I GIOVANI
A COLLOQUIO CON ELISABETTA GUALMINI
MIGLIORE IMMAGINE E DUE OPPORTUNIT Invece, in Italia c’è un po’ il pregiudizio che tutti debbano fare gli insegnanti, gli avvocati, i notai, come se dei lavori manuali non ci fosse più bisogno. Quindi esiste da una parte un problema culturale, dall’altra è probabile che i giovani abbiano paura nel misurarsi con una professione come l’autista di veicoli pesanti, vuoi per gli orari, vuoi per la fatica che comporta. Una condizione lavorativa, questa, che l’Europa ha cercato di migliorare con l’approvazione del nuovo pacchetto mobilità.
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ettiamo subito in chiaro una cosa: l’invecchiamento non è un’esclusiva dell’autotrasporto. «Nel settore pubblico – ricorda subito Elisabetta Gualmini, europarlamentare e membra della commissione per l’Occupazione – l’età media è superiore ai 50 anni». E quando mancano i giovani spuntano diversi problemi. Tra i tanti ricorda «la difficoltà a promuovere innovazione o la ricerca di nuove energie e soluzioni, in quanto è assodato che chi lavora in modo routinario tende a replicare modelli occupazionali, mentre ogni settore ha bisogno di nuove creatività». Autotrasporto compreso, aggiungiamo noi. Ma a proposito, cos’è che frena il ricambio generazionale tra gli autisti? Comprendere perché i giovani siano refrattari a varcare i cancelli dell’autotrasporto è fondamentale e per certi versi paradossale, visti gli alti tassi di disoccupazione giovanile e vista quindi la necessità, per l’equilibrio di un paese, di sfruttare tutte le opportunità lavorative, non soltanto quelle intellettuali.
50 marzo 2021
Questa normativa riuscirà a rettificare quella visione, comune a molti autotrasportatori, secondo cui l’inizio del degrado per il settore sia coinciso con l’ingresso in Europa e sul mercato di lavoratori provenienti da Est? C’è da dire che lo sguardo dell’autotrasportatore non soltanto “ci azzecca”, ma è anche in linea con quello di tanti cittadini e lavoratori che ritengono l’Unione un complesso di istituzioni a volte arzigogolato e difficile da capire. È vero che l’ingresso di tanti paesi orientali ha cambiato gli standard lavorativi, con fenomeni di dumping sociali e con una corsa al ribasso dei salari. È quindi evidente che l’allargamento ha portato squilibri a cui l’Unione ancora oggi non è riuscita a porre rimedio. Il problema delle diverse condizioni di lavoro e retributive è alla base di questo pacchetto che ha, tra gli obiettivi, quello di migliorare le condizioni lavorative dell’autotrasportatore, di accrescere il sollievo prodotto dal riposo notturno da consumare lontano dal camion, di introdurre maggiore flessibilità nei riposi settimanali. E questi miglioramenti potranno rendere il lavoro anche più attraente per i giovani. Ma il pacchetto mobilità va anche oltre, perché dice che deve esserci un’armonizzazione delle condizioni salariali e contributive e che non si può scendere sotto al salario minimo dei diversi Paesi. Tra l’altro l’Unione europea sta marciando in questa direzione e presto sarà varata una direttiva sul
Un paese vecchio, un po’ come un’impresa, perde capacità di innovare. Anche per questo l’autotrasporto ha bisogno di giovani. Ma a tenerli distanti ci sono pregiudizi culturali, legati alla superiorità del lavoro intellettuale, e la prospettiva di un lavoro difficile. Oggi, però, la pandemia produce alcuni cambiamenti. E altri ne produrrà il pacchetto mobilità approvato in Europa. Da Bruxelles ci spiega come un’eurodeputata, membra della commissione per l’Occupazione e gli Affari sociali salario minimo proprio con l’obiettivo di coordinare e spingere verso l’alto il livello retributivo dei diversi paesi. Anche perché le differenze attuali – con i 300 euro di salario mensile in Bulgaria e i 2.000 del Lussemburgo – non possono essere tollerate. Aldilà delle differenze retributive, il fatto che tanti lavoratori distaccati siano occupati in un paese e versino contributi previdenziali in un altro,