LE SOLUZIONI
È
A COLLOQUIO CON GIUSEPPE CURCIO, AMMINISTRATORE DELEGATO
vero che mancano gli autisti? Giuseppe Curcio, titolare di un’azienda di autotrasporto e logistica con quartier generale a Polla, in provincia di Salerno, ma dotata di una filiale nei pressi di Reggio Emilia, utilizzata come hub di transito in direzione della Francia, paese verso cui si dirige la quota preponderante dei suoi traffici, ci pensa un po’ prima di rispondere. «Sì, che manchino è sicuro – conferma – e su 180 veicoli che compongono la flotta aziendale circa il 7% è indisponibile perché non coperto da autisti». Poi però stabilisce un primo distinguo: «È anche sicuro, però, che al Nord il problema è più sentito rispetto al Sud; prova ne sia che in Emilia il 90% dei nostri autisti è costituito da immigrati e il 10% da italiani prossimi alla pensione. In Campania, invece, gli autisti italiani sono un buon 50% perché questo mestiere, anche per i giovani, rappresenta ancora un’opportunità lavorativa». Chiariti i contorni della criticità, l’imprenditore campano spiega anche, in modo puntuale, il perché si siano create. E al riguardo, dopo aver ricordato le ragioni di immagine sociale, innescate «dall’aver messo ingiustamente in discussione la figura del camionista, disegnata come border line e caratterizzata da condotte discutibili», individua le due principali cause della carenza in quelli che definisce i due «colli di bottiglia storici» per l’accesso alla professione: «Il primo è stata l’eliminazione del servizio di leva, che ha funzionato
58 marzo 2021
come un’autentica fabbrica di autisti e che all’improvviso, a partire dal 2005, ha chiuso i battenti. Il secondo è stata l’introduzione della CQC, divenuta obbligatoria a partire dal 10 settembre 2009. Sia chiaro: non discuto l’opportunità di aumentare, tramite questo titolo abilitativo, la specializzazione e la formazione dei conducenti, ma il percorso seguito a tale scopo è stato troppo complesso e soprattutto troppo separato dalle realtà aziendali».
FIDELIZZAZIONE E FORMAZIONE Giuseppe Curcio non è affetto dalla malattia di tanti autotrasportatori: il lamento sterile. E lo si capisce subito quando, appena esaurito l’esame delle cause, passa a proporre soluzioni pratiche per risolverle.
Talmente pratiche e fattibili che lui le ha già adottate nella propria azienda. Sono diverse, ma hanno quasi tutte un denominatore comune: la formazione quale collante tra aziende e potenziali lavoratori. Una prima soluzione, finalizzata a qualificare professionalmente i giovani e al tempo stesso a fidelizzare gli autisti migliori, è stata adottata – ci spiega – inserendo, «nell’ambito del contratto sindacale, obiettivi e incentivi che tengono conto di una serie di parametri, il cui raggiungimento fa scattare la conquista di premi di varia natura. Il primo parametro, il più importante, è espresso dagli anni di servizio trascorsi in azienda e scatta al superamento dei quattro anni di anzianità. Il secondo riguarda la disponibilità ad affiancare i giovani nella formazione alla
Passaggi generazionali: Giuseppe Curcio con il papà Giovanni, di cui ha raccolto l’esperienza nel settore del trasporto e della logistica.