IL FUORICASA - RIVISTA D'INFORMAZIONE DELL'HORECA E DEL FOOD SERVICE - Numero 3

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NUMERO 3

L’INFORMAZIONE DELL’HORECA E DEL FOOD SERVICE



ELISABETTA CANALIS

Il mio segreto nei momenti di piacere e di relax? Bibite San Benedetto Zero. Il gusto dell’allegria, zero zuccheri aggiunti.


RIVISTA D’INFORMAZIONE DEDICATA ALL’HORECA E AI CONSUMI OUT OF HOME

L’editoriale di Fabio Russo

E così, riprendono anche le pubblicazioni della rivista IL FUORICASA. Ci eravamo fermati proprio il 6 Marzo dello scorso anno, quando avevamo fornito i files esecutivi della stampa alla tipografia. Ordine di stampa da me bloccato poche ore dopo a causa dell'annuncio da parte dell'allora Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che decretava la chiusura totale di tutte le attività. Sono passati da allora oltre 18 mesi nei quali i nostri strumenti digitali di informazione e comunicazione Horecanews.it e PagineHoreca.it sono molto cresciuti, continuando a dare al comparto dei significativi impulsi a favore della ripartenza. Potrei spendere fiumi di parole su questi ultimi 18 mesi, ma servirebbe a poco. In troppi ne hanno scritto e nessuno quanto ognuno di noi può sapere quanti danni abbia causato la nota pandemia, sotto ogni aspetto. Preferisco parlare del presente guardando con ottimismo al futuro, come hanno fatto alcuni dei nomi che partecipano a questo numero con un loro contributo scritto. Ripartiamo, dunque, con dei focus su professionisti, prodotti d'eccellenza, storie uniche ed entusiasmanti, indagini e ricerche su alcuni dei principali temi del comparto che, ne siamo certi, troveranno il vostro pieno gradimento. Senza tuttavia trascurare alcune anticipazioni dedicate a HOST, la principale manifestazione fieristica italiana dedicata all'ospitalità e alla ristorazione che, eccezionalmente in questa edizione 2021, è affiancata da quella dedicata al comparto alimentare TUTTOFOOD. Sul prossimo numero e prima ancora, sulla nostra testata giornalistica di settore Horecanews.it aggiornata quotidianamente, le tante novità che scopriremo ed approfondiremo per voi, dandovene puntualmente conto.

SCOPRI OGNI MATTINA LE NOTIZIE DEL CANALE HORECA SU IL QUOTIDIANO DIGITALE D’INFORMAZIONE DEDICATO AI TEMI DELL’HORECA E DEL FOOD SERVICE 4



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SOMMARIO. IN QUESTO NUMERO Fipe - La ripresa del Paese passa dalla ristorazione | 7 Intervista col maestro pasticciere Claudio Gatti | 8 Host - Il mondo dell'Ho.Re.Ca. riparte in presenza | 16 Ristorante del futuro - Va in scena a Host all'interno dello stand FIPE | 22 Pasta Armando. La filiera virtuosa del grano - Intervista con Fabrizio Nucifora | 24 Gaggia Milano: una lunga storia di gusto | 28 Apre a Londra il primo flagship store Lavazza fuori dai confini italiani | 32 CoffeeBi - Dalla pandemia all'esperienza Fuoricasa | 34 Gli Italiani e il caffè - Astra Ricerche | 38 Zerica - a Host le soluzioni per l'ospitalità | 42 Coca-Cola in Italia vale 870 milioni di euro | 44 Alla scoperta del Riso Venere | 46 Tecnoinox - Alta cucina, arte, innovazione e Industria 4.0 | 50 APCI. La nostra ripartenza di valore con gli associati - Intervista con Sonia Re | 52 Vino e ricerca - La nuova frontiera degli esperimenti in microgravità | 54 Intervista con Gennaro Buono il "Sommelier Coach" | 58 Il Giardino delle Luppole. Dove il luppolo è bioispirato | 62 2021. L'anno della birra | 64 Le Acciughine. L’ingrediente che non c’era… | 70 FIPE e Slow Food insieme per valorizzare la filiera agroalimentare italiana | 71 La sfida del food marketing - Intervista con Luciano Rubino | 72 Le novità di Gruppo Caffo | 74

IN VETRINA A

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Kalerm

Covim

Storm

Senzani Brevetti

Gruppo Arc

BWT Water+More

Esmach

GPE Ho.Re.Ca. Division

Le piantagioni del caffè

Carimali


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LA RIPRESA DEL PAESE PASSA DALLA RISTORAZIONE di Lino Enrico Stoppani Presidente di FIPE

Il ritorno in presenza di una fiera internazionale importante come TUTTOFOOD, con i suoi 945 espositori e oltre 500 buyers provenienti da tutto il mondo, rappresenta un interessante e incoraggiante segnale per chi spera in una piena ripresa delle attività fuoricasa. Interessante, perché si tratta di una manifestazione ampiamente simbolica per il food italiano, come vetrina e come momento di confronto della lunga filiera alimentare del Paese. Dalla produzione alla somministrazione, TuttoFood rappresenta infatti un quadro composito di quel Made in Italy alimentare che tra cultura, tradizioni, innovazione proprio oggi deve trovare nuovi spunti e sinergie per rilanciarsi. E poi questa manifestazione è, appunto, un segnale incoraggiante perché arriva a una settimana esatta da un avvenimento decisivo per i destini del mondo della ristorazione italiana: la fine del regime di smartworking per i dipendenti pubblici , chiamati il 15 ottobre a ritornare a lavorare in presenza. I pubblici esercizi - quelli situati tanto nei centri storici delle città e a ridosso dei centri direzionali distaccati - hanno infatti sofferto in maniera drammatica per lo svuotamento degli uffici, pubblici come privati. In numeri, il Centro Studi di FIPE ha stimato che il rientro in ufficio da parte dei funzionari e dirigenti della pubblica amministrazione permetterà di recuperare circa il 20% dei 7 miliardi a cui corrispondeva il valore della pausa pranzo prima della pandemia. Certamente la pandemia, e non solo per il tema della “pausa pranzo”, ha costretto molti pubblici esercizi a rivedere il proprio modello di business, integrandolo con servizi digitali indispensabili per raggiungere una platea sempre più ampia e differenziata di clienti. Si è trattato - e si tratta - di una transizione tutt’altro che indolore, che deve essere favorita, accompagnata e incentivata da politiche pubbliche mirate a qualificare ulteriormente l’offerta di locali che, oggi più che mai, sono il biglietto da visita di un Paese che ha un disperato bisogno

di veder ripartire i flussi turistici internazionali. In queste settimane dunque si riparte, con l’irrinunciabile obiettivo di non chiudere più , grazie all’allargamento costante della platea di vaccinati e all’introduzione del green pass come strumento di garanzia per mantenere aperte imprese e attività. Indietro non si torna e non si può tornare: non vanno infatti tralasciati gli effetti degli ultimi 18 mesi, né in termini negativi, sulla fragilizzazione delle nostre imprese, né in termini di innovazione, sui cambiamenti imboccati che portano al settore una sfida di modernità, prima di tutto culturale. Consapevoli che dai ristoranti alle gastronomie, dalle imprese biologiche alle catene, dalle reti di distribuzione complesse fino a quelle indispensabili di carattere tradizionale – come gli alimentari nei nostri quartieri e nei nostri paesi – oggi più che mai la partita si gioca sul campo diffuso della qualità : qualità manageriale, qualità del servizio, oltre che qualità del prodotto. Questo è in sintesi il “tutto” che speriamo di trovare con forza nella grande fiera del “food” che torna a Milano.

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Presidente Accademia Maestri del Lievito Madre e del Panettone Italiano

Maestro Pasticciere

Claudio Gatti Gli ingredienti fondamentali per lo studio del lievito madre si apprendono solo con la curiosità e la continua voglia di imparare. - Claudio Gatti La focaccia, dal latino focus che richiama il focolare domestico, è un lievitato di antica tradizione, le cui origini si perdono nel tempo. Tutti la conoscono e la apprezzano sia nella versione salata, quella originale, che nella versione dolce, nata successivamente, forse intorno al 1300. Con alterne fortune, la focaccia è arrivata fino ai giorni nostri, declinata in mille e più varianti regionali - solo in Puglia se ne contano oltre 40 – ma, quando si parla di Focaccia Dolce nell’alta pasticceria, l’associazione immediata è solo una: il maestro Claudio Gatti, che ha saputo far rinascere un dolce della tradizione attraverso un lavoro certosino sulle materie prime, che l’ha resa un prodotto unico e marchio di fabbrica di uno stile diverso nella pasticceria.

Qual è la storia di Claudio Gatti? È una storia di grande sacrificio. Classe 1958, nasco a Tabiano in provincia di Parma in una famiglia semplice e di modeste possibilità: mia madre faceva la casalinga e papà lavorava nel settore termale, poiché la nostra cittadina si trova in una zona dove tutta l’economia è basata sulle terme. Ho frequentato un istituto tecnico meccanico, ma già a 15 anni ho cominciato a fare qualche lavoretto nei mesi estivi per dare una mano in casa. Quando ho conseguito il diploma, ho cercato un impiego nel settore meccanico ma, non trovandone, ho accettato la proposta di un pasticcere di Salsomaggiore, per il quale avevo lavorato d’estate, in modo da permettermi quelle cose che un ragazzo desidera, come la Vespa o le scarpe alla moda. Il lavoro mi piaceva e da lì è nata la passione. Ho cambiato un paio di pasticcerie, ma mi sono reso conto subito che il lavoro in laboratorio mi stava stretto. Leggendo riviste specializzate, ho scoperto che a Torino c’era un grande maestro dell’arte bianca, Renato Scalenghe, che faceva corsi di zucchero e di lievito madre. Allora, ho risparmiato un po’ di soldini, sono andato a fare il mio primo corso e ne sono rimasto entusiasta. Da lì è partito tutto: sono stato allievo del maestro Achille Zoia, ho seguito corsi di Morandin, di Massari e ancora di Zoia, con il quale nel frattempo è nata un’amicizia che continua tutt’ora, tanto che ad ogni corso che lui faceva, io c’ero, anche quando lui mi diceva “che vieni fare, ormai sai tutto!”. Ma io andavo ugualmente e lui, in fondo in fondo, mi aspettava, anche solo per un salutino o per assaggiare un panettone innovativo che avevo creato. Quando abbiamo aperto l’Accademia lui era in prima fila! Cosa hai imparato dal maestro Zoia? In realtà lui faceva un panettone molto ricco, un panettone moderno carico di burro; io invece vedevo che la tendenza andava nella direzione con-

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traria, propendeva per panettoni leggeri, più digeribili, che meglio rispondevano alla mia filosofia salutistica. Il mio percorso è stato più difficile, perché le persone volevano mangiare e mangiare bene, senza preoccuparsi di conservanti e anidride solforosa, o se gli zuccheri fossero trattati o integrali o ancora quale tipo di farina ci fosse dentro al loro panettone. Quindi, per me che seguivo un tipo di pasticceria più attenta al salutistico, è stato difficile farmi comprendere. Il cambio di rotta è avvenuto quando è nata nei consumatori una nuova consapevolezza rispetto all’alimentazione e con essa la richiesta di prodotti più sani. Questa è stata la mia fortuna. Ma la sfida maggiore è stata quella di non chiamare il tuo prodotto “panettone”, bensì Panfrutto o Pandolce. È così? Indubbiamente! Ci sono miei colleghi che, pur apportando varianti sostanziali alla ricetta tradizionale del panettone, chiamano così le loro creazioni che, in fondo, panettone non sono. Io, invece, ho voluto lanciare una sfida a 360 gradi, utilizzando nomi diversi e più consoni alle mie ricette e questo non mi è stato certo di aiuto. Ho dovuto faticare non poco per far accettare le mie creazioni in un segmento della pasticceria in cui a un prodotto basta il solo nome panettone per essere accettato, al di là del fatto che la ricetta poi non rispetta al 100% i canoni della tradizione. Però,

quando con il mio Pandolce, la mia Focaccia, la mia Veneziana ho raggiunto il successo, allora ho capito che qualcosa era cambiato nel gusto e nella visione dei consumatori rispetto ai dolci tradizionali. Quella del pasticcere è una professione o un mestiere? È tutt’e due! È una professione, un mestiere, è cultura, è qualcosa che senti dentro, una passione che non ti fa guardare l’orologio, anche se sei stanco, che ti fa desiderare che la giornata non finisca mai o almeno che non finisca, finché non vedi il risultato del lavoro che hai fatto in laboratorio.


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Quanto ha inciso la formazione dei primi anni sulla tua attuale conoscenza del settore? Ha inciso solo su una cosa: lo spreco. Mi ricordo che al mio primo maestro non importava tanto che io fossi più preciso nello sviluppare la ricetta o nel dare al mio dolce un aspetto esteticamente perfetto. A lui interessava che non si sprecasse nulla e perciò mi aveva insegnato che ogni prodotto può essere recuperato e riciclato. Non è possibile quello che succede oggi con i giovani pasticceri, che non tengono conto di questo valore e buttano, buttano tanto. Una cosa che mi fa stare davvero male è proprio l’enorme spreco di materie che si fa oggi in pasticceria, un po’ come accade in altri settori. Quindi, questo è l’insegnamento che mi è rimasto dei primi anni. Per il resto, ho sempre cercato di apprendere da generazioni più giovani rispetto ai maestri di allora, perché più inclini all’innovazione, più attente alle nuove tendenze e quindi al mio modo di vedere il futuro della pasticceria. È chiaro che ognuno dei maestri della tradizione che ho avuto mi ha lasciato qualcosa, su cui io ho poi costruito la mia idea di pasticceria, ed è quello che spero di fare anch’io con i ragazzi che mi seguono.

Sei presidente dell’Accademia dei Maestri del Lievito Madre. Ci racconti com’è nata e a quali principi si ispira? È nata per tutelare e far conoscere la cultura del Lievito Madre, per diffondere la tradizione del panettone italiano e farla conoscere anche alle nuove generazioni, che è molto importante. Abbiamo fatto di recente una convention in cui abbiamo discusso su come fare per ottenere una legislazione che tuteli artigiani, pasticceri e panificatori riguardo al panettone artigianale. Noi vorremmo che ci fosse una precisa distinzione tra il panettone artigianale tradizionale e quello industriale, senza fare la guerra a nessuno, lasciando al cliente finale la scelta, una volta che gli sia spiegato in maniera chiara la differenza tra il vero panettone tradizionale artigianale e la moltitudine di prodotti che si definiscono tali, ma che in realtà non lo sono. Sei riconosciuto nel settore per l’originalità delle tue creazioni. Quali sono quelle di maggior successo? Faccio una premessa. Tutto nasce da una serie di ricerche che ho fatto negli anni. La prima è stata quella sui grassi che mi ha portato ad abbassar-

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ne la quantità, introducendo nelle mie ricette un burro naturale, se possibile italiano, che rende tutto più leggero e digeribile. La seconda è stata sui canditi, la maggior parte dei quali sono trattati con anidride solforosa e quant’altro. Io ho voluto utilizzare dei canditi di ottima qualità, naturali e molto buoni. Poi ho approfondito il mondo delle farine, poiché sette/otto anni fa c’è stato un momento in cui le farine erano estremamente glutinate. Io ho cercato allora di trovare ed utilizzare farine di grani antichi, coltivate nelle mie vallate, cercando di calibrarle per inserirle nei miei panettoni. L’ultima ricerca, invece, ha riguardato gli zuccheri raffinati, l’ingrediente più dannoso per la salute, che ho cercato di sostituire con qualcosa di più sano. Dopo varie prove ho realizzato una focaccia, utilizzando 10 zuccheri naturali integrali tutti biologici. È stato un lavoro complicato, poiché non è facile creare un equilibrio mixando zuccheri naturali così diversi tra loro. Il risultato è stato molto apprezzato, ma credo che il consumatore abbia bisogno ancora di qualche tempo per comprendere appieno questa innovazione. Riferendoci al principio che non c’è dolce senza zucchero, tu ritieni che si possa dolcificare in maniera diversa? Gli zuccheri sono indispensabili sia per la salute che nella pasticceria, ma sono del parere che se ne possa fare un uso diverso, nel senso che, come dicevo prima, ci sono zuccheri alternativi, integrali, biologici, naturali che possono sostituire

nel 99% dei nostri dolci gli zuccheri tradizionali, rendendoli molto più salutari. Acero, agave, melassa, malto sono zuccheri che addolciscono in maniera più naturale, senza provocare i picchi glicemici dello zucchero bianco. Voglio però precisare che il saccarosio, se usato in maniera corretta, non è un veleno, anzi il nostro organismo ne ha bisogno per ricavarne energia. Però, va usato nelle giuste dosi o va alternato con zuccheri diversi, più naturali, magari biologici, per evitare danni alla salute. Tornando alle tue ricerche. Su cosa sei concentrato ora? In questo periodo sto lavorando sulle creme, cercando di realizzare un prodotto naturale, privo di additivi e conservanti e con solo l’1% di grassi. Ho creato una piccola linea di focacce farcite con queste creme ed hanno avuto un discreto successo. Perciò penso che la novità che porterò quest’anno saranno proprio queste focacce in edizione limitata, un po’ come faccio tutti gli anni. Di solito, i 500 pezzi che preparo li vendo subito e velocemente e questa è una cosa che mi inorgoglisce, perché significa che le persone si fidano di me, visto che comprano i miei dolci senza neanche averli assaggiati.

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Cos’altro ti rende orgoglioso del tuo lavoro? Mi inorgoglisce quando le persone, come anche i giornalisti, mi chiamano per sapere se ho creato qualcosa di nuovo, mi chiedono di parlargliene, di mandare foto. Evidentemente, hanno fiducia in me e questo è motivo di grande gioia. Sono contento anche quando mi definiscono il pasticcere salutista o il pasticcere degli sportivi. Quali sono i tuoi ingredienti preferiti e quali sono le creazioni nate dai tuoi ingredienti preferiti? Quello che mi ha dato più soddisfazione, che mi ha più appagato, è stato quando sono stato invitato dagli Chef Stellati ad andare a Parigi, a presentare il buffet di Parma Città della Gastronomia. Mi hanno affidato il buffet dei dolci, chiedendomi di fare un dolce che rappresentasse il territorio. Allora ho usato un sacchetto di farina di grani antichi della mia zona, ho un po’ modificato gli impasti e ho creato la Focaccia di Grani Antichi della Food Valley e l’ho presentata a Parigi. È stato un vero successo, inventato nell’arco di pochi mesi, acclamato e oggetto di importanti riconoscimenti. Questa è stata per me una grande soddisfazione, ancora più grande di quella ricevuta nel 2003, quando Italia Oggi ha pubblicato la notizia che Claudio Gatti era stato il creatore di

un panettone 100% olio extra vergine di oliva, un panettone che è rimasto nella mia gamma, poiché risponde all’esigenza di tutti coloro che sono intolleranti al lattosio. Visto che ne sei esperto, ci spieghi quali sono gli aspetti valoriali delle farine di grani antichi? Io sono attirato da tutto quello che non è facile e le farine di grani antichi appartengono a quelle categorie di prodotto che necessitano di uno studio approfondito, affinché possano essere inserite in una ricetta. Vanno bene per fare del pane, pochi lievitati, una buona pasta frolla, ma non è facile utilizzarle nelle grandi lievitazioni, ovvero in quei dolci che hanno bisogno di tempi di lievitazione lunghi. Quindi, nell’impasto della mia focaccia, alla farina in purezza ho aggiunto una percentuale di grani antichi, dopo averli fatti tostare a vapore, il che le ha dato un profumo unico, diverso da quello che si ottiene utilizzando solo farine normali. Per dare questo valore aggiunto al mio dolce, ho lavorato molto, ho dovuto fare molte prove per trovare la giusta combinazione nel mix di farine che utilizzo ed individuare la corretta percentuale di grani antichi da inserire, affinché il risultato finale fosse il giusto impasto del mio panettone.

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Sei stato uno dei primi pasticcieri ad aprire un ecommerce, riuscendo a portare i tuoi dolci in tutto il mondo. Credi che sia un canale in crescita? Secondo me, ci sarà uno sviluppo incredibile, come dimostrano le cifre sempre in crescita di questo canale di vendita, ma bisogna essere bravi e corretti. Bravi nei tempi di consegna e corretti nel far arrivare a casa delle persone un prodotto fresco e aderente a quello dell’immagine che hai messo nel tuo sito. Per questo motivo, ho deciso di dedicare all’e-commerce tre linee di prodotto, costituite da dolci con scadenza medio/lunga, che si possono trasportare facilmente e che rispecchiano la tradizione del mio territorio. Se dovessi dare dei suggerimenti ai giovani che desiderano intraprendere questa carriera, cosa gli diresti? Di credere in se stessi prima di tutto e in quello che si fa. Se una nuova creazione, sulla quale si è lavorato tanto, non ha subito il riscontro sperato, perché magari è stata proposta in un momento sbagliato, ebbene io dico di non scoraggiarsi, di insistere, perché poi se ci si crede il successo arriva, come è capitato a me. L’importante è lavorare divertendosi, credendo in quello che si fa, perché prima o poi i risultati arrivano.

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Dedichi tante energie al tuo lavoro. Cosa fai nel poco tempo libero? Da un po’ di tempo ho scoperto la mountain bike. Faccio lunghe passeggiate per le colline per staccare per qualche ora e dedicare qualche minuto a me stesso, cercando ispirazione per nuove creazioni. A questo proposito, ci anticipi le tue novità per il Natale? Farò una produzione limitata puntando sulle creme, accanto ai miei cavalli di battaglia, i grani antichi, la mia Zuppa Inglese del Cardinale, che lo scorso anno ha avuto tanto successo. Ci sarà una novità con le creme, ma sarà una sorpresa di cui non posso dire di più.


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THE MILAN COFFEE FESTIVAL TUTTOFOOD e HostMilano si riuniscono sotto lo stesso tetto in un concetto di “filiera totale”: dal semilavorato alla trasformazione e l’equipment, fino alle occasioni di acquisto nella GDO e Retail e gli stili di consumo nel fuoricasa. Un panorama senza confronti di catene del valore sinergiche tra loro, alcune delle quali approfondite in verticale nella loro completezza. Previsti più di 2.200 espositori provenienti da più di 40 Paesi e, grazie anche alla stretta collaborazione tra Fiera Milano e ICE/ITA Agenzia, folta sarà la presenza di top buyer internazionali: ad oggi circa 1.000 da 75 Paesi gli operatori che hanno confermato la loro presenza. TUTTOFOOD e HostMilano rappresenteranno quindi un’opportunità unica per confrontarsi con espositori, buyer e visitatori professionali di tutto il mondo e comprendere quali sono le innovazioni tecnologiche e di prodotto, le tendenze di consumo e i format su cui puntare per sviluppare il proprio business. Forte dell’impatto della relazione in presenza, le due manifestazioni saranno non

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solo una piattaforma di business matching e networking, ma anche un momento di condivisione di conoscenze e competenze grazie a un palinsesto di eventi senza confronti: sono quasi 1.000 gli appuntamenti con contenuti e relatori di elevato profilo, in collaborazione con le più autorevoli associazioni e organizzazioni di ogni settore. Oggi la sfida è restare protagonisti anche nella ripresa, affrontando insieme gli importanti cambiamenti che ci attendono. I dati economici lasciano ben sperare: secondo il più recente Food Industry Monitor l’alimentare e il food equipment cresceranno insieme di circa il 6% sia nel 2021 sia nel 2022. Nell’ambito F&B, si segnalano le buone performance delle esportazioni in settori come il settore latte e latticini (+2,9%), i salumi (+3,2%), pasta e bakery (+4,1%) e sweet (+6%), fino al +7,1% per l’ortofrutta fresca e +10,15 per l’olio. (fonte: Export Planning). A livello globale si prevede che nei prossimi mesi si dispiegheranno tutte le potenzialità del settore, portando la crescita annuale del commercio mondiale nel 2021 a tassi fino al 12%.


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IL MONDO HO.RE.CA. RIPARTE IN PRESENZA HostMilano torna in presenza e in piena sicurezza: Un’occasione imperdibile per fare networking e celebrare insieme la ripartenza dell'intero settore Ho.re.ca. e un supporto indispensabile per orientarsi nel mondo del fuoricasa che verrà. Tre le macroaree della manifestazione: Ristorazione Professionale, Bakery, Pizza, Pasta; Caffè, Tea, Bar, Macchine caffè, Vending, Gelato, Pasticceria; Arredo, Tecnologia, Tavola.

DA SMART LABEL A IGINIO MASSARI. HOST CALA IL POKER D'ASSI Quattro appuntamenti da non perdere che fanno di HostMilano il luogo dove le diverse filiere dell'hospitality possono formarsi e informarsi sulle migliori case history e le tendenze più attuali. Posto d'onore alla grande vetrina di SMART Label - Host Innovation Award, il riconoscimento divenuto internazionale per tutto ciò che riguarda l'innovazione. Organizzato da Fiera Milano e HostMilano in collaborazione con POLI. Design Consorzio del Politecnico di Milano e il patrocinio di ADI - Associazione Italiana per il Disegno Industriale, il concorso si avvale di una giuria composta da docenti del Politecnico di Milano ed esperti del mondo del design, dell'architettura e dell'hospitality (tra i quali il Maestro Massari) che sceglierà i prodotti/servizi/progetti più “dirompenti” per funzionalità, tecnologie, sostenibilità ambientale, etica o risvolti sociali.

Sempre in collaborazione con POLI.Design, tornano alla 42esima edizione di HostMilano i Digital Talks, una serie di seminari di approfondimento rivolti ad architetti ed esperti del settore in cerca di occasioni di aggiornamento professionale; al centro degli incontri, temi di forte attualità come l'utilizzo di dei big data, l'analisi dei nuovi scenari urbani, l'evoluzione del concetto di lusso e le applicazioni rese possibili dalle nuove tecnologie. Sul fronte della pasticceria, dopo il successo di due anni fa, sarà di nuovo tra i padiglioni di Rho Fiera “Pasticceria di Lusso nel Mondo” by Iginio Massari, il concept ideato dal Maestro del pastry italiano e internazionale che metterà uno accanto ai i più grandi nomi del mondo sweet a livello globale, tutti chiamati ad interrogarsi sulle ultime tendenze del dolce d’alta gamma.

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BAR CAFFÈ. TUTTI GLI APPUNTAMENTI DA SEGNARE IN AGENDA Competizioni ed eventi unici, capaci di attirare l'interesse di media e addetti ai lavori sono anche previsti dall'agenda del settore Bar Caffè. L'ultima new-entry riguarda l'accordo raggiunto con Specialty Coffee Association (SCA), l'associazione che rappresenta migliaia di professionisti del caffè, dai produttori ai baristi di tutto il mondo, per lo svolgimento durante i cinque giorni della manifestazione dell'appuntamento top del segmento Caffè: i Campionati SCA 2021 - World Barista Championship, World Brewers Cup e World Cup Tasters Championship. L’accordo con SCA prevede inoltre che saranno tre le edizioni dei campionati ad HostMilano: nel 2021, 2023, 2025. Ad organizzare poi altri appuntamenti ci penserà ALTOGA, Associazione Nazionale Torrefattori e Importatori di Caffè e Grossisti Alimentari, con il VII° Gran Premio della caffetteria Italiana, a cura di Aicaf Accademia Italiana Maestri del caffè: in programma, la sfida tra i migliori aspiranti baristi tricolori, chiamati a misurarsi in nuove preparazioni legate a stretto filo con l’enogastronomia dello Stivale. Vuole invece trovare i migliori lattieristi del Belpaese il II° Campionato Italiano Latte Art Grading, la competizione i cui vincitori saranno ammessi alla seconda edizione della Wlags Battle (World Latte Art Grading System Battle). In palio, il premio di barista con la “mano” più precisa nel fare i pattern come richiesti dal regolamento della gara. Chiude lo schedule del Caffè, Coffee Adition – The itineray event e coffee tasting corner, a cura di Aicaf Accademia Italiana Maestri del caffè e ALTOGA; un evento itinerante tra i padiglioni della fiera, che quest'anno si avvarrà dell'estro innovativo di Gianni Cocco, pronto a scoprire nuove ricettazioni a cavallo di caffè, cioccolato, cacao, spezie e altri ingredienti del territorio.


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ARTE BIANCA. VA IN SCENA IL PANETTONE WORLD CHAMPIONSHIP Torna, ad Host2021 con la sua seconda edizione, Panettone World Championship, campionato a cura dell’Accademia dei Maestri del Lievito Madre e del Panettone Italiano, che celebra il lievitato italiano più famoso al mondo: il panettone tradizionale artigianale. L'obiettivo è di promuovere, attraverso un confronto internazionale, il rispetto del panettone artigianale tradizionale, sensibilizzando l’opinione pubblica sull’importanza della qualità, del valore e dell’unicità di un dolce tradizionale fatto senza l'utilizzo di additivi chimici. Saranno ammessi quattro rappresentanti dall’estero e trenta dall’Italia, per un totale di 35 panettoni che concorreranno alla semifinale del 22 ottobre nella sede di ALMA - La Scuola Internazionale di Cucina Italiana, a Parma. Di questi, soltanto 20 andranno alla finale che si svolgerà domenica 24 ottobre ad HostMilano 2021. Da non perdere, sempre nel macrosettore dedicato a Pane Pizza Pasta, anche le iniziative messe in campo dall’Associazione Panificatori di Milano e Province di Confcommercio Milano, protagoniste con Bakery Academy. I Panificatori Milanesi forniranno il loro contributo nella realizzazione del miglior panino farcito, tra tradizione, salute e sostenibilità avvalendosi del coinvolgimento dei ragazzi delle Scuole di Panificazione della Lombardia. Showcooking e degustazioni animeranno, invece, lo stand che ospiterà i soci pastai di A.P.Pa.Fre. - Associazione Produttori Pasta Fresca della Piccola e Media Impresa che, durante i cinque giorni della manifestazione, presenteranno i loro prodotti. Pizza e Pasta Italiana presenterà invece un nuovo format: Slices – Pizza Culture for professionals. Seminari, showcooking e dibattiti da assaggiare e condividere: “Tranci” di cultura organizzativa e tecniche di lavorazione dedicati ai professionisti della pizza.


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RISTORAZIONE PROFESSIONALE: FOCUS SULLA DIGITALIZZAZIONE Una survey sull’innovazione digitale nella ristorazione. Un trend che non è più possibile ignorare, dal momento che il 55% dei ristoranti ancora non utilizza app o software per le ordinazioni, soltanto il 34% ha adottato un software per la gestione del magazzino e solo il 31% si serve di strumenti per la fatturazione elettronica. Sono solo alcuni dei dati che verranno resi noti ad Host2021 durante la presentazione di Ristorazione 4.0, un Osservatorio privilegiato sulla digitalizzazione del comparto a cura di FIPE – Federazione Italiana Pubblici Esercizi. Ad animare la scena del comparto, arriverà anche una serie di seminari dedicati al futuro dell'Hospitality organizzati da due tra le più prestigiose associazioni di settore, come Foodservice Consultants Society International (FCSI) e APCI Associazione Professionale Cuochi Italiani. Si comincia con un fitto menù di eventi,tra presentazioni, workshop e tavole rotonde, dove discutere nonstop sul futuro dellHospitality per proseguire poi con l'Horeca Digital Academy, un percorso formativo che, tra teoria e pratica, coinvolgerà tutti i protagonisti del mondo dell’ospitalità Molto attese saranno poi le competizioni internazionali organizzate da FIPGC Federazione Internazionale Pasticceria Gelateria Cioccolateria: in prima fila, il Campionato del Mondo del Tiramisù, con la partecipazione di 24 concorrenti provenienti dai cinque continenti, e il nuovo concept di FIPGC International Pastry Award, composto da 4 premi, che incoroneranno i “top” pasticcieri in gara. Chiudono il programma più “dolce” della manifestazione Art Gallery, con oltre 200 opere e lavorazioni dal vivo in esposizione di Pasticcieri Italiani ed Internazionali; e l’evento The best Pastry chef in the World, con le equipe eccellenze FIPGC tra cui 18 campioni del Mondo che sfileranno dando la loro testimonianza sul futuro della pasticceria a livello internazionale.



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VA IN SCENA A HOST

ALL'INTERNO DELLO STAND FIPE SI PARLERÀ ANCHE DI INNOVAZIONE GRAZIE ALLE 7 REALTÀ

DELLA COSTITUENDA ASSOCIAZIONE “RISTORANTE DEL FUTURO” Tra lockdown, restrizioni, normative e nuove abitudini dei consumatori, nell’ultimo anno il settore dell’Horeca ha dovuto affrontare sfide sempre più complesse per superare le difficoltà del momento e adattarsi alla “nuova normalità” fatta di aperture contingentate, take-away e delivery. A raccontare ad Host quali saranno le prospettive della ristorazione e quali gli strumenti innovativi a supporto sono le 7 realtà food-tech italiane promotrici del progetto “Ristorante del Futuro”: Marketplace digitale B2B che mette in contatto diretto chef e ristoratori con i fornitori. “Nell’ultimo anno il mondo della ristorazione ha compreso quanto fosse ormai fondamentale utilizzare soluzioni digitali che rendessero tutti i processi più rapidi, efficaci e smart” sottolinea Ivan Aimo, CEO. Prima azienda in Italia ad emettere buoni pasto digitali. "Con EatsReady oggi più che mai vogliamo essere di supporto al settore della ristorazione per fornirgli la possibilità di ripartire nella maniera più rapida e sostenibile possibile" spiega Nicola Faedi, CEO. Creatrice dell’omonimo forno professionale ventilato per le consegne a domicilio. “Abbiamo ideato la tecnologia di Hotbox proponendoci di migliorare la conservazione del cibo durante il trasporto per le consegne a do-

micilio, garantendone qualità ottimale, temperatura corretta e giusto grado di umidità”, spiega Anthony Byron Prada, Co-Founder e CEO. Propone un modello di menu digitale, interattivo e multilingua. "Con il progetto ‘Ristorante del Futuro’ vogliamo dimostrare come l’innovazione sia di fondamentale importanza per la ripresa e l’evoluzione di una industry così importante per l’economia italiana” spiega Marco Simonini, CMO. Creatore di un punto cassa e una piattaforma cloud gestibile da tablet. Dichiara Francesco Medda, CEO: “Siamo fermamente convinti che la digitalizzazione dei processi e del punto cassa in particolare siano aspetti cruciali per la costruzione del ristorante del futuro”. Il primo marketplace dedicato alle prestazioni occasionali nel mondo della ristorazione. “Ognuna delle startup che ha aderito al progetto Ristorante del Futuro ha sviluppato soluzioni innovative per semplificare molti aspetti della vita dei ristoratori” afferma Mattia Ferretti De Luca, CEO. Storica azienda di consulenza per il mondo Ho.Re.Ca. “La pandemia ci ha insegnato a dare spazio e conoscere nuovi strumenti digitali che semplificano i processi e accorciano le distanze tra chi vende e chi acquista”, spiega Dario Laurenzi, Founder e CEO.


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Il progetto “Ristorante del futuro” nato come un evento annuale, si sta evolvendo in una vera e propria associazione, che si pone come obiettivo quello appunto di stimolare e promuovere l’innovazione nel settore. “Con Ristorante del Futuro desideriamo approfondire i vari aspetti della ristorazione che verrà, ma anche e soprattutto essere un punto di partenza per far emergere l’esperienza di giovani realtà food-tech che stanno rivoluzionando il mondo dell’Ho.Re.Ca. semplificando la vita dei ristoratori e migliorando l’esperienza dei consumatori” spiegano i promotori. "La pandemia ha accelerato la transizione digitale nella ristorazione ma ha anche portato alla nascita di progetti improvvisati, nati col solo obiettivo di cavalcare l'onda. Davanti ad una platea tanto importante come quella di Host avremo il piacere di dimostrare come Ristorante del futuro sia un progetto lanciato e portato avanti da autentici professionisti del settore, seri, competenti e desiderosi di proiettare appunto la ristorazione italiana nel futuro". Dichiara Antonio Iannone, consulente di Ristorante del futuro.

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LA FILIERA VIRTUOSA DEL GRANO IL RISPETTO DEL CONSUMATORE NASCE DALL’AMORE PER IL GRANO 100% ITALIANO.

Pasta Armando, brand del pastificio irpino De Maffeis SpA, vive una stagione di grande crescita e di importanti riconoscimenti, che premiano l’intenso lavoro compiuto nell’ultimo decennio su valori come la qualità e l’italianità, asset imprescindibili della sua filosofia. Eppure, la comunicazione del brand è cominciata solo lo scorso anno, un anno peraltro estremamente difficile per l’economia del nostro Paese, quando a febbraio del 2020 Pasta Armando ha occupato gli slot pubblicitari di apertura e chiusura della manifestazione della canzone italiana per eccellenza, ovvero Sanremo, con una campagna di comunicazione molto coraggiosa. Nei dieci mesi successivi, il brand ha accresciuto il suo accreditamento e la sua riconoscibilità sul mercato, puntando proprio sui valori in cui fermamente crede. Grazie ai risultati ottenuti nel 2020 in termini di crescita del brand e dal punto di vista dei risultati economici messi a bilancio, la strategia di comunicazione perseguita da Pasta Armando le è avvalsa il Bronze Effie nella categoria alimentari, un premio che riconosce proprio l’efficacia del marketing. Ci facciamo raccontare la storia di Pasta Armando da Fabrizio Nucifora, Global Sales & Marketing Director della Business Unit che gestisce il portafoglio di brand.

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Come nasce Pasta Armando? Pasta Armando è un brand nato 11 anni fa sull’intuizione del Cavaliere del Lavoro e Presidente Armando Enzo De Maffeis il quale, quando nessuno parlava di grano 100% italiano, decise di sfidare un luogo comune, ovvero il fatto che in Italia, dove si trasforma la maggior quantità di grano al mondo essendo i maggiori produttori di pasta, ci si rivolgesse all’estero per l’approvvigionamento del 50% di materia prima, perché si credeva che il grano italiano non fosse qualitativamente all’altezza. In controtendenza, il Cavaliere decise di creare


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mando è la prima pasta sul mercato certificata senza residui di pesticidi e glifosato pur proveniendo da agricoltura convenzionale. Il nostro coltivation protocol è garanzia della sicurezza alimentare della nostra pasta.

una filiera con le aziende agricole – quello che noi chiamiamo il patto di Armando – per coltivare e produrre in Italia il miglior grano duro. Nacque così nel 2010 La filiera di Armando, che produce da sempre grano 100% italiano e che oggi conta circa 800 aziende agricole coinvolte ed è la seconda in Italia per dimensioni e anzianità. Altri player del comparto hanno seguito il vostro esempio ma, ciò nonostante, siete rimasti unici. È così? Abbiamo fatto da apripista a tutto il segmento della pasta. Dal 2018, infatti, con la nuova legislazione della Comunità Europea, bisogna dichiarare dove viene coltivato il grano che si utilizza. Solo noi e pochi altri player utilizzavamo solo grano italiano, per cui tutti gli altri attori del comparto hanno dovuto iniziare a fare i loro approvvigionamento di filiera. Restiamo, comunque, gli unici a stabilire rapporti one-to-one con gli agricoltori, mentre gli altri si rivolgono ad intermediari: il nostro è un vero e proprio patto con gli agricoltori che coltivano il nostro grano. Ciò significa che le aziende agricole che aderiscono al patto Armando devono attuare un protocollo di coltivazione virtuoso, controllato direttamente dai nostri agronomi sul campo, che ci consente di definire alcuni parametri, in particolare come, quali, quando e quanti pesticidi utilizzare. Grazie all’osservazione del protocollo disciplinare, e ai rigorosi controlli in campo, presso il nostro mulino, durante e dopo il ciclo produttivo, Pasta Ar-

E per quanto riguarda i valori nutrizionali? Anche in questo caso abbiamo un preciso protocollo. Il nostro disciplinare stabilisce che il livello minimo di proteine presente nel nostro grano deve essere 14,5%, mentre in Italia il limite è 10,5%. In più, riconosciamo premialità agli agricoltori della nostra filiera che riescono a superare il livello proteico minimo da noi stabilito. In questo modo, abbiamo ottenuto un grano che mediamente è superiore del 20% in termini di qualità, rispetto alla media del mercato stabilite dall’istituto CREA. Il risultato è una pasta premium, una vera eccellenza dal punto di vista organolettico e della salute alimentare. In più, Armando è un brand che ha la sostenibilità nel suo DNA: la nostra confezione in carta è totalmente riciclabile nella carta, nonostante abbia una piccola finestrella in plastica. Queste caratteristiche incidono chiaramente anche sulla percezione del gusto, premiata dai consumatori con il Quality Award. Quanto è importante per voi questo premio? Il Quality Award è per noi molto importante perché si tratta di un blind test, ovvero la giuria non conosce il brand del prodotto che sta assaggiando e quindi non è in alcun modo condizionato dalla marca. Inoltre, il premio viene assegnato in base alle intenzioni di gradimento e acquisto che ne derivano. Noi abbiamo ottenuto il Quality Award per due anni di seguito, sia per la pasta di semola e per la pasta biologica integrale, che per la nostra linea di pastine, anch’esse certificate a zero residui di pesticidi e glifosato. Ci parla del vostro testimonial, lo chef Alessandro Borghese? Alessandro Borghese, che è nostro testimonial da oltre tre anni, ha un ruolo importantissimo nella nostra strategia di comunicazione, perché è uno chef estremamente credibile, un esperto della materia prima, quando si parla di trasformazione e quindi utilizzo di una pasta di qualità. Quella con Alessandro Borghese non è una relazione di carattere commerciale: lo chef è un vero e proprio Brand Ambassador Endorser, una relazione

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di vista del lavoro che deve fare uno chef. Oltre questi, abbiamo i vari formati tipici come bucatini, spaghettoni, chitarra. Per quanto riguarda la ristorazione collettiva l’importante è offrire l’ampiezza di gamma, perché nelle mense di scuole, ospedali o aziende a guidare non è tanto la logica di formato, quanto piuttosto la logica di servizio. Quel che conta è avere una gamma ampia e un prodotto performante anche sul piano della doppia cottura, che è una caratteristica del nostro prodotto. In più, anche la linea Foodservice è realizzata solo con grano 100% italiano.

nata prima che partissero le campagne di comunicazione, sulla base dei rapporti preesistenti tra lui e la famiglia De Maffeis e dell’estrema fiducia nel prodotto, che Alessandro usa nel suo ristorante AB – Il lusso della semplicità, sin dall’apertura. È un rapporto valoriale e di fiducia, che si è creato tra l’Azienda e il testimonial nel corso degli anni, a partire dall’uso della nostra pasta da parte dello chef. In crescita nella GDO e molto presenti nel canale tradizionale come prodotto premium, qual è la vostra strategia per il Foodservice? La nostra strategia nel Foodservice si dipanerà nei prossimi mesi. Al momento stiamo preparando la range di prodotto, che prevede una linea per la ristorazione commerciale nel formato da mezzo chilo, trafilata al bronzo. Per la ristorazione collettiva è nata una linea trafilata al teflon in busta da 3 chili, che si chiama linea Foodservice, che ha un’ampiezza di gamma molto profonda: 24 formati di semola di grano duro e una decina di formati di semola integrale. Approfondiamo i formati. Quali sono i più particolari per la ristorazione? Per quanto riguarda la linea bronzo, quindi per la ristorazione collettiva, abbiamo dei formati artigianali come il pacchero, il fusillone, il treccione, l’anello, che hanno grandi dimensioni e sono altamente performanti e scenografici dal punto

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Avete da poco lanciato la linea Linea Pronti e Sani. Di cosa si tratta? Pronti e Sani è un esercizio totalmente innovativo di brand stretching, ovvero di estensione del marchio, espressione del posizionamento di Armando sulla piattaforma di comunicazione La Cura del Grano, che sintetizza l’attenzione che noi mettiamo nella coltivazione e nella trasformazione del grano, a cui si associa il concetto che, chi inserisce prodotti a base di grano nella propria dieta, si prende anche cura di sé. Fatta questa premessa, Pronti e Sani è una linea fatta di un mix di grano 100% italiano della filiera di Armando e legumi e frutta, altrettanto di provenienza italiana. La particolarità sta nel fatto che all’interno della confezione ci sono chicchi interi di grano 100% italiano, lo stesso con cui facciamo Pasta Armando. Si tratta di un prodotto ad alto valore nutrizionale: ricco di sali minerali, povero di grassi saturi, cotto al vapore e quin-


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di in grado di conservare tutte le caratteristiche organolettiche e, a seconda della variante scelta, ci sono dei claim funzionali legati proprio al contenuto. È un prodotto certificato Vegan OK e pronto all’uso, sia freddo, che riscaldato in padella o aggiunto alle insalate. Quattro le varianti da noi proposte: Grano in purezza, Grano e Ceci, Grano e Lenticchie e Grano e Castagne, quest’ultimo può essere consumato anche come snack all’aperitivo. La linea Pronti e Sani è un prodotto unico sul mercato, che si pone all’interno di un percorso e di una dieta che valorizzi la versatilità di questo alimento così antico e ricco di proprietà. Non solo pasta, ma tante linee di prodotto. Ce le descrive? Armando riesce a dipanare la sua offerta attraverso tutte le sottocategorie della pasta: una linea di pasta di semola di grano duro 100% italiano certificato zero residui di pesticidi e glifosato; una linea di biologico integrale con fibra di avena 100% italiana; il farro; il gluten-free e la pasta con farina di legumi. Lo sforzo di filiera per realizzare tutto ciò è molto importante, perché dobbiamo coordinare centinaia di attori che ruotano intorno ad Armando, garantendo altissimi livelli qualitativi e riuscendo a mantenere la promessa della certificazione di zero residui di pesticidi e glifosati. Per quest’ultimo punto ci siamo dotati di un laboratorio interno che svolge analisi residuali, di cui dispongono solo pochi pastifici.

Questa filosofia di qualità noi l’abbiamo poi trasferita su altri business, come i pomodori di filiera certificata, la nostra birra artigianale realizzata ancora una volta con il nostro grano di filiera certificata, unito ad un malto anch’esso di filiera italiana proveniente dal birrificio artigianale Serrocroce. Ciò che unisce tutte le nostre linee è la qualità, sia dal punto di vista organolettico che dal punto di vista delle certificazioni, che noi andiamo a ricercare in tutti i partner che collaborano con il brand Armando, una certificazione che molto spesso diventa tracciabilità e quindi filiera, che è la garanzia più importante che l’industria oggi possa dare al consumatore. Cosa c’è nel vostro futuro? Nel 2021 abbiamo lanciato una linea di Rossi e, più di recente, la linea Pronti e Sani. Abbiamo lanciato lo Spaghettone di Alessandro Borghese, che è il più grosso tra gli spaghetti di Pasta Armando. Queste innovazioni sono state portate sul mercato all’inizio di settembre. Nel corso del 2022 è nostra intenzione continuare la distribuzione delle linee Rossi e Pronti e Sani, mentre lo Spaghettone diventerà protagonista di una campagna dedicata, che avrà come testimonial lo chef Alessandro Borghese. È stato lui, infatti, a disegnare questa trafila con i nostri Mastri Pastai, sulla base di sue esigenze tecniche, come ad esempio la capacità di trattenere i sughi. Una novità che, siamo sicuri, conquisterà il mercato!

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GAGGIA MILANO: UNA LUNGA STORIA DI GUSTO Simbolo di italianità, il brand Gaggia Milano è la perfetta sintesi di innovazione e tradizione nel mondo del caffè. Sono trascorsi tre anni da quando lo storico marchio della caffetteria italiana è entrato nell’orbita di Evoca Group, multinazionale leader nel settore delle macchine da caffè per l’out-of-home. Grazie a un Project Team dedicato, il brand meneghino è tornato in auge e si è modernizzato con una serie di nuove macchine professionali che lo hanno proiettato nel XXI secolo e integrano tutti i valori del marchio: un design moderno che riprende elementi stilistici dei mitici anni Cinquanta e un posizionamento premium, supportato da nuove tecnologie che rispettano i valori dell’espresso italiano.

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EVOCA Group è leader mondiale nella produzione di macchine professionali per il caffè e uno dei principali operatori internazionali nei settori Ho.Re.Ca. e OCS. EVOCA commercializza i suoi prodotti attraverso dieci brand (Necta, Wittenborg, Saeco, Gaggia, Ducale, SGL, Newis, Cafection, Visacrem e Futurmat), ognuno con la sua identità individuale ed altamente sinergici con la missione di EVOCA. Oggi il Gruppo conta più di 10.000 clienti in oltre 140 Paesi in tutto il mondo, 2.000 dipendenti e ricavi superiori a 450 milioni di euro. Con la sede in Italia (Valbrembo - Bergamo), EVOCA è presente a livello globale con 9 siti produttivi, 6 centri di ricerca e sviluppo e ha registrato oltre 600 brevetti.


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SOLUZIONI AL PASSO COI TEMPI Senza dubbio, i modelli che meglio esprimono il nuovo corso di Gaggia sono le superautomatiche La Radiosa e, disponibile a breve, La Solare. La Radiosa rappresenta a tutti gli effetti un gioiello tecnologico in grado di collocarsi perfettamente in ogni ambiente, permettendo di offrire ai clienti bevande a base di latte montato caldo e freddo dal gusto eccellente e dalla consistenza perfetta. Grazie alla tecnologia EVO Milk è possibile infatti preimpostare le dosi, la temperatura e la densità del latte, ottenendo una bevanda di elevata qualità. Immancabile è l’attenzione al design, esaltato da raffinati profili a led dai colori interamente personalizzabili, che permettono di conferirgli un aspetto sempre diverso, così come la cura dei dettagli, suggerita dalle preziose finiture. Frutto di una serie di soluzioni tecnologiche all’avanguardia, La Solare ha già conquistato un importante traguardo: lo SMART Label, il riconoscimento dedicato ai prodotti e alle tecnologie che, nel corso dell’anno, sono stati capaci di determinare significative evoluzioni nei diversi settori di riferimento dell'Ho.Re.Ca. Per EVOCA Group e Gaggia Milano si tratta della prima candidatura in assoluto al concorso, promosso da HOST Milano, in partnership con POLI.design e patrocinato da ADI. Una partecipazione che si è subito rivelata un successo. Sin dalle prime ore del mattino, con La Solare sarà possibile offrire ai clienti bevande che uniscono il sapore del caffè in grani alla cremosità del latte fresco; il tutto senza mai dimenticarsi delle esigenze delle singole location e del loro personale. Infatti, La Solare è dotata di Z4000 iX, l’innovativo gruppo caffè che vanta una camera riscaldata in acciaio Inox in grado di assicurare, tazza dopo tazza, una migliore stabilità in termini sia di temperatura che di prestazioni. Inoltre, grazie al nuovo sistema di schiumatura del latte, progettato per erogare bevande a base di latte caldo schiumato di qualità alta e costante nel tempo, viene offerta una serie di vantaggi anche per il personale non qualificato, come i cicli di risciacquo e pulizia completamente automatici delle componenti interne, appositamente studiati per assicurare il rispetto di tutte le norme di sicurezza vigenti.

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AMPIA LA SCELTA TRA I MODELLI TRADIZIONALI Accanto alla proposta superautomatica, troviamo la regina indiscussa delle macchine tradizionali: La Reale. Grazie al suo respiro internazionale, frutto di un giusto mix di design moderno e retrò, così come a un sistema di caldaie indipendenti, un’interfaccia duale dotata di un moderno touchscreen da 3,5’’ e tasti programmabili che permettono un processo di selezione rapido e intuitivo, La Reale garantisce prestazioni ineguagliabili e al passo coi tempi. Originale è l’unione di stile moderno con retro-

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gusto vintage de La Giusta, dotata di pulsantiera frontale e touchscreen a colori per una facile configurazione e una rapida selezione delle bevande. Diversa è l’attenzione riservata a La Precisa e La Decisa, che segnano il completamento di gamma con raffinatezza, ergonomia, praticità e affidabilità. Grazie alle loro ottime prestazioni, entrambe sono perfette per soddisfare le richieste del barista: solo per citarne alcune, un’interfaccia touch e la possibilità di impostare la modalità di risparmio energetico.


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GAGGIA PER L’ITALIA: PER RISCOPRIRE IL PIACERE DI UN BUON CAFFÈ Sull’onda dell’entusiasmo che ha travolto il nostro Paese per i numerosi riconoscimenti conquistati a livello internazionale, anche Gaggia vuole contribuire ai festeggiamenti per celebrare un altro traguardo: passo dopo passo, stiamo finalmente riscoprendo quella normalità che da oltre un anno sembrava essere svanita. Così come la Coppa conquistata oltremanica e come gli Ori olimpici e dei campionati europei, anche l’immagine della tazza di caffè espresso rivolta al cielo diventa il simbolo di una vittoria: il ritorno alla normalità. È animato dallo stesso spirito il progetto Gaggia per l’Italia, nato per sostenere concretamente la ripresa dell’intero settore del fuoricasa. Il concept emozionale ruota attorno a un cuore, che comunica in modo immediato tutto il senso della proposta: tornare a dare valore a ciò che conta veramente, i piccoli gesti di ogni giorno che creano una comunità, sottolineando il valore relazionale e di servizio del mondo dell’ospitalità in Italia. La proposta si traduce anche in termini commerciali (tutti i dettagli dell’iniziativa sul sito www.ripartiamodalcaffe.com): l’iniziativa

è rivolta a tutti i distributori autorizzati, ma anche e soprattutto alle torrefazioni italiane. Grazie alla loro collaborazione, al fine di promuovere il consumo di caffè nei locali pubblici, ai proprietari e ai gestori di questi ultimi – anche a chi non ha mai avuto rapporti con il brand meneghino – viene data la possibilità di rilanciare il proprio business installando una Coffee Station completamente rinnovata. Di fronte a una gamma nuova di zecca, c’è solo l’imbarazzo della scelta: e se si trattasse di affiancare la macchina espresso professionale La Decisa in versione Total White al macinacaffè on-demand G10? L’obiettivo di Gaggia è incentivare un trasferimento di valore lungo l’intera filiera del caffè. Pertanto, se gli aderenti all’iniziativa beneficeranno di una speciale promozione e di un piano economico dedicato a fronte dell’acquisto dei prodotti a marchio Gaggia Milano, i proprietari e i gestori dei locali potranno altresì avere accesso a scontistiche esclusive sulle miscele e, a loro volta, si impegneranno a promuovere il consumo di caffè all’interno delle loro location attraverso la sottoscrizione di una fidelity card di Gaggia per l’Italia.


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APRE A LONDRA IL PRIMO FLAGSHIP STORE LAVAZZA FUORI DAI CONFINI ITALIANI

A settembre Lavazza ha inaugurato a Londra il suo primo flagship store fuori dai confini italiani, portando oltremanica la cultura del caffè tradizionale italiano. Realizzato su tre piani con un’area complessiva di 500 metri quadrati, il flagship store britannico è situato in un palazzo storico nel cuore di Londra, proprio di fronte all’iconico Liberty store in Great Marlborough Street. Gli amanti del caffè sono invitati a vivere l’esperienza di un viaggio entusiasmante alla scoperta dello straordinario mondo del caffè autentico, un viaggio che ha come protagonista il concetto chiave dello store, il “Coffee Design”. Il flagship store celebra il chicco di caffè a 360 gradi, dal pregiato Espresso 1895 alle ricette regionali italiane, fino alle creazioni uniche di coffee design e molto altro, in un luogo dove è possibile apprezzare “il caffè in tutte le sue forme”. LA CAFFETTERIA Al piano terra, i visitatori possono accomodarsi nella stupefacente “Caffetteria”. Il bancone, progettato dal celebre architetto italiano Carlo Rat-

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ti, è ispirato alla forma del chicco di caffè ed è realizzato in una combinazione di bronzo e polvere di caffè riciclata. Il designer ha progettato anche la morbida seduta dell’ampia seating area, un pezzo unico che garantisce ai clienti la possibilità di accomodarsi a una distanza adeguata dagli altri ospiti, assaporando le ricette tradizionali del caffè, accompagnate da una squisita pasticceria per un “momento caffè” sublime. Chi visiterà lo store all’ora dell’aperitivo, potrà scegliere tra l’esclusivo menù “CoffeetailsTM”, ideato dal Centro Training Lavazza, o i cocktail speciali creati dalla Campari Academy per Lavazza, fra cui il Nuvola Spritz o il Cold Brew Negroni, da degustare in abbinamento a una selezione di snack tutti italiani. Per beneficiare di una tecnologia di ultima generazione, Lavazza ha scelto il Gruppo CIMBALI come fornitore di tutte le macchine espresso dello store, modello Faema E71e, che sono state personalizzate in veste esclusiva per servire i nuovi caffè specialty della linea 1895 e offrire una vera e propria esperienza del caffè italiano. Lo spazio è infine impreziosito da un


iconico lampadario esclusivo - brevettato da Lavazza, progettato da JHP e prodotto da Bilumen - composto da 700 chicchi di caffè in resina e realizzato sullo stile di quello del flagship store di Milano. Per garantire uno spazio sicuro e pulito per i propri clienti, Lavazza ha installato un impianto di sanificazione all’avanguardia, sia per le superfici che per l’impianto di condizionamento. IL TAKEAWAY Per i londinesi frenetici e i turisti itineranti è stata pensata la possibilità di ordinare selezioni di caffè freddo o caldo della gamma di Lavazza La Reserva de ¡Tierra!, certificata dalla ONG. DEGUSTAZIONI CON I COFFEELIER Nel flagship store di Londra, i clienti possono acquistare l’ultimo nato della famiglia Lavazza, lo Specialty Coffee 1895. Questa gamma comprende caffè monorogine, miscele e il pregiato macinato microlotto, che combina chicchi di alta qualità, provenienti da piantagioni sostenibili indipendenti, alla tecnologia più innovativa nella lavorazione del caffè. Nell’area grocery, i clienti potranno partecipare a delle degustazioni con un Coffelier (il sommelier del caffè), che li guiderà lungo le origini e le note aromatiche di ogni miscela, illustrando i diversi metodi di preparazione. Per stimolare ulteriormente i sensi, Lavazza ha creato anche un’installazione interattiva sopra l’area degustazione, che proietta sul soffitto le note aromatiche di ogni miscela, confermando ulteriormente il concept dello store come una “caffetteria immersiva”.

UN’ESPERIENZA GASTRONOMICA ESCLUSIVA: DOVE IL CAFFÈ INCONTRA LA CUCINA Chi è alla ricerca della perfetta combinazione tra caffè e alta gastronomia può trovarla nel moderno ristorante del primo piano. Qui gli ospiti potranno gustare un menù esclusivo a cura dello chef stellato italiano Federico Zanasi, cuoco del ristorante Condividere di Nuvola, il quartier generale di Lavazza a Torino. Ogni pietanza viene preparata sul momento, fondendo ingredienti stagionali di alta qualità con l’eleganza e un tocco di stile inusitato. Dopo il pasto, i visitatori potranno gustare un caffè specialty della linea 1895 preparato nell’accogliente caffetteria sullo stesso piano. In questo spazio, i designer dello store hanno trasformato le pareti in una suggestiva giungla di piante vere, in cui spicca una citazione visionaria del fondatore Luigi Lavazza, pronunciata 100 anni fa (“In un mondo che distrugge i beni della natura io non ci sto”), che è il testamento perenne del costante impegno di Lavazza a favore della sostenibilità.


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DALLA PANDEMIA ALL’ESPERIENZA DEL FUORICASA

LA RIPRESA PARTE DALL’HORECA: QUALITÀ E SERVIZIO SONO LE PAROLE CHIAVE A quasi due anni dall’inizio della pandemia, il mondo dell’HORECA inizia a vedere la luce, effetto dei vaccini e delle nuove normative sul Green Pass. Riaprono i ristoranti e i bar, seppur con le obbligatorie misure di sicurezza, mentre assistiamo ad un cambiamento delle preferenze e dei comportamenti dei consumatori. Se durante il “lockdown” c’era stato un netto aumento del consumo casalingo di cibi ed un incremento degli ordinativi con consegna a domicilio, la riapertura degli esercizi commerciali ha influito progressivamente sull’aumento delle aspettative legate al servizio, ad una maggiore attenzione al rapporto prezzo-qualità ed alla qualità dei prodotti offerti. I dati CoffeeBI sul consumo del caffè hanno certificato il cambiamento di rotta intuibile durante le chiusure forzate: l’incremento dei consumi del caffè all’interno delle mura domestiche è stato accompagnato dalla ricerca di miscele selezionate e da una maggiore attenzione alla qualità.

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Ma non è tutto. La ricerca di qualità si è manifestata anche in un incremento nell’acquisto di macchine da caffè semi-professionali con l’intento di riprodurre il gusto della tazzina al bar. Nel ritrovato fuori-casa, invece, experience è la nuova parola d’ordine per i clienti che hanno ritrovato il piacere di frequentare bar e ristoranti, un cambiamento che dovrà passare necessariamente attraverso un miglioramento del servizio e per una qualità delle miscele del caffè.

CoffeeBI è un’azienda di consulenza indipendente che utilizza le nuove tecnologie per fornire servizi professionali alle aziende che operano lungo tutta la filiera del caffè. La sua forza è l’alta specializzazione ed il focus verticale sul mondo del caffè che le consente di fornire dati di mercato sul fuoricasa di tutti i paesi del mondo, realizzare indagini sui consumatori finali e aiutare le aziende nella transazione al digitale.

CoffeeBI.com – info@coffeebi.com - +39.02.80887843


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TREND IN RIPRESA IN EUROPA: GIÙ I GRANDI, AUMENTO DEL CAFFÈ IN CAPSULE Il 2020 è stato l’annus horribilis per gli operatori del fuoricasa, settore che ha registrato forti perdite. Il vecchio continente ha registrato un crollo nel consumo di caffè out-of-home del 41,2% in termini di volumi, soprattutto nei cinque paesi traino: Italia, Germania, Francia, Spagna e Regno Unito (la riduzione è stata in media del 41.9%). Nel nord Europa il crollo si è limitato al 36% mentre i paesi dell’Est Europa hanno registrato un vero e proprio tracollo, con una media del -49.2%. Nel fuoricasa, l’HORECA ha visto un tonfo nei consumi di caffè (-39.3%) dovuti soprattutto alle chiusure forzate delle attività, alla limitazione degli spazi e alla riduzione degli orari di apertura. Il settore dell’Office ha registrato dati anche peggiori (-42.5%) per via delle politiche di “home-working” adottate da gran parte delle medie e grandi aziende, la chiusura delle mense e la limitazione all’uso delle vending machine.

A mitigare il risultato negativo (soprattutto nel consumo del caffè in grani) c’è stato l’incremento delle richieste di caffè da asporto, trend che ha riguardato soprattutto i paesi del centro-nord Europa, e l’incremento generalizzato del consumo di capsule da caffè.

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COME CAMBIARE PER AVERE SUCCESSO: DIGITALE E SERVIZIO La pandemia ha accelerato l'uso dei canali digitali e gli ordini senza contatto, ma ha anche evoluto le abitudini alimentari e lo stile di vita dei consumatori. Non solo quindi le nuove normative sanitarie ma anche l’accelerata digitalizzazione stanno mettendo gli operatori del fuoricasa di fronte alla necessità di innovare per ripartire. Come gestire il cambiamento? L’incremento nell’uso dei canali digitali registrato durante il lockdown è confermato dalla tendenza in aumento nell’uso dell’e-commerce rispetto al periodo pre-covid. Digitalizzazione, gestione dei clienti e, come detto, qualità dei prodotti saranno le sfide del futuro. La trasformazione digitale del mondo fuori-casa dovrà passare giocoforza per una implementazione delle competenze, dei processi e, ovviamente delle tecnologie. I canali online, fino a prima della pandemia, utilizzati spesso come complemento “just-in-case” all’offerta in presenza necessiterà di una maggiore attenzione e di una gestione parallela e focalizzata, poiché sarà sempre più veicolo di awareness del brand e di esperienza del cliente (diversa ma altrettanto importante rispetto a quella al tavolo).

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Il modello di ristorazione con consegna che si è fatto largo durante il lockdown è entrato a far parte del vissuto dei consumatori, con la necessità da parte degli operatori dell’Horeca di sdoppiare i canali produttivi (ricezione delle richieste e realizzazione), di consegna (tempistiche e costi) e di gestione dei clienti (soddisfazione e gestione delle obiezioni). Nuove sfide si aprono per i produttori di packaging per la consegna di cibi caldi e freddi e per gli operatori di “front-office” nella creazione di servizi premium che non vadano a cannibalizzare la ristorazione in loco, con la necessaria riconfigurazione degli spazi interni per l’utilizzo di corsie per l’asporto distinte dalle aree per il servizio in tavola.



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La tazzina di caffè è simbolo dell’italianità: piacere, convivialità, relax, energia ma, soprattutto, un motore importante per l’economia del Belpaese. E se sono tanti i modi per gustarlo e i luoghi dove farlo, su una cosa gli italiani sono d’accordo: oltre il 64% continuerà a bere caffè anche in futuro come fa ora ed addirittura uno su quattro aumenterà i propri consumi. È questo lo scenario che emerge dalla seconda edizione dell’indagine “Gli italiani e il caffè” condotta da AstraRicerche per conto del Consorzio Promozione Caffè. La ricerca ha coinvolto 1.000 intervistati di età tra i 18 e i 65 anni residenti in Italia e conferma il rapporto intenso e positivo degli italiani con la bevanda-simbolo del Made in Italy: quasi il 97% degli intervistati beve caffè o bevande che lo contengono (solo tra i 18-24enni si riscontra una percentuale significativa di non bevitori: 9%) e per poco più della metà (54.0%) il consumo è di tre o più tazzine al giorno (in aumento di 2 punti percentuali rispetto al 2020 e con una chiara crescita per età dai 18 ai 35 anni, per poi stabilizzarsi). La frequenza è maggiore per chi ha maggiore capacità di spesa e nei comuni maggiori, dove l’offerta ‘out of home’ è ancora più ampia e variegata.

Valentina Giacinti calciatrice e coffee lover

Il luogo principe del caffè è la casa: su 100 caffè, 48.5 sono consumati a casa propria e 8.5 a casa di amici, parenti o conoscenti (per un totale di 57 caffè ‘domestici’). Il bar (13.6 caffè su 100) supera di poco il luogo di lavoro o studio (13.3), e non va dimenticato che più di un caffè su 20 (5.4) è erogato da distributori automatici in luoghi pubblici.

Le modalità utilizzate dall’intervistato (o da familiari, amici e colleghi al posto suo) per preparare il caffè sono molto varie: la classifica è dominata dalla macchina a cialde/capsule (65.1%: quasi due italiani su tre ne bevono il caffè) e dalla moka (58.3%, in calo dello 0.9% rispetto al 2020), e il podio è completato dalla macchina espresso au-

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tomatica (con un ampio 37.5%); nell’ultimo anno sono cresciute anche le modalità alternative, segno di una voglia di scoprire o riscoprire idee diverse di preparazione del caffè: da quello solubile (17.1%) a quello con la caffettiera napoletana (15.2%), da quello pronto al consumo in lattina o brik (8.5%) a quello ‘all’americana’ (7.0%).


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Se chiediamo agli italiani quale è la modalità preferita solo tre voci ottengono indicazioni numericamente rilevanti: la macchina a cialde (43.1%, +3.6% rispetto al 2020), la moka (31.5%, -5.7% - il sorpasso era già avvenuto nel 2020, ora la ‘forbice’ è molto più ampia) e la macchina espresso automatica (15.7%, +1.1%). La macchina a capsule/cialde ottiene un favore ancor superiore presso i 45-54enni, mentre la moka è particolarmente amata dai 55-65enni e dalle donne.

Il successo delle capsule e delle cialde è motivato dall’immagine più che positiva che hanno presso gli italiani: non solo costituiscono la modalità di preparazione più comoda (77.6%) ma hanno raggiunto un gradimento per il gusto che per il 62.0% è pari a quello del caffè ottenuto con la moka. Inoltre, possono essere ecocompatibili per due consumatori su tre (66.5%) e il loro prezzo è corretto rispetto alla comodità e alla qualità per più di un intervistato su due (52.2%). Un mix quasi perfetto di caratteristiche che spiega il ‘sorpasso’ del 2020 ai danni della moka, lo ‘staccarla’ nelle preferenze nel 2021, con la prospettiva di un ulteriore allargamento della distanza tra le due.

Gli elementi valoriali. Il futuro In generale, il caffè ha un profilo molto positivo presso gli italiani: combina un valore edonistico (per il 72.5% è uno dei piaceri della vita) e uno economico (è un punto di forza del Made in Italy per il 75.6%), è adatto come pausa e quindi associato al relax (75.1%) ma è un ottimo aiutante per la concentrazione/il risveglio (73.3%). E poi il caffè non è “un caffè” ma un vero mondo: per le numerose varietà (79.1%) e perché in base alla modalità di preparazione del caffè può cambiare il gusto, il colore, il profumo (74.8%). Rispetto al 2020 le associazioni fondamentali con l’idea di bere un buon caffè vedono in crescita quelle ‘energizzanti’: il modo con cui inizia davvero la giornata (40.8%, +4.5%) e il modo per ritrovare energia, carica, voglia di fare (39.1%, +6.8%). Sembra che il caffè sia associato all’idea di “ripartenza”, di cui tanto si discute in questi mesi. Restano comunque fondamentali le associazioni al piacere, al relax/pausa e alla con-

vivialità, all’offrire e condividere un buon caffè. Per il futuro gli aspetti ‘valoriali’ del caffè assumeranno rilevanza ancor maggiore rispetto ad oggi: ben il 39.4% afferma che darà più attenzione alla sostenibilità (ambientale e sociale) della marca (con una aggiunta interessante: dovendo scegliere, l’attenzione ambientale supera con il 56.6% l’attenzione ai diritti dei lavoratori – 28.4% – e la giusta retribuzione – 15.0%: sostenibilità è sempre meno solo ‘ambiente’, come in altre aree dell’alimentazione in Italia), e il 32.1% che sceglierà – più di oggi – il caffè biologico. Si assisterà probabilmente a una polarizzazione, naturale effetto sui consumi della crisi economica che colpisce parte della popolazione a seguito di Covid-19: un terzo (33.7%) cercherà di scoprire meglio il mondo del caffè con nuovi tipi, gusti, aromi particolari ma, dalla parte opposta, il 30.2% vorrà o dovrà stare attento ai prezzi, seguire le promozioni.

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Il bar è luogo di sintesi di quanto detto fino ad ora, anche se non ha ancora raggiunto i livelli pre-pandemia (e non è ora favorito dalla riapertura dei luoghi di lavoro dove il caffè è parte essenziale della convivialità mattutina): è luogo di chiacchiere di fronte al caffè (26.1%), un rito personale (31.5%) che si associa alla ripartenza mattutina (31.6%). Ma il caffè al bar ha anche un valore ulteriore: per ben il 41.5% del campione (e per il 48% dei 18-24enni) è un modo per sostenere l’economia e i piccoli esercenti: di nuovo, al caffè viene riconosciuto un positivo impatto.

Negli ultimi mesi, l’e-commerce è cresciuto anche per questa categoria: più di due consumatori su tre (69.6%) hanno fatto acquisti on-line di caffè (Amazon e affini fanno la parte del leone, seguiti da store specializzati, monomarca e il delivery della GD). Il trend è destinato a continuare (il 28.0% pensa di usare maggiormente i canali on line per l’acquisto di caffè) ma non per tutti (il 20.0% ridurrà l’e-commerce per il caffè e il 22.1% aumenterà l’acquisto presso negozi specializzati o supermercati). Gli acquirenti on-line di caffè non hanno un motivo dominante per farlo: si tratta, invece, di un mix di convenienza (32.7%), varietà di offerta (31.2%), comodità (27.9%) ma anche della possibilità di usare il momento dell’acquisto anche come momento di informazione sul prodotto (21.0%).

Caffè e benessere secondo la scienza “Che il caffè sia un vero alleato del benessere è confermato da numerose evidenze scientifiche. Una vasta letteratura evidenzia i numerosi benefici associati ad un moderato consumo di caffè su importanti aspetti della fisiologia umana, dalla memoria alla concentrazione, dalla performance fisica al rallentamento del fisiologico declino cognitivo legato all’età, dalla riduzione del rischio di malattie neurodegenerative (come il morbo di Alzheimer e la malattia di Parkinson) a una forte azione preventiva e protettiva nei confronti del diabete di tipo 2 e di alcune malattie del fegato tra cui cirrosi, steatosi ed epatite. In particolare, visto che questo è stato l’anno dello sport per eccellenza e che stiamo parlando di energia, è interessante notare che questa bevanda può avere un effetto favorevole sulle performance sportive”, ha dichiarato il professor Luca Piretta, Nutrizionista e Gastroente-

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rologo dell’Università Campus Bio-Medico di Roma. E continua: “Ad esempio, un’ampia meta-analisi di 21 studi pubblicata sul British Journal of Sports Medicine ha evidenziato il contributo positivo della caffeina sul miglioramento della resistenza muscolare e sulle attività aerobiche. La caffeina, e quindi anche il caffè che la contiene, può aiutare a migliorare tempi di reazione e memoria e a mantenere alta l’idratazione, oltre che incrementare le prestazioni in sport come il ciclismo, il calcio e il mezzofondo. Senza distinzioni di genere, anzi: una ricerca ha confermato gli effetti positivi della caffeina sulla forza nelle atlete donne”.



2021

SUPRA

A HOST LE SOLUZIONI PER L'OSPITALITÀ “Thirsty for innovation” è il motto di ZERICA, azienda storica nella produzione di soluzioni per l’erogazione di acqua e bevande, che dal 1931 progetta e produce interamente in casa un’ampia gamma di prodotti hi-tech adatti a soddisfare le esigenze del settore domestico e professionale. L’azienda, che ha sempre posto una grande attenzione ai dettagli e alle prestazioni dei propri prodotti, è stata recentemente premiata con ben due premi Red Dot Award grazie al modello i-Wall, elegante erogatore da incasso con pannello in vetro temperato, con comandi integrati in un touch screen che può essere connesso al web, attraverso la rete Wi-Fi.

In attesa delle importanti novità per il settore domestico e professionale che saranno lanciate entro la fine dell'anno, a Host Zerica presenta in anteprima le nuove OMNIA e SUPRA, due incredibili impianti sopra lavello, oltre che la versione professional di i-Wall, concepita per Hotel e Ristoranti di alta categoria. Presso lo stand sarà altresì presente la nuova versione dell’ormai consolidato distributore di bevande per buffet alberghiero: la Natura OnTop. L’ultimo modello come i precedenti consente l’erogazione di acqua, naturale e frizzante, e di 3 differenti succhi di frutta, ma sarà completamente gestibile attraverso AUXILIA e quindi da remoto.


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Questa innovazione rende Natura OnTop una scelta ideale anche per i moderni bar che desiderano proporre un’offerta di consumo più sostenibile ma anche per tutti quei luoghi aperti al pubblico dove si desidera offrire una soluzione free-beverage. Auxilia è inoltre una tecnologia bidirezionale 4.0 che consente la semplificazione dei processi di monitoraggio e controllo delle attrezzature a tutti i gestori del settore, permettendo un notevole risparmio di costi e tempi di intervento.

LA GREEN POLICY Vetro temperato ma anche acciaio inox, rame e lamiera zincata ad alta resistenza. ZERICA pone infatti estrema attenzione ai materiali impiegati per la realizzazione dei propri prodotti; una scelta che riduce al minimo l’utilizzo di materie plastiche garantendo sostenibilità e qualità senza compromessi al tempo stesso. In tutte le attrezzature di nuova generazione è utilizzato il gas ecologico r600a. La “green policy” di Zerica si riflette positivamente sugli utilizzatori finali garantendo consumi energetici sempre più ridotti.

OMNIA IL NUOVO SITO WEB

Da poco online, il nuovo sito www.zerica.com permette di navigare con estrema semplicità all’interno dell’intera offerta di attrezzature, individuando con facilità quelle più adatte alle proprie esigenze: hotel, ristorante, bar o uso domestico. Il nuovo sito è concepito non solo quale strumento di consultazione ma anche per essere un ulteriore strumento al servizio della rete vendita e degli utenti finali, potendo interagire online con il customer care dedicato dell’azienda.

Padiglione 13 Stand H15 43


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IN ITALIA VALE 870 MILIONI DI EURO LO CONFERMA UNO STUDIO REALIZZATO DA SDA BOCCONI SCHOOL OF MANAGEMENT

Uno studio realizzato da SDA Bocconi School of Management ha analizzato l’impatto socio-economico di Coca-Cola Italia, Coca-Cola HBC Italia e Sibeg, le tre società che compongono il sistema Coca-Cola nel Paese e che da sempre si contraddistinguono per il profondo legame con i territori di appartenenza e la volontà di esserne parte attiva. Lo studio conferma che anche nel 2020 Coca-Cola è la prima realtà nel settore delle bibite e delle bevande per impatto economico ed occupazionale. Nel difficile anno della pandemia, Coca-Cola ha generato e distribuito in Italia risorse per 590 milioni di euro. Queste risorse sono così suddivise: 139 milioni di euro alle famiglie, 437 milioni di euro alle imprese e 14 milioni di euro allo Stato. Se a questi si aggiungono anche le imposte sui prodotti Coca-Cola (IVA), si generano altri 280 milioni di euro destinati allo Stato. Le risorse complessive distribuite in Italia diventano quindi pari a 870 milioni di euro (corrispondente allo 0,05% del PIL). Altrettanto importante l'impatto occupazionale, diretto e indiretto, che è pari a circa 22.300 posti di lavoro (lo 0,1% della forza lavoro totale nazionale). Le persone che dipendono dai redditi di lavoro generati da Coca-Cola sono in totale oltre

139 MLN FAMIGLIE 439 MLN IMPRESE

14+280 MLN STATO

50.000. Un risultato non scontato, nel periodo difficile che il Paese ha attraversato, aggravato dalle chiusure del canale Horeca che hanno generato un impatto negativo su tutta la filiera. Nonostante le difficoltà legate all’emergenza, Coca-Cola continua a confermare anche il suo impegno nel creare un ambiente inclusivo: rispetto alla media nazionale nel settore delle bevande, Coca-Cola impiega un maggior numero di donne, mentre, con riferimento alla media delle imprese attive in Italia, conta un più alto numero di


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donne dirigenti (44% a fronte del 17%) e quadri (36% contro 29%). Le retribuzioni dei dipendenti diretti di Coca-Cola sono superiori alla media italiana e, a parità di qualifica professionale, si registra una minore sperequazione tra la remunerazione dei dirigenti e quella delle altre categorie. Ancora più interessante un altro aspetto che emerge dallo studio: se la presenza di CocaCola venisse meno in Italia, oltre ad azzerare l’impatto economico su scala nazionale, ci sarebbero importanti conseguenze a livello occupazionale, soprattutto in quelle Regioni dove sono presenti uffici e stabilimenti delle tre società: la crescita del numero di disoccupati registrerebbe infatti +1,2% in Piemonte, +5,3% in Lombardia, +1,7% in Veneto, +1,8% in Abruzzo, + 0,3% in Campania, +1,2% in Basilicata e +0,3% in Sicilia. Altrettanto importante è l'impegno per le comunità e i territori: sebbene la pandemia da COVID-19 abbia avuto un forte impatto economico su ogni anello della filiera legata al settore, con una contrazione delle risorse di Coca-Cola

SDA Professor di Strategy and Entree

Non meno importanti gli investimenti compiuti a sostegno dell'emergenza pandemica, come la donazione di oltre 1,4 milioni di euro a Croce Rossa Italiana in prima linea nella gestione dell’emergenza e di più di 3,2 milioni di prodotti al personale sanitario, oltre a quanto appena detto in merito alla distribuzione di risorse aggiuntive alle famiglie e alle imprese del canale Horeca. I risultati dello studio confermano quindi l'importanza del contributo apportato, ogni giorno, dalle donne e dagli uomini del sistema Coca-Cola in Italia e che rende l’azienda "italiana di fatto".

GLI AUTORI

Fabrizio Perretti preneurship

destinate alle imprese (122,4 milioni di euro) e allo Stato (circa 37,5 milioni di euro) oltre ad una perdita di 6.100 lavoratori indiretti, esterni e temporanei, Coca-Cola ha distribuito 2,8 milioni di euro di risorse aggiuntive alle famiglie ed è restata accanto a bar e ristoranti in Italia, reinvestendo oltre 2,5 milioni di euro nel canale Horeca, attraverso politiche commerciali, fiscali e attività di comunicazione dedicate.

Professore

Stefano Basaglia

SDA Fellow di Leadership, Organiza-

Ordinario

tion and Human Resources presso

del Dipartimento di Management e

la SDA Bocconi School of Manage-

Tecnologia

ment ed è Professore Associato del

dell’Università

Bocconi,

dove insegna Strategia e Politica Aziendale. È inoltre il direttore editoriale della

Dipartimento

di

Scienze

Aziendali,

Economiche e Metodi Quantitativi dell’U-

rivista Economia&Management della SDA Bocconi.

niversità degli Studi di Bergamo. È autore di numero-

È autore di numerose pubblicazioni nel campo del-

se pubblicazioni nel campo del clima organizzativo,

la strategia e della sociologia delle organizzazioni.

dell’identità organizzativa e del diversity management.

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ALLA SCOPERTA DEL RISO VENERE di Valentina Masotti

Un nome che celebra la dea dell’amore, un colore tutto naturale e una fragranza speziata che evoca paesaggi lontani: stiamo parlando del riso Venere. Un’eccellenza italiana al 100%, riso Venere nasce alle porte di Vercelli nello scorso millennio e più esattamente nel 1997. Per risalire alle radici del primo riso nero italiano, un primato che è anche un vanto per l’azienda che l’ha realizzato, dobbiamo fare ancora un passo indietro e un cambio di rotta. Siamo in Cina, nel 1989, per l’esattezza a Pechino, quando un giovane genetista, Wang Xue Reng, decide di abbandonare il proprio Paese in seguito ai disordini di Piazza Tienanmen. Una volta giunto in Italia, Wang riuscì fortunatamente ad inserirsi in un’azienda sementiera, la Sa.pi.se, Sardo Piemontese Sementi, costituita da soci sardi e piemontesi e con un centro di ricerca varietale sul riso vicino a Vercelli. Ci vollero diversi anni e numerosi tentativi per riuscire a incrociare, tramite tecniche di breeding convenzionale, senza uso di OGM e in modo naturale, un riso nero cinese con un riso italiano, con lo scopo di rendere quella pre-

libatezza, ancora sconosciuta in Occidente, coltivabile in terre dal clima temperato. Il risultato fu incredibile: un riso nero dal colore e dall’aroma naturali, il primo esemplare di una cultivar che sarebbe diventata simbolo degli smartfood per le sue proprietà nutrizionali eccellenti. L’inizio però non fu tutto rose e fiore: il consumatore non conosceva il prodotto e il mercato del riso era titubante: il riso è sempre stato bianco, quando mai si era visto un riso nero! Con pazienza e perseveranza fu proprio uno dei soci di Sapise, Claudio Cirio della Cascina Falasco di Casalbeltrame, che iniziò a promuovere il riso nero alle riserie e ai ristoratori. Già perché trovare una riseria disposta a lavorare una piccola quantità di riso nero, sporcando tutte le macchine, non era facile. Così come non era semplice convincere un ristoratore a inserire in carta un ingrediente completamente sconosciuto: chi avrebbe ordinato un riso nero, per giunta integrale, nemmeno utile a fare un risotto? La fortuna però premia gli audaci e, complice il nome accattivante, riso Venere si introdusse timidamente nel mercato del nuovo millennio, lasciando stupito il pubblico, dapprima diffidente e poi curioso verso un prodotto particolare e dalle doti nutrizionali spiccate.

Da dove arriva il nome Venere? L’ispirazione sembra venire da Josephine Baker, considerata come la prima star nera e tra le più acclamate vedette di Parigi e che, durante la Seconda Guerra Mondiale, ebbe un ruolo importante nel controspionaggio francese; in seguito la sua grande popolarità fu utile anche nella lotta contro il razzismo.


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In cucina, i primi accostamenti del riso Venere si indirizzarono sul pesce, in particolare i gamberi e il salmone che erano esaltati dall’intenso aroma del riso, mentre le verdure conferivano freschezza e un tocco di colore. Oggi riso Venere è gettonatissimo: famoso l’accostamento con zucchine e gamberi, ma anche salmone e avocado. Non mancano proposte vegane e quelle della cucina fusion, come le poké, famose scodelle hawaiane, e il sushi “nero”. La bontà di riso Venere non risiede solo nella sua fragranza, ma anche nella composizione del chicco, che subisce un primo livello di lavorazione, detto sbramatura, dal quale si ottiene un riso integrale. Il colore nero del pericarpo, la pellicola esterna che avvolge il chicco, non è solo ricca di fibre, lipidi vegetali e sali minerali, ma contiene anche gli antociani, potenti antiossidanti tipici dei frutti rossi. Per conservare al meglio le peculiarità nutrizionali del riso Venere, è consigliabile una cottura in acqua per assorbimento. Regolando le quantità sulla base del fornello e delle pentole, che possono variare di casa in casa, si aggiunge solitamente il doppio di acqua rispetto alla quantità di riso, avendo cura di cuocere con il fuoco basso e il coperchio ben chiuso. In questo modo il riso non vie-

ne scolato e le proprietà del riso restano in pentola. Molti si lasciano scoraggiare dai lunghi tempi di cottura: 40 minuti possono disincentivare anche i più curiosi e salutisti. C’è un trucco che non ha nulla di innovativo, ma che permette di ridurli di tre volte: l’utilizzo della pentola a pressione. E, se non bastasse e nel caso in cui l’acqua non si fosse assorbita completamente, si può far evaporare a fiamma alta e senza coperchio, mescolando finché il riso non rimane asciutto. Il riso Venere può a quel punto essere condito a crudo, con un filo d’olio extravergine di oliva e un pizzico di sale, oppure ricettato con gli ingredienti scelti. Insomma, le varianti sono davvero innumerevoli e la fantasia può scatenarsi al'infinito!

LA RICETTA. POKÉ DI RISO VENERE CON VERDURE E TROTA SALMONATA Ingredienti per 2 persone 100 gr di riso Venere 50 gr di trota salmonata affumicata 1 peperone di Carmagnola 1 costa di sedano 1 carota 2 pomodorini la scorza di un limone non trattato olio extravergine di oliva sale in scaglie

Preparazione del riso Venere Utilizzando il metodo classico, far bollire il riso Venere per 40 minuti; in alternativa con la pentola a pressione far cuocere il riso per 15min da quando la pentola entra in pressione. A termine cottura, se dovesse essere avanzata un po’ di acqua, si può farla consumare sul fornello a fiamma viva, mescolando il riso. Preparazione delle verdure Lavare e mondare le verdure; preparare una brunoise con il peperone, la carota, il sedano, i pomodorini. Versare i dadini di verdura in una teglia con un filo d’olio e cuocere in forno ventilato preriscaldato a 160 gr per 30 minuti. A fine cottura unire il riso Venere, aggiungendo olio EVO a crudo, scaglie di sale e la scorza di limone grattugiata a piacere. Tagliare a cubetti la trota salmonata. Versare il riso Venere con le verdure in una poké e aggiungere i pezzetti di trota alla fine, in modo che mantengano un bel colore rosa.

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RISO SCOTTI SPA HA L'ESCLUSIVA DEL RISO VENERE È dello scorso luglio l’annuncio ufficiale della cessione della licenza del riso Venere alla Riso Scotti SpA da parte de La Sa.Pi.Se., ovvero la cooperativa che, come già detto, produce questo particolare riso da oltre 40 anni. Ciò che distingue La Sa.Pi.Se. è il rispetto di una filiera rintracciabile e certificata in tutte le fasi della coltivazione: dalla semina fino al momento del confezionamento e della vendita, per assicurare ai consumatori un prodotto di eccellente qualità, certificato e al 100% made in Italy. L’esclusiva di Riso Scotti partirà dal 1° gennaio 2022. Da quel momento in poi, partirà la distribuzione sotto il marchio Scotti e, con essa, importanti investimenti in comunicazione, che valorizzino il Venere come prodotto unico e distintivo, da non confondere con i tanti risi pigmentati presenti sul mercato. Gianluca Pesce, direttore commerciale di Riso Scotti, ha spiegato come “Venere” da marchio di

prodotto sia passato a definire un’intera categoria di riso pigmentato. Ciò, pur evidenziando il successo che questa tipologia di riso ha suscitato nei consumatori e nel loro immaginario, va però ripristinato perché si possa rendere il prodotto ben riconoscibile. “Come capita per il kleenex – ha detto Gianluca Pesce – il consumatore ritiene che qualsiasi fazzoletto di carta sia un kleenex e qualsiasi fazzoletto di carta si vende come se lo fosse, anche se magari è di pessima qualità e si sbriciola”. Dal 2022 un riso buono, sano e tracciato giungerà sulle tavole di tutta Italia attraverso il marchio Riso Scotti, per poi approdare nel mercato estero, dove il nome Venere - anche se a volte storpiato in Venus - è già sinonimo di Made in Italy. Un obiettivo anticipato già in occasione del Cibus di Parma (31 agosto – 3 settembre 2021), la vetrina internazionale del food che ha presentato ufficialmente questa esclusiva Riso Scotti al pubblico internazionale.

Mi chiamo Valentina Masotti, sono nata e cresciuta a Vercelli, storica città piemontese circondata dalle risaie. Mi sono laureata all’Università Cattolica di Milano in Scienze della Comunicazione e ho trovato il primo lavoro in una multinazionale del software. Nonostante il bellissimo ambiente internazionale, ero lontano dalla mia vera passione: il buon cibo di qualità. Così ho rispolverato il diploma di sommelier e ho iniziato a frequentare il settore food&wine, ma non prima di aver messo su famiglia. Mio marito Alberto mi ha sempre sostenuto, anche quando siamo diventati genitori di uno splendido bambino, Leonardo. La voglia di reinventarsi nel mondo del lavoro mi ha portato di nuovo tra le risaie, riscoprendo il mio territorio e il suo prodotto di eccellenza: il riso. Oggi sono una consulente di comunicazione nel settore agroalimentare, un’autrice e una sommelier…del riso!


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alta cucina, arte, innovazione e Industria 4.0 Host è l’occasione ufficiale per il rilancio della filiera dell’ospitalità e della ristorazione. Questo è il proposito e l’auspicio di Tecnoinox, impresa manifatturiera italiana che dal 1984 progetta e realizza in tutto il mondo cucine modulari, salamandre e forni digitali per la ristorazione. L'azienda partecipa a HOST 2021 presentando la sua gamma presso lo stand M43 nel padiglione 3. Durante la manifestazione, due eventi pubblici animeranno lo stand di Tecnoinox, trasformandolo per qualche ora in uno spazio di approfondimento e discussione su temi che appassionano il mondo della ristorazione, impreziositi da ospiti di eccezione.

“L’arte della composizione… in cucina e nel jazz”- Venerdì 22 ottobre 2021 ore 12,00 Nella giornata inaugurale, Tecnoinox ha organizzato un incontro del tutto originale. Protagonisti saranno lo chef stellato Claudio Sadler e l’esponente di spicco della scena jazz italiana, il flautista e compositore Massimo De Mattia, che dialogheranno tra loro e con il pubblico sul tema fecondo dell’invenzione in cucina e dell’improvvisazione musicale. Scopriremo con loro somiglianze e differenze nei processi creativi che ci permettono di comprendere come nasce un’esperienza appagante per i nostri sensi e per la nostra mente. Claudio Sadler nel 2020 ha rinnovato proprio con Tecnoinox la cucina del suo Chic ‘n Quick – Trattoria Moderna per dare al proprio team, dopo il lockdown, nuovo slancio e strumenti capaci di supportare un’opera di gastronomia di alta classe e rendere ambiente e lavoro più confortevoli.

Claudio Sadler

Massimo De Mattia

“Innovazione tecnologica e benefici per la cucina professionale” - Lunedì 24 ottobre 2021 alle 12.00 Insieme all’Ing. Franco Scolari, Direttore del Polo Tecnologico Alto Adriatico, si spazierà dalla tecnologia più recente alla servitizzazione per comprendere meglio le nuove frontiere delle soluzioni di cottura e l’impatto positivo, in termini di organizzazione del lavoro, risultati operativi ed economici, nonché vantaggi fiscali, che l’applicazione di innovazione utile può portare nel mondo della ristorazione. Cloud, Industria 4.0 e Pay-per-use saranno i principali temi trattati. L’azienda friulana presenterà i servizi dedicati al mondo ho.re.ca. con particolare riferimento al pacchetto Pay-per-use e all’offerta di progettazione lay out ed esporrà i suoi prodotti di punta, in particolare i forni professionali con interfaccia touch screen Tap e Tap Pastry e le cu-

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cine modulari, tra cui spicca l’originale Mosaico, la soluzione salva-spazio di alta qualità e design. Presenterà inoltre due importanti novità che vanno a implementare la gamma, una nel comparto forni e una per la cottura orizzontale. Il nuovo stand, realizzato appositamente per questa fiera, offrirà nuove soluzioni per una ristorazione in continua evoluzione.

Ing. Franco Scolari



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LA NOSTRA RIPARTENZA DI VALORE CON GLI ASSOCIATI INTERVISTA CON SONIA RE - DIRETTORE DI APCI

In questi mesi in cui iniziamo a intravedere una possibile ripartenza, leggiamo nelle parole di Sonia Re, Direttore di APCI – Associazione Professionale Cuochi Italiani, quali sono stati i passi che hanno permesso all’associazione di stare sempre accanto ai propri associati. Ci riassume le attività dell’associazione nella fase più calda dell’emergenza sanitaria? È estremamente difficile riassumere in poche righe quanto è accaduto a causa dell’emergenza sanitaria Covid-19, che ha messo drammaticamente e imprevedibilmente a rischio il nostro comparto. Voglio comunque partire dal lavoro fatto da APCI durante i primi mesi della pandemia e in seguito, facendo da capofila e da raccordo in una rete di progetti con altre associazioni di categoria, volta a chiedere al Governo e alle Istituzioni l’adozione immediata di misure essenziali e di un piano di azione a medio e lungo termine. Questo è stato per noi il modo per salvaguardare il presente e costruire il futuro, nella consapevolezza che l’unica strada possibile fosse quella di superare ogni individualismo per il bene comune. Ci hanno coinvolti in alcuni importanti tavoli istituzionali, e speriamo che la nostra presenza rimanga permanente per una collaborazione attiva e proficua per tutti. Il lavoro prosegue? Il network ha vissuto diverse fasi, ma è stato il punto di partenza per arrivare, proprio nei mesi autunnali a parlare al primo Tavolo dell’Enogastronomia, convocato al MIPAAF dal Ministro

Patuanelli e dal Viceministro Todda, prima vera apertura verso il mondo della ristorazione da parte di organismi ministeriali. Ci aspettiamo grandi cose, ma è necessario rimanere sempre uniti. Con loro APCI ha discusso dei temi più importanti: lavoro, fondo ristorazione, riforma dei Codici Ateco e molto altro. Temi indispensabili per garantire una maggiore tutela dell’intero settore. APCI, insieme ad ADG, CHIC E JRE ITALIA ha presentato un documento, sollecitando la necessaria riforma del lavoro, che riconosca al comparto caratteristiche uniche non paragonabili ad altre realtà cui oggi è assimilato, congiuntamente alla riduzione del cuneo fiscale e alla reintroduzione dei voucher. Per perfezionare le riforme citate è necessario partire da un concreto riordino dei codici ATECO, attraverso la creazione di un registro delle imprese, che rappresenti un incubatore di riforme, come ad esempio prevedere forme di agevolazione fi-


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scale per favorire l’utilizzo della moneta elettronica, strumento trasparente volto a contrastare anche il fenomeno dell’evasione fiscale. Abbiamo inoltre proposto un intervento normativo per contrastare il fenomeno del no show, la cui assenza di regolamentazione produce effetti distorsivi sul mercato generando perdite giornaliere con picchi fino al 20%. Si è inoltre parlato del Fondo ristorazione, una delle più importanti misure di sostegno per la categoria ideata e proposta dalle Associazioni, la prima dedicata in maniera esclusiva, che ha considerato il settore come anello fondamentale della filiera. La sua applicazione è stata accolta con soddisfazione ma si richiede di renderla strutturale. E per fare questo noi di APCI, insieme alle altre associazioni firmatarie del documento, ci rendiamo ulteriormente disponibili alla discussione al fine di apportare miglioramenti e procedere sempre con maggior efficacia. APCI si è mossa molto anche in termini di spunti formativi, coinvolgendo i propri associati proprio mentre avevano le attività chiuse? Ci racconta quali percorsi avete creato? Non ci siamo mai fermati, anche grazie alla partecipazione dei nostri soci, che si sono da subito attivati e aperti al dialogo su nuove piattaforme virtuali. Abbiamo avviato , proprio nel 2020, quattro importanti progetti. Un primo esempio è la APP APCICHEF la nuova app della nostra Associazione, con iniziative di solidarietà digitale e la sezione APCIperVOI nella quale abbiamo siglato accordi con alcune realtà strategiche che offrissero alla nostra Associazione servizi e prodotti per la ripartenza. APCI Digital Week, un calendario dove tutti, soci e non, hanno potuto seguire webinar di formazione. APCI Re-start, un progetto di formazione online con test finali sui grandi temi della ripartenza e HORECA DIGITAL TALKS un format ideato da APCI in collaborazione con Dynamo, per presentare al mondo del food le start-up che possono contribuire a risollevare il settore, con concretezza. Abbiamo creato strumenti e percorsi per aiutare a fare cultura, e non terrorismo volto a strumentalizzare il momento e approfittarne. Il lockdown ha fatto pagare un conto pesante ai cuochi e ai ristoratori. I vostri congressi annuali sono rimasti vivi anche in versione digitale? I momenti di incontro con i nostri associati sono tradizionalmente due: Les Toques Blanches

d’Honneur e Le Stelle della Ristorazione. In questo periodo abbiamo optato, non appena è stato possibile, per versioni Phygital dei nostri eventi, con parte dei relatori fisicamente presenti e gli altri in collegamento e la platea dei partecipanti collegati. Certamente, il momento conviviale, sempre rilevante in questi incontri, è mancato, ma abbiamo visto la voglia dei nostri cuochi di esserci, di raccontare il proprio vissuto, come stavano affrontando le difficoltà. È stato un segno importante del nostro essere associazione. Oggi siamo felici di dire che torneremo al primo Congresso in presenza con l’edizione di novembre 2021 di Les Toques Blanches d’Honneur, prevista a Napoli. Vi abbiamo visti protagonisti da settembre in diverse fiere. Come sta andando? Siamo ripartiti con grande impegno sul fronte delle fiere, con Cibus, IMeat, Vinoforum e ora con Host e TuttoFOOD, felici di potere di nuovo dare il nostro contributo con le delegazioni APCI, la Squadra Nazionale APCI Chef Italia e tutti i partner che ci seguono a momenti di show cooking e di approfondimento. Siamo anche ripartiti in presenza con il nostro tradizionale evento Il Giro d’Italia tra le eccellenze culinarie. Abbiamo già realizzato due tappe che sono state di grande successo. Potere tornare a vedersi, a parlarsi, a condividere è davvero importantissimo ed è possibile proprio perché non abbiamo mai smesso di farlo.

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VINO E RICERCA LA NUOVA FRONTIERA DEGLI ESPERIMENTI IN MICROGRAVITÀ. MASTROBERARDINO PRIMA AZIENDA VITIVINICOLA ITALIANA A PARTECIPARE AD UN'IMPRESA SPAZIALE CON UN PROGETTO IN AMBITO MEDICO SCIENTIFICO PER LA PREVENZIONE DELL’OSTEOPOROSI. di Angela Petroccione Esperimenti nello spazio in microgravità. Fino a pochi anni fa sembrava impensabile, ma pare sia proprio questa la nuova frontiera per studiare il percorso evolutivo e le proprietà del vino, anche in ambito medico scientifico. A varcarla per la prima volta in Italia è stata l’azienda vitivinicola irpina Mastroberardino, che il 29 agosto scorso ha visto trasferire a bordo della navicella spaziale Dragon, decollata dal Kennedy Space Center in Florida, un lotto di bio collagene estratto dalle sue vinacce di aglianico con destinazione Stazione Spaziale Internazionale. Il tutto nell’ambito di un progetto di biologia rigenerativa ideato dall’Università degli Studi di Napoli Federico II. ReaDI FP è il nome dell’esperimento, acronimo di Reducing

Arthritis Dependent Inflammation First Phase. Ideato dal professore Giuseppe Falco del Dipartimento di Biologia Applicata, lo studio mette al centro una serie di elementi naturali estratti dalle vinacce, con lo scopo di individuare quelli che potrebbero essere funzionali nella prevenzione dell’osteoporosi, patologia che colpisce solo in Italia 5 milioni tra uomini e donne. La malattia è caratterizzata da alterazioni strutturali delle ossa, riduzione della loro resistenza e aumento del rischio di fratture. Lo sanno molto bene proprio gli astronauti che ne soffrono a seguito delle missioni: microgravità e radiazioni infatti assottigliano e indeboliscono l’apparato scheletrico, condizione che oggi limita fortemente i programmi spaziali.


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IL PROGETTO READI FP Il progetto ReaDI FP è stato ingegnerizzato dalla società spaziale Marscenter e realizzato da Ali S.C.a.r.l – Aerospace Laboratory for Innovative Components, società consortile partenopea che raggruppa 12 aziende della filiera aerospaziale, in collaborazione con la Nanoracks Europe, azienda specializzata nel fornire servizi di accesso allo spazio, la Minerva Research Labs, leader mondiale nella produzione di integratori alimentari al collagene e la BCTrade, azienda del settore hi-tech applicato alla salute. Fondamentale anche il contributo di Mastroberardino, una delle realtà vitivinicole campane dalle più antiche tradizioni e legata alla produzione di uve aglianico, particolarmente ricche di resveratrolo, antiossidanti, e polifenoli, quegli elementi che i ricercatori considerano funzionali per la cura di numerose patologie. L’esperimento, già iniziato sulla terra, mostrerà

la sua validità nello spazio in poche settimane. Si svolgerà in un piccolo contenitore che fungerà da incubatore. Tenuto a temperatura costante di 37 gradi grazie ad una fonte di calore esterna, avrà al suo interno tre microinfusori che inietteranno in modo controllato, in una linea di cellule staminali, le sostanze nutrienti contenute nel bio collagene a base di resveratrolo. Se le cellule dovessero rispondere positivamente agli stimoli, dovrebbe verificarsi un rallentamento dell’apoptosi, ossia di quel processo che porta alla morte delle cellule che costituiscono l’impalcatura scheletrica, fenomeno generalmente accelerato dall’assenza di peso e dalla microgravità. In altre parole il resveratrolo potrebbe garantire un effetto rigenerativo sulla fisiologia delle cellule ossee prolungandone la vita. I dati acquisiti con l’esperimento in corso sulla Stazione Spaziale Internazionale verranno analizzati dai biologi ricercatori dell’Università di Napoli.

PERCHÉ LA SPERIMENTAZIONE NELLO SPAZIO La Stazione Spaziale Internazionale rappresenta l’ambiente ideale in cui condurre l’analisi molecolare avanzata, essendo un modello unico e prezioso per lo studio della perdita di volume osseo. La sperimentazione in condizioni di microgravità offre l’opportunità di osservare un invecchiamento “accelerato”, richiedendo un arco temporale molto minore rispetto all’osservazione degli effetti di osteoartrosi e osteoporosi in condizioni terrestri. Tre mesi di evoluzione in orbita equivalgono infatti all’evoluzione che sulla terra la malattia avrebbe

su un individuo in circa 5 anni. Una dimensione che consente di avere una migliore osservazione e valutazione, anche delle terapie che potrebbero essere messe in campo per contrastare le patologie relative all’apparato osteo-cartilagineo. Studiare nello spazio, in altri termini, consente di avere una finestra sullo sviluppo velocizzato dell’osteoporosi e, di conseguenza, consente di comprendere molto meglio quali sono i meccanismi che si innescano perché non sono spalmati in un intervallo di diversi anni ma concentrati in un brevissimo periodo.

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GLI ALTRI CASI DI “ENORICERCA” IN ORBITA La prima missione “enospaziale” risale a novembre del 2019, supportata dalla NASA che ha dato ospitalità al progetto di una startup lussemburghese, la Space Cargo Unlimited. In questo caso, il focus dell’esperimento era la verifica degli effetti della microgravità su fermentazione, imbottigliamento e invecchiamento dei vini. 12 bottiglie di Chateau Petrus Pomerol e 320 barbatelle di Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon sono state trasferite sulla Stazione Spaziale Internazionale e conservate ad una temperatura stabile di 18 °C. Riportate sulla terra nel gennaio 2020 dalla capsula Dragon della flotta

di Elon Musk, le piccole viti sono state clonate: le analisi in corso evidenzieranno da quali e quante mutazioni biologiche siano state interessate. Delle bottiglie di bordeaux alcune sono state oggetto di una degustazione comparativa con esemplari della stessa annata invecchiate sulla terra: i sommelier hanno evidenziato tra gli effetti della microgravità l’ammorbidimento dei tannini, le evoluzioni cromatiche con la comparsa di “riflessi arancione bruciato" e la variazione in termini aromatici con la manifestazione di nuovi sentori come quello di “cuoio stagionato". Non si arresta dunque il percorso di scoperta delle proprietà e delle caratteristiche del vino e laddove i risultati della ricerca del progetto ReaDI FP fossero positivi, il bio collagene ricavato dall’aglianico potrebbe diventare parte integrante dell’alimentazione degli astronauti e coadiuvante per le cure dei pazienti affetti da osteoporosi.

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INTERVISTA CON GENNARO BUONO

IL "SOMMELIER COACH" di Angela Petroccione

Campano d’origine, classe 1984, Gennaro Buono da tempo fa parlare di sé per un curriculum ricco di esperienze e prestigiose collaborazioni, in virtù del quale risulta limitante inquadrare la sua professionalità nel semplice ruolo di Sommelier. Infatti, la predisposizione naturale all’ampliamento degli orizzonti, la capacità di visione, lo hanno portato ad acquisire negli anni diversi titoli professionali legati all’analisi sensoriale - è idro, tea e sakè sommelier - e ad aprirsi ad approfondimenti legati al mondo della Programmazione Neuro Linguistica e del Coaching motivazionale. Negli ultimi anni è sotto i riflettori per aver ideato, insieme ad Enrico Mazza, il primo corso di formazione in Italia che abbina vino e crescita personale. Da qui l’idea di scrivere un libro, “Sommelier Coach”, e dedicarsi alla formazione in modo innovativo. Abbiamo intervistato Gennaro Buono per scoprire cosa significa unire la conoscenza del vino alla crescita personale. Qual è la genesi del libro “Sommelier Coach” e a chi si rivolge? Ci sono due aspetti che sono stati determinanti per la nascita del libro. Il primo è un episodio che risale a qualche anno fa: ero nel mio appartamento a Roma ed entrando nella stanza dedicata alla raccolta delle pubblicazioni, osservando gli scaffali, iniziai a pensare che avevo letto veramente tanto e che mancava qualcosa in quella libreria, un testo tutto mio. E allora che è venuta fuori l’idea di scrivere Sommelier Coach. Il secondo aspetto che ha contribuito soprattutto

alla definizione dei contenuti, è il percorso professionale che avevo alle spalle. Il libro è un po’ la mia biografia, racconta la mia storia, come ho preparato i concorsi, come sono arrivato a certi risultati internazionali, è un insieme di consigli rivolti a chi vuole approcciare questo mondo gestendo anche la parte emotiva che secondo me oggi diventa determinante, specie quando si sale di livello, nella professione come nella competizione. Insieme a Enrico Mazza, nel 2019 ha lanciato il primo corso di formazione in Italia on-line che abbina vino e crescita personale. Come nasce questa idea e cosa la distingue rispetto alla formazione tradizionale? Abbiamo scelto di dar vita un percorso che chiamiamo di “trasformazione” perché innanzitutto cambia il pensiero delle persone rispetto al mondo del vino. Considerando che ad operare nella carriera ristorativa, alberghiera, delle enoteche sono pochi sommelier, non certo la maggioranza, e che lo studio e la passione per questo mondo vanno spesso anche oltre le intenzioni di natura professionale, l’esigenza emergente che ho colto insieme ad Enrico Mazza è stata quella di dare alla degustazione una connotazione più emozionale che tecnica. Tutto questo implica anche la necessità di mettersi in gioco e così si fanno spazio le tecniche del Coaching, della PNL e della Crescita Personale. A tale scopo avete introdotto la “Scheda di degustazione emozionale”. Di cosa si tratta e come si distingue dal tasting classico? La degustazione emozionale, che avviene dietro la guida dei formatori, nasce per portare le persone a capire cosa c’è nel bicchiere, richiamando mo-

A sinistra Enrico Mazza con Gennaro Buono all'evento di San Marino dello scorso settembre

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menti di vita trascorsa o che si stanno per vivere. Mentre la scheda di degustazione tradizionale guarda a specifiche informazioni legate alla tipologia del vino, basandosi su esame visivo, olfattivo e gustativo, con la scheda di degustazione emozionale si intraprende un viaggio nel vissuto personale, in cui si cerca di associare le caratteristiche del vino, come il colore o il profumo, a ricordi, momenti, emozioni vissute o immaginate. Applicando le discipline del Coaching e le tecniche della PNL, la degustazione diventa un momento di introspezione, che consente di associare cromie e aromi alle emozioni, piuttosto che a nozioni e memoria. Ci parla del corso, di come è strutturato e quali competenze consente di sviluppare? Il mondo “Sommelier Coach” si compone di quattro proposte formative di cui tre sono completamente on-line, la quarta è mista. Delle tre proposte fruibili esclusivamente in piattaforma la prima, “Vino mondo da scoprire”, è un percorso di avvicinamento al vino ed è rivolto agli appassionati, quelli che amano il vino, a cui piace berlo a casa, raccontarlo agli amici. La seconda, "Master Champagne", è un percorso per scoprire i segreti del mondo delle bollicine e per conoscere le caratteristiche, uniche ed irripetibili, della regione dove vengono prodotte, la Champagne-Ardenne. La terza proposta, “Esperto Sommelier 2.0” è il percorso per chi ha l’ambizione di entrare nel mondo della professionalità, si articola in quasi 200 videolezioni, abbinate alla degustazione di 12 vini recapitati direttamente a casa per studiarli interattivamente con i formatori, secondo il modello della scheda sensoriale.

L’ultimo percorso, il "Sensory Campus", è una vera e propria Accademia che dura due anni e alterna lezioni in piattaforma ed esperienze sul campo, per aumentare la profondità delle competenze trasmesse. Allo studio abbiniamo delle “experience” dal vivo come: scoprire la vendemmia direttamente in azienda e seguirne le fasi insieme agli enologi; frequentare in Valpolicella un master sull’amarone con personaggi top del mondo del vino; visitare la regione della Champagne e realizzare in prima persona insieme ad un enologo e uno chef de cave una propria cuvée. Questo percorso viene correlato alla crescita personale, tant’è vero che della squadra dei formatori fanno parte anche esperti di PNL e Coaching, nonché CEO e Amministratori Delegati di grandi aziende, che tengono lezioni di management, leadership e gestione aziendale. Viene dato spazio anche all’analisi sensoriale grazie alla collaborazione con un maestro profumiere di fama internazionale, guida speciale per un viaggio alla scoperta dell’universo olfattivo.


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A chi consiglia di seguire il programma Sommelier Coach e con quale promessa? Il programma Sommelier Coach è rivolto agli appassionati che vogliono approfondire le proprie conoscenze o trasformare la passione in un lavoro; ai professionisti del mondo del Food & Beverage, albergatori, ristoratori, enotecari, sommelier che vogliono migliorare la propria attività e il proprio livello di professionalità; a imprenditori e professionisti estranei al business enoico, che approcciano questo percorso per accrescere la conoscenza del vino

per portarla poi all’interno del loro mondo. Le competenze che si acquisiscono comprendono l’analisi sensoriale profonda, le tecniche di degustazione di vino e champagne, l’abbinamento cibo-vino, il marketing e la comunicazione, la creazione di selezioni di vino e champagne, la redazione di una carta dei vini e le tecniche di servizio. La risposta sulla promessa si può dare in base al tipo di percorso scelto. Chi sceglierà il per-

corso “Vino Mondo da scoprire” o “Master Champagne” riuscirà a diventare un ottimo degustatore rispetto al profilo sensoriale ed emotivo; chi approccerà Esperto Sommelier 2.0 avrà una formazione molto strutturata che consentirà di affrontare un percorso lavorativo nel mondo dell’ospitalità e della ristorazione, realtà in cui riusciamo anche ad introdurre, avendo molti contatti e collaborazioni in corso. Chi seguirà il nostro Sensory Campus, e parliamo del pubblico più variegato che va degli imprenditori di altri settori ai ristoratori, sommelier, enotecari, avrà modo di coltivare la sua passione, ampliare i propri orizzonti e crescere, avendo al fianco un pool di professionisti pronti a dare nuova spinta ai loro progetti. Un'ultima domanda legata all'attualità: la crisi della ristorazione causata dall’emergenza sanitaria ha posto al centro la questione del futuro della figura del Sommelier. Qual è il suo punto di vista a riguardo? Credo che oggi quella del sommelier sia una figura centrale, che può determinare in maniera importante il successo o l’insuccesso economico di un’attività, si tratti di un ristorante, albergo, cantina, enoteca, wine bar, insomma qualsiasi luogo dove si serva e si venda vino. Per potersi definire un bravo sommelier è essenziale aver sviluppato competenze manageriali, che vanno oltre le capacità tecniche di degustazione, aspetti che non a caso mettiamo al centro dei nostri percorsi formativi. Bisogna saper gestire economicamente dei budget, perché il vino è anche investimento, e aver sviluppato capacità comunicative, perché si può essere il più bravo esperto del mondo, ma se non si è capaci di trasmettere la proprie conoscenze al cliente e di vendere, i risultati non arrivano. Ciò significa che il Sommelier ha si grandi responsabilità ma anche grandi opportunità di crescita professionale e personale.

La sua prima esperienza significativa è legata al ristorante Il Pagliaccio di Roma, poi l’Olivo, due Stelle Michelin del Capri Palace Hotel, una parentesi al tre Stelle Michelin Oud Sluis in Olanda, e l’Hotel Aldrovandi di Roma. Dal 2018 è Food & Beverage Manager di Manfredi Fine Hotels Collection. Coordina le tre strutture stellate del gruppo: a Roma Palazzo Manfredi con il suo ristorante Aroma, a Capri il ristorante Mammà in piazzetta e l’Hotel Punta Tragara con il suo Monzù. Sommelier Aspi-Asi, è master trainer per l’Istituto Nazionale Espresso Italiano, Certified Sommelier alla Court of Masters Sommelier, Campione Italiano Aspi nel 2012 e classificato tra i primi 30 migliori sommelier al mondo nel concorso internazionale a Mendoza nel 2016. È giudice internazionale per ITQI Bruxelles, e per il Decanter World Wine Award, oltre ad essere stato nominato Chevalier du Champagne.

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DOVE IL LUPPOLO È BIOISPIRATO di Simona Riccio

Tra i molti brand presenti a SANA 2021 abbiamo scoperto “Il Giardino delle Luppole”, marchio del luppolo Made in Italy, creato dalla COOPERATIVA LUPPOLI ITALIANI in collaborazione con INNOVABILITA. Questo luppoleto, il più femminile d’Italia, si trova nel territorio di Ravenna e produce e commercializza luppolo sostenibile e di qualità. Al SANA l'azienda ha presentato tre nuovi prodotti, utilizzati durante lo show cooking di Paola Di Giambattista, Healthy Food Specialist e Chef nutraceutico, per preparare, all’interno dello spazio di CIA Agricoltori Italiani, due ricette deliziose. Abbiamo chiesto alla Chef come li ha scelti per arricchire le ricette originali. Abbiamo preparato degli gnocchetti con quinoa e farro monococco e li abbiamo serviti con un pesto di germogli di luppoli e anacardi, mantecati con un formaggio vegetale a base di anacardi e chips di Kale. L’inserimento in ricetta dei germogli apporta un valore nutraceutico al piatto, grazie alle loro proprietà digestive, calmanti e antinfiammatorie.

Simona Riccio a sin, la chef Paola di Giambattista al centro, e a dx Michela Nati - Coop. Luppoli Italiani

E per la seconda ricetta? Per la seconda ricetta, invece, abbiamo preparato dei pancake roll a base di farina di farro, farina di cocco e farina di avena e li abbiamo farciti con una crema a base di panna e yogurt di cocco, aromatizzata all’olio essenziale di luppolo ECHOPOIL®, un aroma alimentare naturale puro al 100%. Abbiamo poi aggiunto cioccolato fondente e scaglie di cioccolato. Entrambe le ricette sono completamente vegetali, proteiche, a basso contenuto di zuccheri e rispondono ai canoni di una cucina inclusiva.


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DAI FIORI DI LUPPOLO L'OLIO ESSENZIALE Un’evoluzione di lavorazione del luppolo è l’estrazione dell’Olio Essenziale, prodotto con i fiori di luppolo della Cooperativa Luppoli Italiani (RA) presso l’azienda agricola Remedia Erbe di Quarto (FC). Dopo la raccolta, i fiori di luppolo (in questo caso varietà Chinook e Nugget) vengono portati al laboratorio di Quarto per la distillazione, processo durante il quale si produce sia l’olio essenziale puro al 100%, che l’acqua aromatica (idrolato) che contiene la parte volatile della luppolina stessa. L’olio essenziale è liposolubile, alcool solubile o solubile in zucchero (grezzo, bianco, miele, etc.) ed è un aroma alimentare utilizzabile in tante preparazioni. L’odore e il sentore sono quelli del luppolo, con accenti anche agrumati, privo del gusto amaro del fiore, che si volatilizza quasi completamente durante la lavorazione. Si abbina facilmente a piatti semplici, aggiungendo qualche goccia sia a fine cottura, che negli impasti (pizza, pane, pasta, etc.) o per condire insalate, piatti freddi e pietanze, aggiungendone qualche goccia direttamente nell'olio EVO. Il formato Ho.Re.Ca. parte da 50ml di olio essenziale fino alla confezione da litro e 500ml di idrolato in bottiglia. L’olio essenziale si mantiene per 3 anni, l’idrolato 1 anno.

del raccolto ma, per permetterne l'utilizzo durante tutto l'anno, Il Giardino delle Luppole ha creato una conserva presso il laboratorio di Chef Service di Forlimpopoli (FC). Una ricetta a base di germogli freschi, olio di girasole e oliva, sale di Cervia, grani di pepe e senape, che si può utilizzare tal quale in aperitivo o come condimento di pizza, pasta, crostini, etc. oppure come verdura “rustica” e saporita. Il formato Ho.Re.Ca. è in vaso da 500gr, 1Kg e 1,5Kg e la scadenza è a 3 anni dalla produzione. L'azienda fornisce anche germogli freschi in pack da 500gr fino a 1Kg in atmosfera modificata con mantenimento di 7gg dalla raccolta.

GERMOGLI DI LUPPOLI MADE IN ITALY SOTT'OLIO I germogli di luppolo sono raccolti all’inizio della primavera, in campo, appena il loro piccolo fusto ha due palchi di foglioline e il germoglio apicale è formato. L’energia che porta in sé un germoglio di luppolo è la voglia di crescere e quindi moltiplicare le cellule che, attraverso la loro forza, fanno del germoglio un alimento molto nutriente. Si può consumare fresco nelle preparazioni gastronomiche nella stagione

PIADINA CROCCANTE VEGANA CON ECHOPOIL ® La piadina croccante vegana è stata studiata e realizzata presso il forno gastronomia “Il Bignè” di Savarna (RA) nel formato da 150gr ed ha una conservazione di circa 60 gg in pack. Pochi ingredienti semplici: farina di tipo “0”, latte di soya, olio di semi di girasole, acqua, lievito chimico, sale. In aggiunta a ciò sono state inserite 10 gocce di olio essenziale di luppolo Made in Italy per kg di impasto. Ha una consistenza simile al pane carasau, ma i sapori sono quelli tipici romagnoli con sentore di luppolo. È facilmente abbinabile ad un aperitivo fresco e frizzante oppure con sott’oli sfiziosi. Il formato Ho.Re.Ca. ha un pack da 500gr, scatola da 5 pack. Scadenza a 2 mesi dalla produzione.

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2021

L'ANNO DELLA

BIRRA

IL 2021 SARÀ RICORDATO COME L’ANNO DELLA BIRRA? LE PREMESSE CI SONO TUTTE, IN TERMINI DI NUMERI E TENDENZE.

di Angela Petroccione

Il 2021 per il settore birrario in Italia si è da subito presentato con un nuovo volto, all’insegna della ripresa, dopo un 2020 chiuso con il segno meno a causa dell’emergenza sanitaria e caratterizzato da un calo della produzione nazionale (-8,4%), dalla flessione dei consumi (-11,4%), dalla contrazione dell’export (-4,8%) e dalla perdita di fatturato (-35%), come confermano i dati dell’Annual Report 2020 di Assobirra. Un'inversione di tendenza attesa o almeno auspicabile, considerato che, anche durante la pandemia, la birra, con un consumo pro capite di 36,8 litri, si è confermata la protagonista dei seppur limitati momenti di socialità, mantenendo

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il suo ruolo centrale nell’industria delle bevande. Un ruolo centrale che trova riscontro anche nell’entità del tessuto produttivo nostrano, con una filiera brassicola in continua espansione, che conta circa 900 player tra grandi, medie e piccole aziende, radicate su tutto il territorio nazionale, e oltre 115.000 occupati, dalle imprese agricole fino ai punti di consumo out-of-home, con un valore condiviso generato dalla birra in Italia che si avvicina ai 9,5 miliardi di euro.

Il primo trimestre del 2021 ha subito mostrato l’inversione di tendenza con un aumento record del 18,4% degli acquisti domestici, un grande successo di bionde e rosse artigianali Made in Italy e una crescita delle esportazioni del 4% (analisi Coldiretti su dati Ismea), numeri che fanno ben sperare in una nuova stagione da ricordare come l’anno del settore birrario, almeno nel nostro paese. A fare da traino per la ripresa è stata soprattutto la birra artigianale con i suoi circa 550 milioni di litri prodotti ogni anno, di cui quasi un terzo realizzato da aziende agricole che la ottengono trasformando direttamente i propri prodotti.

BIRRA PROTAGONISTA DELLA RIPRESA DEL FUORI CASA Secondo lo studio dell’Istituto Piepoli “ Il nuovo fuoricasa degli italiani ” commissionato dall’Osservatorio Birra, durante il periodo funestato dai lockdown, a risentire più di tutti delle restrizioni sono stati i beerlover (l’82% contro il 69% dei non consumatori) che, proprio per questo, sono considerati protagonisti della ripresa. Il loro desiderio di ritorno alla normalità si è manifestato come più forte già dai primissimi cenni di riaperture: tra gli intervistati quasi l’80% degli appassionati ha dichiarato l’intenzione di passare più tempo condiviso al di fuori delle mura domestiche, contro il 71% dei non consumatori. E già, perché i fan della birra italiani, che rappresentano il 70% della popolazione maggiorenne del paese, la considerano un piacere da associare al pasto o da vivere a ridosso dello stesso e quasi sempre in compagnia, che si tratti di amici (54%) o famiglia (41%). E così la birra è stata la bevanda più richiesta in questo periodo di riaperture (63%) superando di gran lunga caffè (43%), vino (38%) e acqua (34%). Un primato conferma-


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to e rafforzato anche dalle intenzioni per il futuro che la vedono come protagonista assoluta con il 67% delle preferenze, doppiando di fatto caffè (28%), aperitivi (24%) e cocktail (24%). Conferme sulle proiezioni vengono proprio dalle realtà protagoniste dell’Horeca: tutte, nessuna esclusa, dai ristoranti alle pizzerie che sono, specie tra gli over 35, il luogo simbolo dell’outof-home associato alla birra, ai pub preferiti dai più giovani e ad altri locali, costruiscono sempre più la loro offerta mettendo al centro la birra nelle sue numerose declinazioni. Secondo una indagine condotta da Osservatorio Birra intervistando gli associati di Noi di Sala, realtà che raggruppa i professionisti italiani d’eccellenza della sala e della cantina, per il 60% degli addetti ai lavori dell’Horeca la birra è un elemento essenziale della propria offerta e, di questi, il 22% sostiene che nel 2021 sarà sempre più richiesta. Un intervistato su due ritiene che sarà il motore della ripresa dei luoghi del fuoricasa e conferma che “l’arrivo dell’estate ha segnato l’aumento del consumo di birre”. Per questo il 47% del campione stima che da qui ai prossimi 5 anni la birra, prodotto con buona marginalità e di semplice gestione, potrebbe essere sempre più determinante per la ripresa e per la crescita del fatturato.

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E se è vero che da un lato la domanda di birra cresce, e altrettanto importante sottolineare che i consumatori sono sempre più informati e competenti, il che si traduce in una maggiore cultura di prodotto nel nostro paese. Sono sempre più numerosi i clienti attenti al suo servizio (25%) e quelli che richiedono birre speciali (22%). L’evoluzione della domanda porta così ad una nuova ulteriore esigenza: quella di formare al meglio tutti coloro che lavorano nel settore dell’Horeca, fattore chiave per poter por-


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tare ulteriore valore aggiunto al prodotto birra. E non potrebbe essere diversamente in un comparto che vive d’innovazione e di specializzazione, e che sta cambiando velocemente. Oggi l’investimento in formazione per dipendente oscilla da un minimo di 6 a un massimo di 20 ore annue, a seconda delle dimensioni aziendali, e per quanto possa sembrare consistente non è ancora sufficiente, dal momento che l’offerta formativa non è del tutto al passo con i tempi e lascia scoperte molte aree di approfondimento. BIRRA AL CENTRO DEL SEGMENTO LARGO CONSUMO CONFEZIONATO La birra ha conquistato un ruolo centrale anche nel comparto del Largo Consumo Confezionato, che nel 2020 ha registrato un balzo in avanti del 6,5% grazie ai reparti Food ed Home Care, favorito da uno spostamento dei consumi dal mercato del fuori casa a quello casalingo. Con vendite che hanno superato per la prima volta il fatturato di 2 Miliardi di euro (Totale Italia, incluso Discount, + 10,7%) e un incremento dei volumi del 9% in parte condizionato dalla riduzione delle attività promozionali (-2,6%) la birra si è dimostrata uno dei prodotti più performanti tra i consumer goods. Andando ad analizzare i singoli segmenti del mercato birrario, l’incremento a valore più importante lo hanno registrato le Birre Speciali con un +18,9%. Un risultato che arriva nonostante il ridimensionamento del numero di referenze medie determinato dai problemi logistici nei periodi

di lockdown, limitazione che risulta superata già nel primo trimestre del 2021, con assortimenti medi a scaffale tornati in territorio positivo. Ci sono poi le Birre Standard che sono cresciute del 9,5%, le Saving a +7,1%, mentre le Birre Sophistication sono rimaste in territorio positivo ma con un incremento contenuto (+5,9%) probabilmente a causa del prezzo per litro leggermente superiore alle Birre Standard. In crescita anche gli altri segmenti: Beer Mix +3,9% e Analcoliche Light +4,9%. Un particolare cenno merita la significativa crescita in termini di volumi per il segmento delle Birre Analcoliche Light. Secondo una ricerca pubblicata quest’anno da Global Market Insight, si tratterebbe di un mercato destinato a crescere molto nei prossimi anni a livello globale. Si stima che nel 2026 dovrebbe raggiungere il valore di 29 miliardi di dollari, con un incremento annuo del 7,5%. A spingere i consumatori verso questo tipo di soluzioni ci sarebbero una maggiore disponibilità economica nei paesi in via di sviluppo, una maggiore attenzione ad aspetti dietetici e calorici, e la possibilità per chi evita l’alcool per motivi di salute o religiosi di avere un prodotto alternativo che si adatti alle proprie esigenze di consumo in contesti sociali.

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GLI ITALIANI PREFERISCONO LE BIRRE NOSTRANE, LOCALI E SOSTENIBILI In un mercato dominato da multinazionali che rilevano sistematicamente aziende produttrici di dimensioni medio-grandi, le tendenze sul fronte della domanda sembrano virare in una direzione per certi versi divergente: i beerlover nostrani sono sempre più alla ricerca dell’autenticità dei prodotti locali e artigianali, appassionati del buon mangiare e del buon bere e particolarmente attenti alla sostenibilità. Non è quindi un caso se, quando si tratta di scegliere, la metà degli italiani (50,5%) predilige marchi tradizionali del nostro paese, anche se molte delle etichette in questione, pur mantenendo invariata la sede di produzione, sono state acquisite da multinazionali straniere. È il caso di Peroni passata a Asahi Breweries Europe Ltd, Moretti e Ichnusa, oggi Gruppo Heineken, e Poretti acquisita da Carlsberg Italia S.p.a. Subito dopo le italiane, la preferenza si sposta sulle olandesi, Heineken in testa, per poi passare in terza battuta alle tedesche con Beck’s, Paulaner e Warsteiner. Sono i dati evidenziati da una ricerca condotta nell’agosto scorso da Tiendeo, azienda attiva nei

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servizi drive-to-store per il settore retail ed esperta nella realizzazione di cataloghi digitali, dalla quale emerge un altro aspetto molto interessante: l’apprezzamento per le produzioni locali, italiane in testa, e il conseguente vasto assortimento delle stesse da parte dei retailer: delle 105 birre prese in esame nello studio effettuato da Tiendeo, 52 sono infatti nostrane e di produzione locale.

Questo a dimostrare come l’attenzione dei consumatori di birra sia sempre più centrata sulla tracciabilità di materie prime e processi di lavorazione, sulla provenienza e su temi quali il km0 e la conduzione biologica delle coltivazioni. Lo conferma una indagine di BVA Doxa secondo la quale un italiano su due sceglie la birra anche per la naturalità e la varietà che offre, e, considerato che per 8 italiani su 10 il binomio alimentazione sana e piacere per il cibo è fondamentale, i margini di crescita sono ancora ampi. I più giovani poi hanno una particolare attenzione alla sostenibilità e al processo produttivo della birra, che avviene in modo controllato e sicuro, attraverso l’impiego di materie prime di alta qualità e nel rispetto della tradizione di ciascuna tipologia, ne diventa in qualche modo garanzia intrinseca.


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L’INGREDIENTE CHE NON C ’ERA…

L’acciuga conservata è un prodotto antico, antichissimo. C’era già sulle tavole dell’antico Egitto, dell’Antica Roma, e nel Medioevo veniva utilizzato come insaporitore. Un prodotto così, come può essere trasformato in qualcosa di totalmente innovativo? Una piccola azienda di Parma è riuscita a farlo; non solo, ma per “innovare” ha utilizzato le acciughe più pregiate e più buone al mondo, quelle del Mar Cantabrico. Le Acciughe del Cantabrico, infatti, hanno una particolare e caratteristica aromatizzazione, determinata dal loro habitat, dove trovano un’alimentazione atlantica molto diversa da quella mediterranea. Perciò, le Acciughe del Cantabrico e del Mediterraneo, pur essendo della stessa specie hanno sapore molto diverso. Le Acciughine, prodotto unico brevettato ed innovativo, è un insaporitore composto di soli tre ingredienti: acciughe del Mar Cantabrico, sale e fibra vegetale. Le acciughe sono lavorate in modo da mantenere intatti il loro sapore e aroma, conferiti dallo zooplancton di cui si nutrono; il sale, così come la fibra vegetale, hanno la composizione e le caratteristiche granulometriche più adatte per mantenere il sapore e gli aromi delle acciughe. Le Acciughine si usano al posto del sale, per dare un gusto unico e particolare a verdure crude (insalate miste, pomodori, caprese) e cotte (broccoli, patate, cicoria saltata), per arricchire salse (maionese, tonnata) e sughi (rossi, alle

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verdure), per completare una bruschetta e dare carattere a zuppe e secondi di pesce e di carne. Inoltre, è un insaporitore ad altissima resa: usato a freddo, ne basta poco per avvolgere tutta la pietanza; usato a caldo, verso fine cottura, ne preserva integro il sapore. La lavorazione non contempla trattamenti termici che potrebbero alterare proprietà e aroma che, grazie ad una tecnologia innovativa, restano intatti per lungo tempo anche fuori dal frigo. Sempre a portata di mano, Le Acciughine è un prodotto versatile, pratico, completamente naturale e senza conservanti, che permette di gustare il vero sapore dell’acciuga in una forma insolita. Le Acciughine ha esteso la sua gamma introducendo nel mercato nuovi prodotti, dove l'acciuga del Cantabrico è protagonista: una maionese delicatissima, una crema di Broccoli, e tre patè: limone e capperi, piccante e alle erbe, disponibili sia in confezione singola che in buste grandi riservate al canale Horeca. “Acciughine dimostra soprattutto di poter dare un contributo alla valorizzazione di una cucina alla ricerca di novità e di una gastronomia di ricerca con la rivisitazione di antiche ricette e con nuovi accostamenti di sapori e aromi, dove quelli di pesce stanno avendo un continuo successo” (Prof. Em. Giovanni Ballarini – Università degli Studi di Parma e Presidente Emerito dell’Accademia Italiana della Cucina).


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FIPE E SLOW FOOD INSIEME

PER VALORIZZARE LA FILIERA AGROALIMENTARE ITALIANA Nella giornata inaugurale di Cheese 2021 la Federazione Italiana Pubblici Esercizi e l’associazione della chiocciola siglano un’alleanza strategica per la ripartenza del settore La pandemia ha segnato in profondità sia il mondo della piccola produzione agricola e alimentare che il mondo dei pubblici esercizi, due comparti fortemente connessi tra loro. Ora che la fase più critica sembra finalmente superata e si inizia a ragionare in termini di post pandemia, è il momento di riflettere – tra le altre cose – su dove orientare energie, investimenti e sforzi per provare a fare in modo che la crisi possa diventare anche occasione di cambiamento e di miglioramento. Se le aziende agricole e le imprese dell’alimentare, i ristoranti e i bar del nostro paese sono in salute e lavorano bene, i benefici sono tanti e sono per tanti: si parla di posti di lavoro, ricadute sul turismo, saldo positivo della bilancia commerciale, bellezza di città e campagne, e così via. Troppo spesso, però, il potenziale delle connessioni tra i diversi comparti non è stato indagato e sfruttato in maniera adeguata e proprio la grande crisi innescata dalla pandemia ha costituito, per molti soggetti, l’occasione per una riflessione in questo senso. È in questa ottica che FIPE e Slow Food Italia hanno lavorato negli ultimi mesi per giungere alla definizione del protocollo di intesa che è stato firmato oggi a Bra, nella giornata inaugurale di Cheese. "Abbiamo scelto questo giorno anche per la sua valenza simbolica: l’edizione 2021 di Cheese è un momento importante di ripartenza e rigenerazione e l’evento è sempre stato un terreno di incontro e confronto tra chi il cibo, in questo caso il formaggio, lo produce e chi lo somministra" dichiara Barbara Nappini, Presidente di Slow Food Italia.

ad una svolta. Numerosi studi evidenziano che le famiglie italiane prestano sempre maggior attenzione alla qualità dell’offerta enogastronomica garantita dai nostri locali. I consumatori chiedono garanzie sulla sostenibilità sociale e ambientale della nostra filiera produttiva e distributiva, vogliono sapere la provenienza dei prodotti che proponiamo, le storie e le origini dei piatti che somministriamo. Essere in grado di riscontrare queste aspettative, significa migliorare la nostra funzione e far fare all’intero settore un salto di qualità". Il protocollo sottolinea come risulti “sempre più urgente sviluppare progettualità tese alla tutela e promozione della qualità e unicità del territorio italiano, in cui tutta la filiera agroalimentare – dalle materie prime, passando dal processo di trasformazione del prodotto, fino alla sua vendita – possa essere tracciabile, sicura ed eco-sostenibile. In questo senso, il mondo dei pubblici esercizi è intrinsecamente connesso con la promozione sociale della dignità culturale delle tematiche legate al cibo, al vino e altre bevande, all'alimentazione e alle scienze gastronomiche nel loro complesso.” Su queste basi, FIPE e Slow Food si dichiarano conseguentemente “convinte della necessità di avviare una collaborazione per incentivare il rilancio economico del paese partendo da tre pilastri fondamentali: educazione e formazione; qualità, tracciabilità ed eco-sostenibilità della filiera agroalimentare; turismo Slow”.

"La ristorazione rappresenta il terminale più importante della filiera agroalimentare italiana – aggiunge Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe-Confcommercio -. Un sistema in grado di generare un valore aggiunto di circa 90 miliardi di euro l’anno, che oggi si trova

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LA SFIDA DEL FOOD MARKETING

di Luciano Rubino Digital Strategy, Content Marketing, Social Media Managing sono alcuni dei luoghi del digitale ormai indispensabili nel settore food, che è in diretto contatto con i consumatori, i quali richiedono sempre più attenzione, informazione ed intrattenimento, cercando una sempre più costante interazione con il brand. Detto questo, facciamo luce sul Food Marketing definendolo meglio.

Il Food Marketing è l’insieme di tecniche di marketing e posizionamento sul mercato, che creano relazione e connessioni tra il Brand o marca e i suoi consumatori o potenziali target con cui poter interagire. Abbiamo il prodotto da un lato, frutto di lavorazione, attenzione e ricerca e dall’altra c’è il nostro consumatore pronto a diventare un fedelissimo del brand, se vi trova le giuste connessioni con i suoi bisogni. La permanenza in un mercato come quello del food per un brand, è legato all’esistenza di quel determinato bisogno, il “Cosa c’è per pranzo o cena o cosa mangiamo a colazione”, un pensiero costante di qualsiasi essere umano. Il Food Marketing va a crearsi spazi in queste specifiche ricerche ed esigenze. Il surplus di prodotti rispetto alla domanda e la tanta concorrenza dovrà generare da parte dei brand una grade attenzione al bisogno dei consumatori e alla ricerca di maggiori punti di contatto con loro durante la loro giornata. La customer journey è quel processo che caratterizza l’interazione tra consumatore e azienda. Questo “viaggio”, che parte dal bisogno di un prodotto, termina con l’acquisto. Le varie tappe del percorso, online e offline, nel food marketing e nel mondo digitale sono chiamate touchpoint.

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La sfida del Food Marketing e del digital per il brand sarà quella di creare attorno al proprio prodotto esclusività ed unicità, avvicinando nei touchpoint il potenziale consumatore ed inducendolo all’acquisto ed al love brand. Ma va sottolineato che in questi tempi i consumatori moderni vogliono partecipare alle attivita dei brand attraverso i social network e tutti gli strumenti che il digitale gli dà la possibilità di utilizzare. Se i brand vorranno rimanere sul mercato, dovranno prestare particolare attenzione a questo aspetto. È indispensabile stare in ascolto e interagire repentinamente con il proprio target o potenziale cliente, in modo da mantenere una buona Brand Reputation. Definitovi questo legame indissolubile tra Food Marketing e Digital Strategy voglio suggerire 6 punti da non dimenticare per una buona e corretta definizione del vostro food marketing e strategia digitale. Branding. Distinguere il proprio prodotto da quello degli altri è la prima delle priorità del Food Marketing. Creare una buona brand strategy per costruire un’identità forte e riconoscibile per comunicare al meglio i propri valori sarà indispensabile per la marca e per il vostro prodotto. Trovare una nicchia. Collocarsi in maniera adeguata sul mercato è fondamentale per essere notati e le nicchie sono in continua nascita. Provate a trovarne una, quella in cui il vostro prodotto è meglio posizionato e fatevi notare. Contenuti strategici. Contenuti testuali, blog, video e visual accattivanti e tanta food storytelling per colpire ed emozionare i consumatori. Raccontare prodotto e brand è l’obiettivo più efficace.

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L’estetica. Il vostro prodotto non solo dovrà essere buono da mangiare, ma anche buono da gustare con gli occhi: la fotografia food specializzata farà la differenza. Social. Una comunicazione social non deve mancare con un costante invito a seguire il Brand online. Dovrete consolidare la vostra brand identity, comunicando i vostri valori, quelli legati al prodotto, fidelizzando il vostro consumatore con contenuti che offrano intrattenimento, informazione e interazione. Engagement. Far partecipare la propria clientela a continue attività legate al marchio aumenta la sensazione di appartenenza a un brand, ad un prodotto, che diventa “familiare” perdendo i contorni di una realtà commerciale. Buon brand a tutti.

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Mentre continua ininterrotto il successo di Vecchio Amaro del Capo, arriva il nuovo Blood Bitter e torna in funzione l’alambicco di nonno Sebastiano Caffo.

L’antico alambicco dei Fratelli Caffo è tornato alla sua attività dopo un lungo restauro voluto da Pippo e Nuccio Caffo, proprio nell’anno in cui Nuccio è stato eletto Presidente dell’Istituto Nazionale Grappa. L’alambicco restaurato è il simbolo di un vero legame affettivo con il passato, che non può nascere con le grandi fabbriche e gli impianti ultramoderni standardizzati. Così, dopo anni dedicati al restauro e ad un importante lavoro di ammodernamento (revamping), l’antico alambicco in rame è tornato in funzione.

Ricorda Pippo Caffo Presidente di Gruppo Caffo 1915: “Quando con mio padre arrivai dalla Sicilia per la prima volta in Calabria per vedere questa distilleria che voleva acquistare con i suoi fratelli, era il 1952 ed io ero ancora un bambino. All’epoca, al piccolo impianto presente nella distilleria che avevano appena rilevato dalla famiglia Biondi di Gravina di Catania, apportarono modifiche ed ottimizzazioni. Negli anni, l’impianto subì diverse trasformazioni e nel 1958 furono ultimati i lavori, che lo resero molto simile agli alambicchi “barbet” francesi, ma con l’anima ed il calore del sud Italia”. Come capita quando la passione per il proprio lavoro è il motore propulsore, è prevalso il sentimen-

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to rispetto a qualsiasi logica aziendale. Costruire un nuovo impianto, più moderno e funzionale sarebbe stato più veloce e con costi nettamente inferiori, ma non sarebbe stata la stessa cosa. In questi anni, la distilleria ha iniziato a imbottigliare piccole partite di distillati invecchiati, prodotte quando era in funzione questo impianto, come il Brandy 1964 riserva invecchiata oltre 50 anni, ed il brandy Heritage invecchiato dal 1970. Acquaviti che al palato sprigionano note uniche che fanno rivivere il gusto del passato, del periodo di piena attività di questo prezioso alambicco. Lo stesso che ha fatto nascere, tantissimi anni fa, i primi brandy e le prime grappe calabresi, oltre che l’alcool buongusto, dal quale sono nati nel tempo tutti i liquori Caffo ed in particolare l’ormai famoso Vecchio Amaro del Capo.


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A proposito dell’amaro più amato, Vecchio Amaro del Capo si è aggiudicato il primo posto al Brands Award 2021 vincendo il premio ‘Retailer’, in una delle più importanti categorie, quella in cui oltre 100 prodotti sono sottoposti al giudizio degli addetti ed esperti della grande distribuzione, quali buyer, category e direttori acquisti. Vecchio Amaro del Capo non è nuovo a questi risultati, dimostrando la sua attitudine a emergere. Un successo che non si ferma e che rende orgogliosa l’azienda, essendo Vecchio Amaro del Capo leader indiscusso della categoria, tanto da imprimere con il suo carattere unico nuovo slancio al comparto. Uno slancio che ha investito lo stesso Gruppo che continua a portare sul mercato novità, che conservano però sempre un forte legame col passato e con la tradizione. L’ultima, lanciata a settembre, si chiama Blood Bitter ed ha una storia che viene da lontano, che parla di formule e ricette segrete, custodite in un antico manoscritto di proprietà dell’olandese Petrus Boonekamp, che l’azienda ha acquisito insieme al marchio. Petrus Boonekamp è l’antesignano dell’aperitivo di oggi, nato alla fine del ‘700, quando il signor Boonekamp nella sua piccola bottega nel sud dell’Olanda, ispirato da erbe e spezie esotiche in arrivo sulle navi provenienti da terre lontane, aveva creato una speciale formula e realizzato quello che sarebbe diventato “l’aperitivo all’uso d’Hollanda”, un nuovo alcolico da bere prima dei pasti, capace di piacere a tutti, nel quale confluisce tutto l’ardore, l’esperienza e l’innovazione del suo creatore. L’amarissimo Petrus Boonekamp, che ha conservato nei secoli la sua notorietà anche oltrefrontiera, ha un legame di sangue con Blood Bitter

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Si tratta di un bitter ottenuto dall’infusione di circa trenta tra erbe e spezie naturali, selezionate, provenienti da tutto il mondo, tra queste l’arancio amaro delle colonie olandesi (curaçao) che si unisce al gusto intenso di agrumi pregiati, rigorosamente italiani, in perfetto equilibrio con radici esotiche, quali il rabarbaro e la galanga e la genziana delle Alpi. Blood Bitter attrae alla vista con il colore rosso, poi è l’intensa e piacevole fragranza amaricante a conquistare ed infine, il palato si lascia piacevolmente sedurre dal gusto secco, fatto di note legnose e a volte terrose con un finale lungo, pieno e gradevolmente amaro. “È un liquore versatile come pochi, perfetto per la miscelazione, per realizzare i classici cocktail italiani come il Negroni, lo Spritz o l’Americano che rende più graffianti grazie alla ricchezza al palato e alla particolare gradazione alcolica (30,00% alc/vol.), ben superiore rispetto a quella degli altri bitter” come spiega Fabrizio Tacchi Spirits & Amaro Ambassador di Gruppo Caffo 1915.

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Suzhou Industrial Park Kalerm Electric Appliances Co. Ltd

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Kalerm è stata fondata nel 2010 in Cina ed è focalizzata nella ricerca e sviluppo, produzione, post vendita e soluzioni di macchine per caffè di alta qualità, destinate ai canali Ho.Re.Ca., OCS e domestico. Kalerm è leader nella produzione di macchine da caffè completamente automatiche e fornitore di soluzioni per diversi operatori del settore del caffè a livello globale. Per Kalerm il caffè è più di una semplice bevanda, è uno stile di vita. Sin dalla sua nascita, l'azienda si è posta la missione di creare il massimo grado di piacere e offrire un'ottima esperienza degustativa con il caffè. Oggi le macchine che Kalerm produce si trovano negli aeroporti, negli hotel e nei supermercati che visiti, nelle case in cui vivi e nelle aziende in cui lavori.

www.kalerm.com europe@kalerm.com

PAD. 13 ST. N23 P22 FARO, QUANDO PRECISIONE, REGOLARITÀ E CONSISTENZA SI INCONTRANO. Il nuovo macinino firmato Storm è stato pensato per ottenere altissime prestazioni ed integrare l’offerta di ergonomia e performance del brand. Dall’operatività eccezionale, il settaggio di Faro è comodo e intuitivo mentre la regolazione con il massimo range consente di arrivare sempre più vicino alla granulometria perfetta. Il design di Faro si ispira alla filosofia di Storm. Il corpo in alluminio e i dettagli in legno e in acciaio inox parlano della cultura del caffè come esperienza che coinvolge tutti i sensi. Come nell’intera gamma Storm, anche qui le forme e i materiali hanno la capacità di creare un dialogo tra gli spazi e le persone, esaltando il potere aggregante della degustazione di un espresso.

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PAD. 9 ST. M19 N20 Il Gruppo ARC con i suoi brand dedicati alla ristorazione professionale ARCOROC e CHEF&SOMMELIER, sarà presente a HostMilano con molteplici novità per l’universo hospitality. Per il segmento Food Delivery, SO URBAN by ARCOROC è la nuova Collezione di recipienti appositamente studiata per la vendita da asporto e la consegna. Oltre a essere in vetro, un materiale sano che garantisce le qualità organolettiche e la sicurezza sanitaria degli alimenti, questi recipienti offrono innumerevoli vantaggi: sono infatti trasparenti per la perfetta presentazione dei cibi, impilabili, leggeri, ermetici, idonei al microonde ed estremamente resistenti (fino a 5 volte in più rispetto ad articoli in vetro non temperato).

Per quanto riguarda il comparto Wine tasting si va verso nuove forme che esulano dall’ordinario, che rispettino sempre gli alti standard qualitativi e che garantiscano una degustazione impeccabile. Per l’occasione CHEF&SOMMELIER presenta EXALTATION, una nuova forma elegante e allungata a metà strada tra il flûte e il calice, ideale per champagne e vini frizzanti ma perfetta anche per cocktail e dessert. Grazie all’innovativo trattamento per l’effervescenza, Exaltation valorizza gli aromi più delicati dei vini frizzanti. Non solo gusto e olfatto, la trasparenza e la brillantezza del vetro consentono un’esperienza di degustazione multisensoriale. Infine nel segmento Ristorazione collettiva c’è una richiesta di materiali sempre più leggeri e performanti. NOVA-AQUITANIA è l’innovativa Collezione del Brand ARCOROC in cui ogni pezzo si distingue per la sua finezza e per l’eccezionale leggerezza. L’obiettivo? Limitare i rischi di disturbi muscoloscheletrici del personale che si occupa del servizio. Nova-Aquitania si distingue anche per la dimensione originale dei piatti: la loro grandezza è pensata per limitare gli sprechi. Inoltre, questa collezione ha un’eccezionale resistenza agli urti, alle variazioni di temperatura e ai lavaggi intensivi.

Un’altra importante novità di HOST riguarda il segmento Barware: la tendenza di questo periodo vuole tumbler e bicchieri in stile Vintage. In linea con questo trend ARCOROC propone la collezione BROADWAY: forme dallo stile retrò anni '30 riviste in chiave moderna con nuovi colori. Le modanature moltiplicano gli effetti visivi dei continui giochi di luce e i curiosi rilievi aggiungono il piacere tattile a questi bicchieri.

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PAD. 5 ST. H17 H25 - M20 M26 A Host Esmach presenta Climother Easy®, la tecnologia innovativa che consente di gestire e controllare la lievitazione dei prodotti formati e lievitati per panificazione, pasticceria, pizzeria e ristorazione, e di infornarli in qualsiasi momento della giornata. Questa tecnologia cattura l’energia che la natura ci offre e applica i parametri necessari per realizzare il clima ideale per la gestione e il controllo di un ambiente di lievitazione,

consentendo un alto risparmio energetico nei processi del fresco, con la possibilità di essere impiegata anche per migliorare il rinvenimento dei prodotti surgelati. A questo si legano diversi vantaggi. Per esempio, Climother Easy consente una gestione degli impasti senza sprechi e più semplice: infatti, il professionista può gestire e padroneggiare meglio il tempo a disposizione per cuocere il prodotto senza essere necessariamente un esperto. Ancora, il sistema consente di stabilizzare la lievitazione dei prodotti che possono essere infornati in vari momenti della giornata, con risultati ottimi, in termini di sapori e profumi. Infine, anche il rinvenimento dei prodotti congelati risulta migliorato, oltre ai minori costi di esercizio e alla possibilità di avere prodotti sempre freschi e pronti. Il processo innovativo Climother® brevettato da Esmach, nasce dalla crescente attenzione di Esmach verso un consumatore sempre più alla ricerca di genuinità e semplicità in laboratorio e soprattutto all’utilizzo del Lievito Madre Naturale, molto apprezzato dal consumatore per la sua digeribilità, genuinità e per il sapore unico che rilascia nei prodotti.

Per Le Piantagioni del Caffè Host è l'occasione per far conoscere i prodotti, recentemente rinnovati nelle tre linee Specialty People Blends, Di Piantagione e Dirompenti, ma sarà anche il palcoscenico per lanciare nuovi caffè e progetti innovativi che stanno prendendo forma all’interno dell’azienda. Tra le presentazioni di prodotto ci saranno le new entry della linea Dirompenti, un caffè di altissimo livello: Irlanda proveniente dal Messico, Oreti coltivato in Kenya e lo speciale caffè panamense dedicato al Natale, Baru Black. Sarà possibile, inoltre, prenotare una degustazione guidata dei caffè de Le Piantagioni del Caffè, per scoprire non solo la gamma prodotti ma anche i diversi modi di estrarli, per esaltarne le peculiari caratteristiche sensoriali. Host inoltre sarà l’occasione per annunciare la partnership di ricerca con Thimus, azienda italo-americana

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specializzata nello studio su base neuro-scientifica del rapporto tra uomo e cibo. Thimus sarà presente sabato 23 ottobre all’interno dello stand con un live test a cui potranno accedere alcuni fortunati. Verrà infine svelato un nuovo progetto riguardante l’ospitalità e la fruizione del caffè di qualità: un’operazione volta a stravolgere il mondo del caffè, che porterà gli specialty coffee alla ribalta.

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PAD. 22 ST. E16 E26 - G15 G25 In linea con il tema della sostenibilità dominante a Host e in virtù dei continui e significativi investimenti in tecnologia e innovazione, compiuti da anni per la ricerca di materiali ecosostenibili, Covim presenta le nuove capsule compatibili Nespresso® in alluminio, un materiale che può essere riciclato al 100% e riutilizzato all’infinito, nelle quattro referenze: Classico, Espresso, Oro e Deca. Accanto ad esse, le capsule compatibili per il sistema Nescafè® Dolce Gusto®, prodotte interamente

in casa grazie all'implementazione di macchinari dedicati, disponibili dal mese di ottobre anche nei gusti the, nocciolino, cioccolato, ginseng e cortado. I professionisti del mondo Bar potranno apprezzare l’ampia gamma di caffè in grani, arricchita dalla miscela BIO 100% arabica proveniente dai paesi del Centro-Sud America, raccolto e selezionato rigorosamente a mano. Particolare attenzione è stata data anche al mondo dei ristoratori, soprattutto per soddisfare la loro esigenza di poter offrire un caffè senza scendere a compromessi con la qualità. Per ovviare ai problemi connessi al basso numero di erogazioni, Covim ha studiato insieme a Spinel un sistema specifico con macchina e capsule, che consente di ottenere un espresso al ristorante che non ha nulla da invidiare a quello dei migliori bar. A completare l'offerta l'ampia gamma dei caffè dedicati al canale Vending.

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Lo staff Senzani Brevetti è a HostMilano per illustrare ai professionisti del comparto le ultime soluzioni, ideate per supportare co-packer e torrefattori, tra cui 0MNIA, la rivoluzionaria astucciatrice “all-in-one” in grado di confezionare le capsule in maniera ordinata, in tutte le configurazioni e tipologie di astuccio possibili: singolo strato o multistrato, con o senza cartoncino alveolare, con o senza cartoncino interfalda, a rosa 2×2, con chiusura flip-top; a capsule “dritte”, alternate o nestate; in tubo/stick o in cofanetto 3×3 o 4×4. 0MNIA è un macchinario estremamente flessibile, che può essere personalizzato dai progettisti Senzani in base alle richieste e alle configurazioni più complesse in termini di pack, prestazioni e ingombri, ma anche di formati di capsule (da Nespresso a Caffitaly, da K-cup a Lavazza blu, da A Modo Mio fino alla nuovissima Vertuo).

Ecosostenibilità, con soluzioni tecniche ideate e brevettate per trattare con la massima cura anche capsule in alluminio, e dimensioni ridotte (a partire da 2 x 3,9 metri) ne fanno la soluzione ideale per un moderno stabilimento produttivo.

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BWT water+more sarà presente a HostMilano con le sue soluzioni per l'ottimizzazione dell’acqua per tutti gli usi nel mondo dell’ospitalità: tè e caffè, forni a vapore, lavastoviglie e fabbricatori di ghiaccio. Le soluzioni specifiche di ottimizzazione dell'acqua sviluppate da BWT water+more sono ora disponibili per tutte le applicazioni e qualità dell'acqua locale nella comoda App BWT Professional. Una volta inseriti i parametri di destinazione d'uso e i parametri chiave dell'acqua, l’utente riceverà immediatamente una chiara raccomandazione sul miglior prodotto della vasta gamma BWT water+more, sia dal un punto di vista tecnico che economico. Tornando ai sistemi filtranti, questi prevengono depositi di calcare e gesso e assicurano che l'acqua abbia la giusta durezza, livello di pH e contenuto minerale per il caffè perfetto. L'ultima aggiunta alla gamma è un sistema ad osmosi inversa con il nome di "BWT bestaqua ROC Coffee", che è attualmente l'unico con ottimizzazione sensoriale alimentato dalla tecnologia al magnesio BWT. Il sistema compatto è progettato per volumi di acqua elevati: può lavorare fino a 120 litri di acqua all'ora.

PAD. 13 ST. N23 P22 GPE, azienda di riferimento nel Vending per l’ampia varietà di soluzioni automatiche che spaziano dai tradizionali distributori di bevande e snack fino agli erogatori di acqua microfiltrata ed ai compattatori/trituratori di bottiglie e lattine, entra ufficialmente nel canale Ho.Re.Ca. in occasione di HOST 2021. In tal modo l'azienda dispone di un’offerta trasversale che catturerà l’interesse di tutti i visitatori della manifestazione. Per quanto riguarda il mondo dell’accoglienza e dell’ospitalità, GPE presenta la propria linea di erogatori di acqua microfiltrata, che si distinguono per i sistemi di igienizzazione del vano prelievo, che vanno ad aggiungersi a quelli normalmente installati per la debatterizzazione dell’acqua. Tra le proposte merita un’attenzione particolare il modello Azzurra. Si tratta di un dispenser compatto per l’acqua microfiltrata, il cui vano prelievo è dotato di sistema di igienizzazione anche della bottiglia o della borraccia utilizzata dall’utente.

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Il sistema BWT bestaqua 14 ROC Coffee è dotato di tecnologia a membrana ad alte prestazioni e può essere comodamente controllato tramite l'app BWT Professional. Il team BWT presente allo stand fornirà tutti i dettagli ed illusterà tutti i vantaggi del nuovo sistema di filtrazione a osmosi inversa. Come recita lo slogan "For You and PlanetBlue" BWT ha compiuto passi da gigante in termini di sostenibilità, introducendo il piano di riciclaggio per i filtri per l'acqua e creando zone “Bottle Free”, senza bottiglie di plastica monouso, per ridurre i rifiuti di plastica". Ma le novità in casa GPE non si fermano qui: l’azienda lancia in anteprima assoluta anche nuovi gruppi frigo, adatti a svariate configurazioni e contesti, tra i quali una linea da sottobanco e da sotto lavello, tutti dotati di gas naturale R290.


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PAD. 24 ST. F50 G39 G50 K39

Carimali è presente a Host con uno stand completamente rinnovato; un’area di oltre 300mq pensata, ideata e condivisa con Elektra, l’azienda veneta produttrice di macchine per caffè tradizionali che, insieme a Carimali, fa parte del gruppo VEA. Un corner è dedicato a Heylo, il nuovo brand creato per presentare una novità nel mondo delle macchine da caffè. Nell'angolo Heylo sarà esposta la prima macchina da caffè del brand dotata di un innovativo sistema ad induzione per il riscaldamento dell'acqua. Heylo si è contraddistinta vincendo il prestigioso premio “Innovation Smart Label”. Nello spazio dedicato alle superautomatiche molte le novità attese; fra tutte, farà il suo debutto ufficiale la gamma Silver. Una linea completamente nuova, sviluppata partendo dai punti di forza di due modelli storici e vincenti di Carimali, Armonia e Optima e pensata per location come convenience stores, lounge e sale colazioni. Il fiore all’occhiello della gamma Silver è SilverAce, macchina sviluppata per far fronte alle richieste di una sempre più ampia offerta di bevande. Grazie ai 4 hopper si possono avere fino a 5 prodotti (2 miscele di caffè, 2 prodotti solubili e il latte fresco). Un display touch screen da 10 pollici ad alta risoluzione e una nuova veste grafica delle

icone offriranno all’utente la possibilità di un’elevata e facile personalizzazione e renderanno l’interazione con la macchina semplice e intuitiva. Altra importante novità sarà rappresentata dalla nuova versione del gruppo caffè con camera maggiorata da 20 g, ideata per far fronte alla domanda sempre più insistente di bevande lunghe ottenute con grammature di caffè importanti. Particolare attenzione per la gamma 26, che attraverso i modelli con e senza display touch (BlueDot 26 Plus e BlueDot 26), è in grado di racchiudere in soli 26 cm di larghezza una macchina dalle molteplici funzionalità. Caratterizzata da un design compatto, modulare e da una praticità unica, è pensata per ambienti con una produttività media giornaliera di 75 bevande come piccoli uffici, B&B e sale colazioni. Sempre tra le superautomatiche Carimali della gamma BlueDot i modelli Power, Plus e Mya Ultra, prima macchina Carimali ad elevate prestazioni interamente prodotta da Carimali China, la filiale produttiva di base a Suzhou. Tra i prodotti più rappresentativi della filiale cinese ma spostandoci sul lato delle tradizionali, occhi puntati su Nimble, la nuova macchina disponibile nelle versioni a 1 e 2 gruppi alti, pensata in particolare per coffee shop e ristoranti di medie dimensioni.

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A proposito dell’amaro più amato, Vecchio Amaro del Capo si è aggiudicato il primo posto al Brands Award 2021 vincendo il premio ‘Retailer’, in una delle più importanti categorie, quella in cui oltre 100 prodotti sono sottoposti al giudizio degli addetti ed esperti della grande distribuzione, quali buyer, category e direttori acquisti. Vecchio Amaro del Capo non è nuovo a questi risultati, dimostrando la sua attitudine a emergere. Un successo che non si ferma e che rende orgogliosa l’azienda, essendo Vecchio Amaro del Capo leader indiscusso della categoria, tanto da imprimere con il suo carattere unico nuovo slancio al comparto. Uno slancio che ha investito lo stesso Gruppo che continua a portare sul mercato novità, che conservano però sempre un forte legame col passato e con la tradizione. L’ultima, lanciata a settembre, si chiama Blood Bitter ed ha una storia che viene da lontano, che parla di formule e ricette segrete, custodite in un antico manoscritto di proprietà dell’olandese Petrus Boonekamp, che l’azienda ha acquisito insieme al marchio. Petrus Boonekamp è l’antesignano dell’aperitivo di oggi, nato alla fine del ‘700, quando il signor Boonekamp nella sua piccola bottega nel sud dell’Olanda, ispirato da erbe e spezie esotiche in arrivo sulle navi provenienti da terre lontane, aveva creato una speciale formula e realizzato quello che sarebbe diventato “l’aperitivo all’uso d’Hollanda”, un nuovo alcolico da bere prima dei pasti, capace di piacere a tutti, nel quale confluisce tutto l’ardore, l’esperienza e l’innovazione del suo creatore. L’amarissimo Petrus Boonekamp, che ha conservato nei secoli la sua notorietà anche oltrefrontiera, ha un legame di sangue con Blood Bitter

Si tratta di un bitter ottenuto dall’infusione di circa trenta tra erbe e spezie naturali, selezionate, provenienti da tutto il mondo, tra queste l’arancio amaro delle colonie olandesi (curaçao) che si unisce al gusto intenso di agrumi pregiati, rigorosamente italiani, in perfetto equilibrio con radici esotiche, quali il rabarbaro e la galanga e la genziana delle Alpi. Blood Bitter attrae alla vista con il colore rosso, poi è l’intensa e piacevole fragranza amaricante a conquistare ed infine, il palato si lascia piacevolmente sedurre dal gusto secco, fatto di note legnose e a volte terrose con un finale lungo, pieno e gradevolmente amaro. “È un liquore versatile come pochi, perfetto per la miscelazione, per realizzare i classici cocktail italiani come il Negroni, lo Spritz o l’Americano che rende più graffianti grazie alla ricchezza al palato e alla particolare gradazione alcolica (30,00% alc/vol.), ben superiore rispetto a quella degli altri bitter” come spiega Fabrizio Tacchi Spirits & Amaro Ambassador di Gruppo Caffo 1915.

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