LA CARENZA PARLA OSCAR ZABAI, PRESIDENTE DI AUTAMAROCCHI
«La
carenza di autisti, o meglio, la mancanza di autisti professionisti con patente C/CE, già da molti anni penalizza il settore in quasi tutti i Paesi occidentali dell’Unione Europea. Noi accusammo il fenomeno una prima volta nel 2004, non tanto per la mancanza, quanto per un cambiamento di sentiment verso questo mestiere da parte dei nostri connazionali. Per alcuni anni sono venuti in soccorso autisti provenienti dai Paesi dell’Est da poco entrati nella Comunità Europea, ma questo flusso, che ha caratterizzato Italia, Francia, Germania, Paesi Bassi e Austria, si è drasticamente ridotto; in parallelo sono cresciute le flotte dei Paesi d’origine degli autisti». Per fotografare un fenomeno che allarma sempre di più le aziende italiane di autotrasporto delle merci a Oscar Zabai bastano poche parole. Del resto, è presidente e azionista di riferimento di Autamarocchi, una delle maggiori realtà italiane del settore (ma con controllate e filiali in Austria, Slovenia, Croazia e Ungheria), forte di 146 milioni di fatturato (previsione 2020), di 704 trattori stradali e di 1.346 semirimorchi di vario tipo. Ma sono soprattutto i 710 autisti (su poco meno di 1.000 dipendenti) a dare titolo a Zabai per parlare del problema da vero e proprio esperto.
20 marzo 2021
Avete una dimensione del fenomeno su scala nazionale? Su scala nazionale il problema è sentito in modo differente tra il Sud Italia, che ancora beneficia della prevalenza di personale italiano, e il Nord della nostra Penisola dove la carenza è più marcata. Non conosco un dato «ufficiale» circa gli autisti che mancherebbero; le associazioni di categoria parlano di diverse decine di migliaia. Di mio e da quel che sento dai colleghi posso affermare che tutte le grandi aziende del Nord hanno sempre alcuni mezzi fermi per mancanza di autisti e che l’età anagrafica media degli stessi è piuttosto elevata. Quali sono, a suo avviso, le ragioni di tale carenza? È una domanda complessa che richiede un insieme di considerazioni, perché se è ben vero che in Italia c’è una forte disoccupazione, pochi sono i giovani che si candidano come autisti. Le ragioni sono più d’una e tra queste citerei il costo per conseguire una patente C/CE che supera i 7 mila euro: un ragazzo di 21 anni, a meno che non aspiri alla laurea, a quell'età già lavora e difficilmente potrà dedicare mesi per prepararsi o, se disoccupato, probabilmente avrebbe difficoltà a trovare le risorse finanziare. Il Comitato centrale dell’Albo degli autotrasportatori finanzia la formazione di giovani che aderiscono al progetto «Giovani Conducenti», ma con numeri
decisamente insufficienti rispetto alle necessità del settore. A ciò si somma lo scarso appeal del mestiere, perché negli anni si è radicata nell’opinione pubblica un’idea negativa che poggia prevalentemente su quattro elementi: gli stipendi sono bassi, il camion inquina, causa incidenti, congestiona il traffico. Niente di più falso! Qual è la verità, allora? La bassa remunerazione è una leggenda da sfatare perché è tutt’altro che modesta. Il costo per l’azienda è mediamente di 51 mila euro annui. Incidono in negativo sul compenso netto – questo sì – l’alta tassazione e i contributi a carico del dipendente. Quanto all’inquinamento, i nuovi mezzi – gli Euro VI d – sono realmente a basse emissioni, avendo avuto una evoluzione tecnologica incredibile che, da sempre, anticipa quella delle vetture. In tema di sicu-