urbano le schiere per la marcia verso il "sol dell'avvenir".
Lo studente Ernesto Manca, s.ten. del 55 ° Marche, caduto a Oppacchias e lla il 16.09 . 1916 . Immagine che rappresenta la dedicazione dell'esercito al Sacro Cuore di Gesù ,
G . Borsato, Il 55° a Oppacchiasella (MCRR, particolare) Il dipinto ritrae un sottotenente che guida i fanti all'assalto.
Caddero del 55° Marche i sottotenenti Beniamino Grunvald, venezi ano e Ernesto Manca, sassarino (pagina precedente) .
Dio e patria prese forma nella Grande Guerra grazie all'opera generosa dei cappellani militari e all'iniziativa di padre Agostino Gemelli che riuscì ad aggirare la resistenza di Benedetto XV.
Se quindi solo una modesta parte delle classi popolari percorse quesro avviamenw alla naziona lizzazione attraverso l'insegnamento della Sroria nella scuola dell ' obbligo, ciò fu dovuw all'esiguità dei finanziamenti per la pubblica istruzione in un paese in cui i 4/5 della popolazione viveva direttamente o indiretrameme di agricolwra. L'Ortocenw che in Europa il famoso pedagogista francese Compayré aveva definiro il secolo dell 'istruzione popolare, fu per l'Italia il secolo dell'occasione mancata: la legge Casati rimase dal 1860 al 1923 e l'aver lasci aro l' amm i nistrazione della scuola primaria anche ai piccoli Comuni, miseri c stentati, aveva sign ifìcaro in pratica perdere l' appuntamento con l'alfabetizzazione popolare nel Meridione e nelle isole39
La formazione del semimenro parriorrico e della libertà ad esso concatenata propagandata dall'insegnamento della Scoria sorrì comunque r isu ltat i ragguardevoli nella piccola borghesia nell'Italia delle mille città, compresi i larghi strati della popolazione femminile. Questa mancata alfabetizzazione e nazionalizzazione delle masse contadine ral lentò logicameme la legge per il suffragio universale maschile e, tra i liberali, la considerazione stJl'affìdabilità delle masse, quasi un presagio di quella che sarà la loro interpretazione della sconfitta di Capo retto.
Per la piccola borghesia, appena uscita dalle campagn e e dall'artigianato e in via d'inserimento nella bu rocrazia, conseguenre ad esempio alla creazione della rete ferroviaria e al le banche, fu ch iaro che in un ' Ita lia perfettamente cetuale un'ulteriore crescita sociale ed economica avrebbe po ru ro realizzarsi tramite la cultura e la professionalità. Sopratrutro per le donne ch e in genere assaggiavano la loro indipendenza economica nel lavoro nelle industrie tessili, l'istruzio n e consentì la femminizzazione di due mescicri, la Scuo la pr imaria e le Poste e Telegrafi. 11 ba lzo occupazionale fu notevole: 32 000 maestre dell886, 37.200 a fine secolo e 42.000 ne l 1907; le imp iegare postaL raggiunsero le l 0.000 unità10 , cifre ancora esigue, ma in professioni che consentivano, :ao ranto p i tt con le in novazioni del merodo Montessori, di rendere protagoniste le donne pi ù intraprendenti, cosa che si acce n tuò con il rc rremoro di Messina q u ando molte borghesi parteciparono ai corsi per infermiere de ll a Croce Rossa, aprendo alle don ne l'assistenza agli infermi 4 1
Nel nuovo Stato u ni tario la scuo la e lementare non realizzò qu in di il ruolo fondamentale d i nazional izzaz ione delle masse così come s'era farro i n Francia, Germania e Scandinavia, paesi che realizzarono il suffrag io universale pr i ma dell'I talia. 11 Riso rg im ento era sraro compiuto da élite della borghesia liberale e democratica, ma la classe di r igente po litica n on era po i r iusc ita a garant i re il funzionamento di una scuo la elementare che serv isse a fa r uscire le masse rurali dal l' ignoranza e dall a subahernìtà.
.Linsegnamento della Storia nelle sc uole medie e superiori ebbe invece un grande rill evo c ruol o co n pr ogra mmi artico lar i, narraz ion e e c rea z ione di mili, valcnze culturali e scientifìche con il compito evident e di formazione culturale in so s tegno dello Staw: l'apprendimento della scoria ebbe un peso decisivo all ' interno dci curricul a di s tudi seco ndari '12 • C iò si co n c reti zzò co n i governi Deprctis co n Francesco De San c tis come mini s tro della Pubblica Istruzione in cui però l'inserimenw della Sroria nelle scuole medie e mperiori era staro centrato s ul racconto e sulle biografìe d ei personaggi pitl not evo l i, quindi unidimcnsionale c co n il fine di assicurare la fedeltà ai Savoia anefìci dd nuovo Sraro, inglobando anche Garibaldi al fìne di instillare l'amor patrio soprattuttO nei futuri maestri clementari 43 •
Con i gove rni C ri sp i s' accentuò come si è visto l'aspecro nazion a lis tico nel l' ide ntificazione masse- classe dirigente sorta dall'epopea risorgimentale .
L ingegneria ideologica non ebbe però i roni di xenofobia c sciovinismo per cui non vi fu un nazionalismo c h e presentasse delle differenze di fondo con il parriorrismo mazziniano, rimase cioè un nazionalismo con criteri ispirarori di tipo comprensivo, e non esclusi vis ta come in Germania.
Accadde così che , pur essendo gli italiani e i tedesch i i soli popoli per i quali la lingua era stata l'un ico elemento per cui g li italiani erano italiani e i tedeschi tedeschi secondo un' identità nazionale "di gli italiani non s-vilupparono un' idea di patria ch e inglobasse altre " minoranze" contermini terr irori almenre, mentre i redeschi non esitarono a in g l obare l'Alsaz ia c la Lorena (ge rrando rra l'altro una delle basi più potenti per la prima guerra mondiale)
Sem.a la conosc e nza del sco last ico e dei programmi d ' insegnamenro della sroria patria nei decenni precedenti il 1915, al momenro del centenario ne l 2015 è capitato un fano c he è la dimostrazione dello scadime nto della sci enza s to ri ca nell a società , nei mass media e nella classe politica: i giovani acc ulturaci che riempirono le nel maggio 1915 l o fecero sempl icemente perché nel decennio precedente era stata loro insegnata la s wria di un 'e popea ch e aveva ponato alla formazion e di una patria comune , ma che mancavano c irca un milione di irredemi che, avendo come propagandisti d ' avanguard ia al tri ime ll erru a li - Cesa re Barristi, Romeo Banisrig, Giacomo Venezian , Sci pio Slaraper, An gelo Vivanre Giuseppe Vidali , Ruggero Timeus , Giani ruparich , Pio Riego Gambini, Guido Corsi, Spiro Xidias , (alcuni sepo lti a R edipu g lia)- , avevano fatto imm ag in are i "frate lli" da l iberare dall'assolutismo dell 'odiata aquila bicipite. Avendo perso questa dimensione della nazionalizzazione che il nuovo Sraro unitario aveva dovuw p e rco rrere per arruare un amalgama ch e le guerre risorg im entali e il pochiss imo temp o co n cui si era miracolosamente realizzata l' unità non avevano permesso si realizzasse, cento anni dopo nei giornali e nelle scuole della repubblica si sono "comm e morati " questi giovani manifestanti del maggio 1915 come fran ge nazionaliste, militarisre, giovani soggiogaci dai visiona ri D'Annunzio e da una manica di fururisti vanesi: una minoranza scollegata dalla realtà ch e aveva cont ribui w a tras c inare in guerra un Parlamento a maggioranza contraria e un Paese riorroso se no n a p ertam ent e co mrari o . C osì facendo, g ià n el 20 15, l' inrera com memoraz ione del centenario della Grande Guerra venn e falsata dall'appli caz ione dell'ideologia arruale che andava a giudicare come irresponsabili qu e i giovani acculturati che si rifacevano alla "com Lmità immagin ata" della lo ro epoca. Po chi Paesi europei sono srari capaci di una misrifìcazione ideologica così s pregiativa e auwlesio n ista co me hanno farro i ministri della P ubblica Istruzione italiani negli anni del ce nte n ar io: ess i h a nno in pratica rinn ega to l'opera dei loro predecesso ri , in ge n ere g randi intellettuali, dall'unità al 191 5. U n a sorta di aurocasrraz ion e c ulrurale. Il fatto che uno Stato giovane, con un ' agricoltura arcaica e con un ' industria appena
"M ill e e r oi silenziosi c h e agiv:uto 11 mor h •ano nel l' ombra"
l. P. si mampt1/a la mnnorin, op. àr., p. 18.
B. Binder, l 11ogo tkll<t mnnorin, in 'J. Penhes J. Ru-
Padr e Gemelli , franc es cano, capp e llano militare con il grado di capitano, autore d e Il nostro soldato che r a ppresenta un'in· chie sta di carattere m e dico-psichiatrico sullo stato p sicologico dei soldati compiuto a guerra ancora in cor so. Favorì l'attività dei cappellani militari per la diffusion e dell' e tica cristiana com e codic e di disciplina patriotticomarzial e : "Lo spirito di sacrificio è il carattere della vita militare, perciò nessun modello più di Gesù Cristo si adatta a ispirare forza , coraggio e rassegnazion e al soldato n e i travagli della sua vita" (da L. Sancini, Il nemico invisibil e, la sup e rstizione nella Grande Guerra , Udin e 2019).
chacz, Dizionrnio manoria e del ricordo, cd. iral. a cura di A. 13orsari. Paravia Bru no Mondadori, Milano 2002, p. 292.
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3. P. No ra, op. ci r p. 48
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5. Nora, op. dr., p. 53.
6. P. Nora, l'réscm, Narion, Mcmoirc, Gall imard, Paris 2011, p. 26 L,
7. A. D. Smirh, Le origini emiche delle nazioni, Il Muli no, Bologna l ?92, p. 368.
8. Ibidem, p. 432.
9. B. Anderson, Comunità immaginarr. Origini e fortu1ta dei 11flZionalùmi, Laren.a, Roma-Bari 2016, pp. 133- 136; R. Romeo, Il giudizio sto rico mi Risorgimetti(), Bonanno, Acireale 1987 , pp. 108 , 109.
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I l. M. d' E ramo. Bmcdict Anderson: /(, .rguttrdo che ti spiazza, Prefazione a B. Andcrson, C'omunitlt immaginate, op. cir., p. XV. Ancora una volta l'i dentità non è un daro , ma un processo: "gli italiani non hanno sroricamenre i l senso della patria come macrosisrcrna po li tico e cttltUJale" come ba &er itro Franco Fc rraroni in L'Italia rra stona e memoria .AppartenenZfl e idmtitlt, Dom.elli, Roma 1998 , pp. l 1O- I li.
12. A. Alberri, L'importanZfl dell'a zione militare ira· limiti. /.e cause militari di Capormo, a cura di A. Ungari, Rom:1 2004; G. Alliney, Capomto m/ Mrz/i, Udine 20 13; P. La bugie di Capormo, lo fine del!ll memoria tlrmnata. Ud in e 20172; l' Caspari P. Ponaro , Generali nellll nebbill. l.e 36 OTl' di battaglia del/n 43• Monte Nero a Caporetto, Udine 2007; G. Bo ll i ni , P. Gaspar i, M. Pasco li, P. Pozzaro, N. Perscgati. La grafide guerra iutlrll!lll. !:e battaglie, Udine20 15.
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11. A. D. Smirh, Le origini emiche delle nazioni, op. cit., p 433
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13 M. Pascoli. La batwglia dimmticata della Vtd Resia
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14 M. Pasco li, /.11 del Gemonese Dal/n Vtd
decollata , con cont rapposizioni sociali e dì classe irrìsolte, con i suddiri diventati cittadini solo nel 191 3 e in realtà solo sulla carta, con il 39% di analfabeti totali (Francia 12,6%, Austria 16,5%), abbia vinto una guerra di popoli come fu la Grande Guerra distruggendo l'esercito che per 70 anni aveva contrastato ogni movimento di giovani patrioti e di eserciti, ha rappresentato la più grande prova di coesione e soLidarietà che gli italiani abbiano mai realizzato.
Amhony Smith è esplicito su questa necessità che ogni generazione ricomponga narrativamenre il proprio "farsi nazione" con punti nodali che rafforzino la propria immagine positiva e c he devono esse re mantenuti vivi per legittimare la capacità di resistenza e di dedizione al bene comune, soprattutto per avere la fort.a morale per vincere gli ostacoli che la sroria co ntinua a m ettere davanti, comeèstaro il caso del Covid- 19.
Fu l'unica delle guerre vinta interamente dagli italiani. Se l a si fosse persa si sarebbe perso tutto quello ottenuto con il Risorgimento.
Prima ancora che sul campo dì battaglia, fu vinta per la tenuta etico-civile grazie all'opera che una serie di inrellerruali e ministri, da De Sanctis a Pasquale Villari, da Coppi no ad Aristide Gabelli, da Bosellì e a Baccelli (e si metta pure francesco Crispi) seppero imprimere all'insegnamento d ella Storia. Non riuscirono a naz ionalizzare le masse come fecero i n Francia e Germania, ma riuscirono a dare agli italiani il senso di un cammino comune, un senso di patria. un sapere fondativo dell'identità, una comunità immaginata verso cui convogliare la propria fedeltà.
Come poté cede re negli anni Venti questo ed ificio statale proprio nel momento in cui i giovani rurali meridionali avevano in te riori zzato, n e lla frequentazione amicale nelle trincee con giovani provenienti da altre regioni e poi sul campo di battaglia, la convinzione di far parte di un Paese e dei diritti ch e avevano guadagnato con il sacrificio cornpiuro?
Morire o essere ferito in battaglia assunse un valore decisamente maggiore di qualche lezione di sto ri a patria appresa sui banchi di una sc uola di paese improvvisata in una stanzetta scrostata o in una stalla ricoperti di calce.
I.:eguaglianz.a nel sacrificio dal momento in cui la madreparria è diventata w1 parrimonio comune generò la narurale conseguenza: eguaglianza nel sacrificio, eguaglianza nel beneficio. Quella guerra di massa e di materiali, oltre a far nascere a l tre "parrie" dag l i imp eri mulriernici, di ede senso di sé stessi come soggetti storici ai neo -ci ttadini. Quando il su ffragio fu concesso per legge dal governo Giolitti nell912, alle e lez ioni politiche dell913 andò a vorare i l 30% degli avemi diritto; quando si votò nel 1919 , andò a votare il 59%, ma in quell'anno rutto il mondo dei coloni e dei piccoli propri etari e dei mezzadri era monopolizzato dalle leghe bianch e ( 1.400.000 iscritti ai sindacati catto lici), mentre i braccianti e gli operai avevano aderito alle leghe rosse e alla CGIL ( 1.300.000 iscritti), contrapposte le une conrro le altre e quelle socialis te anche contro lo Srato secondo un massima l ismo suicida.
Alla si ndacalizzazione delle masse contadine al nord non corrispose, da pane del Partito Popolare e di quello Socialista, un movimenw altrettanto forre nel sud, ma la radicalizzazione delle loue contadine al nord avrebbe richiesto un intervento dello Stato così articolato che il vecchio liberalismo n on era in grado di organizzare. Giolitti sresso pensò che si potesse gest i re l o scontro tra possidenti e coloni secondo le l ogiche dì manipolazione anteguerra.
In realtà il processo di democratizzaz ione era sraro sì accelerato con la presa di coscienza dei diritri politici e sindacali da parte delle classi popolari che avevano combattuto, ma si trattava ora di una conquista daL basso dei diritti di cittadinanza e di parti agrari che arr ivassero a rogliere nmi gli aspetti di "s udditarrz.a' ' ancora praticati al nord e soprattutto al sud. La fìne de ll a mezzadria e della co lonia avrebbero Liberato milioni di famiglie
di ex combane nri, ma l'inre rvento dello Stato nell'economia sarebbe andato co ntro i principi delliberal ismo ouocenresco. Abbattere la disocc upazione co n l'aw11enro della spesa, dare i fondi pension e alla gestione sindacale erano rurre so lliZioni che ve nivano anuare in Scandinavia, ma pumoppo in Italia la mediocrità e l' immaturità dci dirigenri socialisti permise un arroccamento su posizioni di una vagheggiata a "inevitabile" rivolu zione , riman e ndo intrans igenri s ulle posizioni pacifì s te del 1914 che non tenevano conro dell ' orgoglio degli ex combattenti per l'impresa compiuta. Con meno di un terzo dei vori, i socialisti dichiararono solennemente alla borghesia "c h e l'ora sua ultima era suonata, che si preparasse a sco mparire" con l'imminente rivolliZÌon e che sarebbe seguita dalla di natura del proletariato "con la soppressione morale e fìsica di rune le minoranze disse nz ienti", scrisse Carlo Rosselli in Socialismo liberalé 10 • Si an1pli:wa nel dopoguerra l'aneggiamenro di contrapposiùone all'idea di patria da difendere che aveva porraw i socialhri a dissoc iarsi da qual siasi unità nazional e per far fronte al pe ricolo di perdere la guerm. Le manifestazioni del partito e dei sindacati socialisti contro i reduci c contro le inaugurazioni dei monumenti ai caduti che so rsero spontanei in ogni Comune, assunsero in alcun e regioni toni particolarmente violenti c non fece ro che contrapporre i socialisti agli ex-combanenri che non potevano ritenersi pentiri di aver fàno e vinro la guerra, ma che anzi ne erano fìeri o p e rché feriti o perch é decorati. Leo Valiani sintetizzò ben e l'incapa c ità dei soc ialisti ad abbracciare la causa della difesa della virroria c da quella farne una leva per la democratizzazione, se " i social ist i di Turati si fo sse ro decisamente convertiti agli ideali patriottici [ ] affiancandosi alla pane demo c ratica del combatte nti s mo, formata in misura ril evante d el resro da loro ex co mpa gni di fede sociale"41 si sa rebbb c forse evi rara la ditta cura. Si pensi che eroi di guerra, diventati poi fari della democrazia repubblicana , co me Emilio Lussu, Ferru cc io Parri ed Errore Viola, di frome al v iole nro spregio dell a gue rra s'erano inizialmente avvi ci nati ai fasci dell919. La contrapposizione esasperata rra due Jra l ie si acuì paradossalmente proprio n el momenro in cui si celebrò il giubileo della patria: " la raggiunta identificazione fra l' Italia liberale e la patria di rutti gli itali a ni "•1 • n fasci s mo agrario nacque indipendcmemenre da Mus so lini. Gli agra ri s i armarono per difendersi dagl i scioperi e dall'invasione delle ville c delle aziende, ma fu laripulsa della guerra v inta da milioni di contadini c he avevano fano la guerra s ul serio, anch e se naruralmeme non con enLUsiasmo, ma sicuramente con disciplina e valore , a gettare nelle braccia dci fasci anche gli ex socialisti e ex La s pa cca rura sociale e un riferim e nto identitaria di classe in opposizione all ' idea di nazione.
Lo Staco liberal e non riuscì a evirare episodi di guerra civi le che co ntrapposero sempre piì.1 le due Iralie , quella che nel miro patriottico non vedeva altro che la maschera della dittarura borghese destinata a essere superata dall'inrernazionalismo socialista foriero d i una umanità soc ia l ista, e quella che co n la guerra riten eva che l'amalgama patriottico raggiunto consentisse di formare una Grande Tcalia, un Paese rigcncrato 44 n fascismo spc-tzò poi l'antica " fusione" italiana di patria e lib e rtà, di coerenza tra Risorgimento nazionale c Risorgim e nto d i alt re patrie europee , cos icché nel 1945 , a guerra persa, riemersero i partiti di massa canolico e socialista che s'erano au.uffàti dal 1919 al 19221asc iando libero il campo al fasc ismo per vent'anni, enrran1bi estranei e sostanzial mente avversi alla tradizione risorgimentale, per non parlare del comune pacifismo avverso alla Grande Guerra vista da entrambi co me un'inutile strage. Lindifesa fragilità di un atteggiamento c ritico che guarda alla Grande Guerra e alla sroria italiana come a una "sror ia non rende giustizia al momento srorico in cu i per poco rutti gl i italiani si se ntirono fìeri di ciò che avevano farro. Come ha serino Ferrarorri: "è leginimo ritenere che l'identità individuale e quella collerriva non si
\0!zor111<1a a Sella l·ìmdòr al dt BrauliiiJ 1-·30 ortobfl' / 917, Udine 20 1').
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22 G. Z incone, Da sll(ldltl a dtuulini. op. d t.. p. 125.
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25. A. A'ccnz i, Tra rdm·,rzùme utt·o-rit•ilt',. cosrruztoM drllldm/1/ÌI 11aziollllk. dr/la storùt 11tllr .<molr italùmf tki/Vtlf)tfttto, Vira e Pensiero, 2004, p. 96
26.ldem.
2 7 • A. Smirh, op. cir p. 368.
28. F. PrrfitZiolle a La Gmnd,. Gutrrd r lidm rita nazionale. op. c it.. p. 8: S. Valittttr i, Origim t prr · suppoSii culmrali dei nazionalismo in fllllia, in R. Lill e F. Yahccchi, Il naztona/ismo m /r,tlia r in Grrmama fino alk1 l'rrmn gurmt mondi,&, Il Mulino, Bologna 1983, pp. 93 -97: F. l'c rferci. /.a dourina polium d,./ nazionalismo itaiùmo: origini ,. wiluppo fino al primo conjlmo mondiale. in Idem, pp.20 1·2 17
29. A. Asce n ti, op. ci t.. p. 97
30. 1:. Gellner. Naztom r naziOnalismo, op. ci r p. 84.
31. A. Ascc nzi, op. cit., p. 98
32. Jbi dem. p. 108.
33. Ibidem , p. 120.
34. C.. Lun.atto. Lfconotma italiantt diti 1861 td E inaudi , Torino L968. p. 169.
35. M. Sa lva ti Cmadmi ,. govtmami. La Ù11dmhip ndla stOrttl storia dr/1'/r,r/itl co11Umpomnra, Luc:rJ..t, Roma-Bari 1997. p. 56.
36. C. Arcuri, P. Ga.spnri, A. Grad c nigo, O. Zag:un i (a cur.1 d i). La mobilitrtzwnc ftmminilr ndlfl grande gul'rTa, vol. 2• ù croctrmsmr elr douomsr. op. d t.
37. A. AKcnzi. op. cn •. pp. 121, 122.
38. p. 194
39. E. J. llobsbawn , Nazioni t 11azionnlismi dal/780. op ci t., p. 121.
40 C. Rosselli, Soctalismo liberdlr. Einaudi, Torino 1973, p. 450.
42. E. Gentile, Lr1 Grtmde !trz!ia. Il mito della nazione nel XX secolo, Laterza, Roma-B:1ri 2009, p. 93
43. O Senemorini, Fascismo rantro rivoluzione impaJrtta , Sanson i, Firem.e 1978, pp L50 - 155 160.
44. E. Gent il e, o p.cit. , pp. 152 - 18.3.
45. R. Romeo , !l giudizio storico. op. cir p 164.
46 F. Ferraro t ti in L'lffllin tm uoria e memoria. Appartenenza e identità, op. dc.. pp . 106- 109.
ri cevo no in e red ità, non si accumulano imp e rsonalm ente, ma si costruiscono, sono un compito cultmale e sro rico e nello stesso tempo di res ponsabilirà''46 , in quanto la m e moria e l'oblio non sono apolitici, ma decidono i termini di senso di appartenenza e ìde mirà e perciò il concetto civico di nazione rende a offuscarsi e per portarlo in vita non basta, come nella pandemia dd Covid-19, ritarsi solo alla bandi era o all' inno , ma avere ben chiaro l'imman e sacrificio collettivo d e lla Grande Guerra. Come possono il Carso, Redipuglia, Os lavia c il Cimitero d egl i eroi contribuire alla riformula zion e dell ' in seg nam e nto della storia nelle scuole della repubbli ca?
La Guerra Civile Ideologica e la fine dell ' insegnamento della storia militare italiana
Il maggiore romagnolo Luigi Freguglia, eroico comandante del XXVII battaglione d'assalto sul Montello (fondo Freguglia, archivio Catellani) .
La dittarura fascista ha util izzato la storia per legittimare il nazionalismo e il rnilirarismo. Tal e srrurn enral izzazione politica fatta dal fascismo non venne "smontata" e criticata nell'Italia repubbl icana, si prefe rì contrapporsi in toto a essa, in quanto n é la Democrazia Cristiana né il Panico Comunista o quello Socialista avevano basi "risorgimentali". Si considerò, come n el 1919 , U patriottismo sinonimo di conservarorismo anrioperaio, in quanto gli operai dovevano essere inrern azionalisti, orientati verso il socialismo e verso i paesi che lo scavano realizzando. Pur con di ve rse sfumature la D emocrazia C ristiana egemone ripudiò anch' essa l'idea di sta to e di patria come insieme di valori erici 1 • Ques ta paradossale "al lea nza culwrale universalis tica" tra due partiti politicam ente contrappos ti nell'italia repubblicana consentì che l'idea di nazione e di parria p e rd esse qual siasi valenza etico -civile e fosse relegata "fra le ideologi e nostalgiche dei res idui movi m e n t i monarchici e neofascisti" 2 , come ha scrittO Emilio Gentile in Né stato nè nazione, italiani senza meta. Facendo base dall' inizio del la Guerra Fredda - 1946 -, lo storico ha co niato un a definizion e che sintetizza le reciproche accuse che gli italiani comunisti e gli anticomunisti- liberali , socialdemocratici, democris tiani e repubbl icani- si lanciarono reciprocamente per il monopolio d e U'antifilsciamo. Cha chiamata la "guerra civile ideologica'', per c ui anticomuni s mo divemò sinon imo di fascismo e l'antifascismo sinon i mo d i com unismo, mentre i neofascisti, ergendosi a difensori de ll' idea di parria e del culto dello Stato nazionale, assumevano il ruo lo di esclusivi custodi del patriottismo Non si trattava però del patriottismo risorgimemale basato s u ll a lib e rtà, ma del nazionalis m o fascista , per cui rafforza rono nella Sinistra italiana, e anche n e l partito catto lico , la convinz io n e che " patria" fosse un sinonimo , o una chiara manifestazione , dì fascìsmo3 Questa "gue rra civ ile ideol ogica'' è stata nefasta perché ha coinvo l to la srragrande maggioranza degli intellettual i e docenti dì storia c h e hanno in n estato la lorra perenne tra due me m orie contrapposte d ella nazione. Se si tiene como che la quasi totalità degl i d ocemì carredranic i d i scoria contemporanea, non avendo da decenni pitl compiuto ricerche d'archivio in ambito mil itare, ignorano la srorìa mili tare della Grande Guerra e spesso giudicano quel la guerra con l'ideo l ogia odierna che tende a cons iderarla simile alla seconda guerra mondiale gene ratrice della Shoal1, si può in parre spiegare i l cente n ario mancato della G rande G u erra.
Non riceven do dagli sto ri ografìa ita li an a una rilerrura della guerra basata su fonti d ' archivio, glj storici degli altr i paesi europei h anno comin uaco co n i pregiudizi consol ida ti, cons iderando l'apporro degli italiani nella guerra
combanlHa accanro a Francia e Gr-JJ1 Bretagna una scoria militare miserevole, cosicché ncll'imporram iss ima mostra s ull a Grande Guerra all'lmpcrial War Museum di Londra 2014-2018, 1a pane italiana era alla fine del percorso e di una consistenza pari a quella dell a Bulgaria che era l'ultùno Paese.
Per la stessa ragione, nelle commemo razioni de ll a fìne della guerra in Francia, l' I l novembre 20 18, nessuno ha ricordato che la resa delia Germania era stata inevitabile dopo la distruzione dell'esercito ausrro-ungarico a opera dell'inseguimento degli italiani oltre il Piave- 350.000 prigionieri, migliaia di can no ni c c..'lr riaggi4 -, mentre l'ese rcito redesco non fu battuto sul campo -i reggimenti si ritirarono fino alla loro sede, molti si sciolsero dopo aver raggiunto Berlino in pi ena effic ien za - e che la guerra era sostanzialm ente fini ta co n l'armi stizio italo -aus triaco del 4 novembre a Villa G iu sti. Nessun rappresentante del Governo italiano andò a quella commemorat.ione con i capi dei governi inglese, francese e tedesco - c'era solo l'ambasciatore per ovvie ragioni di dece nza - per c h é quella guerra in Italia è stata svili ta per decenni c ormai è vista co me una "fo lle manifestazione del naz i onalismo milirarisra" e ciò è un ulteriore prova della wrale inadeguatcz7.a della sroriografìa iraliana a rrarrare una guerra in cui caddero rami italiani quanti gli in glesP.
La sto ria è una sc ienza delicatissima pe rché è com posta da precise conoscenze economiche, sociali, politiche, culturali e, non da ultime. militari. cssun insegnam e n to sc ienrilì co della sco ria del Risorgimento e della Grande G uerra può prescindere dalla scoria militare delle battaglie, dag li "evenri'' che fìnalmcnre storici come Nora menono alla base per concepire la storia come veramente contemporanea& che pone i problemi che definiscono la no scra epoca. Altrimenri può scivo lare facilmeme al di fuori del la sc ienza sto rica e ancorarsi nell' id eologia - l'astoriologia coniaca da Emilio Gemile che ben simeri71a lo svilimemo della sciem.a storica operaro in Italia -, o in c iò che nel momenro storico odierno è l'at teggiamento culwrale più co ndiviso. E quesro è c iò che è s uccesso negli u ltimi uem'anni nell e università e nelle scuole italiane private di finanziamenti per la ricerca storica, per l'aggiornamento degli insegnanti e per la formazione cul rural e, e rica e c ivica, dei cittadini basara s ulla conoscenza di tutta la s toria na1.ionale. Un ultimo esempio.
La sera dell'8 giugno 19 l 6 un siluro affondò il piro scafo Principe Umberto davanti al porro alb anese di Valona, co l suo scafo scomparvero 1.926 so ld ati d el 55o Marche, quasi il doppio dei morri del Lusirania, fu la più grande tragedia navale della storiti>- nell'affondamento del Tiranic morirono l. 500 persone-, ebbene, nel gi u gno 2 01 6 non un so lo rappresentanre de ll e Istituz ioni repubb li cane- Staro, Regioni, Comuni, né della Stan1pa, né della televisione, ha commemorato quest'immane tragedia. La storia è dunque una delle discipline basilari per un nuovo Rinascimento itali a no basato sulla cu lrura come c uore p ul sanre. Essa s i b asa s u due com pon enti indi sso lubili: la dimen sio ne scientifica e l 'impegno etico-civile idenrirario. Uno spostamenro di gravità della storia per un suo "uso pubblico".
Un ' impresa titanica p erc h é sa n c ire bbe la fin e dell a "g ue rra c ivil e ideologica" denunciata da Luca Falsini, ma porterebbe appunro una ridefinizionc del ruolo della scoria e del suo insegnamento accuratO, rigettando la deriva praticata da ruui i medi a digirali di proiettare s ul passare d ei giudizi morali che non appa rtengo n o c h e al presencc e che sono la negazione della scienza sto ri ca srcssa
Il saggio seguenre di M itja Juren svela questo handicap culturale che Gentile c altri studiosi hanno più volre denunciato ; .
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La Guer ra Ci vile Id eo lo gica e l a fìne dell ' insegnamento della s toria militare itaJian a
l. E Pcrfeni, f'rejrlzione a La Cmnde Gurmt e lulmtitànazionalr Il primo ronflirro mond111/e nel!.1 politim e fltllr uriruzi011i, Le Lenere, Hrenze 20 14, pp. 5 -9; E. DI JZlr Nzo, Storia d'Italia 1.' storia dalla Gmnde Guerraal!.t Rrpubb!tca, Le Lettere. Firenze 2009, p. r•-.
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6 . Fino al l 945, cfr.: E. Raffaelli, La tragedia cmsurata, Albania 8 giugno 1916, Udine 2016.
7. E. Gentile, Chi t {rtsrirra?, LatCI"La, Roma - Bari 2019, p. l 07; an A. Ncemi, Mttamorfosi della citradinanza, studi l' ricerchi' m insegmtmrmo della stona, edu(llzionr àz,ile e tdentitÌ1naz1onale tra 800 r 900, Uni, ersirà di Macerata, Macerata 2009. pp. 27-59; A. Açcen7i, Tra educazione etico rit1i/r t costruzione dell'irlmeirà nazionale, Vita e Pensiero, Milano 2004, pp. 95-213; L Galli della Loggia, !.'aula vuora. Conu l'ltabn ha distmtto la ma smola, Marsi lio, Venezia 2019. P. Nora, op. cit., p. 53.
La maggiore vittoria dell'Intesa anglo franco italiana nell'intera guerra fu la p res a di Gorizia nell'agosto 1916 con la 6a battaglia dell'lsonzo.
le storie cancellate
Il Carso e l' lsonzo il vero altare della patria?
Di mrti i mil i tari italiani morri durante la prima guerra mondiale, pitt del la metà sono caduti combattendo sul fronte dell'Isonzo.
Poiché ai reparti non era consentito di accertare le perdi re esarre, le cifre hanno un valore approssimativo e sono quas i sempre notcvolmeme inferiori al reale. lnfàrti, neg li ele n c hi comp ilati d a ciasc un reparto non hanno potuto trovar posto i caduti rimasti tra i reticolati, nella terra di nessuno o nelle trincee avversarie e d ati come di spersi, oltre ai feriti morti negli ospedaletti da can1 po o terriroriali, sia itali a ni ch e aus t ro-ungarici. Nei diciass eue giorni della terLa battaglia deli ' Ison:w, ad esempio, i dispersi secondo gli accertamenti fatti dai co mandi italiani furono 11.935, memre n e i co m pud esegu iri dal i' avversario essi non superarono i 2 451. 1 Risulta quindi chiaro che un rilevantissimo numero di soldat i dichiarati dispersi dalle font i ufficiali ital ian e e ra formaco da caduti rimasti igno t i. Quelli che negli ossar i di Redipug li a, di Oslavia e di Caporetro costituisco no il maggior numero.
l. E. Galante. Dal Sabotino al Calvarto, l'aternolli Gorizia 1939. p. 12 7
2. L Passeri, Momr Srm Michele ed a!rre cronache di guerra, Milano 1933 p.103.
3. A. Tosri , La guerra souermnea, epi.iodi de&t guerra di mine sulla ftome iudùma, Mondadori , M ih1 no 1935. p. 13
4. Nicola Persegaci e Mitja Juren , Il quart() caMliere l'apocalisse dell'rrtracco dei gas sul San Michele r/ 29 giugno 1916, Gasapari , Ud ine 2016 , p. 24.
5. M ir ja Ju re n. Ni cola Pc rscgal i, Paolo Pizzamus. flondar l 917. !I presagio di Caporetro. Gaspari, Uwn e 20 17. p. l l.
6. M. Silvcsrri, Caporetto. Una battaglia e un enigma, Mondadori. Milano 1984, p. 25.
7. Michdc Barano, La mia guerra ignomra dallo storia, Mo ro To lmezzo 1989. p. 98
8. R. Bencivenga, La bauaglia della Bainsizza e la crisi dell'azmmno 191 7 Gaspari, Udine 201 i, p. 141
9. G Ravagli, Batteria.fitOco, Bologna 1932, pp. 203-204.
l O. C. Geloso, Le batltlglir di Gorizia e della BaùtsiZZII, Rom a 1929 , p. 164
I l) L. Cadorna, La guerra alla ftonre !talia11a, volum e l. M il ano 1921 , p. 3.
12. E Gen t ile, Né Stato né nazione ftaliani senw meta, l.ate r'la, Roma - Saz i 2013. pp . 66 . 67 .
Secondo lo studio di Enr ico Galante eseguiro negli ann i Trenta consultando i dari ufficiali, le perd.ite comp less ive duranre le prime sei battaglie dell'lsonzo ammontarono a 225.692 militari, tra morti, dispersi e feriti; g li austro-ungarici lamemarono perdite pressoché uguali. Nelle s uccessive cinque battaglie dell'lsonzo, dalle tre spalia te dell'autunno 1916 su l Carso di Comeno e alle grandi battaglie del maggio giugno dell917 nel settore di Fiondar-D uin o e dell'agosto 1917, quando le truppe italiane g iun sero nel cuore de lla Bainsizza austro- ungari ca, l e perdite per il regio esercito raggiunsero oltre 40 0.000 uomini, tra i quali circa 86 .000 moni c 225.000 fer i ti c dispersi ovvero rimasti maciullari tra le due linee trincerate, nella così detta terra di nessuno Le perdite avversarie dovettero essere quasi s imi li. Questi sono i dari p er le trenta brigare di fanreria, i cinque battaglioni bersagli eri c iclis ti , il reggimento carabin ieri real i e un battaglio ne de ll a regia guardia di fmanza. Purtroppo p er le alrre armi è difficilissimo dare g iu sto rilievo alle perdite, anche per la mancanza d i un lavoro organico c h e riguardi i morri, i dispersi, i feriti e i prigionieri avuti dall'ese rcito italiano nella grande g u e rra.
Già que st i numeri fa nn o capire che il grosso d ello sforzo be ll ico si è avuto s ul fronte Carsico- Iso ntin o: non per niente, a Re dipug li a è stato real izz.ato il più irnponenre ossario e uropeo e uno dei pi tt grandi al mondo. Anche sul vicino Coll io-B rda ne es ist e uno , quello eli Oslavia co n le sue 57.739 salme. In rorale i due monumenri f u nebri custodiscono quasi 160.000 militari moni nei combartimcnri intorno a Gor izia.
Tutto il Carso e il fi um e lsonzo sono il vero c l' unico altare della patri a, e non so lo italiano.
Subiro dopo il term in e delle ost ilit à, il governo i ta liano decise che questi luoghi dovessero esse re onora ci e preservati a "imperitura memo ri a'' per le funue generazioni, come si legge n ell'a r t ico lo l d el decreto legge n. 1386 del 29 orrobre del 1922 c h e dichiara monumencal i alcune zone fra le pitt cospicue per ' fasti di gloria' del teatro di gue rra: "A consacraz ion e n e i secoli della gratitu d ine della Patria verso i F igli c h e per la Sua grandezza vi combatte rono epiche lotte n e ll a gu erra di redenzione 191 5-
1918, le seguenti zone. scelre fra quelle più legare ad immorrali fasti di gloria, sono dichiarate monumenrali: Monte Pasubio, Monre Grappa, Monte Sabotino e Monte S. Michele". Belle parole, imrisc dalla tipi ca rerorica postbellica che fanno capire il proposito di considerare i campi di battaglia luoghi della memoria nazionale: "Le zone monumentali di cui all'arr. precedenrc sono poste sorto l'alta sorveglianza del Ministero della guerra, che provvederà alla loro delimitaz ione, cuscodia e conservazione, alla intangibilità dei monumenri c delle opere di g uerra in esse esistenti cd alla manurcnzione delle strade d'accesso". Questi propositi non sono srari rispeuari dall'Italia repubblicana. Adesso che è passata la Aebile luce dd centenario, possiamo dire con ce rtezza che poco si è farro per d a re il giusto ri salto stor ico e umano alle vicende belliche del fronre Isontino. Nei quarrro anni di commemorazioni la maggior parre dei cittadini italiani non ha trovato modo di dare un segno di riconoscimento a questi morti. Colpa di una classe polirica ignoranre, ma anche dd mondo accademico che quasi sem pre ha espresso giudizi, piuttosto che ricerche d 'archivio e analisi storico -mili tari.
Tranne poche ecce1ioni, sono infarri mancati srudi innovativi sulle vicende belliche di cent'ann i Un esempio? Ancora oggi non si sa il numero esatto di rutti i morti, dispersi, feriti e prigionieri avuti dall'esercitO italiano. Tanto si è prodono per la così detta "g uerra venicale" de ll a zona do lomitica, come se i 2 .208 metri del monrc Rombo n o i 2.24 5 del KrnMonte Nero li rendessero monragne orizzontali, anche perché nelle zone dolomitiche, adesso come allora, c'è un grande afflusso di turisti, sia invernali sia estivi. Carrivo e la permanem.a di ranra genre inducono, ovviamente, a comprare qualche libro che riguarda il loro luogo di villeggiatura.
T urto questo non è avvenuto nelle zone a rid osso dd fìume Isonzo, dove sono caduti iraliani di tutte le regioni e di ogni cero sociale.
Le battaglie che non vengono insegnate nelle sc uole
Dalla innume revoli battaglie ne prendiamo in esame rre: il primo arracco dci gas del 29 giugno 1916 sul San Michele-San Martino, la battaglia di FiondarDuino del giugno-scrrembre 19 17 e l'undicesima barraglia dell'lsonzo, nora come la barra g lia de ll a Bainsizza.
TI primo attacco con uso massiccio di aggressivi chimici su rutto i l fronte italiano s i è avuto tra le rocce di due piccoli pacsini cars ici, San Marcino e San Michele del Carso contesi per il possesso della resta di ponre di Gorizia Quell'alba del 29 giugno 19 16, dalle p e ndic i de l Carso che sce ndono verso l' l sonzo furono aperte 3.000 delle 6.000 bombole preparate dagli austro-ungarici con l'aiuto dell'alleato tedesco. In m eno di m ezz'o ra la
La linea d e l fronte del Carso dalla l a all'l l a battaglia dell'lsonzo. Solo la 7 a, a a e 9a battagli a d e ll ' lsonzo d e ll'autunno 1916 sono chiamate anche "Spaliate" perché furono offensive brevi che puntavano ad avanzare solo nei prim i giorni
N ei 29 mesi dei continui assalti fino allo sfondamento di Caporetto gli italiani ebbero 963 000 so ldati fuori combattimento e gli austro ungheresi 556.000 .
nuvola giallognola di cloro fosgene rorolò come una nebbia autunnale verso le posizioni italiane lungo le ----. 1 pendici della collina provocando l'immediata morte di 2.900 fanti italiani (e in seg uito all ' intossicazione ne morirono altrettanti). Il primo anacco con i gas sul nosuo fronte, nonostante le rame perdite, non ocrenne lo sfondamento delle linee tanto auspicato dai capi militari austro-ungarici; l 'evento bellico suscitò però un , enorme scalpore nell'opinione pubblica del tempo e anche i comand i militari ne rimasero sconvolti: "La scena che ci sì presenta è qui inenarrabile. Lungo la trincea, all'imbocco dei ricoveri, dentro di essi, giac, ciono i caduti rassegnati, disperati in un ultimo gesto. I morenti, i sofferenri brancolano affannati, spasimanti U n sinistro fetore tutto invade e rutro ricopre. La nube velenosa, pesanre, è penetrata, è discesa in tutti gl i avvallamenti, in rurrc le cavernette non protette, avvolgendo ogni cosa nel s uo aliro mortale. Destarsi a respirare la mone come è possibile? Destarsi e sentire la morre alle prese già coi propr i visceri! Come difend ersi?
""'- "'""'- La mente inorridita rifugge dal pensare che questo qua- Cammln•mtntl aultriacl v "" .<:ommrnamonll 1" 11 '"1 dro possa ripetersi su tutta la linea c dieuo la lin ea" 2
L'avanzata delle trincee italiane sul San Michele e l'attacco con i gas il 29 giugno 19 16 che causò la morte immediata di 2.900 italiani (e di altrettanti nei mesi e anni seguneti) che nessuna
Istituzione dello Stato ha commemorato nel centenario 20 16.
Forse pochi sanno che i prodromi di questo attacco sono da ricercare nella guerra d ' assedio perpetrata dalle truppe italiane come esasperante ultima ratio contro l'inflessibile tenacia del va llo , della trincea, della fortezza nemica3 : la guerra di mine. Anche in questo caso l'ombra delle Dolomiti, con le mine del Col di Lana, Piccolo Lagazuoi, Sasso di Stria, Tofane, Cimo n e, Zebio e Pasubio hanno offuscato la pur pil.t piccola, ma allo stesso rempo importantissima, guerra di mina carsica. Ancora oggi alcuni fami e genier i ita liani, a causa di una contromina austro-ungarica, giacciono in una dolina tra il Bosco Cappuccio e San Martino, coperti da un sarcofago di pi et ra. Era la mina d el tenente Gèz.a H eim, del maggio 1916 : "Dalle cavità so Hostanti sbarrare risuonavano però ininterrotte grida d'aiuto. La rimozio n e dc i pesanti blocc h i di pierra sforr u naramenre non era concepibi le" 4.
U n altro attacco con aggressivi chimici fu effettuaco il 24 orcobre 1917 ne ll a conca di Plezzo, dando avv io al la rotta di Caporetto, ma con un'a ltra ripo logia di emissione (il sistema Livens) Levento del 29 g iu gno 1916 rimane u nico su rurto il fronte e ha segnato profondamente la memor ia colleHiva italiana, eppure non è sraro oggetto neanche di una piccola mostra o di un convegno, se tralasciamo l'opera teatrale, organizzata nel20 16 dal locale gruppo speleo logico, andata in sce n a a San Marcino del Carso Comunque troppo poco per una naz ione che dovrebbe avere maggior consapevolezza della prop ri a sroria.
Anche l'importanùssima decima barraglia deii'Tsonzo che si è svolta nella primavera del 1917 ai piedi del Fiondar, presso Duino, è passata del tutto inosservata. Nessuno sro ri co, nessw1:-l Istituzione, nessuno mass m ed ia ha rico rdato quest i evenù. Un handicap cu lrurale?
Eppure questi lu og hi furono il banco di prova per le truppe a u stro- un ga ri c he nel formare l e Sturmtruppen e ne ll o sperimcnrare un a nuova ranica di g uerra che fu poi messa in attO nei giorni di no vembre 1917 per lo sfon damento di Caporcuo: luoghi intrisi di s cori a che solo pochi conoscono, ma che a ragione dovrebbero essere m ateria d i studio in tutte le scuol e ital ia n e. "La notte s ul 4 [gi ugn o 191 7] passa in un a calma assoluta, ma al marrino- alle quattro- si scate na un uragano di fuoco d'artiglieria che sorpre nde non so lo le trupp e nel le prime l in ee, ma rmte q uelle che si m uovono nel le re trov ie sia per il risanamento del campo di battaglia, sia per i rifornimenri, sia per il cambio ricevuro li terreno scoperto non perm ette rip aro e rurra questa folla delle retrov ie si rovescia all'in di et ro, spccia l meme in direzion e della ga ll e ria di quora 43, dove si spera trovare ricovero e dove d el resto sono i co mandi della Vérona (col onne llo Alfonso Mattci} e della Puglie (colonnello Fulvio Ri ccieri) . Questa folla giunge sulla galleria quas i contemporaneamente a reparti austriaci i qu a li, senza co l po ferire, so no riusciti ad anraversare le nostre linee. Che cosa era Era awenuta la piccola Caporetto, come la defìnì Mario Silvesrri6 , owero la prova su l ca mpo del la nuova tattica di co mbarr i m e nro de gli austro-ungheresi. Ma per gli umili fantaccini si rr anava solo di un nu ovo macello: " Il Sergente Cella tornò p er dirci: 'Tenetevi pronti, ragazzi, che rra poco si pane' E noi a chiedere: 'Ma dov e si va Sergente?' . Si sa peva d ove si andava, ma c'e ra sempre un fì lo di speranza. 'Non so, ri s po se, tenetevi pronti, tascapane a tracolla, fucile alla mano e baion et ta innestata'. E noi di nuovo: 'Ma Sergente, dove si va?' E lui: ' D ove si va? Al macello si va! Al macello a farci ammazza rc" 7 Ne ss uno de i co mandanti ital iani s i era accorro che le trupp e austro-ungariche stavano sviluppando un nuovo tipo di combatrime nto , basato su un breve m a forre tiro d'arriglieria, anacchi veloci e co ndotti da poche truppe sce lre le Sturmtruppen. Individuando già in preced e nza i punti deboli nello schie ram ento italiano, di solitO nella "giu ntura" di due battaglioni, sfe rrarono l'attacco con l'aiuto di un nurriro lancio di bombe a mano, che nei precari ri coveri italiani aveva no un effetto ancora più dcler er io. I fant i i ta l iani furo n o pres i can t o a ll a sprowista che non trov a rono nean c he il tempo di reagire. In quelle giornate del 4 c 5 giugno, un comunicaro uffic ia le aust riaco co muni cò la cifra dei pr igionieri italiani: l 0.000. Dato il faci le e veloce s u ccesso avuto pendici dei casa li Fiondar, il 24 ortob re d el 1917lc er u p p e au s t ro-u n gariche e quelle tedesche non fecero alrr o che impiegare la stess a rani ca nella conca di Pl ezzo e in quella di To l m i no, provocando lo sfo n damen to del from e a Cap o retro.
Le linee italian e di fronte aii'Hermada nel maggio 1917 .
Caduti austro ungarici a Fiondar il 4 giugno 1917 .
Le fas i d e ll a battaglia della Bainsizza ne Wagosto 1917.
Lo schieramento delle divisioni nell'agosto 1917 ; fino ad allora fu la più grande battaglia intrapresa dall' eserc ito italiano: 608 battaglioni (su 900 dell'intero esercito), 3. 747 bocche da fuoco , 1.882 bombarde, 5.656 mitragliatrici , pari a 38.389 ufficiali e 1.206 . 990 militari : non c'è nei manuali scolastici.
la battaglia della Bain sizza: la più g rande battaglia della guerra
"Questa battaglia è quella nella quale rifulge più splendente la magnìfìca form a raggiunta dal nosrro eser cire; è quella che presenta maggiori insegnamenti nel campo operativo, ma è altresì quella che rivela le profonde crepe che insidiano la scrunura dell'organi s mo militare e che saranno il determinante maggiore dell ' immeritato insuccesso dì Caporetro" 8
Descriveva così l'undicesima battaglia dell'lsonzo il generale Bencivenga (certamente una del le pìì.t br ill anti mentì pensanti del comando supremo di Cadorna) nel volume La campagna de/1917. La scaLata aLLa Bainsizza, verso la crisi deLL'autunno 1917, pubblicato ne l 1938 e rìpubblicaro dalla Gaspari nel 201 7 con il t im lo La battagLia della Bainsizza; verso la crisi dell'autunno 1917 c h e è l' unico studio organico fàrto sulla banaglia. Rimane il fatto, che quando la battaglia fìnì , un cuneo italiano profondo dod ici chilometri si era adde n traw nel vivo de ll o schieramento nemico e aveva costretto la 5· ' armata del generale Svetozar Boroevic von Bojna - il leone deli'Isonzo- ad abbandonare, ovunque era stata anaccara, la riva sinistra dell'lsonzo e a ripiegare, con un movimento che in qualche momento e in caluni punri era stato così celere e disordinato da rassomigliare ad una fuga, sino su ll 'orlo del va ll one di Cepovan (Chiappovano) che oramai , pur non essendo conquistato , era battuto dalle artiglierie iral iane e poco poreva conrinuare a funzionare come li nea di collegamento fra le zone di Santa Lucia ncl l'alw Tsonzo e del Goriziano. "All ' ora stabilita le truppe nostre balzarono all'attacco [ ] Il paes e di Okroglo prese fuoco sorto i nostri riri. Il calore era soffocanre: il so le a piombo ci fasciava di fiamma. [ ] I nostri fami salivano l'erra costa del monte arido, senz.'ombre, come le alture del Carso, dovevano correre e combanere in que ll 'ardore feroce dì sole. Le tr in cee cadevano una dopo l' a ltr a nelle loro mani , ma il nemico, con la solita tattica, li lasciavano avanzare per poi srringerli ai fìanchì e circondarl i, senza aver danni da ll 'artiglieria che non poteva più batterli. Non pa reva possibile che potessero combattere in quel calore da forno . Invece superarono il paese in fiamme , apparvero contro il cielo sul fianco del monte, poi sì
nascosero nell e trincee co nq uistate e vi sì rafforzarono, mentre noi cercavamo d'impedire il ritorno offensivo del nemìco"9.
XXIV C
Si era arrivati così avanti che mancò un niente per far pendere definitivamenre l'ago de ll a battaglia verso l'eserc i to italiano. Lo s t esso generale Arz, ca p o di stato maggiore dell'esercire imperiale, affermò che non sarebbe stato possibile resistere, senza ripiegare profondamente, a un nuovo artacco italiano che avrebbe potuto arrivare a Trieste e c h e "solranco un'azione offensiva poteva garantire l'esercì ro aus triaco contro il pericolo di doversi ancore ritirare" 10 •
Mai il regio ese rc iro sì era trovato così vicino alla virtoria finale ma, per vari morivi, non seppe sfruttare la situazione. L'Austr ia-Un g h er ia, da sola , non era in grado né di far fronte a un n uovo attacco italiano, né dì condurre un'offe n siva capace di conseguire un s u ccesso risolutivo; e ra perciò indispensabile l'aiuto prussiano. La situazione m olto positiva si rigirò concro le stesse truppe itali ane c h e s ubirono da lì a poco lo sfondamento di Caporerro.
Ancor' oggi siamo in arresa di uno studio approfondiro che svisceri in maniera derragliata, traendo spunto dagli archivi militari c dai segni lasciati dai co mbattenti s ul terreno della Banjska planota, che faccia capire meglio lo svolgimcn10 della battaglia della Bainsizza.
'lùtro questo sembra dimenticato, come qualcosa di lomano che non ci riguarda. E per quel poco che se ne parla, spesso si cade nella rccorica pacifìsra: " la guerra è brutta e cart iva": che bella scopena. Ma probabilmente un'ahra cosa ignobile è dimemicarla o fare fìnra che sia una cosa poco imporrante, anche se riguarda 700.000 moni e milioni di invalidi. Anche lo stesso capo di Stato Maggiore Cadorna che q u alcuno vorrebbe ricsumarc per porerlo po i fucilare, scrisse nel la prima pagina delle sue lv!emorie questa dedica: "Ai miei compagni d'arme caduti c superstiti che nelle più aspre giornate della santa guerra sulle Alpi, sull'lsonzo e sul Carso con l'ardimento e con la fede prepararono la finale vitroria'' 11 , rendendo onore, anche se tard ivamenre, a rutt i i caduri; e anche in questo caso si menziona non solo il fronrc alpino, ma anche quello isontino c Carsico.
Tame sono le zone di combattimenti, imponanrissime nelle vicende belliche italiane grande guerra, che sareb bero degne di essere analizzare c approfondite, come il Fajti hrib , Kostanjevica, la quota 126 de l Vipacco, lo Skabrijel-San Gabriele, il Bosco Cappuccio di San Martino, Oslavija, il Monte amo, il Sabotino. Senza arrendere il bi-centenario, si dovrebbe forse ristrutturare l'insegnamento della sroria nel le univers it à, inserendo la s toria m ili tare, c n ei manuali scolasrici: una popolazione scn7 a senso dello Stato né quello di nazione è vcrameme senza
Il Me dio lsonzo e, sotto, il Bas so lsonzo e il cuneo carsico.
A dalberto Lib e ra e Antonio Va lente, Sacrario dei martiri, ( d a T. Schnapp, Anno X . La mostra della Rivoluzione fascista del 19 32, Pisa- Roma 2003) .
Il Sacrario d i Redipugl ia
L'enormità del sacrificio di sangue imposto al giovane Regno d'Italia dalla Grande Guerra, quando si considerino le sue dimensioni demografiche e la sua povertà economica, fu impressionante.
Il Paese, passata l'euforia della vittoria, si trovò diviso, scioccaw, deluso, squilibrato dal terribile salasso di vi te , quasi tutti ventenni, cui s tavano per aggiungersi le 500 .000 vittime della febbre spagnola, fra le quali Margherita Kaiser Parodi, w1ica do nn a sepolta a Redipuglia. Esisteva un popo lo nuovo, il popolo dei caduti, cui occorreva trovare un degno posto nell'immaginario collettivo. E per ogni morro occorreva contare l' enorme carico di dolore di genitori, mogli, figli e fratelli a cui occorreva offrir e un segno tangibile della riconoscenza della nazione al di là e al disopra delle magre pensioni guerra: un luogo dove il dolore privaw sublimasse in quakosa di più grande e dove il senso del sacrificio per la patria si levasse solenne e privo di equivoci.
Il sacrario di Redipuglia, massima espressione del cuho dei caduti in Italia, fu costruito nell ' ambito del lungo processo di risistemazione delle zone guerra e di elaboraz ione dell 'esperie nza de ll a guerra stessa comp iuto in Italia alla fine del conflitto. Il sacrario ebbe origine dalla concentrazione in unico luogo delle salme raccolte nei numerosi cimiteri di guerra della zona deii ' Isonzo, similmente a quanto si faceva coi caduti sul Piave per il sacrar io del Montello e di q uelli sui monti per il sacrario di Cima Grappa, rutti resi possibili dal lavoro dei cappellani.
La decis io ne di costru ire i sacrari fu lun gamente meditata e assorbiva una tradizione straniera che dai cimiteri-giardino britannici e americani ai campi degli eroi tedeschi aveva iniz iato già da alcuni decenni a integrare il concetto della morte in gu erra all'interno della vita c ivile d ella Nazione, che da quelle morti traeva identità e forza, attraverso l' ese mpio lasc iato alle gen e razioni successive.
L'Italia scelse tuttavia una via peculiare per erigere i suoi sacrari, da alcu ni p unti di vista più vic ina al la sensi bilità della vicina Francia, da altri del tutto si ngolare. I luoghi della guerra italiana erano del resto in larga parte poco ab itati: le pietraie del Carso isontino, le Dolomiti, g li spero ni di roccia del Grappa. Qui, in una cornice aspra e si lenziosa, alla sommità di vette so li tar ie, ve nn ero erett i i sacrar i itali ani, con i sacelli ordinati in fìla , co me so ldati sc hie rati, secondo un ordine geometrico che conferiva alla marzialirà della morte in guerra una forma di geometrica co mpostezza. Al ce ntro, in po sizione pi ù elevata, era sempre un a costruzione dedicata al culto laico dei cadut i, m a ch e poteva occas ion a! m ente ospitare una ce rimoni a religi osa: un tempietto classicheggiante, dalle forme severe, che dominava iJ terri wr io arrorno. Il sacrar io di Redipuglia fu la maggiore di queste "Ci rrà dei Mort i". Edificato sul Monte Se i Busi di fronte al cimitero d el Colle Sant' Eli a, che fu iJ primo cimitero di guerra della 3• armata, R edipugl ia è il sacrario più famoso della Prima Guerra Mondiale, ed è indi sso lubilmente l egato alla memoria della 3• armata e del suo comandante, iJ
duca Emanuele Filiberto di Savoia Aosta. Lo stesso museo che sorge alla base del colle Sant' Elia era , e da alcuni è tutt'ora, c hiamato familiarmente "La Casa della 3• armata".
I.:armata aveva un posto speciale nella memoria della guerra italiana. Essa era !' "annata in v it ta", la conqu istatr ice della Bains izza, che gi unta a un passo da Trieste si era dovuta ritirare nel 1917 solo per il cedimenro del fronte a Caporeno. Ed era stata se mpre la 3• armata c he, ritirarasi di etro il Tagliamento e poi dietro il Piave nel novembre success ivo, dette a ll a res istenza il massimo cont ri buto di truppe e di coma ndanti. Fra questi basta ricordare il maresc iallo d ' Italia Enrico Cavigli a, co mandante del XXIV corpo d'armata e poi forzatore del Piave al comando dell'8 • armata ne l novembre 1918 e lo stesso A rmando Diaz, co m a nd ante del XXH I co rp o d 'armata e poi ca po di Stato Maggiore dell'Esercito succeduto a Cadorna dopo la ritirata sul Piave e simbolo della vittoria italiana nella Grande Guerra. La tomba della crocerossina Margherita K aiNon stupisce quindi che lo stesso d uca d 'Aosta, c he dell ' identifìca_zione ser Parodi , nata a Rom a il 16 maggio 1897. con la sua armata fece il suo maggiore orgoglio, volle essere sepolto Av eva appena compiuto 18 an ni quando parnel sac rario alla propria mone, avvenuta nel 1931, circondata dai suoi tì con la madre e la soreUa Olga, per I'Osp egenera li cadut i in co m battimento: C hinotto , Pao lini , Riccieri e Monti. dale di Gu e rra di Cividal e del Friuli.
I sepolti a Redipuglia sono morti in massima parte nella 9•, l o• e 11 • N el maggio del 1917, mentre assisteva i maBattaglia dell'l so n zo, oltre a qu elli esumati da cimiteri di guerra del lati nell'ospedale mobile n . 2 a Pieris, venne Basso Isonzo e del Monfalconese, per un totale di circa l 00.000 cadut i. a trovarsi sotto un violento bombardamento Significativamente, alla base del monumento di Redipuglia sono le aereo che non riu scì a turbare l a sua attività. tombe dei 40.000 caduti noti e più in alto, lungo la scalinata di ven- L e venne concessa una medaglia di bronzo tidu e gradoni c he porta al la chiesa d i Maria Santissima Regina della al valor militare . M e ntre pres tav a se rvizio Pace, sono le tombe dei circa 60.000 Ignoti. in un osp e dale di Tri es te nel dicembre 1918 La strun:ura, la storia e i significati espressi da sacrario di Redipuglia morì di "spagnola" . meritano di essere conosciuti e approfonditi in quanto cos tituis co no lo stratifìcarsi dell a tradizione militare italiana de l culto dei caduti.
Alla fine della Seco nda Guerra Mondiale, Redipuglia assunse , più di altri sacrari , il ruolo d i luogo-simbolo dei caduti italiani in tutte le guerre, prescindendo e superando la stessa Grande Guerra dai cui farr i esso era stato originatO e che pure lo conformava in modo tanto forre nelle linee architettoniche e nella posizione.
Nonostante gli anni, il lu ogo ha contin ua tO, pers in o più del sacello del Milite Ignoto a Roma, a rappresentare un luogo di laico pellegrinaggio per molti, non so lo italiani, che visitano i luoghi della Grande Guerra, e non ha perso nulla d e ll a s ua commove nte so len nità
Il sacrario però, anche per il fatto di sorgere dal 1945 letteralmente a ridosso del nuovo confine del Paese, e dal 1954 della riguadagnara Trieste, ha assunto nel patrimonio storico nazionale un posto che trascende quello degli altri sac rari , pure importantissimi, come Cima Grappa o Bari , diventando il si mbolo stesso del sacrificio massimo di un so ld ato per il proprio Paese, sacrifi cio reso ancora più estremo dall 'anonimato deUa maggio r parre dei suoi cumulati.
Oggi Re dipuglia è, a tutti gli effetti, il c uore del culro italiano dei caduti , dove l'es perienza drammatica dell e g uerre e la co n sap evolezza del sac rificio si intrecciano in una rimembranza che abbraccia, co me recita la scritta sulla colonna romana posta sul la sommità, i caduti di tutt e le guerre "se nza di stinz ione di tempi e di fo rtun e"
T av o l a a u str iaca di un a ve d o v a ch e a llatt a u n neo n ato con su ll o sfond o l e tre gr a n di c r o ci su ll a collin a ch e assom igli a n o a ll e t r e cro ci d e ll a cim a de l sac r a ri o d i Re d ipuglia.
Redipuglia luogo della memoria d ' Europa
C'è un interrogativo che sarebbe necessario porsi, nel parlare oggi del Sacrario di Redipuglia, dedicato ai caduti della 3" armata. È stato d avvero questo luogo un luogo della memoria di tutti gli italiani? Oppure: quando lo è diventato? Può rappresentare un luogo della memoria di turri gli europei?
Il Sacrario di Redipuglia è, innanzi wrro, un segno forre , ben riconoscibile e individuabile per il s uo stagliarsi s ulla pianura isontina e sul paesaggio carsico che lo c irconda: è il segno forre di una guerra, la Grande Guerra, che qui in Carso ha avuto uno dei s uoi luoghi più emb lematici. Il grande complesso monumenrale ha infar t i oggi, e può u l reriormenre acquistare, il senso di un segno costr uttivo s ul re rrirorio: segno che rimanda a un evento chiave della storia del Novecento, la Prima guerra mondiale; ammonimenro e richiamo agli orrori di una guerra in cu i s i bruciarono generazioni di europei: non a caso è dalla fìn e del conflitto che entrò nell'uso comune il termine generazione, quando ci si accorse che una generazione a l m e no era lerrera lmente scomparsa.
Se per indicare la Galizia, relativamente al conflitto, è invalso l'uso del ter min e "cimitero delle nazioni" (o dei popoli), altretranro si porrebbe dire del Carso, dove la guerra fu particolarmente aspra: qui, in pochi chilometri quadrati di estensione, si trovarono a combattere italiani, austriaci, sloveni, croati, bo emi, bosniaci , ungheresi qui , uomini giovani e meno giovani ebbero spezzata l a propria vita in uno scenario carancrizzato da orrori senza fìn e Redipuglia è luogo che rimanda a tutto quesro; è luogo c he davvero può rappresentare - e in effetti rappresenta - la memoria d i un'E uropa ormai pacifìcata, ma che per raggiungere l'obiettivo di una s u a progressiva e sempre più ampia un ilìcazione ha attraversato g l i orrori dd Novecento, aperto appumo dal primo conflitto mondiale. A proposito di Europa, di interrogativi che un luogo come questo può sollevare quando si tratti di ill ustrarne l e caratteristic h e, qualche anno fa ho avuto l'o ccasione d i accogl iere a Redipugl ia per una visita del complesso, una delegazion e croata di insegnanti di swria proveni e nte da Fiwne (un'altro luogo ricco di memorie e di quali memorie); è stata una grande emozione. Intanto, dovevo cercare di rrovare il timbro più corretto per narrare que l luogo e la sua storia, nonché i suoi mo l tep li ci significati; e, soprattu t to, pe rchè ni pote di un so ldato ital iano, i nconrravo i nipoti di soldati di un Paese che aveva t radizionalmenre rapp resentato il nerbo del mu l t i naz.ionaJe esercito degl i Asburgo: si pensi alla commossa immag i ne poet ica del "croato" elaborata dal Giusti di
Sam'Ambrogio o a quella, assai meno romamica, dello Stuparich di Ritomerttnno. I:in co nrro con questi colleghi mi ha fornito anche degli alrri spunr i di riAessione: al termine della Grande guerra venivano inlàni occupati dei rerrirori nei quali si concenrravano diverse comunità nazionali, in particolare sloveni e croati se ci volgiamo alla Ven ez ia Giulia: occorreva perciò, in que ste zo ne , porre un suggel lo di iralianità, e in questo senso si diede impulso a un'intensa opera di monumemalizzazione che precedette l'awcmo, pur precoce, del fascismo. Le aurorirà italiane sapevano di muoversi su un te r reno co mpli cato, anche se di quel terreno e di quel mondo - in particolare del mondo slavo - non tutro era conosciuro. ln questa zona, del resto, gli organi amministrativi del Govcrnaroraro militare c poi quelli del Co m m issariato civile per la Venez ia Giu lia dovettero fronre gg iare il problema dei caduti sorto diverse spec ie , a partire dalle numerose richieste di rraslazione e trasporto ai luoghi d'origine delle salme di soldari morti al fronte. Allo stesso modo, si dovette provvedere al rimpatrio delle salme di so ldati ausrroungarici ch e avevano combattuto nelle terre redente e di quelle dci giuliani caduti nelle file dell'esercita asburgico . Si Lrattava inoltre, e fu lo sforzo più consistente, di re!>tituire alla vira e alle arrivirà produttive un terrirorio largan1cnte segnato dalla presenza della guerra
Lap ide sul San Michel e per i caduti italiani e ungheresi.
L a m a ppa d e lle nazionalità ch e componevano l 'impero austro ungarico (Aussme). llal14n1 """"l
Il sacrario di R e dipuglia con l e trincee cop e rte alla su a base .
e della morre: si rese perciò necessario"honifìcare" il territorio occupaw da cimiteri militari- 17 nel solo territorio di Monfalcone, 2 1 in quello di Ronchi- o pitt semplicemente da sepolrure provvisorie per raccogliere i caduti in spaz i determinati. Recuperi e riesumazioni di sa lme erano iniziare sin dalla fine delle ostilità quando erano stati urilizzari, oltre che unirà militari, anche prigionieri di guerra; con il decreto legge 29 gennaio 1920, tuttavia, il compito fu affidato al ministero della Guerra e piLJ precisamenre a lla Direz ione generale di Sanità militare. Nacque così a Udine un Ufficio centrale per le cure e le onoranze alle salme dei caduti in guerra (COSCG) che poté avvalersi di "l O compagnie di lavoratori, 22 sezioni di disinfestazione, 5 sez. carreggio, 4 squadre automobilistiche" per un tOtale di 95 ufficiali , 2 7 cappellani , 3350 uomini di truppa, 650 quadrupedi, l 05 automezzi " , mentre si organizzarono " laboratori di falegnami , fabbri , cementisti".
ln ranro fervo re di anività, nel quadro di questa opera pietosa nonché del progetto di monumenralizzazione del rerrirorio, nacque il grande complesso monurn.enrale di Colle Sant' Elia - cimitero degli lnvirti della 3 • armata- inaugurato il24 maggio 1923 con una grande cerimonia pubblica, alla presenza di Mussolini e del duca d ' Aosta che pronunciò il discorso ufficiale apparso ai cronisti dell'epoca lU1 "colloquio solenne, prodigioso, sicché il rito acquistava carattere sovrumano". Rispetto al nuovo complesso sorto negli anni Trenta, il cimitero conservava una dimensione più umana e raccolta della morte, anche se ovviamente si rratrava della morte sul campo. I visitatori del sito potevano infarti vedere "non alberi , non fìori , non viali coperti di gh iaia: non sulle tombe i consueti simbo li cristiani della pace in legno, in cemento o in marmo; ma te rreno aspro e roccioso, con qualche rado srerpo o ciuffo d'erba , stinta e magra; sovra ogni rumulo un cimelio di guerra, l\mo diverso dall ' altro; fucili e baionette composte in croce, affusti di cannone e di mitragliatrici , bombarde, proiettili di ogni calibro, scudi , elmetti, bossoli, turri i simboli del grande e var io valore del popolo nostro; tutte le armi di offesa e di difesa; rutti gli ordigni che ricordano gli aspri cimenti; turri gli oggetti che il soldaro ebbe in torno a sé nell'ora dell ' arresa, della battaglia, del la morte. Disposto sull e pendici di quota 44 del Colle Sant'Elia, Il cimitero degli Tnvirri s i proponeva i n effetti come una sorta di m ome del P urgatorio, sulle cui cornici era110 disposte le rombe dei caduti (30.000, di cui olrre 24 .000 ignoti), ciascuna delle quali contrassegnata da un 'epigrafe di ascendenza letteraria "a lca' ' o elaborata dalla fantasia di G iannino Anrona Traversi, nobiluorno brianzolo già commediografo di successo; durante la guerra egli aveva promosso l'istituzione delle Case del soldato, per votarsi poi alla pietosa opera di recupero delle salme dci caduti e alla realizzazione di cimiteri militari. E certo, da quei "giron i" doveva promanare una notevole forza di suggestione, in un clima in cui l'inclinazione verso il soprannaturale era alimentata dallo stato di lurro e di arresa di tante famiglie ch e andava in qualche misura olrre i valori che si
intese assegnare a quei simu lacri di morte. Del resto, la retorica, il gusro del parer ic o apparre n cvano ancora largamente al la cultura e al senrire comune dell'epoca, come testimoniano le tante lacrime versate da donne e uomini nelle diverse cerimonie di inaugurazione di c imi teri, co me quella del Sant'Elia, o di ritorno degli eroi a partire naturalmente dalla enorme manifestazione di massa e di lutto di massa che fu la cerimon ia dell'inumazion e del Milite ig n oro.
Non era dunque un caso che il primo grande Sacrario militare italiano venisse realizzaro nella Venezia Giulia (che intanto era entra t a definitivamente a far parre del Regno d ' Tralia): esso cost ituiva un chiaro segno del sacrificio compiuto dagli italiani rutti per "redimere" queste terre, consacrate dal sangue dei caduti; esso infani. insieme ai molri monumenti che vennero realizzati, alla toponomastica, all'intirolazione di scuole e di altre istituzioni ricreative e formative escludeva dalla memoria colleniva quell a degli sloveni, dei croat i e anche degli ausrroicaliani che avevano combattuto con l'uniforme austroungarica (lo stesso accadeva contemporaneamente in Tremino per aumoiraliani e tirolesi di lingua tedesca). Nonostante le s ue spiccate caratteristiche, o forse proprio per ques te, il cimitero degli Tnvicri non fu risparmiato dalla volontà di Mussolini di realizzare grandi opere monumentali più consone allo spirito dell'epoca fascista; perciò, nel quadro della rea li zzazione di Sacrari della Grande guerra che andavano da l Passo del Tonale all'Adriatico, lu concepito il progetto del nuovo Sacrario di Redipuglia. Il nuovo commissario generale per le onoram.c ai caduti in guerra, generale Cei, ne affidò la progettazione aJI'architeno milanese Giovanni Greppi e al lo sc ultore G iannino Castigliani. l due, rra il 1932 e il 1935, avevano reaJizzaro il Sacrario di Monre Grappa, e poi sarebbero stati ali[Ori di quello di Caporerro e di quello di Bligny, c he ricordava il sacrificio del co rpo di spe dizione italiano in Francia. fn quel torno di anni, nascevano inoltre i aerari di Oslavia, del Leiren (Asiago), di Fagarè di Piave, di Poco!, di San Cand id o, del Passo del Tona lc. Del nuovo complesso monumemale di Redipuglia ha serino, anni or sono, Tvelise Orfeo: "progettata nel 1936, inaugurata nell938, la sca lin ata c h e sale al cielo non presenta p ià alcuna ca ratteristica che simboleggi la morre: vi si leggono ascesa, eroismo, valore, sacralirà, immortalità; e non si può escludere che si tratti di una memo ri a del fururo, in previs ione di un a nuova guerra, e che, imbiancando lerreralmenrc i sepolcri, renda a mascherare (o idealizzare) gli aspcni più tragici della precedente".
Tn effetti, l'inaugurazio n e avvenne nel settembre 1938, anno della visira di Mussolini nella Venezia Giulia, quando i venri di guerra soffiavano forti sull'Europa; alla fìne di quel mese ci fu la firma del Parto di Monaco che avre bb e spalancato a Hider le porre della Cecoslovacchia; di lì a un anno, la firma del parco d'acciaio c l'invasione deHa Polonia. Tnranto, proprio in quello stesso viaggio, Mussolini apriva a Trieste la guerra interna contro i " nemi ci" ebrei, preannunciando la promu lgazione delle leggi razziali. Così, questi cittadini iraliani, molti dei quali si erano sacrificati volon-
Il vecc hio cimitero sul Sant'Eli a.
Tavol a di Alfre do Ort e lli sull' " Illustrazione d el Pop o lo" del l O giugno 1923 sulla consacrazione del C im i te ro degli lnvitti d e lla J a armata sul colle Sant' Elia.
Tavola usata spesso dalle associzioni combattentistiche.
l "Presente" della scalinata e , sotto, il cimitero austro ungarico a Fogli a no-R e di p uglia .
rariameme sui campi di battaglia della Grande Guerra , venivano esclusi tra l'altro anche dalla memoria naziona le: credo peraltro sia soltanro un caso il farro che tra i corridoi del coevo Sacrario di Asiago , rra tante croci spicchi una stella di Oavid a comrassegnare la sepoltura di un soldato ebreo italiano caduto su quell' altipiano. Nuove esclusioni dunque, e sopraHurro l'esplicito inviro a combattere, cui si dichiarava promo, davanti alle wrnbe dei s uoi generali e del suo comandante, il duca d ' Aosta, l'esercito dei morti di Redipuglia. Ci avrebbero pensa w i figli di quei rnorri a combattere nuove battaglie che inRissero alrri lutti al Paese.
Con il rempo, con la fine del fascismo e la nascita dell ' Italia repubblicana , il Sacrario di Redipuglia finì per acquisire nuovi significati per diventare finalmente memoriale "di tutti g l i italiani " , anche se per anni le modalità della memoria e della celebrazione della Grande guerra rimasero ancorare a una visione "miricà' di un conAitro ammamaro da u n a lone di leggenda. Per decenni, generazioni di scolari ( et ego inter eos) si sono trovati davanti agl i scaloni del Sacrario per celebrare il ricordo di quei caduti che erano i loro/nostri nonni.
Con i l mutamento degli orizzonti sror iografìci (avvenuw in Tralia rra la fin e d egli anni Sessanta e l'ini zio degli anni Settanta) cambiarono anche le prospettive delle possibi l i interpretazioni c de i significati da amibuire al Sacrario di Redipuglia; frutto di quella stagione straordinaria di studi fu l' affermarsi di un' immagine molro più realist ica di quel conAirw, che teneva tra l'alrro conto " della storia dal basso" .
I corpi inumari nei gradoni di Redipuglia, al di là ovviamcme degli epi sodi di valore, tornavano ad essere protagonisti involontari del grande mas sacro. E Redipuglia sressa andò trasformando si: fu modificato e aggiornaro il museo posto davanti a l complesso rnonumentale, furono organizzati cicli di conferenze, nacquero iniziative di inconrr i internazionali di pace nel ricordo di caduti ch e andavano fàcendosi veicoli della comprensione reciproca di popoli che così ferocemente- e a più riprese- si erano combanuci, allora divisi ora in gran parre riuniti nell'Unione europea .
È ovviameme i mporrante che questo percorso di rinnovamenro non si inaridisca; è imporrante che alla rewrica che ha a lungo caranerizzaro la memoria di questo luogo -simbolo della Grande guerra, non se ne sostituisca un'altra art ico lata su una serie di principi che, benché largamente condivisibili, rischiano di d ivenire luoghi comuni (conoscere il passato per non ripetcrne gli errori, l uogo di guerra per la pace ecc.) quando non supportati da adegu ati perco rsi formativi.
Occorre volgersi alla sroria, mantenere la memoria di questo sito per ciò che è stato e ciò che h a rapprese n taw n el tempo, seg n o di guerra , innanzi runo, della guerra che aprì il drammatico Novecento europeo. Occorre davvero elaborare una storiografia e srrumenri didattic i cransnazionali, capaci di parlare a memorie e culture sror iche diverse, proprio nel momento in cui non mancano segnali di ripiegamento su se stessi di diversi Paesi europei, anche nell'an1biro de ll a ricerca storiografìca. Possa essere allora Redjpuglia, segno di conrraddizione, luogo capace d i raccogl iere e trasmettere memor ie diverse per l'ed ificazione di una casa comune europea, senza confini ma ricca del proprio passare, anche q u an d o questo sia staro così doloroso e laccranre. Vi sono tre croci su ll a so mmi tà del Sacrario : sono un segno di passione, di ingiustizia e di vi o lenza Passio n e, v io lenza , in giustiz ia accompagna n o ogni guerra guerra. D i questo dobbiamo ricord arci , e a farcelo ricordare il Sacrario d i Red ip u g li a può svolgere un ruolo fondamenrale.
Sacrificio collettivo e storia condivisa
Paolo GaspariJl caso ha voluto c he le tre gue rre d ' Indip ende nza che porrarono aJia proclamazione del Regno d'Italia nel1861 non siano costate che poche migliaia di moni nelle battaglie dal 1848 al 1866; cosicché fu nell'ulrima delle guerre per l'unirà nazionale, la Quarta (1915-1918), c h e gli italiani pagarono un prezzo Straordin ar iame nte alro per ottenere l' ind ipenden za e l' un i rà in quanto questa guerra co incise co n la madre di rurte le guerre europee dell' età moderna. Il prezzo per liberare gli ultimi rerrirori abitati da italiani in Tremino, Friuli orientale, Trieste, Fiume e Pola- circa 900.000 sudditi dell'impero degli Asburgo- fu paga to co n 650.000 mila morti c 1.500.000 feriti gravi, a m o nt e di una m ob ilita zio ne c he interessò 5 .000.000 uomini, 10 .000 croce rossine , non c hé almeno 30.00 0 s uore. Questi morri e feri ti fanno parte di coloro che combanerono sempre all'arracco sul fronte deii'Isonzo, proprio in un territorio in cui le nuove armi - cannoni a tiro rapido e mirragliatri ci - potevano amplificare la loro caraneri sdca di armi che rendevano praticamente insupcrabile una s tr ategia difen s iva.
la fierezza
Sul fronte franco-belga inglc- "-! S'l.)" <l"' s i e francesi, artacca ndo nelle stesse condizioni per quasi tre anni, ebbero anch'essi perdite nell'ordine di rre cadur i contro un difen so re rcdesco. 11 morivo era semplice: nella guerra di rrincea chi andava all'arracco aveva molrc più perdite. Di )()
wnra tenacia e perseveranza ing les i e fran ces i hanno fa rro un momenro di fierezza : avevano cioè dimostraro di combattere, perché la parria lo chiedeva, se nza tem ere il sac rificio. N e ll'interpr e ta z io n e compiuta nd l' Iralia repubblicana non c'è traccia di quesra fierezza. H a prevalso un'inrcrprerazione di "guerra a ll a g u e rra" a n che n e lla sto riografia, per c ui le undi c i terribi li banaglie deii'Isonzo non furono alrro che massacri inutili - l'affermazione di Ben edetto XV r itornò a li vel lo
Mappa austriaca dell'attacco con il cloro-fosgene il 29 giugno 1916 su l San Michele (da N . Persegati e M . Juren, Il Quarto cavaliere, l' apocalisse dell'attacco dei gas sul San Michele il 29 giugno 1916).
Lo schieramento alla fine della 6a battaglia dell'lsonzo ( 12-17 agosto l 916) che, pt"endendo Gorizia, obbligò gli imperiali ad abbandonare il Carso di Doberdò attestandosi sul Carso di Co meno.
d'interpretazione sroriografìca- compiuti da generali i quali, incapaci d ' ideare assalti meno dispendiosi di vite umane, usavano i carabinieri per obbugare i soldati a uscire dalle trincee. Con questi pregiudizi si è prima svilico il coraggio di milioni di cittadini-so ldati presentati come dei poveri succubi di generali sanguinari e incapaci, e di conseguenza si è perso completamente i l vero significato storico di quell'immane sacrificio.
L.:epica degli italiani in guerra non fu quella su l Piave in cui si combatteva una relativamente fàci le guerra difensiva, ma fu quella portata avanri per 29 mesi in attacchi furibondi sull'Isonzo e sul Carso: fu lì che s i perse una generazione di giovani cittadini. Così c om e per l'inferno di Verdun passò il 70o/o dei soldati francesi , sul Carso passarono i 4/5 dci combattenti italiani, in condizioni di vita assai peggiori di quelle che sul fronte franco-belga avevano vissuto francesi, inglesi e tedesch i. Per gli inglesi questa fierezza si sommava con un patrimonio già conso li dato dalla loro storia e dimostrato, tra l'altro, dall'aver tenuto tes ta, sp esso da soli , a Napoleone-dittatOre, sconfìggendolo sui mari (Trafàlgar) e in terra (Spagna c Waterloo) . Per i francesi l'orgoglio si sommava a tradizioni militari secolari e alle innumerevoli vitrorie sui campi di battaglia in ono seco l i (Bouvines nel 1214, nella celebre ricostruzione di George Duby) c le guerre de ll a rivoluzione e del periodo napoleonico. Ma Inghilterra e Francia erano d ue stati nazionali antich issimi, uno con u n Parlamento che ri saliva al - Seicenro , l'altro con una rivo l uz ione egalitaria che era stata alla base s ia della democrazia europea, sia- non lo si dimentich idegli eserciti moderni composti esclus ivamente da cirradini co n diritti di cittad in anza, come recita la prima frase della Marsigliese. Di tutti i paesi dell'Eu ropa occ idemalc, I' Iralia fu dunque, assieme alla Germania, l'ultimo a
compiere l'unificazione nazionale cogliendo agli Asburgo i sudditi iraliani. E quasi rutti i capi degli alui movimemi nazionali europei guardavano all'lralia - mazziniana c garibaldina - quale modello per orrenere la loro libertà e indipendenza "dall'Asburgo".
La storia presenta sempre il conto. Così com'era sraro "fortunoso" fino ad allora il cammino verso l'unità e la libertà, impla cabi li furono invece le prove che gli ital iani sos tennero nella nuo va guerra di massa c di mat e ria l i, co n eserciti non pitl nell'ordine delle centinaia di m iglia ia di so ldati , ma di milioni di cittadin i combarrenri, c sopratrurro con uno sforzo non più solo mi li rare, ma che coinvolgeva moralmente e socialmenre l'intera società, a oltranza, simbolicamenre all'ulrimo sangue, perché l'eventuale sconfitta avrebbe significato la fine dell ' indipendenza e il ritorno sono uno s tato srran iero che non avrebbe lesinato nel rendere soggiogara e sottomessa I'Tra lia. Mai come in questa guerra di forza, di tenuta psicologica cd economica dell'intera popolazione, avrebbe vinro la nazione moralmente più forte, in cui classi dirigenti c popolo avrebbero operaro coesi. Questa guerra di materiali fece che fosse la massa della fanteria composta da cittadini provenienti da zone rurali a subire i nove d ecim i delle perdite - gli operai era no nelle rerrovie per la mobilitazione industriale o al fronte nei reparti del Genio o nelle compagnie specializzare-, quindi, in fondo la guerra la fecero i conradini che erano poi quelli che di cerro non la volevano fare - che neanche sapevano dov 'e ra l'Austria Ugnheria, ma i contadini erano per la gran pane legati al mondo carro li co, la cui neutralità non fu mai assolura, come quella dei soc ia lis Li , ma c he anzi s i sv iluppò in una cond ivisione con gli interessi nazionali pur condizionando la a un ordine più ampio di civiltà e umanità. l vescovi sressi, dopo l'intervento, "si preoccuperanno d 'affe rmare solennerneme che l'amore di parria è un preciso dovere per il crisciano", e poi i cappellani milirari divennero presro una componenre basilare per la coesione dei reparti. La Sanirà militare chiese s ubiro ai vescov i c h e provvedessero a inviare le s uore per l'assistenza ai malati e ai feriti n ell e cemina ia di ospeda li da cam po e rerriroriali che sorsero in poche scrrimane.
Lo schieramento all 'Sa battag li a d e ll'l sonzo 1-4 novembre 1916 (da M. Juren N. Persegati P. Pizzamus, Le battaglie sul Carso. Dolin e in fiamme , le "Spa liate" dall'agosto-novembre 1916 ).
Tavola di Achill e B e ltrame sulla "Domenica d e l Corri e r e " di un attac co it aliano nella zona di Monfa lcone .
l bi sno nn o o il pr ozi o di tuHi: lutto di massa e presa di cosc ienza
Nella storia, mai come in quella guerra la socicrà i tali ana è così traumaticamente investita dall u tm di massa.
Vi è un'inversione nella successione delle generaz ion i: muoiono i giovani e i vecchi v ivo n o .
Per le fàmiglie e per le co muni tà si trana di u n trauma epocale in cui il dolore personale s i fonde con i l dolore della com unità piLt allarga t a, esterna: "dapperruno s u ccede così" . Non è più so lo il particulan: il merro di misura, ma tutta la com uni tà infine: rurra l'Italia. Mai come in q u esro momenro lo Stato deve sfoderare il meglio di sé per m antenere la coes io ne rra le sue Istituzioni e la società Ci riesce mercé la d edizione dei miglior i.
Una generaz ione va perduta e questo evento inaspettato causa in tutta la società il mutamento del peso del dolore. Gli uomini troppo vecchi per prendere le armi se n tono svii ira la loro valenza e l'assunzione di responsabilità, e devono rassegnarsi a mandare a morire i loro fi g li. Cinvesrimenro emotivo è traumatico per due ragioni principali.
La prima è appunto la morre di massa.
L'Italia fu, tra le nazion i, quella che ebbe il min o r num ero di morti in rapporco al corale della popolazione: l' 1.6%, la stessa percentuale dell'Inghilterra (esclusi i Dominions), ma la metà della Francia e dell a Germania. Anc h e le vedove furono "solo" 200.000 risperro al le 240.000 della Gran Bretagna, alle 600 .000 della Francia e alle 525.000 della Germania. Gli orfani f urono 300.000 rispetto ai 350 .000 del Regno Uniro, a i 760.000 della Francia e al milione della Ge rmani a. Ma se pure questa morte di m assa fu rra le più b asse dei paesi occidentali, "la cerchia del lutto" colpì i 2/3 e fors ' anc h e i M della società a causa dell'arretratezza economica d ell' Italia ri spetto agli altri paesi più indusrr ia li zzad e con aree me trop oli tan e in cui la modernizzazione d ell'ag ricoltura aveva ge n e rato famiglie più parcelli zza te e ristre tte Prima d ella g u er ra in agr ico lru ra v i erano l O. 700.000 occupati s u un totale di 18.000.000. Larrerrarezza d e i s istemi prod u rriv i legati a parti co lonici a rcaici - che co munque impli cava n o il lavoro d e ll 'i nt era famiglia del braccian te o del colono, ra gazzi e vecch i compresi - co in vo lse le famiglie co nt adine estese e la ce rchia parentale in senso lato , la s t essa su cui si basava l'economia di sussistenza e il sistema di a iu to recipro co; p er cui si può dire che la quasi totalità della società italiana fu coinvo lt a nellutro di padri, fratelli, zii, cognat i e mariti.
D ata l'eccezionalit à della perdita violenra di v ire nella soc ietà co nta dina t rad iz ion aJe, in un ' ipotet ica scala del dolore si trattava di dolore traumatico
al m ass imo g rado: morti g iova nili , v iol enre, co n le famiglie c h e intui sc ono il patimento e la soli tudin e
bestiale dei congiunti feriti c agonizzami negli ospedali o sul campo di battaglia, tanro soli e lontani che i loro corpi non solo non ricorneranno, ma addiriuura spariscono, si perdono. [angoscia per i ragani scomparsi prima dei genirori è infinita, c fa morire.
insomma, solo una minoranza della società italiana fu risparmiata dal lutto di massa, quella dei furbi, degli imboscati, quelli che non avranno nulla da racconrare perché passarono invulnerabili attraverso la pitl grande sciagura europea.
Poco avranno da raccontare, purrroppo, anche quei giovani che tornarono a casa con malauie polmonari, con fisici debilitati dalla prigionia in condizioni disumane (600.000 furono i prigionieri c di questi morirono di srenri ben 70 000), con il sistema nervoso irrirnediabilrnenre corroso, ai quali non sarà quasi mai co ncesso di amare una donna e di avere figli. Si trattò poi di attenuare il lutro di massa dando ai bambini ch e nacqu e ro neg li an ni '20 c '30 il nome dello z io, del frarello, o anche dell'amico morto in guerra per lenire le stimm ate dd lurw.
Il secondo fenomeno, la presa di coscienza, fu ancor più carico di va lenze. Sempre dipendente dall'arretratezza dell'agricolmra italiana uscita dalla rnumrnificazione dci rapposri sociali in decenni di protezionismo agrario e industriale ed emigrazione forlata, essa riguarda perciò l'estraneità dei ceti rurali più umili non coin,·olri nella vira politica c culturale del nuovo Stato unitario. Costoro erano completamente privi di una visione della realtà in quanto si basavano ancora ulla memoria o ral e famigliare che trasmetteva le swric di appena cinquanr'anni prima sulla repressione militare dei "piemontesi" che, nel Mezzogiorno, avevano ucciso in combattimento o g iust iz iato 5.212 persone, arrestate 8.600, incendiato borgate e applicato in modo sp ieta to la fam osa Legge Pi ea (o represso i fasci s ic iliani nel 1891-1894). P lebi rurali per le quali il senso di patria era "altro " da loro, era una frase sbandierata dai giovani di quel la borghesia, urbana e terriera, che con loro era sta ta "padrona" e spreztanre, non cerro l'apripista verso la crescita civile del popolo. Le classi rurali alla base della piramide sociale furono perciò le più colpire, psicologicamcme, dal lutro di massa perché prive di una cultura dci diritti e dei doveri di cirradjnanza sanciti con il suffragio quasi-universale del giugno 1912 (t roppo recenrc c, comunque, completamente annullato nel Meridione, e anche altrove, dalle pratiche di co nrrollo
Pittore anonimo triestino, Verso la redenzione dei popoli jugoslavi Delenda Austria; a margine la frase di G. Giusti: "popoli oppress i affr a t e ll atev i insi e m e".
La cop e rtina della "Dom e nica di Corriere" del dicenbre 1917 dedicat a ai "ragazzi del ' 99" ch e sul Piave avevano contribuito ad arrestare gli imper ii ali .
dell'apparaw governativo del manipolatore Giolitti). Esse quindi non percepirono, all'inizio, la possibile attenuazione del lutto come invece potevano fare le famiglie della picco la borghesia ove i valori patriottici appresi a scuola, l' indipendenza nazionale, la guerra al militarismo asburgico, il m i to dell'eroismo in banaglia, stavano mettendo radici ma n mano che cresceva la durata degli studi dei loro rampolli. Per quella piccola borghesia che si senriva in promozione sociale, pitJ che la contrapposizione tra i propri interessi e quelli della nobiltà e dell'alta borghesia, esisteva l'elevazione sociale da attenersi con le libere professioni, nella pubblica amministrazione e spesso anche nell'esercito stesso, sempre piLL impegnatO nelle imprese coloniali. Nel 19 13, quando si svolsero le prime elezioni a suffragio quasi-universale - che riguardò comunque appena il 23,2% della popolazione- i votanti furono 5.000.000, ma furono 1 1.200.000 con la legge dell'agosto 1919, pari al30% della popolazione, in quanto avevano diritto divoro mrri i maschi maggiore n ni e rutti i minorenni che avessero presraro servizio nei corpi militari mob ilitati; i votanti furono ben il 56.6% degli aventi diritto. Dai contadini queste leggi elerrorali farre con estrema lentezza non furono percepite li quadro naturale del la vita comadina non cambiava quasi nulla; mentre molro sarebbe cambiato se, accanto all'allargamento del voro, si fossero concretizzate le leggi che abo li van o le forme di sudd i tanza personale cui dovevano sorrosrare, secondo g li arcaici patti consuetudinari, e cioè lavoro graruiro, donne manda re a servizio n e lle case padronal i, "onoranze", ecc. Questo quadro di fagociramento delle innovazioni è determinato da Lll1 lato dal ciclo de ll e sragio ni e dal pulsare delle leggi narurali conosciute grazie all'esperienza che risale agli antenati, che deve durare , secondo tale mentalità, fino alla fìne dci tempi. Ma lo stesso quadro, nell'ambito della vita umana. prevedeva che anche l'esistenza di quegli individui fosse inclusa in un sistema di regole che, a presci n dere dal lavoro , li avrebbe collegati agli uomini socialmente superiori con i quali esisteva un rapporto basato sulla n orma del la reciprocità e del diritro d i sussistenza: obblighi reciproci tra élite e contadini, scanditi dai bisog ni mate r iali della classe subordinata nei periodi i n cui il suo livello di vita rischia di scendere oltre un certo grado di precarietà e mera sopravvivenza Anzi, co m e afferma James C. Scorr in L'economia morale dei contadini. l contadini tra rivolta e sopravvivenza, il diritto di sussistenza stesso defi niva il corrispon d eme dovere del l' élite, il mi nimo ch e essa doveva gara m ire a co loro dai quali pretendeva in cambio lavoro , prodotti e rispe tto. l ndubbiamcnre l'eco nomia d i guerra, con le sue enormi necessità di prodoni, premiò il lavoro con tadino, ma m anten n e la strut tu ra di comando t radiz ionalmente co n sol idata anc h e se per necessità oggettive, e fu molto più condiscendente sul ruolo del lavoro femmi n ile . Sem b ra una p iccola concessione obtorto colLo, m a propr io per q uesto fatto la percezione d el mutamento epocale da parre contadina fi.t più profonda e ran1i fìca ra Le do nne, assumendo ne i lavor i cam pestri sragio nati e nell 'ammi n istrazione dell'economia f.unig liare il ruo lo ch e p r im a era dei mari ti , accent u arono la co m w1an za e so li dar ietà, ne l borgo e nel paese, tra tutte coloro che furono colpire dal l u tto d i massa, cementando in parte la pe rcez ione del m utam emo epocale. Le m ad r i e le mogli dell'éLite, co l pite anch'esse dalla perdita di padri, mariti e figli, mo lto spesso si a d operarono, con la so li darietà femmin il e c h e, assa i p iù di quella maschile, di fronre al l utto manifesta una sincera fratellanza e mutuali t à, ad aiurare le famiglie pi ù b isognose La "cerchia del l ucro" nei borghi e n ei paes i rural i d iede quin d i alla società co nt adin a la dime n sio n e di un mu tamento epocale: le do nn e del le éLite co ndi v ise ro con le po p o lane la morre di massa, e ne l loro spir i to p atr iott ico-missionar io (m o l t i arr ende nt i avevano salvaro la vita deg li ufficiali, li avevano ass ist it i n eg li ultimi momenti o addir i ttura ne avevano condiviso la sorte)
introdussero nelle comunità rurali il concecro della morte eroica, così come stava facendo nma la stampa nazionale per la popolazione accul rurata delle città. È l'eroismo delle masse rurali documentato dalle migliaia di medaglie d'argento c di bronzo che cominciarono ad arrivare nei paesi più sperduti e nelle case più misere.
l val o rosi in battag li a
Il valore popolare è attestato dalle 127.469 medaglie al valor militare corrispondenti ad arri di valore documenrari, ma da ricerche d'archivio è emerso che su vari campioni d'epi sodi, molti ss imi valorosi non ebbero alcun riconoscimento: si possono calcolare in 30-35 .000 i "senza medaglia", per cui vi furono quasi 150.000 cittadini che fecero più del loro dovere. Furono coraggiosi, salvarono altre vite, non indietreggiarono davanri al pericolo estremo.
La mass ima profusione di valore popo lare nella scoria it a l iana.
Le medaglie al valore per i morti del popolo erano uguali a quelle che, premiando il meriro dei figli delle élite agrarie e cinadine, pcrmenevano alla famiglia una sorta di "promo zione socia le", un posto nella consideraz ione paesana pari a q u ello del decorato di cero elevaco. Ceto che spesso aveva legittimato n ei secoli passari la sua superiorità proprio nel coraggio in banaglia. La medaglia, che spesso veniva consegnata alla famiglia in pompa magna nella prefettura del capoluogo o nel corso di m anifestaz io n i patr iorr ic h e, dava dirino a un soprassoldo vitJ natural duranre
Il soprassoldo annuo per le medaglie d'oro era di 350 lire salito a 800 dal febbraio 1918, per quelle d'argemo era di l 00 salire a 250, quelle di bronzo di l 00 lire. Il gra nd e affiusso di volontari nel corpo deg li arditi nel 1918 che passarono dai 5 .000 dell'ottobre 1917 ai 40.000 nel g iugno 1918 fu incenrivaro s ia dalla paga giornaliera superiore, sia dal che ogni arro di valore era accuratamente segnalaro e dava appunto diritto a dci premi in denaro che poi aumentavano se veniva catturato un fucile, 50 li re, una mitragliatrice, 500 l ire, o un cannone, 5.000 lire. Dmanrc la guerra alle bandiere dei reparti vennero conferite 7 medaglie d'oro, 174 d'argento, 91 di bronw e 2 croci di guerra; anche queste medaglie erano sostenute da imponi in denaro, e alla fine d'ogni anno i comandanti dividevano il gruu.olo acqlùsico in quote che dovevano fornire la dote per le fig lie dei sorrufficiali del reggimento in età da marito. È assa i difficile oggi capire cosa significasse la dote per le donne dell'epoca, soprattutto per quelle delle classi popolari che per farsela risparmiavano centesimo su centesimo. D'altra parte la dote e ra la maggiore m ani fesLa·lio n e di co ns id e raz ione soc ial e per una donna a ltrimenti s uccube. Dote, promozione sociale della famiglia, decorazioni al merito, premi Si porrebbe dire che la guerra fu una delle forme in cui le classi più umili avvenirono che anche per loro e rano stati scol piti dci grad ini p e r sa lire dal fondo deUa piramide socia le Questa salita fu interrotta dalla dittatura c he st ravol se il senso di patria così co me s'era sviluppato nel corso del Risorgimenro. Ripartire oggi dai luoghi dove ufficiali e fanti-contadini manifestarono la loro tenacia, sign ifica narrare la nazione immaginata, una necess ità cu l turale e socia le - e politica- di cui nessun popolo può fare a meno, come s i è farro in questi ulrimi rrenr'anni. La guerra fredda è finita, è finita anche la conrrapposi1ione ideologica comunismo-capitalismo, è nata la contrapposizio ne tra progressisti c sovranist i, ma l' id enrilicaz.ione co n un'idea di pat ri a e di di ri tti e do ver i può essere i l punto di partenza per una sroria cond ivi sa e per l'inreriorizzaz ione di un senso civico po sitivo, basato sulla conoscenza storica che dia un forte se n so di sé e di apertura verso gli alui popoli ch e non ha n no ancora una "p atr ia".
Un ardito fe rito quattro volte . Il general e Diaz decora un ardito nel giugno 1918 con il re sorrid e nte e compiaciuto nell'aver d avanti finalm e nte un soldato più basso di sua maestà.
Lo schieramento delle brigate nell'ottobre 1915 ai piedi del Carso.
Le battaglie carsiche
l. Gas pari, Le bugie di Caporetto, la fine della memoria dtmnata, Caspari, Udi ne 20 17 1 ; A. Albeni , L'importanZ/1 de/lozione militare italiana. Le cause militari di Capormo, a cura d i A. Ungar i, USSM.E, Roma 20 04; E Gaspru·i, M. M;-.mini, P. Genel'tlli nella nebbia Le 36 ore di battaglia della 43" divisione dn Monte NeriJ al pome di Caporetto, Gaspari, Udine 2007; M Pascoli, La battaglirJ dimenticattJ della V11l Resia, Gas pa r i, Ud j ne 2017.
2 G. Bollini, Storia crt)ll()/ogictr dei t·ombattimmti wlfronu italiano. Gaspari, Udine 2014. pp. 75 -79; P Gaspari M. Pascoli N . Persegati Pozzato, La Grande Guerra iralùuuz. Le battaglie, Gasp;u i, Udine 20 15.
3. G. Bo ll ini, Storia cronologica, op.cit. p. 80.
4. Ibid em, p. 92.
5. R. lle ncivenga, La battaglia della Bninsizza e la crisidel!'ttmtmno 1917 , Gaspari, Ud ine 2017
le battaglie carsiche
A Cusroza nel 1848 caddero 270 so ldari piemonresi (497 furono i fcriri) e a Novara 578 (co n 1.405 fer i ri) , a Cunaro n e e Montanara cad d ero 166 studenri e insegnanti roscani (5 08 i feriti). Nella lunga ed epica difesa di Venez ia si eb bero 31 O morti e 686 feriri , in guella ancor pi\1 epica di Roma 651 morti e 686 fer iti. San Mart in o nel 1859 costò ai piemonresi 691 morr i c 4 830 fer it i ( m a quasi 13.000 furono i m ort i c feriri fra n cesi). Calalafìmi ebbe 30 morti e in rutta l' impresa dci M ill e cad d ero so l o 68 vo lonrari, menrrc a Bezzecca (1866) Garib ald i ebbe 121 morti e 266 feriti. Compl essivamenre le tre guerre d'Indipendenza cosrarono la v i ra a 6.262 italiani , mentre quasi 20.000 rim asero fe riti. Ben diverse furono le perdire che l'eserc i ro d eg li Hoh enzo llcrn subì per compiere l'unificazione dell a n az ion e tedesca. Nella sola battaglia di Koniggratz (S adowa) il 3luglio 1866 i prussiani e bb ero 1.9 35 morri c 6.959 fer i ti; in quella di GravelotteSa inr Privar del 18 agosto 18 7 0 ebbero 9 .000 cad uri e 18 .000 fer ici.
Si trattava di battaglie in cui si scontravano 200 -3 00 .000 u omini, mentre i combarrimemi italiani furono sempre nell'ordine di decine d i miglia ia di combane n ri Turravia la cararreristica del processo unitario che porrò so tro un unico retto rutti gli ital iani (con escl u sione dei 900.000 rrcntini, fr iulani , g iuli ani, triestini, fiumani e po lesani) fu ch'esso n on sarebbe stato possibile senza l'ap p orto dei "civil i" di fede repubblicana, animati da un sen so patriottico ch'essi intendevano esten d ere alle classi conradine, e che li portò a pagare di persona.
Il p a triotti smo-valore morale de ll a nuova Iralia fu dunque viss uto da questi g i ovani civili (e senz'altro dai militari piemontesi che avevano farro g iuram e nco aJ re) come imperat ivo catego ri co, al di Jà di ogni calco lo di conve nien za e tale da dare un se n so alla l oro vira. S i potrebbe quasi dire che fu combatte n do ch'essi provarono la gioia della responsab ili tà, quella responsabilità che N irri portava in a u ge: "Qu ando turri avranno il se ntim enro del loro dovere, il senso della loro responsabilità, quando sopranutto avremo com battuto l'ignora n za, non avre m o più bisogn o di e roi " Faceva presr.o a dire così Nitti, ma la realtà storica era che solo nel 1872 lo Staro si era dotato di una legge s ull ' is truzione pubbli ca obbligatoria e c h e i 9/1 O degli italiani v ivevano senza i diritti di cirradina n za
A livel lo sociologìco, l'insieme di quest i val ori normacivi sentiri come propri d a questi parrioci costituisce ciò che viene in genere chiam aro ethos di un g ruppo. Letica è un insieme d'immagini simbolich e, di valo ri morali che , tradotTi in comportamenti , danno origine ai costum i di un popolo facendone un 'e ntità sto ri ca cu l cural m e nrc caratter izzata, allo stesso modo come la memoria srorica costituisce il fondamenro dell' auroidentità di un popolo.
Qu es ta auco ide n t ità si ch iama ethnos, e il racconto d e ll e avventure, dell a sto ria , delle gesta si chi amerebbe epos Ovvero si ch iama epos quando le rea ltà concrete so n o tras figura re in s imboli nei q u ali si tramanda la tr adizione normativa e id entitaria. Il g u aio è che se n za il racconto scorico è molro difficile una rrasfìgurazione in s imboli. La base è quindi la coscienza s torica.
L'amore per la parria di quegli italiani che rappresenrarono una forre componcme della base dello stt1tu nascenti risorgimenrale era dunque l'amore per una repubb l ica democratica contro i suo i ne m ici: l'a ur ocra7.ia asburgica, la mancanza di l ibenà e di autono m ia, l'ineguaglianza. Non c'è infarti confronro tra i combatrimenri delle poche decine di migliaia di parriori dd Risorgimento (o dci 3-400 morri per le " grandi" bauaglie ) , e quelli che per tre anni c mezzo sostennero q uesri "se m p l ici".
Le battaglie dd RisorgimentO dura ro n o sempre poche ore c la possibilità d'essere colpiti era cstremamenrc esigua. Al massimo si poteva passare qualche noue all'addiaccio, inrorno al fuoco di bivacco o in ricoveri di fortuna. Nella Grande Guerra la migliore chana per sopravvivere era quella di vivere sottOterra, perché in superficie - data la potenza d ei nuovi ca n non i e delle armi auromatiche a ti ro rapido - si andava inconrro a morte cena. l mrn i i talian i di prima linea var iavano dai l O ai 25 giorni e le rrincce, essendo in zone rocciose, erano nieme più che solchi rra le rocce, per cui si viveva all ' aperto a un centinaio di metri dal nemico. soffrendo sempre la sere c ricevendo cibo solo di notte. Come si è detto, per 29 mesi g li itali a n i andarono p e rcnncmcnre all'attacco in inferiorità di posizione (dal basso verso l'alro), di fuoco, di addesuamemo e di ran ica. I:aspenariva di vira di un fante in quell'inferno era di poche decine di ore. Se fra il 1848 e il 1860 morirono in barraglia 6.200 italiani, nel solo arracco con i gas sul mome San Michele, il29 giugno 1916, morirono in poche ore o l tre 2.900 soldati (l 1.000 q uelli fuor i combatt i mento) .
La lapide nella dolina d e lle Caverne al cap. Gallerani " rimpianto da chi lo conobbe".
Una compagnia di rincalzo in attesa di uscire all'attacco.
La mappa che rileva il contributo italiano nella guerra degli All eati è chiaro dalla lunghezza dei fronti strategici europei nel maggio 191 S. Come si vede quello itali a no e ra per la gran parte montano in cui lo schieramento era molto rado, mentre solo sull'lsonzo e rano schi e rati i due t e rzi d e ll' ese rcito.
In quella guerra ci furono brigare co me la Sassari, la Catanzaro c la Salerno che ebbero oltre l 0 000 rra mort i c feriti. Brigare di S. 500 uomini che quando "scendevano a riposo" dalle trincee avevano non pitl di 1.200-1.500 fucili.
Lo storico Rosario Romeo scrisse che "furono chiamati ad affrontare una prova nella quale idee e sentimenti, conv i nzioni e politiche, rapporti dell'individuo con la collettività. egoismi individuali c spirito di solidarietà furono sottoposti a tensioni da cui uscirono profondamente modificati e rinnovati. [ ... ] I più accertarono la guerra con la forza della rassegnazione c del senso dd dovere che fa della Grande Guerra il momento in cui il popolo italiano di la mllSsima prova di coesione civile di tutta la sua storia".
Questo giudizio di uno dei maggiori srorici italiani si coniugherebbe con quella definizione del senso dell 'onore dara da Lucien febvre - ''il semi mento sociale che faci lita i doveri verso la società c ivil e c la sorro mi ss ionc degli interessi particolari all'interesse co mun e"- che per Em ili o Gentile dovrebbe stare alla base dell'orgoglio d 'ess ere italiani e che fu perce pita dagli italiani che co m batterono e vin sero quella terr ibi le guerra co mr o il n emico di rurro il Ri sorgimento, coniugando l'id ea di nazione con l'idea di lib ertà e di t:mancipazione Fu quel lo il momento stori co dove g li italiani trova ro n o- per usa re le parole di Ernesr Renan - "la grande solidar ietà cost iruita dal sent ime nt o dei sacrifici co mpiuti " . Nacque così la consapevolezza della propria coesione identitaria p er cost ruire un se nso civico diffuso cememato dal pitJ grande sacrificio collettivo pagato dalle famig lie di tutte le regioni italiane. Avrebbe dovuto chiamarsi lV Guerr;l d'T ndìpcndema- c per un po' di anni così venne chiamata -, ma all'anagrafe della swria venne registrata come 1• guerra mondiale. Fu essa a portare la piena consapevolcua del 'diritto ai diritti'. Si porrebbe dire che dall ' orgoglio "s ilenzioso" di quella prova di fora e di tenacia
STRATEGICA GEHER AlE
'"l teatro d•lla guerT.t
•l MotJg •o 1915
!)ca la l 6ilOO.O OO
nacque il senso di sé e si allargò alle masse contadine il senso di patria com une.
Le d o d ic i battagl ie d e ll' l sonz o
La lungh ezza del frome italiano dalla Svizzera all ' Adriatico era di circa 620 km, ramo quanto quello franco belga che andava dalla Svizzera aii'Arlanrico. Il fronrc italiano era però esclusivamenrc monrano, co n l'eccezione della zona carsica costituita da vari altipiani con un'a ltezza media di 150-2 00 metri e quindi in grado di essere rearro di combanimenri per runo l'anno.
Lo srercoripo che idemifìcava il Piave e il Grappa come luogo dell'epica degli italiani in guerra era finora a ncorato all ' interpretazione che, essendo la sconfitta di Caporerro causata dalla stanchezza morale e da una latente viltà, sul Piave e sul Grappa i so ldati italiani riscattarono la loro fierezza. Essendo ormai appuraco che a Caporetto gli italiani combatterono valorosamcme, non ci furono "fug he", né ranromeno "crisi morali" 1 c che la sconfina fu determin:ua esclusivamenre dalla 1.uperiorità numerica, di fuoco c di tattica dell'avversario - unita a svariati errori del Comando Supremo e di alcuni genera l i, la funzione consolatoria e di ri -
Cormons abilitazione della difesa del Piave, viene a cadere rispeno all'immane sacrificio pagaro dai cittadini-soldati nelle undici terribili offemivc sull'lsonzo.
TI Piave c il Grappa rapprese nreranno sempre il mom ento in cui, essendo chiamati a difenders i da un' invasione nemica, il senr im enro patriottico di fronte all'invasio ne nemica si estese anche a quelle classi popolari che fino ad allora erano srare avulse dalla vira dello Stato Ma l'epica dei cirradini in gue rra fu in quei 29 mesi di furibondi e infiniti assal ti sul fronre dell'lsonzo e partico larmente sul Carso. Fu sul Carso che si perdcrre una generazione di italiani, non s ulle "faci li" due banag lie difensive del Piave.
Le grandi innovazioni tecnologiche rappresemate dai nuovi potenti cannoni a tiro rapido, dalle mitrag l iatrici (l'esercito entrò in guerra con appena 520 mirr·agliarrici) e dai lanciabombe avvantaggiavano infatti l'eserciro schieraro a difesa che con pochi uomini ben addestrati poteva infliggere al nemico perdite enormi, come do cumentato dalle carneficine di inglesi e francesi sul fronte occidentale e, appu n to, degl i italiani sul Carso. Non c'è infatti n essun Comune italiano c he non abbia tra i suoi caduti almeno una dozzina dei suoi cittadin i morti sul Carso per ferire o malattie.
Quando i l 25 maggio iniziò il primo sbalzo verso il confine, sui 600 km del fronte si fronteggiavano in prima linea 195 battag li oni italiani (un battaglione era di 1.000 uomini) e 137 ausuo ungheresi (un battaglione circa 1.300 uomini), che c rebbero nelle serrimane seguenti a 221. A fine maggio del '15 il periodo favorevo le a un ipotetico sfo ndamentO italiano era orma i sfumato e la g u erra divenne di logoramenro.
Nel 1915 si ebbero ben quattro banaglie deii' Isonzo.
La prima durò dal 23 giugno al 7 luglio e cos tò 2.100 morti, 13.000 feriti c circa 2.200 dispersi.
La seconda dal 18 luglio al 3 agosto fu assai piì.t cruema e gli italiani eb bero 6.285 morti, 30.667 feriti c 4.897 dispersi, La t erza dal 18 onobre al 4 novembre causò perdite ancora più considerevoli:
L'av a nzat a n e ll a l oab a ttagl i a d e ll ' l son zo n e l maggi o 191 7.
La trincea italiana vista dalla trincea austriaca di Quota 208 nel Carso di Comeno dietro i reticolati {Archivio M. Juren).
208
l 0.833 morti, 45.330 feriti, 12.000 dispersi tra gli italiani e 6.642 morti, 20.467 feri t i e 5.31 O dispersi rra gli austro ungheresi.
La quarta durò dal 10 novembre al 2 dicembre e costò agli italiani 7.471 morti , 34.128 feriti e 7.530 dispersi.
Le battaglie del 1916 furono piLI brevi proprio per evitare perdite eccessive in reiterati aTtacchi pri v i di costrutw canico-srrategico.
La quinta banaglia durò infatti all'l l al 15 marzo. Poi ci fu l'offensiva austriaca n e l Tremino in giugno, la Strajèxpedition.
La sesta battaglia durò dal 4 al 17 agosto , costò 51.200 soldati fuori combattimento (41.00 0 austro ungheresi), ma portò alla presa di Gorizia, una delle poche virrorie degli a ll eati in quel l'anno.
La serrima, o la prima delle tre Spallate che dopo i successi dei primi giorni dovevano essere imerrorre , durò dal 14 al 17 settembre, caddero
129 ufficiali e 2.658 soldati e tra feriti e dispersi furono 21.14 gli italiani fuori combanimenro; gli austriaci ebbero 2.500 morti, 12.500 feriti e 4.500 prigionieri: le perdite furono quasi uguali a comprova dei furibondi contrattacchi che cercarono di riprendere le trincee occupare dagli italiani.
Lottava dal 9 al 12 orrobre comporrò agli ausrro ungheresi perdite per 25.000 uomini, mentre gli italiani ebbero 138 ufficiali morti, 540 feriti e 104 dispersi, rra la truppa i rnoni accertat i furono 2.805, i feriti 15.592 e i dispersi 5.686, numeri non molro inferiori alle perdite francesi e inglesi sul fronte occidentale 2
Tavola di Achille Beltrame di un attacco di arditi ne l 19 18.
La nona, la terza spallara, durò dal 1o al4 novembre e fu la più impegnariva poiché impegnò 167 battaglioni della 3 • armata e 48 della 2 • contro 11 O della Isonzo Armee. I risultari furono ecce ll enti perché permisero un profonda avanzata oltre Castagnevizza. gli italiani eb bero 33.924 uomini fuori combarrimenro e gli austriaci 22.529. Era stato il duca d'Aosta a chiedere a Cadorna, che il 2 aveva già ordinaw di sospendere l'offensiva, di cominuarla e ciò aveva comportato perdite eccessive rispetto ai guadagni territoriali: esattamente il conrrario di ciò che si era srabiliw di fare con le Spallare-3 • Nel 19 l 7 la decima battaglia dell'lsonzo durò dal 12 maggio al 4 giugno: risultati parziali sul Carso, ma la conquista nel med io Isonzo del Kuk, del Vodice e del Monte Santo. Si trattò di u na battaglia senza precedenti, ma la tattica della d ifesa e lastica adottata dagli austriaci infl isse pesanti perdite: 111.794 italiani fuori combattimento, di cui 13.416 morri ua truppa e ufficiali, contro i 75.70 0 austro - ungheresi, di cui
7.300 morri 4
:Lundicesima battaglia dal 17 al 31 agosto fu la battaglia più grande fino ad allora mai combatrura dag li itali ani 5 - 5 .400 cannon i, 600 000 attaccanti- consentì la presa dell'Alropiano della Bai nsi zza rra Gorizia e T olmi no - l'un ica vi rroria degli alleati della guerra- e fu sul p un co d i sfondare il fronte, inducendo l'imperatore Carlo l a chiedere l'aiuco dell ' a.llcaro tedesco che, mandando in Italia sei rra le m ig l iori divis ioni, determinò lo sfondamento del fronte italiano a Tolmino nella dod icesima battaglia deJI 'Isonzo (24 orrobre - 9 novembre 1917). Tra tutti questi caduti, feriti e prigionieri ci furono decine d i italiani che, coragg iosi, compiro n o arri di valore consentendo ad altri di salvarsi o pe rmettendo di conquistare delle posiz ioni che sarebbero costate alrre vite. Costoro vennero decorat i.
Tri este-Italia.
"Italia: Una libera indipendente. Uni one insegnanti italiani comitato lombardo. Milano.
L'ITAltA ! una, libera. indipendente
Uu gettfe. .,,., llngu•• .,,.. fede per biW l 54101 figli : LIBERTÀ .
l ' 1\fPERO .\USTRO-UNO.\RICO:
Qu.ttro rnzc, dnqve religioni, dod ld ling ue Otto n•zlonl/ltl ntto
Il g ro]O Un ico v i ncolo poli t i co : LA f OR CA
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m1l 12 • UngMresi, ro • PoIKCIII, 5 • Czedll SIOVIchl. 8 • Runl (Rutettl) • Rumeni, 3 • Sloven l, CroltJ, Serbi 7 - lt..ll•nle d i veni, 2. Re llcionl C.ttollc., Gteco-Sdsnt. ProteWinte, ISfHIIIICI,
Croce di guerra al valor militare.
Le decorazioni al valore
Medaglia d'argento al valor militare.
L.:eserciro italiano era ancora sostanzialmenrc un esercire dinastico in cui si usciva all'assalto gridando "Savoia!", non "Italia!". Ma nelle scuole si insegnava la scoria d'Italia anche ne ll e elementari perché la gran parte dei ragazzi non avrebbe conrinuato g li studi, in quella scoria raccontata si aveva cura di sti molare negli studenti l'amore per l'Italia e per la monarchia evocando gli eroi del passaro 1 • Era in sostanza un'educazione all'eroismo e al coraggio in battaglia. Diede buoni frutti perché non ci fu altro periodo scorico in cui gli italiani compirono così numerosi arri di valore. l riconoscimenti indiv iduali cons istettero infatti in 360 medaglie d'oro (compresa quella al Milite Ignoro), 38.355 medaglie d'argenro , 59.399 m edag li e di bronzo e 28.356 Croci di Guerra al valor militare. La condizione per ottenere una medaglia era che l' atto di valore fosse testimoniato da un ufficiale e c iò comporrò, naturalmente, che m oltissimi atri di valore, soprarutto durante la ritirata di Caporctro 2 , ma anche sul Carso, non furono ricomp ensati perché la testimonianza dei sot tufficiali il più del le volte non venne accerrara.
Nell915 era in vigore il Regio Viglìetto emanaco da Car lo Alberto nell833 per i riconoscimenti individuali c collettivi al valor militare cioè per quei gesti compiud in combattimento.
La casistica della guerra di massa era diversa, ma il Regio V ig li eno non fu roccaro e si può d ire che sia in vigore anco ra oggi perché mai modificato o abrogaro. La Comm issione per la concessione del le ricompense riconobb e nella Grande Guerra al le Bandiere 7 medaglie d'oro; 174 medaglie d 'arge nto; 91 medaglie di bronzo e 2 croci di guerra per comp lessivi 274 r iconosc im en ti . Le "decorazioni alle bandiere" non s'intendono solo le Bandiere Mi litari dei reg im emi o del le brigate, ma s i compre n dono anche i gonfaloni dci comuni e perfino le bandiere di organizzazioni uni versita ri e .
Tra le massime decorazioni al valor militare q u attro sono state conferire a mi li tari stra ni er i: al francese.John O ' Byrne, comandante del so mm e rgibi le "C urie"; al francese Anroine Roland Morillor, coma nd ante del sommergibile "Mo n ge"; a N ico la Il Romanov, zar di tll(te le Russie e al pilota staru ni tense Fenafly Coleman De Witt. Oltre le croci di g u e rra co n cesse al valor m ilitare esistono aluc croci di Guerra al merito d i guer ra e che, pur tratt andosi di un riconoscimento , non sono s pecifiche di att i di valore ma per un buon comportame nto comp lessivo.
Allo scoppio del confl itto, 24 maggio 19 15, il totale dei combattenti alle armi era di 1. 556. 535 a cui debbono essere aggiunti 2 .220 .299 unità in corporare durame rutto l'arco del conflitto, 995 .729 pri ma r iformati poi di ch iarati idone i e 99 .650 rccuperari per ca u se var ie Com pl essivamente presero parte al con A i no 4.872.213 com battenti. Alla produzione indu str iale ve nn ero dest i na ti 166 596 u omini c h e potevano vantare pr eceden ti di mestiere avendo lavoraro presso sra bi limenri la cui produzione e ra di inte resse milita re . Questo faceva ascendere il num ero dei rrarrenur i alle anni a 5.038.809 u nirà.
Di qu es ta mas sa a ll e a rmi 4 199.542 ve nn e ro inqua drati nell'eserciw op erante mentre 839 .267 vennero a far p arte de ll ' organizzaz ione lo gistica .
Soprassoldo
Con un decrero del febbraio 1918 i soprassoldi medaglia ve n nero elevati dalle 3 50 a lire orrocento per le medaglie d 'oro, dalle l 00 alle duecemocinquama per le medaglie d 'a rgento e a ce nro li re per le m edag lie di bronzo.
Ai militari indigeni del Corpo Truppe Coloniali che avessero comp iuro arri di valore potevano essere concesse esclusivamente medaglie d'argentO e di bronzo. Vinorio Emanuele rtl con regio decreto 7 gennaio 1922 isriruiva la Croce di Guerra al valor militare sospesa ad un nastro rettangolare a strisce bianche e azzurre poi sosti tuito da un na stro azzurro come per le altre decorazioni a l valro militare.
" Elenco di vari casi che potranno essere sottomessi a s.m. per le sovrane sue decisioni c irca la concessione delle medaglie
l. Essere il primo sul c iglio della breccia.
2. Essere il primo su l ram paro quando s i prende una piazza per m ezz o della scalata; od i l primo in azione di mare a salire all'abbordaggio su l legno nemico, di cui si ottenga ciò mediante la resa.
3. Entrare il primo in un ridotto o trinceramento; ed in tal categoria si puonno mettere le case nelle quali il nemico oppone una forre resistenza; ovvero con colpo arditissimo incendia re un vascello nemico.
4. Difendere la Bandiera sino all'ultima estre mità e salvarne almeno il drappo.
5. Difendere un pomc, uno stretto, od un a l rro posto qualunque conrro forze superiori, per cui ne risulci un irnponanre vantaggio all'Armata; od in mare banersi vinoriosamenre c catturare legno nemico di maggior bordo c portata; ovvero ancorché perdenre, porre però la disperata difesa farra, il legno nemico ncll'impossibilicà asso lura di più cenere il mare.
G. Essere il primo a scaglia rsi in un quadraco, se perciò n e risu l ta la rotta del medesimo.
7. Non abbandonare il combattimemo benché ferito, e rirornarvi dopo essere stato bendare.
8. Comandando un posw avanzato dare in caso d'improvviso arracco, col me-ao d'ostinata difesa contro forze superiori, al Corpo principale, il tempo di prendere le armi ed ordinarsi.
9. Avendo il comando di un disraccamenro, in caso di ritirala arrestare o rall enta re con v igorosa e ben in tesa resistenza l'insegu i mento d el nemi co, c sa lvar così il co rp o principa le.
l O. Prendere una batteria al nemico; bene inteso però che dessa sia in isram di difesa, c non ancora scavalcata.
11. Riprendere una nostra batteria caduta nelle mani nemiche.
12. Riprendere un a Bandiera o St endardo caduro nelle mani de l nem ico.
13. Sa lva re un Uffìzialc Superiore o Generale dall'esse re pri g ion e
14. Far prigione un Generale nemico.
15. Salvar la vira ad un Uffiziale Superiore o Generale, esponendo la propria a manifesro pericolo.
16. Radunare, arrestare, e ricondurre al combattimento genre dispersa e fuggiasca.
l 7. Passare un fiume a l llU()(O , o altrimenti per rendere le barche attacca re alla ripa occupa ta dal n e mi co, c ri co ndurl e a ll a propria rip a
18. Porrare una lettera da una Fortezza assed iata arrraverso il ca mpo nemico al Comandante della propria unirà.
Retro della medaglia d'argento.
Medaglia d'oro al valor militare .
Medaglia commemorativa dell'unità d ' Italia "rifondata" in quanto già istituita p er le guerre d'indipendenza r ecant e sul retro: "Unità d'Italia 18481918".
M edaglia di bronzo al valor m ilitare .
19. Ricondurre alla propria Armata un corpo di truppa od un distaccamento ragliato fuori i n segui ro alla ri ri rara.
20 Come capo di pattuglia o ricognizione, scoprire l' approssima z ione del nemico, il quale tenrava una sorpresa, e dandone avviso in tempo a chi di ragione , farla restare vuota d'affetto.
21. Comandando un corpo di truppa, per mezzo di una marcia ben intesa, sorprendere , battere e far prigione una truppa nemica.
22. Come capo di un distaccamento in caso d ' una rotta del nemico , dcvanzarlo , e prevenirlo ad uno strerro o alrro siro vantaggioso per riordinarsi, e per tal modo far un gran numero di prigionieri.
Il capitano Alfredo Patroni ferito 5 volte come si evince dalle barette sulla manica, decorato con tre medaglie d'argento e una di bronzo.
23. Cooperare i n modo parricolare e distinro al buon esito d'una intrapresa militare qualunque con gravi stenti, e rischio personale del la vira, come per esempio sorprendere ed annichi lare un convoglio nemico, pel difetto del quale rrovisi obbligare di l evare l' assedio già inoltrato in una Fortezza; oppure introdurvi un soccorso cale, che o produca lo stesso effetto , o ne dilunghi notevolmente la resa.
24. Salvare la cassa dei denari, c gli equipaggi militari, e le arriglierie, in ispecie quando si tenevano già per abbandonati, ed aveasi avuto ordine dal Comandante d'inc hi odarle o gcrrarlc in un nume o precipizio; è cosl d'un legno Regio che fosse per naufragare o da cui già naufragaro , nel l'arw stesso della burrasca si giungesse a salvare la cassa militare, carte, od altri effetti di somma importanza; mediante però che tali azioni non solo vengano convalidare dai restimonii convenienti, ma non siano neppure giudicare prodorre ben pitl da deside r io di preda che da tu1 nobile sentimento d ' onore.
25. Qualunque fatto personale di ogni militare in qualsiasi occasione, anche in piena pace, in cui rrovisi comandaro di servizio, oppure che in caso di tumulti o sommosse si fosse messo a disposizione deii'Amorirà superiore, purchè dcno farro venga ripuraco prudente, distinto e coraggioso , e si ravvisi di natura tale da poter eccitare l'emulazione del valore fra i suoi compagni d ' armi. Torino, iJ 26 di marzo 1833" .
L'Ordine M ilitare di Savoia (O.M . S.)
Fu istituire da Vittorio Emanuele l nel 1815 e Vitrorio Emanue le TT n el 1855 determinò nuove norme per l'assegnazione di quest'Ordine ripartendolo in quattro classi e assegnando a ciscuno un soprassoldo.
L'O M.S. era panicolarmenre destinato a ricompensare i serv igi distinti resi in guerra e, benché fosse desrinaro a mi li tar i di qualsiasi grado, fu co n fer i to quasi sempre a ufficiali superiori
L a croce dell'Ordine Mil itar e di Savoia ( O.M . S.).
le medaglie d ' oro a Redipuglia e Oslavia
Se si dovesse fare un rapporto t ra le decorazioni conferite alla truppa c agli ufficiali subalternì - fino a l grado dì capitano, quindi quasi semp re a ufficiali dì complemento- si vedrebbe c he i 2/3 delle d eco raz ion i furono dare a ufficial i subalrern i c so lo una minima pan e alla rruppa , c io nono s tanre ci furon o so rrufficiali e ram i che, decorati dì medag l ia d'oro, enrrarono nella leggenda: G iuli o Zanon, Giovanni Cucchiari, Edmondo Mazzuoli, Torquato Cardelli, Severino Merli, Cosranrino Palmicri, Alfonso Samoggia, Enrico lòri, Emilio Bianchi, Vincenzo Forte, Bia gio Lammoglia, G iuseppe Mariani, Raimondo Sc inru , Giulio Vo lp e, Luigi Bevilacqua, E nnio Bucchi , Giuseppe De Ca rl i, Fedele Piras, Elia Ro ss i Passavanri, Ciro Scianna, Att i lio Verdirosi, Gian Luigi Zucchi c furo n o raffigurati s ulla "Domenica del Cor ri e re" o nei dipinti del dopoguerra.
Sul fronte dell'Isonzo ci furono delle brigare che furono distrurre più di una volta, ma che non fi gura n o ancora nei libri di resto delle scuole della repubblica per quella rirrosia sroriografìca che da almeno tre decenni considera morire in battaglia privo di rilevanza cul turale.
Sul Ca rso di Comeno, a Po d Korìt e, il renenre d ella Mili z ia rerriroriale dì Ponted era G iova nni Gronchi, aiuta nrc maggiore di ban:aglione, rimase co nruso a una gamba mentre incitava gli uomini all'attacco assieme al comandanre del battaglione, ma restò in prima linea e quando una parte della linea arretrò "per l'infuriare dd bombardamenro, riconduceva al fuoco i dispersi [vale a dire gli sbandati ] dando in tutta l'azione bella prova di co raggio Pod Korirc, 23-26 magg io 1917", meritandosi la m edag li a d i bron zo.
F u so lo co nru so ( m a poi meritò una m edag li a d 'arge nto , un 'a ltra di bronzo c due croci al va lor rniliatre), c poté poi diventare segretario generale della carrolica Confederazione itaJiana dei lavoratori nel 1920 e poi presidcme della Repubbli ca. Ma almeno sei dei menbri della Costituente erano eroi di guerra sul fronte dell'lsonw. l Granatieri di Sardegna, la Sassari e lo Catanzaro
l granat ier i di Sardegna si distinguevano dagli a lrri reparti di fanter ia per l' alrezza c la prestanza fisica. "Truppe scelre", antesignane d ei reparti d'assalro nell'es rate 1917, fì n dall'inizio d ella guerra furono utili zzare nella conquista delle posizioni più mi c idi ali. Qucsri assalri portarono aJ la disrru cio n e della brigara almeno in d u e battag l ie d e l 19 16 e in d u e n el 19 17, facendo del la br igata la pi ì.t dc co rara d e lla guerra: le bandi e re d c i reggim emi e bb e ro una meda glia d 'o ro c una d 'ar ge nro per c iasc una e b e n l l furono le med ag lie d'oro individu a li , 352 d'argento e 658 di bronzo, a fronte di 6. '537 morti, di cu i 231 ufficiali, e 13.485 ferici: uno dei miri dell'orgoglio italiano assie me alla Sassari e agli ardiri.
La Sassari, che fu la brigata più decorata dci tre anni e me zzo di guerra, il 15 1u c il 152° ebbero c iascuno due medaglie d 'o ro. Le m edaglie i nd i vid u aJ i furono: 9 m edaglie d'oro, 286 d 'a rge nro e 4 17 di bron zo, ebbe però 3.864 rnorri e 18 000 feriti e 5 c itazioni nel Bollett ino del Com ando Su pre mo; la CatanZtlro c he fu la brigara
a cura di Lorenzo Cadeddu
Paolo
GaspariGiorgio
SecciaCimiterino di Granati eri caduti a Osl avia.
Il fante de lla Casale Giovanni Cucchiari di Macerata, caduto sul Podgora il 24 giugno 191 5, medaglia d'oro.
Emilio Lussu e Alfredo Graziani con Maria Teresa Guerrato Nardi ni e le sue nipoti a Bassano (Collezione Caneva).
Carlo Castelnovo delle Lanze , ventiduenne sottotenente del Genova cavalleria.
"carsica" sterminata per tre volte con oltre 2.000 morti, 11.800 feriti e 2.000 dispersi , ebbe il 14 1° reggimenro decoraro co n la medaglia d ' oro e il142o con quella d ' argenro, ebbe tre medaglie d ' oro e 152 d ' argenro. Divenne famosa per la ribellione di un paio di compagnie a Sanra Maria la Longa nell'estate del 191 7 e per la segue me c immotivata decimazion e, m a in realtà fu una delle brigate piLt valorose. Sul Carso nel 1915, l'avanzamento della linea italiana tra Bosco Cappucc io e la Sella di San Mani no, durante l a seconda battaglia deli'Isonzo combattuta rra il25 luglio e il 23 agosro, fu pagaro dai sardi della Sassari con la perdita di 13 morti e 54 feriti tra gli uffi ciali, mentre quelle dei soldati ammontarono a 374 morti e 1.902 feriti e a 77 dispersi.
È sraro scritto c h e la vera virror ia della Sassari durante la quarta offensiva deii ' Isonzo fu qu esta res is t enza ad un bombardamento di violenza inaudita, senza comare il freddo intenso e la pioggia in sistente che provocarono diversi casi di asside ram ento tra trupp e già provare dalle difficoltà di rifornimento: "In uno contro dieci, la tri n cea battuta in pieno da granare austriache di rutti i calibri c h e avevano perfettamente inquadrato il riro, i so ldati sardi ressero all ' urto di reggimenti freschi e numerosi, moltiplicandosi nel la resistenza, esegue ndo con folle ardire delle sortite per avere il dominio moral e sul nemico".
" Le truppe sono in lin ea da otto giorni e non conservano più nienre d'umano -scrisse nelle sue m e mori e Leonardo Morzo , descrivendo quella fase drammatica - Le basse trincee sono coperte di fango rosso nel quale i soldati affondano le gambe. l piedi so no congelati e non possono più essere contenu ti nelle scarpe: i fanti ragliano le coperte e se ne fasciano i piedi legandole con fi lo di ferro e con spago: le fasce non reggono piLt; i volti dei so lda ti sono a n ch'ess i tinti di rosso".
Nei terribili momenti d ella quarta offensiva deli'Isonzo, i mul atticri in servizio tra Cas telnuovo e il fronte, ca nr avano malinconicamente risalendo in linea: "Pro defendcr sa patria italian a Distrutta s'este la Sardigna intrea".
La serie di barragli e combattute tra "F rasch e", "Razzi" s ul San Michele costò all a Sassari 18 morti e 50 feriti agli ufficiali, mentre era i ranghi dei so ldati si contarono 191 morti, 1.325 feriri e 128 dispersi.
La Sassari è entrata però nel miro per il libro di Emilio Lussu Un anno sull'Altipiano, da cui Francesco Rosì s'is pirò per il film Uomini contro, non condiviso da Lussu stesso, ma è indubbio che il magg ior sac rific io lo fece sul Carso. Non potendo proporre la biografia militare delle centinaia di decorati s ul fro n te dell'Isonzo, racconteremo almeno le vicende dei cittadini decorati di medaglia d'oro.
Carlo Castelnovo delle Lanze e le sciabole a Po z zuol o
Carl o era nato il 9 marzo 1895 a San Paolo Belsico (Caserta) figlio di Enr ico dci conti di Torrazza , rorinese, capitano dei Lancieri di Vercelli, e di Costanza d ei marchesi Filiasi. Dopo le scuole elementari fu allievo del Co llegio Marisri di Roma, poi del Liceo "Ca rlo Alberro" di Moncal ieri e nel 1913 entrò all'Accademia di Moden a. Ne l 1915 ne uscì come sottorenente di caval le ria e fu assegnatO ai Lancieri di Vercelli Fre qu entò la scuo la di cavalleria di Pinero lo dal di cem bre 1915 al febbraio 1916. Promosso tenente i l 5 maggio 1916, dieci giorni dopo parr eci pò alle azioni sulle colline di Monfalcone del reggimento appiedaro. Si trattava tuttavia di una
vi w di trincea alla quale non era stato addestrato e in cui i reggimenti di cavalleria appiedata raramente venivano incaricati di azioni offensive . Per queste ragioni nel maggio 1917 chiese di essere assegnato a una compagnia mitraglieri e fu assegnato a llo squadro ne mitraglieri di Genova cavalleria comandato dal capitano Giancarlo
T icc hioni. Genwa faceva parte con i l 5o Novara d e ll a li br iga ta comandata da l generale Giorgio Emo Capodilista che era stata richiamata s ul fronte dcll ' lsonzo il 24 orrobre 191 7 a ca usa dell'offensiva austro tedesca. Giunta a Pozzuolo nel pom eriggio del 29 onobre, la H brigata aveva il co mpite di trarte n e re l'avanzata del nemi co nel caso avesse c ompiuro una conversione a sud per andare a colpire il fian co sinistro della 3' armata del duca d ' Aosta che si stava ritirando verso il Ta<>liamenro b per passare s ui ponti d i Madr isio e Lat isana Schierato alle barricare est di Pozzuolo con una mitragliatrice posrata allo sbocco per Terenzano e una aJ sec ondo piano di una casa, la sua sezione si trovò a sostenere n e lla prima martina del 30 un attacco del Ili battaglione bosniaco della VII brigata da montagna della 1• divisione austro ungarica del fcldmarescialJo Metzger in marcia verso Mortegliano. 11 comandante del Hl barragliene desistette dall'entrare
Le m ooagHc d'oro d i Redipuglia e Osi a, ia
l. P. Gaspari, !.:t b.maglin Mi gmtiluonmn Poz.uwlo ,. Monrgliana il JO ortobre 1917, Gasparo, Udone 20U.
2. Pao la d i Colloredo Mels, Prigiomem L'IJlonMrra. Il diario di tmtl croaro.rsiun a Udine dopo Cnpormo, ·' d i'[ Rka rd i Ji Ncrro, Gaspari, Ud in e 2016.
Lo schieramento dei r eggimenti Genova e Novara a Pozzuolo il 30 ottobre e quello dei reggimenti aus tro germanici che li circondarono.
Le frecc e indicano le cariche della cavall eria di Sezann e, Lajolo e Campari.
nel paese, ma su biro dopo il l battaglione Fcldjager della Bosnia Erzegovina della X brigata da monragna del generale Kofron - 60> divisione dd feldmaresciallo Ludwig Goiginger- sferrò un attacco, anch'esso respinto. Poche ore dopo fu la volra del I battaglione del 25° reggimento del colonnello Keller della 11 7"' divisione slcsiana della 14• austro germanica del gen. Orto von Bclow 1 • Poco dopo mezzogiorno, i l ve n ciduenne renenre, mcmrc cercava di corregge re il ciro d i u na de ll e sue m i uagliauici, fu colpiro da u n proierr i k che, raccontò il tenence Cesare Bianchini vicino alla mirragliacrice di Cmelnovo, ferì i l sergeme Garavaglia al polso c Castelnovo all'inguine; poco dopo Bianchini stesso fu feriro alla spalla sinistra c il maggiore Ghirroni prel.e il suo moscherro e continuò a sparare.
Carlo è colpito da pallottola esplosiva all'inguine- raccontò qualche anno dopo Cesco Tomasclli ne Gli "ultimi" di Caporetto - "memre curvo su un'arma della sua sezione ne controllava il tiro. Solo quando le forze gli vengono meno acconsente ad allomanarsi: sorretto da ll a sua ordinanza, si avv ia dolorando al posro di m ed icaz io n e dopo aver incita to i suoi gialli mitraglieri, che non vedrà mai p i tl, a per la gloria del re e per l'onore del Genova. 11 posro di med icazione è sulla piazza, al pianterreno di una • casa ove, ironia del caso, c'era una bortega di macellaio. l feriti sono distesi
Dipinto del pittore Luigi Bront sull'episodio del capitello " Quo Vadis?" dell'estrema difesa dei mitraglieri.
Il dipinto del conte Luigi Tommaseo Ponzetta sull'episodio del su i cidio del maggiore Ghittoni, comandante il Il gruppo di squadroni del Genova, nella piazza di Pozzuolo (MSACAP).
dapperrutto. Nelle alrre case le; donne Messe si sono trasformate in infermiere. Le cucine odorano di polenta e di tintura di iodio. Ogni tanto compare sulla soglia un uomo barcollante che si comprime la ferita con le mani rosse di sangue: geme, nomina i suoi cari lontani, supp l ica di essere soccorso. Nella casa di Caterina Tosoni, ch'è l'ulrima del paese su ll a srrada d i Carpeneto, dirimperro a ll a fil a n da, fa n ti c mi t ragl ie ri si sono asse rragliati in una d isperata difesa. La scala che conduce al piano superiore è tutta rigara di sangue: di là salgono quelli che fanno fuoco dalle finestre c s'incontrano o inciampano nei feriti c nei moribondi che sono caduti riversi ai piedi dei davanzali. C'è in quella casa una soave creatura che passa da una stanza all'altra sui feriti con bende inzuppare d'acqua c co n p ietose parole. Cecilia Tosoni non ha che d iciassette a nni , m a i m o rib o n di che la ve d o n o come aurave rso u n velo l' apostrofano co l no m e d i mamma, ramo sembra materna la sua esperienza del dolore, tanto paiono sapienr i le sue dita nel gesto di scoprire la piaga c sedarne il bruciore"
Ricoverato nella villa Masotti, sede del comando della brigata, alla fine della battaglia fu trasportato a Udine accompagnato dall ' uffic ia le m ed ico Miche le Pavon e: " Pe r v ia ci ragg iun se la se ra . Lo ntano, gl i i ncend i in dicava n o la città, dense colonne di fumo l'avvolgevano Gi u ngemmo alle prime case. Erano tutte deserte, le fìnesrre aperre, le porre sfasciare. Entrammo in città. Al posto di guardia fu m-
mo fennati e da due accompagnati fino all'ospedale del Seminario. Ricordo l'impressione penosa che ci destò quel giro notturno per la città invasa. Una luce diffusa rischiarava scialbamente d'inrorno. Un acre odore di fumo si diffondeva dalle case incendiate, le cui luci rosse si rispecchiavano nei palani più alti, sui campanili. Di quando in quando, per le vie, passavano carri pieni di soldati tedeschi ubbriachi, che urlavano le loro canzoni.
] Giungemmo all'ospedale del Seminario. Alla luce guizzante delle candele c i apparve il corrile ingombro di ambulanze, di carri pieni di feriti, quasi tutti italiani. Nell'inrerno dell'ospeda le lo stesso. Dappcrrurro vi erano feriti, nelle scale, nei corridoi, nelle camerate, per terra, sui letti, sulle barelle e ovunque era un unico gemito VII. d'angoscia, un lamcmo doloroso, una richie sta d'aiuro. Co l dottor Signor e co n i ferici del mio reggimento, e ntrai nella came ra di medicazione. Trovammo un capitano, il dorror Loi e il tenente Dc Michelis inrcmi a medicare. Una semplice presentazione, un saluto e cominciammo anche noi l'opera nostra. Cos ì rra sco rse la norte. Come trascorse non so, meccanicamente cu ravamo le ferite che ci si presentavano. Poi sfiniri, ci addormenrammo in un angolo. Col nuovo giorno, alla luce viva, la realtà ci apparve ancora più interamente e più dolorosa. Quasi ottocenro feriti erano in ospedale, fra quelli rimasti perchè inrrasponabili e quelli nuovi sopraggiunti. E ve n'erano da vari giorni senza cure. Girai per le sale. Caria vi era am morbara dalle esalaz ioni di tanre piaghe puru leme. Ovunque un coro si levava invocante soccorso, chiedente un sorso d'acqua, un rozzo di pane. Bisognava provvedere Più di tutto occorreva medicare i più bisognosi". c::::1 La crocerossina Costanza Roberri di Castelvero1 , maritata con il marchese Paolo di Co lloredo Mels, apparteneva a una famig li a piemontese che aveva dato in quella guerra fior fiore di eroi. Due suoi nipoti erano morri sul Carso, ma lei stessa aveva avuro il bisnonno Renaro, cornetta (scmorcnente) porrastendardo del reggimenro lo dragoni, il Genova, nel combattimento del Bricc hcno nel 1796 contro i francesi, che era entrato nel mito per aver continuaro a combattere, dopo ave r rotto la scia bola, con l'asra dello stendardo
Mappa tedesca d e ll'attacco del 30 ottobre p er tagl i are l a ritirata della 3 a armata verso Latis an a .
Copertin a del libro di Eugenio Buc ci di Santafiora e la carica d e ll o squadrone Lajolo
come lancia. Quando Costanza venne a sapere che c'era un giovane ufficiale del Genova gravemente ferito al Seminario, Ici con la figlia Paola andarono rutti i giorni portando cibo ai feriù, assistendo il vcnriduenne tenente dei mitraglieri che morì alla fine di novembre . Al nlllerale de l l o di cemb re il comandante austr iaco d ella Piazza di Udine fece rendere da un picchetto g li onori militari. Fu dccoraro di medaglia d'argento che fu commutata in medaglia d'oro al valore militare alla memoria nell'agosto 1921 con questa moti vazione: "Appiedaro con la sua sezio ne mitragliatrici per la difesa ad oltranza di uno sbarramento importantissimo a protezione di nostre co lonne di fanteria e carreggi in ritirata , dirigeva con calma c coraggio ammirevoli il riro dell e sue armi e col preciso fuoco di esse, opportunamente sposta ndole, resisteva per nove ore agli assalti del nemico in forze, fattos i baldan zoso per pre cedenti successi ottenuti. Ferito a ll' inguine da pallotrola esp losiva, mentre curvo su di un'arma ne contro llava iJ tiro, conscio perfettamente della missione di sac rificio affidata al suo reparto, con alùssimo sentimento ddl'onor mi litare e co n grande amo r di Patria chiedeva di resistere,
fìno alla morte che semiva prossima, fra i suoi mitraglieri di cui esaltava con vibrate c nobi li parole l' eroismo. Pozzuo lo del Friuli , 30 orwbre 1917".
Con suo testamento aveva legato 400 lire al proprio squadrone mitraglieri perché fossero distribuire fra i dragoni più bisognosi.(P. G.)
Ettore Laiolo con Romolo contro le Schwarzlose
Era nato a Vinchio d'Asti il 20 settembre 1889 da Giovanni Battista, ufficiale superiore degli alpini, e da Carolina Monti. Insieme ai frate lli Oresre e Aristide fu educaro agli studi e al lo sport, compresa l'equitazione. Nel1909 enrrò nella Scuola Militare di Modena da cui uscì, nel novembre del 1911, sorrorenenre di cavalleria assegnaw al reggimenro CavaLleggeri di Monferrato di stanza a Lodi. Promosso tenente nel novembre del 1914, su sua richiesta fu inviato in Cirenaica dove assunse U comando del4o squadro n e Savari, i cavalieri lib ic i. Fu rimpatriato solo ne l giugno del 1917 con la promozione al grado di capitano nel reggimento Genova Cavalleria che si rrovava a Castiglione delle Stiviere (Mantova) per un campo di istruzione. Qui assunse il comando del 4 ° squadrone che era staro del fratel lo Oreste, cadutO sul Carso di Monfalcone ill7 settembre dell916.
Il capitano Ettore Lajolo comandante del 4 ° squadrone del Genova che, finit e le munizioni, comatndò la carica per consentire il ripiegamento della brigata. Fu sepolto a Red ipuglia
Il capitano Lajolo con il suo squadrone prima della carica; dipinto di Tommaseo (Museo Storico dell'arma della cavalleria di Pinerolo).
Il 2 L onobre 1917 il reggimento, mentre si trova a Pravisdomini di Pordenone ricevette l'ordine di trasferirsi a Noale (Venezia) nei cosiddetti "quartieri invernali".
Durame il trasferimenro, il giorno 25, mentre aveva raggiunto Treviso giunse il contrordine di rientrare a Pravisdom i ni dove giunse la sera del 26. La rorrura del fro n te a Caporerro indusse il capo dello Stato Maggiore, il generale Luig i Cadorna, a usare le brigate di cavalleria per rallenrare l'eventuale avanzata nem ica in pianura per consentire il ripiegamenco del grosso della 2• e de ll a 3" armata. In realtà, dopo la battaglia di Cividale del 27 ottobre che avrebbe dovuto trattenere il nemico nelle Prealpi Giul ie e che invece si concl u se nel pomeriggio del 27, la situazione si evolvette così rapidamente che i reparti si ritirarono avendo il nemico a poche ore di m arcia Fu così
che il marrino del 29 ottobre il TV corpo d ' armata in ripiegamenro prese sorto il s uo comando la l a div isione di cavalleria de l generale Pietro Filippini che aveva a i suo i ord i ni la l " bri gata del generale Annibale Gatti, subito incaricato di occupare Pasian Schiavonesco (oggi BasiJiano) e la 2 • brigata del generale Giorgio Emo Capodilista incaricata di occupare Pozzuolo per proteggere evenruali tentativi nemici di ragliare le vie di ripi cgamento del la 3 " armata del duca d'Aosta. Uno scacco militare a l membro di Casa Savoia investiro di un così decisivo Comando- l'armata del Carso- poteva indebolire l'immagine della monarchia. Per rendere più breve la carena di comando la 2• armata fu divisa in tre serrori: ala sinisrra del generale Erna verso Ragog na -San Daniele, il cen u:o del generale Petitti di Rorero c l'a la destra del generale fcrrero in collcgamenro con la 3 • armata . Fu così che già nella mattinata del29 la t • divisione di cavalleria passò agli ordini dell'ala destra della 2• armata e cioé nel 11 co rpo d'armata del generale AJbricci.
La sera de l 29 il generale E m o Capo di li sta stabi lì il suo posto comando a Po zzuolo presso la villa Masotti, in piazza Julia, all'imbocco della strada per Udine, mentre il comando dd Genova si sistemò in una casa vicino al Municipio di Pozzuolo nella s tessa piazza. Emo affidò al Genova il controllo della metà orienrale del paese per le provenienze da Udine, Sarnmarclenchia e Lavariano, al Novara la metà occidentale per le provenienze da Carpenero, Sanra Maria di Sdaunicco e Mortegliano: in sostanza il compiro di prima linea sarebbe spcrraro al Genova. Nonostame i v iolemi sc rosci di piogg ia le eruppe e re ssero barricare e allestirono le difese recuperando dalle abitazioni abbandonate rurro quanro potesse tornare lllile.
Lo schieramento degli squadroni del Genova il mattino del 30 ottobre. La carica del capitano Lajolo delle 5 del pomeriggio con i superstiti del 4 ° squadrone si pronunciò dentro il paese, verso est.
La difesa della br igata Emo avrebbe dovuro resistere almeno lì no alle ore 18,30 del 30 otrobre.
I cavalli sellat i vennero raccolci nei cortili interni delle case e i lancieri e i dragoni si appostarono negli ultimi piani, sulle barricate con moschetti e mitragliatrici respingendo i primi tentativi nemici di entrare in guel formidabile incrocio di strade che era il centro di Pozzuolo, dal momento che la marcia per i campi era impossibile a cau sa del terreno reso fangoso dalle pioggie incessami degli ultimi giorni.
Il colonnello Francesco Bel lorri comandava il Genova, ma d e i 5 squadroni poteva contare quel giorno solo su tre: il l o del capitano Eugenio Pisceria, il2o del capitano luigi Montagnani e il 4 o de l capita no Errore Lajo lo oltre allo squadrone mitraglieri per complessivi 32 ufficiali, 549 tra so ttuffìciali e dragoni con 549 quadrupedi. Novara del colonnello Carlo Campari disponeva, in vece, di 30 ufficiali, 350 sortuflìciali e dragoni con 355 cavalli.
Del Genova faceva parte un sergenre, Elia Rossi di una modesta fàmiglia di Temi , orfano di entrambi i genirori ed encraro in guerra da soldaro se mplice , che era stato rra i difensori della quota 144 sul Carso di Monfàlcone nei combattimenri dove era caduw Oreste Lajo lo , frate llo maggiore di Ettore . Una sc heggia l'aveva colpito portandogli via un pezzo del volto, ed egli rappresentava per il capitano del 4o squadrone il ricordo quotidiano del fratello morto in barraglia quando lui era ancora il Libia.
Il colonnello Francesco Bellotti comandante del Genova.
La carica del 4 ° squadrone Genova in una tavola cons e rvata al Museo dell'arma della cavalleria a Pinerolo
È furente, Bellotti . .Lordine del tenente colonnel lo Giuseppe Virulli, capo di S.M. del generale Agosti n o Ravelli che aveva vo l uro l'i n tero squadrone di Lampugna.ni , il ) 0 , per guarnire il comando della 7" divisione. Del resto Ravelli era un volpone e non si sarebbe mai farro sorpren d ere dalle rapide manovre del nemico; con uno squadrone di cavalleria poteva scandagliare il territorio e avere una copertura in caso di rapida fuga. Così facendo aveva però lasciato Bellorri con rre soli squadroni a presidiare un perimetro d i un paio di chi lometri che avrebbe dovuro essere tenuto da 2 .000 fucili e lui aveva dovuto fare il conro della serva per liberare dal serviz io ai caval]j di ogni "circo lo" nei vari accanwnamemi uno o due dragoni c poter così recuperare una dozz in a di moschetti
Sulla strada per Udine e su quella per Sam m ardenchia c'erano i dragoni del 4 o squadrone di Lajolo e le m i rragl iarrici dello squadrone di Ticchioni.
Il 2 ° squad rone del Genova del capitano Luigi Monragnani con i ploroni dai tenenre Carlo Spino la, Arr igo Ivancich e dai sotto tenenti Armando Armano e Camillo Botta, in turco ci rca 80 moschetci.
Bellorri mia "fòra-fora" perché alle 11 inizia il primo attacco, respinto dalle 2 mitragliatrici di Castelnovo: una agl i sbocchi di Terenza n o e un a entro LUla casa alla periferia e da quelle del tenente Della Bianca agl i sbarra m e nti delle st rade di Sammarcl enchia- Lavariano.
1l 4 o squadrone de l capi tano Lajolo
aveva uno dci compiti più impegnarivi, quello di proteggere gli accessi dalla pane di Sammardenchia e di Lavariano co n le 2 mitragliatrici del rencm e Della Bianca. Nelle barri care verso Sam marden chia c'erano anche la 4J compagnia del Il/25 " Bergamo, memre verso Lavariano c ' era la 5' compagnia del II/25 ° del capitano Falugi, la 6 • era con il ) 0 squadrone di Novara del capitano Sezanne sulla barricata per Mortegliano.
Tl primo forre attacco si pronunciò verso le Il proprio dalla parte difesa dai mitraglieri del Genova verso Sammardenchia
Il comandante della X brigata- con la II avanguardia della 60• divisione del feldmaresciallo Goiginger - demandò all'attacco prima il l battagl ion e di Feldja ger bosniaci e il battaglione del 21 o reggimento fanteria "Craf von Abensperg und Traun" c, subito dopo, anche il IV battaglione di Feldjager della Bosnia Erz.egovina. l bosniaci erano considerati tra i migliori combattenti dell'imperia! regio eserciro. Non è un caso quindi c he agli unici due battaglioni di Feldjager bosniaci della X brigata da montagna fosse affidaco il compico di scardinare la difesa del nodo stradale di Pozzuolo. J robustissimi Jager avanzarono trasporrandosi sulle spalle le mirragliacrici leggere Schwarszfose.
Alle due del pomeriggio la fanteria ger mani ca, sostenuta da arm i auwmatichc, rinnova l'assalw dalla parre di Tcrenzano.
Genova non cede e, a cosco di forti perdite, con il fuoco delle mitragliatrici c co n contr:uracchi alla baionetta cos tringe g li assalirori a ripiegare.
Tra i primi a cadere fu proprio il principe del Sacro Romano Impero tenente Ludovico Guardino Carlo Rospigliosi Gioeni in un contranacco. Poco dopo il vcmiduenne rcnente Carlo Castelnovo conte della Torrazza, mentre ce rcava di co rregg ere il ciro di una del le sue mitragliatrici, fu colpito da un proiettile che, dopo aver frarrurato il polso di un mirragliere, lo ferì all'inguine e alla spina dorsale. Alle 4 c mezza le squadre d'assalro dei Feldjager bosniaci occupano le prime case dello sbocco verso Sammardenchia. "Le nostre perdite si fànno sempre più gravi", sc ri sse poi il generale Emo, "le armi sono promamenre ritirate dal comandante dello squadrone mitraglieri capitano Ticchioni c piazzate sulla strada dietro una seconda barricata. Tutti g li uomini col m oschetto alla mano sono impegnati".
Il tenente Cesare Bian c hini è vicino alla mitragliatrice di Cas telnovo quando la pallottola ferisce il sergente Garavaglia al polso e Castelnovo all'inguine; poco dopo è feriro eg li stesso alla spalla sin istra e il maggiore Chirroni pren d e il s uo rnoscheno e cont inua a sparare. Arriva intanto Ticchioni e prende il posro dei feriti sull'arma per continuare il fuoco. Sono le 16 e 30 c anche i tedeschi cominciano a penetrare in paese dalla pane di Terent.ano. Ticchioni fa cogliere le armi dalle fìnestre e le porta in srrada, dietro la seco nda barri ca ta, turri g l i uomini c he erano riusciri a ripiegare sparano con i moschecri.
Non c'è un momento da perdere. Bellotti corre dal capitano Sez.:1.nne del Novara perché, avendo turri gli uomini in se lla , spazzasse il nemi co con un 'azione irruenre. "Senza esitare un momenco e con ammirevole slan cio'', racconterà Bellorri, "alla cesta del suo squadrone, si genava risolut amente per la strada del paese, caricando i primi clementi che vi erano penetrati. Egli venn e fe rito, ma per il mom e nto quell 'az ione servì a impressionare c a crarrenere i n cerro il n emico".
l luoghi della battaglia di Pozzuolo. Esisrono varie versioni su dove si sia verificato iJ primo sfondamento, ma
è ce rro che avve nne quasi contemporaneamente da nord, dove attaccava la
233" brigata della 117J divisione tedesca, e da est-sud-est, da Lavariano e Sammardenchia, dove anaccava la 60 • divisione ausrro ungarica. Sono ormai le 5 del pomeriggio. l nemici avanzano appoggiati dalle mitragliatrici menrre i difensori hanno flnito le munizioni. Dopo qualche decina di minud arriva anche al 4° squadrone del Genova del capitano Lajolo l'ordine di rimontare a cavallo e di ripiegare su Mortegliano. Lajolo ha dovuro sostenere sulle barricare delle strada verso Lavariano e per Sammarde n c hi a la pressione molro forte della 60' divisione austriaca. È dalla parte opposta della "via di tùga'' verso Sdaunicco. Tn mezzo al paese ci sono alcu ni micraglieri tedeschi che battOno al le spalle da mezz'ora le difese i raliane a nord e a est; per evirarli potrebbe prendere una strad in a che aggira la c hi esa e arrivare, co n un po ' di fortuna a ll o sbocco per Mortegliano renmo d a Sezanne.
In sostanza il capitano Ticchioni, comandante dello squadrone mitraglieri, prima che le sue armi venissero rese inoffensive riuscì a ritirarle sulla seconda linea difensiva predisposta verso il centro dell'abitato grazie alla seconda carica eseguita dalla tre n t ina di sciabole del capita n o Sezanne in direzione da sud verso nord-est che riuscirono sì a travolgere le mitragliatrici nemiche posrare al cimitero e a co l pire sul 6anco un battaglione bosniaco provenicnre da Sa m ardenchia, ma lo squadrone fu quasi del tutt o annientato
Il dipinto del tabernacolo d e l Quo vadis? che ancor oggi porta i segni delle pallottole .
Tavola ingle se della carica del Genova a Pozzuolo.
Alle 17 g li austriaci dalla srrada di Terenzano hanno quasi raggiunw la piazza Julia e lo squadrone mitragliatrici di Genova è ridotto con una sola arma in grado di funzionare e che barre gli assalitor i dalla posizione davant i alla cappe! lena del " Quo Vadis?".
.Larma è azionata dallo stesso maggiore Chittoni, comandante del n Gruppo Squadroni e da pochi dragoni rimasti con lui nonostante il generale Emo gli avesse inviatO una staffetta con l'ordine di ripiegare. Conscio che quell'arma era l'unica in grado di arresrare l'awersario G hi rro ni n on ripiega, fa fuoco con rurro il munizion amenro di cui dispone poi, imbracciatO un moschettO continua a sparare sino a quando, esaurite nuovamente le m unizioni, con i suoi pochi uomini conuarracca
a co lpi di baionetta. Gravemente ferito impugna la pisto la e, dopo averla scaricata sugli assali tori, riserva per sé l'uhimo col p o. I pochi superst iti vicini a lui lo udirono mormorare! V ivo non m i avranno ".
A protezione d egli sq u adroni che lasciarono Pozzuolo verso le 5 e m ezza rim ase il 4 ° di N01Jara che già due volte, in quel gio rno, aveva car icare i l nemico .
11 l o squadrone di Genova aveva p erso quasi ttmi i quadrupedi, U 2 ° squadrone rimane tagliato fuori durame uno degli ultim i assalti n em i ci, i s up erstiti dello sq u adro ne mi trag lieri se n za più arman1ento attraversando l'intero paese raggiu ngono la strada per Santa Ma ri a di Scla uni cco.
rl 4° che ha combatwto per l'intera giornara allo sbocco per Lavariano s ubend o pesanti perdire. alle 17 .30 riceve l' ordine di montare a cavallo c riunirsi al resto del reggimento passando all'esterno dd centro abitaro in quanto per raggiungere il punto di radunata avrebbero dovuto attraversare amp i rratti barruti dalle mirra g l iarrici nemiche.
Lajolo ha 27 anni c viene da una famiglia astigiana di soldati. F . in sella a Romolo, il cavallo con cui ha vinto vari concorsi ippici e ha intorno forse una venrina di cavalieri in sella: "G iovanorri , parla Genova: il 4° squadrone non scappa, ma s i calca l'elmcno e arracca!" Ciò detro parre per primo conrro le mitragliatrici che falciano cavalli e cavalieri. Cadono 13 uomini e Il cavalli.
Il ten ente Cesare Bianchini del 4° sq uadron e di Laj o lo, che era stato ferito alla spalla poco dopo il capitano, era sraro a cavallo dai compagni benché gli mancassero le forz.e e "avviaro verso Monegliano", egli racconta: "Fui raggiunto da gruppi d i cavalieri essendo Pozz u o l o preso dal nemico. Nel tentativo di rompere l'accerchiamento il cavallo c he montavo fu ucciso. Speravo raggiungere col favore della norre le nosrre linee, ma uno stupido incidente e un'estrema debolezza fecero sì che foss i fano prigioniero"
In pochi minuti lo squadrone è completamente falciato dall'infernale fuoco delle armi automatiche.
Verso le 18 i l generaJe Emo e il co lo nnello Bellorri, comandante del Genova, seg uid dai pochi superstiti dei due reggimenri muovono verso
Sanra Maria di claunicco che raggiungono alle 18.30.
TI co lon n ello Campari del Novara fu invece cost rerro a uscire verso Monegliano a Sud e quindi a caricare a sua volta i mitraglieri austriaci che occupavano quel trarro di strada. Tu(ro il coman d o della brigata Bergamo, del generale Pietro Balbi asseragliaro nella Filanda, fu farro prigioniero. Le perdite in ufficiali della brigata di fanteria Bergamo e della 2• brigata di cavalleria s i equ i valse ro: Felice Fossa, Aldo Merelli, G uglielm o Benizio, AJessandro Campanella e Giovanni Barrisca Akardi e del pari cinque furono gli uffi ciali della 2• brigata di cavalleria caduti: Ghirroni, Lajolo, Lombardi, Rospig lio si Pallavicini e Castelnovo delle Lanze con due medaglie d'oro - Lajolo e Castelnovo - e rre d'argento, mentre per i caduri della Berga mo so lo Fossa ebbe una medaglia d 'argenro; nessun altra medaglia per i fanti della Bagamo portati al fuoco, ma che non seppero conrrastare valorosamente la suprem az ia di fuo co e di num ero del n em ico In realtà la banaglia di Pozzuolo passò alla storia come manifestazione del valore della cavalleria, simboleggiata da tre cariche di un c inqu anrina di sc iabole co mro le mitragliatr ic i, in seguico allo sfondamento a Caporetro che per lungo tempo fu considerare causata dalla fanteria.
Etrore Lajolo e Ca rlo Casreno vo e ntrarono cosl neU 'e mpireo glor io so della cavalleria che non si fermò neanche cont ro l'arma che aveva decretaro la sua fine.
Tavol a di Achill e Beltram e su lle carich e di Pozzuolo in un a cop e rtin a della "Domenica d el Corriere" del novembre 1917 .
Emidio Spinucci , fiorentino , comandante del r reggim e nto Granatieri , ferito gravemente il 24 maggio 191 7 a quota 219; una medaglia d'argento e una di bronzo.
Il 30 ottobre 1917 giunto al tramonto nei pressi di Flambro si accorse che l'abitato era già stato occupato dal nemico. Senza pensarci su si pose alla testa di alcuni reparti di granatieri lanciandosi all'assalto e incitando gli uomini a seguirlo. Mentre si accingeva a caricare l'avversario, cadde colpito da una pallottola in piena fronte.
Emidio Spinucci il destino di un veterano
Emidio Sp in ucc i, figlio di Paolo e di Filomena Palmieri, naro nel 1870 a F irenze, baffi all'umbertina, aveva parreciparo alla campagna d'Mrica del 1895-96 da tenente, e da capita no alla guerra italo-turca nel 1912 per rientrare in Italia nel 1913, ma poi era ritornato in Tripolirania nel 1914 in ragione della sua conoscenza della lingua araba. Nel marzo 1915 era ritornato in ltalia e all'entrata in guerra, comandante di una compagnia dellll battaglione del l " reggimento Granatieri del maggiore Pietro Manfredi, aveva parreciparo al primo scontro sulle alture di Monfalcone a sud di Sclz 1'8 e il9 giugno Manfredi era rimasto ucciso e il suo posto era stato preso dal tenenre colonnello Stefano D ' Onofrio. Fino ad allora la sua carriera era stata modesta: aveva 45 anni ed era ancora capitano. Il 23 giugno alla brigata fu asseg nato il settore tra quota 121 e quota 85 a esr di Monfalcone in quella che sarebbe stata la prima banaglia dcll'lsonzo Non partecipò all'assalto del 30 giugno che dimostrò, se ce ne fosse stato bisogno, che quelle quote era no imprendibili seguendo la tattica tradizionale perchè il 23 fu ferito all'occhio. l n agosto fu finalmente promosso maggiore e, dato che in quei primi m esi ci fu un'ecatombe di ufficiali di carriera, appena uscire dall'ospedale nel maggio 1916 tornò al fronre con il grado di te n ente colonnel lo al comando dellll battaglione del 220° reggimento della Se/e comandata dal generale Alfredo Taranto. Si rrarrava di una brigata formatas i nel marzo 1916 e che era stata mandata a parare l' offensiva austriaca nel serto re di Val Posina nell'altopiano di Tonezza: era stato un massacro di ufficiali superiori: il 29 maggio era stato ferito il renemc colonnello Carlo Giordana comandante dell/220°, il 31 erano caduti sul campo il tenenre colo nn ello veneziano Giovanni Barrisca van Axel Castelli comandante del I/219 ° ed erano rimasti gravemente feriti i comandami del II e IIT banaglione del220 ", per di piì.1, il Priaforà era caduto e il l o giugno i reparti del 220o a .Balzan-Costa Perlo n a, decimati s'erano ritirati precipitosamente scopre ndo tutto il fianco destro dello schieramenro; il disastro s'era evitaro per un soffio, ma con i supersitiri del reggimento s'era potuto ri costi tuire un piccolo battaglione. Fu a quel punto che arrivò il neo tenenre colonnello Spinucci. È l' unico tenente colonnello comandante di battaglione esse ndo rutti gli altri affidati a capitani. il generale Taranro gli affida quindi un ruo lo operativo nel tenrarivo, già il 9 giugno, di rioccupare parre delle posizioni perdmc. l renrativi s i susseguono e il lll/220° passa in ris erva delia 27• divisione. Spinucci co m batté per due mesi senza so l uz.ione di conrinuità nella Val Posina, in Vallarsa, al Colle Xomo e sul Monte Novegno merirandosi una medaglia di bronzo. Nel settembre 1916, dopo che la brigata rra il 7 e il1 4 agosto era stata annientata - 3.550 perdite tra cui 116 ufficiali - e si trovava a Ja lmicco per ri cost ituirsi , gli ven ne affidato il comando del I/1o Granatieri. Passò tutto l'inverno ad addestrare i rimpiazzi e all'approssimarsi della Decima battaglia dell' Isonzo (12 maggio-8 giugno) da Castions delle Mure e Srrassoldo si trasferì a Boneri, sul Carso di Comeno, per attaccare verso Fornaza. Nel pomer iggio del 23 maggio i granatieri del I barragliene e i fanti d e l 114° Mantot;a prendono la prima la sci letta tra quota 241 e 245, quind i la conresissima quota 235 nella zona del Carso di Comeno che si chiama Fornaza, t ra Jarniano e Selo, con un violento assa lro alla baio n e rra, spingendosi poi verso sud-est sulla selletta di quota 2 19, mentre il 113° prende a nord le guore 238 e 24 1. Nella notte su l 24 gli Sturm battaiLLonen contrattaccano in forze e riescono a riprendere le trincee, compresa quota 241, per cui all'alba i due reggimenti Granatieri , in sieme alle brigare Padova c Mantova, attaccano sotro un terrificante fuoco
di Minmwerfèr c canno ni e riconquistano ruue le posizioni, cauurando anche 450 pr igionieri c 8 mitragliatrici. Due picco li nuclei del 2" reggimento granatieri di Albenani, comandati dal sottotenenre Barbera e dal tenente Borsello, decidono di spingersi dalle pendici di quota 235 all'inscguimenro degli austriaci: l' attacco di sorpresa gli va bene perché riescono a conquistare la successiva quota 219 e a fare prigionieri i difènsori delle trincee del Fonino. Nel pomeriggio dello stesso 24 i granatieri hanno l'ordine di conquistare cio. Cartaceo iniz.ia alle 20, partendo da quora 219, rna la prima ondara viene falciata da un violentissimo fuoco di mirragliarrici e di Minenwerfer provenienti dal fianco sinistro degli assalitori, ossia da quota 241, che credevano tenuta dal 2 ° reggimcmo. Gli austriaci, infatti, verso sera erano riusciti a prend e re di sorpresa, avanzando sotto la traiettoria delle proprie arriglierie, la quota 241, strappandola ai granatieri del2 o reggimento del co lonnello Dogliorri. Purrroppo la manina dopo, accanto all/2° che deve lavare l'onta d'aver perso la posizione, toccò alli l o delt e ncnre colonnello Spinucci la ri co nquista della quota: catturano 4 mitragliatrici e un centinaio di ungheresi. Meno bene va agli altri due battaglioni del l o reggimento. Alle 6 e venti dd 25 attaccano alla baionetta partendo da quota 219, ma per due volte le mitragliatrici austriache li falciano. A se ra tentano di nuovo, ma g li ungheresi non si fanno sorprendere. Le perdite nei
La difesa del nodo di Talmassons-Fiambro nella ritirata di Caporetto, il 30 ottobre 1917 da parte de lla brigata Granatieri d i Sardegn a (AUSSME) .
1919. La chiesetta di San Giovanni Battista sulla Napoleonica tra Codroipo e Palmanova nei pressi del bivio per Flambro.
giorni 24 e 25 sono 2.277 uomini fuori combanimenro di cu i 75 ufficiali
Quel 24 maggio 1917 caddero il tenenrc Zacchei Enrico di Roma, il capitano C i ro Urbinati di Ravenna e il tenenre med ico Giorgio Reiss Romoli, triestino.
Alla bandiera del l o reggimenw fù data la medaglia d ' oro: "Con grandi sacrifici di sangue e con insignì atti di valore scrisse nel Tremino fulgide pagine di storia, conrrastando per più giorni, sulla fronte M. Ccngio-Cesuna, il passo al nemico che tentava di sboccare nella pianura Vicentina (22 maggio - 3 giugno 1916). ''Sanguinosamente conquistò formidab ili posizioni nemiche, d ifendendone con tenacia sovrumana il possesso, pur con forze assottigliare dalla lotta. Ritirato dalla prima linea solo da pochi giorni, nuovamente vi accorreva per respingere un riuscito minaccioso conrrattacco nemico, e ginandosi ancora nella lotta con abnegazione sublime, riconguistava definitivamente, i n mischie convulse, le rormenrate posizioni. Nell'intera campagna rinverdì di novella gloria le fìere tradizioni dei Granatieri di Sardegna. (Carso: Regione Fornaza, guora 235-219, 23 maggio 1917".
E anche al tenente del 2° reggimento Vincenzo Rocco, da Torre Annunziata (Napoli) fu data la medaglia d'oro: "Costante e fulgido esempio di slancio, e di coraggio c di calma, a l comando di una compagnia circondata da ingenti forze nemiche più volte tèriro, non desisteva dall'incerare i suoi pochi superstiti alla resistenza ad ogni costo, tenendo salda la posizione affidata fìnché, colpiro a morte, cadde sul terreno che non aveva voluto cedere di un palmo A l tipiano Carsico, 24 maggio 1917". Spinucci fu ferire al braccio e meri rò la medaglia d'argento, nonché, a settembre, la promozione a co lonnello e i.l comando del 2o reggimento Granatieri prendendo il 12 settembre il posro del feriw tenente colonnello Nicolò Giacchi .
La chiesetta di San Giovanni di Fl ambro con la lapide dei Granatieri di Sardegna.
Non aveva quindi avuro modo d i cond ividere con gli uomini del2° regg imcnro che u n paio di settimane di ri poso a Bicinicco dove il 26 ottobre gli giunse l 'ordine di ripiegamenco. Per il fiorentino valse il detto che è sempre per caso che si segue il proprio d estino.
Dopo lo sfondamento di Caporetto, la brigata Granarieri, inquadrata n ella 4• d iv isione de l generale Giuseppe Paoli n i, aveva il compi t o di fungere da protezione al ripiegamento del la 3 • ar m ata. Rip iegando progress ivamente dalla lin ea del Torre il 29 otrobre era sc h ierata nel t ratto rra Lestizza e Sa n c'Andrat del Cormò r
Il tenente co lo nn ello Rosario Musarra che, già comandante del I battagli one del 2° granatier i, aveva preso il posro del co lonnello Anfossi feriro il 19 agosro a Lokva, non aveva alcuna pratica di battaglia ma n ovrata. Nelle prime ore del po m erigg io del 30 ottobre Musarra era arrivaro in auro a Flambro con il capitano medico Corradino Corcioni e il face nre fu n zione d'aiuranre maggiore in l" tenenre Gino Ruffìni . Mette il suo posro di comando a villa Berruzzi, in cenrro de l paese, senza pres t are m o l ta cura a predisporre un serv izio d i sicurezza inwrno al paese. Co-
sicc.hè, quando qualche ora dopo, verso le 19, l'avanguardia di una colonna tedesca della 5o divisione del Brandeburgo comandata dalteneme Niemann, cercando una sede per il comando del reggimento decise di porre il comando proprio in quella bella villa, wtti gli uffì ciJii che era no con il coma ndo del l o rcgg imemo - Cordoni, l'aspirante medico Giuseppe Gareri, LI tenente addecro alle salmeric, il cappellano don Giovanni Rossi, il capitano Zanchi, gli aimami di sanità Trorci e Castaldi - si trovarono inasperraramenre circondati. Gino Ruffìni, racconta il renenre Lamberto Lepre, ufficiale addetto al comando del l 0 reggimento, esce dalla villa alle 19 e 45 quando era giunto l'o rdine di ripiegare verso L·ubana c si accorge c h e la villa è circondata.
"Al le 19 circa - raccontò l'aspirante medico Gareri - mencrc sravo al posro di medicazione a Flambro, sentii due colpi di pisrola e voci che dicevano 'i tedeschi - i tedeschi'. Mi recai immcdirameme dal comandante del reggimento e ci vedemmo accerchiari da truppe nemiche che ci intimarono la resa. Cercammo di fuggire, ma fu invano perché da per mero ci vedemmo stretti in cerchio da baionerre c mitragliatrici".
In questo modo fu farro prigioniero il Comando del l o reggimento. Intanto il 2o reggimcmo di Spinucci si ritirava verso ' làlmasson incappando appumo a Flambro nell'avanguardia della colonna della 5• divisione del Brandeburgo composta dall'B o granatieri e dal I e Il barragliene del 52° che aveva canuraro la compagnia comando del l o reggimento. Si trattava forse di poco più di tma compagnia, ma i tedes c hi erano armaci con a lm eno una dozzina di micragliarri ci porrarili 08115 e alcuni lanciabo mbe. Occupati i punti dominanti dell'abitaro, erano in arresa sia il grosso della colonna di brandeburghesi del colonnello von Jena, sia eventuali arcacchi dagli italiani in ritirata.
Alle 10 di sera del 30 orcobre Spinucci aveva ordinam al capitano Enrico Andreini, comandante del I bauaglione, di preparJrsi a lasciare Lestizza per ripiegare in direzione di f lan1bro, Srerpo c Romans per poi proteggere il ponte di Madrisio Andrcini e ra un comandante ormai leggendario che aveva combarruro in Libia, sul monte San Michele e nelle battaglie sul Carso, meritandosi due medaglie d'argento. Che fosse ancora vivo dopo due anni di guerra nei granatieri poteva dipendere solo dalla sua buona stella. l grana[ieri del 2° reggimento partono da Lestizza alle l Oc 45 dopo esser stati in paese dal mattino de l 29, senza aver mai visto un nemico. È buio pesto e fa freddo, ma gli uomini hanno potuto mangiare e riposarsi. Ordine di marcia: in testa il III battaglione di Casabassa, il l e dietro il II di Magrì, ciascuno a una distanza di 200 metri dall'altro, pattuglie fianch eggianti, collegame nci co n cicl isti, ciascuna co mpagnia con la propria sezione mitragliatric i e pisrolc; formazione di marcia: per 4 . Fra le fila delle compagnie centrali del battaglione Andrei n i avanzano, proLeue, due auromobili, una del generale Paolini con il capo di S.M della 4 • divisione, il cenente colonnello Luigi Mercalli, e l'altra con il ge n erale Cattaneo e il tenente colonnel lo Dalmazzo . Intanto il battaglione di Casabassa è arrivato a 200 metri
d a F lambro Sono le undici e mezzo, dalle fìnesrre delle
case viene aperto il fuoco di una mirragliacrice e di fucili.
Villa Bertuzzi a Flambro dove fu catturato il comando d e l l o reggimento Granatieri la sera del 30 ottobre.
Le direttrici dell'avanzata d e ll a 200" e d e lla 26" division e, e dell e altre divisioni della 14" armata per cadere sul fianco della 3 " armata nella bassa pianura friulana
Le colonne austro tedesch e tra Pozzuolo e Codroipo il 30 ottobre.
Spinucci si fa avanti e grida: "Granacieri del l o cessare il fuoco, s iamo granatieri del 2°", ma le raffiche continuano e allora Spinucci chiama il maggiore Campolieti, comandame del I battaglione del l o reggimento che è col suo battaglione sulla destra della strada, e costui gli conferma che il paese è occupato da poche truppe tedesche. Spinucci a llora ordina a Campolieri d ' attaccare a desrra della strada e al maggiore Magrl d'attaccare alla sinistra. Magrì era entrato in guerra con il grado di renenre e s'era distinto nelle trincee di Monfalcone, e poi al Lenzuolo Bianco e poi sul Monte Cengio meritandosi i gradi di maggiore; mentre il battaglione del maggiore Casabassa e le mitragliarrici stanno di rincalzo, al battaglione Andreini l'onore di seguirlo nell'attacco lungo la strada. Passano pochi minuti , Spinucci non saggia la consistenza delle che ha davanti fidandosi di ciò che gli ha detto Campolieti. Sono pochi d ifensori , ma dispongono di mitragliatrici in buona posizione e alcuni pezzi d ' artiglieria. Il renenre lntimacelli, 2·' l iceo, rappresenrante di commercio a San Paolo del Bosco, medaglia d'argenw sul Veliki nel 1916, comandante della sezione pistole della 2 ' compagnia del tenente Rozzara, racconta che "tre volte attaccammo , ma fuoco fittissimo di mitragliatrici falciava gli uomini e non potemmo ragg i ungere le barricare nemiche".
l:aspiranre ufficiale Giuseppe Carovino della 3 J compagnia del tenente Cocco per sfuggire aJle raffiche si stende a riparo del la strada e vede cadere ferito l' aspirante Sartirana della sua compagnia; ventenne, di Alessandria, Sartirana scrisse che, ferito alle gambe vicino alla chiesetta di San Giovanni all'ini z io del combarrimeruo, fu trasportato nella stessa ove c' era il posto di medicazione del cappellano don Quadri e del maggiore Viale, e che in breve si riempì.
BASAGLIA PENTA
PASIAN SCHIAVONESCO
A mezzanorre Spinucci chiama Andreini - che con il maggiore Federico Magrì aveva avuro già un a medaglia d 'arge nt o- c g li o rd in a di o l t repassare il barcagllone di resra e arraccare immediatamence a fondo per aprire la st rada. Avanzano, ma, colpito da una mitragliatrice che spara da una fìnel.tra, Spinucci cade tra i primi e il s uo aimante maggiore, il tenente Latini, un eroe della brigata gra n atier i con b en tre medagl ie d 'a rge n to di cui una nel l' i n ferno di Oslavia e la terza con il cap itano Carlo Reina -, rimane ferito. Andrei n i ordina allora che le due miuagliarrici della compagnia di rincalzo si facessero scudo dietro due pezzi d'artiglieria abbandonati s ulla strada per poter appoggiare lo sbalzo che si apprestava a fare in un momento in cui le mitragliatrici avessero rallentato il tiro per non consumare troppe mlmizioni. Ma i tedeschi, se erano pochi, avevano avuto l'accortezza di porrarsi dietro le carrecre con le munizioni, e l'unica loro salvezza era quella di non permerrere agli italiani di arrivare vicini: "li fuoco n emico ricominciava violentiss imo- racconra Andrei n i - infliggendo perdite sanguinose: molti cadevano gridando dal mom entO che i germanici adoperavano e co i fucili e colle mitragliatrici pallottole esplosive che producevano ferite squarcianti e dolorosissime.
Dopo poco me n o di 20 metri di corsa ve locissima anche il sottoscritto era colp i to alta giumura della coscia destra da una pallotto la esplosiva che esplodeva uscendo dalla sommità della natica destra, ledendo il nervo sciatico, in conseguenza, per la co ntrazione muscolare avvenuta, il sorroscritto cadeva a terra in mezzo alla strada ri m anendo immobi l iz7.a to. Medicarosi sommariamente col pacchetto di medicazione, mandava allora, dopo che le compagnie si eran o fermate e avevano ancora aperro il fuoco di fucileria e mirragliatrci, a significare al coma ndante inrcri nale del reggimentO sig. Magrì, l' impossibilità di aprirsi la via da quella parte e a chiedere ordini in proposiro; ma la zona era scoperta e banurissima, il primo porta-ordini era colpito subito a morte, il secondo gravememe feriro, due ciclisti colpiti vicino al sorroscritro. Impossibile muoversi. Da un granatiere era intanto portata la no t izia che gli a l tri due b a t taglioni, raggiunta la via Napoleonica, seguivano la strada stessa per cerca.re altrove la via liberà'.
Erano feriti morralmeme i tenenti Mario Babrrocchi- venuro a combattere dall'Argenti n a- cd En ni o Ferrar i, i sotro tenenr i Mar io B r u n o, G iova n ni Chier ici, Augusro Maestri, Adolfo Murarore e Tommaso Srradaio li e ferito gravemenre il capitano Enrico Frascherri di Roma che morì in prigionia venri giorni dopo.
Magrì riuscì con i suoi uomini a entrare nel paese e il tenente piemontese Pasquale Lisso n e (due decorazion i sul Carso) porrò la sua compagn ia a ll e spalle dei tedesch i, c he dovettero diStogliere alcune mitragliatrici per concentrarle comro la nuova minaccia. Spinucci fu sepolro a Redipuglia. (P. G.)
Il sottot e n e nte parm e nse Gi ovanni Chierici caduto a Flamb r o a ss ie me a Spi nucci .
Il c appellano d e l r gra na tieri don Lu igi Quadri ch e ass i st e tt e i feriti n e lla chi ese tta di Flambro
L'ultima foto d i ltalo Ste gher nell'agosto 1917 (da F. Bugani , /t aio Stegher, memorie di guerra d i un giovane ufficiale 1915-1917 , U dine 20 16).
ltaio Stegher l' eroe della Bainsizza
ltalo era naro a Civitavecchia il 28 maggio 1894 da genirori marchigiani, il padre Vittorio insegnava francese n elle scuo le tecniche e Clot ild e Vespai e ra donne di una cena cultura che volle far continuare gli studi al figlio a Forlì, dove la famiglia s i e ra trasferita al seguiw d el padre, al liceo classico Ma eg li aveva altre mire e, dopo la licenza liceale, emrò nel 1912 nella Scuola militare d i Modena. Due an n i dopo ne uscì sottorenen te nell'] l o reggimento della b rigata Casale di stanza proprio nel la cirrà romagnola. Allo scoppio della guerra era in linea sul Monte Rosso , sul Batognica nell'alw Isonzo, per poco in quanto n el lug lio diventò tenente nel 120° reggimento dellla brigata Emilia e fu scelto dal maggiore Baldi come aiutante maggiore in seconda, anche lì per poco perché nel febbraio 1916 era poi passaw al comando di una compagnia del 208<> della Taro con il grado di capitano Nel mese di maggio del 19] 6 era con U suo reparro sulJ'Alropiano di Asiago. Partecipò alle operazioni difens ive volte ad arginare l'offensiva austriaca, la Strafexpedition. Nel Tremino, sullo Zugna, meritò la medaglia d'argento: rimasto feriro durante tm bo m bardamento , non volle sotuarsi al combattimento che raccontò nel suo diario : " Il mattino si inizia calmo e sereno. Che succederà quest'oggi? T miei soldati seguitano a lavo rare, a costruire ricoveri c trincee . Passa un aeroplano austriaco e scopre le nostre posizioni. Ho una batteria da montagna sulla mia destra, la quale spara rabbiosa e pertegola contro gli austriaci a Zugna Torta. Essa mi scatena un uragano di proiettili e di sassi sulle mie posizioni. li bombardamento quest'oggi si fà più violento ancora e più serraro. Poi cessa verso mezzogiorno. lo con i miei ufficiali sono al ricovero di una buona baracca blindata che salterà in aria solo se un 305 la prenderà in pieno. Stiamo tranquilli e rassegnati e ostentiamo calma e fiducia. Cantiamo e declamiamo vers i per ammazzare il tempo. Non s i può dormire. Alle 17 il bombardamento ricomincia terr ibil e impressionante come non m ai nei g io rn i precedenti. I l Biae na da sinisrra con i 305, il Ghello, il Finonchio, di fronte e sul fianco desrro a granate di medio calibro e a shrapnels, i quali scoppiano sopra i miei soldati. La s ituazione si fa difficile Ogni min u to sono 2 o 3 co lpi che arrivano sullo spazio di meno di un Krn 2 di superficie. Il momento è critico. I miei so ldat i muti e tremanti i n fon d o ai ricoveri aspett ano la morre. Anche noi l'aspettiamo. Alle 18 esco dal ricovero per rincuorare gli animi , vedere la djrezione dei tiri e se le ved ette fanno ugual mente il loro dovere Siccome il bombardamento è intensissimo, remo che d a u n momento all'altro cessi e si sferri l'assalro delle fanrerie . Do ordine alle truppe e agli ufficia li di tenersi pronti ad accorrere dai ricoveri alle t rincee pe r respingere evenrualmenre Lm attacco. Menrre sorveg lio e dirigo, una granata dj medio calibro m i passa sopra la testa criesco a distinguere ne t tamente il pro iett ile nella sua traietto ria. Essa scoppia a 20 metri da me. Sono investito da u na pioggia di sassi e di terra e gettaro a terra: u n a scheggia o un sasso m i batte v iolentemente sull'avambraccio sinistro poco più sopra al po lso. Sono ferito e contuso. Entro nel ricovero. TI s. ce n. C h ie ric i mi med ica. Il do lore è forre, ma io più di l u i. Sono calmo. Mi disinfett ano la ferita e me la fasciano Poco dopo le vedette danno il segnale d ' al lar me Ch ia mo i n li nea i due p loton i e faccio te n er pronti gl i altri Sono
il primo ferito della compagnia. Corro al mio osservarorio col braccio al collo a dare ord ini I.:arracco non prosegu e. Se è p ossibile, il bo m bardame m o si fa p iù i ncenso, infernale. Dal fumo e dalla ter ra non vedo quasi pit t nul l a. Non si respira. Ogni tanto si è gettati a rcrra. Una granata incendia un deposiro di munizioni a poca distanza dalle mie linee. li pericolo cresce. Mi pare vedere i miei soldati vacillare c qualcuno fuggire Sono invece g li alpin i di u n plomne di ri n calzo che s i rit iran o ind iet ro per n o n esse re colpiti in pieno dallo scoppio. Un mio caporale sa lva la situazione, correndo a spegnere con copcrre l'incendio c ci riesce. Urli e lamenri dci fe r iti. Ilo la percezione che mezza mia compagnia sia massacrata: forrunatamente no n è vero. Anelo i l sop ragg iun gere d ell a n oue e g u ardo con an sia l'oro log io . Sono le 19,30. quanto durerà l'inferno? A poco a poco, dopo il tramonto, il bombardamemo cessa. Allora prendo le dispositioni per lo sgombro dei feriti e dci morti. Questi forrunatamente sono tre: uno della mia compagnia e due del la sez. mitragliatrici. Sgh iri n ghetti, così si chiama il povereno, ha av u to la testa schiacciata d avant i al sonorcneme C hi e ri ci mèntre usciva dal ricovero sul posto dove io sono stato ferito. Un tenemc (Parciani) delle mitragliatrici è svenuro dal colpo, Parrini è quasi inebetiro Vai mi segue impavido. AJie ore 2 1 g iun ge il col. Mode n a Guarda, osse rva, ispezio n a G li racconto la calma d ei miei uomini e degl i ufficiali. Egli approva i lavori farri fare da mc. Mi chiede informazioni della mia ferita . Prima di andar via mi stringe la mano elogiandomi e ripetendorni la consegna di rimanere ad ogni cosw. La norte passa quasi come rurre le altre. 21 m agg io 1 9 16-o re 17".
Nell'estate del 1917 la 1àro lasciò il Tremino e fu trasferita sul fronte del medio lsonzo; il 15 agosto si mosse: "Lo scopo è di avvicinarsi sempre più alla linea. Si dice che la grande offensiva stia per cominciare con grandiosità di mezzi", egli scrive, "And iamo a formare una nuova un ità destinata ad agire
suii'Tsonzo a nord di Plava". Il19 agosro il208° inizia il movimento verso la linea della Bainsizza c la prova ormai prossima segna
La Ba insizza e i Lom a sud di Santa Lucia di Tolmino
L'offe nsiva italiana sulla Bainsizza e la quota 549 dove cadd e St egh e r il 24 agosto.
LI NEE RAGGIU NTE
- - - - - f9 Agosto 20 Il lo stato d'a nim o de i fa n t i: "Prepa razione mora le e mater ia le al •••••• co m banimento. La soli ta ansia e ince rtezza. Che cosa sarà di noi - -·fra qualche giorno! Sono un po' preoccupato". Qualche giorno dopo la brigata entra a far pane della 65 • divisione del generale L ui gi Pi rz io Bi ro li e d egli a n no ra : " 11 ma ni n o ri poso p e rché n el pomeriggio si pane per Doblar. Ore 15 adunata. Pass iamo avanti al T battaglione. La 7 ' compagnia ha la bandiera. Marcia faticosa al passo dj Zagradan : scendiamo poi ve rso il Kucli Alle 2 0 ragg i un g iam o il 207". M a rcia ad or ga n e tt o S ian1 o sa luta ti d a qualche innocua cannona ta Non andiamo piLJ a Doblar, ma in li n ea daJ Kucli all'lsonzo rilevando gli alpini. Tutta la notte in pie d i Frammischi arncnri So n o a posro so lo a ll e 4 del 21. Non c'è trin cea. So lo qu alche p icco l o posto e q ualc h e ri covererro. S iam o senza mangiare dalle li di ieri. 7.500 prigionieri . Fuoco d'infer-
no. I.: offensiva pare proceda a grandi passi [ ... ] Mi raccapezzo un
poco n ell a nuova posiz io n e. Ho d i f ro n te il fia n co s in istro d el la pos izione austriaca di Santa Lucia. Ass isto a ll a battaglia i n rutto i1 suo impressionante spettacolo, in runa la sua fragorosa grandezza. L'artiglieria nostra è imponente Accompagna p asso a passo la fa nreri a c h e avanza c sale qu as i se nza corn b a rrc re s ul le co lli n e a l di là dell' lsonzo. Questa n orre passe re m o anche noi I'Tsonzo . Ci prepar iamo. Siamo molto stanchi. Poi rimaniamo . Dormo tranq uill o turca la n otte".
XXN corpo d'armata del generale Caviglia sfonda il frome avversario , gli austro-ungarici sono in piena crisi. Il generale Boroevic ordina l'arretramento della linea fino al margine serrenrrionale dell ' altopiano eli Tcrnova e su quello orientale del vallone di Chiapovano. La via per Trieste sembra finalmeme aprirsi. La chiude invece Luigi Capello, comandante della 2 • armata, che ordina a Caviglia di sospendere l'azione, e al generale Van:w di proseguire sulla sinsirra per tencare di prendere Tolmino, non se la sente di avere sul fianco l' w1ica testa di ponte nemica al di qua dell'Isonzo. Purtroppo non gli riesce e da Santa Lucia di Tol mino da lì. a un mese e mezzo partirà in fatti la grande offensiva austro-tedesca.
La Taro il 24 agosro ha il compito di puntare sulla Quota 549 dell'altura del Vogercek per poi proseguire verso i Lom e To lmino, ma resta bloccata a mezz;t costa del Vogercek in un rerreno impervio, bersagliata dall'arriglieria. Il bosco molto fitto intralcia la marcia e il cotlegamenw: "Nulla ci n·attiene, nemmeno le mitragliatrici , ma il terreno è estremamente difficile, ripido, boscoso, intricaro. Marcerò anche la notte pur di raggiunger la quota 549", assicura il renenre colonnello Casini, comandante del 208°, al comando della làro. L'impresa riesce. Con un furioso assalto portato su un pendio ripidissimo, i fanti del 208 ° riescono ad arrivare fin sul cigli o della quota 549 occupando imorno alle 8 del martino una trincea austriaca a circa cento meui dalla cresca, catturando venricinque prigionieri e un ufficiale; un ora dopo è presa anche la cresca. Sregher e gli altri del reggimenro temano nel pomeriggio di guadagnare terreno sul pianoro della guora, ma non riescono ad anivare al ripido declivio settentrionale impediti dal violento fuoco nemico . Restano pertanto in una posizione molw scomoda: un piccolo saliente circondato su tre lari da avversari e una diffic il e via di ritirata Un contrattacco li avrebbe rigettati con facilità sulle posizioni di partenza. La notte truppe d ' assalto austriache tentano un'irruzione sul tratto tenuro dal II/208°. Alcuni indossano l'uniforme italiana e parlando la lingua, riescono a mescolarsi ai fanti del208 ° . Stegher è circondato di sorpresa, afferrato alle spalle e immobili zzato. Nel' impossibilità materiale di reagire r ifiuta di arrendersi c viene pugnalare al collo. Stessa sorte subisce il sottarenente Vittorio
Tenaglia che fino all'ultimo difende la sua mitragliatrice. Il giorno dopo, il 25 agosto, il corpo di Sregher è rinvenuto ai piedi di un albero , immerso nel suo sangue. Riconosciuti ancora frammisti agli altri, gli austriaci con indosso le uniformi italiane, sono immediatamente passati per le armi a causa "del la gravissima infrazione ag li usi di guerra perpetrata dal nemico".
A Stegher fu conFerita !:a medaglia d'oro alla memoria e nel 1932 fu costruita a Civitavecchia una caserma , oggi in disuso, intitolata al suo nome. Fu sepo l to a Oslavia. (Flavia Bugani c G. S.)
Il tenente colonnello degli alpini
Carlo Buffa di Perrero caduto davanti a Castagnevizza il 4 novembre 1916 al comando del 138° reggimento della Barletta.
Carlo Buffa di Perrero l' alpino sul Carso
Era nato a Torino il 20 dicembre 1867, da una nobile famiglia piemonrese, era rimasto orfano di entrambi i genitori e fu lo zio paterno, ufficiale dell'esercito, che gli fece da tutore e che lo avviò giovan issimo alla carriera militare. Allievo del Collegio militare di Milano, compì poi gli studi presso la Scuola militare di Modena uscendone nel l 887 sotto tenente assegnato al 50o Parma. Partecipò alla campagna in Africa orientale e quale ufficiale d'ordinanza de l Governatore militare e civile rimase in Eritrea per un paio d'anni. Rimpatriato, domandò di entrare a f:u parte del corpo degli alpini, sentendosi profondamente acrrarro dalla monragna. Aiucanre maggiore nel battaglione Aosta, compì nel 1899, primo negli annali dell'alpinismo italiano, la scalata dal versante ita li ano del Cervino e percorse privatamente tutta la fronriera facendosi conoscere, o ltre che per le qualità alpi nistiche, per la sua attività di studioso del sistema alpino con preziosi srudi. Promosso capitano nell903, partecipò al secondo periodo della can1pagna di Libia con il battaglione Fenestrelle del quale, per la marre del rirolare, assunse il comando portandolo al fuoco durame gli scontri del 27 luglio 1914 a Raulam, per questa azio ne ricevette un encomio so lenne. Rimparriaw e promosso maggiore nel r alpini, assunse il comando del battaglione Cadore che il 26 m aggio l 915 fu chiamata su biw al l'azione per rintuzzare un colpo di mano austriaco su Auronzo. Guidò poi il barragliene alla conquista deli ' Oberbachcr Spirz (Crode Fiscali n e), del Pu lpito (Kanzel) e dell'Einser (Cima Una).
Nell'autunno del '15 fu incaricato di gu idare ed egli condusse personalmente
aJI'assalro la 67a e la 75a compagnia lungo una sonile cresca nevosa esposta al fuoco nemico. Co lpito, tamponò la ferira alla meglio senza però abbandonare il suo po sro di co mando. L'azione, colllinuara cruentamente per due giorni e infine coronata d a successo, gli valse la medag lia d'argento. Dopo un breve periodo di convalescenza, rientrò in servizio nello Stato Maggiore della divisione, ma per essere promosso tenente colonnello al comando del138 o Barletta schierata su l Carso in attesa dell'imminente nona battaglia dell'Jsonzo. ti 31 ottobre 19 16 inizia l::t s ua ultima a'l ione in un terreno che non g li è famigliare, tutt avia dal l al 4 novembre porta il suo reggimento fin quasi a Casragnevizza . Il 3 novembre i suoi fanti, olrrepassare alcune batterie da montagna abbandonare dagli austriaci, vogliono ponarle via ed egli si rivolge loro: "No, ragazzi; quelli delle retrov ie prendera nn o i canno ni morti; noi dobbiamo prendere i nemici vivi!". "Tri linii! Tri linii avimu prisu!", inneggiavano i fanti pugliesi della Barletta che coprivano il settore tra egeri e la strada Oparje selo - Kosranjevica. Partendo dalla Dolina di Terce nca l'ala sinist ra del loro sch iera mento era riuscito addirittura a far ca pitolar e i trinceramenti avversari arrivando al cospetto della linea 2a di Koscanjevica, la lin ea avanzaca del secondo s istema difensivo austro-ungarico sul Carso di Comcno. Mentre la colonna di destra rimaneva bloccata davanti alle difese nei pressi del quadriv io di quota 202, i lo ro commilitoni alla sinistra avevan o raggiunto la località Cave Ovest di Kosranjevica con il tenente colonnello alla loro resta.
Lo sfondamento aveva creato un pericoloso saliente a sellenrrione della strada Opar je selo -Kosta njevica , ma idon eo a essere sfruttato per un nu ovo sbalzo offensivo. cattarono invece i conrranacchi ausrro-ungarici sui rratti della linea italiana non anco ra consolidati a difesa e una scheggia di granara colpì in pieno il colon nello Buffa n ella none sul 5 nove mbre. Fu sepo lro nel cimicero m ili rare di Vizenrini, nel vallone di Doberdò, da dove, il 22 febbra io del 1922, la salma fu rraslaca a l cimitero di Cavour, rra la sua geme. (P. G. e G. S.)
Lo schieramento delle brig ate a lla fine della Nona Battaglia d e ll'lson zo o Terza Sp a ll ata ( 1-4 novembre 1916) . (AUSSME)
Il luogo dove cadde Buffa di Perrero e il cimitero a suo nom e n e l Vallon e di D evetaki.
Il tenente volterrano Guid o M aifreni caduto sulle Mel e tte il 4 dicembre 1917 .
Guido Maifreni dalle balze di Volterra ad Asiago
Maifreni era naro a Volterra il 23 gennaio 1894 da Anronio e Maria Srorace. f.requemò a Roma il collegio militare per passare nel scw:mbre 1912 alla scuola militare di Modena da cui uscì l'anno dopo con il grado di sergente allievo ufficiale, asseg naro al 6° rcggimemo bersaglieri; sotwtcncncc nel marzo 1914 nel r bersag l ieri, fu ammesso a frequcnrare un corso speciale alla Scuo la di Applicazione di e il 16 maggio 1915 fu assegnato all'So bersaglieri per partire poco dopo per la Val Travenanzes, in Cadore, per prestar servizio negli osservarori d'artiglieria nel seno re delle Tofane. Promosso tenente nell'aprile 1917 fu trasferito al 21 o bersaglieri suJl'lsonLO e, al comando della 6 compagnia, durame le operazioni di ripiegamenro al Piave, prese parte ai combattimenri difensivi del Passo deii'Auu..a, al Globocak e, come esrrema retroguardia della divisione Boriani, sul Torre il 28 e 29 ottobre 1917, durame la ritirata di Caporerro.
Ar turo Bi anc hini , eroica morte di un triestino (MCRR)
Il 30 otrobre s i distinse nella tenace resistenza a Mortegliano contro gli Jager bos niaci dd 111 battag lione c verso sera di quel l i degli a l tri due battag li oni d'assalto: i l l Vbarraglione del 53° fanteria Dankf e gli un gheresi del l V /25° fanteria Edler von Pokorny che con le torce incendiarono i fienili c le case di Monegliano dalle cui finestre gli italiani avevano inferto gravi perdite agli attaccami che ritennero che anche i civili avessero paneciparo alla difesa. Durame questa ritirata dal Torre al Tagliamento, per tre giorni, attraversò orro consecutivi contrassalti, l'ulrimo dei quali ponaro con gli ultimi undici bersaglieri superstiti. Per questa azione gli venne conferim la medaglia di bromo al valor militare. Passaro al 12o bersaglieri, assunse il comando della 2• compagnia del XXIII barrag l io n e sull'Altopiano di Asiago. TI 4 dicembre 1917 si profilò un'offensiva austriaca supportata da un imponente intervento delle aniglie ri e per avvolgere l'imero acrocoro delle Mclene con una potentissima cortina di fuoco. All'alba le banerie austriache aprirono il tiro anche con granate a gas asfissianti e iprite. Il bombardamento è così violemo che alcune trincee tenute dal 12" bersaglieri vennero letteralmente spianare causando gravissime perdite. Lanacco portato dai Kaiserjager della 32• brigata fu inconrcnibile c alcuni reparti italiani furono travolti. Il XXlll battaglione del 12° che nel corso della notte era stato fattO avvicinare ai roccioni di quota 1704 de lla Meletra Davanli, s i portò a ridosso de ll a linea dove si combaueva senza risparmio e lì il rencnre Maifreni, rcsosi conto che alcune unirà stavano per essere accerchiare, di sua iniziativa intervenne lanciandosi all'assalto e obbligando i Kaiserjager a retrocedere; ferito due volre, co ntinuà nell'azione finché fu co lpito in p ie n o petto da un a sc h eggia di granata.
Al margine della strada Ga1Jio-Fo7..a, al confine fra i due comuni sorge un monumento in suo ricordo. f-u sepolto a Redipuglia (G.S.)
Spiro Tipaldo Xydias il capo degli irredenti triestini
Fu una de lle figure piLt celebri ed emb lematiche della passione dei giovani irrcdenristi nei primi anni del secolo. aro da una famiglia greca, discendeva da una nobile casata napoletana, i Tipaldo, trapiamara a Cefa lonia nel X TV seco lo. fl pad re, abi le uomo d'affari, si era stabilito a Trieste nella seconda metà deU'800, guadagnandosi una buona fortuna e un nmevole presrigio sociale. Sin da adolescente si era legaw ai circo li nazionalisti, soprattutto aJia Lega nazionale, aveva maruraro una profonda amicizia con un alrr·o irredcnto morro in guerra, Ruggero Timeus. Cassiere della Lega dei Ginnasti, era d ivenuro il p unto di riferimento anche di altri srudenri e ragazzi irredenti, quali i fratelli Fulvio c Claudio Suvich e Guido Corsi. La parruglia di giovani nazionalisti si rivelò desiderosa più d i azione c h e d i elaborazione teo rica, distinguendosi già nel 1907 all'università di Graz per diversi incidenti con colleghi di lingua tedesca. Trasfcrirosi finalmente in Italia, terminò i suoi studi di Giurispr u denza fra Bologna c Roma. Fu arrivo in pressochè tutte le organizzazioni irredemiste e di difesa nazionale e a contano con i centri dd nazionalismo
romano. Tornato a T rieste, tu direttore del ricrcatorio della Lega • • • • nazionale, trasmettendo ai giovani operai italiani dei cantieri navali gli ideali nazionalisti; socio fondatore del Circolo alpino delle Giulie, si dedicò all'attività sportiva a scopi irredentisri. Nel ruo lo di membro della Commissione ordinatrice del l'università popolare di Trieste, Allo scoppio della guerra ncll914, riparò in Italia e a Roma svolse una efficace propaganda per l'interve n tismo. Con lui fuggì anche il professore Guido Corsi laurearosi i n Lettere a Firenze c nel 1912 insegnante abili tatO dall'università di Graz per insegnare italiano c filologia classica nel ginnasio superiore di Grande amico di Spiro Xydias, ne aveva seguiro il radicalismo irredentistico, distingu e n dosi, tra le varie azioni per un'escursione ne ll 'inverno 1904 sul monte Taiano con il tricolore assieme a Xydias e a Claudio Suvich. Xydias scappò a Venezia, assieme a Timeus e all'altro amico irredemista Antonio Palin
T ra l'ottohre 1914 c il maggio 1915 fu quindi tra i pitt convinti sosten i tori dell'interventismo, attraverso una serrara loua ideologica contro i neurralisri e i giolittiani. Nel maggio del 1915, anche se di costituzione gracile e ben conoscendo i pericoli a c ui a n dava in contro, s i arruolò vo lontar io nell'S I o reggimento della Torino venendo nomi naro dopo tre mesi di corso sottotenente di Milizia Territoriale e trasferito al 73o Lombardia che volle suhiro raggiungere in l inea. Mentre il suo amico Ruggero
Time us l'a ur o fu ma n dato co n g li a lpini de l battag lione Tolmezzo (cadendo sul Pal Piccolo il 14 scnembrc 1915) e Corsi fu destinato al r reggimemo alpini per diventare comandante della 64• compagnia del battaglione Feltre, cadendo da eroe su l Valdcroa il13 dice m b re 19 17 assieme a l tenente G i useppe Cai mi, Xyd ias fu destinato prima alla 5• compagnia poi all's•, come ufficiale subalterno, Dopo la caduta della resta di ponte di Gorizia 1'8 agosto 1916, tutta la linea difens iva a ustr iaca arretrò s ull a nuova linea d ifensiva su l Carso d i Comeno p ermette nd o agli italiani una rapida avanzata. La Lombardia attaccò il 9 agosto in direzione del
L' attacco sulle M elette ove cadde Maifreni.
Il sotto tenente Spiro Tipaldo Xydias del 73 ° Lombardia caduto sul Nad Log e m il 14 agosto 1916, m e daglia d'oro.
Mattino del 14 agosto: lo schieramento dei battaglioni del 73° Lombardia in nero, oltre il caposaldo austriaco di San Grado di Merna, Nad Log em e della Catanzaro, in rosso, a sud (AUSSME), (da Martiri di carta. l giornalisti caduti n'ella Grande Guerra , a cura d i P. Roesle r Franz, E. Serventi Longhi , P. Gaspari , 20 l 8).
Il capitano messinese Filippo Zuccarello.
Vippacco e il l O occupò Rubbia. Fu poi una formazione d'arracco a tridente, organizzata con le fanterie del 73° Lombardia, Catanzaro e Granatieri di Sardegna, a conqu.israre il 12 agosto la cima del Nad Logem, snidando gli ausrro-ungarici dalle proprie postazioni occultate nella boscaglia dopo due giornate di combattimenti accaniti. Parrendo dalla strada del Vallone, n e i pressi di Deveraki, due giorni prima tre compagnie dei Granatieri erano riuscite a raggiungere la fàscia dei ret icolati sorto la cima principale del Nad Logem. Il 13 il ge n eraJc Martinengo odinò di continuare g li assalti per rompere la resistenza nemica, ma ormai la 59' brigata austro ungarica aveva superato la crisi e dopo essere arren·ara aJ di là del santuario di San Grado di Merna inflisse perdite rilevanti agli attaccanti. Appena ricevuta la notizia della presa di alcune imporranti trincee a San Grado, Xydias volle portarla personalme n te al maggiore Enrico Menino, comandante del III battaglione. Ma i tiratori scelti erano sempre all'erra: fu colpito da una pallotrola di fucile e morì in agonia. Portaro a spalla, fu seppelliro nel cimitero di Farra d ' lsonzo da dove per sua precisa volontà non fu mai traslato. Ricordato nel settore dei militi ignoti nel sacrario m il irare di Redipuglia, a Xydias fu conferita nel 1922 la medaglia d'oro: "Valorosissimo so ldato, aposrolo di italianità, propugnatore con la parola, con lo scritto, con il braccio, della redenzione del natio suolo triestino, durame l'intera campagna fu primo rra i primi nei perico li , nei disagi, nella lotta. Cadde eroicamente durante l'avanzata sul Carso, mentre , impavido, incuorando i dipendenri all'assai co, opportunamente appostava, sotto la tempesta dei colpi avversari, le sue mirragliarrici. Nad Logem, 14 agosto 19 16". Fu sepolto a Redipuglia (E. S. L.).
Filippo Zuccarello l'eroe del Podgora
Figlio di Giuseppe e di Francesca Aiello, era n aro a Patri di Messina il 26 settembre 1891. Conseguita la li cenza tecnica fu ammesso al Collegio M ilitare della Nunziare ll a di Napoli per venire poi venne ammesso all'Accademia di Artiglieria e Genio di Torino. Sorrotenence di artiglieria n el sett emb re 1911, dopo aver frequenraro la Scuola d ' Applicazione fu inviato al r reggimento artig li eria da fortezza. Seguendo la naturale inclinazione verso g li stud i delle scienze esatte a domanda lasciò il servizio att ivo per iscriversi, nel di cembre 1914, alla facoltà di ingegneria presso l'Università di Torino che frequentò per po chi mesi. Richiamato al le armi per mobi litaz ion e, venne assegnaro al 6 ° reggimento artiglieria da fortezza e, con una batteria del reggimento, dopo la dichiarazione di guerra, prese posizione nel settore della Val Giudicarie. Promosso renenre in n ove mbre, rientrò nei ruoli degl i ufficiali in servizio permanente effettivo e con la cosriruzione dei primi reparti bombardieri assunse il comando della 112• barteria bombarde del l o raggruppamenro. Su l Podgora, a quota 240, di fronte a Gorizia, 1'8 agosto 1916, dopo aver eseguito un vio lenro tiro per la distruzione degli ostacoli passivi, portarosi s ull a prima linea co n il s u o reparto, tutt i ar mati di moschetto, riuscì a sorprendere in una gro tt a un forre disraccamenro austriaco coscituiro da 9 ufficiali e c irca 300 uomini oltre ad abbo ndante materiale b ellico Ebbe così l'a ppellativo di "eroe del Podgora" e venne decorato di medaglia d'argento. Un mese dopo, durante l'offensiva autunnale de l 1916 sul Car so, nel Va llon e Boneti, meritò una croce di gue rra . Nell'a p ri le del 1917 fu promosso capita no e, Lm m ese dopo, nel corso della decima battaglia d ell' l sonzo, il 23 maggio 191 7, diede ancora prova del suo va lore. Affidata la batteria al sottoco -
mandante si portò su lla prima lin ea e, assumo di sua iniziativa il comando di un battaglione della Catanzaro rimasto senza comandante, lo guidò all'assalro. Una pallotrola dì fucile lo colpì in fronte troncando la sua giovane vita. Fu sepolto prima a Mikol c poi a Redipugl ia. (G.S.)
Faliero Vezzani il comandante del Battagl ione della morte
Appanenenrc a famiglia molto nota dell'ambiente commerciale fiorcmino, fig li o di Martino c di Paolina Macciani, nacque a Firenze il 4 marzo 1872 c dimostrò sin da ragazzo un'ammirazione per il mestiere delle armi. T genirori assecondarono questa sua prcd isposizione fàcendolo studiare nel Collegio Militare dì Firenze per passare poi all'Accademia Militare di Torino dalla quale uscì sotrorenenre d'arriglieria nel novembre del 1891
Co llocato in aspettativa per riduzione di quadri venne richiamato in servizio nel luglio del 1893 , transitò nell'arma di fanteria venendo assegnaro al 54o Umbria dove vi fu promosso tenente nel gennaio del 1896. Capitano nel marzo 1908 nel 46 ° Reggio e poi nel
21 ° Cremona, fu inviato in Tripoliranìa dall'ottobre del 1911 al nov em bre 1912 al comando di una compagnia dell'84 ° Venezia. Rientrato tornò al suo 21 o reggi mentO nel maggio del 1915 a Bassano per trasferirsi poi in agosto sul Basso Isonzo , ai piedi delle al w re di Monfalcone assumendo il comando intcrinale delll battaglione che poi mantenne con la promozione a maggiore. A ll'inizio della terza battaglia deli'lsonzo il 21 o Cremona si trovò a fron teggiarc le munìrissim e posizioni di Quota 85. Nelle prime ore del pomeriggio del 21 ottobre il ma gg ior e Vezzani lan c iò il suo battaglione all'assalro sono l'infu-
Tavola dell'eccezionale impresa deiP8 agosto 1916 a Gorizia quando con 7 soldati Zuccarello catturò sul Podgora 9 ufficiali, 350 soldati di truppa , 3 cannoni , 5 mitragliatrici, 500 fucili , liberando l 00 italiani prigionieri.
Il capitano Zuccarello vegliato dai suoi uomini.
A lato La Quota 85 attaccata da Faliero Vezzani il 21 ottobre 1915 .
Il maggiore fiorentino Faliero Vezzani, caduto il 21 ottobre 1915 a quota 85 di Monfalcone.
riare di un violenrissimo fuoco di fucileria e di sbarramenro e nonostante le forri perdirc superò le prime difese nemiche. Feriro al capo da colpi di fucileria non desistette dal combattimento e, alla testa del suo reparco, irruppe nei trinceramenti nemici conquistando li dopo un furibondo corpo a corpo.
Cadde , subito dopo, colpito a mone. Nell'epico combattimento conclusosi durante la notte, il Il battaglione meritò l'appellativo di "battaglione della morre " . Medaglia d ' oro, fu sepolto a Redipuglia. (G. S.)
Giacomo Venezian dalla cattedra universitaria alla prima linea
Il maggiore Giacomo Ve n ezi an, tries tino, docente universitario, comandante del Il battaglione del 121 o reggimento della Mac erata caduto a Castelnuovo del Carso il 20 novembre 1915 , medaglia d'oro.
Figlio di Vitale e eli Elisa Norsa era nato a Trieste il 7 dicembre del 186 1. TI padre Vitale, medico condorro, era certo un buon patriota, ma sicuramenre meno impegnatO di alrri membri della famig li a ebraica, come lo z-io Giacomo cbe , con lo stesso nome del figlio, si distinse nei rurbolenri anni dell'irredenr ismo onocemesco per aver preparato diversi moti insurrezionali e aver difeso la repubblica romana con Mazzini e Garibaldi. Anche il c u gino Felice fu dal 1882 alla morrc nel 1908 l'anima dell'irredemismo fìumano, presidente dell'Unione ginnastica , uno dei principali ispiratori del periodico "I.: Indipendente" Chiamaro con lo stesso nome dcll ' iliLLStre parenre, il nuovo membro della famiglia Giacomo Venezian fu sin da giovinetto di indole brillante, redigendo già a 12 anni un foglio sco lastico 'TEsordiente", che subì vari sequestri della polizia au striaca, e in seguiro a 17 anni del periodic o " () Marcello" Esponente fìn da g iovane del movimenro irredenrista, si legò al gruppo clandestino de La Giovine Trieste- e del suo organo "La Nuova Trieste" Venne arrestare una prima volta nel 1878 e conseguentemente tu sottoposto a procedimenro penale, a Graz , per alto tradimento, ma venne assolto dalla grave imputazione. Riparò in Italia che gli concesse la cittadinanza, conseg uì la laurea in giurisprudenza all ' Un i versità di Bo logna nel 1882. A soli 23 anni ottenne la li bera docenza c insegnò Diritto Civile e Romano all'Università di Camerino e Macerata. Nel 1895 per concorso ebbe la cattedra di Oiritro Civi le all'Un iversità di Messina e, cinque anni dopo, all'Università di Bo logna. Assolse agli obb li ghi di leva nel 1881 arruolandosi come vo lo nt ar io di un a n no presso il72o Puglie. Congedato con il grado di sergenre o tt enne le nomine a so tt otenenre di co m plememo n el 1884, a tenente n el1892 e a capitano nel l uglio del 1905. fu tra i fondatori della Soc ietà Dame Alighieri , consigl ie re comunale, titolare del la catted ra di Dir itto civi le. Venezian redasse anche "L'Eco del Popolo", giornale che raccoglieva le voci più importanti dell'irredenrismo lettera rio e po li tico e veniva diffuso clandestinamenre a Trieste. Dopo l'intervento dell'Italia, rifimò la n omina a presidente di un tribunale militare e chiese d i essere acco lto come volontario e di essere assegnato al servizio arr ivo al fronte. Partì per la zo n a di operaz ioni con il CXXI banaglione d i Mi li zia Territoriale . Trasferito a domanda nel 121° Macerata, ebbe il comando del I battaglione del 12 1o dopo che i due precedenti comandati, i m aggiori V in cenzo Leonelli e Ramella, erano stati uno "disperso" e uno ferito gravemenre. Se il 25 ottobre scriveva " ra ggiante di g io ia" per aver ottenuto lo scopo di andare in prima linea, il 9 novembre si diceva "subito assuefatto al sibilo delle pallotto le e il 16 novembre in trincea, pro n to a lla barraglia d i due g iorn i dopo. Era in que l momento a riposo a Scodovacca, vic i no a Cervignano, il l O ili / 122" conqu is tò alla baionetta la Trincea
Rocciosa e si preparò per l'assalto alla lèincea dei Morti. In due giorni la brigata e bbe fuori combartimenro 12 ufficiali c 515 so ldari. Ma il 14 inziò una fase anco ra più cruenra: la lvfacerata attaccò con la SaJsari la Trincea dei Razzi. Perdite omeriche: ancora 18 ufficiali e 557 "gregari".
li 20 un nuovo a ttacco , vio le ntis s im o, il battag l ione di Venez ian riu scì a prendere il ridorrino Trincea dei Morti, ma dovette abbandonarlo perché in piena zona di tiro delle batterie n emiche .
11 magg iore "in piedi, fra il turbin a re dei proi e ttili n e mi ci, agitando il berrerro, al grido di 'Viva I'Tralia' incuorava le eruppe, che il 14 novembre 1915 avevano conquistatO un rran:o di trincea avversaria . Tl16 n ovembre 1915, ferì ro, celava il suo sra w per rimo re di esse re costrcrro ad abbandonare la prima linea. 11 20 novembre 1915 a Castelnuovo del Carso, quando le truppe di prima linea, acraccando un fortissimo trin ce ra m e n ro austriaco, furono acco lte d a un v iolentissimo fuo co, si slanciò di rincalzo alb resta del suo battaglione che guidò col più grande valore, fìnchè cadde colpito da una palla in fronte", recitò la motivazione alla medaglia d'oro, l'unica che ebbe la bri gara Fu sepolto a R edipu g lia (E. S. l e G. S.)
Azaria Tedeschi uno degli ignoti di Redipuglia
Azaria Tedeschi di Bruno c di Angio l ina Spanò nacque a Serra San Bruno di Ca tanz aro il30 gen naio 1887. Ancora srudente della facoltà di Giurisprudenza all'Università di Napoli nel gennaio 1907 si arruolò volonta rio come all ievo uffi cia le nel t! 5 ° reggime nto d ell a brigara Reggio otte nendo la nomina a so rroren cnce di complemento. Fu ammesso a frequentare un apposito corso al termine del quale passò nel servizio perm anente e assegnaro al l o reggime nto d ella brigata Re. Nel 1911 fu inviato in Libia, m a rimpatriò per m a la ttia ne l maggio 1912. Ini z iò la guerra nel serro re del Podgora per poi essere su biro trasferito nel 79 ° Roma e, ormai capitano comandante la 7• compagnia, co mbatt é nella Vallarsa.
A Chi esa di Vallarsa i l 6 g iu gn o 191 6 venne ferito in co mbacrim e nro mentre resisteva, con stoica fermezza, sulle posizioni che presidiava. Ricoverato in ospedale, vo lle essere dim esso, ancora co nval escente, per rientrare alla sua compagn ia sul Monte Pas u bio. Assunro nel novem bre del 1916 il comando del IV batta glione e passato nell'agostO del 1917 col re ggimento sul fronte dcll'lsonzo meritò una medaglia d'argento per il combanim enro del 30 agosro sulla Bainsi zza durante il quale rimase nuovan1cnte ferito. Non an co ra comp letamente ri s tabilito , tornò al s uo batraglione c il25 ottob re sul Veliki (ved i mappe a pp. 104, 114), mentre con coraggio leonino attaccava il nem ico che renrava di irr ompe re, in un furioso co rpo a co rpo rimase co lpiro in p ieno da una b omb a a mano e di l ui non si rrovò più nulla. Alla memoria dell'eroico ufficiale, promosso maggiore tre g iorni dopo la morte, gli ve nne confe rita la medaglia d'oro. È idealmente sepolt o a Redipuglia. (G S.)
L' assalto della Macerata e della Sassari alle trincee del San Michele nel 191 S.
Il capitano Azaria Tedeschi .
Il colonnello genovese Achille Stennio comandante del 9° reggimento della Regina , caduto a Dev etaki il 17 settembre 1916 .
Achille Stennio un genovese per la Regina
Achille nacque a Genova il 4 marzo 1866. Fu allievo della Scuola Militare nel 1883 conseguendo il grado di sorrorenente di fanteria e assegnato aJ 29 ° reggimento della Pisa nel 1885. Promosso capitano nel 190 l, passò aJ 68 ° Palermo e, comandante di compagnia, daJI'onobre del 1911 partecipò aJla campagna di libia meritando un encomio solenne. el 1912 venne promosso maggiore e rimpatriaro.
Tornò in Africa al comando del LI! battaglione erirreo combattendo in Libia dal gennaio 1913 all'onobre 1914 meritando la Croce dell'Ordine Mìlitare di Savoia e un secondo encomio
Nel novembre 19 l 5 con la promozione a tenente co lonnel lo fece rirorno in ltaJia e, pochi m esi dopo, nel mart.o del 1916 ass u nse il comando del li battaglione del 9o reggimenro de ll a Regina in lin ea su l Ca rso sotto le cime del Mo nre Sa n M ic h ele.
Srennio si mise in evidenza ne ll e az io n i per la con q u ista della mu ni tissirna r idotta " i l fo rt ino" siruara ne ll a sella tra Sa n Ma rci no d el Ca rso e il Monte San Michele mantenendola poi per tre in teri giorni nonostante il violento tiro de ll 'artiglieria nemica e i continui contrattacch i, otte n endo una medaglia di bronzo
Promosso colonnello, assunse il comando dello stesso reggimenro conducendolo ì1 12 agosro all'occupazione del villaggio di Oppacchiasella.
Al bivio di D eve taki nel Vallone .
Il 17 settembre. dal bordo della Dolina Ellittica, il maggior generaJc Asclepia Gandolfo, comandame ligure della Pisa che nascondeva pure lui nei polmoni l'inrossicazione da cloro-fosgene il 29 giugno e che l'avrebbe condono alla romba nel 1925, vide le squadre dei militari arditi c dei lanciarori di bombe a mano raggiungere i pochi varchi disponibili e scomparire nella prima linea nemica. La reazione dell'aniglicria nemica e il ciro fiancheggiante dei nidi di mitraglianice gli fece comprendere che ben difficilmente si sa rebbe potuto procedere verso lokvica e aggirare la coll ina del Pec in ka e q .308 ( m appa p. l 04).
A da re man forre alla Pisa saJ irono da DeveLak i i battag li o ni d ella Regina. Prove ni va n o d aJ se tt ore di O p atj e scio, d ove e rano s ta ti di pres idi o fì n o aJla vig ili a de ll a nu ova b a tt agli a I s uoi regg im enri - i l 9° del co lonne llo S tennio c lOo del Giuslino Bis io-, ve nn ero accoppiaci con quelli de lla Pisa allo scopo di formare due brigare miste destinare ad arcaccare il settore Pecinka-Lokvica Non mancava l'inquiewdine poiché si trovavano ad affrontare un terreno sconosciutO, sen1.a aver powro approfondire le i n formazioni sulle difese austriache Terminato lo sbaJzo da un valloncello a est di Deveraki alla Dolina del Ciliegio, i veterani del III battaglione si affacciarono al ciglio de ll a conca: "Ques ta, a ll aga ta, come le aJrre
attraversate, non disponeva che di pochi ricoveri, sui margini, ingombri da uomini dci serv izi del genio e di artiglieria, (zappawri, bombardieri, ecc)- racconrò il maggiore Alberico Sciocchetti, comandame del bauaglione - la dolina era stata bersaglio dell'artiglieria nemica; un paio di quadrupedi del genio giacevano sventrati, su l fondo allagato della dolina". Conremporaneamenre al movimento dei battaglioni il comandanre del 9o Achille Stennio faceva la spola tra la prima lin ea e la dolina sede del suo comando p er conrroHare la nuova dislo caz ion e delle sue eruppe. Terminaca l'ulteriore manovra di schieramento sul1e posizioni di partcn7.a per l'attacco, le compagnie delllf battaglione destinare a prend ere il saliente del Naso di Lokvica, si accorsero di occupare il cig lio oves t di una dolina. Lavversario li aspcnava al varco sul bordo oppo!>ro da una posizione dominante.
" Quel declivio sassoso, brullo, era gu:uniro da un doppio ordine di reticolati, e il basamenro roccioso, salto o gradino, su cui si sopradevava la trincea nemica, era guarnito da una forre linea di cavalli di Frisia ricordò il magg iore Sciocchetri -, si vedeva n o grovigli, c he nella notte erano s tati riparati, con sovrapposiz ioni di cavalli di Frisia o di matasse di fili". Si calcolò che almeno cinque nidi di mitragliatrici spazzassero con il loro tiro radente la conca della dolina. Il compito di questa unirà era di svolgere un attacco dimosrrativo rispetto alla direttrice principale d'attacco verso il Pecinka. Al pomeriggio del 16 settembre le quattro ondate d' arracco del battaglione si sch icrarono, precedute dagli arditi esperti nel lancio di bombe a mano. Alle spalle della trincea di partenza arrivò pure una sezione di mitragliatrici Sainr Etienne per proteggere l'avam.ara. Nonostante l'avvio positivo deU'arracco, gli anaccanti non ebbero miglior forruna dei loro commilitoni della Pisa, a dispctro degli osrinati arracc hi ripetuti fino al 17 settembre. AJ termine dell'azione distrurriva di bombarde, artiglierie da moncagna c lancia-rorpcdini, le ondare mi ste di fanrcr ia, genieri e mitraglieri raggiunsero la trincea sconquassata del Naso di Lokvica. " Il sincronismo era la cessazione di qucll'eccellenre ciro di demolizione e l'in izio d e ll'assalto della fanreria permise la rapida conquista della trincea, di cui mi avvertiva poco dopo l'agi tarsi degli e l merci e d ei fucili , le grida di giubilo dei so ldati - nella sua relazione il maggiore Scioccheni, ma né sul1a mia sinistra (29o fam.), né sulla mia destra (20o fant.) vidi avanzare reparti d'a ssal to; c se il 29 ° , aggrappato ancora una volta al margine dci reticolati, imp egnava il nemico col fuoco, la stessa cosa non avveniva da pane del 20° reggimento, impegnato nelle marce e cont romarce , lun go la propria trincea, alla ricerca dei passaggi più a sud". La mancata avanzata su i lati aveva trasformato l'az ione dimo st rativa in principale, lasciando gli uomini della Regina incuneati nel1a breccia del sistema difensivo austriaco, senza adeguato supporto di rincalzi per raggiungere Lokvica: " l manto si era pronunciato il contrattacco nemico con inrenso lancio di bombe a mano, appoggiaro dal fuoco di una mitragliatrice, la quale dal la destra batteva d'infilata l' interno della trincea, causando numerose perdite - si legge nella relazione del 9° reggimenro d edicata all'assalto de l 17 se ttembre 1916 -, le truppe che avevano resisriro per oltre due ore nella trincea
Le località de l Carso di Comeno teatro dell e tre spaliate d e ll'autunno 1916 (da M. juren, N. Persegati, P. Pizzamu s, Cars o 1916. Doline in fiamme, le spalaite dell'autunno 1916) .
Il caporal e carr arese G iuseppe Sil icani d e l 69 ° Ancona , caduto a D osso Fai ti il 25 ottobre 191 7 .
conquistata, decimare dalle perdite, rimaste senza ufficiali , vista inutile ogni resistenza, cercano rientrare nelle nosrre linee amaverso il micidialissimo fuoco d'inredizione nemico. Le due compagnie scosse dalla grave visione della morre de l loro tanto amaro colonnello non arrestano il ripiegamento; cedono anch'esse". Nella espugnata trincea austriaca cadde colpiro a morte il maggiore Scioccheui, g ià feriro u na prima volta al volto, determinando ulteriormente lo scoramemo tra i reparti in ritirata.
I pochi ufficiali rimasti non poterono far altro che organizzare il riordino dei superstiti sulle posizioni d i partenza e il successivo sgombero dei feriti e caduti. Tra questi LÙ timi, su una barella insaguinata, vi era il colonnello Achille Stennio, co l pito tra la trincea principale e quella di partenza dove cercava di riorganizzare il l " battaglione per inviarlo di rincalzo. Fu sepo l to a Redipuglia (E G )
Giuseppe Sili cani do riformato ad ardito
G iu seppe Sil icani di Euge ni o e di Anronierta Da n esi nacque a Carrara il 29 settembre 1881; era stato esonerato dal compiere il servizio m ilitare di leva perché giud ica w d i terza categoria, per cui lavorò per qualche rernpo nell'industria locale del marmo po i emigrò nel Sud America Dopo la dichiarazione di guerra all'Austria-Ungheria, fece r ientro in Iralia e al Distrecro Militare chiese di essere arruolato volontario e dal Distretto Militare fu destinato Deposito dell'8 4" Vénezia per compiervi un periodo di addestramento. Promosso caporale nel luglio del 1917 fu rrasferico al 69 ° Ancona su l basso Isonzo Assegnato alla l • compagnia dimostrò subito e benché fosse rrenracinquenne, di posse d ere dori d'iniz iat iva e di coraggio n ei numerosi combarrimenri cui prese parre su l Monte Volkovnial<. (vedi mappa p. 104).
Ci ò che r imas e dei b oschi del F aiti dopo un anno di combat timenti.
Trans i tatO ne l reparro arditi del battaglione, dopo un breve per iodo di riposo uascorso nei pressi di Gra di sca, rornò in lin ea nel senore del Dosso Fajti, sul Carso, dove dal 23 orrobre 1917 sostenne gli assal ti delle fànterie ausrro-tedesc h e che premevano co ntro tutto il fronte a segui w delle vice nd e di Capo re tro. il caporale Silicani, dal suo posto avanzato che gli era stato assegnato, svolse il suo duro serv izio in lin ea con mirab il e sangue freddo difendendo la pos izione e infondendo coraggio agli uomini del suo plotone incirandoli a resiste re nonosta nte fossero so ttopo st i a vio lento e m ar t ellante tiro d 'artiglieria che aveva raso al suolo i fragili ricoveri e aveva u cciso o feriw buona parre degli uomini. In quella g rave si ru az io n e Silican i si dedicò all 'osservaz ione tenendo info rmato il Comando di battaglione sull 'evo l ve rsi d ell a situ azione . Fu co lpi to a morte a ll 'addome da un a scheggia di g ranata esplosa a pochi passi da lui m e ntre in piedi sul c iglio della tri ncea respingeva, con i po chi uomini rima sr ig li , l'e nn es im o attacco nemico . Cadd e combattendo contento di aver asso l to il suo dovere sino alla fì n e. È sepolco a Red ipugli a (G S )
Vincenzo Rocco il simbolo dei Granatieri di Sardegna sul Corso
Vincenzo Roc co di Gab r iele c di Luigia Valenti, nacque n To rre Annunziata di Napoli il 27 settembre 1893. Studente a ;-.Japoli della Scuola professionale "Alessandro Volra" nel 1913, fu ammesso al corso allievi ufficiali di complemento presso 1'81 o lòrino; nominato sorrotenenre in luglio, fu assegnato al 2 ° reggimento della brigata Granatieri di Stlrdegna sul basso honzo, presso Monfalcone. Passaro poi con il regg im e nro su lle t rincee di Os lavia, prese parte nei primi di novembre ai combattimenti p er il possesso della quota 188 nella rerza battag lia deii'Isonzo. Il success ivo 21 novembre duranre l'anacco al Monte Sabotino, dopo aver raggiunto una posizione avan.lata sottoposta a violento fuoco di fucileria e armi amomarichc, rimasco l'unico ufficiale del reparto ne assunse il comando organizzando la difesa della posizione nonostante i rcitcrari contrattacchi ausuiaci. Per questo comportamento gli venne assegnata la medag lia di bronzo. Co n il medesimo slanc io co mbattè ne l m ese di agosto durame la ses ta battagli a dcl l' lso n zo nel Vallon e carsico. Durant e il combatrimenro il suo co m a ndanre di compagn ia rim ase ferito e Rocco, assumo il comando della compagnia in un momcnro assai delicaco del combattimento, la condusse con slancio sull'obiett i vo che gli era sraro assegnaro venendo decorato di una seconda medaglia di bronzo. ominato sorrotenente in servi:t.io permanente e promosso tenente nel febbraio del 1917, pochi mesi d opo prese pane alla decima barraglia d ell ' Isonzo.
11 marcino del 24 maggio l'atracco, eseg uit o con slancio e bravura dai granatier i per la conqu ista delle quote 235, 238 e 24 1 verso Selo sul Carso. In serata gli austriaci, con un improvviso comrarcacco, nonostante la strenua difesa opposta dai granatieri, ri conquisrarono la con trastata quota 241. A rinforzare l'ala destra del reggimcnro fu in viata l'l t• compagnia coma nd ata dal rencnte Ro cco che, accortosi del movimento di so rpresa degli austria c i, d ec ise di resi stere s u l posto sino all 'est remo sac rificio. Continuò, con ammirevole sa ngue freddo a in c itare i s uoi uomini a
Il tenente napoletano Vincenzo Rocco caduto il 24 maggio 191 7 su quota 241-quota 219- Komarie-Selo, due medaglie di bronzo e medaglia d'oro.
La linea di combattimento della brigata Granatieri tra q. 219 e q. 241 di Fornaza il 24 maggio.
Il tenente romano Pio De Paolis, ventunenne, anch'egli come Rocco comandante di un a compagnia granatieri e caduto il 24 maggio a q . 241 , medagli a d'arge nto.
Il front e d e i granatieri ver so Selo il 23-25 maggio.
Lo schieram e nto della brig ata Emilia e l a località di Grazign a dove cadde il colonnello Aure li o Robino.
non cedere Colpito a mone nel violemo e impari combatrimenw Rocco cadde su l campo tra i po c hi superstiti della sua compagnia. Nei due giorni 24 e 25 maggio , la brigata ebbe fuori comba1timenro 78 uffi cial i e 2.277 soldat i. Rocco , medaglia d'oro, è sepolro a Redipuglia. (G.S.)
Aurelio Robino il colonnello in prima linea
Aurelio Robino, fìglio di Agoscino e di Fanny Dellacella, nacque a Genova il 16 g iugno 1867 da una G1111ig li a piemontese. Dopo esse rs i diplomaw in ragioneria a Torino presso l'l st i[UtO Tecnico "Germano Sommci ll er", seguì come il padre, uffìcia lc, la carriera delle a rmi frequentando nel 1885 la Scuo la Militare di Modena da dove uscì sorrorenenre dei bersaglieri con destinazione all'llo reggimento. Nel
Il colonnello genovese Aurelio Robino, medaglia d'oro.
1891, da tenente fu aiuranre maggiore in seco nda. Promosso capita no a scelta nel l o regg imento b e rsag li eri nel 1902 , dopo cinque anni venne trasfe rito nel Co rpo di Stato Maggiore c con la promozione a maggiore nel 1913. el 4o reggimento ebbe l'i nc arico di progenare e dirigere l'esecuzione di opere difensive sull'Ai ropi a no di Asiago. E ntrò in g u e rra a l co mand o dd XXXV Il b attaglio n e ber:.ag l ie ri, in Va ls ugana c prese parre <ti primo sbalzo offensivo sino al centro abitato di Borgo Valsugana. Promosso tenente colonnello, venne trasferito con i battaglione nel medio Tsonzo, distingu e n dosi n e i comb a nimenti di Sa nta Lucia di Tolmino del novembre 1915 e di Santa Maria nel m aggio-giugno 1916 .Nel febbraio 1917 con la promozione a co lonn ello per meriti di gue rra assunse il comando del 119° Emilia. 11 mattino del 16 maggio, ri cev u to l'o rdine di attaccare, s i lanci ò c o n i s uoi fanti co ntro le munire posizioni a u s tri ache di quora 126 di Graz igna, piccola a l tura nei pressi di Gorizia.
Ragg iunta la lin ea avversa ria e superata la cima dell'alwra venne fermato da un profondo re ti co lato ri m asto inrarro c battuto dall'artiglieria nemica. Nella difficil e s ituaz ione fu cos tretto a s ubire numerosi contrattacchi se nza p e raltro voler abbandonare l'altura conquistata c cadde cravolro dall'e s plo sio ne di una granata.
Alla sua memori a venne conferita la med ag lia d 'oro. È se po l to a Oslavia. (G .S .)
Fanti del l 19° reggimento dell'Emilio.
Grazigna e a sud la quota 126 dove cadde il colonnello Robin o.
Il Vi ppacco, la piana di Gorizia e ciò che restava dei boschi di Q. 126 di Vrtoce nel settembre 1917.
Ore 13 del 4 nove mbre 1918. L o schieram ento dei battaglioni Ili e 11 / 106 ° e 111 / 83 ° della 33 a division e austro-ungarica l asciati di r etroguardia a Q . l 5 di P arad iso. Il comb attimento a l trivio di Paradi so f u condotto dal colonnello An ton L e h ar, comand an te del l 06 ° reggim e nto Honved e fra t e llo di Fr anz l'a utore del valz er La v e dova all egra. Il sottotenent e diciannovenne Alb erto Riva di Vill asanta comand ante del plotone a rdi ti dell'8° r eggimento b e rsaglieri caduto il 4 n ovembre a P arad i so di Pocenia un 'o ra prima della fin e della guerra.
Alberto Rivo di Villasanta il diciottenne ultimo medaglia d ' oro
Alberro, figlio di Giovanni Riva e d e lla Giovanna Villasama, era naro a Cagliari il20 agosro 1900. Il padre, c omandante dell/151 o della Sassari, era caduta il 7 giugno 1916 nella difesa del Mome fior s ull'Altopiano di Asiago. Alberto, alla notizia della morte del padre fuggì da casa con l'idea di arruolarsi per vendicare la morte del padre. Fu arruolato nel 90 ° Stzlemo e con il reggimenco prese parte ai combartimenci della 121 barraglìa d e ll'lsonzo e al conseguente ripiegamento al Piave. Scoperto che non aveva l'età per essere arruolato, al solo scopo di sottrarlo ai pericoli della prima linea, fu inviato a frequentare un corso allievi ufficiali presso la 3• armata. Ottenura nel gennaio de l l9l8 la nomina ad aspiranre nell'Bo reggimento bersaglieri, s ubì w si distinse quando fu nominato so rrorenentc gli fu affidato il comando d el ploronc ardi ri reggi mentali. Nella b atragUa del So lstizio partecipò alla ri conq ui sta dell'isola Caserta a nord di Ponte d ì Piave meritand o una medaglia d'argento.
lniziarasi la barraglia offensiva il 30 ottobre 1918, il reggimenw att raversò il Piave nella zo n a del Ponce della Prìu la portandosi a Borgo Malanotte ove passò alle dipendenze della Yll brigata di cavalleria con l'ordine di portarsi prima a Vìsnà e di qui pumare verso la Livenza per costituire nelle località Brugnera, Albina e Portobuffolè alcune teste di ponr e in riva sinistra del fiume.
Celermente viene raggiunta prima Fomanelle poi Gajarine c di qui invia compagnie c armi autOmatiche che riescono ad occupare Portobuffolè ricacciando oltre Livenza le forze austro-ungariche. TI I o novembre il reggim e nto raggiunge l'abitato di Pordenone e il giorno 2, amaversaro il Meduna ad Orccnigo di Sotto raggiunge il Tagliamento che supera, a guado, il giorno 3 novembre.
Albero Riva Villasanta, con il suo entusiasmo, prende parte a tulti gli scontri a fuoco con le retroguardie austriache in ripiegamcnto.
Cro ll aro l' inr cro fronte per i favorevoli sviluppi d ella cosid d etta barraglia di Vittorio Venero 1 ' 8° reggimenro be rsag li er i, rinforzaro da tre
squadroni del reggimento Cavalleggeri Aquila, superaro il corso del fìume Stella, il complesso incontra una resistenza in località Trivio del Paradiso, a ovest di San Giorgio di Nogaro.
Poche minuti prima della cessaz ione de ll e ostilità, che era srara fissata per le 1 5 di quel 4 nove m bre a segu ito de ll 'armistizio di vi ll a Giusti, bersaglier i e cavalleggeri !li lanciano comro questa isola di resistenza e, naturalmente, il plorone arditi reggimemale del reggimenro bersaglieri cosriruiva la puma clelia colonna d'anacco.
Alberto Riva Villasanta, come al soliw, era in resta al suo plotone arditi e, con l'irruenza che lo conrraddisringueva, si lanciò contro il centro di fuoco nemico.
Pochi minuti dopo le 15, fra le braccia de l suo attendente moriva il sottotenente Albcrm Ri va Villasanta. Nel cielo, u n caccia italiano con un d rappo ui co lore appeso al la ca rl inga, volava tra le nuvole sopra i so ldati fino a poco prima nemici, annunciando, con il lungo suono di una sirena. che la guerra era finita Ugualmeme, da parte austriaca, l'armhtizio era annunciato con un lungo suono di tromba.
Latrendeme del giovane Riva si chiamava lsidoro De Luca. Sopravvissuw alla guerra, ricorderà se m pre quei momenti a Paradiso, quando durame l'u lt i ma carica dci cava ll eggeri e l'ultimo arracco dei bersaglieri arditi, Alberto R iva correndo dinanzi ai suoi uomini veniva colpita alla frame:: da una pallonola nemica, morendo poi tra le sue braccia.
Ma la gioia ebbe presto il sopravvenro. l soldati si abbracciavano e urlavano felici per la fine della guerra. Eccitati, lanciavano in aria i razzi di segnalazione per fe::sccggiarc l'evento.
Sopraggiungeva il comandame della divisione, i l generale bra, che passava in rivista a Paradiso i reparti schierati, e gli stessi soldati rendevano il giorno dopo gli onori agli ultimi caduti.
La grande guerra si era conclusa con l'ultimo combattimento a Paradiso. Riferendosi ad Alberto Riva Villasanta così scrisse Gabriele D'Annunzio: "il 4 novembre all'ora precisa dell'armistizio, cadde anch'egli al la testa dci suoi arditi, co l pito ne ll 'ano de l balzo per spingere la vittoria più lontano per piLt accostars i a que ll i che ci aspettavano, a quel li che ancora ci aspettano".
Grazie alla sensibilità del poeta Giannino Anrona Traversi che recupcrò la salma del maggiore Giovanni Riva dall'Altopiano di Asiago e la trasferì a Redipuglia oggi, padre c figlio, riposano uno a fianco all'altro nel XVII gradone c.li quel sacrario. (L. C.)
Giovanni Ribet l' eroe valdese
MONTf- S.
Giovanni - Jean Jaqucs - Ribet di Thomas e di Margu er iw Pastre era naro a Pomaretto (Tor i no) il 25 magg io 1871 . Consegui ta la marurità class ica presso il liceo di "li.mc Pellice nel novembre 1890 si arruolò volontario nel plowne allievi ufficiali di complcmemo del62o Sicilia. Nell893, a domanda, venne ammesso con il grado di sergcnrc alla Scuola Militare d i Caserra d a c ui n e uscì sorroLenenre in se rvizio perma n ente effettivo ne ll 'o t tobre del 1895. Destinato al 16° reggimento de ll a
Grad•sca
Il maggiore Giovanni Riva, comandante d e l l battaglion e de l 15 l o reggimento della Sas s ari, caduto a Monte Fior il 7 giugno 1916 , sepolto accanto a l figlio Alberto a Re dipuglia.
Le pendici d el l e 4 cime del San Mich e l e e i boschi teatro d e i primi combattimenti.
l r eticolati di protezione delle trincee del Groviglio prese n eWassalto condotto da Ribet il 12-16 aprile 1916. Il D ente del Groviglio e l'Elemento Quadrangolare dove Ribet meritò la seconda medaglia d' argento (AUSSME).
Savona venne promosso tenente nell'aprile 1899. Di rel ig ione evangelica, si sposò nel 1908 con Adeline Cougn che g li diede Nora, Gu ido, Gustavo e Marg h e rita, nam nel 1915.
Con la promozione a capitano nell'ottobre 191 O, ve nn e trasfe ritO aJ 29 ° reggimento fanteria della brigata Pisa dove nel 1914 svo lse le mans ioni d i ai mante magg io re in pr ima. Nel maggio 1915 il reggimento raggiunse il Basso Isonz.o ai piedi del Monte San Michele. Qui, nonostanre ese rcitasse ancora le funzioni d i ai m ante maggiore, diede subito prova di capac ità di comando, di coraggio e di altr u ismo nei combatt imenr i del6 e del7l ug lio 1915 meritando la pri m a medaglia d ' argento: "durame g li attacchi a trincee, sotro l'intenso fuoco nemico, si slanciava in pri m a linea per sostituire , con la sua energica azione , la ma n canza d i var i comandanti di repa r ti, caduti combattendo, e portava così un efficacissi m o conrriburo al buon esiro del l' ope razione . M . San Michele, 6 e 7 l uglio 1915"
Nel giugno 1915, promosso m aggiore, assunse il co-
mando del II banaglione e nei combarrimenri sul San Michele del 21 lugli o gli venne co nferita una medaglia di bronzo.
La secon da medagli a d'argento la meritò, unicamente a una proposta di prom oz ion e per meriti di guerra, prima per l'occupazione di pane delle rrincee dell'Elemento
Triangolare e poi per averne mantenuto il possesso per tre gio rni res isten do al fuoco e ai rip et uti conrratracchi nemic.i: ''Con sagge disposition i riuscl a impadronirs i di un forr e trinceran1cnto nemi co c se ppe conservare il possesso per rre g iorni , res pinge ndo vari e furiosi conr rarracchi. So praffarro dal ciro intenso di parecchie barrcrie avversarie con uso di bombe asfissiami, per le forti p e rdite subire, dovette abbandonare la posiz ione , imp edendo però aJ nemi co di progred ire. Dente del Groviglio, 12- 16 aprile 1916 ".
La cena medaglia d'argento la orrcnne per una serie di a1ioni nel momenro più tragico dì tutta la guerra sul Carso: l'attacco austriaco co ndorro co n i gas asfiss ianti il 29 giugno 1916: " Diresse il s uo battaglion e con peri z ia ed energia in un 'a rdica incursione c he port ò alla conquista di un trinceramento avversario. Il giorno successivo, mentre w1 artacco con gas velenosi forremenre provava le n ost re dife se e lo distaccava pericolo sa m e nte dal regg imento , non solo manreneva le posizioni occupate, ma co n energi ca azione di fuoco para lizzava i rin calzi dell 'avve rsario produce ndogl i grav issime perdite e conrribuendo alla s ua definiti va sconfina S Mani no del Carso, 28-29 giug no 191 6" . L'atraco co n i gas sul Sa n Michele, co m e hanno appurato g li storici Nicola Persega ti e Mirja Juren ne Il Quarto Ctwaliere, causò in pochi miniti la morre di circa 2.9 00 soldati delle brigare Regina, Brescia, Ferrara e Pisa, solo di quest'ultima si ebbero 31 uffi cia li morri , 51 feriti e 416 soldari uccisi 171 feritie933dispersi.
Il sottotenente Cesare Ceseran i d i C astellanza caduto il 14 agosto a San Martino d e l Carso assieme al maggiore Ribet.
Lo schieramento dei battaglioni de lla Pisa a Lol<vica il 14 agosto dove cadde il maggiore Ribet decorato poi di medaglia d'oro (AUSSME).
Il maggiore Giovanni Ribet comandante del 29° Pisa , tre medagli e d'argento, una medaglia d'oro, caduto il 14 agosto 1916.
Il Carso di Doberdò e quello di Come no divisi dal Vallon e.
TI 14 agosro, nel pieno dei combattimenti seguiti alla presa di Gorizia e al conseg uent e abbandono aust riaco del Carso di Doberdò, su ll e a lture di Lokvica - su l Carso d i Co meno -, i battaglioni del 29° Pisa entra ron o in azione cercan do di forzare lo sbarramenro trincerato ad ovest di Lokvica . Nonostante la fatica della mar cia, il ca ldo torrido e il fuoco incrociatO della difesa austriaca, i rre battaglioni riuscirono a sfruttare l'unico varco disponibile tra i reticolati per strappare il trincerame n to ava n zato avversario
Il tenente napoletano Pao lo Cap asso che , benché intossicato, raccol se nell e trincee una dozzina di sop r avvi ssuti del 29 ° Pisa e li portò al co ntrattacco, m orì poi in combattimento il 9 luglio, med agli a d'oro.
TITT batt agl ione del 29 ° di R i bet, il 14 agosto aveva portato le sue compagn ie olrre uno stretto varco rra i reticolati costr in ge n do gli austriaci ad a bbandonare la trincea e a r ifu g iars i nel la seconda linea Ma ai fianch i gl i altri reparri non erano riusciti a passare i reticolati per cui s'e ra trovato mitrag l iato dai lati. I suoi uomini cadevano uno dopo l'altro . Riber prende con sé i meno cimorosi e due pisrole mitragliatri ci e si lancia ancora in avanti per prendere la seconda linea frontale. Ferit i e uccisi molt i dei suoi si crova circondaro d a i nemici usciti dalle grotte, uccide co n un a rivoltellata un u fficiale che g l i intima la re sa e imbraccia la pistola mitragliarrice, ma v iene co lpito al collo da una fucilata. Assieme a lui ca dd ero i sottorenenti Cesare Cese rani , Gabriele Della Vall e, Si lvio Sa n cis i e Tommaso Sanro ro e un a setrantina di fanti Ebbe la medaglia d'oro a lla memoria ed è sepolto a Redipug l ia . ( P. G .)
Giovanni Randaccio
dal Veliki al Timavo
Giovanni Randaccio di ignazio c di Giuseppina Malnate nacque a Torino il 1o luglio 1883, compiuti gli studi a Vercelli e ammesso al la Scuola Militare di Modena, nel settembre del 1905, ne uscì sotrorenenre di fanteria assegnato al G4o reggimenro della Cagliari. 1ènenre nel 1908, parrecipò alla guerra iralo-turca in Libia dal 19 l 2 al settembre 1913. Anrarro dalla nascente aviazione, fu tra i primi a conseguire il breveuo di pilota che però a poco gli servì perché nel maggio l 915 varcò il confine al comando di una compagnia del 63o Cagliari e nei ripetuti attacchi contro le posizioni fortificare del Monte Sei Busi nel mese di luglio, meritò la prima medaglia d'argenro; la Cagliari ebbe 51 ufficiali e 1.800 soldati fuori combattimenro.
Il 21 ottobre il l e il IV attagl ione del 63° atraccarono e conqu istarono parre della rrincea austriaca di quota 118 sulle alture di Polazzo, subendo poi il tiro d'interdizione austriaco che lerreralmente fece strage di ufficiali e di soldati. Caddero il 21 ottobre i sortotenenri Arnaldo CarorenuLo dì Castcllamare di Stabia, Giuseppe C im a, comasco, Panral one Congedo, leccese, L u igi Corvi, parmense, Umbcno Izzo, avellinese, Pasquale Palasciano, capuano, Enrico Schiavone, porenrino, Giovanni Traldi, bolognese, Viro Nicolò Valveri, messinese, il 22 caddero il capitano spezzino Rodolfo Castellini c il tenente napoletano Mario Bruzzese, mcncre i sorrotc ne n ti Etcorc Ganaz1.0 li , parmense, e Alberto Altieri morirono nei giorni seguenti
Quot a l 18 ai piedi del San Michel e dove il capitano Randacci o guadagnò l a seconda m e daglia d'argento. Sotto: mappa Veliki e i sottotenenti del 63 ° Cagliari caduti a Q . l l S:Arnaldo Carot enuto e Rodolfo Caste ll ini .
l sottotenenti Mario Bruzz ese e Pantal o n e Congedo d el 63 ° Cagliari caduti a Q. l 18 .
negli ospedali da campo. Anche Randaccio fu trasportato ferito gravemente e, dopo essere staro sorroposw ad alcune difficili operazioni, fu dichiararo permanentemente inabile alle fatiche di guerra. Oucnne la seconda medaglia d'argento, ma non si rassegnò a essere escluso dalla guerra. Quasi tutti gli ufficiali del suo vecchio reggimento erano stati uccisi o feriti gravemente. Tnsisté, era un eroe, era bravo e nel marzo 1916 ottenne di ricnrrarc in servizio al comando di una compagnia dcl77" reggimento della Toscana diventando in ottobre comandante del Il battaglione. Si trattava di un reggimento per la gran parre composro da bresciani e consideraro rra i più valorosi con già due medaglie d'oro individuali. Come comandante di compagnia partecipò alla presa del Sabotino con la colo nna Gagliani il6 agosro resistendo nei giorni successivi ai violenti comrauacchi (medaglia d'argento aJla bandiera del reggimenro che alla fine della guerra sa rà decoraro anche con la medaglia d'oro ). Dopo un periodo di riposo c di ricostituzione degli organici, il23 settembre la Toscana fu trasferita sul Carso di Comeno, Slllla coli i n a del N ad Logem e lì dal 9 al 12 ottobre, assieme alla Traprmì c al la T brigata bersaglieri, partecipò aJ I'attacco c alla conquista del Ve li k i Hribach su lla cui cima Gabriele D ' A nn u n zio, suo amico che seguiva i n coda all a co lonna, pianrò il trico lore che Randaccio stesso, alla cesta della sua compagn ia, aveva porcaro fin su lle pendici del Dosso Fajd.
"La Do m enica del Corriere", se mpre pronta a documentare le azioni di D'Annunzio, ritrasse in una copertina Randac c io avvo lro nella bandiera seguito da D'Annunzio. Fu dccoraro di una terza medaglia d'argento c promosso maggiore per me-
La tavo la di Achill e Be ltrame con Ra ndaccio e D 'Annunzi o sul V e liki .
Il tenente forlives e M ario Bond ì del 77 ° morto p e r f e ri te sotto I'H ermada il 25 maggio 1917.
riti di guerra, guadagnandosi la fiducia rorale dci fanti. Ma era ferito e fu cos crcrro a un nuovo ri cove ro in ospedale. Non a ppen a g uarito tornò a l s uo bana g lion e che si trovava però in un'altra zona del Carso: a est di Monfalcone, sorro la montagna, l'H e rmada , una fort ezza di roccia anraversara da chi lome tri di gall erie co n po srazioni di cannoni e mi rrag1iarric i in grocra che g li italiani non riuscirono mai a prendere. Per le brigare italia ne a fio nd ar, la decima banaglia dell'b onzo che scava per inizi a re rappresentò una delle piLI nett e sconfìrce rarrich e dell'inc e ra guerra. Fra il 23 e il 28 maggio il I/7 r era riusciro a prendere la quota 28, ma poi era scaw distrulLO dal bombardamemo e dal co mratra cco aus rria co. TI 28 ormai la grand e offensiva italiana si s cava s pe g n e ndo per manca nza di riserve a di s posizione. L'l Icrmada rimaneva saldame me in mano avve rsaria Nelle prime ore del m attino del 28 maggio D 'Annunzio te s timoniò: "Torno al Comando [della 3• armaral. Sono r icevuto dal du ca e daVanzo, enrrambi cordiali. Orrcngo che le operazioni in corso nel nostro serrare siano com piute E da p a n e nost ra, la pro messa terribile di prend e re la Quora 28 ". L'impresa caldegg iata da D'Annunzio s'inseriva tra le ultime operaLioni di rerrifìca pro gram m are dalla 3 3 a rmata: la 45 3 divisione av rebb e dovuw far capitolare la quora 28. Quando la noti z ia arrivò ag li uffi c iali radunati n e lla caverna del Di avolo Zo ppo , sorto quota 12. le reaz ioni non fur o no wne entusiaste: "Granare cadono nella dolina. Una uccide un ferito leggero. As perraz ione , ansia, tedio! Piovi gg ina. Luce rrisce. Nino s i re n d e conro de ll a diffi co l tà enorme. No n sembra molco fi du c ioso. Lo riconforto" sc ri sse D 'Annunzio nei s uoi Taccuini chiamando Nino Giovanni Rand accio
Il piano d 'a tta cco si mareriali zzò in qu elle ore norrurn e preved e ndo il lancio di tre passerelle a nord di quota 28. olr re ad un attacco diversivo ad ope ra di due barraglioni del7r reggimenro, illJ e il IIT , verso i rud e ri d ella Fabbri ca di San Giovanni. Il responsabile d e ll 'attacco, il maggiore Randaccio, in chis ura d e ll a riuni one dci com andami di barraglione furono lapidarie: Il colo nn ello Sartirana (comandante del 7JO fanrerìa) se ne è lavato le mani- ri cordò Co rbi- io rispondo dirett ame nt e co n il Comando della divisione; se le cose non andran no bene, la co lpa sarà né mia né s ua , ma di ch i ha ordinato l'operazione con i mezzi che c i hann o daro" Randa ccio affronrò un'o perazione che non lo convinceva. Da quel mom e nw in poi si susseguirono gli imprevisti. Alle due del martino del 28 maggio risultò infarri prati ca-
Il maggiore torinese Giovanni Randaccio caduto a Q . 28 del Timavo: tre m e daglie d'argen to e medaglia d'oro.
La mappa della pian a del Lisert alle foci d el Ti m avo sotto
I'H e rm ada con l e qu ote l 2 e 28 teatro d ei combattimenti d e l 23-28 m aggio 1917 .
L a lapid e a ll e foci d el Ti m avo co n i "Lupi di T oscana" sullo sfondo.
Caduti italiani a Quota 28, sullo sfondo San Giovanni di Duino e iiTim avo.
La tomba di Giovanni Rand accio nel Cimitero degli Eroi di Aquiliei a poco lontano dalla tomba di Maria Bergamas e degli altri l O soldati ignoti.
bile una sola passerella, mentre i genieri combattevano cont ro la correme veloce del Timavo per apprestare le al tre due. Alla fine rre compagnie del battaglione del capitano Corbi della Trapani riuscirono a raggrupparsi su ll a riva sinistra del Timavo. Grazie a un varco aperto nei reticolati ini ziarono l'ascesa sulla quota 28 che rimaneva immersa nel silenzio.
"Uno per volta, strisciando carponi sul terreno paJudoso, oltrepassiamo la linea di reticolati, Formata di cavalli di Frisia e ci schieria mo in ordine di attacco lungo le pendici occidenrali di g.28 dissimulandoci in parre ne i cespugli prospicienti la trincea avversaria", rammentò il sottotenenre Pietro Pittari della l a compagnia. Fu uno dei primi ad arrivare sul tavolato d e lla co ll ina insieme a una decina di uomini e una mitragliatrice. Pittari, con i suoi pochi soldati, venne attaccato da una pattuglia avversaria memre manovrava personalmeme l'uni ca mitragliatrice disponibile. :Lesplosione di una bomba a mano lo investì, scaglia ndolo a terra con la ga mba d estra spezzata Pensò che fosse a rri vata la sua fine, quando vide sopraggiungere uno dei superstiti della pattuglia avversaria co n la lama inastata" fa l'attO d'infi lzarmi con la baionetta: Feriro! m ormoro guardan dolo serenamente. Questi s'assicura che non ho la pisrola nella fondina, e passa o l tre, una gra n ara a mano scoppia a qualche passo vicino, e il nemico sparisce in una nuvola di polvere".
Le tre com pagnie d e lla Trapani ormai erano coinvolte in duri scontri e i fanri del 7r 7òscana che stavano sopraggiungendo alla sp icc iolata ve nn ero indirizzati sulla sinistra, di fronte aJ pendio boscoso che scendeva verso il fiume. :Lesigenza di rinforzi s i faceva pressante, ma il Timavo riuscì a impadronirsi infine della passerella pericolante, rrascinandola via con sé. Sulla co llina l'organizzazione difen siva deg li itaJiani cominciò a sg retolar si: "lmprovvisan1enre g li austriac i s i lanciarono con vio le nza sulla linea: con fuoco di mitragliatrici e lancio di bombe riuscirono ad aprire un varco e sulla s inistra s'incunearono e con mos sa rapidi ssima rioccuparono la trincea da dove dian zi erano scari scacc ia ti ... Sicchè rutta la [nostra] sinistra venne ragliata fuori e q.28 venne ad essere co m pletamente circondata".
La manovra austriaca chi use rapidamente ogni v ia di scampo alle truppe italiane s u quota 28, chiudendo i s uperstiti in una sacca bersagliata dal fuoco di fucileria, mitragliatrici e lanci di granate a mano. Chi sfuggì aJia morre a causa delle armi, la trovò lanciandosi nelle acque nunu lruose del Ti-
mavo. Questa sconfirra venne vissuta con profondo sgomenro da chi osservava sulla riva destra del Timavo. Un simile risuJrato poteva spiegarsi solo co n il cedimentO morale provocaro dalla paura: "l primi a sventolare i fazzolcrri sono una quaranrina di uomini della 3 3 compagnia del 149°" Le parole del poeta vennero vergate sul taccuino alla fine della tragica giorn:ua. La sua versione, insieme ad altre testimonianze venne trasmessa dal co lonnello Sartira na , comandante del 7r, alla divisione il g iorno successivo: " agli uffi ciali dell49 o c del7r che gridavano loro vigliacchi e che contro loro rivolgevano la propria pisrola i militari del 149° rispondevano che non volevano essere più portati al macello" Cinq ue anni dopo la fine della guerra, D 'A nnun zio, ricordando Randa ccio, ripropo se la sua versione d'accusa verso g li uomini della Trapani aggravandola con il sosperro della malafede: "Ma ceno l'in famia era premeditata Una quarantina d ' uomini della rcr7..a compagnia appunto, incominciò a issare cenci bianchi su le baionette: camicie e brache! Gli uffi cia li s i sla nciaron o urlando c minacciando con le pisrole spianare! T vigliacchi rirarono su l tenente Litursi, tirarono sul capitano Corbi. Ecco la resa infame cangiava le sorri". TI capitano Corbi, per sua fonuna sopravvissutO a due ferire, una volta rornaw dalla pr ig ionia disse c hiaramente di essere stato colpito da raffiche aumiache e che su l punro di sfondamento all'ala sinist ra la trincea ormai veniva presidiata solo da feriti. Prima di svenire diede l'ordine, nonostanre l'acce rchiamento su ere lati, di resistere fino all'ultimo. Dalla prigionia rornò pure il tenente Silvio Silvesrri. Con g li uomini della sezione Bertica era stato aggrcgaro alla famosa 3" compagn ia de l 149° battaglione. Testimoniò il cedimenro progressivo della sua unirà fu provocaro dalla mancanza di mitragliatrici funzionanti: "Talchè la resistcnn dei nostri, ridorri a ben pochi, si faceva mano a mano più debole. Tentammo, per non essere sop raffatti , di ripiegare, ma, s ia per la pressione crescente dell'avversario, sia perché il fiume era già privo di passerella, nell'impossibilità ormai di resistere , piuttosto che soccombere inurilmenrc il sotroscrino insieme a circa una quarantina di uomini propri e di altri reparti, si arresero".
La batta g li a di quota 28 nelle uJrime fasi s'impadronì pure della vita del maggiore Giovanni Randaccio. Falciaro da una raffica di mitraglia erice mentre aspettava ulteriori rinforzi suJla riva destra del Timavo, venne ricoverato morente nella caverna di quota 12. Insieme a lui venne gravemente ferito il capitano Bruno Ugo lini: "Venne dai compagni trasportato in un a buca scavata da un grosso proiettile. Non poteva parlare c difficilmeme poceva scrivere, perché feriro alla gola c alle braccia". Le sue condizioni al momenLO del trasferimento ad un ospedalcrro da campo in un edificio scolastico di Monfalcone erano se nza speranza, come scrisse lo zio Amedeo: "Le parti vitali erano stare orr ibilm ente colpite, i polmoni e la gola avevano rotto il loro ritmo, la voce si spez1..ava, si smor7,ava fra le labbra bianche. Le soffereru.e furono intense c non cessarono c h e con la morte" alla quale assistette D 'An nunzio che gli fu sempre vicino.
Tra il 23 e il 25 maggio a q. 12 e a q. 18 caddero del 77° una decina di ufficiali e alcune cenrinaia di fanti; quel 28 cadde ro assieme a Rand accio i sorcotenenti Cesare Cesarani e Massimo De Ferrari. Un mese dopo venne celebrata nel cimitero di Aquileia la messa in ricordo del maggiore Randaccio , d ecoratO con medaglia d'oro, presenti D 'A nnunzio c i commil itoni. Fu sepolto al Cimitero degli eroi di Aquileia.
(M Juren, N. Persegari, P. Pizzamus).
Il maggiore t e ramano Guido
Piragi no, comandante del 111 batt agl ion e d e l 139° r e ggimento dell a Bari, caduto a quota 341 il 4 giugno 1917 .
Fanti italiani pronti all'attacco nelle trincee di jamiano verso quota 241.
Le quote 241 e 24 7 nel Carso di C omeno dove combatté la brigata Bori e dove a q. 241 cadde Guido Piragino.
Guido Piragino uno sportivo in guerra dalla libia al Carso
Guido Piragino di A.nronio e di Maria Mazzi nacque a Nereto di Teramo il 14 luglio 1880. Allievo nel Collegio Militare di Firenze e poi in quello di Roma, passò alla Scuola Mi li tare di Modena nel 1896 u scendone poi nel 1899 sottorenenre nel 2° reggimcmo bersaglier i. Dal fisico atletico, b u on schermidore e ciclista sportivo riuscì ben presto a far emergere le sue do ri cos icch é, tenente nel 1902, divenne aiuranre maggiore di battaglione. ebbe una mczione onorevole per l'opera di soccorso presrata a favore delle popolazioni calabro-sicule colpite da l disastroso rcrremoro del 1908. Promosso capitan o nell'aprile d el 19 13 fu trasferito al l " reggimento bersaglieri con il quale partì per la Libia. Nel giugno del 1915 lu decoram d i medaglia di bronzo per il coraggio dimostrato nel combattimentO ai pozzi di Zefraina dove venne ferito al petto . Rimpatriato nel settemb re del 1916 con la promozione a maggiore, fu assegnato al 139° della Bari di nuova formazione c lo raggiunse sul Carso nel mese di novembre.
Assunro il co m ando del TTI battag lione cornbanè sul Dcbcli Vrh c su l Cosich nel
gennaio 1917 e, nonostante fosse sofferente per una grave infermità, non volle lasciare il batt aglione duramente messo alla prova nei combauimenti del mese di maggio durante la decima barraglia dell'Isom.o contro le posizioni austriache di Scio era le quote 247 e 241.
Il 26-27 maggio la prova del 139" è piì.t efficace del 240°: riesce a raggiungere e a manrenere la quota 241, mentre il 140o è costretto a ritornare sulle posizioni di parrem.a. ll 239 ° è un reggimemo che aveva avuro ben sei comandanti di bactaglione caduti su l campo e un'altra mezza dozzina di feriti g ravemenre; alla fine della guerra ebbe ben quarrro medaglie d'oro individuali, 170 d'argento e 231 di bronzo, il colonnello Gioacchino Nasrasi, comandante, ebbe l'ordine militare di savoia per i combatrimellli su ll a quota 2 19 del 15 giugno 1917.
Quando gli austro-ungarici il 3 giugno riuscirono nella notte ad arrivare fino alle grone di quota 235, furono fermati dagli zappacori che scavano sistemando la linea, ma giusro per il rernpo che servì al lll banaglione del ma gg iore Pirag in o per acco rrere ed evirare l'aggiramento della quota 241 che ancora resisteva. Con due compagnie e poche mitragliatrici di cui disponeva si slanciò pe r ri conquistare la quota 241 sbarag li ando l'avve rsar io Mentre dava le disposizioni per la difesa d ell'al tura una pallorrola lo centrò alla fronte uccidendolo all'istante. Con lui cadde anche il tenente barese Panraleone Marchese. Fu sepollo a Redipuglia. (G. S.)
Guido Pellizzari un friulano da sellaio ad artigliere
Guido Pellizzari figlio di Francesco c di Anna Maria Della Mora era naro a Tricesimo di Udine il 18 ottobre 1893 in una famig li a di commerciami e, dopo aver frequentato le scuo le elementari e quelle sera li di arri, esercitò il mestiere di tappezziere sellaio. Chiamato alle armi nel settembre del 1913 venne assegnato al 13o reggimenro artiglieria da campagna dove, nel giugno del 1914 ouennc i gal l o ni di capora le c, nel gennaio del 1915, quelli di caporalmaggiore Rinunciando all'incarico di sellaio che gli era stato affidato nel reggimento, chiese e ortennc nel maggio del 1915 di essere trasferito al 3r reggimento a r t iglieria da campagna di nuova formazione con il quale, compiuta la mobilitazione, raggiunse la G• barteria del 2 ° gruppo e si mise ben presto in evidenza per la sua attitudine al comando venendo nom in a to ca po p ezzo. Va rcò il co nfin e prendendo parre alle azioni di fuoco contro le fortificare posizioni della resta di ponre di Gorizia. Il 29 serrembre mentre co n il suo pezzo in posizione a n ord della a·a V ill anova di Fa rra e Mocherra, presso il bivio di Mainizza controbatteva le batterie austriache situate tra Savogna c Boschini per appoggiare l'azione de.ll e fanterie cont ro il Monte San Mi chele, venne sottoposto ad intenso fuoco di repressione che colpì i ripari della postazione. Svilupparosi un incendio con grave pericolo di scoppio della riservcrra delle muni z ioni, s i prodigò per s pegn c rlo poi , fatti allontanar e, per ordine superiore, tuui i serventi dalla linea del fuoco, riprese da solo con mirabile calma il tiro rapido e preciso con il p ezzo anco ra efficie nte rimanendo impavido a l suo posto tra lo scoppio delle granare austriache che gli cadevano tutt 'intorno c che alla fine lo centrarono (G. S )
Il caporalmaggiore friulano
Guido Pe llizzari del 37 ° reggimento d'artiglieria caduto il 29 novembre 191 S mentre da solo con il suo pezzo continuava a sparar e verso il San Mich ele p e r appoggiare l'azione della fanteria, medaglia d ' oro.
Il capitano monferrino del ISS 0
Ul derico Oll earo, caduto sul M onte S. Michele il 21 ottobre
191S , medaglia d'oro.
L a brigata Alessandria nell'attacco all'Albero Isolato.
Ulderico Ollearo nel Carso dei monfe r rini
Ulderico Ollearo di Giovanni e di Carolina Coggiola era naco a San Salvatore Monferrato di Alessandria il 2 maggio 1890. Conclusi gli studi classici presso il liceoginnasio "Cesare Balbo" di Casale Monferraro, s'iscrisse alla facolcà di Giurisprudenza di Torino. Attrarro dalla vira militare, seguendo le orme di due fratelli pitl grandi si arruolò volonrario nel 1909 venendo ammesso alla frequenza del corso allievi ufficiali di complemento. Sotrorencnte assegnato al 37" Ravenna per il servizio di prima nomina, fu mobilitato alla dichiarazione di guerra alla Turchia. Chiese e ottenne di partire per la Tripolirania con uno dci primi contingenti. Prese parre a numerosi scontri e nella barraglia per il possesso del Mergheb del febbraio 1912 merirò una citazione nell'ordine del giorno reggimentale.
Rimpatriato nel novembre 1912 , nel febbraio 1913 venne assegnato al 43o Forlì con il quale tornò in Libia prendendo parre ai combarcimenti per la conquista della Cirenaica e per l'occupazione di Benina e altri importanti centri carovanie ri del Bengasino. Rienrrò in Italia nel settembre del 1913 venne promosso rcneme nell'apriledel \ 915.
Assegnato al 155° Alessandria di nuova costituzione, varcò il confine panecipando ai combartimenri di Bosco Cappuccio e Bosco Lancia a i piedi del San Michele. L'addestramento dei fanti era stato molto breve e ad esso s'era voluto sopperire assegnando al comando della brigara, dei reggimenti e dei battaglioni, degli ufficiali di sicuro valore. E ce n'era bisogno: l'Alessandria aveva il compito di attaccare il San Michele. Il generale Ferruccio Trombi, comandante della brigata, era staro ferire il 25 luglio nell'assalto al Bosco Cappuccio e Bosco Lancia. Nello stesso giorno cadde il tenente colonnello Sebastiano Mezzano comandante del TTT/155" e alcune cenrinaia di fami dei due reggimenti erano stati messi fuori combattimento dal contrattacco austriaco.
Alla fìne di agostO la brigata era riuscita a occupare il cosiddetto Boschetro Rettangolare (vedi pp. 78 e 79), ma al prezzo di una carneficina: i morti furono 400 e i feriti 1.800. Don Pasqua le Liburri, cappellano del 155°, inorridì di fronte a i lamenti c alle invocazioni di rami suoi coetanei, le pendici basse del San Michele erano sì coperte da boschetti cedui, ma le granate e le ogive avevano già diradato la boscag lia e frantumato le rocce bianche.
Dall 'alro delle quattro cime del San Michele gli austro u n gheresi potevano comare uno per u no i berrerri italiani (gli elmetti Adrian s'erano comincia d a distribuire dal l o ottobre, ma solo 6 per compagnia - una compagnia 180 uomini) c h e si spostavano ai piedi del monte; le loro mitragli a trici e lanciabombe avevano un campo di tiro così li bero e profondo che aspet-
cavano addirittura che gli italiani avantassero per bene prima di aprire il fuoco. Ebbene, quella prima ccarombe tra il 20 luglio e il 24 agosto era destinata a essere dimemicara rispetto agli aLtacchi alla cima 4, alle trincee Ferro di Cavallo e Cassa da Morto, sferrati dal 6 al 24 ottobre durame la terza banaglia deli'Tsonzo.
La brigata, a "ripow" a Romans per dieci giorni, aveva appena ricevuro i rimpiazzi per coprire i vuoti lasciati dai precedenti turni di trincea. Al comando era arrivaLo il generale Luigi ?..anchi, bergamasco, nobile, anziano (aveva 57 anni), colto, aftàbile, buon oratore.
La morte in combattimento del fratello Carlo, capitano del 3r Rtwenna, sul fronre di Plava nel medio bonzo il 12 giugno, aveva esaltato lo spirito di Ulderico 01learo spingendololo a vendicarlo, tanto pitt che nel senembre del 1915 era stato promosso comandava la 12·' compagnia del III banaglione del maggiore Onoraro Piscicelli.
Fin dal9 orrobre le compagnie dellSS u c 156° avevano iniziato una lenta e progressiva avanzata facendosi accompagnare dall'artiglieria. li 14 la brigata era arrivata sotto la Cima 4 e il J 6 s'era addirirrura impossessata per alcune ore di un possenrc rrinccrone austriaco che aveva dovuto essere presto abbandonato perché bersagliato da tre lari.
Il 2 1 orrobre inizia la terza battaglia dcll ' lsonzo. Il 155 ° aLLacca il bosco Ferro di Cavallo e la trincea Cassa da Morto e poi la cresta San Marrino-Sm Michele tra tAJbero lsolam e i ruderi della chiesa di an Martino del il 156°, più a dcstra, da Cima 4 deve puntare sulle rrincee della conca Sm Marrino-Sm Michele e raggiungere anch'esso l'Albero Isolato.
All'alba il capitano Uldcrico che s'era lanciaro alla resta della sua 12• compagnia sul crarro p iì.1 forte della d ifesa nemica costituito da un alro parapcrro di roccia c da una trincea austriaca interamente scavara nella roccia- il tratto tra il bosco rerro di Cavallo e la trincea Casse da morto e poi la cresta del San Michele tra l'Albero lsolaro c la chiesa di San Martino: una specie di fortezza- per di più difesa da una mitragliatrice, riuscì a piombare nella trincea e a espugnarla prima di cadere colpito. Caddero anche i sottorenenri Enrico Armando, Carlo Prima (anch'egli monfcrrino) e due asp i ranti diciannovenni appena gi u nti al reggimcnLO: Mario Bcnincasa di Marsala e At·duilio hmi di Monzuno. Non riescono a raggiungere l'Albero, ma fanno un migliaio di prigionieri. TI giorno dopo cade finalmente Cima 4 e il 155° , supe rando più ordini di trincee, raggiunge le trincee Cassa da Morro c Albero !solaro facendo quasi 1.500 prigionieri e il colonnello Pagliarini guadagna la croce di cavaliere dell'Ord i ne Militare d i Savoia. Gli aust ro ungarici lanciano t re contrattacchi che vengono resp int i a costo di a l tre foni perdi t e, ma riescono a riprendersi la C i ma 4, anche se g li italiani rimangono a poche decine di metri sono la cima.
L'lsonzo e la completa visual e dalle trincee austriache delle pendici del monte San Mich e l e dove s' intravvedono i r esti dei boschi d a cui partirono i fanti del 155 ° reggimento della brigata Ale ssaan dria .
Il capitano d e l 155 ° Pi etro Bernotti di C asale Monfe rrato, caduto il 22 ottobre l 9 l 5 sul San Michele, medaglia d'oro .
Don Pasquale Libutti, pot e ntino, cappellano del l 55° Alessandria.
11 generale Zanchi negli assalti dd 22 ottobre alla dei suoi uomini s'era guadagnaro la prima decorazione della guerra data a un generale, una medaglia d'argenro. Menrre al 155° rimase il colonnello Pierro Pagliarini, lombardo, già aiuranrc: di campo del famoso generale Fel ice de Chaurand e con una breve esperienza in Libia. Nell'assalto del 22 caddero il capitano Pietro Bernotti (anch'egli del Monferrato e d ecorato di medaglia d'o ro, c h e aveva tenuto s ull a Sel la di San Martino la posizione a costo della vira), i sorro tenemi Antonio Allavena di San Remo e Giovanni Malato di Genova, gli aspiranti Fran cesc o Garfì e Federico Co ndino.
Don Liburri non solo vegliò il trapasso di alcuni di costoro, ma "Sempre ca lmo e se reno si recò durante vari combatri menri a dare il conforto del s u o ministero ai caduri in prima lin ea dove ebbe anche occasione di offrire energico ed efficace aiuro al comando dì reggìrnenro riunendo militari dispersi e inviandoli sulla linea di combarrimenro" - come recita la motivazione della medaglia d'argenro. Fece quindi molto di più: raccolse gli sbandati che s'erano rirraui probabilmeme sorto la pressione dei conrrarracc hi aus tri ac i e diede con fono a buona parre dei 13 uffìciali feriti e 137 so ld ati morti e 603 feriti.
La morivazione d e lla m eda g li a d ' oro al capitano Be rn o tri h a un riferimento al m omento di sbandamenro Se lla del San Marrino citato nella motivazione della m edaglia d 'a rgento a don Liburr i: " Ragazzi! abbiamo l'ordine di non retrocedere, non imporra se gli altri se ne vanno, noi resteremo qui anche se dovessimo morire runi". Bernoni comandava infarti una compagnia dd l l/155 o impegnata sul lato nord del paese di San Martino che si sacrificò fino all'ultimo momento.
Il t e ne nte osservat·ore d ' artiglieri a Guido Monti di Pord enone, caduto alla testa di un reparto rimasto senza ufficiali nell'attacco a q . 363 tra il Fajti e Castagnevizza il 21 agosto 191 7.
La brigata fece più di 1.000 prigionieri, ma non riuscì <l prendere cima 4 del San Michele che fu presa l'indomani. Le bandiere dei due reggimenti ddl'Afmttndritt furono decora re di medaglia d 'argento in qunro si trarrò di una delle maggiori prove di renacia della le r'l.a b:urag li a deii ' Isonzo. (PC.)
Guido Monti l'ul timo ufficiale
Guido Monti di Gustavo c di Rosa Bonin era nato a Pordenone l'l l ottobre 1888 da un'antica c parriorri ca famiglia friula n a c il padre, senatore del Regno c combarrente garibaldino in Vallì·ompia nel 1866, g li tras mi se g li ideali patrionici c il se nso del do ve re c iv ico. Diplomatosi ragioniere presso l'ist ituto Tecnico A. Zanon di Udine, enrrò, vincitore di co ncorso, nei ruo li del personale civile del Ministero della Marina.
Alla dichiarazione di gue rra , rinunciando all'esonero dal servizio milirare chiese in sis renremenre di essere ar ruol aco e nel febbraio del 1916, sottore nente di Milizia Terriroriale, fu assegnato al soreggimento artiglieria da forrezza, passando poi a fine an n o a disposizion e del Co m a ndo Difesa co nrra c rea di Venezia. Si tratta va di un ruolo quasi da imboscatO e Guido non si di ede p e r vinto, si sonoposc per rre volte ad accurate vis ite m edi c h e per essere ri co nosci utO " idoneo alle fatiche di guerra" cd essere quindi inviato s ulla linea del f uo co; frequenrò a Mestre un corso per esse re cosl messo a di s po siz ion e del Co mando della 3" a rm ata a l Reparto O sservarori d'armata e inviato in prima lin ea: "Mi rrovo finalmente a contatto co l nemi co; so n o al co Lno dci miei voti!", sc ri sse a un amico: non aveva il fucile in mano , ma era indubbiament e su ll e lin ee avanza re . Promo sso tenente nel giugno 1917, assolse con
perizia il suo compiro negli osservatori s ul Carso di Comcno non sottraen dosi ad alcun servizio anche se la sua costituzione g li causava stati feb brili c cos tip azioni Riuscì piLI volre a ristabilire le comunicazioni imerrorre dai bombardamenti per comunicare aH' artiglieria dove orientare i tiri. TI 20 agosto 191 7 entrò in linea vicino al suo osscrvarorio il 73o reggimenro della brigara Lombardia, Guido era su ll'osservarorio del Dosso Fajti ed e ra s t ato col pit o da sc h egge c sassi lanciati dal le esplos ioni ch e l'avevano fcriro e camuso, ha la febbre alra, ma non vuole abbandonare il posto perché è in corso un attacco furibondo dell a Toscana sul Fajri che le costerà la perdita di 61 ufficiali e 1.200 uomini di truppa. Rimane lì per due giorni e il rerw giorno, il 21 agosm vede che un reparto del73o Lombardia è rimasro senza ufficiali, "ne assunse il comando e lo condusse all'assalto di una fortissima posizione, persistendo n e lla lotta sebbe n e nuovamente ferito" scomparendo nella bau aglia. La salma venne rinvenuta sulla quota 363 a nord di Casragnevizza soltanro nell ' inverno del 1922 e trasferita prima nel cimitero degli lnvirri sul Colle di Sant'Elia poi, a richiesta dei familiari, a Pordenone (C. S.)
Duilio Merli il portaordini eroico
Duilio Merli di Giuseppe e di Malvina Facchini nacque a Coron clla di Poggio i;{enatico di ferra ra il 30 lu glio 1893; Fu arruolaro il 24 agosro 1914 nel 2r Pavill per svolgere i l previsto servizio di leva e nello stesso reggimento venne rrarrenuro all a mobilitazione c, il 24 maggio 19 15 alla dichiarazione di guerra partì con il reggimento per la zona di operazioni combattendo, nel primo an no di g u e rra, sul Saboti n o e s uJ Podgora. Nel gennaio dell916 fu trasfe ri to al 74° l.ombardìa dove venne n ominaw ponaordi ni d e ll a seconda compag ni a. Ogni qualvo lta
Quota 363, il punto più alto delle trincee austriache del Carso di Comeno a nord i Castagnevizza attaccata dalla brigata Lombardia il 21 agosto l 917 e dove cadde il tenente Guido Monti. Un soldato italiano caduto tra le rovine d e l villaggio di Castagnevizza, un tempo circondata da boschi .
Il soldato portaordini Duilio
M erli, ferrarese , che morì il 27 maggio 1917 nell'ospedale da campo n. 06 7 per ferite riportate mentre attraversava, estenuato, una zona battuta dal fuoco nei pressi di Castagnevizza.
Le linee contrapposte nel settembre 1916 tra Quota 263 , dove cadde Raffaele Merelli, e Lovica (cortesia P. Pizzamus).
venivano inrerroni i collegamenti Merli amaversava il campo di barraglia barruto dall'artiglieria e dal fuoco di fucileria nemico c, sfida ndo anche le insidie del terreno, recapitava gli ordini ai reparci imp egnati nei combattimenri.
Nel corso dei combattimenti che il reggimcnco sostenne sul Fajci, nella regione di Boschi n i e di Rubbia, sul N ad Logem, sul Pecinka e su l Vcliki H ribach, il giovane soldato fece rucco quanto fosse stato umanamente possibile per mantenere i collegam enti fra i comandi e i reparci. Il ruolo del porcaordini in situazioni esrreme come quelle della guerra tra le doline in cui era facilissimo perdere l'orientamento e in cui s'era fàcile preda dei tiratori scelti, era decisivo per la vira o la morte di plotoni e compagnie.
Durante la terza fase de ll' offensiva primaverile del l 9 l 7 che era iniziata il23 maggio, Merli, incaricato di recapitare un messaggio al comando di rcggimenco che era dislocato a sud -ovest di Casragnevizza, si mise in marcia, sotto un vio lento fuoco d'artiglieria, sfrurrando la rada vegetazione, le pieghe del terreno o qualche sacchetto a terra rimasco sul terreno da precedenti presidi. Colpito da una pallorcola di fucile non si arrestò; colpito una seconda volta da una pallotcola che gli ponò via l'el merro non si fermò a raccoglierlo proseguendo a capo scoperto.
Colpiro una terza volta da scheggia di granata, con il v iso inondato di sangue pur seme ndo che le forze cominciavano ad abbandonarlo continuò a camminare sopportando l'an·oce sofferenza. Giunco al Comando consegnò il plico che g li era stato aflìdaro chiedendo poi di poter rientrare al proprio barraglionc come g li era sraro ordinato, ma la gravità delle ferire non glielo consenrì. TrasportatO in uno ospedalerro da campo morì qualche giorno dopo. (G . S.)
Raffaele Merelli un maestro elementare nel corpo a corpo
Raffaele Merelli di Agostino c di Clotilde Onofri nacque a San Ginesio di Macerata il 19 agosto 1886 e, maestro elementare, insegnò a Monza dove ebbe modo di specializzarsi anche in materie scientifiche frequentando un corso di elettrotecnica. Conv.inro inrcrvenrista, nel giugno del 1915 con il grado di sottotenenrc di Mi l izia Tcrrirorialc s i arruolò vo lonrario nel29o reggimento della brigata Pisa che raggiunse nel mese di dicembre a Sagrado, ai piedi del Carso.
La sua non comune preparaz ione scienrifìca e la sua fervida immaginazione non disgiunra da versatile ingegno risultarono utili a.i rentarivi d i estirpare la selva di reticolati. Si dovette a lui l'invenzione di una speciale apparecchiatura per il lancio dei rubi di gelatina esplosiva per la distruzione dei reticolati, cosa che risultò utile per risparmiare molte vite di soldati . Promosso te n ente nel 1916, prese parte a rutti i combattimenti sostenuti dalla Pisa ch e si uovava alle dipendenze della 21 • di-
visione, a San Marrino del Carso. meritando un encomio solenne il 6 giugno e una medaglia di bronzo il 6 agosto del l 9 l 6 durame i preparativi per la sesta barraglia deli ' Isoi170 in cui fu feriw. Il mauino dd l O ottobre 1916, a Lokvica, sono il fuoco di sbarramento delle artiglierie nemiche e sotto il tiro nutrito della fucileria si offrì volomario per verificare i risultati dd fuoco d'artiglieria sui rericolaLi nemici. Si spinse striscia ndo fino a ridos so della Lrincea c he avrebbero dovuLo poi arraccare per accertarsi della situazione. "S iamo ormai a pochi passi dal nemi co (dal mio p osw a trenta mcrri) e speria mo di un bal:w di esser sopra- scrisse l'aspirante ufficiale Andrea Ferrando, un piemontese da Mirabello Monferraw al fr:nello Basilio, caporale mitragliere alla vigilia dell'assalto, turco sra che le artiglierie e le bombarde rompano i reticolati e poi la brigata Pisa non smenti rà il suo onore". Furono i battaglioni del 29 ° reggimento ad approfittare dello stato di distruzione delle barriere di filo spinato e dei trinceramenti per impadronirsi delle fortificazioni di quota 263. Coadiuvati a destra dai reparti 1 11 de l 30° reggimento, essi ri- , .., , uscirono a portare la linea "' · del fronte olrre la zona di
doline c h e si trova sul pianoro ddla quota e arrestarla ad occidente della strada passante per il meridiano di Lokvi ca.
Alla resra del suo plorone, Merelli aveva ponaro i s u oi uomini di co rsa sull a trincea nemica cacciandone g li occupanti con un combarrimcnco corpo a co r po in cui cadde l'aspirante ufficiale Nicola Galia
Il tenente maceratese Raffaele Merelli morto per ferite nel combattimento a Lokvica l'l l ottobre l 9 16 e, a fianco, l 'arr etramento del 1147 ° austro ungarico davanti a Lokvica tra il 9 e il 12 ottobre (cortesia P. Pizzamus) .
Lo schieramento austriaco davanti a Palazzo e a quota 89 dove nel luglio 191 5 attaccò il Il battaglione del 16 ° Savona comandato dal maggiore di Ivre a Edoardo Genta e dove caddero il m agg iore, il tenente D e Cristofano e i sottotenenti Scipione e Morgione e dove Madonia fu fe rito.
Il sottotenente Vincenzo Madonia, superstite di Q . 89 il 2 luglio, il 25 luglio, comandant e interinale della 7 3 compagnia del 11/16° della Savona, cadde d a eroe a Q. l 09 , medaglia d'oro. La tavola di A . Beltrame che raffigura l'impresa di Polazzo in un fantasioso assalto a massa. Il sottotenente del I6 ° Tito Scipiane caduto il 2 luglio a q. 89, medaglia d' argento.
di Trapani. Ferito a una spalla, continuò a combarrere fìnchè non svenne per la p e rdita di sangue, ma e bbe ancora la forza di richiamare alcuni sbandati del suo plorone e dì rìcondurlì di nuovo all'assalro fìnchè cadde col piro a ll 'a ddome da un co lp o di fucile. La ferita all'addome era allora al 99% dei casi considerata letale: in poche ore porrava alla morre, ma da pochi mesi , con le Ambulanze Chirurgiche mobili, s'erano portati i tavoli chirurgici a poche centinaia di m erri dalle prime linee e lui fu sub ico portato al l'Ambulanza chirurgica d 'a rmata no 3 a Gradisca d'Isonzo che s'era insediata in un collegio asburgico e che era diretta dal prof. Raffaele Basrianelli, tra i massimi esperti di ferite addominali; Gradisca era relativamente vicina, ma si trattò comunque di un lun go tragitto, la ferita e ra profonda c l'infezione era già avanzata e senza speranza, fu messo vicino al sottorenenre Andrea Ferrando, anche lui ferrarese dcl29° e che s pirò l'l l ottobre. Fu decorato di medag lia d ' oro. (G. S e P. G.)
Vincenzo Madonia il sottotenente comandante di compagnia
Vincenzo Madonia di Cristoforo e Giova nn a Catalano era naro a Terrasini Favarorra di Palermo il 6 marzo 1891; nel dicembre 1911 si arruolò nel plotone allievi ufficiali dcll'86° Verona e nel marzo dcl1913 ottenne la nomina a sottoreneme di co mpl emento nel 75 o Napoli. Congedato nel 1914 , portò a termine gli interrotti srudi di ragioneria presso I'Isrituro recnico di Palermo occupandosi anche della direzione e
della sorveglianza dell'az ienda agricola paterna. Ferve n re in rervenrista , accolse con entusiasmo il ri chiamo alle armi venendo assegnato al 16° Sa vona che raggiunse il 12 gi ugno 1915 suli'Isonzo Assegnato alla 7 • compagnia del II battag lione , prese parte alla prima battaglia deii ' Isonzo sul Monre Sei Busi nei presi delle posizioni di Polazzo. Nell'az ione del 2 luglio meritò una medaglia di bronzo per il coraggio con cui guidò l'assalto del suo plorone ai rrìnceramemì nemici di quota 89 riman endo sul posro sebbene fosse statO ferito. Caddero intorno a lui un centinaio di fanti e i suoi co ll eg hi feriti morraimente, come il maggiore Edoardo Gema, coman-
dame il II battaglione, i renenri Attilio De Criswfano, di Sondrio, e Onavio Dionisio, cata nese, e i sorrorencmi Pasquale Morg ione, Angelo Peruzz i c Tiro Sci p ione. La Savona ebbe fuori combattimento ol tre 1.900 uomini, di cui 42 ufficiali. Nella seconda banaglia deii'Isom o, sempre conrro le posizioni a nord del Monte Sci Busi, verso quota 109, mise in ev idenza il s uo valore ch e permise al reggi mento di conquistare alcuni elementi della linea nemica. Cazione aveva avuto iniLio all'alba del 21 luglio e proseguì, senza soluzione di cominuirà per quattro giorni con accaniti cornbarrimenri. Vide cadere altri suoi co lleghi: il so ttotcnenre Pa sq uale Capocorta e il tenente Vittorio Ragazzi, rnenrre vide ferito morralrnenrc il sonotenenre Caludio De Paolis. Il combattimento si concluse il successivo giorno 25 allorquando i fanti della 7 ' compagni a poterono superare i reticolad attraverso alcuni varchi. La quota l 09 e le rrincee che vi in sistevano vennero conq uistate. li sotcotenenre Madonia, alla resra della 7• compagnia, di cui aveva assumo inrerinalmenre il comando, dopo aver fatto costruire durant e la nortc del24luglio w1a trincea di approccio parallela all'andamenro d ella linea nemica, diresse l'apcrrura dei varchi nei reticolati c, attraverso questi varchi, si lanciò all'assalto guidando i suoi uomini alla conquista della trincea dove fecero 150 prigionieri, ma venne co lpito ben due volte dal fuoco del la vio lenta reazione nemica e ca dd e tra i suoi fanri valorosi. (G.S. e P. G.)
ltalo Lambertenghi il valtelli nese del Fajti
figlio di Arrilio e di Giuseppina Graj nacque a Villa di Tirano di Sondrio il 17 novembre 1885. La sua famiglia era una delle più amiche della Valtellina, ma era un po' d ecad U[a p er cui, compiuti gli stud i nell'lsriwro 1ècnico superiore di Sondrio , volle intraprendere la carriera militare come suo padre, ufficiale degli alpini, e nel 1904 entrò alla Scuola Mi litare di Modena da dove uscì due anni dopo so troren e nre assegnato al 65 ° Valtellina che raggiunse dopo aver lrequentaro la Scuola d'App licazione a Parma. Promosso renenre nel 1909, parrì nel 191 l volo ntario per la Libia con 1'82° Torino. RimpatriatO senza benemerenze di rilievo, nel 1912 riprese il suo posto ne l 65 o reggimento. Nel mano del 1914 rirornò volont ario in Cirenaica, ma, promo sso capitano nel 66o Valteilina con decorrenza dal dicembre 1915, rimpatriò alla fin e de l 1916. Nel frarrempo c'era stata un'ecarom-
Il maggiore Edoardo Genta, comandante del 11 / 16 ° caduto il 2 lugl io 191 5 a Q . 89 di Polazzo.
Lo schieramento della Mosso Carrara su l Fajti nell'estate 1917.
Il maggiore ltalo Lamb e rtenghi caduto sul Dosso Fajti il 19 agosto 1917 , m e dagli a d ' oro.
be di ufficiali di carriera e mancavano comandanti di battaglion e; fu promosso maggiore nel giugno 1917 e passò a comandare il H barragliene del 252 ° Massa Carrara schierato nel sertore di Dosso Fajti. fino a quesro momento la sua carrie ra s'e ra svolta senza alcun atto che lo disdnguesse daHa massa di ufficiali da caserma: un lungo addestramento che non era stato ancora messo alla prova. Durame un'offensiva sull'alropiano carsico gli venne affidato il compito di avanzare verso le pend ici nord-o vest del Golnek. Il marrino del 19 agosto, ricevuro l'ordine di attaccare le posizioni nemiche, si lanciò impetuosamente alla testa del suo barraglionc con la prima ondata d 'assalro. Feriro nel combattimento che si svolgeva con alterne vicende per l'accanita resistenza incontrata, non volle allontanarsi dal campo di baccaglia.
Riordinati e rincuorati i suoi uomini, incurante della vivace reazione avversaria, si lanciò nuovamente all'attacco. Nuovamente feriro riuscì a raggiungere per la seconda volta la linea avversaria - quota 381 e margine occidentale del cosiderro " Dolinone". Sulla trincea conquistata, colpiro a morte, ebbe so lo il tempo d i affìdare il comando d el barragliene a uno dei suoi pochi uffìciali superstiti - il capitano Ugo Sacerdoti - con la consegna d i non cedere. ln pochi giorni la brigata perse 41 uffìciali e 815 fanri. Con Lambertenghi caddero i tenenti Gugliemo Companucci , Giorgio Bandini, Enrico Mirra e Augusto Rainaldi, i sorrorencnti Filippo Arcangeli , Gabriele Paolini e Giovanni Gneli. È sepolto a Oslavia. (L. C.)
Federi co Grifeo e la nobiltà guerriera
La quota 144 sopra Jamiano dove nel maggio 191 7 attaccò l'l l o reggimento bersaglieri .
''Ora non sono piLt; la morte l'ho quasi cercata, cene volte sfidata! Non piangete , car i genirori! Se è vero che le anime possono vagare per il mondo io sarò accanto a voi; e, per me, se vi vedessi piangere, sarebbe un dolore immenso. Non mettete lutto; rammentatevi che chi per la patria muore vissuro è assai. Siate orgogliosi del vosrro figliolo che è morto da ital iano e che sì è mostrato degno del nome. Mi dispiace d i non poter vedere la fine della g u erra che, certo, sarà gloriosa per l'halia. Non piangete, non mettete !uno; beneditemi!". Il conte Federico Grifeo figlio di francesco e di Lucrezia Gatteschi era naro a Fire nze il 25 aprile 1894, ma apparteneva a una antica famiglia feudal e siciliana originaria di Caltag irone che aveva per motto Noli me tangere e nell'arma, appunto, un grifone nero. Nel suo palazzo di Napoli Federico si era dedicato a ll a pittura, ma il 24 maggio 1915 non aveva esiraro ad arruola rsi come soldaro semplice nel 3o reggimento bersaglieri. ln luglio raggiunse il reparto al Passo eli Yal les nella Val Cordevole, nelle Dolomiti.
Nominato aspirante uffic iale di comp lemento ne l giugno 1916, venne trasferito al r reggimento bersaglier i che s i trovava a presid iare una posizione di seconda linea.
Con un'accorata lettera al padre , anche lui ufficiale superiore e combattente, ch iese di essere
uasfcrim presso un repano sulla prima linea carsica cosicché il 12 dicembre 19 16 venne assegnato all'Il o reggimento bersaglieri comandato dal colonnello Beruto che si trovava, dopo le tre Spaliate dell' lsonw, in linea a quota 144, a meridione del lago di Doberdò Al comando del plotone di ardi d reggimentale, panccipò ai combattimenti, particolarmente violenti nel settore. TI 20 apri le 19 17 per u n ardito colpo di mano contro un avamposto nemico è decoraw di medaglia di bronzo al valor militare. ln maggio, nell'ambiro della decima battaglia, l'Ilo reggimento, che con il r forma la 2·' brigata bersaglieri del generale Pajola, è schierato nel seno re di quota 144. La 16' divisione del generale San n a ha l'i n carico di s u perare la difesa avanzaca nemica e porta rsi contro la l inea d i Fiondar, assicurando al tempo stesso la protezione al fianco sinistro del corpo d'a r mata. La brigata bersaglieri costituisce la colonna di sinistra del fronte d'attacco, a sua volta essa dispone il r sulla desrra e l'Il o sulla sinistra. Suo com piro è di procedere alla conquista di Jamiano spazzando le difese austriache da quota 144, c di avanzare po i insieme ai reggimenti della brigata Bergamo sulla linea di Hondar, superarla e puntare su quella della Hermada. Loperazionc è ind u bb ia mente ardua, q u as i rraco tantc, specie per il terreno mosso, zeppo di "quotcrelle ferite, di cunicoli misteriosi. di caverne orrende, di torrioni dalle sagome scalzare, c seminaco di mine, mirragliarrici cd acu lei". Nel pomerigg i o de l 23 i be rsaglieri dell'li 0 entrano in azione, dopo adeguata preparazione di artiglieria c avanzano sotto l'arco delle ultime granare. Alle 4 de l pomer iggio escono dalle trincee d i quota 144, la discendono e risalgono vaso quora 92 sino a raggiungere c catturare i nem ici i n cresta. Nonosranre la reazione avversaria, superano rap idamente tre linee nemiche in orro minuti , come precisato nella relazione Jcl comando brigata, raggiungendo e dispo nendos i a d ifesa sul margine orientale dell'abi tato di Jamiano.
Terminata la prima fàse dell'azione offens iva, si rraua d i rastrellare le m o l re caverne lasciare alle spalle n ell a veloce ava111.ara. Il compiro è affidato ai ploroni arditi che seguono da p resso la prima ondata. Federico G ri feo con i l suo p lorone è tra
L'azione di un reparto nelle trincee di Jamiano in una Tavola di A. Beltram e. L. Stracciari, Conquista di Q. 85 sul Carso (olio su tel a ) (MCRR)
L'aspirante ufficiale Federico Grifeo caduto a Fionda r il 25 maggio 1917 .
Galileo Chini , L'assalto alla trinc e a di Fiondar dell'a s p irante ufficiale Federi co Grifeo (coll ezion e priva ta) .
Il capitan o friulano Pier Antonio
Gre gorutti cadu t o a quota 85 di Monfalco ne il 22 ottobr e 1915.
i più attivi. Snida e cattura i difensor i, trova, fra gli alrri, di versi prigionieri russi costretti a svolgere lavori in trincea, attività peraltro proibita dalla Convenzione di Ginevra, ma molro d iffusa presso la Tsonzo ar m ée, a cono di manodopera . Piombato poi con pochi uomini in un a dolina ove una intera compagnia austriaca s t ava opponendo una ostinata resistenza, co n la ncio di bombe fumogene e il tiro di una pisrola mitragliatrice la obbliga alla resa . 11 g iorno dopo, il 24. l'azio n e viene ripresa e porta l'l lo a raggiungere la li nea Komarìe-quora 219. Il 25 aprile l'avanzata itali ana ottiene grandi s ucc ess i con la conquista della linea di Fiondar, primo gradino del massiccio dell'Hermada. Alle 15 e 30, senza arrendere la conclusione del riro di distruzione, bersag l ieri c fami della Bergamo esco no dalle tr in cee e penetrano in quelle austriache . Anche in questa occasione Federico Grifeo è tra i primi, ma la forru n a gli vo lge le spalle, una pallorcola di mirragl iarrice lo co lpisce i n fronre uccidendolo all'istante : "co mandante di un reparto d'a rditi , i n tre giorni dì aspra offensiva, fu cosranre esempio di ardimenro e sprezzo del pericolo. Primo sempre ai cimenri, co n inn umerevo l i lotte corpo a corpo, ripulì dai nemici i camminamenti e le doline conquistare, costringendo inoltre alla resa un'intera compagnia avversaria, che, ap p ostata in caverna coi propri ufficiali, op p o n eva la più ost in ata resistenza Primo all'assalto contro un a munitissima trincea , incontrava m orte gl oriosa, fulgido esempio ai dipendenti, dei quali era stato sempre l'an imawre e l'inciratore ad ogni più cosciente audacia. Jamiano, 23-25 m aggio 1917". La fan1igl ìa era molto nota a Livorno e il fatto che padre e figlio fossero in guerra rappresentava un chiaro ese mpio di amica "nobiltà g u err ie ra", fondamento d ell 'ese rc i to dci Savoia, per c ui il duca d'Aosta , comandante dell'armata , scrisse alla famigli a per ricordare il generoso sacrificio di Federico: "Io sento p e r questo loro figliolo ch e leoninamcnre s i è b a ttuto, quel vivo senso dì an1mìrazìone e dì orgoglio che pro duce la perdita di questi eroi ado lescent i che alla patria hanno fatto comp leta ed asso lu ta dediz io n e della loro v ita Egli è ca duro co m e leggendario gue rri ero della nostra migliore epopea". F u sepolro a Redipuglia. (E. S. L. e P. G.)
Pier Antonio Gregorutti e la strage di ufficiali a Quota 85
Pier Anronio, figlio di Anronio e di Pierina De Checco, nacque a Lignano in provincia di Udine il 13 febbra io 1880. Dip lomaros i al l' Isti tut o tecni co "Paolo Sarpi" di Venezia , nel 1898 s'arruolò volontario allievo u fficiale p resso il 54° Umbria per passare poi alla Scuola Militare di Modena, uscendonc nel 1904 sorrotenenrc in serviz io permanente assegnato al 79° de ll a brigata Roma. Nel 1908, da tenente, ebbe un encomio solenne per l'opera p opo la1ion i co l p ite dall ' inondazione del Po. Andò in Cirenaica dal novembre 1911 al l'ouobre del 1912 e si so p ramm o n ell a battaglia delle Due Palme. Rimpatriaro, fu assegnaro al 2° reggimento della brigata Re P romosso capi tano nel 19 14, fu trasferitO al 7 1o Puglie e, con la costituzione della brigata Pndovn nel marzo 19 15, assu n se il comando d ella 5·' compag ni a del 118° reggimento che il 24 maggio entrò in guerra nel serwre del Monte Sc i B usi dove, il 24 settembre 1915 , rimase feriro a una gam ba nei co mb attimenti di Polazzo -Casrclnuovo. Durame la rcrt.a battaglia dell ' lsonzo e preci sa menre il 21 orrobre 1915 , il 118° reggimento venne spostata nella z.ona di Monfalcone e il 22 la s• e 1'8• compagnia de l II battag lione c il lil del magg iore Livio Rajocco auaccarono alle 15,30 il erano
Il tenente Samuele Monaco di Il sottotenente veneziano del B e nevento, caduto con Gregorutti a Quota 85 il 22 ottobre.
l l 8 ° Padova Mario Preite, giornalista sportivo, caduto a Q. 85 il 22 ottob re 191 S.
le trincee italiane prospicenti Quota 85 e Quota 77 (AUSSME).
Il sottotenente trapanese Gaetano Terranova caduto a Q . 85 .
di fronte a nord-ovest dì quota 85 e quota 77 a sud de l Cosìch (Monfalcone) che riuscirono a conqu istare non ostante le forti perdire subite dal ca nn oneggiamento austriaco che mise f u ori combattim ento 18 ufficia li e 7 00 so ldati. Cadde il su o co llega Innocente Ricci c h e morì il giorno dopo nell'Ambulan za chirurgica mobi le "Città di Milano", mentre nella sezione di Sanità spirarono per ferite i souotenenti Anronio Marinel la di Venezia e Antonio Pezz i ni di Palazzolo s uli ' Oglio, rimasero su l campo con Gregormti il reneme Samuele Monaco, i sorrote n enti Mar io Prcit e, ve n ezia n o, Gaetano Terranova e g li aspirami diciannove nni Giovanni Castaldo e Am leto Repossì.
TI capitano Gregorutti, con d o tti i suoi uomini o l tre i reticolati nemici so tto un violento fuo co dj fucileria e armi automatiche, rimase ferire da una fucilata all'addome, n on si recò al posto dì medicazione, ri mase a l s uo posto di comando per gui d are e conti nu are a incitare i suoi uomini affi n ch é resistessero su ll e posizioni raggiunre , 6nchè un'altra fucliara l'abbatté. (G. S )
Mario Giuriati nell ' inferno del Santa Caterina
Figlio di Ren zo e d i Giuseppina More rri nacque a M il a n o il 21 dicembre 1895; alto di statura, sportivo, impiegaw in una ind ustria milanese, chiamatO alle anni, freq uemò il corso allievi a l 68o Palermo, per dive ntare sorrotenente di complemento assegnato al 38° Ravenna ne l luglio 1915 nella zona di Plava dove es is teva l'uni ca testa di ponte ita li ana al di là Jeii'Ison zo, ma dove gli austriaci dominavano dall'alro
Il sottotenente milanese Mario Giuri a ti medaglia d'oro sul Santa Caterina il l o agosto 1916.
Il fronte del Santa Caterina e il campo di battaglia visto dalle trincee austriache, sullo sfondo il Sabotino.
l'intero settore. :Lattaco della Ravenna de l generale Pistoni inziato il 21 ottobre per prendere Zagara (vedi sc hi zz i pp. 136, 152) durò per più giorni e costò p erdite mostruose : 1.300 uomini fuori combatti m em o, 13 ufficiali morti, 5 disperi e 31 fèrìti,
tra questi, gravemente il 29 ottobre ci fu anche Giuriati; cadde il colonnel lo Edoardo Gilerri comandante del 3 r e feriti due comandanti di barraglione del 38° : il capitano Angelo Tiberi e il maggiore Nicolò Giacchi, caddero i capitani Vico Codevilla, Gino Ventur i ni e Vittorio Viglione c gli amici di Giuriari, Renato Rossi, Angelo Ventura, Ubaldo Bcchi. Giuriari rimase in o s pedale fìno al giugno 1916, in tempo per partecipare ai combanimenri sull ' Altopiano dei Scne Comuni e alla comroffc nsi ve alla Straftxpedition. Destinato al 150o della brigata Trapani (ex 144°) , ritornò sull 'lsomo a Casa Abete suii'Alro Sabotino c per partecipare all'offensiva italiana per scardinare la resta di ponre di Gorizia, ma nella notte sul 3 agosto delle pattuglie austriache anaccarono di sorpresa la linea tenuta dalla 9·' compagnia con bombe incendiarie che provocarono lo scoppio di un deposito di benzina; i soldati si dispersero e si sbandarono abbandonando la posiz.ione, ma proprio mentre le pattuglie nemiche stavano per occupare le trincee, il sottotenenrc mi lanese, ferito al petto, fermò i fuggitivi, li rianimò e mettendosi alla resta degli uomini del suo e di alrri plotoni, li porrò al contrattacco obb ligando il nemico a ritirarsi.
Aveva tuttavia riportaro una seconda ferita al petto da scheggia da bomba a mano e fu costretto a lasciare il campo di battaglia per farsi medicare soltanto quando gli fu ordinato dal comandame di reggime nro , il tenente co lonn ello Ado lfo Gazagne. Venuto a sapere nelle corsie dell'ospedale che la Trapani avrebbe attaccaro il Podsabotino, si fece dimettere e il 6 a piedi, proveniente da Cormons, raggiunse il 11 r battaglione del maggiore Nicola Badellino chè era irnpegnaro in un combattimento sulle pendici del Sabotino verso quora 138. La sua ferita era ancora aperta, tunavia lo spirito sportivo, l'entusiasmo per la presa
Il maggiore genovese Nicola Badelino, caduto assieme a Giuriati P l l agosto.
A lato : G.A. Sartoria, Sbalzo sul Santa Caterina .
Lo sb alzo dei plotoni sul Santa Cat e rin a sotto il bombardamen to.
Il tenente colonnello torinese Elio Ferrari, comandante del 111167 ° Palermo , caduto suiVeliki il 3 l agosto.
IIVeliki Hrib del San Gabriel e con i tracciati dell e trincee austriache {AUSSME).
Il tenente bolognes e del 6 7 ° Palermo Corrado Mazzoni, caduto sul Veliki il 30 agosto, medaglia d' oro.
di Go ri zia e il passaggio il 9 agosro sull'a l tra ri va de l'T sonzo, fecero passare in secondo piano le sue condizioni fisiche e q u ando il l Oagosto il 144° fu posto alle dipendenze del generale Nicola Cartella cornandanre della Pescara che mandò il IT e il TU battaglione conrro le linee del Santa Cater in a, Giuriati era a fianco del maggiore Badellino e del capitano Luzi comandanre la 9 • compagnia.
Il villaggio viene in parte occupato, ma so n o praticamente allo scope rto sotto il fuoco micidiale dell'artiglieria. Cade Badellino e molti ufficiali subaherni, ferito è pure il capitano Luzi e così rocca a lu i, semp lice sotrorcnenre, fcriro, m a l'unico ufficiale ancora in piedi, di prende re il comando della 9 " compagnia senza neanche farsi b e nda re la ferita c portare gli uomini a un ennes in o assalto, arriva sul ciglio della trincea austrìaca, ma è crivellato Con lui caddero q uel giorno il maggiore Badellino e i sorrotenenri Francesco Canrelli, Giusep p e Morando, Cesare Pesaresi e Luigi Bonelli, i cui co rpi rimasero nella t erra di nessuno. Il gene rale Cartella cadde il giorno seguenre co lpi to da una granata. È sepo lt o a Oslavia (G. S. e P. G.)
e il 16 maggio remò di prend e re il Monte Sant o durame la l O· ' batta gli a in una se rie di assalti e cont ratta cc hi che c ulmin a rono tra il 20 e il 27 magg io con un'ecaro mbe di ufficiali sul barerni: Francesco Laudicella, Guglielmo Ciconi, Cesare Nicolini , Lcopodo Annunziata , Fran cesco Fores ra e Cesare Marrioli. ln questa cruenta barraglia ve nne decoraro co n un a di br o nzo e una d'argento.
Il l o agosto il comando d ell a brigata fu assuntO dal generale Giovanni Battis ta De Negri, al essandrino, bersagliere, inflessibile, es p e rto del Carso avendo c om anda ro la Mantova co ncro Quota 208, ma a n che privo di scrupo li nel denun ciare le mancanze dei superiori: fu la s u a rcsrimonianza su l co mpona mcnro paranoico del gene ra le Graziani che aveva lasciaro il suo comando,
rendendosi irreperibile per ore, per dare la cacc ia co l moschetto ai "diserrori " , a provocarne il siluramemo De Negri enr rò su biro in sinronia con il comandanr e del 6r, Picrro Boldi, e con quel rcnente co lonnell o che aveva dimo st rato freddezza s ul campo di battagli a. ll 17 agosro ini ziò l' 11 • b attag lia de i' Ison zo ai pi edi del caposaldo del San Gabriele, ma il Hl battaglione di Ferrar i enrrò in linea solo nella notte sul 29 per resp ingere un violenro conrracracco austriaco. I l giorno dopo prese pane all 'attacco della quota 326 d e l Veliki Hrib dove ca dd e il tenenre bolognese Corrado Muwni, medaglia d 'o ro, il tenente Anronino Plata ni a c il sorrorenenrc Francesco Troiani. Nei combattimenti d u rat i due g iorni fu wtro un susseguirsi di conquiste di posizioni e di perdite dell e s tesse e so lo la determinazione di Elio Ferrari e dei s uoi fanri potè assicurare, ;Jia fin e, il possesso dell a Qu ota Tredici furono infani i conrrarracchi nemici e nell ' ultimo di essi, n e lla nott e s ul l " se ttembre, menrre dall a s ua po s iz ione dirigeva il combarri mento, venne colpito in pieno dall e sche gge di una bomba a mano. Con l u i caddero il cap it an o Lando Palancia c il sottorcn ente Giuseppe Venino. È sepolto a Oslavia. (G. S.)
Mario Del Grosso l'eroe della Firenze
Figlio di Lorenzo e di Margheri t a G iano li nacq u e a Prata Camportaccio di Sondrio il 2 4 luglio 1893, unico figlio maschio di una mod es ta famiglia di artigiani; comp iuri i cors i de ll a Sc u o la T ecnica rrovò impiego
Tavol a di A. Hoffmann di un attacco italiano sul San G abriele .
L' lsonzo, Qu ota 535 , il monte Kuk e il Vodic e. La testa di ponte italiana di Pl ava raggiungeva il paese di Zagor a fino a ll 'offensiva del maggio 1917.
Il tenente dei zappatori del 127° M ario Del Grosso di Sondrio che il 14 maggio prese il comando del l battaglione e tenn e la sella di Q. 535 per tre giorni benchè ferito .
Il maggiore del 1/ 127° Pier Ugo Bozzani cadu to il l 4 assieme al sottoten ente Vittorio Salvati.
Giuseppe Benvenuti di Arezzo , della Firenze, caduto sul Kuk il 15 maggio, m e daglia d'oro.
come conrabile in una impresa di costruzioni stradali e ferroviarie. Chiamato alle armi nell 'agostO del 1914, venne assegnato al 73° Lombardia. Con l'enrrata in guerra frequenrò al reggimento un corso per allievi ufficiali e in otcobre fu trasferito al 127" Firenze. Assegnato a l T battaglione, fu promosso tenente nel settembre 1916 ottenendo il comando del reparto zapparori e operò in quel piccolo inferno che era la testa di pome di Plava dove si doveva lavorare a scavare trincee venendo presi eli mira dai cecchini che dal monte Kuk controllavano imovimenri degli iraliani abbarbicati sulle pendici a Zagora. Acquisì così una perfetta conoscenza del campo eli battaglia , cosicché il comandame del 127", il colonnello Alberto Rovelli , e il comandante del I battaglione Bozzani, in previsione della decima ofFensiva clcll'lsonzo, gli affidarono il comando della 3' compagnia. Sfortuna volle che. accortisi dell'imminenza dell'attacco, il 14 maggio le batterie austriache concentrassero il fuoco sulle trincee di parte n za ed eg li rimanesse ferito a una gamba. Si fece medicare in trincea e quando sentì il segnale d' arracco uscì per primo dai retico lati, zoppicando alla testa della sua compagnia. I:ascesa verso la cima del Kuk fu lunga e caddero feriti o uccisi decine di ufficiali e soldati. Cadde il comandante del battaglione il maggiore Pier Ugo Bozzani, il renenre Felice Urbano, i sottotenenri Giuseppe Scarnecchia, Vittorio Salvari, Giuseppe Zannini e l'aspirante Carlo Mosetti. Alle 11 del 15 maggio 1917 i primi due battaglioni del 127" reggimento si erano infin e impadroniti della sel la di quota 535. Conquistata la trincea, dovette sub ire il bombardamento nemico e qualche tentativo degli austriaci per riprendere il Kuk ed esperro com'era approntò subito il "rovescia memo" della trincea, assumenro il coman do del battaglione. Il 15 cadde il tenente aretino Giuseppe Benvenuti, comandance di plotone, che era stato feriw a una gamba anch'egli, rcneva la sella boscosa rra quora 535 e la sommità del Kuk a quota 611, decoratO anch'egli di medaglia d'oro.
La truppa aveva subim iniziaro i lavori di rafforzamenw. Le successive ondate hanno la possibilità di incolonn are e condurre a Zagara diverse centinaia di prigionieri tra cui molti ufficiali e raccogliere numerose mitragliatrici e grande quantità di materiale'. Le diffico l tà incomrate dall'ala destra della co lonn a d ' attacco proveniente da Plava e direrta verso la quota 611 nella p ri ma giornata di battaglia avevano fano spostare il d ell'azione verso sud. Un assalto frontale avre bb e dovuco decid ere le sorri de l Kuk: Tassalro è duplice: co n bombe a mano e alla baionetta J nemici sono snidati dai loro ricoveri, accerchiati n ei loro rifugi e in co lonnati a centinaia con i lo ro ufficiali, tra i quali anche un maggiore verso Plava. I soldati della Firenze passano sul rovescio oriental e del Kuk e cominciano ad app restare le pr ime difese, costruendo una prima provvisor ia s istemazione p er resistere agli ormai sicu ri contrattacchi del nemico'.
Tra i salti di pi e tr a e tavolati di roccia dovevano faticosamente inerpicarsi pure le compagnie mitragliatrici con i loro armamenti e munizioni. Con più ag il ità s i muovevano i reparti di pistole -mitragli atr ici le cui raffiche secche ripuli vano caverne e trinceramenti . Ma
i mitraglieri datari di modelli da poswzione fissa dovevano accorrere lo stesso, metrendo in a.lione le pesanti armi, insieme ai treppiedi c munizioni, da posizioni improvvisare e cercando di far tacere i co ll eghi avversari che sparavano di fianco e frontalmente dai loro punti invisibili. Cadde il sottorenente Luigi Melon i e il l 6 Mario Canali, carrarcse, assistiti rutti dal cappellano del 12 r Dom enico Brami di Bibbiena che a Oslavia nel novembre del 191 5 aveva già guadagnato una medaglia di bronzo. Fu infarri il monrc Kuk il monte del sac rificio c della gloria del 12r della Firen ze. Medaglie d'argendo alle bandiere dei reggimenti e Ordine Militare di Savoia per il generale Giuseppe Viora comandante la brigata. La sete, oltre all'insufficienza dei rifornimenti, congiurarono nell'esasperare la situazione dei difensori austriaci, dalmati e boemi che si nascondevano nelle grotte del declivio est del Kuk per sfuggire ai bombardamenri implacabili. La none tra il 15 e il 16 maggio 191 7 era stata illuminara dai bagliori dei contrattacchi a ustri aci finalizzati a dare respiro alloro estremo pcrimecro difensivo su ll e creste. La lotta conrinuò per il resto della giornara del 16 maggio, regisrrando la banaglia finale
Il Kuk e la Sella di quota 535.
Il maggiore livornese Carlo De Vecchi caduto a Hudi Log (Boscomalo) ii2S marzo 1917 .
Sotto: l'azione di Selz de ll'l l agosto 191 S che gli fruttò la seconda medaglia d'argento
per la conquista di quota 611 del Kuk da pane della Firenze, mentre più a sud, a quota 592 del Vodice, i soldati dell 'Avellino si dispersero sulla pietraia per affrontare e respingere l'ennesimo contrattacco". Per tre giorni Del Grosso renne la posizione snidando dalle grotte e dalle gallerie gli austriaci c he si erano eclissati, ma che era no pronti a riemergere. Non ascoltò le sol lccitazion i dei colleghi c soldati che volevano andasse al posro di medicazion e Il 17, mentre si stava recando a una trincea avanzata, cadde colpiro da una di granata e poche ore dopo si spense al posto medicazione di Plava. Fu l'ultimo ufficiale a cadere, il giorno dopo la brigata venne ritirata, in tre giorni aveva perso 60 ufficiali e 1.788 "gregari". fu sepolto a Oslavia. (P. G.)
Carlo De Vecchi , il livornese dalle tre medaglie d ' argento e l' oro fatale
Carlo, di Si lvio e di Marina Pozzolini era nato a Livorno il 30 orrobre 1880, ma la modestissima , si trasferì a l'Aquila dove intraprese gli studi superiori conseguendo la maturità classica c risultando primo al concorso per l'ammi ss ione alla Scuola Militare di Modena. Nel 1900 venne nominato sortorenenrc di fanreria e assegnaw al 94o reggimento della brigata Messina, per passare poi, renenre, al 6 ° Aosra. Nel settembre del 1904 fu destinato a far parre del Corpo di Spedizione italiano a Creta dove rimase fino a l 1906. Continuò a studiare e pubblicò diversi srudi militari. Nell'orrobre del 19 l l partì per la Tripolitania
Ili)\. VI)
Hud i L og (Bo scom a lo) n e l C a r so di Com eno.
L e tr incee i ta li an e e au striach e a Hudi L og (AUSSME ).
pre n dendo par te ai combattimenti di Ain Zara e di Zanzur, dove il 12 giugno 1912 meritò una medaglia d'argenro. Rientrato in Iralia, nel marzo 1913, promosso capitano, fu trasferito all3 ° Pinerolo e ben presto fu nominato aiutante di campo del comandanre della brigara; la caniera era ben avviata e s'ammogliò. Nel maggio 1915 la brigata si schierò ai piedi del Carso. La Pinerolo era comandata da un generale piemontese famoso nell'evitare i problemi, ada([andos i a ll e situazioni, Edoardo Ravaz.7.a, dal 1904 al 1908 aiutante di campo del re, medagl ia d'argemo in Libia nell912, poi, promosso maggior generale, nel 1915 aveva assunto il comando della Pinerolo che per gli attacchi a Selz c sul Se i Busi gli meritò una seconda medaglia d'argento. ll13o reggimento era invece nelle mani di un sardo, il colonnello Carlo Sanna- il futuro babbu mannu dei sardi della brigata Sassari che furono alle sue dipendenze durante la prima battaglia dei Tre Monti nell918 - ,naro a Senorbì nel loncano 1859, quando era staro promosso co lonnello nel 1914 era smro destinatO al comando del 13° Pinerolo fino all'Il agosto 1915, combattendo a Selz e a Q. 70 e meritandovi la medaglia d'argento. Carlo De Vecchi era quindi stimatO dal generale Ravazza e quando in ottobre nei combattimenri alle Cave di Selz sopra Monfalcone la brigata non riuscì a espugnare le munitiss i me trincee nemiche perdendo 41 ufficiali e 1.200 uom ini , Dc Vecc hi ebbe una seconda medaglia d'argento. Il prezzo pagato dal13° fu il più alto di rutta la guerra: 183 morti, 500 feriti e 113 dispersi. TI simbolo del valore della brigata fu il maggiore Lubarti, cuneese, quarantac inguennc, medaglia d'argenro nel terremoto di Messina, generoso, sportivo, che ferito al braccio non volle lasciare i suoi uomini e rimase a dar loro coraggio finché una seconda pallottola lo uccise. TI barraglione passò al comando dd capitano Stan is lao Ch im enti comandante la 12" compagnia. Caddero anche i sottotenenri Giuseppe Srasi di Trani e Bernardino Rondi, menrre i sottotenenri Corradino Corrado di Castel di Sangro, Elia, Nardo Nardi, Alfredo De Vivo, Gaetano Mariano, Massimo Pororani, Battista Bottalla, Pasquale Cervoni, Carbonel la e Si lerri guadagnarono una medaglia d'argento, come pure il capitano Agesi lao M il ano e il renenre Oronzo Borsci c, infin e, anche il cappellano don Di Lallo: "Mirabi le esempio di ardimento c di fede, se n za curarsi del pericolo portò fra i combattenti i conforti della religione anche nelle zone più esposte al fuoco nemico. Si recò di notte presso i retico lati per recuperare salme dei nostri caduti e coadiuvò il personale san itario nel la cura e nello sgombero dei feriti. Fu oggetto di ammirazione e apportatore di sollievo per turri". E in effett i il pericolo del recupero dei feriti non era solo dettato dal caso : il caporale di Sanità Tirapelli, che con due portaferiri andava a raccogliere con le barelle c la bandiera bianca i fe r iti, s'era sentito dire da un ufficiale a ustro ungherese "'Venire pure avanti, ma fate presto'. Mentre però i nostri si accingeva no a compiere la pietosa missione, proditoriamenre dalla trincea austriaca partirono numerose fucilare che di quei tre ero ic i fami uno u ccisero e uno ferirono". A fin e anno don Di Lallo f u sostituito da un cappellano che divenne il cantore del13o: don Giuseppe Abate Nel giugno 1916 a Magnaboschi, sull'Alt opiano dei Serre Comuni, Carlo De Vecchi ass u nse, d ' iniziativa, il comando di un reparto rimasto privo di ufficiali ri cacciando il nemico da una forte posizione. Ferito rinunciò al ricovero in ospe d ale per non lasciare il coma nd o della brigata meritando anche la terza medagli a d'argento per il coraggio e lo sprezzo del per ico lo dimostrato Promosso maggiore n el dicembre del 1916 venne trasferito al 142° reggimento fanteria de ll a brigata Catanzaro che si trovava in linea a Bosco Ma lo sul Carso. Ottenne il co-
mando dellll battaglione e gli venne affidato il compito di difendere uno dei tratti più difficili del secrore reggimèmale che provvide a rinfortare rendendo la linea sempre più sicura.
La Catar/Zilro era una brigata "carsica" che fu più volte distrutta in battaglia: era sì una promozione per un capitano valoroso, ma era anche una sfida alla dca Forruna in quanto del 142° ben quattro comandanti di banaglione erano caduti e una mezza dozzina erano stati fer i ti o sostiruiti per esaur imento nervoso. La dea bendata non era con lui quel 25 marzo 191 7 quando stava effettuando uno dei soliti controlli della linea e, per meglio osservare la vicinanza della trincea austriaca si era sporro dal ciglio rimanendo ferito da una scheggia di granata scoppiata lì vicino. Morì tre giorni dopo nell'ospedale da campo n. 5 a Solcschiano di MamA1.no. Il 13 settembre l 917 gli venne conferita la medagl ia d'oro; è sepolto a Redipuglia. (G. S.)
Giovannino Cucchiari , l'imberbe sul Cal vario
Giovanni di Giuseppe e di Augusta Mazzolini era nalO a San Ginesio di Macerata il 26 novembre 1894, da una famiglia che aveva dato all'EscrcilO soldati valorosi che si erano distint i durante le guerre d'indipendenza fra cui il generale Domenico Cucchiari e il conte Maz.zolini di Forlimpopoli, volomario garibaldino. Preso da q u esta tradiz io n e pau·iorrica, Giovannino- da fisico m i ngherlino e quasi ris icuccio -, Mudenre all'Accademia di Belle Arri di Rave nna, nell'agosro del 1914 abbandonò il prossimo diploma in disegno e in pittura per arruolarsi volontario, come semplice fame, nell'l l o reggimento della brigata Cmafe. Non aveva un fisico da lunghe marcie con 1aino, ma era nipote di generali: fu subito destinato come all'Ufficio Fortificazioni dj Udine.
Passò quasi un anno negli uffici, ma con l'enrrara in guerra chiese c ottenne di poter rientrare al suo reggimemo già in linea era le alrure di Oslavia e il Podgora, basrione prorer rivo della testa di ponte di Gorizia. Il 23 giugno partecipò così ai primi combattimenti relativi alla prima barraglia deii'Isonzo. Giovannino le trincee le aveva diseg n are dai manuali di fortificazione perché rutto il Friuli era sraro "forrifìcaw"' da almeno un decennio, ma austro - ungarico aveva l'esperiem.a di un anno di guerra e di come rendere inval icabili i reticolati con cali brare postazioni di lanciamine e mitragliatrici i nemici erano diventati maestri e gli assalri della s'infransero contro le poderose difese costituire da profondi e fitti reticolati. Per aprire varchi in quella giungla di filo spinato saranno invemate le bombarde, ma nel giugno c' erano solo le pim e tag l iafìli e i rubi di gelati n a esplosiva da sp i n gere sorro i reticolati profond i anche 5-6 metri e sempre bene in vista dalle trincee nemiche poste più in alro. La Casale era co m andata dal generale V i ttorio Manfred i Emanuelli, mentre l' I l " reggimento da l colonnello Agostino Ravelli e proprio sul Podgora nacque in quelle settimane il mito dei romagnoli valorosi de ll a Casale. L l I o regg im enro e b be la m edag li a d'oro a ll a band iera e 2 medaglie d'oro individuali (Giovanni Cucchiari e Decio Raggi), 116 d'argento e 190 di bronzo. La Casale fu una delle brigare p itt d ecorare dell'esercito.
Il ventun e nne soldato macer a t e se Giovannino Cu cchiari, cadu t o dop o due a ssalti sul Po d gor a il 24 giugno .
Il Podgora-Calva rio c a posaldo d e lla t e sta di ponte di Gorizia.
Il capitano Cortese con i fanti dell'l l o reggimento con le mostrine gialle della Casale per le quali furono denominati " l Gi alli del Calvario" .
Il maggiore torinese Alessandro Carroccio comandante del 111/ 206° della Lambro, caduto sul San Marco il 15 maggio 1917, medaglia d'oro.
Il Diario del capitano medico del reggimemo Aldo Spallicci, un maz.ziniano romagnolo volonrario a quasi quaranr'anni , fornisce un'immagine della vita a ll'l l o reggimenro di fronre al Podgora in quei primi giorni dell'estate del '15.
"Tutta la terra qui è smossa da questi obici colossali. C'è la ferrovia a due passi e il nemico la prende di mira. Una buca rra gli al beri pare un pozzo gran che è profonda. Sotto i pampini e tra i filari di fagioli campichini han fatto un piccolo cimitero. Un po' di rerra a tumulo e una croce o una lap ide. Due spiccano: quella del sorrotenenre Pericoli che medicai appena ferito e quella del maggiore Guy del 30° artiglieria u cciso alla sera del macello del 35o fanreria. La pace per quanto renda georgicamenre i suoi feston i cii viri non aleggia sui tumuli. T morri 'con la bocca piena di terra' h an br ividi c fremiti sorto il rombare dell'obice. Sono requiern di guerra. Faticosa è stata la marcia nocturna per arrivare s in qui. Tra i monti per mulartiere impraticabi li in cui l a sca rpa affondava per intero Un verso. Il tacco strappandosi a forza dall'abbrac cio della terra melmosa, dava uno schiocco 'coma un bes d'una boca sbavaciona' l come un bacio con la lingua in bocca] .
Sul la cresta del colle indugiava un'alba luminosa. Un riAettore c he cii quando in quando frugava irrequieto le tenebre Un alrro, dei nostri incrociava i suoi fasci di luce c spiava. Calme nella volra celeste l e costellaz ioni. Presso l a meta, la luna, un quano. L:assiolo prima, i cucu li in coro, poi.
Prati calpesrari , odore acuro di menrolina e disgustoso a lungo andare, come d'esc rementi. Chiazze fosforescenti fra la rerra rimossa, forse con un alito di venro si leverebbero i fuochi fatui.
Un prete con noi [don Baronio, mai nominaro dai repubblicani anticlericali della brigata come Spall icci]. Tutti han farro gli sco ngiuri. Passando si sentiva ' oh, un prir; sgrez ia'. E lui pure, m' han detto, è di Romagna. Che litanie di bestemmie dovrà ascoltare!
Podgora, 5 lug li o. Alle tre di stamani gui c'era già chiaro. Le case bruciate dietro di noi. Cartaceo definitivo per oggi al rocco.
6 luglio. Anche il quarto assa l to a quel le ch e l'ordine del giorno del comando del nostro reggimento chiama "le contrastate pendici del Podgora" è andato falliro". I riflettori! Neanche di none e ra possibi le a prire varchi t ra i reticolati. Il co mandame del battagli one di Cucch iari, in forza alla 3• compag nia , era il t enente colonnello Atti l io Thermes, un sardo c inquantaduenne che proveniva dall'Istituto Geografico militare, m a che fece una carriera arrivando a divisionario, non senza superare la grana della rivolta della Catanzaro a Santa Maria la Longa quando era posta sorto il suo comando nell'estate del 1917
Prima ancora che il 23 gi u gno iniziasse la 1• barrag li a dell'Isonzo v' era s rato uno stillicidio sistematico d eg li ufficiali c h e si azzardavano ad avvicinarsi ai reticol ati o l rre Luc ini co. Il 9 giugno erano s tati falciaci iJ tenente pisano Edgardo Cancini e il so tt o tenente forlivese Arr igo Ricci co n alc uni degli uomini del loro plotone, il l O era cad u to il sotrorenente macerarese Francesco Pericoli, il 12 il capi t ano Modesto Del Gaudio di Roma: uffic ia li e soldati n on e rano addestrati a quel tipo di guerra. Giovann in o era minuto e si offrì volontario in una pattugli a che il 24 g iu gno, in p ie n o giorno, con le pinze tentò di aprire un varco nel firto dei retico lati. Calmo e
decenninaco, uscì per due volte dalle trincee della no alla trincea nemica, ma per quanto piccolo era in pieno sole e una sca rica di fucileria gli rolse la vita. Don 13aronio ne co mpos e la salma appena fu recuperara durame la notte. Fu sepolto a Redipuglia (N. P. e E C.)
Alessandro Carroccio dal lenzuolo Bianco al Dosso del Palo
AJessandro, figlio di Gabrie le e di Ocravia Basreris, nacque a Torino il 30 gennaio 1886. frequentò la Scuola Militare di Modena uscendone nel 1907 sorrotenente. nel 50° rcggimemo della Parma. Da renenre venne inviaro in Tripolitania dal 1913 al 191 4 e con la promozione a capi tano nel marzo 1915 venne trasferire al49o reggimento con il quale combatté in giugno sul Col di Lana, nelle Dolomiti. Vi rimase fino a novembre quando venne mandaro ad addestrare le reclute della brigata Lambro di nuova costituzione come comandante di compagnia e poi suii'AJropiano di Asiago durante l'oiTens iva austriaca del maggio 1916.
Passato un mese a riposo, la Lllmbro passò in agosro nella terribile fornace di Oslavia nell'offensiva che porrò poi alla presa di Gorizia.
La Larnbro era alJora comandata dal generale Francesco Crazioli, il 205° dal colonnello Donaro Rognoni, un tizzone d'inferno di emi liano di Sassuolo. cinquantenne, che non risparmiava né subalterni né superiori c che fu uno dei migliori comandami di brigata della guerra. Il 206 ° era comandare dal renenre colonnello Errore Lace, w1 quarantacinquenne vercellese (dello stesso paese che aveva dato i natali a Pietro Micca), che aveva ai suoi ordini come comandante del T battaglione un suo parigrado, Eugenio Petini, al II il maggiore Eugenio Brini e al III il maggiore Danrc Siliprandi.
Larracco aJ Sabotino- a nord de l Grafenberg dove c'erano la Cuneo c la Treviso-, prevedeva tre colonne: la colonna Badoglio verso l'alto Sabotino, la co lonna Gagliani per il medio e la colonna Grazioli su quota 188. Si rranava dunque dell'attacco principale della 6• barraglia dell'lsonzo perché, cadendo il Sabotino c h e era lamontagna dominante d ella resta d i ponte nemica , si sarebbero potuti prendere anche i ponti sull'lsonzo.
La Lambro con 5 battaglioni doveva dunque prendere quota 188-Dosso del Bosniaco {vedi schizzo p. l l O) e si mosse anch'essa alle 16; il battaglione di Petitri irruppe per primo nelle trincee del Lenzuo lo Bianco c incominciò a salire verso quota 188, ma menrrc cercava di districarsi dai reticolati, fu invesriro dal tiro incrociato delle mitragliatrici che uccisero sia il colonnello Lace che iJ tcn. col. Peritti e una trentina di fanti. Una di qu este mitrag liatrici era incavernata e praticamente invul nerabile alle bombe a mano c ai tiri, ma un gruppo di fanri (Luigi Raimondi , Giuseppe Brigata, Giuseppe Ferraris, Luigi Guerra e Federico Sacconi) guidati dal caporal maggiore Giovanni Bonomi riuscì a neutralizzare la mitragliatrice, a entrare nella cave rna e a fare prigioni er i 5 uffi cia li e 125 so ldaril.
Contemporaneamente attaccarono anche il l! del maggiore Siliprandi e il 11/205° del capitano Squillace, mentre la 7 • compagnia del rcnenre Bagnoli anaccò alla baionetta il cocuzzolo, ma sopraggiungesse anche la (, • del capirano Calendi, fu ta le Ja concentrazione di fuoco su lla cima che dovettero attestarsi piì.t sotto subendo comunque forti perdi re. Nel frattempo il tenente colonnello Fossati prese il comando del 206 ° , ma sul far
L'attacco della Lambro a Q. l 88-Dosso del Bosniaco il 6 agosto 1916 dove Alessandro Carroccio guadagnò la medagli a d'argento.
Il caporal maggiore comasco Giovanni Bonomi del 206 ° caduto a Oslavia il 6 agosto, medaglia d'oro.
della notte la tenace la resistenza del l battaglione del 37° Landsturm non aveva consentire ulteriori progressi. lnvece sul fronte a nord le cose andarono oltre ogni aspettativa.
11 Sabotino fu preso con un colpo d'ala, come scrisse D'Annunzio:
"Fu come l'ala che non lascia impronte il primo grido avea già preso il monte" ma alla Lambro la presa di quota 188 costò 33 ufficiali e 1.200 uomini. Il cappellano del 206° don Mario Tronconi era uscito anch'egli dalle trincee per portare soccorso ai feriti " rac cogliendo li e aiutandoli. lnrensifìcatesi l'azione, nonostante il rempesrare del fuoco nemico sulle vie d'accesso" non desisteva e continuava ad aiutare i feriti fìno a che non fu ferire eg li stesso. Si meritò la medaglia d'argento perché la sua opera di sostegno in quella bolgia infernale risultò decisiva proprio nel momenro in cui molti uffì-
A est di Gorizia, l'andamento delle trincee verso Casa Du e Pin i e Dosso del Palo teatro delle imprese del maggiore C a rroccio (AUSSME).
Il Valloncello verso Dosso del Palo sul San Marco.
ciali cadevano uccisi o feriti.
Oltre ai comandant i del reggimento e del I battaglione, caddero i sotrotenemi Annibale Biacorosso, Gesualdo Ali, Pietro Calvo, Cesare fanni e Manlio Manzini; furono feriti il maggiore Siliprandi e una veruina di uffìciali.
Quel6 agosto 1916 Carroccio si guadagnò la prima medaglia d'argento ripon:ando due ferire ne l medesimo combattimenw. I.: l l agosto gli venne affìdaro il comando del TII battaglione e, pochi mesi dopo, nell'8 • battaglia dell'Isonzo, lo guidò arditamente all'assalto e alla conquista della posizione nemica chiamata "Casa due Pini" su l Monre San Marco.
Per la condotta mantenuta durame questa azione gli venne conferita una medaglia di bronzo e la promo zione a maggiore per meriti di guerra. Assumo il comando di un settore nella zona collinare ad oriente di Gorizia, la notre del lO febbraio 1917 sostenne l'urto d i un attacco in forze del nemico e con una audace manovra svenrò un pericoloso tentativo di aggiramento rnericandosi la seconda medag lia d'argento .
11 12 maggio 1917, iniziata l'offensiva destinata ad ampliare l'occupaz ione italiana nel settore di Gorizia, g li venne assegnato il compitO di espugnare una munitissima posizione nemica nel gruppo collinare del Monre San Marco e chiamata "Dosso del Palo".
Con i piedi che affondavano nel fango, moltiplicando a dismisura la fatica per raggiungere obierrivi che sembravano a portata di mano, i fanci italiani si mossero all'attacco su di un terreno che per le piogge e l'art ig lieria mutava continuamenre il suo volto. Il rerreno presentava la maschera di gue rra che avrebbe conservato e reso ancora più minacciosa fìno all'ottobre di quell'anno
castagneto del San Marco, un ango l o di par adiso te rr es tre prima dell a g uerra, s i ergeva dal terreno marroriaw come una sfilata di scheletri vegetali. I n quesro " ho sco di S[U zz icad e nti" , la lotta assunse form e parti colarmente raccapriccianti - scr isse Fritz Webcr, ufficiale d'artiglieria austriaco, ricostruendo il ciclo delle banaglie comb at tute in quest'arca - l a visibilità e ra mo l ro limitata, difensori e attaccanti formavano un groviglio inesrricabile. Era impossibile pen sare a diri ge re il co mbauimemo secondo un piano preordinalO. Il tir o Ji sbarramento decimava le file degl'italiani ancor prima che arrivassero alle nosrre trincee avanzate. E la posi z ion e fortemente arricolara costrui ta in base a ll e es peri enze acquis ite sul fronte occidentale, turra nascondigli, c he ri se rvava co ntinu e so rprese co n la co mparsa inatte sa di gruppi d'assalro gettantis i al cont ranacco armati di pugnale e bombe a mano faceva il resto"
L a se rie Ji attacchi affrontat i dall a Lambro venne così sintetizzata da un red u ce cremo n ese del 206 °: "Grandiosa offens iva su rutw il fronte. Il San Marco è assai aspro. Vi fu immen sa carncfìcina se nza guadagnare te rreno , il 20SO c 206° hanno farro nove assalti turri sanguin osissismi".
Lorizzonre d'arracco della Lambro, coad iu va ta dalla Taranto, s ulle mapp e si dispiegava insidio so lun go due dirc mici. L: a la destra avrebbe dovuro s fonda re la lin ea a ustriaca che inglobava le quore 200 nord e sud mentre l'ala sinistra avrebbe punraro verso il fronre tra q. 17 1 c Dosso del Palo. Nell'arco di tre g iornat e, a partire dal 14 maggio 1917, i fanti d ella brigata riuscirono sol o a sp in gersi fìno alla trincea avversaria scavara nella sella tra la quota 200 nord e il Boscone, dopo aver espugnaro all'arma bianca con il ploron c d'assal ro del 2 06 o regg imento il ca posa ldo di Doss o del Palo senza però co nqui starlo comp leramenrc. Su questa co llin a si concenrrò rapidameme l'occhio del ciclone della banaglia. "Nel frane mpo i l n e mico ha aperto un violentissimo f uoco di art igli eria sulle nostre lince e s ui camminamenti -si legge nel Diario Storico Militare del Comando 205° Reggimento Fanteria- a di sra nza di mezz'o ra , il bombardam e nto avversario viene seg uito d a un contranacco in for 7C co n grande spiegamento di mitragliatrici sulla linea di Dosso del Palo , pres idiato dal Hl barraglione che, a sua vo lta, mu ove al conrra na cco c ri esce a respingere l'avversar io oltre il Dosso occ up andone anche il margine tattico sul rovescio. Per ò il violenti ss imo fuoco dell'aniglieria ne mica, obbliga detto batta g lione ad a bband o nare la posizione occupata e a ritirarsi dietro la cresca verso le ore 17" Car rocc io , a ll a resta della prima ondata, mosse all'assalro e trasc inò p e r ben quattro volre i suoi fami all'a ssa lto co ntrastaci dal v iolento fuo co di sbarramento nemi co c arresta ndo si a breve distanza dal c igli o della rrin cea n e mica. Caddero a decine i so rrore n cnr i con i loro
La desolazione dell e trincee italiane alla base del San Marco . La stessa trincea tra austriaci e 206 ° Lambro (AUSSME) .
q 227
Le quot e l 02 e 227 teatro dell'ultimo assalto del maggiore Carroccio il l S maggio 1917 .
Il maggiore veronese Giovanni Camozzini comandante del 111/9° Regina, caduto sul San Michele il 28 ottobre 1915 , medaglia d'oro e tre d'argento. M app a d e lle trin cee e d e i b os chi del San Michele nel 1915 .
plotoni: Guido Goggi di Varese, Gug li elmo Pacerro di Scicli, Angelo Marìnellì dì Manrova e Urbano Salvadori di Badia Polesine.
Il 15 maggio, nel quinto assalro alla posizione e quando stava per raggiungerla fu colpito alla go la da una fucilata. Con lui quel g iorn o cadde anche iJ sorrotenente Nicola Achille. (N .P. )
Giovanni Camozzini dai derv isci al San M ichele
Giovanni Carlo di Giovanni e di Maria Bonicelli nacque a Verona il9 giugno 1869; allievo della Scuola Militare di Modena ne uscì sottorenenre nel novembre dell889 e assegnatO al 62 ° Sicilia. Da tenente partì per l'Eritrea nel 1894 e con il II barraglione indigeni prese pane ai combanirnenri di Coarit del13 e 14 gennaio 1895 e mer itando una medaglia d'argento.
Un'altra medaglia d'argemo gli venne conferita per i fatti d'arme di Gu lusit c di Tucr u f co n tro le bande di dervisci nell'apri le del 1896 Rimpatriato in luglio, nell905 venne promosso capitano aJ 2o reggimento della brigata Re, m a entrò in guerra in forza al 9 o reggimento della brigata Regina. Promosso maggio re in giugno ebbe il comando del rn battaglione e una terza medaglia d'argenw c h e gli venne conferita per la perizia dimostrata nei combarrirnenti del mese di luglio sulle pendici del Monre San Michele dove il 9 ° reggimento del colonnel lo A lessandro Turini aveva occupato le pendici del San Michele strappando al nemico le trincee più basse, verso bosco Cappuccio. 1120 luglio il IT battaglione del maggiore Francesco Villani e il III di Ca mo zzini assieme al l e 111 del 10° e al IX battaglione dei bersaglieri ciclisti riuscirono addirittura a ragg iungere le trincee sulla cima del San Michele
..J facendo un migliaio di prigionieri, ma all'alba del 21 il contrattacco '· "> austriaco, preceduro da un cannoneggiamento accuraw, obbligò i . l battaglioni italiani a r ipiegare verso quota 17 0 dove il giorno dopo
riuscirono a conrrattaccare un contrattacco nemico "catturando ag li
1 \.. / ',,, assalitori un m ig liaio di prigionieri". Si trarrò di una delle prove più " 1 \ t•;./ cruente fin lì condotte sul Carso: in cinque g iorni la briga ta ebbe ;.. \ / Il sottotenente del 9° Il sottotenente foggiano
· Leone Ferri di Bibbiena Michele Lopizzo del 9 ° caduto il 24 ottobre sul Regina caduto il 24 ottoSan Michele. bre 1915.
fuori combarrimemo 36 ufficiali c 1.233 soldati. Fu tenuta a riposo tre mesi, dal 24 luglio al 22 otrobrc, ma con l'in izio della terza barragli a dell'lsonzo (18 ottobrc-4 novembre), il 24 ottobre rirornò in linea nel tratto di fronte compreso tra la Cima 4 del Monce San Michele e l'abitaro di San Marrino del Carso. Quegli assaJri fecero presro rimpiangere ai !>upcrriti i combattimcmi del luglio, in pochi giorni la brigata ebbe fra morti e feriti e dispersi 1.500 combanc mi tra i quali ben 65 ufficiali. Il 24 cadde subiro il capitano Robeno Cianchi di Modena e i sorrotencnri Leone Ferri di Bibbliena e Michele Lopizzo di Foggia, mcncre il comandami del li barraglione, il maggiore Alfredo Gargano, fu feriro gravemente c il rcnenre Emanuele Raz7.crti morì per le ferire nell'ospedale di Palmanova due giorni dopo. Il giorno dopo cadde il maggiore cagliaritano Francesco Rojch, comandance del l battaglione. Il 28 il maggiore Camoz.zini, menrre si recava a prendere posizione con il suo battaglione fu bersagliaro dalle artiglierie nemiche, ma per eseguire l'ordine di pon:arsi a rincalzo degli altri battaglioni del reggimento immobilizzati dal fuoco dell'artiglieria annidiara nell'abitatO di San Martino dd Carso e nel bosco Cappuccio, conrinuò con calma c sangue freddo a mantenere saldo il battaglione nonostante i momcnri di panico dei rimpiazzi che nei mesi di riposo avevano coperro le perdite di luglio. Ripresa l'azione od pomeriggio del 28 ottobre riprese l' assalw, ma fu colpito al cuore. con lui caddero sul campo il sottotenente Mario Tisé di Taranro e il tenente Marreo Macaluso di Palermo. (P. G.)
Ottavio Caiazzo dalla Libia alla Bainsizza
Orravio, figlio di Alfonso e di Rosa Pernice, era naro a apoli 1'8 marzo 1891. Iscritto alla facoltà di Ingegneria dell'Università di Napoli, nel dicembre del 1911 frequcnrò il co rso a lli evi uffi cia li presso il 13° reggimento di fanteria de lla Pinerolo. Nominato sorrotenente nell'aprile del 1913 prestò il servizio di prima nomina presso il7o Cuneo frequentando poi la Scuola d'Applicazione a Parma, entrando quindi nel 1914 ufficiale Permanente Effettivo e al 30° reggimenro della Pisa.
Volle partecipare alle operazioni in Libia e nel maggio 1915 fu destinato al XV battaglione Eritreo con il quale venne inviaro a Tarhuna in rinforlO a quel presidio perennemente assediato dagli arabi. TI 18 giugno partecipò a una audace sorrira di sorpresa della guarnigione contro gli assedianti rimanendo ferito all'inguine da un colpo di fucile nel combattimento di Sidi Hamcd. Ricoveraw in ospedale a Tripoli, in ottobre venne trasferito ali'Vlll battaglione. Rimpatria co nel febbraio dell917 e promosso capitano, venne desti naro al2° reggimento della brigata Re che raggiunse in tempo per prendere parre ai comban imenri dal 17 al 25 maggio per la conq ui sta del cosidwo "Dosso del Palo" c delle quote 200 nord e sud del Monre San Marco (vedi mappa a p. 112).
Aveva assunro il comando inr erinale del I battaglione, che gli venne assegnato per il coraggio dimostrato nel combacrimenro e per la spiccata attitudine a l comando. dal 17 al 25 maggio la brigata aveva perso 49 ufficiali c 1.141 soldati e le bandiere dei due reggimenti avevano avuto la medaglia d'argento al valor militare. Dopo due mesi di riposo, la Re rirornò in linea il l O OttObre nel Medio lson zo, a Ravne nel settore di P lava, in seconda linea. RicevutO il 25 l'ordine di ripiegamenro, fu inviata a proteggere la ritirata dalle posizioni del Kobilek, ma la mattina del 26 onobre alcuni reparti furono rravolti dalla spinta offensiva avversaria e catturati
Il capitano napoletano Ottavi o C aiazzo, comandante interinal e del 111/ r Regina , caduto a Kobil ek il 26 ottobre 1917 . Il caposaldo d e l Kobil e k sulla Bain sizza.
Il ventenne sottotenente pugliese Carlo Buccarella del IJr Lazio caduto a Quota 70 di Se lz il l o luglio 1916, medaglia d'oro. Il capitano del IJr Giovan Battista Visca di Alessand ria caduto a Q . 70, medaglia d'argento.
cosicché il colonnello Giusto Macario, comandante la brigata, ordinò il 26 il passaggio dell'Isonzo Tuttavia il capitano Caiazzo e il suo battaglione rimasero isolati forse perché non arrivò loro l'ordine di ripiegare e così auese, con fredda lucidità , l'attacco nemico reso sempre più veemente dal sopraggiungere dei rincalzi. Fedele alla promessa fatta di non abbandonare la posizione cadde consentendo così agli altri battag li oni di ripiegare senza eccessive perdite. Con lui cadde quel giorno anche il maggiore Francesco Conte e l'aspirante Guglielmo Nicolerri, anch'essi napoletani, e il tenente Benedetro Sapuro. (G. S.)
Carlo Buccarella, il pugliese di Salonicco
Carlo, di Francesco e di Antonietta Grasso, era naro a Salonicco il 7 g iugno 1896 da una famiglia di origine pug liese emigrata in Grecia per lavoro. Il padre, piccolo imprend i rore edile, si trasferì a Smirne ove Carlo si dip lomò in ragioneria presso la scuola italiana tecnico -commerciale.
Al la dichiaraz ione di guerra rientrò in Italia nel novembre 1915 e ottenne di essere ammesso <Ù corso allievi ufficiali di complemenw presso la Scuola Militare di Modena. Aspirante nel marzo del 1916, venne assebrnaro al 132° della Lazio che, sin dall'inizio del conflitto, era schierata nel settore della resta di ponte di Gorizia. Raggiunse il reggimento in lin ea e lì venne assegnaw alla 6• compagnia con cui prese parre alle operazioni di sorpresa contro le operazioni di Monre San Michele.
11 12 maggio, alla testa del suo plotone prese parte alla conquista di una importante posiz ione per cui gli venne tributato un encomio solenne Promosso sorrorenente, fu inviatO aJia fine di giugno sulle difficili posizioni delle Cave di Selz ove gli austriaci avevano realizzato una linea fortificata che impediva ai reparti italiani di ava11zare.
Era da un anno che il 13o reggimento della Pinerolo tentava inutilmente di prendere le alture sopra Selz. 11 23 giugno 1915 le prime pattuglie del I barragliene del maggiore Silvio Longagnani avevano occupato il paeserro di Sdz. "Selz! nome di Mappa delle trincee italiane e austriache contrapposte dal Seibusi a Quota 70 di Selz nel giugno 1916 (AUSSME).
L'interno di una trincea sotto quota 70 di Selz nel 1916 a l 5 metri da quella austriaca.
dolorosa gloria per noi, ma poema di sangue ed eroismo per la patria. Se h, luogo sacro perché rame giovinezze nel nome d'Tralia vi si immolarono con generosità senza pari. Il ricordo ci commuove e, ne l nostro dolore, ci fa superbi. Chi mai dci fanri superstiti della Pinerolo potrà dimenticare quelle alture insanguinare dove per più di un anno lottarono con magnifico sacrificio e grande valore?", scrisse qualche anno dopo il cappellano del 1.3° don Giuseppe Abate che celebrava a 40 metri dalle trincee austriache. Gli italiani erano infaui appena sotto i l cig lio del costone di quOLa 7 0 da cui gli austro-ungarici dominavano ancora la pianura (vedi sc hizzo a p. 14 7) . Nel giugno 1916 molri reparti della 2 ·' armata c alcuni della 3 ' erano stati nella pianura venera per coStituire un'armata pronta a inrervenire nel caso le divisioni austro-ungariche fossero riuscire a superare le difese italiane sull'A ltopiano di Asiago e a sce nd ere in pianura. Tuttavia dal Sa n Michele al Sei busi c a quota 70 di Selz c a quota 85 di Mon rakonc la linea austriaca era in pericolo. Allorquando le gallerie di mina italiane erano ormai pronte per far saltare in aria le rrincec nemiche sulla cima del San Michele , i Comandi auscro-ungarici decisero di riburrare gli italiani ai piedi del San Michele milizzando un anacco massiccio con i l cloro-fosgene seguito dall'avanzata delle truppe per rioccupare le trincee perse in un anno di guerra. Sul fronte di Sei busi-Quota 70 si sviluppò invece un arracco dimostrativo italiano verso il valloncello che ponava al Monre San Michele. Comandante la brigata era il colonnello Filippo Parziale e il 132° era comandato dal co lonnello Come, ufficiali super iori che non brillarono in imprese rilevanti, ma la vera for7 a era rappresentata dai capirani e maggior i coma ndant i di battaglion e e di compagn ia: Alfredo Rosacher, Armando Capurso, Luigi Pellicano, Carlo Cortese. Il 29 giugno, mentre i fanri della Pisa, della Regitifi e della Brescia esalavano l'ultimo respiro sorto l'attaco con i gas, alcune compagnie del 132o attaccarono Quota 70 partendo dalle rrin cce di Selz Erano poche decin e di rncrri in salita e le compag nie dci ca pirani Giuseppe D i Pa l ma e G i ovann i Visca furono trascinate dall'esempio degli ufficiali, caddero i du e capi rani, ma il sorroteneme Buccarella alla testa del suo plorone giunse per primo sull e posizioni nemiche catturando l'imcro presidio. Caddero in molti dei suoi, compres i l'aspirame Alessandro Carli e il reneme Tommaso Cozzolino, moltissimi furono i feriti. Gli austriaci contrattaccarono il 30, ma Buccarella resi ste rrc veden d o cadere al t r i uffic ia li , come il co ll ega San re Consoli, e d ecine di fanti. Il l o lu g lio , nel corso del violento conrrarcacco austro-ungarico, mentre in piedi sul ciglio della trincea dirigeva con calma e sangue freddo il tiro dci suo i so ldati , fu feriro da una granata assieme al tenente Vittorio Nebbia, la ferita era profonda, ma egli non volle abbandonare i s uoi uomini e mentre Nebbia ve n iva trasportatO nella sezione di San i rà d i Ronchi per mor i re il giorno dopo , egli non cessò d' incitare alla resistenza i s uoi uomini, fì no a che spirò. (P. C.)
Una trincea a Selz; la notevole profondità per una trincea carsica era calcolata per sfuggire alla vista del nemico sovrastante poche decine di metri.
Il t e n e nte Giulio Blu m, sullo sfondo, con il capitano Giannino An tona Travers i cinquantaseienne capo dell'ufficio propaganda d e l Xlii corpo d 'armata in una trincea di prima linea pochi giorni prima d e ll'attacco aii'Hermada dove cadd e l'ultrasessantenne Blum
La quota 145 a est di Monfalcone dove cadde il tenente sessantadu e nn e Giuli o Bl u m .
Il tracci a to delle trincee austriach e tra l e quo te del Faiti e quelle 378 e 464 del collie dirimpetto verso il Golnec.
Giulio Blum il sessantenne impavido
GiuJi o Blum di Maur izio c di Matilde Luzzato era naro a Vienna il 20 dicembre 1855, com pì gli srudi a Milano, ma visse a Reggio Emilia e a Bo logna, vene n do congedato ve ntenne con il grado di capora le. Non era un veterano garibaldino co m e il sessamasettenne G iacomo Trombe n o il sessanraduenne sergente Zanobi Barsanri, ma chiese d'essere richiamato ed essendo in buona forma fisica fu assegnato al 13" regg i m emo ar ti g li eria da campagna. Partì per la zona di operazioni rifiutando incarichi defin i ti s pecia l i, ma di minor p e ri colo o, comu nqu e, meno disagiati. Volle disimpegnare le a ttribuzioni del proprio gra d o in batteria, ne l se rviz io di osservazione d el tiro e il 20 orrobre del 1915 su l Mo nt e Forri n , mentre il pezzo d i c ui era respo n sab il e era soggetto a intenso fuoco di conrrobarreria, venne ferito al braccio sinistro da una schegg ia di granata e per il coragg io dimosrraw durante il combatt im e nto fu d ecorare di una medaglia d'argento e promosso se rge nt e per meriti di guerra e assegnato al 3r regg im e nt o art ig lieria di nuova cosr ituzione Nel luglio del 19 16, se mpre per m er iro di g u e rra, fu promosso sorrorenence d 'artiglieria d i comp lemento e rrasferiro a l 32" reggimento artiglieria da campag n a presso il quale , nel febb raio del 1917, venne promosso tenenre. Il reggimento venne inviare nel serrore del XIII Corpo d'a rmata alle pendici se tt enrrionaJi del Mome Hermada e durante l'u ndi cesima b attaglia d e ll 'Isonzo volle condividere con la fanteria le sort i del combanimenro per cui chiese ed otte nn e d i essere distaccare qua le osservatore presso il coman do della bri ga ta SaLerno, c hi ed e ndo con insistenza al ge n erale Zoppi- coma ndante ge n era le dei cara bini eri d i cinque anni
pilt vecchio di lui- di poter partecipare all'attacco delle fanterie inquadrato presso uno dei battaglioni deUa Salerno e la sera del 22 agosro, avendo la brigara ricevuro l'ordine di occupare le posizioni della quota 14 5 sud, ottenne di potcrvi prendere pane. Aveva 62 anni ed era il sim bol o della conrinuirà dell'esercito del Risorgimento. L1 martina del 23 agosto, dopo aver essersi presentato al reparro di cui gli era sLato affidaLO il comando, si lanciò alla resta dci suoi fanti conrro le trincee nemiche stringendo in pugno un trico lore che g li era srato donaro dalle donne di Udine. 'aru ralmente era un bersaglio facile e subito cadde colpito in pieno da una raffica di mitragliatrice. (G. S.)
Ett ore Biamino simbolo della br iga ta Tevere
Errore Biamino, figlio di Edoa rdo e di Giusepp in a Goz-Lano, nacque a Torino il l o gennaio 1896; studente del Liceo "Massimo d'Azeglio" di Torino, nel novembre dd 191 5 fu ammesso alla Scuola Militare d i Modena e nel marlO 1916 ne uscì aspirante ufficial e nel 50° reggimento della Parma impegnata nelle Dolomi t i, ma una volta promosso sorrorenenrc, passò alla scuola per mitraglieri a Brescia ritornando al fronte nella zona del Monte Colbriccon con la 34 ! • compagn ia mitraglieri. Fu poi nella zona di Agordo c nel maggio 1917, promosso tenente, fu rrasferiro con la brigata Tevere sul Carso per prendere pane alla decima battaglia dell'Isonzo. Con la brigata Tevere aveva com bamtLO a C ima Bocche, ma la guerra di montagna era una guerra di plotoni, quella che si stava preparando s ul Carso di Comeno era invece una grande banaglia campale in appoggio al lo sfor1.o principale verso il Kuk-Vodice nel Medio lson7.0 Quando il23 maggio 1917le due brigate "cars iche" Ferrara e Brescia sono esauste, rocca alla Tevere prend e re il posro: deve concorrere alla presa del tratto di fronle Lra le quote 464 e 378 per arrivare al al Colnec. Mentre le trincee italiane erano generalmente assai precarie e spesso utilizzavano rralli di vecchie trincee abbandonare dagli austriaci, quelle austriache erano state preparate con cura nei due anni precedenti e soprattuttO erano prorellc da banerie di cannoni di ogni calibro posizionati anche a chilomenrri di distanza. Dal Dosso Faiti i fanti della Tevere avrebbero dovuto scendere nel vallonccl lo per poi risalire il ripido pendio di una collincrra che aveva due capisaldi, q. 378 a sud e q. 464 a nord; si sarebbe poi dovuti scendere ancora in un altro valloncello punteggiato da una dozzina di dolin e per ri salire la co llina di Go l nec a forma piramidale c alta 446 metri (vedi mappa a p. 149). Oggi la zona è coperta da un bosco fìrro, ma all'epoca era una zona dall 'aspetto lunare: una pietr a ia con qualche c hiazza di erba e piccoli arbusLi lasciati in vila dalle cap re e pecore che erano stare le regine dei luoghi.
Il coma ndante dell a brigata era il colo nn e ll o Vincenzo Carbone, uno dei rre fratelli di Reggio Calabria che raggiunsero il grado di generale, famoso per aver cercaco di evitare le fucilazioni nel li/38 ° Ravenna quando esso si ribellò mentre lui era comandante della brigata nel marzo di quell'anno Jl 215° era co mandalO dal tenente colonnello Carlo Cavicchi e il 216° dal renence colonnello Roberto S imon etti: runi i comandami erano alla bri gata da poche seLLimanc, mentre i coman-
Il tenente torinese Ettore Si amino caduto su l Faiti il 4 giugno 1917, medaglia d'oro.
la testa di ponte italiana a P iava dominata dal Monte Cuc co.
la pietraia verso il Dosso Faiti. l e quote contese su l fronte della Tevere tra il 24 maggio e il 4 giugno l 91 7 .
la testa di ponte i taliana a Piava dominata dal Mont e Cucco teatro dell 'azione dell a brigata Firenz e .
danti dei battaglioni erano dei veterani della brigata. Furono loro a dover sopperire all'improvvisazione: la decima battaglia era iniziara il 12 maggio, il 17 erano caduti il Kuk e il Vodice, ma sul Carso s'erano dissanguate l e brigate in continui assalti che avevano ottenuto risultati solo a est di Monfalcone. La Tevere era giunta la sera del 23 e all'alba del 24 fu subim lanciata all'arracco per passare il giorno dopo alle dipendenze della 68 ' divisione del generale Ponzio. Il fuoco di sbarramento nemico e il ciro incrociato delle mitragliatrici invisibili impedì qualsiasi movimento così com'era successo ai reparti della Brescia e della Ferrara; il comandante del II/216° Fausto Pandolfìni fu ferito c caddero due ufficiali. Le mitragliatrici incavernate aprirono il fuoco all'ultimo momento, non solo, ma anche conrrarraccarono cosìcchè in due giorni la brigata ebbe 13 ufficiali e 734 soldati tra morti e feriti. Il 31 maggio le artiglierie nemiche continuarono nel tiro di demolizione delle difese italiane della quota 432 del Dosso Faiti. Biamino porrò le sue armi all'estrema destra del III battag lione del 21 Y sul Fairi, resistette impavido per tre giorni al martellamento delle artiglierie. l vari tentativi di riprendere alcuni tratti di trincea costarono la vira al sorrorcnenre Alessandro Negri e agli uomini del suo plotone dd 216°; il 2 giugno cadde il tenente Ettore Anversi del 2150, il 3 fu la volta del sorrorenenre Arruro Laconi.
Biamino appoggiò per tre g iorni i plotoni del suo settore; il3 giugno tenne resta al violento contrattacco in forze dell'avversario, incitando i suoi uomini al combattimento nonostante il mi c idiale tiro delle artiglierie e le raffiche delle Schwarzlose. Tuttavia la potenza di fuoco nemica era superiore e le granate sul Dosso Fairi tra q. 432 e la Dolina dell'Acqua annientarono qualsiasi difesa c le truppe austro-ungheresi riuscirono a occupare il Dosso raiti nella sera del3.
Il colonnello brigadiere Carbone diede subito ordine di riprendere le posizioni e all'alba del giorno seguente i s uperstiti della Tevere contrattaccarono. Cadde il tenente Erminio Zappa e a decine gli ufficiali furono ferici, ma nel momento più critico del combattimento, nonostante fosse stato investito da pil.t parti, Biamino non es itò a portare allo scoperto una delle due mirragliauici Fiar merrendola egli stesso in funzione e sostiruendola con una seconda quando la prima s'inceppò. Per eseguire un tiro di maggior efficacia, posizionò l'arma ancora piLt avanti, ma fu colpito in pieno da una granata e fu travolto assieme all'arma e ai suoi serventi. Tuttavia aveva imp ediro la manovra nemica e ciò aveva permesso alla 9" compagnia del III/21Y di contrattaccare e riprendere la posizione. La riconqui s ta delle posizioni perdute a Dosso Fai ti il4 giugno al la Tevere costarono in due giorni la perdita di 31 ufficiali e 1.030 soldati di truppa e valsero al brigadiere Carbone la croce di cavaliere dell'Ordine Militare di Savoia. È sepolco a Oslavia. (P G.)
Giuseppe Benvenuti l' ero e d e lla Fi r e nze
Giuseppe, .figlio di Pietro e Aurelia Cambi, nacque ad Arezzo il 3 dicembre 1893. Studente di giurisprudenza a Siena, era now però come poeta e scricrore dal br illante e sicuro avvenire. ChiamatO alle armi, fu assegnatO al 19° reggimento artiglieria da campagna, ma con la promozione a sotcorenente, passò al 18 1o battaglione di Milizia Territoriale. Tnfervoraro della guerra patriottica, fece in modo di essere assegnato a
una unirà combarrente e passò così alla 9 ' compagnia del 12r reggimento della Firenze che in quel luglio 19 l 6 si trovava in linea fra i Monti Kuk e Vod ice nel medio Ison:w nel scnore Zago ra-Giobna (ved i pp. 22 e 112).
La compagnia era una delle tre del m battaglione comandato dal renemc colonnello Francesco G ual tieri mentre il 12 r era il reggimento del colonnello Alberto Rovelli, l'ufficiale superiore che pitl di ogni alrro legò la t t>L
Il b •. sua carriera a a rigata Firenze. Si trattava di una zona impervia al di là dell'bonzo, ma
Jll.IWdominata dalle posizioni nemiche di cresta che, data l'e levata pendenza delle pendici, dominavano ogni movimento italiano. Agile e attento, Benvenuti si offrì spesso in anivirà di pattuglia per l'individuazione dell ' andamento della linea difensiva nemica, della posizione delle mitraglia[rici e per il riconoscimento del tracro più idoneo per eventuali incursioni. Se le sue ricognizioni furono utili per concorrere alla presa del Sabolino il 6-9 agosro, ben poco poterono allorquando il 14 agosto giunse l'ordine di procedere alla presa del Kuk e della Sellctra verso il Vodice e bisognò anendcre la Decima banaglia deii'Tsonzo iniziata il 12 maggio 1917 per un 'az ione promettente.
Cappellano del 12r della Firenze era anch'egli un aretino. don Domenico Brami, già decorata a Oslavia nel 1915. La brigaca era aJlora comandata dal generale Giuseppe Viora, al essandrino, basso, corpulento, rude, ma capace di difendere l'operato dei suoi sotroposri contro chiunque. Viora aveva già comandato il 128° nel 1916, poi il generale Capello, fucinatore di carriere, l' aveva fatto nominare generale per merito di guerra e gli aveva af!ìdaro la Firenze per riparare a dei danni fatti dal generale Bongiovanni, secondo quella malalingua del colonnello Garri del Comando Supremo. È un dato di fatto che a i suo i ord ini la Firenze ottenne i risultati migliori, conquistando il Kuk Q. 611 nel maggio 1917, rompendo il fronte austriaco &a Bavrerca c Rutarsce ed occupando la Q. 652 il 23 agosto successivo. Fu infatci il monre Kuk il monte del sacrificio e della gloria del 12r della Firenze (il 128o fu impiegato a Zagora).
"Al primo nostro movimento [raccontò il capita n o Serafìno Bucciarclli comandanre del I/ 128°] il nemico apre subiro un violcnro micidiale fuoco di mitragliatrici appostate nelle cave rn e d i c ui dispone. Perranco il primo ardimentoso sbalzo [sul ripido pendiol dei reparti del fl/ 12r e 111 / 128° s'infrange su ll a prima lin ea nemica subendo perdite rilevanti. Alcuni trani di trincea nemica ciò nonostanre vengono occupati dai nostri soldati. Il l battaglione maggiormenre fàvoriro dalla natura del terreno viene, con ab il e mo ssa a sorpassare la P linea nemica e raggiungere la quota 400 " . li 14 maggio, dopo un intenso fuoco d i preparazione dell'artiglieria duraro due giorni, il 12r andò all'assalto delle pendici nord-occidentali del Monte Kuk e il tenente Benvenuti, alla resta del suo
L'aretino Giuseppe Benvenuti, tenente del 127° Firenze caduto sul monte Cucco il 15 maggio
1917, medaglia d'oro .
Tavola della "Domenica del Corriere" di Beltrame sulla conquista del monte Cucco.
p lotone, superò le trincee nemiche di Zagara raggiungendo la quota 535. Con un successivo e vigoroso sbalzo occupò la cima del Monte Kuk rafforzandovisi e respingendo i contrassalti nemici.
Il 14 il comandante di compagnia , tenenre Mario Del Grosso , fu ferito durante il bombardamento, ma porrò i suoi uomini all'assalto riuscendo a raggiungere la ve tta . Colpito a morte il comandanre del banaglione, il maggiore Pietro Ugo Bozzani di Fontanellaw, egli ne prese il comando e renne la posizione rifiurandosi di andare all'infermeria. Tre giorni dopo fu colpito da una gra n ata che gli fu fatale.
"Alle 11 del 15 maggio 1917 i primi due battaglioni del 127" reggimento si erano in fine impadroniti della sella di quota 535". La prosa succinta del diar io srorico del 127° si sofferrna su questo risulraro molro sofferto : 'Subito il Comando di ReggimentO co n bandiera si porta s ull a vetta conquistata arrivandovi al le ore 12 e prende sede nella galleria K.21. La truppa h a subiro iniziato i lavori di rafforzamento. Le successive ondate hanno la possibilità di incolonnare e condurre a Zagora diverse centinaia di prigionieri rra cui molti ufficiali e raccogliere numerose mitragliatrici e grande quantità di m ater ial e' .
Le diffico l tà incontrare d all 'ala destra della colonna d'attacco proveniente da Plava e diretta verso la quota 611 nel la prima giornata di battaglia avevano fatto spostare il baricentro d ell'azione verso sud. Un assalto fì-onta le avrebbe dovuto decidere le sorti del Kuk:
Tassa lt o è duplice: con bombe a mano ed alla baionetta. I nemici sono snidari dai loro ricoveri, accerchiati nei loro rifugi e inco lonn ati a centi n aia con i loro ufficiali , tra i qual i anche un maggiore verso Plava.
I so ld ati della f i renze passano s ul rovescio oriemale del Cucco e cominciano ad apprestare le prime difes e , costruendo una prima provvisoria sistemaz-ione per resistere agli ormai sicur i contrattacchi del nemico '
Tra i salti di pietra e tavo la ti di roccia dovevano faticosamente inerpicarsi pure le compagnie mitragli at rici con i loro armamenti e munizioni. Con più agil it à s i muovevano i reparti di pistole- mitragliatrici le cui raffiche secche ripulivano caverne e rrinceramemi. Ma i mitraglieri dorati di mod ell i da postazione fìssa dovevano accorrere lo stesso, mettendo in azione le pesanri armi, in s ie m e a i treppiedi c munizioni, da posizioni improvvisare e cercando di far tacere i co lleghi avversari ch e sparavano di fianco e frontalmente daj loro punti in v is ibili.
T ra gli ufficiali mitraglier i italiani si distinguevano alcun i per le loro strane mostrine. Ne denunciavano la provenienza dai ra n ghi della cava lleria. Aveva n o scclw di combattere insieme alla fanteria per non esse re considerati imboscati. Una raffica di mitragliatrice squarciò il petto d el cap itano d i cava ll er ia Tor ri g ia ni da Par m a, che fece in tempo a gridare:
' "Dragoni del la Mo r te Bianca! Avanti", prima di reclinare la resta sopra un sasso.
Una vo lta arrivati a ridosso della cresta principale, già mi n acciata di aggiramento sui fianchi, i fanti della Firenze si preoccuparono di rastrellare il te rre no c i rcostante per evirare spiacevo li sorpese:
' Hanno lasciato le l oro vecchie vie del la guerra, camminamenti e caverne a cui il loro valoroso comandante aveva d aw un a ser ie di nomi di città e fiumi italiani, fra i quali i soldati si aggiravano con la religione dei ricordi n at i della vecch ia Italia. Ora occupano caverne e ca mmin amenti aus t r iaci dai nomi di fiumi e cirrà nemi c h e: Danubio, Budapest , Vienna, ecc. Da se i mesi que i n omi e rano seg nati s ulle carte e gli uffic iali ne
avevano srudiato la conquista. E su per le rocce del Cucco è salito anche quel gonfalo n e di guerr:l - di sroffa e non di seta - che il Municipio di Firenze ha danaro alla sua brigata come auspicio di virroria'.
La croce al valor militare don Brami la ebbe il 15 maggio sul Cucco: "Nell' arracco avanzava coraggiosamcnre con co mando c la bandiera sotto il viol e nro fuoco nemico di artiglieria e di mirragliatrici. Durame rutta l'azione prestò generosamente l'opera sua soccorrendo i feriti: nobile esempio di pi età cristiana, di calma e di valore".
Fra i morenti c 'era anche quel suo concittadino poeta c patriota fervente: Benve nuti, alla resta del suo plorone, aveva superaro le trincee nemiche di Zagora raggiungendo la quota 535 Con un successivo sbalzo aveva occupato la cima del Monrc Kuk raffonandovisi e resp in gendo i contrassalti nemici. reriro durante i combarrimenri, non volle abbandonare i suoi uomini offren dosi volontario, ancora una volta, pe r eseguire una ricognizione in terreno scoperro e lungo la linea nemica. Di ritorno da questa missione, menrre si trovava a un passo dal ciglio della trincea amica, cadde co lpit o alla resta da una pallottola da fucile spirando all'istante.
In rre giorni di lotta la brigata perse 60 ufficiali e 1. 7 88 fanti. li rcnenre Mario Del Grosso cadde il 17 maggio, il 14 cad dero il maggiore Pierro Ugo 13ozzani, il tenente Felice Urbano e i sorrotenenri Giust:ppe Scarnecchia, Giuseppe Zannini e Carlo Moseni, il 15 Luigi Meloni e il 16 il sottotencnre Mario È sepolro a Redipuglia. (e c;.)
Giulio Bechi il colonnello scrittore
Giulio, di Giovan ni e di Gi ulia Co rrini , era naro a hrenze il 20 agosto 18 7 0. "Guerriero, artista, poera", come si legge nella motivazione alla medaglia d'oro, l'ufficiale di carrie ra Giulio Bechi emrò nell'esercito per seguire le orme dello zio Sranislao, morro in barraglia nel 1863. Diciottenne a ll a Scuola Militare di Modena, sottotenente nel 1890, tenente nel 1894 c nel 1896 partecipò alle operazioni militari in Eritrea con il XXXVTI battaglione di fanteria d'Africa rienrrando al suo reggimcnro in parria nel giugno del 1896. Ra ccolse impressioni e bozzetri in un vo l ume pubblicato nel 1898 con il tirolo Fm iL bianco e iL nero. La passione per la scrittura lo accompagnò anche in ardegna dove il compito del suo battaglione era repr im ere il banditismo locale. Il libro frutto dell'esperienza nell'isola, Cacciagrossa: scene e figure del banditismo sardo, usciro nel 1900, attirò su di lui numerose querele e sfide a duello e fu add iri rrura condannato dal minisrro della Guerra a due mesi di carcere a causa delle proteste di alcuni deputati sa rdi in Parlamento. L'episod io gli valse tUttavia una certa notorietà e l'appoggio della critica intel1ettuale di Dc Amicis e Corsi; ramo clamore costiruì inoltre un'ottima pubblicità per il libro esaurito in breve tempo e in più edizioni. La sua attività di scrittore di vita militare co ntinu ò negli an ni seguenti con i volumi La gaia brigata (1904) c l racconti di un fantaccino (1906), DaL tramonto della casta all'alba della nazione annata: note sulla crisi m;litare (1908) dedicati alla vita militare. !.:impegno politico sarebbe scaro al centro delle opere Vérso una più grande !talia e Lo spettro rosso, denunce d e l "pericolo sovve rsivo" che infestava l'Italia giolittiana. n tono critico u satO nei confronti dell'esercitO
Il colonnello fiorentino Giulio Bechi, comandante del 254 ° reggimento Porto Maurizio, ferito mortalmente sul San Marco il 28 agosto l 91 7, medaglia d'oro.
Il capp e llano del 254 ° Adolfo Paoletti che assistette Giulio
B ech i Schizzo delle trincee italiane into r no a Q. 17 4 sopr a l a V al di Rose (AUSSME).
tradizionale, incapace di valorizzare le virtù morali dei soldati, lo indusse, giunco al grado di cap itano, di chiedere d'esse re collocato in aspettativa. Ma allo scoppiare della guerra di Libia non esitò a chiedere di essere richiamaro e a prendere parte alla campagna. Quell 'es perienza gli valse una medaglia di bronzo al valor militare, conferitagli nel marzo 1913, a suggello "dell'ardimento e del coragg io'' che aveva più volte dimosrraro in bauaglia, in particolare per le sue gesta a Uadi Auda Clàbruk) il 12 e 27 maggio 1912. Della sua esperienza libica trasse lo spumo per un alrro romanzo, l racconti del bivacco (1914) che presentò ancora, dietro la forma familiare della scrittura, un' immagine bonaria, divertita e rassicurante della vita militare, come massima espressione della concezione gerarchica c maschile della società. Il 24 maggio 19 15, prestò servizio presso l' Ufficio Stampa del comando Supremo, divenendo, ormai tenente colonnello, guida per i giornalisti nelle prime escursioni sull'Isonzo, in Carnia e in Tremino. Promosso colonnello nel marzo 1917 gli fu affidato il comando del254o della Porto Maurizio. La brigata era appena stata costituita e il 254 ° ebbe il suo battesimo del fuoco il lO giugno sul Monte Rasra, sull'Altopiano di Asiago in un assalto con un battaglione d i arditi . Caddero il lO giugno un diciannovenne aspirante ufficiale di Castelforte, Francesco Squassante e il sorrorenente di Polesella Fernando Bennari, alrri 7 ufficiali furono fer i ti e tra la truppa vi furono 65 morri e 289 feriti. Il rammarico del tenente colonnello di fronte a perdite così cosp icue, fu solo mitigata dal fatto che i suoi uomini s'erano comportati seguendo la sua visione virtuosa del comando. Passato un periodo a ripianare le perdite, la brigata fu trasferita sul fronte deli'Isonzo in vista del la grande battaglia che si stava preparando per la conquista de ll'Altopiano della Bainsizza, a nord di Gorizia. Tnranto era stato promosso colonnello e al comando del la brigata era venuto il co lonnello brigadiere Luigi Franchi n i anche se il 254° era alle dipendenze tattiche del comando della brigata Bergamo.
"Quando il 28 agosto I 917 - scrisse nel 2005 lo storico Nicola ,-; 1 , Persegari nel suo Battaglie senza monumenti. Panowitz, San Mar{ ", co e Vertojba- i fanti della Porto Mt1urizio affrontarono le ultime nebbie generate dal bombardamento ed ebbero l'impressione di varcare un vespaio impazzito e non cerro postazioni avversarie devastate, ormaj presidiare so lo da caduti. Dopo una prima fase di srallo, gli assalrarori riuscirono a strisciare, grazie a una manovra diversiva, fìn sotro la prima linea nemica e a saturarla di bombe a mano Nello spazio tra la prima e seconda linea austro-ungarica la situazio n e si capovolse: 'T I reparto d'assalto e le prime ondate giun-
sero in q u esto secondo te m po a pochi metri dalla seco n da linea di difesa avversaria, ma davanti ai retico lati ancora intarti e alla energica reaz io n e del nem ico, si infranse lo slancio delle truppe, le quali dovettero arrestarsi e sottostare agli effetti micid ial i delle bombe a mano lanciate dal nem ico', scrisse il generale Grazia li.
Il sole al tramonto aveva affidato i fanti, aggrappati alla posizione conquistata durante la giornata, al la protezione delle tenebre. Con u n n uovo sforzo , nonostante l'esa u rimento fìsico dopo la battaglia, iniziarono i lavori per cercare di dare un vo l to d'efficiem.a d ife n siva \ ' alla pos izio n e co n q u istata collegando [a all a trincea di partenza.
Era iniziata la battaglia de l piccone e del le vangherra; se le m itragliatrici e i cannoni spianavano la strada verso la conq u ista, il lavoro silenzioso dei gen ieri ne garantiva la conservazione.
I l nuovo giorno d i b attag l ia vide i fanti italiani, ancora in pos-
sesso della linea , prepararsi per un nuovo assaho verso la quora 193. Dal secondo sisre ma rrince raro austro-ungarico seguirono co n arcenzionc le due ondate d'arracco ita li ane c h e si avvicinavano str isciando, e reagirono con lo stesso esim del giorno precedcme: ' Il fuoco falciante delle mirragliatrici e dcll'arriglieria n cm ica hanno i nflirro a ll a truppa nuove gravi perdite, obb li gando la ad arrestarsi. .. Più rardi fu rircntaro l'attacco col concorso di una com pagnia di fucili e di una co mpagnia di mitragliatrici del 26 o fa m cria, ma se nza fru rro, po ic h é i due repart i giunsero su ll a l inea già decimata c scossa' CaL.ione venne affiancata sulla sinistra da un rentarivo del III battaglione del 254° di prolungare l'espansione dell'occupazione verso se rrenrrione: 'Ma la distan za è co n s iderevole e aumenta se mpre procedendo verso Nord, i l terreno è completamente scoperto. Uni co riparo le buch e dei proietti, esposte ai tir i di fronre e T reparti d e l battaglione riuscirono come ieri a schierarsi su ll e pendici di q. 174 E ove rimasero fino al momento in cui giunse l'ordine di trincerarsi sulle posizioni occupare'. All'ala sinistra il 254 ° avrebbe dovuro scende re il declivio di quora 174 est per poi dare l'assalto al cosro n e "deg li Ovuli" e da qui ra ggiunge re la quota 163. Era una manovra d'avvolg im enro c h e i l te r-reno e le mitragliatrici a u srriachc provvidero a blocca re Arrraverso i varchi realizzati nel settore della "Lunetta del l'Albero", due compagnie del II battaglione, precedute da un reparro a rditi , avanzarono verso il Costone degli Ovuli, tentando di non scendere di quota per non sprofondare nel vallo n e esistente tra la posizione itali ana e il crinale da raggiungere. 'La sua ava nzara fu subito vivace m ente contrastaLa da un vio lento fuoco d'interdiz i o n e e le due compagnie (5 • c
l ruderi di T ivo li nella "terra di nessuno" in Val di Ro se.
Sch ema d e ll e linee italiane tra le quote 17 4 ovest ed est al 2 giugno 1917. Si nota sulla destra la traccia rossa dei lavori previsti dal Com ando del G enio per difendere il fianco meridionale di Casa Vulcano da eventuali aggiram e nti . (AUSSME)
Il profilo della quota 174 Est disegnato dal Comando del 6° G ruppo bombarde.AI piede della collina le macerie di Tivoli {AUSSME).
Tivoli, nella " terra di nessuno".
6") che uscirono al complcro dai reticolati furono violentemente arrestare dal fuoco subendo ingenri perdite negli uffi c iali e truppe ''
La storia delle br igata usa il verbo "s'incastra" per spiegare il successivo, e sanguinoso, sposramenro a mezza costa del l barragliene dell ' unirà tra la parere orientale di quota 174 est e il Cosronc degli Ovuli allo scopo di coadiuvare il 253 o nella conquista della prima linea avversaria. Mentre venivano rimpiazzati con precisione e rapidità i nastri delle munizioni, i mitraglieri si stupirono nel vedere sull ' alrro lato deU'avvallamenro gli uomini del J/254° che tenravano di sganciarsi, avanzando a mezza costa della quota 174 est per raggiungere il margine opposto. Fu solo un animo, poi calcolarono rapidamente la nuova distanza e aprirono il fuoco su rutto quello che si muoveva. Quando i fanti del 253 o videro allacciarsi alla loro ala sinistra i superstiti del battaglione notarono che trascinavano con sè una sezione di mi tragliatrici pcsanr i Benchè ridotta a cinque mitragli eri e un ufficiale, l'unirà mise in posizione le sue due armi ancora efficienti e aprì il fuoco.
Alla vigilia d ell ' attacco nelle trincee rra il saliente rovesciatO di casa Vulcano e quota 163 i fanri della Porto Maurizio avevano notato più volte una figura a loro ben nota. Dopo aver raccolto le informazioni dai colleghi reduci di questo settore, il colonnello fiorentino GiLJio Bechi aveva studiato con la consueta meticolosità il terreno su cui avrebbe dovuro combattere la sua W1ità. Vide i percorsi obbligati dettati dai canaloni e daUe dorsali e senrì la trama dell'organizzazione difensiva austriaca che li aspettava dietro i reticolati c quelle quote deserte. Non fece commenti con gli ufficiali che lo circondavano ma fu chiaro che li aspettava un compito estremamente complesso. Avvolto in un'appareme immobilità il fronte austriaco arrendeva in un silenzio carico di minaccia. Quel giorno sul San Marco i suoi uomini stavano affrontando la prova terribile del costone degli Ovu li e lui non poteva solo osservare da lonrano. Avevano bisogno di lui. ' La missione dell'ufficiale non consiste soltanto del fucile. Questa rienrra anche e specialmente nell'apostolato che eg li va a compiere, umile csccurore di ordini- spiegò a LU1 suo amico- il prestigio è rutto, anche nell ' ufficiale rispettO ai suoi soldati'. Vergò rapidamente un biglietto per il comando di brigata e anraverso un varco nel la rri ncea corse verso i suoi so ldati in difficoltà.
A mezwgiorno il ripido va ll o ne a est di quora 174 aveva risucchiato pure l'ondata d'attacco del ll2o reggimenro della Piacenza: Arriviamo in fondo al burrone. S iamo a una venrina di metri dalla trincea nemica. Una prima scarica di cento, mille fucili ci in veste; raffiche di mitraglia ci pigl iano d'infilata, un nugolo di bombe a mano avanza come uno sciame di cavalier re, scoppiando dappertutto ... Le batterie avversar ie rovesciano valanghe d'acciaio sulla nostra prima linea, cagliandoci con una corrina di fuoco la ritirata Quel pendio che avevamo con tanto entusiasmo disceso, diventa un immenso braciere. l nemici barrono il rerreno incessantemente e gli scoppi creano come tante bocche eruttive un immenso vulcano . Co lo nn e g igantesch e di po lvere e di terra" s'innalzano al cielo, tronchi di alberi vengono divelti
e roteando nello spazio descrivono parabole famasriche, una pioggia di sassi e di schegge cade come una grandinara'.
Gi ulio Bechi non aveva esilaro a esporsi nei punti peggiori della nuova linea di dispiegamento del suo rcggimcnro, quasi un vessillo di rifcrimenro per turri coloro che tremavano o scavano vacillando nella rempesra d'acciaio, fino a che una bomba esplose ai suoi piedi lacerandogli il ventre. Dopo aver sopportato trenrasei ore d'agonia, l'ufficiale morì. Alla moglie, arrivata da Napoli d'urgenza, rimase solo una tomba su cui pregare e la m edag lia d'oro conferita alla memoria. Non poteva sapere che un'altra guerra, rrenr'anni dopo, avrebbe porraro alla sua la seconda massima decorazione al pre-ao della vira dell'unico figlio: il colonnello Alberro Bcchi Luserna" (da N. Persegati, Battaglie senza monumenti. Panowitz, San Marco e Vertojba).
Il giorno in cu i fu ferito a morte a quota 174, caddero i tenenti Carlo Botti di Cremona e Domenico Impastato di Palermo, e fu il cappellano del 254°, don Adolfo Paoletti, ad assisterlo. Fu sepolto nel sacrario militare di Oslavia assieme ad altri 59.000 caduti. (E . S. L. e P. G.)
Umberto Pa ce il cap o rale leone
Umberto, figlio di Vittorio e di Candida Anzuini, nacque a Pettorano sul Gizio in provincia de l'Aquila il 22 aprile 1894; rimasto orfano di padre
a 17 anni e costretto a provvedere al mantenimento della famiglia, trovò impiego presso le Ferrovie dello Stato. Chiamato alle armi nel sette mbre 1914 nel 42° reggimento della brigata Modena,
ebbe i galloni di caporale nell'aprile del 1915. Un mese il suo reggim ento prese posizione nell'alto Isonzo, nel settore dello Sleme-Mrzli di fronte aJla testa di ponte di Tolmino. 11 generale di Robilant, comandante del IV corpo d'armata di cui facevano parte le brigate Modena e Salerno, diede con molto ritardo l'ordine di avanzare verso lo Sleme-Mrzli Vrh per cui la Modena arriva nel trallo del fronte tra Maznik e il Vodil poche ore dopo l'occupazione della cresta sommitale ordinata dal generale von Kaiser che, appena giunto dai Balcani , vista l'inerzia degli italiani aveva ordinata alla 3 3 Gebirgsbrigade di occupare le cime nella notte sul 28 maggio. Al mattino ill/42° del maggiore Giovanni Cibrario e il battaglione Susa del tenente colonnello Adolfo Gazzagne attaccarono e finché furono protetti dalla nebbia tutto andò bene , ma appena essa si diradò furono investiti mentre erano all'aperto come un gregge s ui ripidissimi pasco-
Il ventun e nn e caporale d e l 4r Modena Umberto Pace , comandante di una squadra di posatubi esplosivi . Caduto il 14 agosto 191 5 sull o Sl e m e, m e d a gli a d'oro.
L o Slem e t r a il Monte N ero e il Mrzli nell'Alto lsonzo.
l 915. Il tracciato delle trinc e e t r a il Mrzli e lo Sleme con il pianoro di quota l l 86 occupato dagli italiani.
Un riparo improvvisato sulle ripidissime pendici dello Slem e.
li sotto le cresta. Il battaglione della Modena ritornò nelle posizioni di partenza, mentre il Susa fu richiamato in serata sul Plece anche se il sottotenente Rovere con un plotone di alpini era riuscito a raggiungere indisturbato la colletta tra il Maznik e la cresta del Luznica non ancora presidiata dal nemico.
Gazagne e Cibrario erano due eccellenti ufficiali e si resero conto che su terreni così sgombri di vegetazione e ripidissimi l'unica possibilità di qualche progresso tattico era possibile con piccole pattuglie che s'infiltrassero e aprissero la via ai plotoni e alla compagnie. La sensazione diventò certezza nella grande offensiva lanciata il30 maggio dalla Modena rinforzata dal battaglione Pinerolo per prendere lo Sleme e il Mrzli, passarono la notte all'addiaccio sotto una pioggia battente e solo al mattino riuscirono a mettere piede nel pianoro di quota 1186 chianmato Planina Lapoc sulle pendici su - ovest del Mrzli, ci rimasero poco perché bersagliati dall'artiglieria e dovettero ripiegare senza neanche venire a contatto con il nemico. Tuttavia la tenacia degli italiani aveva determinato dei lenti ma inesorabili progressi e l'arciduca Eugenio, comandante di tutto il fronte sud occidentale, sollecitò una serie di contrattacchi e il generale Gerabek, comandante del settore, ordinò nella notte sul l o giugno una serie di contrattacchi. Accadde così che le azioni avvolgenti della 3a brigata da montagna si scontrarono con gli assalti risorgimentali del 12a bersag lieri, del Pinerolo e dei battaglioni della Modena e della Salerno. Il 2 giugno gli italiani tentano il tutto per tutto, ma è un'ecatombe: il maggiore Pirio Stringa del Pinerolo fu ferito e il battaglione ricacciato, sullo Sleme del 42° Modena caddero i capitani comadanti di compagnia Giovanni Brofferio e Giovanni Battista Caracciolo, entrambi di Napoli, e i sottotenenti Ciro Cicconcelli di Fabriano e Giuseppe Lando di Genova: la Modena lasciò sul campo 1.055 uomini e 26 ufficiali.
Furo n o quelli i giorni della prima medaglia doro della guerra, quella del ser-
gente Giuseppe Carlì del 12° bersaglieri, e della morte del primo membro dell'aristocrazia, il conte Giovanni Battista Caraccìolo-Andreu che s'era già distinto nella campagna contro il brigante Musolino e in Libia. Entrambi i co rpi dei due capitani non poterono essere recuperati. Essendo quel ramo dei Caracciolo imparentato con i Cadorna, il 3 arrivò a Caporetto anche il capo di S.M. che giudicò l'attacco eroico, ma insen sa to "che causa perdite gravissime se nza risultato" e ordinò che si aspettasse il rafforzamento del parco artiglierie. Tuttavia il generale Valentino Marafini, comandante della Modena, totalmente privo di esperienza di guerra, ritenne che si dove sse insistere e così i reparti deJla Modena si lanciarono per la quinta volta all'assalto della vetta dello Sleme con il 12° bersag lieri: strage di bersaglieri, ferimento del maggiore Cibrarìo coma11dante del I/42° il 4 giugno e del maggiore Pietro Berlingeri comandante del Il battaglione. Il2 7 giugno il generale Marafini venne esone rato dal comando e al suo posto andò il generale Aveta.
Fi n dai primi giorni di guerra Pace era stato co l pito dall'azione degli a lpini che s ì muovevano agili e a piccoli gruppi, per cui chiese e ottenne di far parte di un nucleo di "arditi" reggimentali, in sos tanza , più che arditi come lo saranno i reparti d 'assa lto dell'es tate de l 1917, quesli fan ti avevano il compito di infilare tubi di gelatina so tto i reticolati per distruggerli o di taglìarli con delle pinze tagliafili per aprire dei varchi per i plotoni attaccanti; uscivano di notte perché di giorno sarebbe stato un suicidio in quanto i reticolati e rano ancorati sui ripidi pendii, ma a poche decine dì metri dalle trincee nemich e di cresta. TI ca poral e Pace fu descritto come sempre pronto a offrirsi per azioni ri schiose con i suoi uomini sui quali ese r citava grande ascendente per la semplicità d 'a nimo e il coraggio. Dal
Il capita no del l / 4r Modena
Il capitano del 1/ 4r Modena
Giovanni Battista Caracciolo- Giovanni Brofferio, comandante Andreu, comandante di com - di compagnia, caduto il 2 giugno pagnia, caduto il 2 giugno sullo sullo Sl eme . Slem e.
Un fante tagliafili con la protezione per le in evitabi li fucilate. Il sergente d e l l r bersagli eri Giu seppe Carli di Barl e tta, caduto sul Mrzli il l 0 giugno, medaglia d'oro.
Il bersagliere trentino del l r Gino Buccella, diciassettenne, caduto il 14 agosto poco prima di Pace , medaglia d'oro .
La cartolina postale del 4r reggim ento dedicata al caporal e Pace.
21 ai2Siuglio partecipò con la sua squadra tagliafili con il I/41 o e illll/42° a degli assalti sul Mrzli.
Il 21 luglio, dopo aver aperto, in pieno giorno, un ampio tratto di reticolato nemico, rimase per quattro ore a 20 metri dalla trincea nemica esposto al fuoco di fucileria dei difensori che uccisero alcuni dei suoi uomini. Nella notte successiva ritornò a recuperare la salma di un commili ton e caduto il giorno prima, sfuggendo alla vio lenta reazione del fuoco avversario. Il 25 luglio del 42° caddero su llo Sleme i sottotenenti Renzo De Renzi e Eliseo Sirigo e una ventina di fanti.
Fu ill 4 agosto che una colonna di truppe scelte: bersaglieri del XXI e del XXXVI battaglione e i nuclei tagliafili attaccarono lo Sleme. Durante il terzo attacco contro lo Sleme nel quale, nonostante un successo iniziale, la colonna era venuta a trovarsi in difficoltà non essendo riuscita a superare le difese passive dell'avversario, il caporale Pace alla testa della sua squadra, dopo essere riuscito a aprire un varco nel primo ordine di reticolati con l'impiego di alcuni tubi esplosivi, lo superò durante la notte dirigendosi verso il secondo reticolato che voleva tagliare con le pinze tagliafili. Aperto così un varco di ampiezza tale da consentire al reggimento di condurre l'attacco, mentre si accingeva a rientrare alle linee amiche venne scoperto dal nemico che aprì su di lui un intenso fuoco di fucileria e di armi automatiche. Il caporale Pace cadde co lpito da una raffica di mitragliatrice. Cadde anche un trentina di 17 anni, Gino Buccella, bersagliere, decorato di medaglia doro, che si fermò a baciare la bandiera del 42° Modena che stava appunto entrando in linea. Con Pace caddero alcune decine di fanti e iJ tenente milanese Egidio Rossi e il sottotenente genovese Ezio Papini.
Il sottotenente genovese Ezio Pap ini caduto con Umberto Pace il 14 agosto.
A Pace venne dedicata una carto lina postale del reggimento con il suo ritratto, la motivazione della medaglia d 'oro e una immagine di due soldati sui reticolati. È sepolto a Os l avia. (P G )
Dietro la romba del duca d'Aosta a Redipuglia sono sepo lti i generali C hinotto , Monti, Paolini, Prelli e Riccieri, mentre a Oslavia sono sepo lti Carralochino, Papa e Trombi. Si trana di generali valorosi e capaci e il racconto della loro vicen da li accomuna con quei ventenni che furono decorati con la medaglia d'oro.
Redipuglia è luo go aurentico della m emor ia di un pop o lo proprio perché è p u nt o di cris tali zza7. ione o abbrevia1.ione narrativa della memoria co ll erriva affinchè i singo li discend enri dei caduti possano riconoscere se stessi e la propria sror ia. ' lùrravia il luogo della memoria acquista senso solo atrraverso un ra ccomo interprerativo, una narrazione che rinvia appunto a es p eriem e aute nti che. Per i ge n erali ha preso piede in Ita lia il luo go comune seco ndo il qua le sia no loro in un qualch e modo la causa di tutti quei ca duti.
A cent'anni dalla fine dd Primo conAirro mondiale non si può affermare che turri i pregiudizi relativi a quella che è stata definita la "ca tastrofe originaria" del XX secolo s iano stati sostituiti da una co mprensione basata su ll a sc ienza srorica. ll miro dei " leoni [cioè i so ldari ] guidat i da so m ari l i loro ge n e ra li]" c d ell '" inutil e s trage" - e quindi dello spreco insensato delle vice umane al frome -, troneggiano ancora non solo come luoghi comuni, ma quali "innovarive" chiavi imerpretarive tanto presso il grande pubb lico, quanro non di rado anche tra i docenti di storia delle università . l n s intesi: le t rupp e subivano la guerra come brutale imp os iz io n e d a ll 'a lto, se nza alc uno sla n cio patrionico o add irittura senza com prend erne minimamente le ragioni -cosa che differenzia la visione dell'Italia repubblicana da quella delle altre nazioni europee che non hanno avuro lo stravolgimento del patriottismo in senso esaspcratan1ente na1.ionalisra operato dal fascismo, ed erano inolrre guidate c iecameme da " ma ce ll ai e pasricc.ioni" in co mp etent i c he le u t ili zzava no in in se n sa ti a tracchi fro ntali , sacrifìcando le senza il minimo ritegno o ripcnsamento per guadagni territoriali irrisori o per meschine prospettive di carriera. Di conseguenza, da questo dilertanresco luogo comune, negli ultimi sessa nt 'anni po c hi srorici militari si sono specializza ti ne lla rico str u z ione dei combattimenti basa nd os i su lle fonti d ' arc h ivio, o lo hanno fatto so lo a liv ello di microsroria o all'inte rno di logich e di c hi aratame nte localistiche. Lintera Grand e Gue rra degli italiani ha fìnico così, nella visione storiografìca complessiva, per essere bollata "co me un conRitco che si poteva evirare" e quindi giol itti a nam enre inut il e se non addir ittura dann oso; co me una gue rra intimamente a nridemocrari ca e perciò prog e nirri ce del fascismo, secondo una ch iave di lcrrura che ri sale alle vignette critiche di Scalarini , o infin e co me m a nifesto, causa ed effetto ad un tempo , d e lle fragilità sociali che co nn otavano la conclusione del processo risorgimentale.
Viceve rsa , la si ntesi propo sta da un profondo co no sc it ore delle din a mi c h e militari , quale il ge nerale statunitense David T. Zabecki è pil.1 co ng r ua: "Turtavia , p e r quanto la visio n e d ei 'macell a i c pasticcioni' s ia attraente e a pparentem ente chiarificatrice, essa è nienre meno che se mpli cistica: la Grande Guerra fu diversa da ogni alrra combattuta prima. F u una guerra dello 's hock del fururo"' . Nuove tecnologie e mergenti nel ca mpo dell e armi, delle co municaz ioni c in seguito d ell a mobilità resero ob so lete nme le vecchie tattiche e le modalità di co mbattere la g u er ra. Tutte
Paolo Gaspari
Paolo Pozzato
Ferdinando Scala
Nou
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L'dine
"'· In questi ultimi dieci anni la produ1ione di mc: moriali e di srudj di gunra alla guerra" è \em pre presentdlJ come la vera illl10\,\/,ionc srorio grafica, quasi che: l'ennesimo saggio di 110ria sociale della guerra sulld h., ..... della sroriogrdfÌJ "xiale francerappresentJ..\.\e il m iglior lasciapas1Jre di storiografia a'-anzau, djmen•icando che le storiografic ffances<." c ingle\e hanno rkmrruiro nel de11ag li o lUne o qua.o.i le battaglie sos te nutç, menrre in h ali;t c; iò è stato fano in modo spor.tdico fino a una quindicina d'annj fa. quando nel 1990 fu aperto al pubblico l'archi,·io storico dello Stato magg1ore. ma che m qucsri ultimi dieci anni la produtionc è stara imponente, ma u1i liaata nelle università.
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1'-:ancy. Nancy 2006, 'ì5 c 56; J. NoRION CRU, Du Gallimard, Paris 1930. p. 28; 1rad. it.: Id ::mila usrimonituwr, Prousso alla Gmndt' CrU""a, 1\lcdusa, Milano 20 12. p. 24.
l O. LUCANCt;LC> BRACCI TESTAShC(:A, Dm dragoni del Cmova ai bmagbm di Boriam. Il diarJO di gut'"a di 1m inullntuttfe rJristorrmico, a cuu di M. Bracci Testa secca e S. Ficini. note di F. Gaspari, Udine 2006, p. li.
11. l' Gaspari, P. Pozzaro, F. Scala, l gmrrali iralitt· ni dr/la Currm, vo l. 2 " C-7, Udine 20 19.
le passare esperienze, domine e teorie non funzionavano più, come risultò repentinamenre inadeguata ogni forma di addesrramenro, sul campo come in sede teorica, svolto dalle Scuole Militari di cui pure si erano dorati quasi tutti gli eserciti tra la fìne del XIX e l'inizio del XX secolo. Persino le esperienze più recenri, quali la guerra russo-giapponese dell904-05 o il contlitro anglo-boero, cui pressoché rurri avevano inviato osservatori c avevano rielaborato sul piano teorico non erano servire efferrivamente a dare ai quadri una preparazio ne adeguata. Né le nuove dinamiche nel combattere la guerra rimasero scariche rra il 1914 e il 1918. Esse si evolsero rapidamenre, murando costantemente la dura realtà del campo di battaglia, in una direzione spesso opposta a quello invocata come apparentemente logica dal senso comune. Così i principali capi militari di tutte le pani, non esclusi i tedeschi spesso deificati quali icone stesse del militarismo , impiegarono la maggior parte dei primi rre anni di guerra nel ce rcare di tenere il passo e di fàre i comi con le nuove tecnologie, come usarle nel modo più efficace e come controbatterie al meglio se nel le mani del nemico t.
Il generale cuneense jacopo
C ornaro, figura leggendaria nel corpo degli alpini, cinque ferite , una medaglia di bronzo e tre d'argento.
Il generale leccese Francesco
Corso, ultimo comandante della Sassari. Entrato in guerra con il grado di maggiore, meritò tre medaglie d'argento e la croce di cavaliere dell'Ordine Militare di Savo i a.
In realtà in quella guerra i generali di tutte le nazioni si dimostrarono impreparati c anche ai migliori non rimase che imparare dai propri insuccessi applicando empiricamente, e necessariamente sulla pelle dei propri sorroposri, una metodologia di apprendimento "per prova ed errore". Ed anche in questo caso, come sempre nell'arte della guerra, nessuna soluzione, come nessuna arma, risultava mai defì.nitivamenre obsoleta o smetteva di offrire ai propri sostenitori argomentazioni plausibili e sensate. Nel conAitw in cui aereo, carro armato e sommergibile esordirono e si svilupparono al di là di ogni ragionevole previsione, l' arma vincente delle eruppe d 'assalto rimase il pugnale!
Nonostante fosse stata ampiamente dimostrata la potenza delle mitragliatrici e dei cannoni a tiro rapido, tutti gli eserciti europei entrarono in guerra con un numero spropositato di divisioni di cavalleria. E qualche generale, come l' inglese Haig che da lla cavalleria non a caso proveniva, non si perirò di ribadire - a conA i no in corso - il suo scarso apprezzamento per un'arma, la mitragliatrice appunto, a suo dire scioccamente sopravvalutata. n criterio portante di tutti i generali europei era infatti quello che nella scoria mi li tare l'esercito più mobile aveva sempre avuro il vantaggio di essere nelle co ndizioni di prendere l'iniziativa.
La Germania entrò quindi in guerra con 1 l divisioni di cavalleria (51 O squadroni) e 87 di fanteria, la Francia con IO (445 squadroni) e 65 di fanteria, la Gran Bretagna con 2 (l+ l di fanteria montata) e 6 di fanteria composte solo da militari di carriera, l'A usuia Ungheria con 11 (454 squadroni) e 49 di fanteria, la Russia con 36 di cavalleria (799 squadroni) e 114 di fanteria, il Belgio con l e 6 di fanteria, la Serbia con l e ben 11 di fanteria.
I.:Ira lia enrrò in guerra con 4 divisioni (150 squadroni) di cavalleria e 35 di fanteria. La "so rpresa" che la cavalleria n o n sarebbe piLt servita fu comune a mrti gli Stari Maggiori. Dal pwuo di vista dell'addestramento e dd livello culturale dei comandanti , la cavalleria era forse l' arma meglio preparata, ma non fu usata. In rurta la guerra brillò in pochissimi episodi e le cariche e ntrat e nel mito - e rirnastevi- furono le rre dì Pozzuolo del Friuli il 30 ottobre 1918: cariche di 60 sciabo le in una guerra di materia li e di massa, ma il generale Emo e i colonnelli comandami dci dragoni di Genova e dei Lancieri di Novara sono unanimememe considerati capaci e valorosi. E d'altro camo rutti i contendenti lamemarono il fano che, anche una
volta ottenuto uno delle linee, questo non assumeva mai tratti decisivi perc h é mancavano "tr uppe celer i" capace di sfrunare il s uccesso iniziale.
Caporetro da s u ccesso ranico n on s i trasform ò in tma vi teoria strategica proprio per la mancaru.a di questo genere di truppe ncUe file della 14 3 armata austro-germanica.
Vittorio Venero all'opposro rrasformò la ritirata delle for1.e austro-ungariche in una rotra disaMrosa proprio in for za dell'utilizzo com binato di aviaz.ione, cavalleria e reparti celeri (a uroblindo , b ersaglier i ciclisti etc.), come ha sottolineato Paolo Pozzaro.
A un semplice ri sconro numerico non regge nemmeno l'immagine dei generali ''dai letti di la na " di Gorizia tu sei rnafedetta, o di quella francese dei "generali da chareau" comodamemc imenri a mangiare su piatti di porcellana e a sorseggiare nei calici lo champagne. I generali italiani cadmi o morti per ferire o cause di guerra furono quasi una tremina, perfettamenre conform i a i 78 generali britanni ci, 71 tedeschi e 55 francesi uccisi. Per non parlare del facto che intere generazioni di coman d anti di battaglione- quelle "giovani" comprese fra il 1865 e il J 869. maggiori c tenenti colonnelli nel 1915- arrivarono a comandare divisioni e corpi d'armata (da Puglicse a Nastasi, da Basso a Ottavio Zoppi, per n o n parlare di Badoglio e Bongiovanni) dopo aver condiviso per mesi, se non per anni, la stessa vita di trincea dei loro so ldati. Basterebbe rileggere la circolare con cui il generale Montuori imponeva ai suoi comandami di brigata di muovere al conrracracco nell'estate del 1916 sull'Altipiano dei Sette Com uni con le avanguard ie delle loro uni tà, per comprendere le ra gioni delle morti nel giro di pochi giorni di Dc Maria, Berardi e Durando, nonché del ferimento di un'incera serie di loro colleghi.
Cane del comanJo è appumo un'arte, piuuosro che una scienza. c comprende ambiti comp letam e nt e diversi c turr'alrro c h e facilmente co mpatibili o esigibili nella stessa persona: il formare, organizzare, equipaggiare c addestrare un eserciro; il farne funzionare l'appararo logisrico e poi il raccogliere, organizzare c analizzare le inform azioni sul n em ico, infine il pianificare le operazioni e imp eg nare le forze n ella battag li a, non ché dirigere c coo rdin are la loro azione una volta che esse sono in campo: solo pochissimi geni riuscirono a padroneggiare tutte queste operazioni e spesso - era il caso di Napoleone, come sarà quello di Hindenburg e Ludendorff o di Dia z e BaJoglio - so lo grazie al felice in co nrro appunto di competenze e abilità diverse rra il comandanre e il suo principale coUaborawre, cioè il suo capo di sraro maggiore.
Purtroppo nell'Italia rep ubbli cana la storia militare ha evocaro e contin ua di fatto a ilmilitaris mo della dittatura fasc is ta e la fed e l tà dei genera li al re, se non la supina acquiescenza a qualsiasi tipo di aurorirà srarale c di politica di espansione imperialistica, per cui è stata via via eliminata dagli insegnamenti nelle università. Gli imelletruali, a loro volta, n on hanno sap uto individuare e proporre- al netto degli er rori e delle com promi ss ioni di cui n ess una storia naziona le è esente- un ' idea di patria condivisibile in cui la storia delle barraglie raccontasse il valore è il sacrificio di quei giovani cittadini, non soltanro nel caso della ribellione sponranea e della lotta al nazifascismo.
Gli in segna nti, gli stu denti e a maggior ragione la geme comune faticano quindi a immaginare e tantO meno a comprendere cosa potesse signifi care, anche in un'epoca in cui l'esistenza individuale contava inesorabilmente meno dell'onore naziona le, esse re re s ponsabile de ll a vira di mig l iaia, se non di ce n tinaia di migliaia di propri co nnazionali o di dover fare d elle scel re sotto pressione e con informazioni parziali, non correrte, su cui fondare le proprie decisioni. Sapendo olrrerurto che nel caso migliore queste avrebbero condotto a una vinoria pagata com unqu e a ca ro
Il generale Maurizio Gonzaga, ferito cinque volte, come mostrano le barrette sulla manica, tre medaglie d'argento, due medaglie d'oro, croce di uffici ale dell'Ordine Militare di Savoia. Fu il generale più decorato dell a guerra.
Il generale el bano Adolfo Leoncini , due medaglie di bronzo, una d'argento e una d'oro.
Il generale messine'Se Nicola
Cartella Tancredi, tre m e dagli e d ' argento, caduto sul Santa C aterina (Gorizia) n e l 1916 .
prezzo; nel caso peggiore avrebbero rolro inutilmente a quella stessa nazione di cui si perseguiva la grandezza le sue generazion i migliori.
Anche quando il generale riusciva a fare correttamente tutro quanto gli competeva, utilizzando al meglio l'insieme delle risorse e dei dari a disposizione, le sue truppe subivano [ualmente delle perdi re, mentre erano chiamare a uccidere o ferire il maggior numero di n em ici.
Che generali " bravi" riescano a infliggere più perdi re che a subirne dipese infatti dal tipo di strategia che riuscirono ad adottare sui diversi fronti Per non parlare della questione sollevata a suo rempo dal generale Alfred Krauss nei confronti dei suoi co m andami di divisione dopo la vittoria di Plezzo e l a sconfitta sul Grappa, secondo la quale non sempre l'intento di risparmiare la vira dei propri uomini ottiene lo scopo sperato piuttosto del contrario, soprattutto quando tale i nrenro contribuisce al prolungamento del conflitto
Fino a che i tedeschi rimasero sulla difensiva in Francia c nelle Fiandre, per ogni soldaw tedesco ucciso ne perivano tre deli'Jnresa. Quando però nella primavera de l 1918 i tedeschi passarono a loro volta all'offensiva dopo quattro anni, utilizzando oltretutco la tattica di infìlrrazione a lungo perfezionata- soprattuttO a Caporerro - con i repani che dovevano mecrerla in atro, basata su pattuglie di mitraglieri, che dopo quattro anni riuscì a riarrivare la guerra di movimemo 2 , ebbene: a fronte di un soldato dell'Intesa ucciso i tedeschi n e persero 2,5: quello 0 ,5 starebbe quindi a dimostrare che i generali tedeschi siano stati i migliori? Anche questo peraltro può essere messo in dubbio perché, a un certo punto, tutti gli organi dello Staw tedesco finirono col sotrostare ai dettami del Gran Quarrier generale di Ludendorff e Hindenburg. E proprio questa "invasione di campo" dei vertici militari nella politica fi.t una delle cause determinanti del crollo imerno della Germania. Un crollo da cui questi stessi militari si smarcarono, facendosi promotori della leggenda della "pug nal ata alle spalle" inAirra all'esercito in campo dai "traditori interni", socialisti, e pacifisti.
Il generale p av es e Felice Coralli, soprannomi n a to " papà Coralli ", sempre in linea con i suoi bersaglieri , più volte ferito, ebbe tre medaglie d ' argento.
Ludendorlf fu probabilmente il tattico più brillante del conflitto, ma virtualmente non ne capiva la portata strategica e padroneggiava poco anc h e il livello operativo. Non diversamente dal maresciallo Conrad su l fronte italiano o su quello orientale il movimento di un reparto sul terreno lo intrigava sempre di più delle effettive possibilità di sviluppo di un'operaz ion e o dei rapporri costi/benefici che essa comportava. Le 5 offensive tedesche dell918, cui il Gran Quartiere generale tedesco affidò le residue speranze di vincere la guerra prima dell'entrata in ca mpo in forze dell'esercito deg li Stati Uniti , non costituiro no , ad esempio, una campagna operativa coordinata , integrata e organizzata per fasi sequenziali, quanro piuttosto 5 enormi e sconnesse azioni tattiche. Dopo il fallimento d ella prima offensiva nel marzo 19 l 8, ogn i offens iva seguente non fu che la reazione al fal lim ento di quella precedente. Gli erro ri del Gran Quartier generale tedesco furono omerici:
- il fallimemo de ll a manovra di Schlieffen nel 19 l 4 dovuta al fa rro che era intimamente fallace sia per la lentezza implicita nel movimento con carri trainati da animali e a pi edi della tenaglia che avrebbe dovuto chiudere d a ovest gli Alleati in una sacca, sia perché la chela della tenagli a era stata indebolita per una serie di ragioni e su lla Marna la l a e la 2 3 armata tedesca persero una battaglia - per intervento di un oscuro tenente colonnel lo di Stato maggiore - che i francesi erano ben lungi dall'aver vinto.
- Altro erro re strategico c iclopico f u la guerra sottomarina indiscriminata fatta con 200 sotromarini quando per ave re succ esso avrebbero dovuto averne almeno un m ig liaio per compe n sare i guasti e le perdite
Poi l'idea di logorare l'esercito francese a Verdun che finì col compromettere non meno la tenuta di quello redesco. (errore però più vistoso fu senz'alcro quello di accettare di condurre una guerra su due fronti: nel momento in cui il piano di aver ragione della Francia in pochi mesi fallì, la guerra per la Germania era sostanzialmente persa, nonosranre le vitroric sui russi e la distruzione delle loro armare. l genera l i di uno Staro che aveva pun tato rutto s ull a formazione qualitariva dei suoi genera l i - a d iffere nza dell' i talia in cui come si è detto i tenent i co lonnelli d ell9 15, nel 1918 comandavano divisio n i e corpi d'armata, ne ll'eserciro tedesco non ci fu bisogno di nominare altri generali di corpo d'armata oltre quel l i esistenti nel 1914 - .e sull'addestramento accuraro delle truppe (oltre che su una precisa strategia delle comunicazioni ferroviarie per spostare le truppe da esr a ovest e viceversa, olrre che su un ' indusrria di altissimo livello), fallì, e i tedeschi dovettero lamentare alla fine perdite enormi di uomini, inferiori solo alle russe. Non è quindi il criterio delle perdite quello che discrimina i generali eccellenti dagli scadenti, ma quello di far f ronte a una guer ra d i m assa e di materiali , scarica, in ClÙ e ra n o forse la log isrica e la mobilità delle forz.e le speciali tà c h e potevano salva re un a battagl ia, c di fa rro la salvarono evitando nel 19 18 la sconfitta al le forze dell'I ntesa sul Crome occidentale.
I generali della prima guerra mondiale erano legati alla cavalleria c ai criteri della guerra del XTX secolo, ma quella fu una guerra completamenre diversa da rutte quelle precedenti. Il che non impedì che fino alla fine alcuni di loro, è il caso dell'americano Pershing, peraltro salutaro dai connazionali come un "grande", si ostinasse fino agli ultimi giorni a ribadire la sua fiducia "nell'anacco fronrale" e nella mira dei fanti an1ericani ben più c ben dopo l'allontanamento di Cadorna dal suo incarico.
Da i genera l i format isi nelle guerre colonial i ai piit giovani comandanti di plotone, fino aj soldati semplici su lla linea del fronte, rutti furono castrerei ad abbandonare i vecchi criteri c a imparare rapidamente. Filippo Cappellano c Basilio Di Martino nel loro Un esercito forgiato nelle trincee3 hanno colto e messo in luce quanto complesso sia stato, anche da parre italiana, il lavoro di adauamento dominale alle nuove condizioni geografiche, tarriche, di reclutamento e formazione dei reparti posre dal conAitro.
Nel 1918 i general i, sia pur non turri c non turri nello stesso modo, avevano fi n a lmente comp reso co m e combattere questa n uova fo r ma di gue rra. Alcuni generali ita li ani lo avevano capito già nel 19 17 q u an d o app ogg iaro n o l'ist i ruz.io n e d e i reparti d'assa lto. Sicuramenre Cadorna c il suo Sraro magg i ore avevano capito nel l 916l ' impossibilità, oltre che l'inuti lità, di continuare una guerra di arrriro basata esclusivamente sul presupposto della superiorità numerica. Ne nasceva quindi la consapevolezza che conveniva concentrare il fuoco e l'urto in serrori risrrerri e per pochi giorni, rinunciando alla sperama di uno sfondan1ento straLegico e accontentandosi di aver ragione di una sola "posizione difensiva", dal momento che i progressi rerriroriali si concentravano nei primi g iorni e dopo l'insistere causava solo perd i te e levare e logoramento senza risulrari Da q ui le tre "spa li ate" de ll 'a u tun n o 1 916 su l Ca rso, ch e tur w voleva n o esse re fu o rc h é b attagl ie d i logoramc m o, come r icordava con prec isione Piero Pieri in un articolo peral rro duramente critico nei confronti di Cadorna pubb li caro su "11 Ponre" nel lonrano 195 1. Molti srorici ital iani a digiuno di storia militare, ma assai seguiti sui media da milioni di cittadini, conrinuano a chiamare "spaliate" rurre le l l banaglie dell' l sonzo, mentre esse furono solo le ere dell"estate-aurunno 1916 sul Carso, ignorando appunro l'evoluzione
Il g e n e ra le siciliano Antonin o C a scino con Arturo Tosca nin i sul Mo nt e Santo appen a conq u istato m e ntre To s canini dirig ev a un conc e nto della banda pe r a ccomp a gnare gli uomini a ll' atta c co. Esp e rto di balistica e autore di molti volumi, m e rit ò una m e daglia d'argento e un a d' oro; morì di cangrena gas s o sa pe r non es sersi subito fatt o m edic a re pe r una ferita da gran a t a s ul Monte Santo.Aveva s e mpr e vi s suto a contatto con i s uoi uomini d e ll a brigata Avellin o e fu uno dei generali più amati d e ll a gu e rra .
Il generale Carlo Sanna, il babbu mannu - grande padre - d e i sardi d e ll a brigata Sassari che furono alle sue dipendenze durante la prim a b attagl ia de i Tre M onti , fu decorato di m edagli e d ' argento e commenda dell'O.M.S.
Il general e modenese Piri o Stringa, entrato in guerra da maggiore , mitico comandante degli alpini su ii ' Ortigara, tre medaglie d ' argento, due di bronzo e cavaliere dell'O.M . S.
dorrrinale cui non si sottrasse nemmeno Cadorna che pure era tra i comandami di esercito uno dei più antiani e legati alle concezioni otroccnresche4 • Del resto solo re cenremence degli "srorici scalzi" hanno nel dettaglio le del 1916 e i combarrimemi l>Otto l'Hermada del 1917 a Flondaf>, menrre la maggior parre della sroriografìa "ufficiale'' dell'Italia repubblican,l si è disinteressata di quegli avvenimenti per più di mez:w secolo.
Il problema di gran pane dei conrributi ital iani sulla Grande Guerra è proprio questo: una valanga di "giudizi" basati sui criteri " morali" odierni c assoluta indifferenza alla ricostruzione dei làui basati su ricerche d'archivio e del riscontro sul terreno. Una ricostruzione "morale" che giustifica non di rado tale mancanza di conoscenza dcll'accaduro e del suo racconto invocando una pretesa raggiunta esaustività delle conoscenze sugli asperri militari del conflirro: i giuditi di questi "storici ufficiali" che da decenni hanno abbandonato la ricerca negli archivi militari per la ricerca in quelli "civili"- farra quasi sempre s u fonti a stampa- sarebbe dunque pitJ imporrante che la ricostruzione dell'accaduro con le vicende dei vari comanda mi c rcparri. Ne è risultata una sror iografìa italiana congelata ai giudizi degli anni Sessanta del secolo scorso che non pare particolarmente arrenta agli stimol i c ai cambiamemi di rotta sroriogralìci che s i so no svi l uppati in Gran Bretagna e negli Stati Uniri, rornando in particolare ad affiancare alla sroria "dal basso" la prosperriva c l'indagine su chi deteneva posizioni di "La psicologia di gruppi di uomini in opposizione, che vivono in pessime condizioni guardando cominuamenre la morte in faccia è la oggi che al tempo delle legioni romane. L'efficacia della leadership comcrà sempre sull'esito della barraglia. li buon tempo favorisce in genere gli attaccanti; il brurro tempo. i difensori. Per converso l'oscurità favorisce in genere le forze all'attacco, solo però se ben addestrate. Sebbene i combattimenti debbano essere affromati in modo diverso in terreno aperto, in aree intensamente boschive o in quel le urbanizz.ate, i problemi fisici prese ntati da ciascuno di questi ripi di terreno è cambiata molto poco col passare del tempo. La forza di gravità conferisce un vanraggio alla parte che detiene il terreno alro"8 • Lo storico David T. Zabecki sembra qui descrivere la guerra italiana, una guerra aspra, in alta quota, in colline carsiche prive di acqua, in attacchi sem pre dal basso verso l'alto, in inferiorità di mitragliatri ci, con soldati poco addestrati coman dati da giovani ufficiali di complemento alrrenanto poco addestrati e per i qua li mancavano materialmente il tempo e le condizioni per ovviare a tali lacune, ma che s u pp l irono a queste deficienze con i l coraggio e la dediz io n e Dato che l'ese m pio nasce sempre dall'alro, vuoi d i re che questi ufficiali subalrcrni -dal grado di aspirante a quel lo di capitano, secondo i l testimone e storico Norron Cru, "gli unici che sapevano cosa voleva dire combattere"-, avevano degli esempi e dci riferimenti preci s i nei loro comandami superiori. Jean orron Cru scrisse infatti a tale propos ito: " c qualcuno conosce la guerra, costui è il combarrenre, dal soldato al capitano; ciò che vediamo, ciò c he viviamo, è; ciò che conrraddice la nostra esperienza non è, che venga dal Generalissimo, dalle Mémoires di Napoleone, dai principi insegnanri nella Scuola di Guerra, dall 'o pinione unanime di turri gli sro r ici militari. Non c'è alcuna spaccomua da parre nostra nell 'affermare q u esto, e non a n davamo cerro fieri di sape re ciò che Joffre o Foch non sapevano. No i sapevamo perché i nostri cinqu e sensi, la nostra carne ci ripe t evano per mes i le stesse impressioni e sensazioni. I grandi capi non potevano sapere perché la loro sola imelligenza era in contatto con la guerra e la guerra non si lascia concepire co n la sola intelligenza (almeno fino a qui, perché questa intelligenza non pensa che attraverso la leggenda [co rsivo nosrro])"9
Se questo valeva per i generali francesi, per gli italiani la formazione fu diversa. Ufficiali di complemento venruncnni che arrivarono a comandare compagnie di 200 uomini o battaglioni di 1.000; maggiori e tenenti colonnelli nel 1915 che divennero maggiori generali c tenenti ge n era li nel corso del conflitto : da comandami di battagl ione che vivevano le stesse privazioni e gli stessi pericoli dei tenenti divennero comandanti di brigata e di divisione, per merito. Qualche ricercatore e "srorico scalzo" dovrà pure raccontare queste imprese disdegnare da coloro che isriruz.ionalmenre dovrebbero alimentare la conoscenza srorica nella culrura italiana. La guerra suJ Piave fu comple tamente diversa da quella combanuta nei due anni precedenti, ma così come ufficiali di comp le m c nro di vennero cap itani e maggiori coma ndanti di battagli o n e- Emilio Lussu, ferruccio Parri, Enr ico Morali c tanti a ltri -, dei maggiori divennero generali che con i loro ufficiali intrattenevano rapporti di amicizia e di condivisione atipici nella società ceruale dell'epoca. Un testimone di queste vicende fu Lucangclo Bracci Tesrasecca dello Stato Maggiore del generale Boriani. Le sue parole sono quelle di un grande inrellerruale: "Ci avevano sempre detto, rutti, dal professore di università al seg retario della società operaia, dagli u omini di governo ai vigi l i urbani, ci avevano detto che un popo lo pitt indisciplinaw , pitt cialtrone, più vo lubile. più venale, pitt smido llato del nostro, non era possibile trovare nel globo rerracqueo; un popolo, per colmo, tenace nella abiezione, incorreggibile. Invece, vivendo per mesi a lato del nostro soldaro, giorno c norre, lo abbiamo trovato buono, docile, disciplinato, lavorarore fino all'esaurimento, afferruoso, generoso fino al sacrificio della vira. Questo figlio del popolo, ig norante , sporco, ruvid o, al quale l' Itali a d'oggi nulla ha daro, perché potesse elevarsi a lla dignità di uomo c che a lei rutto ha voraro con slancio commovenre, noi lo abbiamo visco, se comandato da uomini moralmente degni di lui, rimanere e combarrcre, su linee faticosamente conquistate c Aagellare dal nemico, fin sette giorni comecurivi, senza tregua, senza riposo, affamaro, assetato, insanguinatO, cencioso; ma sempre sere no , fermo di cuore e di braccio, spesso di buon umore. Ed abbiamo finito per ammirarlo, per amarlo profondamcme, per vergognarci ralvolta di noi sressi . La nostra ammirazione e il no st ro amore non ondeggiarono mai, neppure nei momenti più dolorosi, quando contro la nostra fede si ergeva il feticcio degli positivi: il farro [Caporcno]. el soldato abbiamo conosciuto e amaro le grandi virtù del nostro popolo; di quella grande parre oscura dell'Italia nostra che lavora c risparmia, che non sa leggere e scrivere, ma vive nell'onestà, nd culro della famiglia e dell'onore, c he senre ancora inr ensamente la gratitud in e, l'amicizia e l'imp eg n o morale d ella parola d ara. Di questo popolo l'esperienza di guerra ci ha resi fieri" 10 • t infarti questa la grande innovazion e che la Grande Guerra inn estò nelle coscienze: l'amalgama, il momento storico in cui gli italiani di tutte le classi sociali e di rurre le regioni presero coscienza di dover compiere un cammino comune. 11 corso dd conAirro non comporrò solo un cambiamenro radicale nelle concezioni tecnicotattiche, murò non meno la psicologi a e i rapporri sociologici tra "verrici" e "base" Ne l 1914- 1915 la caratterist ica del so ldaro era ancora quella del "s uddito" il c ui so lo diritro era l'obbedienza, meglio se "cicca e assoluta", conv int a che il superiore ha sempre ragione, soprarrurro quando è palese che ha rorro. Nel 1918 nessun esercito è più semplicemente "regio", a formarlo sono oramai dei cirradiru a pieno tirolo che possono ancora subire durezze disciplinari, persino più dure delle precedenti, ma so lo dopo essere stat i messi nella co ndi z ione di sapere p e rc h é comba rrono , dopo aver potuto persino far va lere le proprie ragioni e si veda il caso deg li Uffic ia l i Propaganda voluti tenacemente da Diaz su un modello già in uso negli eserciti alleati, ufficiali come Gaetano Salvemiru, Piero Calamandrei, Giuseppe Donati, Umberto
Il generale vicentino Giuseppe Vaccari, entrato in guerra da tenente colon nello, poi capo di S.M. della 3 a armata; sul Montello si mise a ll a testa degli uomini del suo corpo d'armata p e r prendere N ervesa; due medaglie d'argento, medaglia d'oro e croce O M.S
Il generale torinese Nestore Fasoli s, medaglia di bronzo, tre d'argento e croce dell'O.M S
Il colonnello Giova nni Battista Vi o la di Borgomane r o, comandante del ll r Lazio ; il 22 nove mbre 1915, di front e all'ordine di attaccare l e pendici della Cim a l del Sa n Mich ele che ignorava le sue valutazioni sull'impossibilità dell'azione , uscì d a so lo dalle tr incee e avanzò fino a farsi uccidere, impedendo cosi l'a ttac co. N essu n a d ecoraz io ne gli fu concessa, e bb e anzi una sorta di damnati o memoriae.
Tavola di Achille Be·ltram e su " La Dom e nica del Corriere" del luglio 1917 raffigur a nte il genera l e L uigi C appe ll o, comandante la 2a armata, che bacia uno dei fanti dell e brigate c h e conquistarono il Monte Cucco.
Zanotti Bianco, Giuseppe Lombardo Radice, Ugo Ojerri, che mediarono quesro momento srorico in cui, caso uni co nelb scor ia italiana, si realizzò una viuoria co ndivisa dai soldati provenienti dai celi rurali, rimasti ai margini della vita politica, con i membri più avanzati dci ceti dirigenri.
In battaglia, una delle condiz.ioni base per la sopravvivenza dei singoli c il raggiungi mento dell' obie ttivo è la coes ion e del reparro. Questa coes io n e è possibile so lo se ci sono legami di amicizia e "comp li cità" non solo rra compagni, ma anche tra ufficiali e soldati. Questo legame affetrivo in senso piramidale non è che si fermi al grado di capitano o di maggiore, ma arr iva fino al grado pitt alto. Un po' forse per il cararrere degli italiani, ge n erali chiamati "papà" dai loro subalterni ce ne furono mollissimi, alcuni ostentati e "tirati", ma la maggior parre reali: SannaBttbbu Mannu -, Coralli, ani, Tallarigo, Carlo Monranari, Padovin, Achille Papa -, alcu ni addirittura, come Raho, Maffi e Bassignana, presero le difese de i so ldati o rifiutarono di eseguire azioni palescmenre inutili e di lanciare truppe già esauste contro obiettivi fortemente trinceratjl .
Se cc ne furono sicuramenre attaccati alla carriera, come del resto è normale e non solo in ambiro m ili rare - Giorda na , per non fàre che un nome-, cc ne furono altri che non esitarono a comprometterla quando ritennero che eseguendo supinamente gli ordini avrebbero sacrificato invano la vira dei propri sorroposti (Paolo Pizzoni). Non mancò nemmeno chi, è il caso del co lonn ello Giovani Battista Vio la di Borgomanero, prelerl farsi uccidere su l San Michele il 22 novembre 1915 uscendo da solo all'assalto perché solo con la sua morre il 132° reggimento deUa Lazio. privo di comandante, avrebbe potuto guadagnare altre 24 ore, evitando comunque una carneficina sicura.
come Bracci
TI duca d'Aosta è in fondo il simbolo dell'ultima delle guerre per completare l'unirà nazion ale, come all'epoca fu universalmente scnrira quella guerra da parre delle classi acculturate.
Menrre il re ebbe un rapporto con i generali c con i soldati cenamenre non empatico, limitandosi a "gite" quotid iane in automobile armato di Kodak, il duca rappresentò il "ramo guerriero" dei Savoia e il suo rappono con D'Annunzio e con i soldati che andava a trovare fin nelle rrincee e le foro che lo ritraevano a piedi insiem e a ufficiali c fant i lo resero mo lto popolare. Il farro che s ua moglie E lena, che a Napoli teneva a Capodimonte una vera corre, fosse ispettrice generale delle crocerossine completava l'immagine della competenza e dedizione alle vicende della guerra, anche perché entrambi i loro figli erano ufficiali dell'esercito e della marina. Figlio primogenitO di Amedeo Ferdinando di avoia, re di Spagna, cugino di Vittorio Emanuele TU, e di Maria Virroria dal Pozzo della Cisterna, nacque a Genova il 13 gennaio 1869. Alla nascita gl i fu amibuito il tirolo di duca delle Puglie, menrre suo padre portava quello di duca d'Aosta. Per il biennio 187 1-73, quando il genitore fu brevemenre re di Spagna, Emanuele Filiberro assunse il rirolo di principe delle Asrurie. Rimasto orfano di madre a soli sene anni, ncl1885 fu ammesso all'Accademia di Torino dalJa quale uscl il 3 lu glio dd 1887 con il grado di sormtencnre di artiglieria. Nel settembre del 1888 avanzò al grado di reneme e fu assegnaro al 5o reggimenro artiglieria da campagna di stanza a Venaria Reale (Torino). Passò poi a l l.?' reggimento artiglieria da campagna a Novara. Ammesso alla Scuo la di Guerra, terminò il corso nel gennaio del 1890 e fu promosso al grado di capitano. Il 18 dello stesso mese suo padre morì e lui ne ereditò il tirolo di duca d'Aosta. Come normale per qualunque rampollo di Casa Savoia che intraprendesse la carriera delle armi, terminati i cicli di srudio, la sua carriera fl1 rapida. Nel giugno del 1891, dopo solo un anno e mezzo nel grado inferiore, fu promosso maggiore e trasferito a Firenze. Tenente colon nel lo il 3 ottobre 1893, dodici mesi dopo, a soli venticinque anni, raggiunse il grado di colonnetlo e gli fu affidato il comando del suo vecchio 5° reggimento aniglieria da campagna. Ancora tre anni, e nel dicembre 1897. appena ventotrenne, avan7-Ò al grado di maggiore generale con incarico di comandante dell'artiglieria della divisione di Torino. Nel marw dd 1902 fu promosso tenente generale e assunse il comando della divisione militare di Torino che mantenne sino all'aprile del 1905. quando fu nominaro comandante del X corpo d'armata di Napoli. Trentasette nn e, ad un'età in cui i pill brillanti ufficiali suoi coetanei avevano appena raggiunro il grado di tenente colonnello, Emanuele Filiberto si trovò dunque ad aver completato la carriera militare ottenendo natura l mente anche l' idon eità al comando di un'armata in caso di guer ra. Il trasferimento a Napoli per ragioni di carriera coincise anche con una fase particolarmente felice della sua vita. li 25 giugno 1895, dopo aver superatO alcune resistenze inrern c alla famiglia reale, aveva sposaro a Kingston upon Thame s la principessa Elena d'Orléans. La moglie aveva dato alla luce il primogeniro Amedeo nel 1898 e il secondogenito Aimone due anni dopo. Portata l'intera famiglia nell'antica capitale del Regno delle Due Sicilie c preso alloggio nella reggia d i Capodimonre, Emanuele Filiberto e la moglie allacciarono rapidan1ente rapporti cordia li con l'arisrocrazia cittadina che nelle loro sfarzose feste ritrovò la dimensione persa dopo
Paolo
Paolo
Gaspari PozzatoFerdinando Scala
Il monum e nto al duca d'Ao sta a Torino all ' inzio di via Po.
la cadura dei Borbone - costiruendo presro una vera c propria corte che fu primo seme dei successivi conrrasti con Virrorio Emanuele 111 che viveva con la famiglia in una villa fuori Roma e non aveva alcuna predisposizione alla mondanirà. Soprattutto, la coppia si fece amare dalla popolazione per l'appoggio costante daro a iniziative a favore dd pitt bisognosi. I figli passarono a Napoli l'infanzia e la prima ado lescenza. Amedeo che studiò per un periodo al collegio St. Andrews di Londra, tornò in c i t tà per iscriversi a l p resdg ioso Co llegio Mi li tare de lla Nunz ia rella che era stato f req u enraro da V irror io Eman u ele Ili nel 188 1.
Lo scopp io del la Grande Guerra mise fi ne a questo periodo napoletan o e disperse la famigli a. Emanuele Filiberto prese il comando del la 3' armata sul frome del Carso; sua moglie emrò come volontaria nella Croce Amedeo lasciò la Nunziatella appena sedicenne per arruolarsi come volonrario nel reggimemo di artiglieria leggera Voloire; Aimone fu allievo dell'Accademia Navale e prestò anch'egli servizio in guerra. La rapida carriera aveva ridotto al minimo i periodi di comando necessari a conseguire i vari gradi, cd Emanuele Filiberro si trovò a soli quarantasei anni ad avere il co m ando in guerra di una de ll e m aggiori unità de l Reg io Eserciw. Per di pi ù tal e imp egno e ra foca lizzato s ul fro nte dal Carso a l mare, la linea probabi lmente più diffic il e d i tutte, dato che l'orografia p i ù favorevo le rispetto ad altre zone la rendeva teatro della maggior parre dei gli scontri. Cadorna non volle che il principe commenesse degli errori e gli affiancò nello Stato Maggiore due generali esperr i, Giuseppe Vaccari e Augusro Vanzo, che fu il suo braccio destro fino al giugno 191 7 'on erano in realtà dei geni militari cosroro, ma avevano più esperien.la del duca. Il maggiore anefìcc dci successi della 3o armata fu invece il colonnello Roberto Segre che ne l 1916 ideò lo e l'impiego delle artiglie ri e per l'attacco comro Gorizia. Con il s u o prestigio, I;J sua al ta st a tura e u n atteggiamento sempre disponibile pervaso d a u n a innata regalità, Emanue le Filiherro impersonò il ruolo mili tare dci Savoia, m olto p i ù del re che co n quel suo vezzo di muoversi con la macchina forografica dava più l'immagine di un turista di guerra. Se da un punro di vista strettamente tecnico le sue capacità poterono soffrire ddla relativamente più bassa esperienza, Emanuele Filiberto si dimostrò invece eccellente nel fondamemalc campo dell'ispirazione c della motivazione dei suoi uomini. Parricolarmeme convinto della impo rtan za che i valori moral i potevano esercitare nell'animo dei soldati. fu partico lar m ente arrivo ne l mantenere un costarHe contatto con le rruppe e nell'esercizio de ll ' oratoria a ca rattere mo ra le c h e n o n m a n cava d i co l p i re a n c h e i nterlocucor i matu ri d ' età e di es pe ri enza. 11 fu tur o genera le e se n ato re Armando T a ll a ri go, appena nominato co m a nd ame del152o Sassari, h a lasc iaro un viv ido esemp io di questa sua cara tte ris t ica: "Fu precisamente alla vigilia di recarmi in trincea per assumere il com ando del 152° reggimento fanteria, comando che !:.gli mi fece l'onore di offrirmi che il duce della Tena armata volle vedermi: era sua costante consuerudinc vedere i capi e le truppe quando si avviavano in trincea. E mi parlò come avrebbe poruro parlarm i u n padre e tali cose mi disse, e con tanta affasciname bontà che io uscii da q u ell ' udi enza come rinato a vita nuova, portando con me la febbre di compiere il mi o d ove re fin o a ll'u l t i ma gocc ia di san gu e" Il duca appari va a ll' o pini one pu b bl ica co m e u n genti l uo m o c h e, dall 'a l tO del s u o ol im po , e ra estraneo a ll e m e n e car ri e riste deg li a l t ri generali, ma ma ni festava que ll' e ntusiasmo c que ll 'es timazione verso le rruppe che era derrata sì dalla sua supe rficialità. ma che ranorzò l'immagine del padre amorevole degli uomini della 3 ' ar m a ta anche se, logicamente, firmava gli ordini di fucilazione c pretendeva la massima seve r ità dai comandanti.
Il duca d'Aosta con la medaglia d'oro Aur e lio Baruzzi e con Gabri e l e D'Annunzio.
Ebbe sempre un rapporto affcrruoso con D 'Annunzio che rrovò in lui l'appoggio per molre delle sue missioni. Emanuele Filiberto fu poi spo nt aneo amrnirarore degli erosimi dei suoi ufficiali. Quando decorò il tenenre Aurelio Baruzzi della medaglia d'oro per la sua Straordinaria impresa a Gori/..Ìa, rorreggiando - avendo a laro i l conte di Torino- sul renenre di Lugo, repubblicano, basso di statu ra , con la giacca sgualcita e spaiata con i calzoni, che con 4 soldati aveva fàno oltre 200 prigionieri, gli confessò mentre tutti i reparti dell ' armata si preparavano allo sfìlamento: "Ness uno fu mai inv idiato da mc; eppure, in questo momenro io la invidio!".
Emanuele Filiberto fu forse il migliore comandante d ' armata della guerra: affabile, cortese, signorile, imperturbabile, ebbe modo di diventare un mito perché sapeva rrarrare la geme umile con urbanità e buon senso: fu un comandanre con stile, girava per le vie di Cervignano senza scorta, partecipava alla vira cinadina inreressandosi dei farri dd g iorno. Egli v iveva nella vilb Anrondli, accanto alla villa Brescian i ove era il comando della Y armara e spesso alla manina si fermava a a p.trlare con le persone che incontrava -gli anni di Napoli avevano insrillaro quell'attenzione verso le classi popolari che altri Savoia non possedevano di certo - "Come va Bastianat?" chiedeva a un facchino del porro- Sebastiano Bradaschia- al quale aveva regalato un sigaro affinché smettesse di usare le bestemmie come punteggiatura alle sue frasi.
La presa di Gorizia nell'agosto 1916 permise all'armata del Carso una notevole penetrazione e anche se davanti aii'Hermada. in quella che è conosciuta come la sorpresa tattica d i Fiondar, il 4 giugno 1917, la 3" armata subì una pesantissima sconfitta con oltre 9.000 prigionieri in poche ore, il fàtto che si riuscisse a tenere nascosto l'esito fallimenrarre dell'a7ione italiana, non intaccarono la "invicibilità" dell'armata del duca anche perché il ripiegamcnto segu ito alla sconfitta di Caporetro dell'orrobre-novembre l 917 dimostrò la compattezza della grande unità che si ritirò ordinaramencc- peraltro favorita dall'argine costiruiro a nord dalla 2 ' con tro gli anaccanr i. La successiva resistenza sul Piave durame la battaglia d'arresto del novemnbre 1917 e soprattutto l'epica lotta co ntro l'ava nzata austroungarica verso Venezia durante la Barraglia del Sosrizio del giugno 1918 sul basso Piave, rafforzarono il miro del "D uca Tn v irto", aumentando il suo prestigio nell'intero Pa ese.
Dopo la vittoria (ìnale. fu proprio qut!sro prestigio e il forre attaccamento di Emanuele l;ilibcrto all'esercito che determinarono una serie di suoi aneggiamenti e di incidcnli con il gove rno e co n la corona. Nomi n aro generale d 'esercito per merito di guerra, fu fortemente favorevo le all'impresa di Fiume e questo lo mise presto in rorra di collisione con Nitti che cercava d'arginare la situazione. Non fu un caso che la g ran pane dei reparti che di se rtarono per seguire D 'Annunzio proven issero dalla 3 ' armata. Di converso, guadagnò definitivamente l'approvazione di D'Annunzio, dei legionari fiumani c degli ambienti nazionalisti, oltre che di ampie fasce del corpo u ffic ia l i, specie se di giovane età. Di quesro panicolare rapporto ed esteso consenso era ben consapevole Vittorio Emanuele III. AJ fine probabilmente di sminuire il cugino, soppresse ua le prot este di qu est' ultimo la carica di ispetrorc geneo:ra le della fanteria.
Più fonti coeve c posteriori hanno a più riprese adombraro una sua vicinanza al fascismo anremarcia, e certamenre il movimcnro faceva mostra nei suoi co nfronti del la medesima defere nza e si m paria mostrata ne i confronti delle forze armate in gene ral e. A tal proposito, in occasione della Marcia su Roma il sovrano mostrò reazioni di forre preoccupazione per
Mom enti dell e visite d el duca n e ll e trincee su l Car so e, sotto, su l Piav e .
la possibilità di essere derronizzaro e sosriruiro da Emanuele Filiberto e forse questa fu una delle concause che lo spinsero a decidere per la rimozione dello staro d'assedio e l' apertura alla formazione sorro la sua egida del governo Mussolini. La questione della vicinanza del duca d ' Aosta al regime mussoliniano rimane sospesa ancora oggi tra le manifestazioni di sosregno al fascismo, l'indubbio lealismo e disciplina clinastica da lui mo strare c la probabile maggiore simpat ia del la base fascist.a verso una figura di indiscutibile prestigio e con l'aura dell ' interprete di "quell' Italia di Vitrorio Venero, uscita dalle trincee" c he Mussolini presenrò al re assumendo la guida del governo. Se tale considerazione può essere ritenuta probabile e val ida lì no alla Marcia su Roma e per gli anni immediatamente successivi, fu sic uramente messa in so trordine dall'ascesa del dirrarore e del suo culro della personalità. In quest' ambire, anzi, la presenza di un'individualità forre e di prestigio come il duca d 'Aosta av rebbe potutO essere un fattore di disturbo e di offuscamento d ello srellone mussoliniano. Quesra interpretazione q u adra molro bene con g li avvenimenri degli anni successivi che videro il duca d'Aosta divenire membro nell923 del Consiglio d ' Esercito fo rm atO dai ge n erali della V itrori a, essere sempre onoraro, ma sosranzia lm enre renuro distante dalle leve di potere.
Cadde grave m e nt e ammalaw nel 1923 di polmonite, ranro da ricevere 1'11 dicembre la visita personale del re a Tor ino. Guar ire , divenne presideme
Ritratto del duca d' Aosta conservato nella stazio- dell ' Opera n azionale dopolavoro nel giugno 1925, e fu nominato maresciallo d ' halia il 26 luglio 192 6 e quindi presi- ne ferroviaria di Fogliano-Redipuglia.
Tavola di Beltrame sulla visita del duca e della duchessa al Cimite ro degli eroi di Aquileia, in secondo piano la famiglia di un caduto.
denre dell'Ordine militare di Savoia e della commissione per le Promozioni per rneriro di guerra degli ufficiali delle colonie. Rimase sempre il simbolo dei soldati della Grande Guerra e ne rappresentò l'immagine pubblica. Nel giugno 1931 si ammalò di nuovo di polmonite e ricevette una nuova v isita, stavo l ta te rmi nale, da parte del re il giorno 29. Morì cinque g iorni dopo a Torino, a pa lazzo C isterna e i suoi funera li furono celebrati il 7 luglio. Su s u a precisa ri chiesta, fu sepolto insieme ai suo i uomini presso il cimitero di Redipuglia, dove il suo sepolcro, un grande parallelepipedo di pi erra, è posto alla base della grande scalinata, così come in v ir a eg li fu a ll a testa dei suoi uomini. Presso la Scuo la Militare Nunziatel la di Napoli, di cui s uo fig lio Ame d eo fu allievo, è conservato in un mu seo a l ui dedicato un cos picuo fondo materiale, costituito principalmente da ri cordi della Grande Guerra e oggetti personali. Enrramb i i fìgli morirono in g io vane età: Amedeo, medagl ia d'oro al valor militare, prigioniero in Et iopia n ell942; Aimone d'infarto a Buenos Aires nell948. Per la condotta tenuta durante il confl i rro gli venne concessa, con moro proprio sovrano d el 24 g iu gno 1937, la medag li a d'oro al valor militare.
Tra i generali morti nel corso de l connitlO sp icca, anche per le circosta nze della mone, la fìgura del lombardo - ma di famiglia vicentina -, Anronio Edoardo Chinorro. Figlio di un pauiora venero che seguì nell'esilio Daniele Manin dopo l'epica difesa di Venezia nel 1849, naro ad Arona il 28 serrembre 1858, inizialmeme allievo ufficiale a Modena, passò poi all'Accademia di Torino da c ui uscì nel 188 2 so l torenente del genio. Freq uentata per q uanro anni la Scuola di Guerra, passò ne l Corpo di S.M. e co m e capirano fu a l ungo al Ministero della Guerra. Maggiore nel 1896 , prestò il prescritto servizio in fanteria al 69° reggimento della Ancona; tenente colonnello nel dicembre 1899 presrò a lungo servizio al 61 o reggimemo Sicilia a Forlì. Nel frarrempo si laureò in ingegneria a Torino e si specializzò nel 1900 in elerrrotecnica a Liegi. Appassionato anche di lccrerarura, leggeva le opere originali in inglese, francese e tedesco. TI 26 gennaio 1905 fu promo sso co lo nn ello c ri ceve tte i l comando de ll '8 0 ° reggimento della Roma a Venezia. Ne l giugno 191 l fu promosso maggior ge n erale e riceveue il comando della brigara Re che lasciò nel 1914, assieme al servizio arrivo. Trovò persino il tempo di comporre un inno dedicato ai combanenri di Libia. Richiamaro all'inizio della guerra, ebbe inizialmente il comando della brigata Pittcenza appena costituita e che guidò fino al 6 dicembre l 9 l 5 sul fronte del San Miche le dove fu feriro quattro volre, torna n do sempre i n linea, meritandos i la medag l ia d'argento. In quesri m es i l'allora tenente co lonnello Grazioli lo ricorda mentre, ferito alla testa, passò per le rrincee, vociando ed esponendosi al tiro avversario: "Per via egli cominua animatamente a discutere e a sbraitare con me, opprimendomi quasi con quei ragionamenti un po' sconnessi che erano una caratteristica, a me già nora, della sua forma menris. Eroe lìn che s i vuole, purché però non si pretendesse da lui un r agionamento fi lato". Promosso tenente generale per meriri di guerra, il 6 d icembre 1 915 assunse il comando della 32a divisione che guidò fino aJ 20 marzo 1916 nel settore di Plava, ottenendo la conquista di Globna. Lasciò la sua unità perché colpito da grave malania e fu 1.onoposro a un intervento chirurgico. Tornò quindi al fronre e il 2 giugno 1916 assunse il comando de ll a 14a divisione nel settore di Monfalco n e do ve operò co n forti attacchi di a ll egger i mento durame la baltag lia di Gorizia. Aggravatasi nuovamente la malarria, rifiutò l'internamento in ospedale, conscio che non gli restava più molw da vivere, e visitava le sue linee trasponaro in poltrona. Solo ai primi di agosro accettò il ricovero all'ospedale contumaciale di Udine, dove spirò il 25 agosro 1916. Poco prima era staw ricono sciuto idoneo al comando di un corpo d'armata, se m pre per merito di gue rra. Il re volle gl i fosse conferita anche la medaglia d'oro che fu conseg nata alla mog lie C lara dal sindaco di Vicenza il 17 dicembre 1916. È sepolro a Redipuglia.
Il general e Antonio Ch inotto Tavola di A. Mi nardi sulla "Tribuna del popolo, sugli ultimi giorni di vita del general e in trincea .
Il generale romagnolo Tommaso
Monti caduto sul Monte Santo al comando della Forn il 29 agosto 1917.
Tommaso Monti
Le pendici del Monte Santo.
T folci capelli neri tenuti a spazzola e che incorniciavano la fronte alta, gli occhiali a pince-nez e i curati baffi all ' insù gli davano l'aria piti di un maestro alla De Amicis che di u n cornandame di brigata desr in aw a cadere su lle pcndici del San Gab riele, guidando all' attacco i fanti della fOrLì . Nato, ironia della sorte, proprio a Forlì il 21 febbraio 1868 , divenne sotrotenente di fanceria n el 1888 al 2 l " reggimento del la Cremona Dal 189 3 al 1897 insegnò alla scuola di Modena. Fu alla Scuola di Guerra, da cui uscì fra i primi del corso ed enrrò quindi nel corpo di Sraco maggiore. Promosso capitano a scelta nel luglio 1902 , nel1904 prestò servizio di S. M. alla 24a divisione di Messina, dove lavorò anche agli ordini del generale Spingardi. Nel 1907 tornò a Modena quale rirolare dell'insegnamento di Sroria e arre militare restandovi fino alla nuova promozione. Promosso maggiore nel dicembre 1912, nel 1913 svo lse il prescritw comando di battaglione a l 55° reggimentO de lla lvfarche. Rientrò allo S M allo scoppio del conflitto e fu assegnato, quale capo di S. M. alla 22a divisione, dove restò fino al 26 novembre, agli ordini prima de l genera le Signorile e quindi del generale Dabalà, promosso nel frattempo tenente colonnello. All'inizio dell'anno successivo arrivò anche la promozione a colonnello e il 24 febbraio assunse il comando del 20 l o reggimento del l'appena costituita brigata Sesia, un compito impegnativo trattandosi di creare una nuova unità. Monti lasciò il comando di reggimenro il 6 settembre 1916, dopo aver combatmro a Posina c sul Maio, quindi nella zona di Gorizia, per rienuare nei ranghi dello Stato maggiore. Fu infatti destinato quale capo di S. M. al XX C.d.A., impegnato su ll'Altopiano dci Sette Comuni, dove restò dal 9 settembre 1916 al 5 maggio 1917, in tempo quindi per afFrontare gli ultimi sforzi offensivi in vista dell'"operazione K" e per predisporre la "difensiva ipotesi l " de ll'estate 191 7. Non partecipò però alla battaglia perché riconosciutO idoneo al comando di br igata e destinato a comandare la Chieti, allora sul tranquillo fronte delle Giudicarie che lasciò il 14 agosto successivo. Serre giorni dopo assunse il comando della brigata Forlì impegnata nell'attacco al pi lastro del Monte Sanro a nord est di Gorizia e il 29 agosto 1917 cadde n el guidare l'attacco dei suoi fanti
Tn pochi giorni la brigata perse oltre 1 .300 uomini fra cui 30 ufficiali. Fu il secondo comandante di questa b rigata a cadere al fronte, dopo Montanari. Gli fu assegnata la medag lia d'oro . È sepolto a Redip u glia.
Giuseppe Paolini
c mai l'eserciro italiano ha avuro un generale che ha saputo abbinare uno straordinario coraggio personale a grandi doti di comandanrc sul campo, questi è sraro Giuseppe Paolini; figlio di Nicola e di Teresa Celli era nato a Popoll, in provincia di Pesca ra, 1'11 apri le 186 1. " Il a p icco li baffi ne ri , a pp u n t it i, un v iso pa ll i do, da c onva lesce nr e, c un i n ce d e re rni suraro Ri spo n de affab ilmenrc, con un cenno succinro, al saluro dei soldati, ma senza distrarsi. Lo si direbbe un gentiluomo di campagna, forse un medico condono che ha indossatO da poco la divisa e la porra con quella caratteristica distinzione, tra inesperta e trascurata. Invece è il generale Pao l ini, co m a nd a nt e della br igata Acqui, m ed agl ia d 'oro" così lo rico rd ava un u fficiale d i complemento nelle trincee d i Monfalcone. ottorenente dci bersaglieri ne l 1882, fu assegnato al 2 ° bersaglieri, in cui rimase fino alla promozione a capitano nel mano 1894. Fu quindi trasferito all'8 ° bersaglieri quale aiuranre maggiore in l·', dove fu agl i ordini del co lonnello Giardina Promosso maggiore nel giugno 1908, fu asseg n ato a l comando d el XXX batragl i o ne bersaglie r i d el 9° reggimento c con esso partecipò all'opera di soccorso delle popolazioni calabro-lucanc colpire dal terremoto, meritando una medaglia d ' argcnro di benemerenza. ell'otrobre 1909 fu trasferire al comando del XV barragliene dell'l l o bersaglieri con il quale nel l 91 1 affrontò la guerra iralo-ru rca . l n Libia fu promosso rcncnce colonnello p e r merito d i gue r ra i l 10 o rrob rc 19 12, d opo il combatt im ento di Scia ra Sciat dove aveva subiro la prima di una serie incredibile di ferire. Dopo aver combattuto anche a Sidi Said e ad Assab, rimpatriò nell'agosto del 1913, decoraro di una medaglia d'argento e della croce di cavaliere del l'Ordine Mili t are di Savoia nel marzo 1913, dec retata proprio per l'artacco a lla baionetta co n dotto alle trincee d i S idi Sai d il 28 g iugno l 9 12 . I n l ralia fu inc:uicaro di formare il 134° reggimenro di mi li zia mobile, di cui assunse il comando e che guidò all'inizio della guerra e fino al 2 7 luglio 1915, quando fu nominaro colonnel lo. Promosso maggior generale per merito di guerra, per l'azione che aveva porraw all a co n q u isLa d el Sei Bus i, fu d esr in aw al coma n do d ell a brigara Benevento c h e g uidò dal 2 al 27 settembre 1915. Nell'ocwbre successivo comandò la "colonna Paolini" che doveva arraccare la trincea a teta alle Cave di Selz c occupare qui nd i il Cos i ch. Il 2 1 o rwb rc g uid ò le forze asseg n a tegli , par i a un a br igara ri nforzata, a l successo no n osra nre subisse quartro diverse ferire che non lo fecero allontanare dalla linea che ad azione conclusa. Ricoverare all'ospedale d i forlì, fu d eco raro d i m edag l ia d'oro su l campo m or u pro p r io d el re P u r ave n do perso la funzionalirà di un braccio, cornò al fronte orre ne nd o i l 24 gennaio 1916 il comando della brigara Acqui, di cui era appena sraro esonerato il comandante, la guidò fin o al 19 gi u g n o successivo m e ri ra n dos i ques to
Il generale p e scarese Giuseppe Paolini.
La tomba del generale Pa olini.
Il generale Paolini con le tre croci dell'Ordine Militare di Savoia, la medaglia d'oro e le due medaglie d'argento.
A Jato, il Cosich dall'altura di Selz dove nell ' ottobre 1915 meritò la medaglia d ' oro.
Selz, il Cosich e Monfalcone
giudizio dai suoi dipendenti: "vera tempra di soldaro valoroso, freddo nel pericolo e buono ancorché esigenre coi soldati; insofferenre della formalità , badava alla sostam.a e curava i bisogni e le necessità della truppa." Dopo aver invano attaccato con i suoi reggimenti le posizioni austriache dell ' lnterrorw, sull'Altopiano dei Serre Comuni, fu destinato il 20 giugno 1916 al comando della 4 3 divisione di fanteria schierata sulle stesse posizioni (zona Colombara). Rimase al comando della grande unità fino al2 7 gennaio 1918, ottenendo il20 giugno 191 7 il grado di tenenre generale sempre per meriro di guerra. In quesro lungo arco operativo si distinse nelle azioni contro il Pecinka e nell'occupazione di Castagnevizza ottenendo la croce di ufficiale dell'Ordine Militare di Savoia. Dopo Caporetto fu in realtà al comando di un corpo d'armata di formazione che coprì la ritirata della 3 3 armata sul Piave, agli ordini del ge n erale Sagramoso, operazione per cui gli fu decretata la medaglia d 'argento. Il 28 gennaio 1918 gli fu affidato il comando dell'Xl corpo, un incarico addirittura straordinario per un ufficiale che non aveva all'arrivo nemmeno la Scuola di Guerra, e Paolini non fu nemmeno in questo caso inferiore alle attese. Guidò infatti la sua unirà fino al2 agosto 1919 , distinguendosi soprattutto nel corso della battag lia del Solstizio, quando sosterrà l' urto del VTI C.d.A. ungherese deii'Isonzo Armee usando brillantemente le poche riserve a disposizione per parare l'avanzata oltre Piave, ne ricavò la croce di commendatore dell'Ordine Militare di Savoia. Dopo aver combarruro in ottobre 1918 alle Grave di Papadopo li e aver raggiunto il Monticano, concluse il conflitto con la croce di grand ' ufficiale dell ' Ordine Militare di Savoia- probabilmente i n pubblico non riuscì mai a indossarle tutte quattro le decorazioni. Fu quindi destinato al comando del C.d.A. di Trieste e nell920 passò al comando della Zona Gorizia, dando notevole impulso alla ricerca ed esumazione delle salme dei caduti del fronte isontino. Fece inoltre parte della commissione per l'individuaz. ione e celebrazione della salma de l Milire Ignow. Ne ll'aprile 1922 fu colloca w in congedo e nel febbraio 1923 promosso generale di corpo d'armata; si accingeva a porre la propria candidatura a sindaco di Gorizia, quando fu stroncato da un arracco cardiaco l' 11 gennaio 1924. È sepolto a Redipuglia.
TI "conquistawre" di Plava, al comando della 3a divisione (brigar<:: Raz,nma e Forlì) durante il pri m o balzo iniza le del 1915 era naro a Novara il 16 febbraio 1851 e divenne sonorenentc d i fanteria nel 1870. Fu alla Scuo la di Guerra c andò quindi in Africa Orientale con compiti di carattere ropografico. Fu promosso colonnello nel giugno del 190 l e destinato al comando del 20" reggimento della Brescia. Promosso magg ior gene ra le nel febbra io 1908, fu destinato iniz ial mente al comando della brigata Modena, ma già nel 1909 fu mandatO al Ministero della Guerra quale direttore generale (Ufficio Personale). Tenente generale dal mano 1912, assunse il comando della divisione di Alessandria con la quale ini7iÒ il conAiuo, guidandola dal 24 magg io al 21 giugno 19 15. Nell a notte s u l 9 giugno 200 fuci lieri volontari del 38" della brigata Ravenna passarono l'lsonzo, occuparono le case di Plava c delle pattuglie avanzarono verso la quota 383. Tuttavia, solo l'Il giugno il l c il fJ battaglione del 28" comandati dal maggiore Pietro Musso c dal tenente colonnello Cesare Colberraldo riuscirono a occupare per poche ore quota 383, ma furono ricacciati da un conr ranacco austriaco che il 12 li costrinse a rirornare sulle posizioni di parren;a; rirornarono all'auacco il 13 con il 3r reggimento e finalmenre il 16, con i rinforzi della Forli e de ll a Spezia, ri usci rono ad attestarsi sulla quota 383. Con la presa de l Monre Nero, questa azione fu il maggior successo del primo balzo iniziale: era l'unica resta di ponte al di là dcii'Isonw. Ceduro il comando di divisione in seguito a un provvedimento di esonero che lo aveva colpiro il 19 giugno, Prelli n o n fu a llon tanaw dal fro n te e dal serrc m bre 1917 al l' agosto 1918 ricop rì l' in carico di Capo Ufficio promozioni speciali presso il Comando Supremo. Nel maggio del 1919 la commenda dell'Ordine Milirare di avoia arrivò infine a premiare il forzamento dcii'Tsonzo c l'occupazione di Plava di quattro anni prima Ne ll o stesso 19 19 morl a B o logna. In punto d i morte c h iese di essere sepolto con i fanti che avevano conquistato Plava. È sepolta a Redipuglia.
Il generale novarese Giovanni P re Ili.
A lato. Il cimitero intitolato a Prelli a Plava.
La testa di ponte di Plava del giugno 191 5 sotto Zagora e la quota 61 l del Monte Cucco (AUSSME).
Il generale perugino Fulvio
Riccieri morto per feri t e n e l combattimento di Fionda r d e l 4 giugno 1917.
Lo schieram e nto d e l 7r Pugli e sull'alpe di Cosmagnon il l O settembre l 9 16
Fulvio Ricci eri
Tra i comandanti caduri al fronte assieme ai loro uomini figura questo generale nato a Perugia il21 aprile 1862. Sonocenente di fanteria nel 1882 al22° reggimento Cremona, fu promosso cap i tano nell'agosto del1894. Nel1905 fu in servizio al 54 o Umbria agli ordini del colonnello Pascale, e l'anno successivo passò al 46° reggimenro Reggio, allora alle dipendenze del maggior generale de Chaurand Maggiore dal marzo 1909, fu trasferito ancora, stavolta al39o reggimenro Bologna, dove restò fino alla promozione a renenre colonnello nel serrembre 1913 che ne determinò il trasferimento al l 5" reggimento Savona . In rurro questo periodo i diversi comandami da lui avuti ne sorrolinearono sempre, nelle n ote caratrer isrichc, la singolare "capacità di comando". Nel 1915, ancora tenente colonnell o, ricevette il comando del 3" Piemonte che g uidò all 'inizio del conflitto e anche dopo la promozione a co lonnello. Lasciò il vecch io e prestigioso reggimento nel luglio 1916. Aveva av u to n e l frattempo la responsabi lità prima della conca di Plezzo, poi del sortosettore A lto Fella in Carnia. 113 agosro 1916, riconosciuto idoneo al comando brigata, andò a comandare la Puglie. Co ntribuì , al comando anche di altre forze di fanteria, bersaglieri e alpini , alla conquista dell'Alpe di Cosmagon nel massiccio del Pasubio. Il generale Graziani, non cerro faci le agli elogi, lo definì "un comandante di straordinaria decisione e fermezza, sul quale si p u ò fare sicuro affidamento anche per le più difficili imprese". Ricevette per rale azione la croce di cavaliere dell'Ordine Militare di Savoia Passato quindi sul Carso di Comeno, ricevette lodi anche dal generale Oiaz, da cui dipendeva la brigata.
Il 4 g iug no 19 17 la Puglie si rrovò in prima lin ea durante una offensiva austro -ungarica mirante ad allontanare la linea i tal iana dalle pendici d cii ' H crmada in quella che Roberto Bencivenga defìnì " la sorpresa ranica di Fio ndar" e che racconta ne La battaglia della Bainsizza: "sop ratt utt o s ul tratto d i fronte tenuto dal 71 o Puglie fra le qu ote 145 nord (es clu sa) e 145 s ud (qu esta però era occupata dall'avversario!); dove due striminziti battaglioni occupavano una estesa fronte, e per necessità di cose, con un a occupazione salt uaria Qui il rerrc no è dominatO dalle p osizioni avversarie e so p rarrmto esposto all 'insi di a di truppe nemiche c h e d iet ro qu es te p osiz io ni possono n ascon d e rsi. Ma quello ch e è più grave - continua Benc ive n ga -, si è ch e di etro al 71 o non vi è alc un reparro di rin calzo; menrre la fronte da esso occupata copre tuttO lo schieramento della brigata Verona e le due galler ie (quella di g. 43 e d i q. 40) dove, per necessità di cose, si addensa no co m a ndi , eruppe e serv izi delle brigate Ancona e Verona
Le brigate anzidette provenivano dalla fronte del Tremino, dal quale era no sratc improvv isamente tolte durante la battaglia. Esse accud ivano ai lavori, nel mentre s i adoperavano a ri mettere in efficienza i reparri dai quali e rano stati colti numerosi elementi destinaci a formare nucleo di nuove unirà, e nei quali e ra no srar i ri ve rsa ti uomini dei battaglioni territoriali, a lcuni dei quali non avevano neppur cono scenza del fucil e mod. 91 e tanto meno del maneggio di bombe
a mano. Sarebbe esagerato dunque affermare che queste unità fossero nelle mi g liori condizioni di impiego , non so lo per l'addesrramcnco e la fusione dei vari clementi, ma anche per l'improvviso passaggio dalla quieta fronte del Tremino, all'inferno del Carso. È contro questo nosuo d ebole e imperfetto sc hieram ento che il mattino del 4 si rovescia l'uragano dì fuoco e, dopo breve preparazione l' urro di truppe austro ungarico particolarmente addestrace a una improvvisa irruzione.
Nell'ordine emanato il 3 0 maggio, è precisato l'obbicrriv o delle truppe, operanti dall'Hermada; vi è detto che menrrc queste agiranno tra il vallone di Brcsrovica e il mare, altre truppe punteranno s ulla region e Fornaza '!:azio ne deve avere caratte re di sorpresa' - cos ì dice testu a lmente l'ordine. Giorno stabilito il 2 giugno. Poi quest'ordine viene modifìcaro, e la sua esecuzione rimandata al 4 giugno.
Modalità: azione di fuoco di artiglieria violento della du -
rata di 40 minuù: ini zio ore 4. Quindi irruzione delle &nrerie (vedi schizzo p. 148).
Il gruppo Srraub, secondo la Relazione austriaca attaccava a cavallo della ferrovia, il gruppo Schwarze nb erg a nord.
La notte - co ntinua Bencivenga - su l 4 passa in una calma assol uta , ma al marrino alle quallrO si scatena un uragano di fuoco di artiglieria che sorprende non solo le truppe nelle prime linee, ma tune quelle che si muovono nelle rerrovie sia per il risanamenro del campo di banaglia, sia per i rifornimenti, s ia per cambio ricevuco.
TI terreno scope rto n on permette riparo e rutta questa folla delle rerrovie si rovescia all'indietro, specialmcmc in direzione della galleria di q. 43, dove si spera trovare ricovero e dove del resro sono i comandi della \lérona [co lonnello Alfonso Martei] c della Puglie [generale Fulvio RiccieriJ. Questa folla g iunge su ll a gal leri a quasi conremporaneamenre a rcpani austriaci i quali, senza colpo ferire, sono riusc iti ad attraversare le nostre lince.
Che cosa era accaduto?
Il bombardamento- a d erra della Relazione austriaca - aveva 'strirolaro gli Italiani'. In realtà non rurti perché, come vedremo, dai modesti ripari di fortuna so rgeranno i difensori, non appena le truppe n e miche verranno all 'assalto. Ma purtroppo le no s tre l in ee non sono contin ue: nella zona tra q. 145, nord e il Casello ferroviario vi sono larghi trani privi di difesa e forse anche di vigilanza. Nessuno pensa che, co nrrariam e me a quanto è stato fin ora, ci si limi ti a un bombardamento di so li 40 minuci; c le truppe ce rcano di ripararsi come possono dall'uragano di fuoco, menrre invocano l'aiuto della nostra artiglieria. Ma le comunicazioni, del tuno precari e, so no interrott e fin dal primo momento; cosicché quando le truppe austro-ungariche dopo i 40 minuti di fuoco irrompono a ll 'assalto, esse giungono indisturbate sulle noscre linee; c laddove l'occupazione man ca o è rada, le sor passa. Quesro avviene precisamente tra iiiil/71 ° c illii/86°, c anche tra il Il e il JII /71°. È attraverso questi intervalli che passano i bosniaci di Kovaccvic, dirigendosi direuamenre sulla galleria di q. 43 e portandovi lo sco mpiglio. Nella galleria di q. -13 si trovano i co mandi del le bri -
Schizzo austriaco dello schieramento dei reggimenti il 29 maggio l 91 7 a quota 145 d e li'Hermad a.
Schizzo del g e nerale Bencivenga sullo sfondamento del 4 giugno del 71 ° Puglie ve rso la gall e ria di Q . 43.
Le direzioni dell'attacco austriaco e la linea alla sera del 4 giugno.
La galleria di Q. 43 da dove uscì il generale Riccieri p er l'estrema difesa con gli sbandati dell 71 o reggimento .
gare Verona e Puglie, un battaglione della Verona e serv izi vari. La galleria occupata da noi nell'avanzata del23 maggio era stata sistemata all'interno dagli austro ungarico come una nave, con le sue cabine e con le sue cuccerre, sicché nell'interno era difficile muoversi e orientarsi. Il comandante della brigata Puglie, il generale Riccicri, non appena ode il bombardamento, si precipita verso la fronte del 71 o reggimento, nel camm ino s i sconcra cogl i austriaci , rifìur a di arrendersi, impegna la lotta e viene ucciso [morì per ferire due settimane dopo l. Ugual sorte trova il comandame dell'86 o colonne llo Srigliani che, dopo aver passato la none dietro i suoi battaglioni, si era ritiraw al posto di comando nella galleria a q. 43. Il comandante della Verona, generale Roversi, con energia e serenità, cerca mettere ordine nello scompiglio e ordina al bauaglione di portarsi fuori del la ga ll eria a q. 43. Riesce in parre e provvede con questi reparti a presidiare l'altura di q. 58 alla propria destra. Nel frangeme ve rrà posra in salvo la bandiera de l reggimemo: staccando il drappo dall'asta, riducendo quello in pezzi, nascosti poi nell'armatura interna della galleria. I pochi drappelli austriaci giunti sulla galleria di q. 43 piazzeranno le mitragliatrici in modo da impedire un nostro riwrno offensivo. Menrre avviene qu esta grave crisi di etro la linea delle nostre truppe - cominua Bencivenga - ,su questa s i combatte vir ilm e nt e.
Il Ill/71 o è presto sopraffatto: esso ha un'occupazione a nuclei: dei suoi trecento uomini spars i su larga fronre , una parte viene subiro circuita e catturata, ma un nucleo abbastanza forre si stringe attorno al comandante del battaglione e ripiega su q. 11 O
Una larga breccia si determina così fra il Il/71 o c il III/86 ° amaverso la quale dilagano le truppe della colonna Kovacevic per portarsi alle spalle dei reparti laterali.
La situazione si fa grave soprattutto per illl/71 °, anch'esso disseminato coi suo i 500 uomini appena su larga fronte. TI comandante del II/71 o lcapitano Luigi Danesi] chiede rinforzi al colonnello Mario Costa- comandante del 7 1o- che s i rrova qualche cenrinaio di metri a tergo: questi, riunito un gruppo di scritturali e porta ordini, si lancia avanti in aiuro al suo battaglione, ma ogni resistenza è vana. Il battagLione, col comandante del reggimento, rip iega lentameme sostenendo una lotta vivace coi nuclei p iù avanzati dei qual i si scorge "il bianco degli occhi". Inrorno al colonnello ca dono parecchi; il co lon n ello stesso è ferito, ma non per questo abbandonerà i suo i valorosi soldati fino a portare i superst i ti in salvo presso il viadotto, allora cadrà privo di sens i e sarà rrasporraro in un ospeda letto .
Stùla q. 145 nord rimane intrepido ill/71 ° Ma la sua situazione è tragica: non solo le tru pp e sulla destra ne hanno scoperto il fìanco, ma anche su lla sinistra avviene il cedimento del II/69 ° . Con tutto ciò la resistenza è tenace e il principe Schwarzenberg ordina l'impiego dei rincalzi e una manovra avvolge nt e per determinare i l cro ll o dei difensori di q. 145 nord" Il l/71 °, preso di fronte e alle spalle, resistette, ma essendo circondato so lo pochi fanri poterono ripiegare verso i l viadotto" conclude Benicvenga.
Rìccieri aveva raccolto gli sbandati che ripiegavano verso la gal leria di quota 43 e p e r due volte tentò di conrrarraccare, ma la potenza di fuoco rispetto agl i assalitori che avanzavano con mitragliatrici leggere era irrisoria: fu ferito per due vo lt e e fu raccolto dagl i aus tri aci su l campo di battaglia. Morì dopo diciotto giorni di sofferenze il 22 giugno 191 7 nell'ospedale da campo ausrriaco di Du in o. È sepolto a Redipuglia.
Ferru ccio Trombi
Il conte modenese Ferruccio Trombi fu il terzo generale italiano a cadere sul campo di battaglia nel corso del conflirro. Fig lio di Francesco e di Marianna Zerbini, nacque a Modena il 2 agosto 1858, iniziò la carriera a 16 anni alla scuola militare, e fu nominato sorrotenenre al31 o reggimento. Tenente nel 1880, capitano nel 1887, divenne maggiore l l anni dopo e tenente colonnello nel gennaio del 1903. La sua fu in sostanza una carriera "normale", conforrata comunque <.la una crescente stima da parte dei superiori e trascorsa, da autentico troupier, rutta al comando e a conrarro della truppa. Tel triennio 1905-07 fu al 22 o reggimento della Cremona a Reggio Calabria agli ordini del maggior generale Bompiani. Promosso colonnello nel 1910, fu dest in alO al comando del Regio Corpo eruppe coloniali in Soma lia, dove rimase due anni, guadagnandosi la stima del governarore De Marcino. Dopo un breve soggiorno in lralia, forre della sua esperienza coloniale, riparrì per la Libia al comando del 34 ° reggimento fanteria, co l quale fu feriro per la prima volta a Tobruk 1'11 marzo. Dopo tre mesi di conva lescenza, partecipò alla spedizione del generale Ameglia a Rodi, dove guidò la marcia su Psitos, guadagnandosi - unitamente all'azione precedente a Tobruk -la c roce di cavaliere deii'OMS. NominatO comandanre la piazza di Rodi, vi sost i tuì per un certo periodo lo sresso Ameg l ia, dimostrando o ltre a quelle di combarrenre buone doti politico-diplomatiche. Nel novembre 1913 fu promosso maggior generale, senza peraltro alcuna prospeuiva reale di carriera. Due mesi dopo, di conseguenza, chiese di essere collocaro a riposo . Di fronte a ll 'imm i nenza del con fli tto, i l vecchio combattente non aveva però alcuna idea di restarsene a casa. Chiese di rornare in servizio attivo, ricevendo il comando della brigata Alessandria, con la quale fu gravememe feriro sull'altopiano carsico già il 25 luglio 1915. Sarebbe staro sufficiente per molti alrri, ma non per lu i. n 12 otrobre tOrnÒ al fronte al comando del la brigata Livorno nel durissimo settore di Oslavia, dove oltreruno infuriava il colera. All'inizio della quarta battaglia dell'lsonzo operò alle dipendenze della 4a divisione nella zona fondo Val Pcumica all'a l to Sabotino. Ferito il colonnello brigadiere Roffì che comandava il settore, il 27 novembre Trornbi assunse la direzione delle operazioni contro Q. 188. La notte successiva si portò in linea per osservare un elemento di trincea occupato dal nem ico, in prossimir:t di un osservatorio fu però colpito dall'esplosione di una granata a shrapnel. Recuperaro forse con il taciw assenso austriaco, i l corpo fu provviso ri amente sepolto al Lenzuolo bianco. Sulla sellerra di Oslavia fu in seguito costruito un obelisco a lui dedicato. Medaglia d'oro, è sepolro a Oslavia.
Il generale modenese Fe rrucci o Trombi caduto a Oslavia il 28 nove mbre 19 l S.
La quota 188 dove cadde il gen e rale Trombi.
Papa colonnello comandante nelle Dolomiti P81 o reggimento .
Il generale Papa comandante la brigata Liguria,
Achille Papa
Non è facile rracciare in poche righe anche un semplice profilo biografico di quella che, assieme forse solo a Canrore c a Ch inorro , rappresentò una delle "legge nde" del nosrro esercito nel corso del primo conflirro mondiale. Nato a Desenzano il23 febbraio 1863 da Antonio c Teresa Girardini, secondogeniro di rre figli (Lucia e U li sse), apparteneva alla piccola borghesia che si affacciava, timorosa ma dignitosa, anche al mestiere delle armi. Appassionato di montagna e di storia mi litare, entrò a Modena nel 1880, uscendone nel 1882 per essere assegnato al 47" reggimento rèrrara, allora di stanza a Genova. Una vo lta tenenre, fu uasferiro al 5" reggimento alp ini , dove nel dicembre 1892 mise la terza stella da capitano. Passò quindi al4 ° reggimento alpini e fu assegnato al battaglione Susa. Nel novembre 1895 sposò Eugenia Fedcrici, di origini nobili e ori un da del la Val Camonica, cui lo legò un afferro tenerissimo per cuna la vira. Passò in serv izio di Stato Maggiore a Novara, dove videro la luce le figlie 1èresina e Mariuccia, e nel 1902 fu destinaro al 77" reggimento Toscana allora a Bergamo, non lontano dal Garda. Promosso maggiore nel senembre 1906, fu destinato per il comando di banaglione al 74° Lombardia a Brescia. Occorsero altri cinque anni - gli mancava infatti la Scuola di Guerra - perché arrivasse anche la promozione a tenente co lonnello nel senembre 1911 e il relativo trasferimento al 55" reggimento Marche di stanza a Treviso. Agli inizi del 1915 fu chiamato ad affrontare gli esami per il grado di colonnello e li superò brillanremenre, a dispeno di un'accesa discussione con il presidente della commissione, generale Porro. La promozione comporrò però un nuovo rrasferimenro, stavolta lonta n o dalla naria Desenzano: il lo aprile 1915 divenne infarti il comandante dell'81 o 7òrino, di guarn igionc a Roma Il nuovo incarico lo allonranò dalle sue passion i maggiori: la famiglia che adorava ma nei confronr i della quale era molto esigente, e l'ono. Allo scoppio del conflitto si porrò col reggi m e nro nelle Dolomiti del Sasso di Stria-Col di Lana, dove il 16 giugno occupò il castello d i Buchenstein. Personalmente favorevole ag li esoneri dei co m and i, molti dei quali erano a suo avviso del tutto in adeguati al la g u erra, fece esegu ir e anche due condanne a morte a carico di disertori dell'81 o reggimento. Fu ai suo i ordini c h e avven n e l'eroico e sfort u nato tentativo del te n e nte Fusetti d'impadronirs i del Sasso di Stria. Il 30 novembre fu riconosciuto idoneo al comando briga ca e desti naro a ll a bri ga t a Liguria cui legò buona parre della sua leggenda. Con i fant i liguri e piemontesi combatté infarti s ul Mrzlì ne ll 'Alto Isonzo e nel marzo 1916 fu promosso maggior ge n erale. Ne ll ' apri le s u ccess ivo il generale Tasso ni gl i affidò il presidio di Capo rerto, dove si segnalò per gl i intervenri a favore della popolazione slovena. Nel maggio del 1916 assunse per un periodo il coma nd o inrerinale della 33a divisione , per tornare il 20 maggio al la Liguria e affrontare le fasi de cisive dell'offensiva austro-ungarica s ull 'Alto piano dei Serre Comuni. Fu lu i a convi n cere un titubante generale Rosragno a imbastire la difesa sul lo Zovetto, do ve la sua brigata perse il 40% degli
efferrivi, facendo naufragare ogni sogno avversario Ji raggiungere la pianura veneta. Passaro alle dipendenze della 44• divisione del temuto generale Andrea Graziani, fu destinato al Pasubio, dove entrò in linea il 5 luglio. Vi restò fìno all'agosto 1917, realizzando l'inrero difènsivo del Pasubio occidentale e affrontando, sempre in prima linea, rutto il ciclo dei combattime nti dell'estate-aurunno. e ricavò una medaglia d'argento che andò ad aggiungersi alla croce di cava li ere dell' Ord ine Militare di Savoia ottenuta nel senembre l 916 per la difesa dello Zoverro Onenne quindi il comando della 44• divisione, co n la quale fu trasferito prima alla 3 3 e quindi alla 2" armata, dove fu assegnaw al II C.d.A. del generale Montuori Entrò in linea il 29 agosto col compito di ampl iare l'occupazione del NaKobil in direzione di Q. 800 ad est della frazione di Madoni, sull'Altopiano della Bainsizza. Il 5 orrobre, duranre una delle usuali ispezioni alle posizioni più avanzate fu co l pito alla pane destra del torace dalla pallorro la esp los iva di un cecchino. La pallonola esplosiva come neva un meccanismo per eu i appena incontrava reloisrenza esplodeva come una piccola bomba, causando emoragie che se non venivano subito medicare portavano alla morre per dissanguamento. Trombi morì alle 13,30 all'ospedale da campo di Svero; la seconda medaglia d'argemo ponatagli dal generale Monruori, dopo la morte fu tramutata in oro. Ai funerali a Quisca suonò un quartetto d'archi diretto da Toscan ini. Così ne commentò la morte uno dci nostri diaristi, tutt'alcro che tenero nei confron-
ti dei superiori: "saggio e tenace, non sarà mai abbastanza compianto!". Fu sepolto nel sacrario militare di Oslavia.
L'arco della brigata Liguria sul Pasubio: "di qui non si passa". Il colonnello Cattalochino con il berre tto d el l 57 ° Liguria e il generale Papa nell'inverno 1916-1917.
M a doni , sulla Ba insizza dove cadd e il generale Trombi.
Il generale Alc eo C attalochino caduto nei pressi di M esnjak nei Lo m di Tolmin o il 25 agosto 1917.
Alceo Cattalochino
Di famiglia sarda, naro a Terni 1'8 orrobrc 1863 da Giovanni Amoni o , allora comandame la piazza, e daJla Agnese Piazzctta, nel 1883 uscì ufficiale di fanteria da Modena - non brillanrcmcnre (146° su 319 ) - entrando nelle file del 33o reggimemo Livonw a Mesl.ina. Promosso renenre nell'orrobre 1885, si segnalò per le ottime dori di disegnarorc. Capitano dieci an ni dopo, chiese di passare negli alpini e fu destinato al 3 ° reggimento con sede a Torino. TI 19 orrobre 1906 sposò Angela Giuseppina Nizza c h e due a nni dopo g li di ede un figlio, Ademaro. Nel g iugno 1909 fu promo sso maggiore c desrinaro :ti r reggimenro alpini, da cui p assò in ottobre a11'8° di Udine, di c ui divenne nel 19 12 co mandante di Deposito. Tenente co lonnello nel genna io 19 14, and(> a coman dare il banaglione alpini Saluzzo a Cuneo, collega d i Romolo Mosca Ri a tcl , s p osta ndos i nel l'agosto in Carnia co l s uo reparto Il 24 maggio 19 15 e ra a l ri cove ro Pi zz.u l e com batté quindi sul Freikofel. Las ciato il suo barrag lion e c g li a lpini il 27 g iu g no , fu des tinatO al comando del 149° reggimenro irapani dove lo ragg iun se il 6 lug lio la promozione a colonnello. Nel serrem bre successivo il 149 ° , alle dipendem.e della 23 3 divisione d ella 3a armata, fu co lpito dal colera che comagiò anche il suo comandante. La lunga degenza ospedaliera e l'isolamemo furono un vero castigo per il colonnello, notoriamente Rmanre delle donne: e della buona cucina. Guarito c tornaro al fronre, fu posto il 21 giugno 1916 al comando del 15r rcggimenro Liguria che guidò in mrri i principali combarrimemi dd Pasubio fino al 5 otrobrc successivo. Riconosciuro idoneo al comando di brigata, fu destinato alla Abruzzi con la quale diede il can1bio alla Milano in vista dell'onava barraglia dell'lsonL.o nel scrrorc Rusic-cimite ro di Gorizia. el ge nnaio 191 7 g li fu assegnato il comando interinale della 23a divisione dove so s tituì iJ titol are generale Garri. Il 2 marzo lasciò la brigara Abruzzi e fu messo a disposizione dd ministero d ella G u e rr a c rrasfcriro a Torino, dove il suo morale non fu cc n a rn c nr c dci migliori. li s uo nome figura infar ti - purtroppo senza ulteriori spec ifl caz ioni- nell ' elenco dei comandanti d i brigata "eso n c ra ri ". Accertò quinJi la "re trocess io n e" a comandante d i regg im ento, seg nalam e nt c del 24r de ll a Belluno di nuova costituzione, a ll e d ipend e n ze de ll a G5a divisione del ge n erale Pirzio B i ro li . TI 23 agosro penetrò nel va ll o ne di Siroka Njva sulla Bainsiz:za e, pur sa p e nd o di ave r nuovRmenre ottenuro un comando di brigara, chiese di n o n lasciare il reggimento senza comandante durante l'offe n s iva. Co lpito il 26 agosto da un colpo di fucile non lonr ano da Mcsnjack, sp i rò all' 1.30 del2 7 agosro all'ospedal e mobile N o 3 "Momeggia" a Molini di KJinac diretto dal maggiore professar Oresle Margarucci, coad iu vato dal chirurgo Luigi Frassi e dalle crocerossine vete rane Cecilia Filonardi , Carolina Monroy, Tin a Fecia di Cossa to e la principessa Anna Maria Borghese De Fer rari. TI m ese successivo gli fu asseg nata la medaglia d'oro. Nell'aprile del 1922 la sa lma fu rraslara al cimitero "A. Papa" di O slavi a c, dopo la creaz ione dell 'Ossa rio , nello sresso il 26 maggio 193 7
Il cimitero degli Eroi di Aquileia, il luogo abbandonato
Dietro alla Basilica paleocristiana di Aquileia, vegliato dai cipressi, si trova il cimitero degli Eroi, così chiamato fin dal 1915.
"Il cimitero si distacca dalla rerra contigua e fa come corpo con la Basilica, dando un senso augustO c grandioso al lu ogo c n·asporrano di co lpo il visirarore:: in un regno ultraterreno, dove la morte si rrasfigura- scr isse don Celso Costanr ini , ruturo cardinale e all 'e poca cusrode della basilica c parroco-, la Basilica pare la dolce:: santa madre, che protegge il sonno dei figli, cosicché le rombe diventano culle. Per la linea della bellezza monumenrale, ma più ancora per il legame spirituale, la Basilica e il cimitero vanno indivisi: l'assieme dà l'immagine della prora di una mjsrica nave volta verso il Carso. 11 cimitero è bensì, ora, il cimitero dci Cadmi del la grande guerra: ma esso è come un libro più prorondo, in CLÙ le pagine recenti coprono pagine più amiche. Il cimitero ha una sua anrica vim, che è come rifìorira a l soffio di una nuova primavera eroica".
furono gli ufficali dd Genio della 3• armata dd duca d'Aosta a realizzare la planimcrria, la recinzione e la cappella votiva che riporta la clara 1916. Nella cappella votiva del cimitero il duca aveva progerraro di stabilirvi il sacrario della Y armara. l..-1 decorazione della cappella com i n c iò nel maggio del 1917, ma non fu ma i porrara a conclusione.
Le tracce del vecchio cimitero sono ancora visibili dalle lapidi posre conrro il muro di cinra e contro la Basilica .
Nel 1915 il Comando Supremo aveva farro internare tutti i parroci "non parriortici", tra quesri c'era Meizlich, il parroco di Aquileia. Come suo sost iruro venne sce l to don Celso Cosranrin i, un giovane esperto di arre sacra, amico di Ugo Ojerti c che dopo Caporerto divenne cappellano del comando della 3• armata a Mogliano. L'81uglio 1915 Cosrantini s'installò ad Aquileia col titolo di reggente di quella parrocchia e di conservarorc della Basilica, dove collaborò il cenenre Ojctri che aveva l'incarico di presiedere alla conservazione delle opere d'arre nella zona di guerra.
Anna Sgubinltalico Brass, Aquileia le tombe dei primi caduti, ottobre 1915 . Don Celso Costantini celebra le esequie degli eroi caduti sul Carso.
Maggio 1916 . Don Celso Costantini, custode della basilica di Aquileia, con il re ed Edoardo, principe di Galles.
Il Cimitero nel 1916.
Il duca d ' Aosta con i generali dell a 3a armata t ra l e ro se appena pian tate .
Cosranrini trovò una popolazione rispettosa, anche se fredda, infarti gli abitanti erano stati educati all'amore verso l'imperatore e al rispetto verso le autorità; in o l tre rutti i giovani abiLi di Aquileia stavano combattendo per l'Austria e don Celso dovette fare un'opera di educazione italiana con discrezione .
Ma soprattutto, dietro la Basilica trovò un cimitero che dava l' impressione di un luogo poco curato, dove già risultavano sepolti dei militari, italiani ed austriaci, senza che fossero state riesumace le vecchie sa lm e.
Lidea di trasformare quel luogo in un cimitero di guerra nacque da uno scambio di idee rra Costanrini e Ojetti.
Tra le persone e i militari che passavano ad Aq u ileia c 'era Gabriele D'Annunzio, che tra i cipressi del cimitero iniziò il co lloqui o con don Celso, e da lì nacque un'amicizia. TI poeta preparò un salmo per commemorare i soldati caduti al fronte , c h e fu letto i12 novembre 1915; ere verserei del II salmo dei Tre Salmi per i nostri morti furono riportati su una targa marmorea, murata su ll 'abs ide della basilica di frome al monumento ai Dieci Mili ti Ignori; targa che fu distrutta dagli austriaci quando enrrarono ad Aqui leia dopo Caporerro, ma che poi fu riscolpira dagli italiani nel 19 18.
Verso la fine del 1915 il cimitero iniziò a prendere forma, don Celso tracciò i viali, ancora csisrcnr i e Ojetti pensava già a piantare "lauri e rose" per accogliere i caduti. Lungo i v iali che lui stesso aveva progcttaro c attorno le rombe che lui aveva sistematO, tramite un "piano rego latore" che aveva messo a punto , don Celso aveva piancaro una bassa siepe in bosso .
Don Celso Costa ntini celebra le esequie del maggiore Randaccio .
D 'Ann un z io scelse, tra due cip ressi sotro il muro con uno sfo ndo di lauri il luogo dove se ppel lire il suo amico il maggiore Randaccio e lì fece mettere il sarcofago alromed ioevale, v ic ino a l quale si trova a n co ra il cap itello da cu i D ' Annunzio pronunciò il suo commiato dall'amico. Randaccio fu uno degli ultimi a essere sepolto nel cimitero perché g ià nel 1917 dietro la b as ili ca non vi era piLt p osro. In seguito, i caduti vennero sepolri nel nuovo cimitero di Aqui leia e a gue rra co nclusa furono trasfèr iti a Redipugl ia.
Nel 1919 Cosranrini fu nominato direttore del museo arch eo logico e co ns ervarore d el la b as ilica di Aquileia e rimediò con amore alle consegu e nze d ell' incuria e dell'abbandono in c ui l'A ustria aveva lasciato il c i m icero durame l' an no di occupazion e
Nella primavera del 1921 il cimitero fu comp letato inserendo due opere di alto signifi cato: Il Gisto di .Edmondo Furlan ( 1888 - 1974) e L'Angelo della carità di Errore Ximenes ( 18 551926)- per il vo lro dell'angelo Ximenes sem b ra avesse preso come modello il volro della duc h essa Elena d'Aosta , ispettrice generale delle infermiere volont arie . Questi due monumenti rappresenta no l'uno la pietà di v in a e l'altro la pietà uman a verso i ferit i e caduti.
TI 28 onobre 1921, quando si raccolsero nella basilica le salme degli undici soldati ignori, don Costanr ini , che era a Fi ume mandaro dalla Sanra Sede, fu chiamato a compiere il riro, quindi preparò il sepolcro ai dieci rimasti e prese le ultime disposizioni per l'assetto di quello che fu dcrro "il più degno cimitero di guerra" d'lralia. Nel 1921 quando le li bare giunsero ad Aquileia per il rito della scelta del Milite lgnom che sarebbe andato a Roma come simbo lo di tUili i caduti, dietro il cimitero, dal 1919, l'architetto Guido Cirilli stava lavorando alla realizza.zione del Monumento tti Dieci Militi !gnoti, a cui furono aggiunti la lampada e il rri pode in ferro b arruro ad opera d i AJberro Cal ligaris. Cirilli rea lizzò un alrare dove avrebbero riposato i Dieci Miliri Ignori che sarebbero rimasti ad Aquileia c dal 1954, ai piedi del tappeto erboso, a vegliare i militi, fu ru m ulata la sal ma di Maria Bergamas, co le i che, avendo scelto ua le undici bare quella de l soldato sconosciuto che sarebbe srara portata all'Altare della patria, era il simbolo del lutto per rurrc le madri. Sul monumento, davanti l' altare al tappeto erboso che ricopre la fossa sepolcralc dove r i posano
Il monum e nto ai l O Militi Ignoti dell'architetto Cirill i. La tavola di Beltram e su " La Dom enica del Corriere " sulla sepoltura di Randaccio ad Aquil e ia. Cimitero degli Eroi n e l 1992 , sullo sfondo la tomba del maggiore Randaccio .
Un viale del cimitero nel 1992. La tomba degli altri dieci "militi ignoti" e la tomba di Maria Bergamas.
L'Angelo di carità di Ettore Ximenez n e l 1992.
Edmondo Furlan, Il Sacrificio.
i Dieci Militi, c'è una lapide con le parole esaltatrici del sacrificio compiuto dai 650.000 caduti della guerra: "Ma non piangere, o madri, non piangere, che i vostri figli valorosi non sono moni né giammai morranno. Lasciando le spoglie mortali all'oscura terra essi sono saliti alla gloria dell ' immortalità. Porranno murare eventi, persone, generazioni, ma fìnche il sole risplenderà sui fasti umani non verrà mai meno l'onore di venerazione alrissima c di gloria luminosa al sangue per la Parria versaro. Il monumemo che col loro sac rifi cio essi si sono elevato aere perennius non potrà essere adeguato da alcuna arre umana. Su quesro come su un'ara ide-
ale rurra Italia pregherà riconoscente c benedirà commossa i suoi figli generosi". Risperro al 1921, le rose, i crisantemi, e la maggior parre del bosso sono andaci perduri. Il cimitero ha perso quella suggestione che aveva ispiraro D ' Annunzio; ora i1 nobile giardino è diventato quello di un severo e austero cimitero di guerra, che poco dopo la metà del Novecento, venne denominato Cimitero degli Eroi. Oggi ci si trova davanti a luogo abbandonaro, dcscnifìcaro.
Mari a B e rgam as, madre di Antoni o che dopo aver disertato dall'esercito austriaco si era unito a quello italiano ed era caduto il 18 giugno 1916 sul Monte Cimon e senz a che il suo corpo fosse mai più ritrovato.
Tavol a di Achill e Be ltram e, l a b ara del Milite ignoto sce lta da M ari a B e r gam as il 28 ottobre 1921 .
Le undici bare nella basilica di Aquilei a.
Il Cimitero degli eroi com'era. La tomba dei dieci militi ignoti rimasti ad Aquileia con la tomba di Maria Bergamas " Per tutte le madri".
Il cimitero della Terza armata sul Colle di Sant'E lia prima della costruzione di Redipuglia.
Visitare il sacrario di Redipuglia
Se rrincee e forrczze sono vestigia precarie espos t e al capcsc io del tempo, sacrari e ossa ri so n o in vece de fìn irivi, c così p iù di quel le va n no a connotare il senso di sé d i un popolo.
A livello di municipaJità, la connotazione della grande prova srorica superata, ma costata Ja vita ai giovani della comunità, è invece rappresenta t a dalle lapidi che og nun o d egli orro mil a m u n ic ip i italian i h a m ur ato s ull a facc iata s p esso acca n to a l Bo ll ett in o del la Vi tto ri a
Il numero dei caduti che vi raccolti e le identità locali implicite nei cognomi e spesso nei nomi, disegnano un legame tra i cittadini e gli eventi srorici. Avvalorano, nell a dimensione ep ica, l'idea d i naz ione coesa, di cirradini-soldati generosi, d i Sta to "p anec i paw" prop ri o de ll a co n cez io n e mod erna e in u l t im o democra ti ca. Red i p u glia ( l 00.000 caduti) c Oslavia (60 000) sono degli altari della re ligione civile, non meno dell'Altare della patria con la tomba del Milite Ignoro, rappresentan te turri i caduti nell'immane sacr ificio colleuivo dell'ultima delle guerre per l'unirà nazionale.
Co n il C imi tero deg li ero i di Aqu il eia, R ed i pug lia è un luogo ve ro de ll a memo ria collertiva.
Redipuglia è il più grande tra i sacrari italiani, visitarlo vuoi dire addentrarsi senza sconci nelle violente offensive icaliane lungo I'Isonzo, attraversare idealmente uno spaz io tempora le p e r p iombare ass ie m e ai Cant i ne ll e trin cee scava re a fat ica tra le aspre rocce n e ll e quote de l Carso. Lo stesso roponimo Redipugli a, c h e si può far derivare dallo sloveno sredi polje {campo/rerra di mezzo) può essere assunto come stntus del sacrario e dell'intorno che lo ospita, un luogo senza tempo, una terra d i mezzo, appunro, sospesa era u n passato di v io le nza che la natura copre, ma no n can cell a, e il fm u ro ch e cerca di rec u pe ra re, grazie a s ignificativi i ncervenri, le tracce di tanta
violenza per non dover più strappare la terra per i camp i alla frantu m ata roccia carsica Ov u nque si vo l t i lo sgu ardo la G rande Guer ra h a qu i lasc iato il seg n o : resti di tr in cee, lapid i e c ippi co m memorativ i, bombe recuperare tra gli orci poste lungo le mura delle case.
Realizzaro n el 1938 s u p rogetto dell'architetto Giovanni Grep p i e d e ll o sc ultore G ia nnino Cas ti gl ia n i, raccogli e 100.1 87 cadu ri, d i cui 60.330 ig n oti.
Il vicino Colle di S.Elia (quota 48), a occidente della strada statale, da cui inizia la v isita, dove si Lrova un a m p io pa rch eggio, la "Casa de ll a a rm ata" con la dire1. io n e del sac ra ri o, un mu seo d e i cimel i, un a sa la p roiez ion i c una di ristoro, o ra Parco della Rimcmbranza, ha ospitaro, dal 1921 al 1938, il primo sac rario di Red ipug li a : 30 mila ca duti , in seg ui ro tras lati nel nu ovo sacrari o
l'itinerario dal museo della 3 a armata al Se i Busi (da VIAGGIARE STORIA).
le pendici de l Sei Busi viste dal Colle Sant'Elia, cim i tero d e lla 3 a armata, prima della costruzion e de l sacrario di Redipuglia.
Un grandioso progetro di ristrutturazione, finanziato con incredibile dovizia di mezzi che avrebbe dovuto esser co m piuto enrro il2018, non si sa quando si concluderà . Mol ti rimpiangono il Cimitero degli Invirti delia 3" armata - il vecchio cimitero real izzato sul Colle di $ .Elia nel 1923 (vedi p. 192) -, era diviso in sette settori, con le salme disposte a gironi concentrici, decorato da innumerevo l i ci m eli di guerra: elmetti, bombe, retico lati, cannoni, tra cui era n o sepolti i caduti. Alc u ni monumenti dedicati alle varie Specialità, figure, oggett i dcll'eserc iro, costegg iano la salita al Colle: sono copie di epigrafi presenti nel vecchio cimitero, dettate negli anni '20 dal poeta Gabriele D'Annunzio o dal maggiore Giannino Anco na Travers i. I vecchi cimel i sono stati sost i ruiri da cop ie i n metall o, menrre lungo rutto il percorso , tra resti di trincee e posrazioni, sono visibili alcu n i pezzi di a rtiglieria.
Su ll a vetta, o lrre ad alcuni ricove r i so tterranei, non sempre visitabili, c'è una colonna romana proveniente da Aquileia, da l cui zoccolo lo sguardo corre era le vicine e contese alwre del Ca rso a lla sortostante p ian u ra isontina Al suo posto, nel vecchio cimitero, sorgeva una cappella.
Tornati alla "Casa della 3" annata", conviene v isitare il museo dei c i mel i stor ic i. Nel la staz io ne ferrov iaria poco a nord del sacrario c'è il punro di accoglienza degli esperti Grande Guerra dell'associazione Grade Guerra Sent ieri d i Pace, un punto di i n formazioni turist iche, u n bookshop e il modernissimo museo virtuale del la Grande gu erra - www.rileggiamolagrandeguerra.it- che con i suoi video consenre al v isitatore d'inrcragirc con la ricca documentazione fotografica c documentar ia e in cerri casi di "vedere" sul campo di battaglia i reparri dove combatterono i propri nonn i, bisnonni o zii, è ancora incomp leto a causa dci ma n cati stanziamenti pubblici dirottati su eventi teatrali di durata giornaliera.
Di fianco all'ingresso del sacrar io ci si imba tt e nei resti parzialmente pe rcorr i bil i deUa prima linea italiana si no al giugno 1915. Ma lo sguardo viene rapito verso l'alto, alla fì ne dell ' immensa Via Eroica che conduce al la sommità d el sacrar io Due file di lastre di bronzo riportano i nomi di locali t à di violenti combattimenti, m entre la paro la "Presente", ri petuta tra i n o mi d ei 40 m ila cad uti noti, tuona a ogni passo l ungo i 22 grad oni che conducono alla cima.
O l trepassata la carena, già deJl a corpedi n ie ra Grado, si raggiunge l' urna d i Em anuele Fili be rt o di Savoia, duca d'Aosta, comandante la 3• armata opera nt e su l Carso, circondata da ci n que to m be di general i: ChinottO, Monti, Paol in i, Prel li e Riccier i. ll duca, morro nel 193 1. vo ll e essere sepo lt o q u i assieme a tanti s uoi so ldati e u fficiali. Salici in cima al sacrario, da cui si abbraccia l' immens i tà del monum ento, nell 'ul t i m o gradone è ricavata una cappella votiva: acca n to a essa riposano, in d ue grandi loculi, rrentami la cadut i ig n oti.
Dalla sommità, appoggiata al l' i mmenso c ig lione carsico, si raggiunge in breve il retro, ove un ulteriore museo cont ie n e, olrre a t occa mi cim eli e ricordi perso n a li d e i cad uti , le tele di pi nt e da G. Ciotri che deco ravano la cappel la del vecchio cimitero sui Co Ue di S . Elia . Un vicino osservatorio, mu ni ro d i i ndicaz ion i e p ia nt a in bassorilievo, per m ette di osservare l'an da m e nt o del fronte d a l 1915 all 'otrobre 19 17, indicando località e q u ote di sa n g uin osi scontri.
I..:iri n e rar io prosegue ve rso Gradisca d'lsonzo e d opo poche centi naia d i
L a chi e setta sulla so m m ità d e ll a gradin a t a e il v iale nel r etr o d e l sa cra rio (d a VIAGGIARE STORIA) . So tto, il Colle di Sa nt 'Eli a e il mu se o d e ll a 3a armat a d all a sommi tà del Seibu si.
merri, tm parcheggio a destra e una rabellonistica abbastanza evidente permettono la visita al comiguo cimitero di guerra austroungarico di Fogliano-Redipuglia. Vi sono sepolti 14.550 caduti austroungarici , di cui 2.406 noci, proveniemi da vari ex cimiteri di guerra situati sul Carso. Il muro che lo costeggia c contorna pcrmetre di visitare, ovatrando il rumore del traffico della vicina statale, in silenzioso rispetco le rombe di rami militari dell ' esercito imperiale asburgico, composro, come si evince dai nom inativi dei loculi di militari noti, da nun1erose ernie e diverse religioni.
Tornati alla strada statale che entra nei paesi di Fogliano c Sagrado, occorre raggiungere il soprastame paese di San Martino del Carso per visitare la zona monumenrale del Monte San Michele.
Seguire le indicazioni dal centro di Sagrado, passa n do sotto la ferrovia o in alternariva, raggiunro il fiume lsonzo, svoltare a destra e proseguire, mamcncndosi sempre in sinistra fiume, s ino al paese di Sdraussina-Poggio Terza armata, al l a fìne del quale (indicazioni) una stradina a destra conduce a San Mani no del Carso. Dal le case del borgo , disinregraro nel corso dei violemi combarrimenri durame la Grande Guerra, si sale, seguendo g l i evidenti carrel l i, a l soprascance Mome San Michele. So eco questo nome viene indicata una serie di quattro alture (Cima l , m 275Cima 2, m 274- Cima 3, m 274- Cima 4, m 263) del ciglione carsico che costeggia il fiume Isonzo, teatro di violemissimi combarrimemi , come ancora testimoniano le numerosissime linee di trincee imersecamesi tra il folto della vegetazione. Dal 1922 il Monte San Michele è "Zona Sacra" , sottoposto alla tutela del ministero della Difesa. Un parcheggio, la casa che ospita il museo del Monte San Michele, alcuni cippi e cannoni segnalano il punto di arrivo.
Visitato il museo, è da percorrere, seguendo l'opportuna tabellonistica, il sentiero della Zona Sacra, che si snoda rra resti, a volte imponenti, di postaz ioni e trincee.
TI percorso SOtterraneo ricavatO SOttO le rocce di Cima 3, con le can n oniere e le gallerie scavate dmante la Grande Guerra , è al mo m ento in fàse di messa in sicurezza e di recupero.
Segue n do i l senriero, che circonda ad anello le Cime l-2-3 del Mome San Michele e raggiunge la piì.Lbassa e occidentale Cima 4, s i inconrrano 50 cippi commemorativi di alr:rettanri reparti o militar i italiani operanti in zona, nonché ulteriori monumenti - ricordo, anche austroungarici, e innumerevoli resti de ll e barraglle, che hanno insanguinato ogni dosso o località del Carso visib i le daJ Monte San Michele.
l nomi de i 40.000 caduti sotto i gradoni a Redipuglia.
Il sacrario di Oslavia, 57.739 caduti , e il Sabotino sullo sfondo.
Gorizi a e il sa cr a rio di Osl avi a.
Il sacrario di Oslavia
Il sacrario di Oslavia, a forma dì anrìco forrilizio, S\'etta tra le verdi colline del Collio. La visra spazia sulla pianura isonrina e l.ulle alture del Carso, arrivando sino al mare. A serrenrrione una dorsale nasconde parzialmente il panorama sul monre Sabotino. Le alrure al di là dcll'lsonzo hanno nomi che evocano violentissimi sconrri: Monrc San Gabriele, Monte Santo, Vodice. Più a oriente ancora ondeggia l'altopiano della Bainsina. Solo con la Sesta battaglia Jdl'lsonw (4-17 agosro 1916) le truppe italiane occuparono i baluardi auslfoungarìcì posti sulla destra lsonzo. Una linea sino ad invalicabi le nonosrante furiosi e sanguinosissimì arracchì, con capisaldi il Sabotino, Oslavia c il Monte Calv ario/ Podgora.
Tra ranti reparti combattenti in questo scrrorc vanno ricordati i Granatieri e i fanri, in prevalenza lombardi, della brigata Novara (153"-154° regg ìrn e n ro)
Il sacrario fu realizzato nel 1938 su progetto dell'architetto Chino Venturi. Consiste in un torrion e centra le c ere rorrì laterali che formano un triangolo. La srrurrura richiama alla menre una forrcaa, Limerno, solenne, maestoso, è costituito da una cripta centrale con corridoi che parrano ad altre tre ipogei sorto le torri laterali. Ognuna dì queste stanze raccoglie al centro i resti dei militari ignori. Le tombe dei soldati nori sono disposte lungo i corridoi c le pareti del sacrario. Nella torre cemrale si eleva una grande croce, mentre nella cripta !>Ottostante, in un grande sarcofago di farwra classica, riposano l3 militari decorati con medaglia d'oro: Achille Papa, Ferruccio Trombi, Alceo Canalochino, Giulio Bechi, Aurelio Robino, Elio Ferrari, Alessandro Carroccio, lralo Lamberrenghi, halo Sregher, Ettore Biamino, Mario Del Grosso, Mario Giuriati, Umberto Pace. Complessivamente il sacrario accoglie 57.739 caduri (oltre 30.000 gli ignori), di cui 539 aumiaci, riesumati dai numerosissimi cimiteri militari delle vicinanze.
All'esterno sono posri alcuni cannoni, menrre sulla torre occidentale è posta una campana - la Chiara- offerta n el 1959 da cittadini mutilati c com b attenti di rutta lralia. Il suo dolce suono accompagna ogni sera la preghiera di ricordare i caduti. Scendendo verso Gorizia è possibile raggiungere la quota 240 del Monte Calvario, conosciuto anche come Podgora. Mentre l'occhio indugia sul bel panorama, bisogna ricordare come, nel tentativo di occupare questa collina, finiranno nel sangue i valorosi, ma vani, tentativi di alcuni reparti di carabinieri mobilitati nel dicembre 1915.
L' ingresso al Coll e Sant'Elia (da VIAGGIARE STORIA).
Itinerari sui luoghi del Carso - l Sentieri di pace
enrieri di Pace sul Carso della Grande Guerra. Ciò che semb ra una contraddizione in termini è invece il riusciro risuhalO di anni di ricerca c sviluppo da parre di un gruppo di lavoro che vede affiancati operacrici e operatori del punto TAT, esperti sui siri della Grande Guerra, "r ievo catori", operarori diversi accomunati dall'ideale di far rivivere quel vissuto collettivo. Non quindi una semplice offerca di "pacchetti" per rurisri o per tour operator di tutta Europa, ma la possibilità di acconrenrare ric hieste diverse , creando programmi ad hoc in base ai desideri di ricerca del singolo. Che si tratti di accompagnare i bisnipoti di un combattente o di seguire un giovane in un uarro del suo percorso scolastico, ecco che Senricri di Pace è presente con i s uoi diversi operarori, ognuno con le s ue specifiche competenze. Sentieri, itinerari di pace gestiti d <ùla Pro Loco di Fog liano Redipug l ia in stre tta collaborazione con enri quali la Region e Friuli Venezia Giulia, la Provincia di Gorizia e Promo Turismo FVG. Il territorio gestiro dai Sentieri di Pace travalica ogni confine mental e, porcando a conoscere siri e luoghi dimenticati, teatri di una guerra il cui ricordo oggi unisce e non divide le genri d 'Europa. Da quando sono arrivi i Senrieri di Pa ce anche i pernonamenti sul terrirorio e la durata delle presente brevi sono decisamenr e aumentati, a dimostrazione che una giusta offerta avrà sempre una positiva ricaduta. Ben strutturato sin dal 2000, Sentieri di Pace si è impcgnaro nella creazione del museo all'apeno d e lla Dolina dci Bersaglieri (degli Zapparo ri - dei 500), creando un polo d 'att razione attorno al qual e una serie di itinerari, se mpre facili e adatti a runi, che raggiungono luoghi la cui ril evanza srorica è ben riconosciuta anche solo per i nomi evocativi quali Sei Busi, Doberdò, San Michele, Bresrovec, Bosco Cappuccio e via dicendo. Uniti da sentieri, ma anche dalla rotabile a fondo naturale che porra da Fogliano Redipuglia a Doberdò - Doberdob, i vari luoghi si raggiungono con poca fatica e canea soddisfazione. Da quella che sembra una offerta "dj ni cc hia" si è sviluppata un ' imporrante richiesta che se ben seguita e indirizzata è in grado di dare agli operatori molre soddisfazioni.
Sentieri di Pace ha inoltre sapuro creare una rere di interesse regionale c transna7.ionale sui siri della Grande Guerra , co llaborando con altre sim ili istituzioni quali il Parco Tematico di Monfalcone (Gorizia), il "Parco Temarico Abschnitt Saisera" di Valbruna (Udine), il Museo di Ragogna con i suoi itinerari (Udine), il Museo all'aperto del Kolowrar a cavallo tra le Valli del atisone e la Slovcnia, la mostra permanente Uno Sguardo dal Lirorale- Pogled s Primorja (Trieste) con gli itinerari delle retrovie carsiche c la Valle Rosandra, il Parco della Pace del Sabotino (Siovenia) e gli itinerari attorno a Pradis (Pordenone). Una realtà insomma che supera i confìni nazionali per collaborare con le rea l tà vicine i mpegnar e su i Sentieri di Pace- Poti Miru - Wege zum Frieden. Dall e esperienze fatte nel tempo sono nati i programmi delle giornate di "Ritorno sul Carso", rievocazioni sroriche con reenactors provenienti da vari srati europei, " Ritorno al Monte Hermada", visite guidare animate dai reenactors, Luci e Ombre sul Carso della Grande Guerra, spettacolo di rettding co n cfferci di lu c i e s uoni fano in notturna alla Dolina dci Bersaglieri, ll Treno Stori co, la nostra Tradotta Internazional e, atrua le fiore all'occhiel lo della nostra offerra storico -ruristi ca. Impegnati da sempre nell'agevolare i Aussi del turi smo sco lastico
Scnricr i di Pace accompagna, ne i mesi adarti, numerosissime sco laresche senza mai creare intralci sul territorio proprio per l'orrirno accordo c h e v igc rra i d iversi operatOri. E proprio per Je scolaresche, ma non solo abbiamo pensare nel tempo alla creazione di u n momento d i "Rancio del Soldaco" nel quale far assagg iare ai ragazzi possibili ricette legate alle esperienze dei so ldati in quella Gra n de Guer ra. Espe r ienze di retrovia, si capisce, che permertono d i creare un momento di sosta "didattica" gustando i l menti dei soldati italia n i, con i macche roni, o quel lo dci mi li tari austro- ungarici, con il tipico onnipresente gu l asch.
Quel la de 'Tes p e r to su i s ir i del la Grande Gucrrà' è u na n u ova figura professionale riconosci u ta con la Legge Regionale 11/20 13. La prima "levà' è stata farra rra persone che, da sempre vic in o a Senrier i di Pace, fossero anche da decenni coinvolte nel lavoro suilo studio della Grande Guerra c su ll e sue fonti gestendo m osrre, p u bblicando lib ri, partec i pando o coordinando i lavor i di recupero dei siri storici : bad ile e ricerca d'archiv io. Gli ''esper t i" so n o nati per accompagnare il turista al di fuori d ei sentier i segnati, verso luoghi sconosciuti, graffiti di guerra, siri c he hanno conosciu to i l sac rificio dei nonn i o dei bisnonni dei moderni pellegrini . Profondi conoscitori della storia e del terriwrio, gli esperti con i loro raccomi sanno fa r rivivere momenti e situazion i sul luogo stesso dove si sono svolti, avvicinando così i l moderno rice rcarore a quella storia che poi così lontana non è, tanto che in Italia ha preso anche il nome di "Archeologia dei Nonni", proprio a significare la vicinanza, fàm igliare e temporale con q u elle pe rsone o rm ai scomparse.
Il Sacra rio di Red ipugl ia è il p iù grande cimitero mili tare italiano. Venne realizzatO rra i l 1936 e il 1938 e la volontà del regime di allora i mpose il siste m a dei sac ra r i, cos tru en d o o ltre a Redi p ug li a l' ossario d i Oslav ia e q u ello di Ko b aridCa p oretto. Partendo dalla Casa della Terza A r mata (M u seo M i l ir arc e Posto di R isto r o) si au raversa i l P i azzale de ll e Pierre d'Italia, nuova realizzazione (20 16) che rap prese n ta idealmente, con un mosa ico compostO da 8.047 elemen t i l apideì t ur ri i Co m uni italiani Traversata la srarale ci si avv i cina al la scalinata passando prima aruave rso la Via Ero ica co nrr addisr i nra da tavo le b ro n zee ri po rt ant i i luoghi d ell e principal i battaglie svolresì s ul Carso; visibil e, primo a destra, i l no m e del Mo n te Sci Bus i. Al la fine un pi cco l o precede l a rom ba di Eman uele Fi l iberto dì Savoia, Duca d'Aosta e co m anda m e l a 3• annata, l e cu i offe ns ive s i sca t e n aro n o sul Carso per ben 1 1 volte Davanti a noi ad esso i venri d ue g rado ni del c i mitero m ili tare: al centro de l pr im o g rad one la sepo ltura d ì Ma rg h e r it a Ka ise r Pa ro d i, c rocerossina morra di feb b re spagnola a Trieste, pochiss i mo dopo la lìn c della gue r ra e g ui sepo lta a m emor ia d el sacr i fico di tu tt e le donne
Fogliano. Il muse o virtu al e della Gra nd e Gu e rra . Una trince a sul Sei Bu si.
Il cimite ro austro-ung a rico di P almanova (d a VIAGGIARE STORIA) .
La Dolina dei Bersaglieri quando era ancora la Dolina degli z a ppa tori (da VIAGGIARE STORIA).
durante quel conAitw. Sul fronte dei gradoni i nomi dei caduri noci, in ordine alfabetico, a partire dalla lerrera A, in basso a sinistra, per finire con la Z sull'ultimo gradone, a destra. Gli ultim i loculi, dopo la 7.. conservano le se po i cure di u ndici membri dell'equipaggio de l sommergib ile jalen, affondato il 16 agosto 1915 e recuperato appena nel l 954. Al centro dell'ultimo gradone la cappella del sacrario, visitata nel 20 14 anche dal Papa Francesco e dominata dalle ere croci del Calva r io.
Il Colle Sant ' Elia , Q u o t a 48, n ome c h e der iva da una an t ica cappe ll a non p i tt esistente, fu il l uogo scelto per il cimitero Milirare d i Redipuglia "Jnvirri 3• armata". Vennero qu i sepo l ti circa 30.000 caduti dci quali solo 5.860 avevano conservato la loro identità; le wmbe erano ornate da oggerri personali raccolti sui campi di battaglia c da epigrafi dettate dall'ingegno di Giannino Anrona Traversi Cismo n di. La sistemaz ione originale è oggi r icord a t a d a i c ip pi post i l un go la sca l in ata e a t to rn o a l p iazzale de ll a cima, che riportano tanto le epigrafi quanto copie in bronzo di oggerti militari. Elementi che componevano l'ornato delle sepolture origi n ali cd alcune epigrafi sono conservare al museo della Grande Guerra in Gorizia, mentre le ravole di G. Ciotti, che ornavano la cappella voriva !.i possono oggi vedere nelle sa le poste all e spalle dell'u ltimo gradone del sacra ri o di Red ipug lia. TI Co ll e S Elia come cimirero d i guerra era molro caro ai red u ci. ma non al capo del gove rn o d i a ll ora, Musso lini, c h e lo trovò troppo famigliare e piagnone, in pieno conrrasro con la sua visione di Italia eroica e guerriera.
lm Lebe n un d i m To de v e re int - uniti nella v ita e n e ll a morte Il cimitero militare siwaro a Fogliano accanto al cimitero c iv i le raccoglie le salme di 14 5 50 so ld aci a u st ro - un gari c i ca d u t i s ul f ront e d c ii'Tsonzo dura m e la prim a g u erra mondiale Analizzare i n omi, capire le provenienze, trovare cad u ti dai più vari cognomi non esclusi quelli italiani provenienti dal Litorale Austr iaco o dal Tirolo Italiano rappresenta una esperienza unica che ci r idà la vera dimensione di quella prima, grande tragedia europea e della complessità dei rerricori della Duplice Mon a rchia. Cogno mi ungheresi, bosniac i, s lav i, rurncni ci rico rda n o qu al e era la d i me n sion e di gu d g rande eserc i to c h e co mb a t té su l Ca rso, s ul le Al p i, e s u ogni a l tro fronre di q u ella "grande guerra", dalla alla Palestina, dalla Francia ai Balcani, combattendo sul Piave la sua ultima battaglia.
Dolina dei Bersaglieri - Dolina dei 500 -
Dolina ZappatoriMo l ti i nomi nori per quello che è il centro delle attività del turismo della grande guerra sul tcrrirorio di Sentieri di Pace; parliamo della Dolina dei 500, nota all'inizio del conA irro come Dolina Zapparori. Il siro , ch iamaro oggi anche Do lin a d ei Bersagl ier i ha ass un to q u cs r' u ltim o n o m e d a un freg io ri p rodotto all' i nterno dei resti del Posto d i Primo Soccorso, unico luogo accessibile fino a che Senrieri di Pace non
ha trasformato l'area in un vero c proprio museo all'apeno, usando le recniche proprie della .trcheologia della
Grande Guerra. l primi ricercarori- eravamo ancora in tempi lonmni dalle ricerche sul web - hanno daro alla dolina il nome di Bersaglieri proprio perché la prima cosa che allora si inconrrava era questo grande fregio, che racchiude in se almeno due nomi, indicando la presenza del l 5o bersaglieri in questo siro nonché i lavori condoni dalla loro compagnia zappa10ri per la costruzione del di Primo Soccorso. Una seconda epigrafe caratterizza il luogo, quella con i nomi di sei medici che qui operarono, tre dei quali ancora ben conservati Il nome di Dolina dei 500 invece è riporr.uo in calce ad una fotografia scattata in giorni di poco antecedenti la battaglia di Caporelto, resdmonianza della persistenza nel rcmpo de l Posro di Primo Soccorso. Nell'immagine è visibile, al cenrro della dolina, un tumulo in pietra carsìca pos:Ha a secco sul quale campeggia una grande croce, in pietra di cava, con all'incrocio delle braccia un volto di Crislo, recuperaro molri anni or:.ono e conservaro oggi nella cappella del sacrario, posm tra i sacelli dei 60.000 ignoli sul XXII gradone. Alla fine dei lavori porrari avanti da numerosi gruppi di volontari il siro venne aperto come Museo all'Aperto e inaugurato con la pam:cipatione della fanfàra dci bersaglieri di Trieste. Oggi, oltre che mera privilegiata del turismo storico della Grande Guerra, la Dolina è sed<: di reading, spettaco li c rievocazioni smriche condorre all'inte rno del programma Lu ci c ombre sul carso della Gra nde Guerra, sempre con il massimo risperro per i luoghi e i caduri c h e riposano qui, vicino a noi. Alle ricvocazioni panecipano reentJrtors provenienti da molti paesi europei che, lt: uniformi dei diversi eserciti e portando i correni equipaggiamenti permettono allUrisra pellegrino di vedere non solo immagini in bianco c nero ma di conoscere anche i colori della Grande Guerra. Le rievocazioni, che evirano sempre il "g ioco di guerra", intendono far capire quale potesse essere la vira quot idiana dt:i soldati al froncc, raccomando i prob le mi legati ai COillau i co n i propri car i, l'ali m e nraz iont:, i problemi e l'uso dci var i tipi di equipaggiamcmi c il loro evolvers i nel tempo. È ormai conso li dato, per queste espt:rienze, l'uso di lellure di lettere c diari, anche in lingua originale, di soldati che quelle cose conobbero c usarono pcrsonalmeme e che come nessuno sono stati in grado di descriverle. La dolina ha conosci uto anche una fase di "cantieri di lavoro" per ragazzi provenienti da diversi paesi europei. Linteresse del si t o è notevole dato che la successiva pulizia d i due do lin e arrigue ha messo in luce il sistema " Primo Soccorso" nel l'imrncdiaca rcrrovia dd fì·onre, c h e fìno all'agosro del 1916 non era più lontano d i 500 metri da questo luogo, in direzione di Ooberdò-Doberdob. Illlito raccoglie ormai numeri imporrami di visitatori. che possono scegliere tra diversi itinerari, uno dci quali ha messo in collegamento il Monre San Michele, margine senen-
L a D o lina d e i B ersagli e ri o D o lina d e i 500 trasformata in posto di medicazione per il settore di Sa n M ar t ino del Car so.
Ungaretti a Castenuovo del C a r so (da VIAGGIARE STORIA) .
Il monumento d e dicato alla brigata Sassari sulla q . l 64 nei pre ss i d e lla trincea dell e Frasche .
uionale deii'Alropiano di Doberdò -D oberdob con Redipuglia, passando attraverso luoghi sroricamentc imporrami guaii la sella di San Manino, la Trin cea delle Frasche e sfiorando alcun i noti monumenti: il Cippo Corridoni e la piramide dedicata a l ricordo dci sardi d e lla brigata Sassari.
Il mo nt e Se i Bu si, la cui quota massima s i trova a ll a destra del Sacrar io di R edip u glia, è il margine meridionale dell'altopiano di Doberdò-Dobcrdob. Oggi come ieri lascia capire l'imporranza che ebbe nel maggio dell915 per i militari ausr ro - ungarici porersi disporre lun go il primo gradone carsico e qui anendere le armare itali ane, osservando dall' aJco quanto accadeva n ella sottostante pianura dispon e ndo cos ì d i u n contro l l o ott ico d e l te rritor io mo l to prezioso in mancan za a l lora di mezzi alternarivi. Solcaro da tr in cee che vanno in tutte le direzioni non è sempre facile indicare chi e quando c reò questo o quel sistema, per l'attacco o per la difesa. Da poco cntieri di Pace dispone anche di una mappa che fotografa co n estrema precisione la situazione in quel period o, aiutando così la le ttura del le ev id enze nd te r reno. La vis ta che si gode d a l Mo n te Sei Bus i spazia su rutro quel lo c h e fu il fronte d ell ' l so nzo , aprendosi dal Monte Krn-Nero al Golfo di Trieste, chiuso dal bastione del Monre Hermada. Notevoli i rami graffiti di guerra prescnri nelle rrincee e nei cammina m enti, nonché il tipo di terreno, vcramenre simi le a quello che si trovarono a percorrere i soldati qui giunti d a luoghi ram o lo nrani. ImcressaLO a i co mbattim enti dal giugno - lug lio 19 15 . l'a l topiano di Dob e rdò - Doberdob venne conguisralO dalle rruppc itali a n e con la Battagl ia di Gor izia (Sesta Battagli a deii'Tsonzo) ndl'agosw del 1916. La guer ra allora si spostò di pochi chilometri verso il Carso di Comeno - Komenski kras, per raggiungere siri noti quali Castagnevizza-Kostanjcvica o quote come il D osso faiti-Faid Hrib , t uni luoghi ben visibili, c quindi racconrabili, dal Monte ei Busi.
L' ingresso a una d e lle cannoni er e d e l San Michele
T rin cea dell e Fra s c h e G ià molri anni orsono ci fu, da pane dell'eserciro ita l ia n o, un primo lavoro d i didasca li zzaz ione dei s iri della Grande guerra riconoscendo quella che venne c hi amata "l'a rea delle banaglie". In questa area insisrono ranro le linee difensive ausrro - ungariche quanro i camminament i e le trincee d'approccio scavare dai soldat i italiani per il lento e faticoso avv icinam ento al le lin ee di avversarie. Tra queste rimane nella memoria comune il nome del la Trin cea delle Frasc h e" uno d ei pr imi c appare ntemente in espugnab ili sistemi scavati dai so ldati a ustro-ungarici nella dura ro cc ia del Carso. C iò che possiamo vedere ogg i è però qu anto rimane dei lavori di modiflca fa rri dopo la co nqui sta, m entre i trani originali delle haschc sono p::trlialmenre riempiti e appena visibili nell e m acc hi e della bo scag li a c ircostante. Nei pressi, faci li sentieri seg nati ci accompa g nano verso il Cippo a ricordo di Fi l ippo Corri d on i caduto proprio durant e un az ione di parru g li a in dire-.done dell a T rin cea delle Frasche c la Piramid e dedicata ai fanri della briga t a Sassari, brigata che fu tra quelle che espugnaron o questa legge ndari a trincea.
Monte San Michele
Marg in e settent rionale de ll 'Altopiano d i Do b erdò - Doberdob, le quattro cime del Mome sa n Michele erano un importante balua rdo , assieme al Podgora e al Saborino, della
Testa di Ponte di Gori-zia, il sistema d ifensivo austro-ungarico che fermò per oltre un anno i tenrativi italian i in direzione della così detta " Nizza Ausrriacà' (Go riziaGor1. - Gorica) .Leserci ro ital iano vi si avv icinò da più parti, occupando prima le quote del Bosco Cappuccio, sopra a Sd ra ussina, per pon:arsi poi verso la Sella d i San Martino. Per il lento avvicinars i alle c ime ci si avvalse anche de i famosi "valloncelli" solch i namrali approfonditi dalle acque meteoriche che permettevano ai so ldat i di avvicinarsi non visti alle l in ee avversarie. Tra questi ben conservata la memoria di quello dell'Albero Isolato e di quello di Cima Quattro, ricordati anche nelle liriche di Giuseppe Ungarerr i. Il Monte san Michele, ben raccontatO dalla corrispondente d i guer ra viennese Alice Schalek, è oggi u n luogo comune della memor ia eu ropea di quella guerra, freq uentatissimo d a persone provenienri d a ll ' Ungheria, eredi de i co mbarre n ti di allora q u i schiera ti a difesa. Il Monte fu anche il l uogo del pr imo arracco mediante il lancio dei gas asfissianti realizzato d agli ausuo- u nga rici alla fronte i tal ian a i l29 gi ugno dd 1916 che ral lenrò so lo per poco la conq u ista italian a avvenuta il7 agosto dello stesso anno, durante la ses ta battaglia de ii 'Isonzo, la Battaglia di Gorizia.
Monfalcone - Parco Tematico della Grande Guerra
U Comune di Mo nfalcone ha sap u to valorizza re nel t empo un altro i mporrante siro legato ai combat ti men ti sul pr i m o grado n e carsico. Le diverse q u o t e al le spalle della Cirtà de i Canti er i furono tra ill915 ed ill916 oggerro d i varie offensive i taliane . Alcune del le prime so n o ben raccontare da Giani Stuparich, volontario e granatiere, nel suo diar io Guerra de/15 Cele b ri si ti qual i la T rincea }offre, che oggi term in a i n prossimità dei binari ferroviari ma che allora scendeva fino alla costa, la Caverna Vergin e, fortunosamente trovata dai m i litar i duranre lavori di scavo, ma anche colline come la Quota 85 , dove prese il via il miro legaro a Enrico Tori, o la 121, dove cadde un giovane mili t are austr iaco di nome Ludwig "lboman Noti e quasi ignori di una Grande Guerra. Il lavoro nell'area è semp re in progress e di anno in anno si segnalano nuov i r irrov.amenti, come l'area sotto alla 121 ded ica ta agli "osservarori" o la zo n a didarrica con le ricos truzioni di var ie dpo logie di rrincea e appostamento ad uso delle scola resche
Gli itinerari nel Parco t e matico della Grande Guerra a Monfalcone (da M. Mantini , Viaggiare nella storia).
Il monumento a Filippo Corridoni.Momenti di una delle periodiche rievocazioni alla Dolina dei Bersaglieri.
Ri ev o cat o r i
All'inrerno str utTUra di Senricri di Pace n on p o teva m ancare, accanto a L'Espeno, la figura del Rievocarore di Sto ri a. Rievocatore di scoria, in quesro caso , della Prim a Guerra Mondiale, ulrima branca nata nel campo del reenacting. Ul rim a n ara e d ec isame m e delicata per l'argomento trattato: la v ic inanza temporale infatti fa sì che chi viene a vedere un evenro organizzatO con i rievocarori non p ossa non an dare con la m emoria ai ra cco nti su quella guerra sen tit i dal nonno e a fare i d eb iti co nfron ti, traendo le debite conclusioni . Ecco allora la n ecessi t à di rraccare le diverse remariche con il massimo rispettO, ev itando in modo particolare il "g io co di g u e rra", spec ie sui lu og hi do ve queUa g u erra si è svo lt a . Il gr upp o di rievocazione Monre Sei Busi è in grado di indo ssare correnamente uniformi ed accessori degli eserc iti italian o e d a u stro-ungar ico, mentre le sp iegaz ioni relative nel corso d e ll e escursioni e delle manifestaz ioni sono riservare agli Esperti. [J Rievocarore infàrri non s i rapporta con il pubblico, ma rimane una mur a prese n za c h e co n gest i, mo v im emi e atteggiamenti richiama l'attenzione pur co n il necessario distacco. Lattivirà va dalla più classica rievocazione sto ri ca a ll a pa1-recipazione, sempre pitl r ichiesta, a cerimonie commemora rive o a varie iniziative a tema. Olrre a questo la partecipazione del rievocato re alle escursioni an ima in modo diverso il territorio, permet tendo al turista di avv icinarsi di più a quella che alcrirnemi rim arre bb e n ecessariamente sror ia narrata. Con il rievocarore è vista, vissuta, nei s uoi co lo ri , nell a sua ma ce riali tà Camminare su di un senr iero con acca mo il rumo re inso lito dei chiodi sott o agli scarponi rende la sro ri a "v iva" , primo fine dell a essenza sressa d ella rievocaz ion e Living history è intàtti un alrro dei nomi dari a tante giornate vissu (e con questi volontari. Al gruppo di rievocaz ion e s i po ssono iscrivere persone di ogni erà ( previo consenso d ei genitori p er i minorenni ) . È possibile informarsi presso il punto TAT di Fog li ano Redipuglia. Dopo un pr i mo periodo di a ddestra mento vissutO con i materiali mess i a disposizione d al g ruppo il ri evoca ror e verr à indirizzato verso i m igliori prod u trori di uniformi e d eq uipaggiamenti , che sara nn o sempre scelti sotto la guida del capo g ruppo in carica o degli esperti . Q u esto per molti motivi, compresi quel li legati all 'igiene: scarponi, gavette, borracce non possono infarri essere patrimonio comune ma b e ni individ u ali dei quali ognuno s i pre nd e rà responsabi l mente c ura , fino a completare il proprio eq uip agg iamento I.:attività istituzionale è legata alle varie manifestazioni ed event i cmati d a Sentieri di Pace, quali le serate d i Luc i e ombre della Grande Guerra, il Treno Storico Redipuglia-Mosr na Soci, o le diverse alt re attività che spazia n o da l suppor to al turismo sco last ico, agli spettacoli corali e altre manifestazioni an co ra. l ri evocatori del gruppo Monte Se i Busi sono lega ti a l territorio e partecipano sempre anche ai ne cessar i lavori di manurenzione dei si ri curat i da Senrieri d i Pace
Treno Stori co
che va sorro il nome di Treno Srorico è qualcosa che trascende il puro e semplice viaggio, divenendo un viaggio nel la storia- e nella memoria- per la presenza sul treno e per rutta la giornata di molti rievocarori provenienti da vari paesi europei. Nostri compagni di viaggio sono da anni i gruppi provenienti dalla Repubblica Ceca, dalla Slovenia, dall'Austria, dalla Germania o ltre che, naturalmente da alrre regioni italiane. Viaggiare sentendo lingue, parlare che ci riportano a tempi andati, quando atrorno a questi binari che percorriamo oggi in pace, infuriava la guerra. Durante turro il viaggio i partecipanri saranno accompagnati dalla narrazione di uno speaker che illustrerà i panorami della guerra r accontando i principali episodi accaduti sui monti c le colline che chiudono la valle deii'Isonzo, nella quale ci muoviamo per la maggior parre del viaggio. si snoda da Fogliano Redipug lia per raggiungere la stazione della Transalpina a Nova Corica dalla quale muovere accompagnati dal fischio del treno e da sbuffì di fumo verso Salcano, con il suo celebre ponre suii'Isonzo. Ai piedi del qua le s i intravvede un cimitero militare: presente e passato sono sempre volutamente fortemente mescolati nell'esperien za di questo viaggio. A segu ire Plava, con la celebre Quota Insanguinata, per raggiungere altre locali tà come Avce, dove i pontieri tentavano di costruire passerelle per varcare L'Isonzo, il cui corso allora non era regolaro dalle Lante chiuse che incontriamo per via. Arr ivo a Mosr na Soci - Santa Lucia tti Tolmino, per proseguire verso Kobarid-Caporerro ed il s u o museo. A turni rutti i passeggeri raggiungeranno poi La collina del Ravelnik, bassa carena che chiude la piana di Bovec- Plezzo. Qui si ritrovano i rievocatori, stavo l ta schierati in autentiche trincee della prima guerra mondiale, accuratamente ripulire e gestite dal locale gruppo 1313. Ne l biglietto de l viagg io sono compresi gli ingressi ai musei e il pranzo, mcmrc su l ueno ci si porrà rifocillare anche in un vagone bar, per ritemprarsi dalle emozioni della giornata. Il programma viene rivisto di anno in anno, arricchendo lo con momenti diversi, qua li un breve concerto corale a Kobarid.
Per saperne di più:
UFFIC IO INFORMAZIONI E ACCOGLIENZA
TURISTICA SENTIERI DI PACE
V ia Terza Armata, 37- 34070 Fogliano Redipuglia
Tel. fax. 0481 l 489139
E m a il: i n fo@pro locofog li anoredipugl ia. i[
Offerta treno storico
Dalia Regia Stazione di Redipuglia, si raggiungono Gorizia e la stazione della Transalpina di Nova Corica con gli autopul lm an. Qui si attraversa quasi senza accorgersene quel confine di stato che non c'è pitl, visualizzato da una semplice strisc ia a terra e da un m oderno mosa ico, simbolo delle tragiche divisioni succedute alla seconda guerra mondiale
La Stazione d ella Transa l pina è oggi un monume nro di se stessa e di quella "Ferrovia Transa lp ina"
l viaggiatori sono accompagnati dai rievocatori n elle uniformi d 'e poca degli eserciti allora schie rati in lotta. la meta è il paese di Kobarid (Capore tto-Karfreit), partendo da Redipuglia, luogo simbolo p e r e cce lle nz a della comune memoria europea della Grande Gu e rra.
che seguen d o un percorso otrimale congiungeva Trieste a Vienna. Al traino di una locomotiva a vapore sulla storica tratta Nova Gorica l Mosr na Socì - Santa Lucia i passeggeri si muovono non solo su binari d'acciaio. ma anche sui bi n ari della scoria. Nelle varie carrozze del convoglio g i unge infatti, la voce di uno spcaker che narra i pri n cipali avvenimenti accaduti ne l la va ll e dd l' lsonw mentre la locomoriva lentamente costeggia il fiume, sbuffando il suo bianco vapore.
Giunti, a Mosr na Soci - Sanra Lucia, i passeggeri saliranno sui pullman per continuare l'itinerario raggiungendo: Caporeno dove visi t eranno i l museo e l'ossario c h e cusrodisce le sa l me d i 7.014 so ldati i tali a ni panecipando po i, n el mu seo all'aperto del Ravcl ni k, aJia rievocazione storica allestita per l'evento.
Accoglienza partecipanti 07.30-07.55
Partenza da Redipuglia ore 08.00- ritorno ore 20 .30
Iscrizioni ed i n formazioni
l. A.T. Ufficio I nfo rm az io n i ed Accog l icm.a Turistica
Via 111 Armata, 54- 34070 Fogliano Redipug lia (GO)
Tel. l Fax (0039) 0481 489139
Celi. (0039) 346 1761913- (0039) 335 1444109
info@prolocofoglianoredipuglia ir h re p:/ /www. prolocofogl ianoredip u gl ia. i rli n d ex. php?ìdcare gor ia=3& idsez ione=28& ìd a rri co lo=518#st h as h. Io V fb S9A dpuf
Per saperne di piì.1:
TUR ISTICA SENTIERI DI PACE- Via Te!7a Armata, 37-4070 FOGLIANO REDIPUGLIA
Tel. Fax. 04811489 139
Email: info@pro locofoglianorcdipug l ia.it
Luci e Ombre sul Carso della Grande Guerra
Luci e Ombre è naw come una spettaco lo capace d i r ievocare atmosfere e storie med iante un sapiente gioco di luci, fumi e suoni. Lo stesso "teatro" che è poi la Dolina dei Bersaglieri, cui fa da sfondo il Posto di Primo Soccorso è forremenre evocativo e non abbisogna di scenografìe panicolari, specie dopo il tramonro del sole. Nel tempo lo spettacolo originale si è lrasformaw in una sona d i festival del la Grande Guerra dove varie compagnie teatrali, singoli narrarari e cori si alternano nelle diverse serate con spettacoli a tema sempre rinnovari.
Luci e Ombre vuole continuar e nell'obiettivo dì portare il grande pubblico i t::diano e straniero a (ri)scoprìre
e analiz7.are criticamente i muramenri storico, sociali, culluralì e po litici portali dal la Prima Guerra Mondiale partendo dall'esperienza delle persone. Durante i giovedì sera di luglio si terranno sperracoli srorici "Luci & Ombre l>W Carso della Grande Guerra" presso la Dolina del XV Bersaglieri. perracoli, incontri, recicaJ che racconteranno la rnulticulturalirà del n ostro ter ri to ri o e le co nsegue nze de ll a g uerra co n u n rocus su come la guerra non veda vincitori, ma solo comunanza nella miseria umana e sociale. Sia gli spettacoli che la promozione degli eventi si sviluppano anche in lingua straniera. Ciniziariva, olrre ad esaltare i valori swrìcì che si comprendo no attraverso la visione c l'ascolto delle serate cui t urali pro p oste, è po rtatrice d i attività promozionale per la loca li tà in gene re. Tn qucsro fi n alizzato viaggio i forest ieri verranno accompagnati da personale appositamente formato per rale servizio e da un Espcno srorico GG che intratterrà gli Ol>piri con un accurato racconro storico.
Per saperne dì p i ù:
UFFIC IO I NFORMAZ I ON I E ACCOGLIENZA TURISTICA Senrieri di Pace
Via Terza Armata, 37-34070 FOGLIANO RED I PUGLIA
Tel. Fax. 0481/489139
Email: info@prolocofoglianorcdipuglia.ir
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idem, vol2°, Vcliki, Quota 298, No11t1 Vas, Nad Bregom, Faijti, Pecinka, 1-/udi Log, Gaspari, Udine 20 l O.
AA.VV., Itinerari segreti della Grande Guerra nel Goriziano vol. l 0 L'anima del Sabotino, Gaspari, Udine 2013 .
Enzo Bologna, Elvio Pederzolli, Guida ai sacrari italiani della grande guerra do Redipuglia a Bligny 18 itinerari e 35 grondi sacrori lungo il fronte, Gaspari, Udine 2013.
Enrico Ccrnigoi, l tracciati delle trincee della gmnde guerrn I 0 • La conquista del Carso di Commo con un saggio di Paolo P izzamus su Caverne e doline, Gaspari, Udine 2012.
Marco Manrin i, Si lvo Sro k, ! traccitrti delle trincee sul fronte delf'lsonzo 2°. Le Va lli del Natisone e dello .fudrio , Gaspari, Udine 20 13.
Marco Manrini, Silvo Srok. l tracciati delle trincee sul fronte dell'fsonM, vol. 3o romo I Le alture di Monfalcone, Gaspari, Udine 2013.
Marco Manrini, Silvo Stok, l tmcciari delle trincee sul fronte dell'Jsonzc, vol. 3. Verso f'Hemwda, Gaspari, Udine 2013. Si lvo StOk, l tracciati deLLe trincee sul frome dell'Jsonzo 4. La pianura tra Torre e judrio, Gaspari, Udine 20 13. Ma rco Ma nri n i, i l racconto dei segni della gmnde guerra. Alla scoperta del patrimonio nascosto lungo l'Jsonzo dtt MonfaLcone a Plezzo, Gaspari, Udi n e 2014.
Gea Poli i, N i no Cortese, Graffiti della grande guerra sulle alture di Monfalcone, Gaspari, Udine 2008.
G li a uto r i
Lorenzo Cadeddu, insigniro dell'onorificenza di Ufficiale al Merito della Repubblica ltaliana c della Croce d'Onore dalla Croce Nera d'Ausrria, è presidente del Centro Studi storicomi l itari s u lla Grande Guerra "P iero Pier i" di V i rcor io Venero. Tra i suoi ul(im i libri: Lo Jpiowzggio italiano nel1918 (2019); Lo brigata Sassari a Monte Zebio (20 18); Guida illustratn al campo di battaglia del Piave da Ponte di Piave al mare (20 18) e Alfa ricerca del milite ignoto. Aquileia, Redipuglia, Altare della patrirt, i luoghi della memoria e dell'identità italiana (20 18 .' ); Lo fine della Grande Guerra. Comr si giunse alla firma dell'armistizio a t,iffa Giusti il3 novembre 1918 (2020).
Pao lo Gaspa ri, i n vent'anni di ricerche n eg l i archivi mi l itari ha porraro all a l uce i 16.000 memoriali degli ufficiali fornendo una rilerrura in novativa d i Caporerro e delle barrag l ie della ririrara. Tra i suoi LUtimi libri: La bugie di Caporetto, la fine della memoria dannata, (20 17 2); [a battaglio dei gentiluomini. Pozzuolo e Mortegliano il30 ottobre 1917, (2013); La battaglia dei generali. Codroipo e Flambro il30 ottobre 1917(2013); Lo battaglia dei capitani. Udine 28 ottobre 1917, (20 14); Rommel a Caporetto, Le gesta degli italiani e dei tedeschi tra il Kolovrat e il Matajur dal 24 al 26 ottobre 1917, (20 1.6); La battaglia di Cividttle i/27 ottobre 1917, (20 17); con A. Gradenigo, canro agli eroi, il diario deflrt duchessa d'Aosta, voU. I, Il , fi i , 1915-1919, (2016- 2018); Preti in battaglia. Tra apostolato e amor di patria i cappellani militari decorati, voli. l, 11, Ili, 1915-1917, (2017-2019).
Mitja Juren, aurore di una decina di volumi, è uno dei massimi esperti del fronte ddl'lsonz.o. Tra i suoi ultimi libri: Le battaglie sul Carso- Le spaLiate del 1916 (20 14) e con N. Persega t i, li Quarto Cavaliere- L'apocalisse dell'attacco dei gas suL San Michele i/29 giugno 1916 (20 16); con al rei, IL centenario mancnto della Grande Guerra (20 16); TI San M ichele (20 16).
Paolo icoloso insegna Storia dell'archirerrura aii'Universirà di Trieste. Tra i suoi libri: Mussolini nrchitetto, (2008); Archirenure per un'identità italiana (20 l 0), MarceLlo Piacenti m (20 18) e ha curato Le pietre della memoria, Monumenti sul confine orientale (20 l 5).
E lvio Pcdcrzo ll i, r ice rcatore sto ri co, è presi d e nr e d ell'associa·zione c ulturale Tre m ino Scor ia Terr ito rio; rr a i suoi ulrimi l ibri: Guida ai Sacmri e ai cimiteri di guerra da Redipuglia a Bligny (con E. Bologna) (20 l O); Rupi Murate; T errn di Mezze, la Grande Gt-term nell'Alto Garda.
Nicola Persegad (N P.), è uno dei maggiori ricercatori e studiosi delle battaglie sul fronte dell'isonzo. Tra i suoi libri: Il volto di Medusa (2005), Battaglie senza monumenti (2007); San Gabriele, l'orizzonte di fuoco (2 00 7); Le battaglie sul Carso. Doline in fiamme (20 14); IL Quarto cavaliere. L'apocalisse dell'attacco dei gas sul San Michele, i/29 giugno 1916 (con M . J uren) (2016).
Marco Pizzo, storico e archivista, è diretrore del Museo Centrale del Risorgimento di Roma ; tra i s u o i ultimi libri: Visite al Risorgimento: iL Museo Centrale del Risorgimento di Roma (2005); Lo stivale di GaribaLdi (20 Il ); Omaggio al tricolore (2 016).
Fu lvio Poli, generale di brigata , tra i tanti incarichi è rirol are della cartedra di Erica Militare e Arre del Comando presso l'Accademia Militare di Mode n a cd è capo ufficio ge n e rale Promozione, Pubblicistica e Storia; tra le s u e ultime pubblicazioni: individuai Combat Handbook forArmies (2002); Outremer. Storia Militare delle Crociate in 7èrrasanta (2013).
Fe rdin a nd o Scal a, esperto di strategia e comunicaz ione , ha pubblicato: IL caduto dimenticato. La b1·eve Grttnde Guerra di Federico Mensinger (20 16); il generale Armando Tallarigo dalla leggenda della brigata Sassari al dopoguerra (2018); l generali italiani della Grande Guerra (co n P. Gaspari e P. Pozzato) (20 19)
Giorgio Seccia (G .S .), contitolare di brevetti di invenzione industriale per la demi li tarizzazione di armi chimiche, è membro d ella Soc ietà italiana di sco ri a militare T ra i suoi libri: Gas! La guerra chimica sui fronti europei neL primo conflitto mondiale (2005); La guerra tra i due fiumi. La Campagna di Mesopotamia e la nascita delL'Iraq, (2006); Monte Zebio DaLla Strafexpedition alla vittoria finale, (2007); Diz ionario biografico della Grande Guerra, (con M. Galbiat i), (2009); il calcio in guerra. Gioco di squadra efootbalL nella Grande Guerra, (20 11); GLi innovatori delle tattiche tedesche nella Grande Guerra , (2014); Gorizia 1916, 9-17 agosto 1916, (2015); Il Carso di Comeno. l combattimenti a Nova Vas e sulle quote 208, agosto -novembre 1916, (20 1 5)
Enrico Serventi Longhi (E .S.L.), professore alla Sapi enza, U ni ve rs irà di Roma, è a u to re d ella monografia sul giornalista A/ceste De Ambris. L'utopia concreta di un rivoluzionario sindacalista, tra i suoi ultimi libri: Martiri di carta l giornalisti caduti nella Grande Guerra (co n P. Ro esler Fra n z. e P. Gaspar i) (2018);
Giuseppe Severi n i, presideme di sezione del Consiglio di Stato, è stato per dodici anni consigliere giurid ico del Ministero della D i fesa, si è occuparo della formulazione del commem o e dell'app li cazione della Legge 7 marzo 200 l 11 ° 78 sulla wtela de l patrimonio srorico della Grande guerra ed è considerato uno dei maggiori conoscitori del patri m o ni o culrural e italiano.
Anna Sgubin, storica dell'arte e della conservaz i one dei beni art ist ici , insegnante, è aucrice del volume Aquileia- IL Cimitero degli Eroi della Grande Guerra (2020) .
Fabio Iòdero, insegnante e storico, è aurore di una dozzina di volumi; tra i suo i ultimi libri: Morire per La patria. T volontari del Litorale austriaco nella Grande Guerra (2005); Carlo e Ciani Stuparich. itinerari della grande guerra (2008); Orizzonti di guerra. Carso 1915- 1917 (2008); Una violenta bufera, 1rieste 1914 (2013); IL civico museo del Risorgimento di Trieste (20 16).
Roberro Todero, ricercatore storico, animato re culturale, fondatore del l' Associazione cultura le F. Zenobi, insigniro della Ehrenkreuz ed Esperro sui Siri della Grande Guerra, è amore di una dozzi n a di vol umi; (fa i suoi ultimi lib ri : Fortezza 1-lermada, storia ed itinerari della Grande Guerra in Italia e Sfovenia (20 173); Dalla Galizia alL'isonzo, storia e storie dei soldati triestini neLLa Grande Guerra, italiani sloveni e croati del k.u.k. l.R. Freiherr von Waldstatten Nr. 97 (2006); Il racconto delle cartoline imperia! regie, società, esercito e bruerra nel mondo di ieri (2009); 1780-1918 canti militari degli italiani d'Austria (2010); Cani e so ldati nella prima guerra mondiale (2011); l fonti del litorale austriaco al fronte orientale 19141918 (2016)