INVESTIGATION LA SMART MOBILITY DIVENTA UN GIOCO
Italia 4,90 euro - Anno 7 - N° 54 - Aprile, 2022 - Periodicità: mensile - Prima immissione: 6/4/2022 Mensile - Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale D. L. 353/2003 (conv in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 LO/MI
GUERRE (ANCHE) STELLARI
L’ALTRA SICUREZZA È CYBER
I MAESTRI UNDER 30 DELL’EDUCATION I PICCOLI GIGANTI DELLA BERGAMASCA
APRILE, 2022
C OV E R S TO RY
IN MODA STAT VIRTUS
LE AZIENDE FASHION VIRANO SU DIGITALE, SOSTENIBILITÀ, INCLUSIONE, COMUNICAZIONE LIVIO PROLI AMMINISTRATORE DELEGATO MISSONI
Classifiche Le migliori piattaforme crypto exchange
Volume 54
aprile, 2022
5 CONTENTS
32 | La stella polare indica il futuro Livio Proli è il nuovo ceo di Missoni. Sta rivoluzionando l’azienda lasciando però al centro la visione originaria di Ottavio e Rosita che continua a segnare la rotta. “Mi sono innamorato del marchio”, dice. “In fondo si trattava di rimettere in moto una locomotiva che aveva rallentato”. Ora avanti tutta su nuove creazioni, nuove linee prodotto, marketing e comunicazione. Con quattro punti cardinali: inclusività, estetica, artigianalità, lusso.
INSIDE
di Alessandro Rossi
APRILE, 2022
FORBES.IT
CONTENTS
6
32
13 | Le criptovalute annulleranno il monopolio governativo del denaro?
42
COVER STORY 32 | La stella polare indica il futuro
Steve Forbes
Alessandro Rossi
14 | Un futuro assicurato
38 | Le lancette dell’innovazione
Andrea Giacobino
Alessandro Rossi
16 | Scivolare con successo
42 | Ricarica di stile
Marino Bartoletti
Roberta Maddalena
FRONTRUNNER
THE INVESTIGATION
19 | Il gotha delle cripto
46 | L’altra sicurezza Tommaso Carboni
22 | I podcast di Forbes Italia
CONTRARIAN
24 | Innovation people Giovanni Iozzia
53 | La smart mobility diventa un gioco
26 | Space economy Emilio Cozzi
Giovanni Iozzia
27 | Il rischio della scoperta
56 | Guerre (anche) stellari
Enzo Argante
58 | Meta-rivoluzione
Patrizia Caraveo ed Emilio Cozzi
28 | Social responsibility
Enzo Argante
29 | Forbes Silicio Gabriele Di Matteo
60 | Trasmettere una visione Anna della Rovere
30 | Un mondo più smart Piera Anna Franini
62 | Lo sport all’italiana Andrea Salvadori
38 FORBES.IT
64 | Il successo a Est Salvatore Leggiero
APRILE, 2022
YOUR GATEWAY TO THE FUTURE
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Make business smarter
DESIGN
A cura di Valentina Lonati
107 | Nuovi mondi di luce
8
110 | Il lato ribelle della creatività
CONTENTS
BRANDVOICE con As Roma 112 | La business community si tinge di giallorosso
FORBES LIFE 115 | Innocenti evasioni Susanna Tanzi
118 | Dove abita il bon vivre Anna della Rovere
120 | Per palati sopraffini Andrea Celesti
124 | Sbagliando s’impara Anna della Rovere
107
70
66 | Quanto tira il cavallo Marco Trentini
BRANDVOICE con Gilardoni 68 | La prima area di servizio per il settore immobiliare
GOOD STORIES 70 | La salute con un click Elisa Serafini
72 | Lo shopping su misura Massimiliano Carrà
74 | Al lavorator non si comanda Marcello Astorri
125 | Fiducia al polso Mara Cella
126 | Il cameriere-imprenditore Marco Gemelli
LIVING 127 | Milano Alessia Bellan 128 | Roma Mara Cella 129 | New York Aka Sarabeth 130 | Pensieri e parole Domani 120
76 | La miglior difesa Matteo Chiamenti
82
79 | Una finestra sul verde Matteo Sportelli
81 | Sulla propria pelle Matteo Sportelli
82 | L’accademia del cambiamento Roberto Pianta
30 UNDER 30 88 | Maestri del rinnovamento Roberta Maddalena
SMALL GIANTS
A cura di Piera Anna Franini
102 | Nel paese del mola mia
FORBES.IT
104 | Gioielli del territorio
APRILE, 2022
P U I AT T I .CO M
R I BO LL A G IALL A CANTI NA PU IAT TI C R E SC I U T O DA L V EN T O, M AT U R AT O DA L L’ACC I A IO.
Sidelines
Le nuove vie del fashion APRILE, 2022 | VOLUME 54
FORBES
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Mensile registrato presso il Tribunale di Milano al n°260 del 7 settembre 2017 CASA EDITRICE BFC Media Spa Via Melchiorre Gioia, 55 - 20124 Milano Tel. (+39) 02.30.32.11.1 - Fax (+39) 02.30.32.11.80 info@bfcmedia.com - redazione@bfcmedia.com DENIS MASETTI editore ALESSANDRO ROSSI direttore responsabile Strategy editor: Marino Bartoletti, Andrea Giacobino Managing editor: Daniel Settembre Video content officer: Valerio Gallorini Events & Award director: Fabio Wilhelm Invidia WRITERS Marcello Astorri, Massimiliano Carrà, Matteo Chiamenti, Roberta Maddalena, Matteo Novarini, Edoardo Prallini, Matteo Rigamonti SPECIAL CONTRIBUTORS Smart mobility: Giovanni Iozzia Style: Susanna Tanzi Technology: Gabriele Di Matteo Space economy: Emilio Cozzi Responsibility: Enzo Argante Fashion: Eva Desiderio Londra: Angela Antetomaso Hong Kong: Federico Morgantini Contributors: Alessia Bellan, Domenico Caprioli, Patrizia Caraveo, Tommaso Carboni, Andrea Celesti, Mara Cella, Anna della Rovere, Piera Anna Franini, Marco Gemelli, Salvatore Leggieri, Valentina Lonati, Roberto Pianta, Marco Rubino, Andrea Salvadori, Aka Sarabeth, Elisa Serafini, Matteo Sportelli, Marco Trentini Grafica: Filippo Scaglia, Patrizia Terragni Stampa: Elcograf Spa - via Mondadori, 15 - 37131 Verona Distribuzione Italia e estero: Press - Di Distribuzione stampa e multimedia srl - via Bianca di Savoia, 12 - 20122 Milano Gestione abbonamenti Direct Channel Spa - via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (Milano) – Tel. 02 49572012 abbonamenti.bfc@pressdi.it Il costo di ciascun arretrato è di 8,00 euro Servizio Arretrati a cura di Press-di Distribuzione Stampa e Multimedia S.r.l. – 200090 Segrate (MI). Per le Edicole richieste tramite sito: https://servizioarretrati.mondadori.it – Per Privati collezionisti richieste tramite email: collez@mondadori.it oppure tel.: 045.888.44.00 nei seguenti orari: lunedì-giovedì 9.00-12.15/13.4517.00 venerdì 9.00-12.15/13.45-16.00 costo chiamata in base al proprio operatore, oppure fax a numero: 045.888.43.78 Sales director: Michele Gamba gamba@bfcmedia.com Sales manager e marketing director: Marco Bartolini bartolini@bfcmedia.com Project manager: Michele Belingheri belingheri@bfcmedia.com Digital specialist: Giovanni Aragona aragona@bfcmedia.com FORBES GLOBAL HOLDINGS INC. Steve Forbes chairman and editor-in-chief Michael Federle president & ceo Randall Lane chief content officer Alicia Hallett-Chan design director Katya Soldak editorial director, international editions Peter Hung executive director, Forbes IP (HK) limited global branded ventures Matthew Muszala vice president, global media ventures MariaRosa Cartolano general counsel
FORBES ITALIA is published by BFC Media S.p.A. under a license agreement with Forbes Media LLC, 499 Washington Blvd. Jersey City, NJ 07310. “FORBES” is a tradermark used under license from FORBES LLC”. FORBES ITALIA (ISSN 2532-9588) è pubblicato da BFC Media S.p.A. con accordo di licenza di Forbes Media LLC, 499 Washington Blvd. Jersey City, NJ 07310. “FORBES” è un marchio su licenza di FORBES LLC”.
“Sotto il vestito niente”. Oggi forse gireremmo un film diverso da quello di Marco Vanzina del 1985. Allora c’era la Milano da bere. Oggi c’è la Milano che prova a ripartire. E ci riesce anche. Il titolo del film di adesso potrebbe essere “Dietro la passerella, molto”. Se non addirittura tutto. L’immagine della moda è quella delle modelle e delle sfilate, delle luci e dei social media che rilanciano tutto. Ma dietro quel momento di gloria c’è tanto, tanto lavoro. Come del resto c’è’ sempre stato. Ci mancherebbe: i modelli non sono solo il guizzo di un creativo ma il sacrificio ci tante persone. Oggi, però ha fatto il suo ingresso dietro la passerella un nuovo modo di intendere la moda: non c’è solo l’haute couture ma ci sono anche, e sempre più presenti, la sostenibilità, la tecnologia, il digitale, la comunicazione, l’inclusione, la parità di genere. Insomma la moda sta cercando di essere virtuosa, non solo elegante, cool, opulenta. A questo scopo nel servizio di copertina di questo Forbes n. 54 raccontiamo tre storie di aziende che stanno cercando nuove vie, più sostenibili, per sviluppare i propri business. Livio Proli, ad di Missoni, arrivato da poco alla guida dell’azienda ha ricostruito la squadra dei manager ma poi ha introdotto criteri nuovi con cui rapportarsi, che lui definisce i quattro punti cardinali visto che considera la linea tracciata da Ottavio e Rosita Missoni, la “stella polare”. Si tratta di inclusività, estetica, artigianalità, lusso. Ma Proli sfodera tutta la sua onestà intellettuale quando precisa che “Stiamo procedendo per essere eco-friendly ma non lo siamo ancora. Il percorso è lungo. Sarebbe troppo comodo usare il tema della sostenibilità per vendere di più’’. C’è poi chi, come Frédéric Arnault che a 26 anni guida il gruppo Tag Heuer, sta puntando su una rivoluzione tecnologica con orologi connessi al web, digitale di ultima generazione, energia green, presentazione dei prodotti alla clientela in 3D e meccanica di alta precisione. Solargraph, il primo movimento orologiero ad energia solare del brand mentre Connected Watch X Super Mario in edizione limitata realizzata per Nintendo che è andaoa sold-out in pochi minuti. La terza storia è quella del nuovo corso di Renato Balestra. A febbraio, la storica casa di moda aveva annunciato di voler inaugurare una fase completamente nuova, con una guida tutta al femminile nel segno della libertà, dell’innovazione e dell’inclusione. E così è stato: in occasione della settimana della moda milanese dedicata all’autunno-inverno 2022, la maison ha debuttato con la sua prima collezione prêt-à-porter, frutto della visione manageriale della nuova generazione Balestra. Da qualche mese, infatti, le figlie del fondatore, Fabiana e Federica, sono affiancate dalla nipote Sofia Bertolli Balestra, responsabile delle attività di ricerca, design e brand identity con la sostenibilità come obiettivo primario: “Crescita sostenibile”, dicono, “non significa solo attenzione nell’origine dei materiali, ma rallentamento della produzione che va contro la frenesia che ha coinvolto il sistema moda negli ultimi anni’’. F
Founded in 1917 B.C. Forbes, Editor-in-Chief (1917-54) Malcolm S. Forbes, Editor-in-Chief (1954-90) James W. Michaels, Editor (1961-99) William Baldwin, Editor (1999-2010) “Copyright © 2017 Forbes LLC. All rights reserved. Title is protected through a trademark registered with the U.S. Patent & Trademark Office.
FORBES.IT
—ALESSANDRO ROSSI, DIRETTORE APRILE, 2022
Insieme verso il futuro I migliori risultati sono possibili grazie all’unione: un passato collaudato con un occhio al futuro, prospettive diverse che scoprono tutte le opportunità, la tecnologia che si fonde con l’ingegnosità umana. Con lo sguardo da sempre proiettato al futuro, offriamo più di 3.000 soluzioni a livello globale. Lavorando insieme, possiamo ottenere risultati migliori. Scopri di più su inves.co/insiemeversoilfuturo
Pubblicato da Invesco Management S.A., President Building, 37A Avenue JF Kennedy, L-1855 Luxembourg, regolamentata dalla Commission de Surveillance du Secteur Financier, Luxembourg.
FACT & COMMENT
di Steve Forbes, Editor-in-Chief
Le criptovalute annulleranno il monopolio governativo del denaro?
APRILE, 2022
tutto il mondo rispetto alle valute locali. Oltre la metà di tutti i dollari in circolazione viene utilizzata al di fuori degli Stati Uniti. La situazione in Turchia è particolarmente esemplificativa. La banca centrale di Strongman Recep Tayyip Erdogan ha stampato troppe lire. L’offerta di moneta in Turchia è aumentata del 50% nell’ultimo anno. Invece di fermare le macchine da stampa, Erdogan ha fatto diventare capro espiatorio i venditori di generi alimentari e gli stranieri ‘malvagi’ e tutto ciò mentre chiedeva alla banca centrale turca di abbassare i tassi di interesse. Simile ad altre esperienze attuali o storiche, il governo della Turchia sta attaccando i sintomi, non le vere cause, dei suoi problemi inflazionistici. Non sorprende che due terzi dei depositi bancari in Turchia siano denominati in valute estere, principalmente dollaro ed euro. Il timore è che un governo sul lastrico possa impossessarsi di quei depositi e sostituirli con lire turche. Per sostenere la lira, lo scorso dicembre la Turchia ha introdotto uno schema in base al quale se si depositasse in lire nei conti correnti, il governo garantirebbe di compensare l’eventuale deprezzamento della lira rispetto al dollaro. Ma anche su queste promesse del governo i turchi sono sempre più scettici. Da qui il crescente passaggio alle criptovalute. La Turchia è un esempio estremo per quanto riguarda l’inflazione. Ma anche gli Stati Uniti e altri paesi si stanno muovendo, anche se più lentamente, nella direzione sbagliata. Il processo di criptovalute stabili che sfidano il monopolio del denaro dei governi è appena iniziato. F FORBES.IT
FACT & COMMENT
Se si vuole capire il futuro delle criptovalute, bisogna guardare la Turchia. La sua valuta, la lira, sta precipitando di valore, in calo del 40% rispetto al dollaro da settembre. Il tasso di inflazione ufficiale, di cui i turchi non si fidano, è del 36% ed è in aumento. Ecco perché le persone, disperate, si stanno riversando nelle criptovalute. Il Bitcoin è estremamente volatile ma, nonostante una recente battuta d’arresto, gli acquirenti turchi ritengono che il suo valore a lungo termine sia in crescita, come è stato sin dal suo inizio. La cosa davvero interessante, e ciò dovrebbe far riflettere i banchieri centrali di tutto il mondo, è che la criptovaluta preferita in Turchia attualmente sia Tether. Come mai? Perché Tether è una stablecoin, una classe di criptovalute legata a un asset specifico, nel caso di Tether, il dollaro Usa. Una stablecoin, adeguatamente strutturata e trasparente sugli asset effettivi che la supportano, diventerà un’alternativa al denaro del governo. La sua stessa stabilità la rende utilizzabile per le transazioni commerciali, in particolare quelle che coinvolgono contratti a lungo termine. Percependo proprio una tale minaccia, l’anno scorso il governo turco ha vietato le criptovalute come forma di pagamento. Ma tali divieti alla fine falliranno. L’elemento attrattivo delle criptovalute è proprio che evitano le banche e i tradizionali sistemi di pagamento. Le persone apprezzano la loro velocità e la privacy che garantiscono dai governi. Quando le persone non si fidano delle loro valute nazionali, trovano sostituti più affidabili. Ecco perché il dollaro, nonostante tutti i suoi problemi, è ancora preferito in
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FINANCIAL PICTURE di Andrea Giacobino
Un futuro assicurato FINANCIAL PICTURE
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Fabio Carsenzuola è alla guida di Europ Assistance Italia dal 2017 ed è regional manager per il Sud Europa dal 2021. Si sta impegnando a una piena digitalizzazione dei servizi e a offrire prodotti legati più alle persone che ai mezzi. Con grande attenzione alla customer experience
Parola d’ordine: innovazione. Nel settore assicurativo, caratterizzato dalla presenza di molti player forti, è importante riuscire a differenziarsi cercando di anticipare i bisogni dei clienti e i mutamenti del mercato. Con questa visione Fabio Carsenzuola guida Europ Assistance Italia con il ruolo di ceo dal 2017, ruolo che nel 2021 si è ampliato a regional manager per il Sud Europa: Grecia, Portogallo e Turchia. Classe 1976, dopo aver conseguito una laurea in Ingegneria dell’automazione e un master in Information and communication technology al Politecnico di Milano, Fabio Carsenzuola inizia la carriera nella consulenza tecnologica e poi in quella strategia, entrando nel 2004 in McKinsey & Company. Diventa membro della Practice insurance europea, maturando esperienze su modelli distributivi innovativi. Il 2010 segna il suo ingresso nel gruppo Generali, prima come direttore commerciale Toro Assicurazioni, poi responsabile pianificazione commerciale di Generali Italia. Nel 2015 l’ingresso in Europ Assistance Italia, dove ricopre prima il ruolo di chief operating office e, come detto, di ceo della compagnia nel 2017. Appassionato di tecnologia e aerospazio, nel tempo libero Fabio ama nuotare, ma soprattutto dedicarsi a sua moglie Valentina e alle sue due bimbe, Sofia e Giulia. Ma il tempo libero è merce rara, viste le sfide del mondo assicurativo. I comparti salute e viaggi sono stati stravolti dalla pandemia, la mobilità è interessata da un processo di trasformazione per il passaggio all’elettrico e per i nuovi mezzi di trasporto entrati nella quotidianità. Trasversalmente la digitalizzazione incide su ogni aspetto della nostra vita e diventa strumento indispensabile per fornire servizi evoluti. Europ Assistance ha di fatto inventato l’assistenza e in Italia è leader per il settore viaggi e assistenza auto, mentre
sta guadagnando sempre più spazio nel ramo persona (salute, casa, sicurezza informatica). La posizione di leadership non è sempre comoda: bisogna rinnovarsi per non perdere quote. Il settore dell’assistenza auto potrebbe sembrare piuttosto statico: mandare un carro attrezzi a un’auto in panne è un servizio che chiunque può offrire. L’impegno di Fabio e del team è stato quello di aggiungere nuovi stimoli, come le modalità full digital per richiedere i servizi, garantendo comunque la possibilità di raggiungere gli operatori della centrale operativa sia con la classica telefonata che via wahtsapp. Ci sono poi possibilità aggiuntive come pick up and delivery che, attraverso una rete di driver selezionati, porta l’auto dei clienti in officina e la riconsegna già pronta. Non solo auto. Molte persone hanno ormai una modalità ibrida di spostarsi, cambiando diversi mezzi per raggiungere una destinazione, dalla vettura privata ai mezzi pubblici a quelli in sharing. Era necessario pensare a prodotti assicurativi legati alla persona più che al mezzo, elemento che è entrato a far parte dell’offerta Europ Assistance in Europa ormai da tempo. La personalizzazione dei servizi si è resa necessaria anche per il settore viaggi. Una volta le direttrici erano due: la cancellazione prima di partire e l’assistenza sanitaria per luoghi dove le infrastrutture sono insufficienti o costose. Oggi le esigenze si moltiplicano con regole burocratiche per i rientri, necessità di prolungare i soggiorni causa Covid o il poter sentire un medico attraverso un video consulto. “Con il team”, dice Carsenzuola, “sentiamo di aver apportato un cambiamento profondo nell’innovazione in Europ Assistance, sia in Italia che negli altri Paesi. Un dato esemplificativo riguarda la customer experience: oggi un cliente su due attiva una richiesta di assistenza in maniera digitale, la multicanalità che abbiamo messo a
“Ho uno spazio fisso nella mia agenda: due ore ogni due settimane in cui chiamo i clienti insoddisfatti. Mi presento come un normale operatore e chiedo cosa sia andato storto e come poter migliorare. Per fare bene il mio lavoro ho bisogno di mettermi nei loro panni”
FORBES.IT
APRILE, 2022
Fabio Carsenzuola
disposizione è un passo avanti decisivo e su cui in pochi avrebbero scommesso qualche anno fa, abituati a considerare il cliente italiano fin troppo tradizionalista. Abbiamo dati simili anche per il Portogallo. Questo è solo un esempio di un lavoro di rinnovamento profondo lungo tutte le direttrici dell’azienda. Un cambiamento che parte anzitutto dalle nostre persone che cerchiamo di mettere nelle condizioni migliori per lavorare in modo efficiente”. Internamente Europ Assistance sta infatti cambiando molto. La ristrutturazione della sede in Portogallo e il trasferimento in un nuovo headquarter in Grecia. In Italia è già attiva la nuova sede più moderna e sostenibile, insieme a un modello lavorativo più agile e che punta a miAPRILE, 2022
gliorare l’equilibrio vita lavoro delle persone: un processo che è stato denominato Nuova aura e che procede spedito. La soddisfazione del cliente è uno dei pallini di Carsenzuola. “Ho uno spazio fisso nella mia agenda”, confessa, “due ore ogni due settimane in cui chiamo i clienti insoddisfatti. Mi presento come un normale operatore e chiedo cosa sia andato storto e come poter migliorare in futuro. Non lo faccio per sostituirmi al customer service, è una mia esigenza: per fare bene il mio lavoro ho bisogno mettermi nei panni dei nostri clienti. Anche quando lanciamo qualcosa di nuovo chiedo di fare il tester e collaudo personalmente ogni servizio che arriverà sul mercato, mi piacerebbe testare di più le polizze viaggi, ma purtroppo non riesco a viaggiare quanto vorrei…” F FORBES.IT
CELEBRITY PICTURE di Marino Bartoletti
Scivolare con successo CELEBRITY PICTURE
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Dal cinema alla tv, fino all’arte: il curling, ‘gioco’ nato ufficialmente in Scozia nel 1716, sta conquistando tutti. Anche gli italiani dopo la vittoria alle Olimpiadi invernali. Merito soprattutto della coppia d’oro Stefania e Amos, che già sta facendo proseliti L’ottimo Claudio Amendola aveva già capito (quasi) tutto una decina di anni fa. Quando, in preda a chissà quale delirio creativo, aveva deciso di esordire alla regia con un film dedicato al curling, disciplina diffusa in Italia esattamente come in Alaska sono diffuse le bocce di plastica sulla sabbia. La mossa del pinguino venne accolto con simpatia: ma mai si sarebbe potuto immaginare che sarebbe diventata un’opera cult dei successivi anni ’20. Tutta colpa - o più correttamente, merito - dell’agente scelto della Polizia di Stato Stefania Constantini e dell’aviere capo Amos Mosaner, rispettivamente ampezzana e trentino, che durante le recenti Olimpiadi invernali di Pechino hanno bloccato negozi e uffici per vedere se lo skip azzeccasse la strategia giusta per far avvicinare o meno la stone al four foot ring. E giù tutti a commentare con precaria, ma già diffusa competenza: perché alla fine aurus non olet e quella medaglia così preziosa nella disciplina più inattesa ha gonfiato il petto a prescindere dalla sua spiazzante originalità. Mosaner, fra l’altro, ha gareggiato anche nella successiva prova maschile, ma in quel caso, malgrado un paio di ottimi acuti del nostro team, la storia del curling si è ripresa tutto quello che era suo, con la Svezia davanti alla Gran Bretagna e al Canada. E ovviamente non sono mancate le sopracciglia alzate da parte dei neogolosi da divano, pronti a sostenere che quella corner guard - accipicchia! - ce la potevamo giocare un filino meglio. Stefania invece è tornata a casa per prima accolta a Cortina da un entusiasmo che solo Christian Ghedina, nella storia della città, aveva saputo smuovere con la potenza delle sue discese. Un bacio al fidanzato che l’ha accolta - la coppia d’oro azzurra è tale soltanto sul campo di gara -, qualche giorno di festeggiamenti e via ad allenarsi di nuovo per un lungo percorso che la porterà, ancora giovanissima, a difendere il titolo olimpico proprio a casa sua. In questo senso quella di Pechino era la prima volta in cui l’Italia del curling si qualificava ai Giochi invernali in base a meriti acquisiti sul campo (nel caso specifico il bel piazzamento ai Campionati Europei), perché nell’altra sua unica apparizione olimpica - e cioè a Torino 2006 - era stata ammessa solo in quanto Nazione ospitante. E non è stravagante pensare che,
sull’onda suscitato dall’entusiasmo del trionfo di quest’anno, tutto il movimento passi dalle poche centinaia di praticanti attuali a una base più solida e più strutturata. D’altra parte il curling, pur essendo una disciplina molto antica, in fondo è soltanto ai suoi quinti Giochi ufficiali: dopo aver arrancato per decenni - e cioè dal 1924 - nel limbo degli sport ‘dimostrativi’ quando addirittura non ammessi. Ovviamente la grande visibilità ottenuta a Pechino (non solo in Italia, per la verità) ha scatenato una vera e propria corsa alla ricerca archeologica e iconografica di questo sport, apparentemente così paesano: che nasce ufficialmente in Scozia nel 1716 (quindi un secolo e mezzo prima del calcio, se vogliamo), ma che ha tracce risalenti addirittura a due secoli precedenti con tanto di reperti recuperati in fondo a un lago. Per non parlare dei suoi ‘illustratori’ che non sono esattamente degli imbrattatele, visto che si va da Bruegel il Vecchio con Cacciatori della neve e Paesaggio invernale con trappole d’uccelli, fino a Inverno dipinto di Jacob Grimmer del 1575. E tre quadri fanno indubbiamente …la prova che nel Nord dell’Europa la tradizione di questo ‘gioco’ fosse già ben consolidata. Il resto lo fecero i coloni del Vecchio Continente quando nella stiva di un piroscafo qualcuno di loro caricò come inusuale bagaglio addizionale un set di apposite pietre di granito (che, detto per inciso, pesano attorno ai 18 chili), rigorosamente proveniente dall’isola scozzese di Alisa Craig. Nei futuri Stati Uniti la cosa non andò oltre la curiosità: me nel più freddo Canada la moda attecchì fino a far diventare quel Paese la potenza mondiale per eccellenza di questo sport. Dalle pietre rotolanti di preistorica memoria alle ‘pietre scivolanti’ il passo fu brevissimo. Già nel 1817 nacque il Royal Montreal Curling Club, primo enclave di centinaia di migliaia di praticanti: quelli che Stefania e Amos hanno idealmente spazzati via in un colpo solo. Anzi, absit iniuria verbis, letteralmente scopati via dai frenetici sweepers che agitano freneticamente la ramazza (o Blackjack, o Rat Rink) davanti alla pietra che slitta verso la preda. Poteva mancare il cinema in questa escalation (a parte la già citata e recente Mossa del pinguino?). Certamente no! E allora,
Pur essendo una disciplina molto antica, il curling è soltanto ai suoi quinti Giochi ufficiali. Dopo aver arrancato per decenni nel limbo degli sport ‘dimostrativi’ quando addirittura non ammessi
FORBES.IT
APRILE, 2022
a parte qualche documentario ‘specializzato’, ecco nientemeno che Help pellicola cult dei Beatles, nella quale i Fab Four sfuggono miracolosamente a un attentato ordito da due scienziati pazzi che avevano piazzato una bomba proprio nella stone lanciata da George Harrison. Ma neanche 007 seppe resistere al fascino delle pietre sul ghiaccio. In Al servizio di sua Maestà britannica, il primo della leggendaria serie senza Sean Connery (sostituito da tale George Lazenby), il neo agente segreto si fa bello con la bonazza del caso giocando a curling fra le Prealpi bernesi. Ovviamente successo garantito. As usual. Ma anche la tv ha avuto la sua parte. E che parte! E con quali interpreti! In un episodio della serie televisiva I Simpson, trasmesso durante le Olimpiadi di Vancouver del 2010, si immaginò che la squadra statunitense di curling conquistasse la medaglia d’oro battendo la Svezia in finale. E il bello è che, otto anni dopo, fra lo stupore generale la cosa accadde veramente a Pyeongchang in Corea. E quella restò l’unica vittoria yankee (contro le sei del Canada) nella storia di questa specialità. Adesso i riflettori si sono accesi sull’Italia! E non è escluso che Stefania e Amos abbiano già fatto proseliti insospettabili. I loro sogni? Amos fino a sei anni fa sperava di diventare un campione di ciclismo (era stato anche in Nazionale), poi aveva lasciato perdere tutto per darsi alla coltivazione del vino, poi aveva scoperto il curling cominciando a far risultati in coppia con Alice Cobelli, la sua fidanzata: infine ha vinto le Olimpiadi… con un’altra (anche se nella vita Alice è sempre stabilmente al suo fianco). Insomma, in questo zig zag, scelga pure il destino per lui: in fondo non gli è andata male! E lui sarà certamente pronto. Stefania sogna un altro oro sotto le sue Tofane. E rilancia: “Anche in campo femminile”. Se son pietre, fioriranno. F APRILE, 2022
GETTYIMAGES
La mossa del pinguino è un film del 2013 diretto da Claudio Amendola che ha per protagonista il curling. Sotto Stefania Costantini e Amos Mosaner, medaglia d’oro di curling alle Olimpiadi invernali di Pechino. In basso Inverno dipinto di Jacob Grimmer.
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W H AT ’ S NEW
WHO’S NEXT 19 FRONTRUNNER
Brian Armstrong, fondatore e ceo di Coinbase
GETTYIMAGES
IL GOTHA delle cripto
Quasi 600 exchange permettono di scambiare bitcoin, ethereum e altre monete digitali. Esistono però enormi differenze di qualità e sicurezza tra le piattaforme. Forbes ha stilato la classifica delle migliori 60. Al comando c’è Coinbase APRILE, 2022
FORBES.IT
FRONTRUNNER
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entre la tecnologia blockchain veniva abbracciata da aziende di tutto il mondo, si è registrato anche un boom di piattaforme che permettono di acquistare, vendere e conservare criptovalute. Nonostante il settore esista da poco più di un decennio, CoinGecko.com afferma che ci sono almeno 580 exchange di criptovalute indipendenti per scambiare valute virtuali. Nell’ultimo trimestre del 2021, secondo dati SimilarWeb raccolti da Forbes, i siti internet dedicati alle criptovalute hanno ricevuto 1,7 miliardi di visite. Per chi investe senza essere un esperto, distinguere le piattaforme di qualità da quelle che sembrano affidabili grazie a un sito web ben indicizzato o ai testimonial è quasi impossibile. Anche gli exchange con un volume di scambi elevato in una particolare criptovaluta (o coppia di criptovalute) possono essere di bassa qualità. Perché, in un ambiente che brulica di exchange non regolamentati, è facile fornire in numeri falsi. Per aiutare gli investitori a navigare nel mondo della compravendita di bitcoin, Ethereum e altre criptovalute, Forbes ha analizzato 60 dei più grandi exchange di criptovalute (qui di seguito riportiamo la top ten) e li ha classificate in base a dieci diversi criteri. Le voci considerate vanno dalle disposizioni sulla sicurezza informatica e le commissioni di negoziazione al sostegno istituzionale e alla conformità alle norme, a cui abbiamo dato un peso superiore a quello degli altri criteri. All’inizio di gennaio, gli exchange su questa lista generavano avevano un volume di trading di oltre 100 miliardi di dollari al giorno e rappresentavano così la maggior parte del volume di scambio di criptovalute a livello globale. F
LA TOP 10 DEGLI EXCHANGE DI CRIPTOVALUTE #1 | COINBASE Coinbase è il più grande exchange di criptovalute negli Stati Uniti. È sbarcato sul Nasdaq tramite una quotazione diretta da 86 miliardi di dollari, la più grande della storia. È regolato dal dipartimento dei Servizi finanziari di New York con una licenza di valuta virtuale e serve 44 stati americani. Offre il maggior numero di monete negli Stati Uniti e sta lanciando un mercato Nft.
#2 | KRAKEN Kraken è regolamentato negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in alcune giurisdizioni dell’Asia pacifica. Ha sede negli Stati Uniti e si rivolge a operatori di livello intermedo e avanzato. Serve tutti gli stati americani a eccezione di New York e Washington. Ha una licenza bancaria dallo stato del Wyoming, anche se non ha ancora lanciato le operazioni. Ha 13 diverse licenze a livello globale e ha dichiarato di avere piani per quotarsi in Borsa nel 2022. Le sue
commissioni per i maker - 16 punti base - sono inferiori a quelle di altre grandi aziende regolamentate. È l’unica azienda di classe A con uno scambio di future.
#3 | ROBINHOOD Robinhood è una società quotata, ha sede negli Stati Uniti, è regolamentata dalla Sec e propone scambio di criptovalute e azioni senza commissioni. Permette il trading di un numero relativamente basso di asset (sette), inferiore a quello della maggior parte degli altri exchange. Ha più di due milioni di clienti in lista d’attesa per ottenere un portafoglio che invia criptovalute a indirizzi esterni. Il basso costo di ingresso lo rende adatto ai principianti. I beni sotto forma di criptovalute in custodia valgono 22 miliardi di dollari.
#4 | CRYPTO.COM Crypto.com ha sede a Singapore ed è regolamentata negli Stati
Sam Bankman-Fried, fondatore di Ftx FORBES.IT
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I fratelli Winklevoss, fondatori di Gemini Uniti. Ha pagato 700 milioni di dollari per i diritti di denominazione dell’ex Staples Center di Los Angeles. Scambia 169 monete e offre 349 opzioni di pair trading. Crypto.com ha un volume di trading più elevato di Coinbase, nonostante una commissione relativamente alta - 40 punti base - per le attività entry level.
#5 | FTX Exchange in rapida crescita, valutato 32 miliardi di dollari, Ftx è guidato dal 29enne Sam Bankman-Fried. È diventato in breve uno dei più grandi exchange al mondo per volume, soprattutto grazie al mercato dei criptoderivati. Possiede già enti regolamentati negli Stati Uniti e in Giappone e opera in più di 100 paesi. Tom Brady, Stephen Curry, Gisele Bundchen, David Ortiz e Kevin O’Leary sono testimonial di Ftx. APRILE, 2022
#6 | BINANCE Binance è il più grande exchange di criptovalute al mondo per volume. Offre ai clienti un’ampia gamma di coppie di criptovalute: più di 1600. La maggior parte del volume di Binance è in future perpetui di bitcoin ed ether. La società ha annunciato da poco la licenza di fornitore di cripto asset in Bahrain. Ciò significa che l’azienda sta prendendo misure nella giusta direzione in termini di conformità normativa. Nel 2021 ha subito molteplici indagini in merito al suo programma antiriciclaggio.
#7 | HUOBI GLOBAL Fondata nel 2013 in Cina, Huobi si rivolge ai trader intermedi e avanzati. Oltre a offrire mercati spot per oltre 200 attività, fornisce anche derivati, servizi per il margin trading, un desk per i mercati over the counter e prime brokerage. Ha ricevuto accuse di wash trading (una forma di manipolazione del mercato per cui si vende e si acquista
#8 | GEMINI Fondato dai fratelli Winklevoss nel 2013, Gemini è un exchange di criptovalute regolamentato e con sede negli Stati Uniti, che punta molto su un’immagine di promotore della conformità normativa. Possiede anche la piattaforma Nft Nifty Gateway. Ha raccolto 400 milioni di dollari da Morgan Creek Digital nel novembre 2021 e ha una valutazione di mercato di 7,1 miliardi di dollari. Le sue commissioni sono nella media, anche se il numero di monete e mercati è leggermente inferiore alla media.
#9 | GMO COIN Gmo Coin è uno dei più grandi exchange di
criptovalute giapponesi. Offre uno dei costi commerciali più bassi del settore (-1 punto base per i produttori e 5 per gli acquirenti, in yen giapponesi) su nove coppie di criptovalute. La società madre, Gmo Internet Group, possiede anche la più grande società di intermediazione Fx al dettaglio al mondo, Gmo Click Securities.
#10 | ETORO eToro è una società regolamentata a livello globale con una valutazione di 9,6 miliardi di dollari, che offre trading a più di 1,5 milioni di clienti e 19 milioni di utenti. È regolamentato in Europa, negli Stati Uniti e in altre aree. I suoi prezzi commerciali per i clienti al dettaglio sono molto alti (vanno da 75 punti base a 490, a seconda della criptovaluta), ma la sua unità eToroX ha una commissione più bassa, di 5 punti base per ogni scambio.
Yoni Assia, fondatore di eToro FORBES.IT
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contemporaneamente la stessa criptovaluta). Ha chiuso tutte le attività in Cina nel 2021 e ora svolge le sue operazioni fuori da Singapore. È regolamentato in Giappone, Gibilterra e Lussemburgo.
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I podcast di Forbes Italia
l numero di ascoltatori di podcast in Italia è in continua crescita. Secondo la fonte Ipsos, leader mondiale nelle ricerche di mercato, il numero di persone che hanno ascoltato podcast nell’ultimo mese è cresciuto dai 7 milioni di media del 2019 ai 9,3 (ovvero il 31% dei rispondenti) del 2021. Anche per questo motivo Forbes Italia continua a portare avanti la sua missione: raccontare e scoprire le nuove voci del mondo imprenditoriale ed economico non soltanto attraverso le parole scritte o le immagini, ma anche per mezzo dell’audio. Forbes Italia crede nella voce e nel podcast come mezzi per avvicinare le persone alla business community e per connettere i brand con un pubblico diverso, irraggiungibile dagli altri canali. Nuovi format ed episodi targati Forbes Italia si possono trovare tutti i mesi nella sezione podcast di Forbes.it, oppure sulle principali piattaforme di audiostreaming come Spotify, Google Podcast, Apple Podcast, Deezer e Spreaker. Cavalcando l’onda della crescita dell’audience, che si stima arriverà a più di 10 milioni a fine 2022, Forbes Italia continuerà a raccontare le strade del successo, facendo affidamento sulla forza dell’audio e sul suo potere immaginativo. Buon ascolto! F
MFLaw: l’evoluzione del legal
Aria Pulita
Dalla trasformazione del mercato alle grandi riforme della giustizia civile italiana, dallo studio legale come impresa al legal tech e alla sostenibilità. MFLaw, nato nel 2001 come uno studio boutique e oggi diventato una law firm con quattro sedi e oltre 80 dipendenti, racconta attraverso la narrazione di Livia Mannocchi e le voci dei suoi founder e partner l’evoluzione della figura dell’avvocato e i trend di scenario del mercato legal, tra approfondimenti, cenni storici e spunti pratici e teorici interessanti per inquadrare il futuro di questo settore.
La santificazione dell’aria è un aspetto sul quale la pandemia ha puntato irrimediabilmente i riflettori. Un tema fondamentale soprattutto quando si parla di spazi che ospitano grandi eventi, come fiere e congressi, oppure più generalmente quando si fa riferimento all’hospitality. Sanixair, startup italiana ad alta innovazione, ha creato un sistema di santificazione ambientale in continuo utilizzando la tecnologia della fotocatalisi, che riproduce un fenomeno che avviene in natura. Il podcast Aria Pulita andrà alla scoperta delle applicazioni di questa tecnologia e di chi ci nha creduto non solo per debellare il Covid, ma anche semplicemente per purificare gli spazi chiusi, dove viviamo in media l’85% del nostro tempo.
FORBES.IT
Interbrand Arenas In un momento in cui i consumatori hanno molto più potere dei brand, ciò che definisce un settore e ne delinea il confronto competitivo è completamente cambiato. Interbrand, leader nel settore del branding da quasi 50 anni, analizza il concetto di Arene competitive e il modo in cui i diversi player si confrontano tra di loro. Disponibile la puntata sull’Arena Express, lo spazio in cui gli oggetti del desiderio che non siano necessariamente abiti contribuiscono alla definizione e all’espressione della propria individualità.
Forbes 0.0 Istantanee dal futuro per la business community globale con tutte le trasformazioni in ambito digital, marketing e corporate communication destinate a cambiare le nostre vite. A raccontarle Oscar di Montigny, autore brillante da oltre vent’anni in Banca Mediolanum. Dal Covid-19 all’innovazione, dalla crisi climatica alle problematiche relative alla povertà: ogni settimana Forbes 0.0 dà una sua chiave di lettura sui temi legati all’attualità. APRILE, 2022
INNOVATION PEOPLE
di Giovanni Iozzia
SHORT NEWS
energia
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LA STARTUP PER RISPARMIARE SU LUCE E GAS
andi la tua bolletta della luce o del gas e Switcho ti dice se puoi spendere meno. È la startup che ci vuole in questa stagione di bollette schizzate alle stelle a causa del conflitto Russia-Ucraina. “Abbiamo cominciato nel 2019 con l’idea di creare una piattaforma per far risparmiare le persone sulle spese abituali”, spiega Marco Tricarico (nella foto al centro), 36 anni, che ha fondato Switcho con Redi Vyshka e Francesco Laffi. “Abbiamo cominciato con luce e gas perché gli italiani su questo fronte sono abbastanza passivi. Noi siamo un comparatore personalizzato, ci prendiamo in carico il confronto e arriviamo fino a fare il trasferimento di utenza”. Appunto, lo switch, ma solo se c’è un fornitore più conveniente. Chi paga? L’azienda che acquisisce il nuovo cliente. Switcho, che ha già raccolto 3 milioni di euro, consiglia anche le Pmi, ha lanciato il suo servizio per l’assicurazione auto e ne ha in programma di altri. assicurazioni
Una insurtech per i rischi della manipolazione genetica L’insurtech, cioè l’applicazione delle tecnologie digitali nelle assicurazioni, avanza anche in Italia ma gli investimenti restano ancora scarsi. Eppure c’è una startup italiana tra le prime dieci in Europa per capitali raccolti (secondo le rilevazioni di Fabio Sbianchi Crunchbase). Si chiama Wallife, è stata fondata nel 2021 e ha già chiuso un round da 4,8 milioni di dollari. Ma il founder è un imprenditore esperto come Fabio Sbianchi (che 20 anni fa ha fondato Octo Telematics) e lavora su materie di frontiera: biometria, genetica, biohacking. Per fare cosa? Wallife, di cui è ceo Maria Enrica Angelone, ha in programma di proteggerci durante tutta la nostra vita da rischi che possono arrivare dal patrimonio genetico e dal suo uso così come dal contesto esterno. Ovviamente su questi rischi si possono costruire polizze assicurative. Sembra fantascienza, ma presto dovremo proteggerci dai pericoli che arriveranno dalla manipolazione dei materiali biologici, delle impronte digitali o dall’uso delle tecnologie all’interno dei nostri corpi. APRILE, 2022
corporate entrepreneurship
L’INNOVAZIONE CHE NASCE IN AZIENDA Le startup nascono anche all’interno delle aziende e i manager diventano imprenditori, con la benedizioni e l’appoggio dei vertici. È il caso di Tot, fintech appena lanciata da Doris Messina, che è chief innovation officer di Banca Sella, con Bruno Reggiani, che è stato country manager Italia della neobank tedesca Penta, e Andrea Susta, ex Fabrik (nella foto). Doris Messina, che è ceo della nuova impresa, ha intravvisto un’opportunità di mercato e ha deciso di affrontare la sfida subito: creare una nuova digital bank per professionisti e piccole imprese che punta tutto sulla semplicità d’uso e distribuisce servizi di altri partner, tra cui Banca Sella, che è anche tra i primi investitori di Tot che ha già raccolto 2 milioni di euro. Si chiama corporate entrepreneurship: lasciare che l’imprenditorialità interna alle aziende si esprima per fare innovazione più velocemente.
di Emilio Cozzi
SPACE ECONOMY
SHORT NEWS
rapporti
C
LA GUERRA NELLO SPAZIO
missioni
ROSCOSMOS FA MARCIA INDIETRO ELON MUSK AIUTA L’UCRAINA Per bocca del suo direttore, Rogozin, Roscosmos ha ufficializzato l’interruzione del lancio di vettori Sojuz dalla Guyana Francese. Contestualmente l’agenzia spaziale russa ha richiamato il proprio personale dallo spazioporto. I lanci europei con razzi Sojuz sono quindi posticipati fino a data da definirsi. Fra loro, anche quello di due satelliti Gps del sistema Galileo. Roscosmos ha fatto marcia indietro anche per quanto riguarda la collaborazione con la Nasa nel programma Venera-D, il primo lander venusiano dopo le missioni sovietiche Vega 1 e 2 del 1984. Rispondendo alla richiesta di aiuto del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che teme la distribuzione della linea internet nel suo Paese, Elon Musk ha invece dichiarato che Starlink è ora attivo in Ucraina e ha fatto sapere di avere spedito diverse parabole per la ricezione. Ricezione che per il momento non arriverà dal telescopio spaziale tedesco eRosita, spento dalla Germania. Il telescopio a raggi X si trova a bordo del satellite russo Spektr-RG, in orbita attorno al punto lagrangiano L2. Distrutto dalle truppe russe l’aereo ucraino Antonov 225 Mriya (Sogno), si trattava del più grande aereo cargo al mondo. Progettato negli anni ‘80 dall’Unione Sovietica anche per il trasporto dello spazioplano Buran, era utilizzato anche per il trasporto di grossi satelliti.
FORBES.IT
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ome affermato a febbraio dal presidente americano Joe Biden, le sanzioni alla Russia avranno, fra gli altri effetti, quello di “degradare la loro industria aerospaziale, incluso il programma spaziale”. Il direttore dell’agenzia spaziale russa Roscosmos, Dmitry Rogozin, fedelissimo di Putin, ha replicato aspramente: “Volete distruggere la nostra cooperazione sulla Iss? Se bloccate la collaborazione con noi chi fermerà il rientro incontrollato della stazione sugli Stati Uniti o sull’Europa?”. Rogozin si riferisce ai sistemi di propulsione russi della Stazione spaziale internazionale, quelli che vengono periodicamente azionati per mantenerla in orbita. Senza di essi, infatti, la stazione rallenterebbe a causa dell’attrito con i pochi atomi sul suo percorso. Percorso che quasi non tocca la Russia, rimanendo su latitudini più equatoriali. Il direttore della Nasa, Bill Nelson, non ha replicato direttamente, ma un comunicato stampa ha ribadito la volontà (o meglio, necessità) dell’agenzia spaziale americana di continuare il rapporto di collaborazione sulla Iss con tutti i partner attuali. Elon Musk ha invece risposto alla domanda retorica di Rogozin con il logo di SpaceX. Schermaglie social a parte, la situazione è in evoluzione costante.
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tecnologie
Ossigeno dalle rocce lunari Thales Alenia Space ha vinto un contratto con l’Agenzia spaziale europea per testare una nuova tecnologia in grado di estrarre, in loco, ossigeno dalle rocce lunari. Il contratto da un milione di euro prevede la realizzazione di un prototipo insieme con i partner Avs, Metalysis, Open University e Redwire Space Europe. La divisione inglese di Thales Alenia Space ha già sviluppato un sistema funzionante che utilizza l’elettrolisi del sale fuso per estrarre ossigeno dalla regolite, ora dovrà farlo sulla Luna. Non è ancora noto su quale missione troverà posto
la tecnologia sperimentale, ma nei prossimi anni le missioni dirette verso il nostro satellite non scarseggeranno. La produzione di ossigeno sulla Luna sarà fondamentale per un’esplorazione continuativa. Non solo per aria e acqua, soprattutto per propellente. La navicella Starship, che trasporterà gli astronauti di Artemis 3 dal Lunar Gateway alla superficie lunare e ritorno, utilizza proprio un misto di ossigeno e metano. Peraltro, questa tecnologia non faciliterà solo i viaggi verso la Luna, ma anche quelli dalla Luna verso altri corpi del Sistema Solare.
APRILE, 2022
di Domenico Caprioli*
Per conoscere gli effetti sul corpo umano di lunghe permanenze oltre l’atmosfera, l’Università di Firenze e la Marina Militare hanno lanciato un programma di ricerca che monitora gli astronauti in isolamento
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APRILE, 2022
IL RISCHIO DELLA SCOPERTA però, non è stato chiarito in termini quantitativi. Il progetto Neptune, coordinato dall’Università di Firenze e condotto in partnership con la Marina Militare Italiana, investigherà questi aspetti utilizzando come laboratorio non solo la Stazione spaziale internazionale, ma anche la base antartica Concordia e i sommergibili italiani. Il monitoraggio comparato degli astronauti, dei sommergibilisti e dei ricercatori di stanza a Concordia consentirà di isolare gli effetti legati all’esposizione alle radiazioni e alla microgravità, peculiari dello spazio, da quelli legati all’isolamento e allo stress psicofisico. L’obiettivo dell’esperimento è accrescere la conoscenza degli effetti sul corpo umano in caso di lunghe
permanenze oltre l’atmosfera, monitorando le alterazioni patofisiologiche e gli stati infiammatori, definendo dei modelli di relazione con l’insorgenza di malattie. Per garantire un monitoraggio significativo e costante dei soggetti coinvolti, il consorzio dovrà sviluppare nuovi approcci per misurazioni in remoto, dove ‘remoto’ assume una connotazione piuttosto letterale. Un ruolo fondamentale è interpretato dal machine learning, impiegato per costruire modelli predittivi, ma anche per filtrare le informazioni utili. Dal progetto Neptune non ricaveremo quindi solo una migliore conoscenza dei modelli predittivi per simulare le condizioni di salute degli astronauti durante il viaggio verso Marte. Lo sviluppo di tecnologie diagnostiche per
lo spazio accelera anche la maturazione di sistemi di medicina personalizzata, che potranno essere disponibili anche a livello domiciliare, e di sistemi di processazione dei dati, in grado di filtrare le informazioni e rendere l’assistenza sanitaria più snella ed efficiente. Risolvere problemi per lo spazio, nello spazio, è la quintessenza della progettazione per vincoli. Il progetto Neptune offre un esempio dei vantaggi della ricerca, in un contesto di cooperazione internazionale a guida italiana, a riprova che la ricerca per lo spazio è soprattutto una ricerca per la Terra attraverso lo spazio. F * È partner di yourscienceBC Ltd, attiva nella ricerca sulle applicazioni spaziali e sulle tecnologie di frontiera, con la quale fornisce consulenza a istituzioni e aziende interessate a comprendere le opportunità legate allo spazio e alla ricerca. FORBES.IT
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L
o spazio è un laboratorio straordinario, le cui condizioni non sono replicabili sulla Terra. Questo genera relazioni complesse tra le infrastrutture spaziali, le competenze connesse al loro utilizzo e tutti i principali domini scientifici e tecnologici. Non solo sostenere la vita nello spazio ma sostenere la vita attraverso lo spazio, sfruttandolo per il progresso tecnologico. La permanenza oltre l’atmosfera genera una vasta gamma di alterazioni, che possono condurre a patologie croniche anche gravi che vanno dall’isolamento fino all’esposizione alle radiazioni, dallo stress psicofisico alla microgravità. La combinazione di questi elementi induce, attraverso effetti primari e secondari, l’insorgere di patologie croniche, di alterazioni del sistema immunitario e dei processi metabolici, oltre ad accelerare l’invecchiamento. Molti di questi effetti sembrano essere direttamente associati a una condizione di infiammazione di basso grado, il cui impatto,
di Enzo Argante
SOCIAL RESPONSIBILITY
SHORT NEWS
lusso
LA CERAMICA DIVENTA SOSTENIBILE
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I
talcer, gruppo italiano leader nella ceramica di alta gamma e nell’arredo bagno di lusso, diventa membro della prestigiosa World alliance for efficient solutions, l’ong che promuove a livello mondiale l’energia verde, le tecnologie sostenibili e aiuta governi, società e istituzioni a raggiungere i loro obiettivi Esg. “Abbiamo in programma di installare tre impianti fotovoltaici su tre diversi siti industriali per un totale di circa 6 mw e tre cogeneratori di ultima generazione che porteranno ad una riduzione considerevole del consumo elettrico”, spiega Graziano Verdi (nella
digital
SMARTPHONE A BASSO IMPATTO Oltre 160mila dispositivi ricondizionati, circa 130mila clienti in tutta Europa, mercati in 16 paesi. Il segnale è forte anche in campo green con l’acquisizione dell’associazione no profit Pc4u (la didattica digitale è un diritto di tutti…) e per l’impegno verso l’ambiente. Si chiama Senso, opera nel settore degli iPhone ricondizionati e nasce da una costola di YouniteStars, società specializzata nella creazione e acquisizione di business e-commerce ad alto potenziale di crescita. Fondata a Milano da Gianmaria Monteleone (nella foto) nel 2019, si è fatta notare grazie al notevole incremento di fatturato ottenuto nel corso dell’ultimo anno: rispetto al 2020, infatti, è passata dai 5 milioni di ricavi del 2020 ai circa 20 milioni di fine 2021, quadruplicando le entrate: l’obiettivo è toccare quota 270 milioni di fatturato nei prossimi anni e puntare alla leadership europea nel settore e aprire le porte ai mercati extra-europei a partire dal 2025.
foto), amministratore delegato di Italcer. “Inoltre stiamo avviando un rinnovo produttivo per circa 5 milioni di metri quadrati che saranno prodotti in 6 mm di spessore anziché 9, con una conseguente riduzione di oltre il 30% di gas e materie prime necessarie alla produzione”. La World alliance for efficient solutions è un’iniziativa creata dalla Solar Impulse Foundation in seguito al successo di Solar Impulse, il primo giro del mondo su un aereo alimentato a energia solare. La fondazione è presieduta da Bertrand Piccard, il visionario aviatore capofila del progetto del sorvolo del globo senza carburante fossile. education
ALTA FORMAZIONE per l’impresa al femminile
Esordio della Social Innovation School for Women in modalità online. Il corso di alta formazione per la creazione e lo sviluppo di impresa al femminile fornisce alle partecipanti gli strumenti per implementare modelli di sviluppo e strategie sostenibili nell’ambito dell’economia circolare. Dodici determinatissime donne, tra cui tre studentesse della Scuola Normale di Pisa, diverse imprenditrici e alcune startupper, provenienti da diversi paesi del mondo (Italia, Tunisia, Egitto, Libano, Palestina, Israele, Nigeria, Mali e diversi altri), hanno lavorato allo sviluppo di tre innovativi progetti di impresa. La scuola ha l’obiettivo di far conoscere gli strumenti a supporto dell’imprenditoria, i finanziamenti e le opportunità del Pnrr; implementare modelli di sviluppo nell’ambito dell’economia circolare; incentivare l’occupazione femminile. È il segnale lanciato dall’associazione Rumundu, fondata da Stefano Cucca (nella foto insieme alla moglie) nel 2013 con base in Sardegna e Sud Africa, che supporta la nascita di imprese sostenibili a livello economico e ambientale. FORBES.IT
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FORBES SILICIO
di Gabriele Di Matteo
audio
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BIG G ALZA LA VOCE
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implementare le funzioni degli auricolari Pixel Buds. 3D Dysonic ha lavorato per Intel, che l’ha finanziata inizialmente, e per Virgin America con sviluppo di audio sui voli di linea. Un’altra startup, comprata per 35 milioni di dollari, è Synaptics che possiede una serie di brevetti utili anche per lo sviluppo di Google Assistant. Infine, citiamo la startup francese Tempow, che realizza dispositivi indossabili, pagata da Google 17 milioni.
a voce è il sistema più immediato e diffuso per interfacciarci con smartphone, auto, Pc, smart home. Ecco perché, senza fare tanto rumore, Google ha messo a segno negli ultimi mesi ben quattro acquisizioni nel settore dell’audio. Sono startup che lavorano da anni sui comandi vocali arricchiti di machine learning e intelligenza artificiale. Tra le più importanti citiamo 3D Dysonic, una startup specializzata in audio 3D che andrà a
videogiochi
Tempo di shopping per Epic Games Le società di videogiochi, grazie a un forte incremento delle vendite durante il periodo del lockdown, hanno capitali a disposizione per allargare il loro campo di azione. È il caso di Epic Games, lo sviluppatore di un gioco best seller come Fortnite, che ha comprato Bandcamp, piattaforma californiana di musica online e community che promuove musicisti indipendenti. Bandcamp è specializzata nella vendita di brani musicali di artisti
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che non hanno alle spalle le grandi major della musica; riconosce agli autori l’83% del ricavato dalle vendite. La piattaforma ha dichiarato che finora ha pagato complessivamente un miliardo di dollari ai suoi artisti. Epic Games ha spiegato il progetto che giustifica questa acquisizione. “Bandcamp avrà un ruolo importante nel costruire un ecosistema di mercato per i creatori di contenuti, tecnologia, giochi, arte, musica e altro”.
progetti
UBER ESPLORA NUOVI BUSINESS Uber ha deciso di andare oltre i passaggi in auto e la consegna di cibo, business che hanno comunque fruttato alla società 2,42 miliardi di dollari solo nel periodo della recente pandemia. Il ventaglio di servizi offerti dell’azienda adesso si allarga e nasce una nuova funzione denominata Explora. Darà la possibilità, attraverso l’app presente sugli smartphone, di prenotare cene in ristoranti, biglietti per concerti e mostre, discoteche e altri eventi. Uber offrirà ai clienti anche un servizio a 360°: quando gli utenti prenotano un cinema, una discoteca, un sushi bar oppure un concerto di musica con la funzione ‘ride there now’, possono richiedere un passaggio Uber per quella destinazione. La nuova funzione Explora viene attivata in una fase iniziale in 14 città americane e nella popolosa Città del Messico per poi organizzare un roll out anche nei mercati europei.
FORBES.IT
Di PIERA ANNA FRANINI
ANALYTICS NUMBERS
Un mondo più SMART
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al primo luglio - salvo cambi di rotta - cambieranno le regole in materia di smart working, una modalità di lavoro che per taluni è stata una novità, per altri un approccio già sperimentato ed ora definitivamente sdoganato. Che succederà d’ora in poi? Una cosa è certa, i due anni di pandemia hanno sparigliato le carte e spinto a riflettere sui “limiti del modello fordista basato sulla standardizzazione della prestazione e sul sistema di comando e controllo. I segni di quel limite erano visibili da anni”, spiega Arianna Visentini, pioniera in materia, fondatrice di Variazioni, società di consulenza per smart working.
Prima e dopo la pandemia
+9,1%
Secondo Eurostat, nel 2019 il 5,5% dei lavoratori dei Paesi Ue tra i 20 e i 64 anni aveva sperimentato lo smart working. Olanda, Finlandia e Francia erano sopra la media con un 7%. La Germania era di poco superiore al 5% e l’Italia sotto la media con un 3%. Con la pandemia i numeri sono lievitati raggiungen+11,2%
+9,2%
+13,1%
La crescita dello smart working in Italia post-pandemia Tabella 1, Elaborazione Forbes Italia su dati Eurostat
FORBES.IT
I numeri dello smart working in Italia Secondo l’Osservatorio smart working del Politecnico di Milano, nel primo trimestre del 2021 gli smart worker erano 5,37 milioni mentre nel terzo trimestre erano già scesi a 4,07 milioni. Lo smart working è presente nell’81% delle grandi aziende (contro il 65% del 2019), nel 53% delle Pmi (nel 2019 erano il 30%) e nel 67% delle Pa (contro il 23% pre-Covid).
2017
È la legge n. 81 del 2017 a disciplinare il lavoro agile in Italia Nel post-pandemia si prevedono numeri in crescita. Si stima che lo smart working rimarrà o sarà introdotto nell’89% delle grandi aziende, nel 62% delle Pa e nel 35% delle Pmi. Ovvero saranno almeno 4,38 milioni i lavoratori che almeno in parte opereranno da remoto, con un +8% (vedi Tabella 2). Sempre secondo
+8,2%
+7,5%
do il 12,4% (+6,9%) a livello Ue. Nello specifico, per l’Italia si va dal Lazio che ha registrato un +13,1%, alla Lombardia +11,2%, Emilia Romagna +9,2%, Piemonte +9,1%,Toscana +8,2%, Sardegna +7,5%, Campania +7,3% (vedi Tabella 1).
+7,3%
la ricerca del Politecnico di Milano, le grandi imprese e la Pa registrano un miglioramento nella produttività, in termini di efficacia ed efficienza del lavoro, aumentata per il 59% delle grandi imprese e per il 30% delle Pa (solo il 5% e il 16% rispettivamente dichiara di aver riscontrato un peggioramento nell’efficienza). Per il 39% dei lavoratori, invece, è migliorato l’equilibrio tra vita privata e lavoro, il 38% si sente più efficiente nello svolgimento della propria mansione e il 35% più efficace. Per il 32% è cresciuta la fiducia fra manager e collaboratori e per il 31% la comunicazione fra colleghi. Tra gli aspetti negativi, il 28% degli smart worker dice di aver sofferto di tecnostress, il 17% di overworking (vedi Tabella 3). Il 55% delle APRILE, 2022
5 Ml
grandi imprese, il 44% delle Pmi e il 48% delle Pa registrano un peggioramento dell’aspetto relazionale e di comunicazione con i colleghi. Un futuro intelligente per il lavoro
Secondo una ricerca condotta da Variazioni tra aprile del 2020 e giugno 2021 su un campione di oltre 50mila rispondenti tra manager e smart worker del settore privato e pubblica amministrazione - il campione è composto per il 12,4% manager e da 84,5% lavoratori - è emerso che 8,4 lavoratori su 10 vorrebbero continuare a lavorare in smart working. Con differenze per quanto riguarda l’età (8,6 lavoratori su 10 fino ai 35 anni, per passare a 7,6 su 10 degli over 56) e per ruolo (worker 8,6 su 10, manager 7,2 su 10). In particolare 8,2 manager su 10 sarebbero disposti a far lavorare in smart working i propri col-
Tabella 2, Elaborazione Forbes Italia su dati Osservatorio smart working del Politecnico di Milano
5,3
4,38
4 Ml
4,07
3 Ml
Milioni di smart worker in Italia
2 Ml 1 Ml
I trimestre 2020
III trimestre 2020
post pandemia
laboratori; il dato sale ad 8,5 se il manager è donna. Mediamente i lavoratori vorrebbero lavorare 3,2 giorni a settimana in smart working, con un giorno di scarto tra manager (2,3 giorni a settimana) e lavoratori (3,3 giorni a settimana).
LA STORIA
Cosa pensano i lavoratori
• Il lavoro agile è definito “una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa. • La legge italiana n. 81 del 2017 disciplina il lavoro agile, con un testo che non contiene però l’espressione smart working. • Tra i primi a fare ricorso allo smart working Cisco, dal 2011, e la città di Amsterdam che nel 2010 ha inaugurato i primi Smart Work Center.
39% 38% 35% 32% 31% 28% 17%
ha sofferto di overworking
gli smart worker che hanno sofferto di tecnostress
è cresciuta la comunicazione fra colleghi
è cresciuta la fiducia fra manager e collaboratori
si sente più efficace nello svolgimento della propria mansione
si sente più efficiente nello svolgimento della propria mansione
è migliorato l’equilibrio tra vita privata e lavoro
Come lo smart working ha cambiato la vita ai dipendenti
Tabella 3, Elaborazione Forbes Italia su dati Osservatorio smart working del Politecnico di Milano
APRILE, 2022
FORBES.IT
I N M O DA S TAT V I R T U S
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THE PROFILE
THE PROFILE
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L I V I O P RO L I
LA STELLA POLARE INDICA IL FUTURO DI ALESSANDRO ROSSI FORBES.IT
APRILE, 2022
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→Un pesce nell’acqua.
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Ha cominciato a 18 anni con uno stage in Vestimenta di Trento dove ha avuto la fortuna di entrare presto in contatto con il ceo Massimo Mosterts. Vestimenta era licenziataria di Armani etichetta nera (prima linea) che all’epoca aveva varie licenze in sedi diverse: stile e comunicazione a Milano, a Trento la prima linea, il mondo tessile a Como, a Modena, la città di Proli, il mondo casual. Mosterts aveva 32 anni e una visione molto particolare già proiettata anche al marketing quando invece la moda era ancora molto legata all’aspetto tecnico-produttivo. “La difficoltà era produrre e consegnare con qualità”, racconta Livio. “La domanda superava abbondantemente la capacità dell’offerta. Era il 1984. Il ceo aveva l’idea di creare una programmazione del lavoro che fosse anche figlia delle esigenze commerciali e non solo di quelle qualitative tecnico-produttive e aveva voglia quindi di collegare tutte le attività aziendali. Ai tempi la priorità era l’aspetto tecnico con capi perfetti che dovevano rispettare i requisiti che i designer richiedevano per onorare le loro idee”. È cominciata così l’avventura che ha proiettato Proli sempre più in alto fino ad arrivare dove è adesso: amministratore delegato del gruppo Missoni (una firma storica, storica per davvero, del made in Italy, 110 milioni di euro di fatturato). Nella sua carriera Livio ha seguito i percorsi più glamour e affascinanti della moda facendo una lunga tappa da Armani. E allora, per raccontare il presente, forse bisogna cominciare dal passato. FORBES.IT
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LIVIO PROLI È IL NUOVO CEO DI MISSONI. STA RIVOLUZIONANDO L’AZIENDA LASCIANDO PERÒ AL CENTRO LA VISIONE ORIGINARIA DI OTTAVIO E ROSITA CHE CONTINUA A SEGNARE LA ROTTA. “MI SONO INNAMORATO DEL MARCHIO”, DICE. “IN FONDO SI TRATTAVA DI RIMETTERE IN MOTO UNA LOCOMOTIVA CHE AVEVA RALLENTATO”. ORA AVANTI TUTTA SU NUOVE CREAZIONI, NUOVE LINEE PRODOTTO, MARKETING E COMUNICAZIONE. CON QUATTRO PUNTI CARDINALI: INCLUSIVITÀ, ESTETICA, ARTIGIANALITÀ, LUSSO
Si vede subito che Livio Proli, amministratore delegato del Gruppo Missoni, è tagliato per il mondo della moda. Fisico asciutto, ben curato, modi eleganti, abiti semplici ma di ottima fattura e tessuti ricercati. In fondo, non è proprio arrivato ieri.
“Sono severo ma non insensibile. In azienda ho dato deleghe a tutti perché è meglio sbagliare che non fare nulla: l’errore è il migliore strumento di crescita. L’unico avversario da evitare è l’egocentrismo” Livio, cosa è cambiato in questi 30 anni? Beh. Facile dire che è cambiato tutto. O quasi. Il consumatore ha preso sempre più potere con l’incremento culturale che ha accompagnato il progresso del mondo, grazie alla velocità con cui oggi possiamo vedere e comparare le cose. Tecnologia, informatizzazione, digitalizzazione hanno dato maggior consapevolezza dell’offerta della moda. Oggi il consumatore sa riconoscere in maniera più approfondita la proposta di una casa di moda e riesce a valutare se coincide con il modo di essere e di sentirsi. In sostanza consumatori più informati e consapevoli? Sì. C’è più consapevolezza da parte di tutti con una capacità critica rispetto a ciò che uno pensa o vuole essere. Ora il prodotto è anche un’esperienza che va a incastrarsi con quelli che sono i requisiti di chi lo indossa. Significa che mentre prima era la moda a dettare le regole, oggi è l’inverso? Noi dobbiamo portare la creatività verso un ingaggio con i valori autentici di una persona. Una volta il gioco ora era solo push. Oggi è push and pull. Bene. Andiamo un po’ più sul personale. Come è arrivato da Missoni? Sono arrivato a Missoni proprio senza… sapere di arrivarci (sorride). Era il periodo della pandemia, avevo pensato di trascorrere un anno sabbatico dopo 20 anni di Armani, bellissimi e inFORBES.IT
tensi. Ero a casa per recuperare la mia vita. Avevo una famiglia che avevo trascurato per troppo tempo e a 54 anni arriva un momento in cui è necessario fare una sintesi. Così una mattina ho spiegato al signor Armani che la mia vita mi portava da un’altra parte e in quel momento non volevo più tornare a lavorare. Volevo fare qualcosa di sociale per regalare la mia conoscenza a chi ne aveva bisogno. E l’ha fatto davvero? Sì. Pensavo di stare a Modena, costruire una squadra di basket per i bambini, come poi ho fatto, e di applicarmi in ambito formativo-sociale. Ero sereno, avevo recuperato bene i rapporti familiari e personali. Durante la pandemia molti hanno sofferto a stare a casa, per me è stato straordinario perché a casa, prima, non ci stavo mai. Quindi ho ritrovato le mie cose e ho interagito con persone che amavo ma con cui non avevo prima condiviso tanto tempo. Poi un giorno… Le storie belle cominciano sempre così. Infatti un giorno, un bel giorno, mi chiama Maurizio Tamagnini, amministratore delegato del Fondo Strategico Italiano, e mi dice “Mi fai una cortesia? Noi abbiamo rilevato una quota del marchio Missoni (41,2%, ndr) e sono emerse in questa fase di pandemia delle difficoltà che vorremmo superare velocemente. Ci servirebbe un punto di vista diverso. Mi daresti un’occhiata all’azienda?”. Quindi tanti saluti all’anno sabbatico. Mi sembrava un’idea stimolante anche se non avevo immaginato come potesse andare a finire. Così ho studiato il dossier e mi sono innamorato del marchio Missoni dopo averlo studiato perché non lo conoscevo visto che non era competitor di Armani. Questo studio mi ha appassionato, e Tamagnini mi ha ‘incastrato’ con uno sgambetto facendomi parlare con Rosita Missoni e la sua famiglia. E che impressione le ha fatto? Quando l’ho conosciuta sono letteralmente scivolato dentro l’azienda. Ho sentito come delle vibrazioni da persone che vivono per i valori e non tanto per la materialità delle cose che riescono ad accumulare. L’attrazione è stata lì. Ma i problemi per cui l’avevano chiamato quali erano? Ho notato che il marchio si era un po’ cristallizAPRILE, 2022
Caliri, che ha dato un refresh al brand. Ora Alberto, che ha lavorato per 15 anni a fianco di Angela Missoni, guiderà Missoni Home su cui puntiamo molto: non a caso abbiamo acquisito la licenza, che si occupava di produzione e distribuzione del marchio, in quanto l’ufficio stile è sempre stato in capo a Rosita Missoni. Filippo Grazioli è invece il nuovo direttore creativo delle linee fashion donna e uomo e dell’immagine del lifestyle.
Così è diventato amministratore delegato di Missoni? È stato tutto molto veloce. Siamo partiti da alcune video conference di confronto e poi, dopo soltanto una settimana, sono diventato amministratore delegato con le deleghe. Evidentemente c’erano condizioni di ingresso facili perché era tutto trasparente e vero.
Queste mosse hanno già avuto riscontri sul fatturato? Innanzitutto, il piano che abbiamo preparato è quinquennale. L’azienda ha un patrimonio netto importante e abbiamo trovato il sistema finanziario molto propenso a sostenerci. È stato un percorso facile perché tutti hanno sempre visto i nostri numeri con un occhio intelligente. Abbiamo quindi dato il colpo di reni e siamo ripartiti. Quest’anno, coda della pandemia e guerra permettendo, abbiamo stimato di raggiungere 110 milioni di euro, con l’obiettivo di arrivare nel 2025 a 155 milioni di euro.
Le prime mosse quali sono state? Il 4 maggio 2020 quando sono diventato ad, sono andato subito alla sede principale di Sumirago in provincia di Varese a vedere il tutto. C’era da fare una riorganizzazione a 360 gradi partendo da una nuova strategia. Come? La vision l’hanno scritta Ottavio e Rosita. Ho preso la loro indicazione e l’ho rimessa al centro. La stella polare l’hanno disegnata nel 1953. E quella non si tocca. È là. Poi ovviamente, visto che siamo nel 2022, siamo andati verso la digitalizzazione e l’informatizzazione. Abbiamo inserito anche altre competenze e mestieri che prima non c’erano. Bisognava avere un’organizzazione di stampo manageriale in cui il ceo non può permettersi di imporre una strategia. La propone e la fa approvare dal cda e solo in caso affermativo poi può portarla avanti. Visto che ha parlato di stella polare quali sono oggi i punti cardinali di Missoni? I punti cardinali di Missoni sono: l’inclusività, che già faceva parte dei valori di Missoni; l’estetica, che deve abbellirti cosi come darti gioia e farti stare bene con capi colorati, divertenti ma raffinati. Poi c’è l’artigianalità, che deve essere la sintesi di un grande lavoro tecnico, il risultato di una miracolosa arte. Infine il lusso: abbiamo chiuso la seconda linea (20 milioni di fatturato) proprio per restare nella fascia alta del mercato. Chi è stato il creativo della transizione? L’ideatore creativo del transito è stato Alberto APRILE, 2022
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zato e si trattava solo di vedere come far ripartire una bellissima locomotiva che aveva magari rallentato ma con tanti vagoni interessanti. La cosa era intrigante per questo, come lo è stato conoscere la famiglia, molto in gamba, e poi vedere che gli azionisti, il Fondo Strategico Italiano e la famiglia, avevano un grandissimo feeling e un grande rispetto della consistenza del brand. Percepito questo ho detto “ci sono tutti gli ingredienti per far bene, nonostante la pandemia”.
Le politiche commerciali invece come sono impostate? Come dicevo abbiamo chiuso la seconda linea, riqualificato la prima e fatto una revisione della collezione. Quando hai un creativo che partorisce una collezione tutto ciò che c’è dietro e dentro deve arricchire la customer experience. Dobbiamo far sì che gli elementi di questa progettazione vadano dentro al negozio. Dobbiamo portare tutta questa forza creativa dentro a quel contenitore, fisico e digitale, e chi presenta il prodotto deve saperlo raccontare. Per questo è importante la formazione e la passione per lo stile.
LAVORO DI SQUADRA Ecco il team di manager messo a punto da Livio Proli: • Gabriele Lunati, chief sales & marketing officer (sales + comunicazione) • Paola Orlini, chief central service officer (risorse umane, legal, information technology, amministrazione-finanza-controllo, property & facility) • Roberto Sgrò, chief operations officer (progettazione, production, logistica) • Alberto Caliri, direzione creativa di Missoni home (sotto la supervisione di Rosita Missoni) • Davide Tognetti, direzione creativa Missoni sport in collaborazione con Alberto Caliri • Filippo Grazioli, direzione creativa linee Missoni fashion • Elisa Gargiulo, merchandising linee fashion • Luca Missoni, archivio aziendale • Giacomo Missoni, ceo filiale Usa-Canada • Paolo Santelli, ceo filiale Apac
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Andando verso il lusso, l’e-commerce, togliendo un po’ l’alone di esclusività, potrebbe essere un problema? L’e-commerce rende tutto democratico, però se sai sfruttare bene attraverso la tecnologia digitale, l’editing del tuo prodotto, può essere un vantaggio. La cosa che mi piace dell’e-commerce è che toglie ogni trucco: nel senso che puoi vedere il prodotto e lo puoi tranquillamente comparare con gli altri. È vero che ha rotto il paradigma lusso uguale per pochi, essendo internet aperto a tutti, ma ora si deve anche dimostrare il corretto price for value. La differenza tra un prodotto buono e un prodotto di lusso sta tutto nei dettagli e nella qualità tanto quanto nella desiderabilità.
THE PROFILE
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Riguardo il tema della sostenibilità, che nella moda è molto sentito, come vi siete attrezzati? Abbiamo creato il pay off ‘going green’. Stiamo procedendo per essere eco-friendly ma non lo siamo ancora. Il percorso è lungo. Sarebbe troppo comodo usare il tema della sostenibilità per vendere di più. Abbiamo capito subito che è un percorso culturale on going, che si può recuperare ma non si deve accelerare forzatamente. Pay off a parte, cosa state facendo sul piano industriale? Abbiamo definito il nostro percorso di recupero dell’efficienza e di rispetto dell’etica sul piano delle forniture industriali sia delle materie prime che delle lavorazioni dei prodotti finiti cosi come abbiamo iniziato una revisione sostenibile degli ambienti aziendali (sedi operative e store) e ci siamo dati un timing. Ci sta assistendo una società esterna per procedere in questo percorso che sarà di tre anni. Alla fine saremo valutati e certificati. Nel frattempo, abbiamo deciso di non vendere e raccontare questa cosa altrimenti sarebbe strumentale. Che tipo di strategia di comunicazione state portando avanti? Abbiamo studiato con delle agenzie un piano di comunicazione che nasce su un perno fondamentale: non comunicheremo più solo un prodotto ma il lifestyle. La nostra offerta va oltre la categoria merceologica. Si parla di Total living Missoni. Possiamo creare degli ambienti nostri e personalizzare dei lidi di mare, degli hotel, dei residence, gli store e qualsiasi spazio favorisca un luogo di vita stilosa e gioiosa. Questo è il lifestyle Missoni. La comunicazione quindi parte da questo e l’idea creativa dev’essere allineata tra FORBES.IT
valori e codici estetici (ziz zag, colore, fiammato). Un altro obiettivo è di essere italiani nel mondo e riportarci in quella dimensione di internazionalità ‘nice’, cioè piacevole. Dobbiamo essere city urban e non solo più country legati a Sumirago. Va bene mantenere le radici, ma andiamo verso un mondo in cui il lusso è nella grande città ed il cliente che spende cifre importanti lo fa a Milano, Londra, Hong Kong, Parigi. Dobbiamo quindi pensare a quel tipo di clientela che vuole vestire urban con i codici Missoni perché si riconosce nei valori di Ottavio e Rosita. Qual è il rapporto con i suoi collaboratori? Ho un buon rapporto con loro, diretto e franco. Sono demanding, severo ma non insensibile. E sapranno tutto da me anche nei tempi giusti. È importante che tutti conoscano tutto nei sincronismi corretti per migliorare le cose. Sono molto attento a proteggere i colleghi quando fanno errori. Ho dato deleghe a tutti e sanno che devono decidere. Meglio sbagliare che non fare nulla. Ma l’eventuale errore lo studiamo e non lo ripetiamo e capire l’errore è il miglior strumento di crescita. Faccio capire che la trasparenza e la verità possono essere scomode ma fanno vincere sempre mentre l’alibi e la bugia sono i nostri peggiori nemici. Continuo comunque a credere fermamente che l’unico avversario da evitare è l’egocentrismo. Un fondo di investimento quando entra dentro un’azienda poi vuole uscire. Come è prevista la way out per il Fondo Strategico? Intanto il Fondo Fsi ha allungato i tempi di permanenza a bordo a causa della pandemia. Nel loro mandato non sono cosi frenetici nella redditività della loro operazione e sanno darsi i tempi giusti. La way out è subordinata a quando tutti saranno soddisfatti dei risultati. Ultima domanda. Cambiamo completamente scenario. Lo chef Paolo Griffa ha creato il cannellone Missoni, avete intenzione di entrare nel food? È chiaro che il concetto di lifestyle ci fa tenere d’occhio anche il mondo food and beverage. Anche perché la pandemia ci ha fatto capire che la gente al mangiar bene non rinuncia mai. Però siamo anche molto rispettosi del fatto che nella cucina e nel mondo del vino ci vuole una grande conoscenza e una grande profondità. Quindi fare operazioni toccata e fuga ci spaventa. Siamo dei buoni partner nel creare l’ambiente e sicuramente estenderemo il concetto di total living nel food and beverage ma non entreremo in cucina. F APRILE, 2022
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Prima di approdare in Missoni, Proli ha maturato una lunga esperienza da Armani. APRILE, 2022
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di Alessandro Rossi
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LE LANCETTE DELL’INNOVAZIONE Orologi connessi al web. Digitale di ultima generazione e meccanica di alta precisione. Sotto la guida del giovanissimo ceo Frédéric Arnault è cominciata la rivoluzione in Tag Heuer. Che passa oltre che dall’e-commerce anche da Nft e metaverso. Le novità svelate al Watches&Wonders
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aleotto fu l’orologio. Il primo segnatempo che ha avuto al polso, quando era poco più che bambino, è stato un Aquaracer di Tag Heuer. Ora, Frédéric Arnault, con i suoi 27 anni, è più giovane ceo al mondo di un marchio di orologi di lusso: ovviamente di Tag Heuer. Diciamola tutta: è anche figlio d’arte del grande Bernard Arnault, proprietario del gruppo Lvmh, però il coraggio, e le qualità, non gli mancano. Se non altro si è già messo sulla stessa lunghezza d’onda dei suoi predecessori.
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Il padre della Maison Heuer, Edouard Heuer, aveva solo 20 anni quando fondò l’azienda. Anche il suo bis-nipote Jack Heuer era poco più che ventenne quando divenne ceo. “Mi piace pensare che condividiamo una stessa visione imprenditoriale per cui è essenziale – più dell’età – la proiezione del brand verso il futuro”, dice Frédéric. Come sei finito nel mondo degli orologi? Sono sempre stato appassionato di orologi e interessato al settore. In Tag Heuer ho visto un enorme potenziale e abbiamo già messo in moto una serie di progetti ambiziosi. Quali progetti? Il Connected Watch solo per citarne uno, alimentato dalla nostra expertise tecnologica sviluppata in-house, ma anche in generale la trasformazione digitale dell’azienda, la nuova esperienza nell’e-commerce, una brand platform riposizionata verso un nuovo target, nuove partnership e nuovi avvincenti movimenti meccanici. Hai fatto un periodo di apprendistato prima di diventare ceo? Prima di essere nominato ceo ho lavorato per tre anni in Tag Heuer assumendo diversi ruoli. Mi ha aiutato molto a comprendere l’ambiente e la cultura della maison, basata essenzialmente sull’innovazione. Quali sono i cambi di rotta più significativi che hai realizzato per l’azienda dalla nomina di ceo? Con il mio arrivo, abbiamo sviluppato una solida brand platform con l’obiettivo di mantenere alto il focus sulla desiderabilità sul lungo termine. Abbiamo inoltre iniziato progetti relativi all’e-commerce, alla rete retail, crm e comunicazione digitale: tutto questo accompagnato da APRILE, 2022
Dopo la collaborazione con Porsche potrebbero nascere delle co-lab con brand di moda di Lvmh? La partnership con Porsche è la più grande mai fatta tra un brand orologiero e un brand motoristico: abbiamo lanciato il secondo capitolo della nostra collaborazione a Watches&Wonders con il Carrera x Porsche Limited Edition. Abbiamo inoltre sviluppato una collaborazione di successo con Nintendo con una creazione congiunta nel 2021: un Connected Watch X Super Mario in edizione limitata che è andata sold-out in pochi minuti. In merito a collaborazioni con il Gruppo Lvmh, ci sono talmente tanti brand di lusso interessanti da cui trarre ispirazione.
una solida e rifocalizzata pianificazione di prodotto che definirà maggiormente e potenzierà le nostre collezioni più rappresentative. Per gli orologi il 2022 è iniziato abbastanza bene. Che anno prevedi per Tag Heuer? Sentiamo questa influenza positiva sui nostri orologi, abbiamo avuto un’ottima performance nel 2021 che puntiamo ad aumentare nel 2022 e oltre. Le vendite nel 2021 hanno superato quelle del 2019. La performance è stata particolarmente buona negli Usa ma anche l’Europa e APRILE, 2022
Frédéric Arnault, 27 anni, figlio del miliardario Bernard Arnault, è il più giovane ceo al mondo di un marchio di orologi di lusso.
Nft e metaverso: ci sarà una svolta anche per l’orologeria? Come nativo digitale e appassionato di tecnologia, sono personalmente molto affascinato e curioso di nuovi trend digitali come il metaverso e gli Nft. Con il connected watch stiamo crescendo come tech company e possiamo contare sui migliori team per ideare e sviluppare storie. Penso che ci aspettino grandi cose in futuro in entrambi questi settori. Quali saranno i vostri prossimi investimenti in design e tecnologia? Al Tag Heuer Institute concentriamo la ricerca sui materiali e sulla costruzione di nuovi look and feel per i nostri clienti. Ci concentriamo su casse, lunette, quadranti, ma investiamo tanto anFORBES.IT
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Di solito chi compra un bene di lusso vuole toccarlo, vederlo da vicino… Non ci sono più barriere per l’acquisto di beni di lusso online se riusciamo ad offrire al cliente un’esperienza di acquisto il più simile possibile a quella diretta. Come brand del lusso, crediamo fortemente di offrire la migliore esperienza di acquisto online possibile. Stiamo portando innovazione in tutti i nostri servizi, per esempio nella tecnica di presentazione prodotto in 3D.
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alcuni Paesi dell’Asia hanno mostrato una buona crescita. Siamo stati in grado di trovare un nuovo modo di comunicare con i nostri clienti e appassionati e di implementare nuove forme di lavoro che ci hanno reso più forti. Il nostro e-commerce è raddoppiato dal 2020 al 2021, con una crescita del 700% rispetto al 2019.
gi meccanici rappresentano ancora la maggior parte del nostro business, ma abbiamo grandi ambizioni per il segmento orologi connessi. La forza di questa categoria è che porta nuovi clienti al brand e al segmento orologi meccanici. Una volta arrivati nel nostro mondo si possono interessare anche agli orologi meccanici.
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Dopo l’uscita da Baselworld dallo scorso anno Tag Heuer è entrato alla fiera orologiera di Wa t c h e s &Wo n d e r s dal 30 marzo al 5 aprile a Ginevra. Quali sono le maggiori innovazioni presentate quest’anno? Per cominciare, il Solargraph, il primo movimento orologiero a energia solare del brand che debutterà all’interno di una nuova creazione orologiera. Questo movimento incontra perfettamente la filosofia outdoor della serie Aquaracer. Grazie a questa innovazione chi indossa questo orologio non avrà più bisogno di cambiare la batteria dell’orologio: è alimentata dal sole. Abbiamo presentato inoltre il nuovo Tag Heuer Aquaracer Professional 1000 Superdiver. Il nuovo movimento di questo orologio rappresenta un nuovo standard per il brand in termini di affidabilità e performance con una riserva di carica di circa 70 ore. È il primo orologio del brand ad usare il calibro Th 3000, sviluppato in esclusiva da Tag Heuer da Kenissi Manufacture, una delle più importanti manifatture. A testimonianza della loro affidabilità, questi due orologi hanno una garanzia di cinque anni. E poi la nostra nuova creazione congiunta con Porsche e un modello da collezione: Tag Heuer Monaco Gulf Limited Edition. F
“Non ci sono più barriere per l’acquisto di beni di lusso online. Stiamo portando innovazione in tutti i nostri servizi, per esempio nella tecnica di presentazione prodotto in 3D” che in design di movimenti e innovazione. La spirale in carbonio Isograph che alimenta il nostro Tag Heuer Carrera H02T Nanograph per esempio è una meraviglia. Di recente abbiamo sviluppato un nuovo movimento rivoluzionario per l’asta The Only Watch: il movimento del Tag Heuer Only Watch Carbon Monaco è il primo e unico calibro Heuer 02 che monta la nostra spirale in carbonio sviluppata in house. Lavoriamo su un’innovazione affidabile e silenziosa di cui il cliente non sempre si accorge, ma con un grande impatto. Ma lavoriamo anche su un’innovazione più visibile. Avete di recente introdotto la quarta generazione di orologi connessi. Come coesistono orologeria digitale e meccanica? Sono complementari. Per il momento gli oroloFORBES.IT
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RICARICA DI STILE Nuovo luogo e identità, ma stessi valori di artigianalità sartoriale. Alla guida del rilancio di Balestra c’è oggi la terza generazione con le figlie del fondatore, Fabiana e Federica, e la nipote Sofia Bertolli. “La nostra prima collezione si chiama Reload”
gusti che, a volte, vogliono solo una piccola metamorfosi per tornare protagonisti dei riflettori. A febbraio, la storica casa di moda aveva annunciato di voler inaugurare una fase completamente nuova, con una guida tutta al femminile nel segno della libertà, dell’innovazione e dell’inclusione. E così è stato: in occasione della settimana della moda milanese dedicata all’autunno-inverno 2022, la maison ha debuttato con la sua prima collezione prêt-à-porter, frutto della visione manageriale della nuova generazione Balestra. Da qualche mese, infatti, le figlie del fondatore, Fabiana e Federica, sono affiancate dalla nipote Sofia Bertolli Balestra, responsabile delle attività di ricerca, design e brand identity. Per cambiare del tutto veste, l’azienda ha modificato anche il suo logo con la versione che Renato Balestra aveva disegnato a mano nel 1971 che è stata rivisitata pur mantenendo una linea di continuità con il passato. Non ci sono scontri tra di loro perché, in realtà, la linea di comando è molto chiara. “Ci confrontiamo su tutto, ma poi ognuna ha un ruolo ben delineato”, spiega Sofia Balestra. “Per fortuna questo assetto aziendale relativamente nuovo ci ha unite, rendendo la transizione più semplice di quanto potessi mai immaginare. Ci sentiamo più volte al giorno, e credo che questo atteggiamento si rifletta sul lavo-
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aestro del blu, pittore della moda. Con queste due definizioni, negli anni ‘60 Renato Balestra aveva portato la sua passione per l’arte nella couture italiana, cambiandone il volto per sempre. Sua la famosa tecnica della “pittura ricamo”, che lo ha visto per tanti anni sperimentare con i materiali più disparati, dipingendo su ogni tipo di tessuto. E suo anche il merito, in un momento di cambiamenti sociali come quelli che hanno infiammato i ‘60 e ’70, di portare in passerella un nuovo concetto di femminilità, forte e meno remissiva. Ancora oggi, se si parla del blu, il nome Balestra viene accostato quasi automaticamente e ai più appassionati non sfuggirà il ricordo dell’abito a palloncino, tinto di un blu accesissimo, che a Roma fece innamorare buyer e stampa. Ma la moda, si sa, cambia. E cambiano anche i
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ro in modo positivo. Sto scavando nell’archivio per rivedere in chiave contemporanea il lavoro prodotto da Renato in un periodo che Fabiana e Federica conoscono bene e questo mi aiuta”. Per dare impulso alla nuova immagine del marchio, il nome scelto per la prima collezione di prêt-à-porter è stato Reload, ovvero ricarica: “Si riferisce, in particolare, all’idea di caricare una pistola ma con l’intento di mirare agli obiettivi. È una simbologia forte, dirompente, sulla quale ho concentrato tutta l’idea di rilancio. Siamo alla terza generazione e ogni abito disegnato, in oltre sessant’anni di storia, è un mondo di ispirazione e conoscenza da cui attingere. Renato ha sempre pensato solo all’alta sartoria, mentre questa APRILE, 2022
Da sinistra Fabiana Balestra, Sofia Bertolli Balestra e Federica Balestra. Sono loro la terza generazione che guiderà il nuovo corso creativo della maison. A sinistra una foto d’archivio con Renato Balestra al lavoro nel suo atelier.
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“Roma è ispirazione e casa, il mondo è il nostro mercato. Siamo molto amati in Medio Oriente e Asia. E vogliamo riportare il brand in America”
è la prima collezione di prêt-à-porter: un cambio importante che ci permette di aprirci a nuovi mercati”. Nella collezione tutto è nuovo, spiega Sofia, eppure ogni capo rivendica una storia più antica. Persino la felpa con stampe dell’architetto Giovanni Battista Piranesi, con cui Renato Balestra ha sempre condiviso il suo amore per Roma, sembra venir fuori da una collezione del passato, senza confini delineati. “Abbiamo attinto al nostro archivio concentrandoci sul periodo tra la fine degli anni ’70 e gli inizi degli ’80: spalline, paillettes, vestiti luccicanti per una donna che vuole vivere la notte”. Fil rouge di tutti i capi, realizzati da un team creativo di talenti emergenti, sempre l’artigianalità dell’alta moda, che dal 1959 ha definito l’estetica del brand. Certo, mantenere una tradizione così storica senza snaturarla e, al tempo stesso, riuscire a innovare rimane una grande sfida. “Abbiamo scelto di mantenere una qualità senza compromessi. La qualità ha un costo molto elevato, ma venendo dall’alta sartorialità non sappiamo fare altrimenti. Il nostro archivio di oltre 40mila disegni e bozzetti ci ha permesso di individuare i più interessanti, rivedendoli con gli occhi proiettati al futuro, attraverso nuovi materiali e tecniche avanzate. Ci sono molti riferimenti all’estetica di Renato come le foglie di alloro ricamate a mano, ma abbiamo cercato di applicarle su t-shirt o vestiti dal taglio completamente nuovo”. E se negli anni il successo di Balestra in Europa, Stati Uniti, Asia e Medio Oriente ha sempre portato Roma nel mondo, e invitato il mondo a Roma, i prossimi obiettivi strategici della maison continuano a puntare sull’espansione internazionale. “Roma è ispirazione e casa, il mondo è il nostro mercato. Siamo molto amati in Middle East e Asia, mercati esigenti che sanno capire la qualità. Vogliamo posizionarci nei migliori department store e aprirci a nuovi mercati. Uno step sarà riportare Balestra in America dove eravamo molto apprezzati in passato. Infine, grazie a un team creativo giovane vogliamo sviluppare le nostre due anime: alta moda e prêt-à-porter”. Anche la sostenibilità sarà un obiettivo primario: “Crescita sostenibile non significa solo attenzione nell’origine dei materiali, ma rallentamento della produzione contro la frenesia che ha coinvolto il sistema moda negli ultimi anni. Vogliamo fare collezioni che non ‘vadano in scadenza’ dopo sei mesi. Avere rispetto per il lavoro e le persone. Crescita sostenibile vuol dire guardare oltre e pianificare in un processo di miglioramento continuo”. F
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Il digital che non fa paura Combattere i rischi legati all’avanzata delle nuove tecnologie è oggi la sfida più importante per tutte le imprese. Boole Server, azienda italiana di sicurezza informatica nata a Milano nel 2011, fornisce soluzioni di protezione dati a grandi aziende e istituzioni
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Marco Iannucci
A Z I O N E
Grazie a Boolebox, la sua suite innovativa di applicazioni per la protezione dei dati aziendali, la società preserva l’integrità e la confidenzialità delle informazioni da qualsiasi accesso non autorizzato, interno o esterno all’azienda, grazie a una crittografia di livello militare. E lo fa seguendo tutto il ciclo di vita del dato: quando viene generato, quando è archiviato, quando è in uso e mentre viene modificato. Questo permette di dare accesso ai propri file anche a persone che si trovano all’esterno dell’azienda senza rischiare che i documenti o parti di essi possano essere fugati oppure copiati. “Nonostante le numerose e avanzate funzionalità di sicurezza, come la cifratura di livello militare, la tracciabilità, il blocco della cattura dello schermo e la condivisione protetta dei file, per noi è sempre stato prioritario che Boolebox fosse una soluzione alla portata di tutte le aziende e quindi estremamente semplice da installare e pronta all’uso in pochissimo tempo”, dice Marco Iannucci, Ceo di Boolebox.
I N
comporta un aumento di vulnerabilità, e alla necessità di proteggere i dati anche all’esterno del perimetro aziendale. Non è un caso, infatti, se aziende che non tengono conto di questi fattori durante il loro processo di digitalizzazione rischiano conseguenze molto gravi dal punto di vista finanziario, della continuità operativa e reputazionale. In questa direzione, la protezione dei dati può fornire a tutte le aziende la risposta comune per combattere questi rischi. Anche perché risulta la soluzione migliore sia per adeguarsi a regolamenti come il Gdpr, sia per garantire la protezione dai cyber attacchi. Ecco perché diventa di fondamentale importanza l’utilizzo di prodotti tecnologici adeguati che forniscano elevati standard di sicurezza. Ed è qui che entra in gioco Boole Server, l’azienda italiana di sicurezza informatica nata a Milano nel 2011 che fornisce le proprie soluzioni di protezione dati a molte grandi aziende ed istituzioni, dalla Commissione europea alle grandi griffe del fashion e alle grandi banche.
L E A D E R
tante aziende la digitalizzazione fa ancora paura, e a ragione. Questo passaggio fondamentale per le imprese di oggi deve essere accompagnato da una serie di considerazioni importanti. Non a caso lo scenario che si apre di fronte alla prospettiva della digitalizzazione presenta rischi, più o meno gravi, e sfide da affrontare. Come il cybercrime, a cui la digitalizzazione espone i documenti aziendali riservati, e gli errori che spesso sono commessi involontariamente da dipendenti, consulenti o fornitori. Basti pensare che l’80% degli incidenti informatici è dovuto a errori umani. Ma la perdita di dati aziendali non dipende solo da errori involontari. E l’aumento sensibile dei furti di dati commessi intenzionalmente da ex colleghi o amministratori di sistema ne è un esempio lampante. Oltre ai rischi nel processo di digitalizzazione, ci sono anche importanti sfide che ogni azienda, in questo particolare momento storico, deve affrontare. Una di queste è la conformità alle normative che stanno diventando sempre più numerose e complicate. Per esempio, garantire una corretta gestione e conservazione dei dati è diventato un aspetto cruciale nel corso degli anni, soprattutto in alcuni settori come quello sanitario e quello finanziario. Anche in virtù del fatto che, ormai, il progetto di digitalizzazione deve rispondere alle sfide innescate delle nuove tendenze tecnologiche. Dall’uso di numerose piattaforme per la gestione dei dati aziendali, fino ad arrivare al sempre maggiore utilizzo della tecnologia che
The Investigation
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L’altra sicurezza
Lo smart working di massa ha favorito un’esplosione dei crimini informatici contro le imprese: i due terzi degli attacchi sono contro i dipendenti che lavorano da remoto. Tra le cause del fenomeno c’è la migrazione dei servizi dai data center fisici al cloud. Il perimetro aziendale è diventato una zona ibrida in cui convivono sistemi interni ed esterni, a cui si può accedere ovunque. Secondo gli esperti, però, il problema principale non è la tecnologia: è l’errore umano
di Tommaso Carboni
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antissimi datori di lavoro sperano che questa sia finalmente la volta buona: si torna in ufficio. Le restrizioni anti-Covid, dopo un discreto numero di passi falsi, sono state allentate un po’ ovunque. Le persone affollano di nuovo ristoranti, bar, metropolitane, negozi. E alla fine si è chiesto loro di tornare anche nei luoghi della professione, condividendo le stanze coi colleghi. I giganti della finanza hanno insistito per primi e con più decisione: vogliono i
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dipendenti a tempo pieno in ufficio Wells Fargo, Jp Morgan, Goldman Sachs, Morgan Stanley. Altre banche si assestano su forme più ibride, come Citigroup, Hsbc, Standard Chartered. Si sta a casa soltanto qualche giorno. Viaggia ibrido anche Apple: da maggio, chiederà tre giorni a settimana di
lavoro in presenza. E questo sembra abbastanza naturale. Gli uffici, spiega un manager italiano di Cushman & Wakefield, colosso planetario della consulenza immobiliare, mantengono il loro ruolo “di scambio, di condivisione di idee, per incontrarsi e fare rete, fondamentale per l’innovazione”. Tuttavia
Milioni di persone, durante i lockdown, hanno condiviso pc, cellulari e tablet tra la scuola dei figli, il lavoro, i social e le ricerche su internet. Tutto ciò ha esposto dati sensibili alle intrusioni esterne
- questi due anni di coronavirus lo hanno dimostrato - le persone possono lavorare da qualsiasi luogo, e farlo bene. Alcune società, quindi, continuano sulla strada dell’approccio virtuale, come Robinhood, Spotify, Shopify, e altre addirittura lo intensificheranno, come Dropbox. La maggior parte si augura di trovare un buon punto d’equilibrio, azzeccando la giusta dose di cameratismo tra colleghi e comodità del lavoro a distanza. APRILE, 2022
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La cosa certa è che molti dei problemi sperimentati durante la pandemia resteranno. Si è visto che il digitale offre enormi vantaggi, ma porta con sé anche notevoli rischi. La piaga del cybercrime, per esempio, è cresciuta a dismisura. Anche perché il lavoro da remoto ha offerto ai criminali molte più opportunità di infiltrarsi. Gli esperti dicono che il perimetro di sicurezza informatica delle società oggi è “liquefatto”. Dal giorno alla notte milioni di persone APRILE, 2022
hanno trasformato le proprie case in uffici, collegandosi a network aziendali attraverso reti domestiche. Pc, cellulari, tablet (a volte forniti dalle aziende, a volte personali) sono stati condivisi tra la scuola dei figli, il lavoro, i social e le ricerche su internet. Tutto ciò ha esposto dati sensibili a potenziali intrusioni esterne. Un caso da manuale è stato l’attacco della scorsa estate alla Regione Lazio. Sembra che gli hacker abbiano bucato il computer di un dipendente in lavoro
remoto da Frosinone, che per sbadataggine ha aperto un file contaminato. Da lì in poi, una volta entrati nella rete, gli hacker hanno iniettato il ransomware come fosse un normale software. Ci sono almeno tre motivi per cui il lavoro da casa ha aperto falle enormi nei sistemi di controllo, spiega Gastone Nencini, country manager per l’Italia di Trend Micro, multinazionale giapponese che sviluppa software di sicurezza informatica. La prima
JP Morgan è stata una delle prime grandi società a chiedere ai dipendenti di tornare in ufficio a tempo pieno.
crepa, secondo Nencini, si apre direttamente con il router su cui ci connettiamo. Quando siamo a casa o in un luogo pubblico, il router che fornisce il wi-fi non è gestito dall’azienda, ma dal provider da cui si acquista il contratto internet, che non sempre si preoccupa di aggiornare le ultime patch di sicurezza. “Ci sono app che permettono FORBES.IT
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di ricavare la password inserita di default dal provider. Una delle prime cosa da fare, quindi, è cambiarla e metterne una scelta da noi, quanto meno nella parte del wi-fi”. Il rischio, altrimenti, è che qualche malintenzionato si connetta e usi la nostra rete per inviare file maligni, oppure per leggere dati sensibili in circolo sul nostro network. E in questo caso si potrebbe trattare di informazioni legate alla società per cui lavoriamo. “Informazioni dirette verso i server dell’azienda o verso il cloud, che possono essere trafugate se non si attivano funzionalità di virtual private network o di crittografia del traffico”, spiega Nencini. Come soluzione, le società hanno cominciato a fornire ai dipendenti in remoto dei router portatili configurati ad hoc. Qui però è sorto un secondo problema: i router erano spesso più veloci di quelli domestici e quindi finivano per collegarsi alla rete più persone e apparecchi, come i figli e il pc di casa. Dispositivi non controllati dall’azienda, a volte non aggiornati, con sistemi operativi vecchi, antivirus scaduti o, peggio ancora, free. “Anche in questo caso si è aperto un buco nella sicurezza”. Poi, secondo Nencini, i due anni di pandemia ci hanno insegnato un’altra cosa determinante: tenere certi servizi all’interno del data center fisico FORBES.IT
L’Italia è il quarto paese più colpito da malware al mondo, dopo Stati Uniti, Giappone e India. Ed è il quarto in Europa per attacchi di ransomware, l’equivalente informatico del rapimento di un’azienda non era più necessario. Era più comodo spostarli nel cloud. Questo, però, ha cambiato in modo radicale il perimetro aziendale da proteggere. Che non era più una specie di recinto
dentro il quale stanno i dati, ma una zona ibrida, una convivenza di sistemi interni ed esterni, a cui si accede “da qualsiasi luogo”. Ed è così che sono emerse nuove sfide per la sicurezza. Secondo uno
studio recente di Tenable, società americana di cyber security, l’80% dei manager crede che il lavoro a distanza abbia creato più rischi. E tra i motivi della maggior vulnerabilità ci sono lo scarso controllo sulle reti domestiche dei dipendenti in remoto (contro cui è rivolto il 67% degli attacchi informatici) e la migrazione al cloud. Il cloud, però, porta con APRILE, 2022
sé innegabili vantaggi. E non è necessariamente meno sicuro, se vengono prese le contromisure giuste. Il consenso tra gli analisti è che bisogna controllare che i provider garantiscano l’efficienza dell’infrastruttura, APRILE, 2022
cioè l’operatività della macchina, la continuità del sistema, l’aggiornamento dell’hardware con le pratiche migliori. Con il cloud, tutti questi servizi sono a carico del provider, mentre l’azienda deve preoccuparsi solo di proteggere il dato. “La location non è determinante, lo è quello che fai per mettere in sicurezza i tuoi dati,
siano essi dentro un data center o all’interno di un cloud”, continua Nencini. Il perimetro dell’azienda, così, non viene più identificato tramite il firewall, all’interno del quale stanno i dati, ma tramite l’identità di chi accede e da come accede ai dati. Oggi lo stato dell’arte della protezione, per chi adotta forme ibride di lavoro, è il concetto
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Un partecipante del Chaos Communication Congress, la conferenza organizzata dal Chaos Computer Club, il più grande network europeo di hacker.
di ‘zero trust’. L’idea è che niente e nessuno possano essere considerati completamente sicuri e affidabili. È un paradigma che richiede autenticazioni più frequenti per controllare in modo minuzioso chi accede al nostro perimetro informatico. Riguarda sia le persone che le macchine. Gli utenti devono al tempo stesso essere autorizzati (con la classica verifica dell’identità a due fattori) ed entrare usando device che il sistema riconosce come sicuri. Se il manager esegue il log in con il computer personale e la sua macchina non ha i requisiti giusti, la piattaforma di zero trust nega l’accesso: il device sarà accettato solo dopo aver fatto gli aggiornamenti specifici richiesti dall’infrastruttura. Un livello ulteriore di difesa, spiega Nencini, è l’analisi del traffico di rete, cioè la verifica del contenuto del flusso di informazioni per capire se c’è qualcosa di anomalo. Quindi una protezione più forte della semplice rete criptata, che impedisce a soggetti esterni di vedere i dati, ma non controlla se nel flusso ci sono codici malevoli. Immaginiamo però che un virus riesca comunque a intrufolarsi. Con lo zero trust ci sono buone possibilità di isolarlo. Per esempio, se un utente clicca su un link sospetto o scarica un allegato pericoloso, il virus rimane
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bloccato in un’apposita sezione dell’infrastruttura informatica, quindi separato dal sistema operativo centrale. Fin qui abbiamo fatto una carrellata delle più importanti migliorie tecnologiche, necessarie in una fase di così grande cambiamento. Ma il progresso della tecnica non può risolvere tutto. D’altronde gli attacchi degli hacker continuano a crescere, e questo malgrado le aziende spendano sempre di più in cybersicurezza. Cosa manca quindi? Tutti gli esperti affermano che per una vera trasformazione del lavoro in forme più fluide e ibride serve un altrettanto grande cambiamento culturale. È l’errore umano, infatti, il primo punto debole sfruttato dai criminali informatici. “La priorità è dunque la formazione”, spiega Michele Armenise, managing director di Axians Italia, il brand di information technology del gruppo Vinci Energies, società con 83mila dipendenti in tutto il mondo dedicata all’energia e al digitale. “Spesso ci concentriamo sulle tecnologie, mentre la parte più critica sono le persone. Bisogna lavorare con una logica di formazione e aggiornamenti costanti”. Anche perché i cyber criminali si sono evoluti. Le prime email di phishing erano davvero rudimentali, racconta Armenise, “il testo era FORBES.IT
I dipendenti della centrale nucleare di Gyeongju, in Corea del Sud, durante un’esercitazione sulla sicurezza informatica. Gli hacker avevano colpito l’impianto e avevano pubblicato i dati su un blog e su Twitter.
scritto male, l’indirizzo email era strano, un minimo di attenzione e si capiva che era una truffa”. Il phishing consiste in un messaggio ingannevole, che arriva spesso tramite mail e spinge la vittima a cedere dati personali, finanziari, informazioni riservate, oppure a inviare direttamente
soldi all’impostore. Nella maggior parte dei casi, spiega Armenise, è proprio attraverso il phishing che si attaccano le aziende. Le tecniche oggi sono raffinate. Il contenuto delle email è scritto bene, gli indirizzi sono molto simili a quelli veri. Certe volte anche il contesto è quello giusto. Nel senso che l’attacco è mirato, la vittima è stata osservata. Può succedere, ad esempio, che durante una fusione societaria il direttore finanziario riceva una mail dal
suo amministratore delegato che gli chiede di fare un bonifico alla società con cui si sta entrando in partnership. Distrazione, inesperienza, dabbenaggine, anche solo sfortuna: capita di cliccare sul link sbagliato. E da quel momento comincia una serie di attività maligne. Il cyber criminale cerca di capire come funziona il network di sicurezza aziendale. “Quando è pronto, ha scaricato tutti i dati e ha preso possesso dell’infrastruttura, allora APRILE, 2022
detona un ransomware o un’altra forma di malware”, continua Armenise. Il trend del crimine informatico è esplosivo. E l’Italia, con la sua struttura di piccole e medie imprese, è tra la nazioni più bersagliate, almeno secondo dati recenti di Trend Micro. APRILE, 2022
Nel 2021 siamo stati il quarto paese più colpito da malware nel mondo (al primo posto, in questo scomodo podio, Stati Uniti, poi Giappone e India). L’Italia è stata anche la quarta nazione in Europa per attacchi ransomware, preceduta da Germania, Francia e Regno Unito. Questo
tipo di aggressione – il ransomware - è salito molto alla ribalta negli ultimi anni. Si tratta di un rapimento informatico, cioè un virus che crittografa (ovvero rende inaccessibili) i file dei computer infettati e chiede un riscatto per ripristinarli. Il dark web pullula di dati di società bucate che non hanno voluto o potuto pagare. Secondo alcune stime di settore, le malefatte degli hacker potrebbero arrecare un danno pari a 10mila miliardi di dollari entro il 2025.
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Una truffa che preoccupa gli esperti è il deep fake generato dall’intelligenza artificiale. Viene realizzato con software di machine learning che fabbricano cloni vocali molto credibili. Gli hacker, se occorre, possono aggiungere anche un video
Detto questo, ritornando al vecchio trucco del phishing, bisogna riconoscere che, almeno in teoria, colpisce indiscriminatamente. Qual è la differenza? Un’email maligna ci inganna allo stesso modo, in ufficio come in salotto. La verità, però, è che chi opera fuori dal perimetro di sicurezza societario è quasi sempre esposto a rischi maggiori. “Dentro l’azienda è più facile essere controllati, se hai un dubbio puoi parlare con un collega, un superiore, una persone più esperta che ti può mettere in guardia”, spiega ancora Armenise. “Quando sei fuori dal perimetro, invece, a casa o in un luogo pubblico, e magari usi dispositivi ibridi, puoi fare operazioni che aumentano il rischio”. Un’altra truffa che agita parecchio gli esperti è il deep fake generato dall’intelligenza artificiale. Si fa con software di machine learning che fabbricano cloni vocali terribilmente credibili. Gli hacker, se occorre, possono aggiungere anche un video. Anch’esso prodotto con l’intelligenza artificiale, anch’esso pericolosamente credibile. Immaginatevi la faccia e la voce del vostro capo che vi danno un ordine perentorio. Difficile dire di no. Il lavoro remoto rendo le cose notevolmente più minacciose. Le videoconferenze abbondano. Dietro l’angolo potrebbe esserci un’imboscata. F
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IL CORAGGIO DI OSARE
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La smart mobility diventa un gioco
Paolo Ferri, ingegnere meccanico, è il fondatore di Wecity, startup che offre la possibilità ad aziende e amministrazioni pubbliche di premiare cittadini, dipendenti e clienti che si muovono riducendo l’impatto sull’ambiente. Ha conquistato grandi marchi come Ferrari, Coop, Conad e Bper. E ora è alla ricerca di nuovi capitali per allargare il progetto e il team APRILE, 2022
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Chi va al lavoro in bici può ‘vincere’ fino a 50 euro al mese. I clienti di un supermercato ottengono buoni sconto se si muovono con i mezzi pubblici o a piedi. I ragazzi di un liceo invece partecipano gratuitamente alla gita scolastica. E i cittadini di un comune ottengono monete virtuali da spendere al bar se contribuiscono a ridurre la produzione di Co2. È il grande gioco della mobilità sostenibilità pensato e sviluppato da Wecity per incentivare i comportamenti ecologicamente corretti in città. Paolo Ferri ha dovuto attendere quasi dieci anni per vedere apprezzata la sua idea. Ha avuto pazienza, ha tenuto duro e dopo la pandemia ha visto crescere l’interesse e le richieste per Wecity, la startup da maratona partita da Modena e adesso in pieno mainstream, come direbbe un critico di musica jazz: la transizione energetica è un obiet-
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Per i Comuni Wecity ha sviluppato il Co2 Coin che equivale a un centesimo: chi pedala ottiene queste monete virtuali che si possono spendere nei negozi del territorio.
tivo europeo, reso ancora più necessario dalla crisi causata dal conflitto fra Russia e Ucraina, e la promozione di scelte di mobilità con un minore impatto per il clima e l’ambiente è diventata un obbligo di legge per aziende e amministrazioni pubbliche. Ingegnere meccanico, Ferri progetta impianti di produzione per l’energia rinnovabile da un paio di decenni. Conosce bene, quindi, la materia. All’inizio del nuovo secolo con tre amici comincia a pensare a Wecity: Paolo Levoni è ingegnere come lui, Gianluca Gaiba viene dal mondo digitale (è stato uno dei primi dipendenti in Italia di Simulmondo, software house specializzata in videogiochi), Manuel Maggio si occupa di comunicazione e marketing. “Eravamo ancora nella preistoria della mobilità sostenibile. Non c’era neanche l’app di blablacar e pensavamo a qualcosa per ridurre il numero di auto in circolazione e spostare più persone a parità di emissioni”, ricorda Ferri. “Poi è arrivata blablacar ma quel modello non era economicamente sostenibile senza importanti risorse finanziarie. Noi, però, non abbiamo gettato la spugna, anche perché il nostro territorio si presta a spostamenti misti bici, monopattino, mezzi pubblici. Del resto il 60% degli spostamenti in Italia sono sotto i 5 chilometri e in area urbana”. Detto in altri termini, l’auto nella maggior parte dei casi è una scelta dettata dall’abitudine più che dalla necessità. Wecity nasce per lavorare sulle nostre scelte di mobilità, dando la possibilità ad aziende e amministrazione pubbliche di premiare cittadini, dipendenti e clienti che si muovono riducendo l’impatto sull’ambiente. È la soluzione economicamente sostenibile dell’idea originale (dopo l’intervento di qualche investitore, nel 2021 la startup ha raccolto 200mila euro con una campagna di equity crowdfunding). “Ma facevamo molta fatica a proporre questo meccanismo premiante, non c’era attenzione e interesse”, racconta Ferri. “Poi nel 2020, nel giro di pochi mesi, è cambiato tutto e abbiamo cominciato a vendere il nostro servizio con più facilità. Prima sono arrivati i Comuni e adesso ne abbiamo una cinquantina, poi le aziende”. E tra queste ci sono nomi come Ferrari, Coop, Conad e Bper. Per la casa del cavallino rampante, e altre 11 aziende del territorio, Wecity ha gestito il progetto Bike To Work, promosso dal Comune di Maranello: i dipendenti che vanno al lavoro pedalando ricevono 20 centesimi per ogni chilometro percorso e registrato dall’app, fino a 50 euro al mese. Conad, invece, ha coinvolto i clienti della provincia di Modena e Reggio Emilia che ottenevano un buono APRILE, 2022
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“Quando abbiamo ideato Wecity, dieci anni fa, eravamo ancora nella preistoria della mobilità sostenibile. Non c’erano attenzione e interesse. Poi nel 2020 è cambiato tutto e abbiamo cominciato a vendere il nostro servizio con più facilità”
La mappa digitale di Milano della sicurezza stradale percepita. Wecity vuole realizzare un navigatore per percorsi sicuri sulla base delle indicazioni degli utenti.
impronta sull’ambiente nel medio e lungo termine. È questa la sfida di Wecity che ora, infatti, punta a ‘esportare’ la sua app dalle comunità (i dipendenti di un’azienda, i cittadini di un comune o gli studenti di una scuola) agli individui. “Il prossimo passo è passare dal business b2b al b2c”, conferma Ferri. “Il nostro obiettivo è fare un’app che possa essere utilizzata da chiunque senza passare dal progetto di un’azienda o di un’amministrazione pubblica. Stiamo pensando di realizzare un navigatore per percorsi sicuri sulla base delle indicazioni degli utenti. E dobbiamo lavorare per sviluppare i giochi e i premi per i privati: entro fine anno avremo una grossa novità. Ma per fare tutto questo va potenziato il team e serve un nuovo round di finanziamento”, conclude Ferri che incrocia le dita e conta possa arrivare nel primo semestre 2022”. F FORBES.IT
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sconto di 5 euro ogni 25 chilometri fatti a piedi, in bici o sui mezzi pubblici. “L’app capisce come ti muovi, che mezzo stai usando, quante volte ti sposti, come lo fai e calcola la quantità di Co2 risparmiata. Questi sono tutti dati che possono entrare nel bilancio di sostenibilità di un’azienda”. La mobilità è uno dei principali fattori di inquinamento e dalla fine del 2020 gestirla in modo sostenibile è un obbligo per le aziende, così come nelle amministrazioni pubbliche, sopra i 100 dipendenti: per legge devono avere un mobility manager, una figura che ha come principale strumento il piano di spostamento casa-lavoro, in codice Pscl. Gli obiettivi? Ottimizzare la mobilità, garantire il benessere dei dipendenti e ridurre la produzione di Co2. “Per coinvolgere le persone puoi partire con una gamification, proponendo un gioco o una gara. Così facendo raccogli dati sulle abitudini di mobilità, senza fare domande ma rilevando i comportamenti. E questa caratteristica li rende ancora più attendibili e preziosi”, spiega Ferri. La chiave è premiare i comportamenti virtuosi. In palio possono esserci soldi, buoni sconti ma non solo. Per i Comuni Wecity, che è diventata società benefit, ha sviluppato il Co2 Coin, che equivale a un centesimo. Chi pedala ottiene queste monete virtuali, che possono essere poi spese nei negozi del territorio. “In un video abbiamo il sindaco di Legnano che paga il caffè al bar con i Co2 Coin”, racconta Ferri. “Ogni amministrazione può decidere dove possono essere spesi i Co2 Coin. Questo è un meccanismo che permette di restituire al territorio parte del valore sviluppato con la mobilità sostenibile. E presto sarà utilizzato anche in altre aree geografiche”. In un liceo di Sassuolo, 1.500 studenti, la preside ha usato Wecity per lanciare una gara tra le classi: quella che, nel suo insieme, ha prodotto meno Co2 non ha pagato le quote per partecipare alla gita scolastica. “La scuola è uno snodo fondamentale per lo sviluppo di una cultura diffusa della mobilità sostenibile”, osserva Ferri che aggiunge: “Noi lavoriamo con Bper, banca che ha 18mila dipendenti, e con Comuni che ne hanno 30, perché il nostro modello di business è modulare e si adatta a tutte le esigenze e le dimensioni. Bastano 10mila euro per un progetto di avvio di un anno, anche perché non serve creare un’app per ogni azienda o progetto ma personalizziamo quella che abbiamo già”. Per arrivare a una vera smart mobility non basta, quindi, incentivare gli acquisti di bici che magari poi restano in garage o di veicoli elettrici che si rischia di non sapere dover ricaricare. Serve una politica di sostegno ai comportamenti virtuosi perché solo quelli potranno cambiare la nostra
di Patrizia Caraveo ed Emilio Cozzi
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Guerre (anche) stellari 56
GETTYIMAGES
OneWebb e Galileo lasciati sulla rampa di lancio, Venera D ed ExoMars nella ghiacciaia: i riflessi del conflitto in Ucraina si vedono anche oltre l’atmosfera. Una disintegrazione delle collaborazioni tra la Russia e gli altri Paesi, dopo mezzo secolo di rapporti costruttivi
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Nel nostro mondo interconnesso, la distruzione causata da una guerra ha ripercussioni che vanno oltre gli altissimi costi umani, la devastazione delle città, la crisi degli approvvigionamenti, energetici e no. Per la prima volta i venti di guerra hanno lambito anche lo spazio, un non-luogo che aveva sempre goduto di uno status privilegiato, un settore in cui, nonoFORBES.IT
A causa della guerra in Ucraina, Samantha Cristoforetti si è vista accorciare la prossima missione in orbita e ridimensionare il ruolo di comandante della Staziona spaziale internazionale al solo segmento ‘non russo’.
stante le origini legate alla sfida strategica fra Stati Uniti e Unione Sovietica, anche durante gli anni della guerra fredda le nazioni che si sfidavano apertamente per il dominio del mondo avevano trovato modo di collaborare nel nome di un comune interesse scientifico. Oggi, purtroppo, si assiste a una sorta di resa di conti spaziale. Dmitry Rogozin, a capo dell’Agenzia spaziale russa, la RoscoAPRILE, 2022
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A settembre si sarebbe dovuti partire alla volta di Marte. Ma l’Agenzia spaziale europea ha già detto che sarà molto improbabile rispettare le tempistiche ne con la produzione di dati di eccellente qualità. È possibile immaginare lo sconforto tra gli scienziati che hanno investito anni nella costruzione dello strumento, il quale, pur funzionando perfettamente, deve essere spento. La stessa cosa vale per tutta la comunità coinvolta nella missione ExoMars, che il prossimo settembre sarebbe dovuta partire alla volta di Marte da Baikonur su un vettore Proton. L’Agenzia spaziale europea (l’Esa) ha già detto sarà molto improbabile che la tempistica possa essere rispettata e con il Pianeta rosso non si scherza: le finestre di lancio si aprono ogni due anni, quando Marte è in opposizione, cioè nel punto più vicino alla Terra. L’Esa e la Nasa – che nel frattempo si è vista estromettere anche dal programma russo Venera D destinato a Venere - sono molto caute; lontane dai proclami del numero uno di Roscosmos sebbene, per quanto la si descriva con parole più misurate, la situazione rimanga identica. Tutte le attività basate su collaborazioni con istituzioni russe sono sospese. Diversamente da quanto deciso dalla Dlr, però, le agenzie americane non hanno ordinato di cancellare le collaborazioni. Né potrebbero farlo. La gestione della Iss deve essere sostenuta con i russi e l’amministratore della Nasa ha già dichiarato che è intenzione dell’agenzia continuare il programma. Che tristezza assistere alla disintegrazione delle collaborazioni cresciute nel corso di mezzo secolo di rapporti costruttivi. È difficile immaginare cosa succederà: si può ripristinare una collaborazione sospesa, ma è molto più complesso farlo a fronte di una cancellazione. E inevitabile sarà una completa riconfigurazione dei programmi internazionali, che d’ora in poi consideri strategie (anche economiche) di medio e lungo termine. Per aspera ad astra. Davvero. F FORBES.IT
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SPACE ECONOMY
mos, e fedelissimo di Vladimir Putin, ha aperto le ostilità (verbali) twittando una serie di messaggi beffardi, impossibili da ignorare. Per rispondere alle sanzioni occidentali che colpiscono gli import tecnologici russi, a fine febbraio Roscosmos ha ritirato il suo personale dalla base di Kourou, dove i lanciatori Sojuz vengono sfruttati nell’ambito di un accordo commerciale con Arianespace. Di fatto, una decisione che impedisce di usare i Sojuz dallo spazioporto europeo della Guyana Francese. Anche i lanci del vettore Sojuz dal cosmodromo di Baikonur, in Kazakistan, sono stati annullati. Ne sa qualcosa OneWeb – compagnia salvata dal governo britannico che ne possiede più del 30% -, che ha visto cancellarsi il lancio di un carico di 36 satelliti già sulla rampa. Lo stesso, probabilmente, succederà per il lancio di due satelliti della costellazione Galileo previsto per aprile. Il clima è incandescente, con annunci roboanti - almeno per ora senza alcun effetto drastico - sulle operazioni della Stazione spaziale internazionale, dove al momento astronauti e cosmonauti convivono insieme con i colleghi europei (fra i quali, a breve, Samantha Cristoforetti, che si è vista accorciare la prossima missione in orbita e ridimensionare il ruolo di comandante della Stazione: sarà la leader del solo segmento ‘non russo’). Che cosa si diranno questi professionisti, che si conoscono da anni e, spesso, si sono addestrati insieme? Di certo, l’astronauta tedesco in questo momento a bordo non potrà andare nella parte russa della Iss per gestire uno strumento fornito dall’Agenzia spaziale tedesca (la Dlr), per l’ottimo motivo che la Dlr ha deciso di interrompere tutte le collaborazioni spaziali con la Russia. Per par condicio anche Roscosmos ha tagliato le collaborazioni con gli istituti tedeschi. Una scelta che va oltre la Stazione spaziale, visto che la Dlr ha fornito il telescopio X eRosita, a bordo della missione russa Spektr-RG, del cui funzionamento è anche responsabile. A seguito della cancellazione di tutti i programmi di collaborazione con la Russia, eRosita, che si trova a 1,5 milioni di chilometri dalla Terra nell’eden astronomico chiamato L2, è stato messo in safe mode: è una specie di ibernazione, che interrompe le operazioni ordinarie del telescopio, arrivato a circa la metà del suo piano di osservazio-
CONTRARIAN
di Enzo Argante
RESPONSIBILITY
Meta-rivoluzione
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Nella transizione digitale i mondi virtuali cominciano farsi largo e stanno iniziando a cambiare il nostro modo di vivere e di lavorare. In questo scenario gli operatori di infrastrutture per telecomunicazioni come Cellnex giocheranno un ruolo chiave. In attesa del 6G
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La transizione digitale è in atto. Nel sistema economico e sociale, culturale e finanziario. C’è anche il luogo, un punto di vista privilegiato, della transizione: le infrastrutture digitali attraverso cui questo cambiamento profondo trasforma l’immaginario collettivo in veri e propri stili di vita. Fino ad arrivare al famoso, e ancora non del tutto definito, metaverso. Quali sono queste infrastrutture, come si stanno consolidando e in quanto tempo abiliteranno i nuovi mondi? Lo abbiamo chiesto a chi gestisce le infrastrutture: Gianluca Landolina, manager director di Cellnex Italia. Il metaverso c’è nelle infrastrutture digitali che stanno nascendo in ogni parte del mondo. In realtà il termine è stato coniato 20 anni fa in un libro di fantascienza: era inteso come una realtà virtuale che poteva essere vissuta tramite rappresentazioni 3D di un proprio clone digitale, cioè un avatar. Oggi non è cambiato molto, tranne il fatto che il metaverso comincia a esistere e, cosa non banale, a essere fruito. E si sta andando verso una commistione sempre più intima, e anche utile, tra realtà virtuale e realtà aumentata. Ciò che era iniziato con ipotesi di applicazione in ambito gaming e social meeting, tenderà a essere sempre più un concreto aiuto alla nostra vita di tutti i giorni, sia professionale che privata. FORBES.IT
C’è anche negli investimenti in quantum computing negli Usa e in Cina. E nelle più grandi aziende del pianeta no? Si è capito come la computazione quantica, o quantistica, stia riuscendo sempre più, e sempre meglio, a sovrapporre diversi layer di computazione classica e ad eseguirli in modo simultaneo e, soprattutto, coordinato, riuscendo a raggiungere risultati prima inimmaginabili. E c’è nella rete che presto abiliterà funzioni inaspettate e visionarie Tutto ciò in effetti si traduce inevitabilmente in una richiesta di capacità di trasmissione dati straordinaria rispetto al già enorme incremento cui abbiamo assistito nell’ultimo decennio grazie allo sviluppo massivo delle capacità digitali. Uno sviluppo che definirei detonante nei suoi effetti: bisognerà mediare tra la capacità muscolare (quantitativa) di elaborazione e trasmissione dati e quello che dovrà essere l’utilizzo sapiente ed intelligente di queste informazioni. Nulla di tutto ciò sarebbe stato possibile in un lasso di tempo così relativamente limitato senza la parallela evoluzione che le telecomunicazioni mobili hanno avuto, e continueranno ad avere, con il passaggio al 4G prima e al 5G oggi. E, ancora, al 6G nel prossimo futuro. È chiaro quindi come gli operatori telefonici di infrastrutture di telecomunicazioni, come per esempio le cosiddette tower company, assurgano al ruolo chiave di abilitatori di tale rivoluzione. Che è e deve essere, in modo sempre armonico, sia teconologica-digitale sia culturale. Come cambieranno l’impresa, i consumi e, quindi, gli stili di vita? Molto sarà diverso e più facile. Si potranno fare tante più cose in meno tempo e si avrà il lusso di dover fare anche tante cose in meno. Forse alcuni lavori, o solo alcune mansioni, diventeranno sempre meno necessari e tantissimi altri APRILE, 2022
Come e quando saranno abilitati i nuovi mondi del 5 e del 6G? Abbiamo già iniziato in Europa, e quindi anche in Italia, lo sviluppo della copertura 5G, a supporto dei piani di sviluppo della rete dei nostri clienti (ndr: tutti gli operatori telefonici mobili e fissi wireless del nostro Paese). La stiamo sostenendo con tutto lo sforzo e l’attenzione possibili. Per rimanere al passo con lo sviluppo digitale e industriale di questo mondo globalizzato nel quale ormai viviamo, un adeguamento alla normativa europea sui limiti elettromagnetici - che resta comunque una delle più restrittive al mondo - è necessario. Il gruppo Cellnex ha già cominciato i primi test e studi sulle applicazioni del 6G, ma di questo ci sarà tempo per parlarne.
Gianluca Landolina
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Voi come Cellnex che ruolo avete? In Cellnex continuiamo a investire attenzione, intelligenza - ma anche miliardi di euro - nella nostra missione di diventare un contributor chiave in questa rivoluzione digitale e culturale. Con le nostre 20mila torri in Italia e le oltre 130mila nei 13 paesi dove il Gruppo Cellnex è presente, siamo il principale operatore di infrastrutture di telecomunicazioni in Europa. Siamo consapevoli del fatto che un tale impatto possa essere potenzialmente critico nei paesi nei quali operiamo e nei contesti sociali, economici e politici con i quali interagiamo. È per questo che la nostra attenzione e i nostri investimenti in cultura aziendale e sostenibilità sono stati ai massimi livelli da ormai sette anni. E continueranno a essere la principale priorità nel nostro futuro. Cellnex Italia è stata la prima azienda al mondo ad aver conseguito la certificazione Easi (Ecosistema aziendale di sostenibilità integrata), rilasciata da Dnv, una delle principali istituzioni di certificazione al mondo, e riconosciuta da Accredia, organismo di accreditamento del Governo italiano. La sostenibilità, quella vera, cioè che esiste e che si autoalimenta in azienda indipendentemente dalla spinta saltuaria del management, in Cellnex è ormai entrata in tutti i nostri gangli decisionali e nei nostri processi esecutivi. F FORBES.IT
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CELLNEX • LANDOLINA
nasceranno e saranno cruciali. Buona parte delle cose, non solo ripetitive, saranno fatte digitalmente in molto meno tempo. E avremo quindi più tempo o per fare meglio quelle stesse cose o per farne molte altre incrementali. In effetti, almeno una parte di questo tempo guadagnato, dovremmo cominciare a dedicarlo a noi stessi.
di Anna della Rovere
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ENTREPRENEURS
Trasmettere una visione
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Nel 1995 Manuela Ronchi ha fondato Action Agency, factory creativa che sviluppa strategie di comunicazione. Per molti anni a fianco di giganti dello showbiz, oggi si sta aprendo insieme a Publitalia ’80 a una nuova sfida con il lancio di Dr Podcast. “Vogliamo diventare leader nel digital audio”
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Da più di 20 anni, Manuela Ronchi è un’esperta di comunicazione e una donna di relazioni. Ma guai a chiamarla manager o agente perché, specie nel suo settore, dare il giusto significato alle parole fa parte del mestiere. Dopo diversi anni al fianco di Gerry Scotti, nel 1995 ha portato a Milano un nuovo modo di fare pr con la sua Action Agency. “Sono partita dall’organizzazione di eventi, mettendo al centro il contenuto perché, come dico sempre, l’evento è un medium”, spiega. Quindi, prosegue, tutto quello che viene dopo come la produzione e la realizzazione di un evento deve essere pensato in armonia con il messaggio che si intende trasmettere. Ecco perché, quando all’inizio della sua carriera le chiedevano ‘Qual è l’elemento che ti distingue dai tuoi concorrenti?’ non rispondeva mai di essere la migliore ma diceva: “Faccio star bene tutti, dal tuttofare all’amministratore delegato, perché per me un evento deve amplificare il messaggio attraverso tutte le sue componenti”. Lungo il percorso, l’agenzia ha sviluppato due divisioni: da una parte organizzava eventi e dall’altra si occupava di posizionare i personaggi che chiedevano di essere gestiti. Sul modo corretto di fare pubbliche relazioni l’imprenditrice ci ha scritto anche un libro, “Le relazioni non sono pericolose”, edito da Gribaudo, una sorta di manuale per non commettere errori nell’era digitale. FORBES.IT
“Credo che la leadership non sia data solo dalla competenza ma anche dalla capacità relazionale. Oggi il contenuto è fondamentale, non è più possibile coprire le mancanze infiocchettando bene la forma se manca la sostanza. Prendiamo i social: sono uno strumento utile per creare connessioni ma non possono sostituirsi alla relazione fisica tra persone, all’incontro”. Certo, il digitale ha alterato il modo di concepire gli eventi fisici, e anche Milano, città da sempre cruciale per le relazioni, ha cambiato volto. “Dieci anni fa in città si respirava un’attenzione molto marcata per l’esteriorità e i cliché. Insomma, se frequentavi i giri giusti contavi qualcosa, altrimenti eri considerato uno sfigato. Ultimamente, invece, la prospettiva si è ribaltata. Per costruire relazioni conta molto l’individualità, i valori. E la persona è tornata al centro”. Anche la pandemia ha contribuito a questo cambiamento: “Percepisco una mancanza di energia, dovuta all’obbligo di distanziamento. Lo smart working è uno strumento prezioso per le aziende e la pandemia ce l’ha ampiamente dimostrato, ma la mancanza di contatto umano, di condivisione dal vivo ha portato a un isolamento forse eccessivo”. Anche se negli anni ha lavorato a fianco di tanti personaggi noti, quando era piccola voleva fare la missionaria, girare il mondo. Ma al tempo stesso voleva essere indipendente, quindi ha iniziato a lavorare come interprete. “A determinare il mio futuro lavorativo è stato il rapporto con le persone, che continuavano a dirmi che ero spontaneamente empatica, che riuscivo ad ascoltare i bisogni delle persone e trovare sempre soluzioni. Così ho creato il mio metodo di fare comunicazione: mettendo la persona al centro, facendo maieutica e cercando di creare valore”. Lo stesso valore che l’ha spinta a fondare durante la pandemia Value in Action, la prima società consortile benefit d’Italia nei progetti di corporate social responsability. “Mi sono resa conto che oggi un’impresa ha cambiato completamenAPRILE, 2022
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• R0NCHI
“Il podcast è un importante strumento di comunicazione per le aziende. Instaura con il consumatore un’autentica relazione ed è un modo innovativo per entrare in contatto diretto con il proprio target ”
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ACTION AGENCY
Manuela Ronchi
te modo di sentirsi socialmente responsabile. Se prima il business e le donazioni o la beneficenza seguivano percorsi separati, oggi si chiede alle aziende un approccio diverso, più integrato tra le due facce della stessa medaglia”. L’ultima avventura imprenditoriale di Manuela si chiama invece Dr Podcast, e nasce da un incontro nel 2018 con Raffaele Tovazzi, primo filosofo esecutivo in Italia. “Un giorno mi raccontò di come, viaggiando spesso in metropolitana, aveva osservato come stava cambiando l’atteggiamento delle persone sui vagoni. Invece di guardare il telefono con la testa china verso terra, si era accorto di una ragazza in metropolitana che aveva le cuffie, lo sguardo proteso in avanti e sorrideva. Le aveva chiesto il perché di quel sorriso e lei gli aveva risposto: ‘Sto ascoltando un podcast’”. Già nel 2018, Tovazzi era convinto infatti che il futuro della comunicazione sarebbe stato caratterizzato da un ritorno alla voce e che il podcast sarebbe diventato un nuovo medium. “Ho creduto alla sua visione e abbiamo fondato Action Media, la prima media company italiana, con sede a Londra, dedicata alla produzione di podcast per le imprese”. Nel 2021 i due imprenditori hanno incontrato Publitalia 80, concessionaria di pubblicità delle reti televisive del gruppo Mediaset, che stava cercando una società specializzata nella produzione di podcast e il 22 febbraio di quest’anno hanno annunciato la nascita di Dr Podcast a seguito di una joint venture tra Action Media e Publitalia ‘80, attraverso la controllata internazionale Publieurope. La loro mission? “Siamo un audio factory che aiuta le imprese a scrivere, registrare e trasmettere i propri contenuti attraverso il podcast e abbiamo un obiettivo ambizioso: diventare leader nel digital audio sia a livello locale che internazionale”. Fruibili on demand in ogni momento della giornata e attraverso qualunque dispositivo connesso alla rete, i podcast sono un fenomeno in espansione: secondo una ricerca Ipsos di ottobre 2021, in Italia si contano 9,3 milioni di utenti al mese e il numero non accenna ad arrestarsi. “L’attenzione e l’interesse da parte dell’ascoltatore, insieme alla forte connotazione emozionale, fanno del podcast un importante strumento di comunicazione per le aziende, un modo innovativo per entrare in contatto diretto con il proprio target, instaurando con il consumatore un’autentica relazione”, conclude Ronchi. F
di Andrea Salvadori
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ENTREPRENEURS
Lo sport all’italiana
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Guidata dal 1988 dalla famiglia Gandolfi, Erreà è una delle principali aziende di abbigliamento tecnico del nostro Paese. Punta sulla qualità del prodotto e sul controllo di tutta la filiera, dalla scelta delle materie prime alla grafica. Tra i suoi partner ci sono il Parma e la nazionale di pallavolo
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Un’azienda a conduzione familiare nata dalla passione per il calcio del suo fondatore e cresciuta negli anni grazie all’attenzione alla qualità del prodotto, nella migliore tradizione della manifattura italiana. Erreà Sport - gruppo specializzato nella produzione di abbigliamento tecnico sportivo, il cosiddetto teamwear - è un marchio che è riuscito a imporsi nel giro di pochi anni anche sui mercati internazionali, a cui deve oggi il 60% del fatturato. È nato nel 1988, su iniziativa di Angelo Gandolfi. “Ho sempre amato il calcio e, quando non ho più potuto praticarlo a livello dilettantistico, ho deciso di mantenere viva questa passione dando vita a Erreà”, racconta il presidente. Gandolfi ha capito presto che le società di calcio hanno bisogno di capi sportivi e tecnici in grado di migliorare le performance di chi li indossa. Ha deciso allora di investire in una produzione capace di garantire i massimi standard di qualità, sicurezza e comfort. “La divisa rappresenta l’identità di una società, esprime i suoi valori, è uno degli elementi più importanti della sua immagine. Per questo motivo le nostre linee sono pensate e realizzate sulla base delle esigenze di ogni singola società”. Il punto di forza dell’azienda di San Polo di Torrile, in provincia di Parma, è il controllo diretto di tutta l’attiva produttiva tra l’Italia e la Romania, dove hanno sede i suoi stabilimenti. “Erreà realizza i propri capi internamente, mettendo insieme la produzione per lo sport e una cultura sartoriale. Fin FORBES.IT
da subito la capacità di creare e confezionare capi e di selezionare tessuti sono stati il segreto nel nostro successo. Una sapienza antica, ma portata in un’epoca di filati e impianti sempre più moderni”. Anche la famiglia gioca un ruolo centrale nel modello di business di Erreà. “Mia moglie e i miei figli sono sempre stati al mio fianco in questo cammino”, dice Gandolfi. A confermarlo il nome e il logo aziendale: Erreà nasce infatti dall’unione della lettera R e della lettera A, le iniziali dei figli del fondatore. Il gruppo gestisce tutte le fasi di lavorazione del prodotto: dalla selezione delle materie prime alla progettazione dell’aspetto grafico, dai prototipi fino alla consegna dei capi finiti. “Questo percorso completo costituisce il punto di forza dell’azienda”, afferma il vicepresidente Roberto Gandolfi, uno dei figli di Angelo. “Ci distingue dai concorrenti e ci consente di rappresentare l’unica azienda europea ancora produttrice nel settore dell’abbigliamento teamwear. La possibilità di effettuare controlli accurati e scrupolosi sulla provenienza delle materie prime ci permette anche di garantire al mercato la massima sicurezza e qualità. Dettagli per noi fondamentali, al centro della nostra strategia”. Grazie alle attività di controllo sulla filiera, Erreà garantisce al mercato prodotti che rispettano anche i più alti standard di sostenibilità, sia dal punto di vista sociale, sia da quello ambientale. “Essere sostenibili significa anche operare nel pieno rispetto di tutte le normative internazionali, puntando a creare un prodotto che abbia un lungo ciclo di vita”, spiega ancora Roberto. “Per farlo, controlliamo costantemente il modus operandi dei nostri fornitori. Per quanto riguarda gli aspetti ambientali, dal 2007 siamo certificati da Oeko-Tex Standard 100, un attestato che pone limiti estremamente rigorosi in tema di sostanze nocive per la salute. Siamo l’unica azienda di abbigliamento tecnico sportivo a potersi fregiare di questa etichetta”. Il business di Erreà è partito dal mondo del calcio (la prima sponsorizzazione è quella stretta con il Genoa nel 1988), ma presto si è allargata anche alla APRILE, 2022
di ossido di zinco incapsulate permanentemente nelle fibre”. Erreà conta di proseguire il suo percorso di crescita nei prossimi anni grazie a una serie di novità di prodotto, ancora segrete, e a un piano di internazionalizzazione. “Siamo partiti con un piccolo laboratorio di macchine tessili”, ricorda Angelo. “Oggi diamo lavoro a circa 950 persone e siamo un’azienda sana e robusta dal punto di vista patrimoniale e della marginalità. Erreà è cresciuta sempre per via organica e questa è la via che intendiamo continuare a percorrere. In Italia, in Europa, ma anche nel resto del mondo: stiamo investendo per ampliare il nostro business in aree strategiche come gli Stati Uniti, l’America Latina e il Medio Oriente”. F
“Siamo partiti con un piccolo laboratorio di macchine tessili. Oggi diamo lavoro a circa 950 persone e abbiamo un business sano e robusto dal punto di vista patrimoniale e della marginalità”
Angelo Galdolfi (a destra) con il figlio Roberto
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ERREÀ SPORT • GANDOLFI
pallavolo, al basket, al rugby e a tante altre discipline sportive. In ultimo è arrivato poi settore degli accessori. Il gruppo ha debuttato presto sulla scena internazionale, grazie alla partnership con il Middlesbrough, in Inghilterra. Un’operazione che ha fatto da volano e ha portato il marchio prima in Europa, poi nel resto del mondo. “Da azienda di famiglia, Erreà ha iniziato così ad assumere una connotazione glocal, ovvero quella di una realtà insieme globale e locale, attenta allo sviluppo internazionale, ma anche al suo rapporto con il territorio e ai valori familiari”. Attualmente sono numerose le squadre, le federazioni e le nazionali partner, tra cui il Parma, il Queens Park Rangers, la nazionale italiana di pallavolo, l’Uefa Kit Assistance Scheme 2022-2026, la Reyer Venezia e la Benetton Treviso di rugby. “Erreà è un’azienda specializzata nel teamwear, sia per i professionisti sia per i dilettanti. Negli anni abbiamo però diversificato la nostra produzione e abbiamo lanciato una serie di nuovi marchi grazie agli ingenti investimenti stanziati per la ricerca e lo sviluppo. Nel 2005 è nata così Erreà 3D Wear per l’intimo tecnico, nel 2010 Erreà Republic, una linea di abbigliamento sportivo per il tempo libero. Infine, nel 2020, in piena emergenza Covid-19, è arrivata Point, la linea di abbigliamento dedicata alla sicurezza sul lavoro. È realizzata con il nuovo tessuto antivirale Ti-Energy 3.0, realizzato con nanoparticelle
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di Salvatore Leggiero
DUBAI
Il successo a Est
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Lavora nell’oil & gas da oltre 30 anni, di cui buona parte passati in Medio Oriente. Oggi Marianna Saragaglia è managing director a Dubai per Cortem Group, società di apparecchiature elettriche antideflagranti per impianti in zone a rischio. Unica donna in un settore prettamente maschile
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Managing director a Dubai per Cortem Group, società che progetta e realizza apparecchiature elettriche antideflagranti per impianti in zone a rischio incendio ed esplosione, Marianna Saragaglia ricopre anche il ruolo di dirigente a capo dei grandi progetti e siede nel board di Cortem Group. La strada che l’ha portata a trasferirsi negli Emirati parte da Roma nel ’91, anno in cui si diploma, con una grande delusione. “Mio padre era ingegnere meccanico e desideravo seguire le sue orme. Feci l’esame d’ingresso e fui ammessa al Politecnico, ma c’era l’obbligo di frequenza e, dovendo lavorare, le due cose erano incompatibili. Decisi allora di tentare di lavorare comunque nel settore che mi piaceva”. Assunta dalla società di ingegneria del gruppo Eni - ora Saipem - come assistente del general project director grazie alla sua conoscenza dell’inglese, Marianna si fa notare per le sue capacità, tanto da essere mandata a seguire un corso negli Stati Uniti in project management. “Fortunatamente il mio capo intravide in me qualche potenzialità e mi diede l’opportunità di lavorare accanto agli ingegneri”. Dal ’93 riveste il ruolo di site project manager ad Abu Dhabi e continua a spostarsi di cantiere in cantiere: Oman, Kuwait, Arabia Saudita, Norvegia, Scozia, India. “Grazie al lavoro di mio padre sono cresciuta a pane e petrolchimico e sono rimasta FORBES.IT
sempre nello stesso settore. A settembre 2020 ho festeggiato i miei 30 anni di attività nell’oil & gas, di cui buona parte in Medio Oriente, che ormai considero casa mia”. Prima di entrare a far parte della famiglia di Cortem, sei anni fa, Marianna era contesa dalle aziende che volevano aprire startup in Medio Oriente. “Serve esperienza per fare business in questi Paesi”, spiega. “Noi spesso crediamo di trovare l’Eldorado e di poterci arricchire in un giorno, ma qui premiano la professionalità, la lungimiranza e gli investimenti a lungo termine. Pur essendo all’avanguardia, gli Emirati sono lontani dalla nostra cultura. È importante non venire con la presunzione di far prevalere la nostra mentalità o la nostra giurisprudenza, ma essere capaci di integrarci. Dobbiamo portare il nostro know-how e dimostrare di essere un valore aggiunto per il business. In cambio otteniamo gli strumenti e le opportunità che non ci sono nel vecchio continente.” Marianna, pur essendo dipendente del gruppo societario Cortem, ne parla come se fosse suo perché l’energia e la passione che mette nel lavoro sono le stesse di un imprenditore nei confronti della sua creatura. In pochi anni, grazie al lavoro di squadra, il fatturato si è moltiplicato del 350%, segno di grande capacità gestionale e visione del futuro. “Con un team di valore si possono raggiungere grandi traguardi. Se fai sentire le persone parte del progetto lavoreranno per far sì che quel progetto si realizzi con successo”. Marianna si sente fortunata a lavorare per un’azienda che le ha concesso lo spazio per esprimersi e la fiducia necessaria per compiere scelte in nome dell’azienda stessa. Il rapporto di stima professionale con Cortem è talmente cresciuto che, insieme a uno degli azionisti, ha aperto una nuova società, la Factory41, per produrre software di automazione di processi per il settore petrolchimico. Insomma un percorso di successo in un campo APRILE, 2022
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CORTEM GROUP • SARAGAGLIA
Marianna Saragaglia
prettamente maschile. “Non è stato facile, soprattutto all’inizio quando ho dovuto gestire un gruppo di ingegneri più anziani di me, che facevano fatica nel riconoscere in una donna, persino ‘non ingegnere’, il loro leader”, ammette. “Suonerà strano ma ho incontrato più difficoltà e pregiudizi in Italia che in Medio Oriente. Nel ’93 era estremamente difficile per una donna provare a gestire un cantiere nei Paesi arabi. E lo era ancora nel 2014 quando mi sono trovata, unica donna, a capo dei lavori per una società saudita ad Amman, eppure non ho mai avuto problemi di legittimazione del mio ruolo né mancanza di rispetto. Certo, quando ti muovi in questi ambienti devi rispettare i loro usi e consuetudini. Da trent’anni viaggio 120 giorni l’anno e la scelta più difficile per me e mio marito è stata decidere di non avere figli. Credo che i figli abbiano bisogno di una presenza costante, che io non potevo garantire”. Sposata da 20 anni, Marianna riesce a gestire la vita di coppia e il lavoro nonostante lei viva a Dubai e lui a Bergamo. “Essere spesso lontano dalla famiglia è certamente un sacrificio, ma sono stata fortunata nell’aver incontrato mio marito, un uomo che mi ha sempre sostenuta e incoraggiata, permettendomi di realizzare i miei sogni”. Secondo Marianna Expo 2020 di Dubai ha mantenuto la promessa. “È un’importante occasione d’incontro, la sicurezza anti-Covid funziona perfettamente, il sito è collegato benissimo con la metropolitana e tutto è gestito attraverso app per APRILE, 2022
“Essere spesso lontano dalla famiglia è certamente un sacrificio, ma sono stata fortunata nell’aver incontrato mio marito, un uomo che mi ha sempre sostenuta e incoraggiata, permettendomi di realizzare i miei sogni” non stampare neanche un foglio di carta. La sostenibilità, uno dei temi, è il primo passo per raggiungere gli obiettivi del 2030 e 2050 per trasformare il mondo in green. Ci tengo a sottolineare che il green non è una favola ma un’opportunità di business e negli Emirati sono all’avanguardia”. Marianna fa, inoltre, parte di un comitato locale che si occupa proprio di ecosostenibilità. “In questo momento stiamo monitorando un progetto pilota che vuole trasformare Il Cairo in una città sostenibile. Qui a Dubai si fanno le cose sul serio, pensando anche al resto del mondo. Gli Emirati sono il luogo in cui essere se si vuole incrementare il business e fare qualcosa di concreto per il futuro di tutti noi”. F FORBES.IT
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di Marco Trentini
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Quanto tira il cavallo
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Il Festival di Cheltenham in Inghilterra è un traino straordinario per l’economia. Seimila dipendenti al lavoro, 20 mila bottiglie di champagne, 300 mila pinte di birra, 45 tonnellate di salmone affumicato, un giro di scommesse da 500 milioni. Un evento con una ricaduta sul territorio da 800 milioni di sterline
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Quattro giorni di corse, quest’anno da martedì 15 a venerdì 18 marzo che hanno un peso determinante nell’economia di una città, anzi di una intera contea. Il Festival di Cheltenham è prima di tutto un grande spettacolo sportivo, ma anche un grande business per il territorio, perché come tutti gli appuntamenti di spicco dello sport mondiale, anche l’ippica è un volano importante per le economie dei luoghi che ospitano gli eventi. E Cheltenham per l’ippica è indubbiamente l’esempio più clamoroso di questa possibilità. Per capire la dimensione del Festival sul territorio FORBES.IT
Rachael Blackmore e Honeysuckle hanno vinto il Champion Hurdle. E la jockette ha trionfato anche nella Gold Cup.
del Glouchestershire si può partire dal semplice dato dell’incremento di popolazione. Cheltenham è una cittadina con 110mila abitanti, che nei quattro giorni del meeting incrementa quasi del 50% i presenti. Sono infatti circa 60mila le persone (quasi 70mila il martedì e il venerdì) che mediamente affollano le tribune, una distesa umana carica di entusiasmo e di passione che è per la maggior parte composta da “turisti”, ovvero da gente che arriva da ogni parte del Regno Unito e dall’Irlanda per le quattro giornate del meeting. Tutta questa gente deve ovviamente mangiare, bere e alloggiare per la notte e questo, secondo le stime della contea, genera un movimento APRILE, 2022
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Oltre 70mila persone sulle tribune il martedì e il venerdì. Tifo da stadio per gli eroi del meeting.
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di denaro che è valutabile intorno ai 100 milioni di sterline. Ovviamente i prezzi vanno alle stelle come quelli a Ferragosto nelle località balneari, ma qui ci sono occasioni per tutti i gusti. Perché Cheltenham non è Royal Ascot, il meeting ippico dell’upper class, ma una vera e propria festa di popolo che ha un evento corrispondente solo nel Grand National che va in scena a Liverpool. Una festa che però muove l’economia intera di un territorio. Secondo diversi commentatori nel 2020 l’importanza del Festival di Cheltenham aveva spinto il Governo inglese addirittura a posticipare l’inizio del lockdown, iniziato poi ad evento concluso, e non senza polemiche, visto che i 45mila spettatori presenti comunque sulle tribune a metà marzo si erano rivelati una bomba per la diffusione della pandemia fra Gran Bretagna e Irlanda. Nel 2021 l’evento si era svolto a porte chiuse e per l’economia di Cheltenham era stato un vero e proprio dramma, ma quest’anno tutto è tornato quasi alla normalità e lo “stadio” si è tornato a riempire, con grande gioia di tutti. Già, perché il Festival di Cheltenham produce circa 6mila posti di lavoro per i quattro giorni di corse. E la propensione ai party dei presenti contribuisce a generare un fatturato importante per i produttori di birra, tanto che ogni anno si moltiplicano le leggende (neanche troppo false) sulla quantità consumata, tanto per fare un esempio per la sola Guiness si parla di 300mila pinte, che si sommano alle 20mila bottiglie di champagne. Il tutto per accompagnare il consumo 45 tonnellate di salmone affumicato e le varie tonnellate di pane e di carne. Ma il Festival non è solo un business legato all’accoglienza sul territorio. Perché per arrivare a Chel-
tenham gli irlandesi utilizzano un vero e proprio ponte aereo organizzato ad hoc da Ryanair, la compagnia di voli low cost il cui chairman, Micheal O’Leary è uno dei più importanti proprietari di cavalli da ostacoli e spesso anche sponsor di corse. E poi ci sono le scommesse, con un giro d’affari da brividi, che i vari bookmaker stimano intorno ai 500 milioni di sterline. Numeri credibili, anzi forse persino sottovalutati, visto che nel primo giorno di Festival sembra essere stata accettata una scommessa da 250mila sterline sul cavallo Constitution Hill alla prima corsa del meeting. Constitution ha vinto, era a 3/1 e il profit per il giocatore sarebbe stato di 750mila sterline. Una cifra da capogiro, di fronte alla quale i bookmaker non hanno fatto una piega, perché sanno bene alla fine della quattro giorni, con 500 milioni di scommesse che sono girati, le loro casse saranno quasi certamente un po’ più piene. E se così non fosse il rientro sarebbe comunque assicurato nei prossimi mesi… Come è facile da capire un meeting come quello di Cheltenham fra hospitality e scommesse alla fine vale una cifra d’affari di 700/800 milioni di sterline, che per quattro giorni di evento rappresentano un fatturato colossale. E gli inglesi, maestri nella creazione e nella gestione di spettacoli sportivi, sanno benissimo come valorizzare e far crescere un Festival, cambiando anche la vita di una cittadina di provincia della quale probabilmente pochi sapevano l’esistenza. Un luogo che per un pugno di giorni si trasforma in una delle mete più ambite per inglesi e irlandesi. F
La prima area di servizio per il settore immobiliare Andrea Maurizio Gilardoni ha creato un ecosistema a 360 gradi per i professionisti del real estate. Oltre a una società specializzata in compravendita e riqualificazione di edifici, ha sviluppato una piattaforma di crowdfunding e un percorso di formazione con più di 15mila iscritti
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uando ci si sposta, trovare una stazione di servizio capace di soddisfare tutte le nostre necessità è di estrema importanza per la qualità e la velocità del nostro viaggio. Abbiamo bisogno di carburante, magari di cambiare l’olio, di qualcuno che dia una pulitina al vetro. Se ci fosse anche un’officina, non sarebbe male. Ci vuole poi un punto di ristoro: se tutti questi servizi non fossero insieme, quale fatica dovrebbe fare il viaggiatore per soddisfare le sue esigenze? L’ecosistema aziendale di Andrea Maurizio Gilardoni può essere paragonato a un’area di servizio per gli addetti al settore immobiliare, ma con elementi in più. Permette infatti non solo di fare il carburante, ma persino di generarlo. Fuori dalla metafora, la molla che ha dato l’avvio alla sua storia aziendale è la consapevolezza. Andrea si accorge infatti che lavorare al ristorante, anche se è quello del padre, non è la vita che desidera: troppo il tempo passato in sala e poca, di conseguenza, la vita da vivere. “Alla mia famiglia restavano solo le briciole, ma l’aver capito che quella
del ristoratore non era la mia identità mi ha dato la spinta definitiva”, ricorda Gilardoni, che nel 2005, a 28 anni, decide di reinventarsi prima come imprenditore e poi come formatore. Di fronte all’esigenza di un cambiamento radicale, non si scoraggia. Va in cerca di un’attività che gli permetta di avere molto tempo libero, senza tuttavia rinunciare al benessere finanziario. Nel 2006 incontra Lucia Lozancic e la sua vita prende un’accelerazione verso l’alto: nel 2007, l’anno in cui nasce la prima figlia, la coppia decide di entrare nel settore immobiliare, in cui Lucia ha già una certa esperienza. I due procedono a passi da gigante e già nel 2012 fanno il loro primo salto di qualità creando società immobiliare specializzata in npl (non performing loans, i cosiddetti crediti deteriorati). Il mercato offre molte opportunità e bisogna essere in molti a coglierle. Andrea crea dunque Guadagnare con le case, un percorso di formazione giunto ormai alla 17esima edizione che ha raccolto più di 15mila iscritti. Ormai sono in tanti ad avere ricevuto l’imprinting della scuola di Andrea, che pensa allora di offrire a questa rete di imprenditori, attivi in tutto il Paese, una qualifica professionale distintiva e un luogo di appartenenza: nel 2017 nasce così Case Italia. Le pratiche portate dai suoi operatori sono in costante aumento. Ecco allora che prende vita il Middle Office, un centro servizi specializzato in compravendite, trattative immobiliari, npl e risoluzione del debito. Nel 2019 nasce la Gilardoni Corporate, un’evoluzione della società immobiliare specializzata in compravendita e riqualificazione di immobili. Bisogna però accelerare
il processo. Andrea si rende conto che molti bravi professionisti sono frenati dalla mancanza di capitale e, per dimostrare che i soldi non sono mai un problema, vara la piattaforma di Rendimento Etico, una piazza virtuale in cui piccoli e grandi risparmiatori incontrano imprenditori immobiliari che richiedono un finanziamento per operazioni etiche e profittevoli. In questo incontro win win, i risparmiatori guadagnano un interesse a chiusura dell’operazione, mentre gli operatori dispongono di un finanziamento veloce. Secondo l’Osservatorio sul Crowdfunding della School of Management del Politecnico di Milano, nei suoi primi due anni di vita Rendimento Etico è stata la piattaforma italiana di crowdfunding immobiliare che ha erogato più finanziamenti per opportunità: oltre 45 milioni di euro. “Le nostre attività partono dal presupposto che l’impresa deve essere sempre motivata da un forte fine etico”, dice Gilardoni. “Credo che questa prerogativa non debba appartenere soltanto ai sistemi filantropici: anche un sistema economico che punta al profitto può scegliere di appianare le storture e di fornire un forte contributo per risolvere situazioni difficili. Rendimento Etico e Case Italia ne sono esempi: si tratta di aziende che realizzano profitti con le compravendite immobiliari e, al contempo, aiutano famiglie che rischiano di rimanere fortemente indebitate anche dopo aver perso la casa all’asta a risolvere la situazione nel modo migliore possibile”. L’ultimo tassello di questo ecosistema è Klak, primo human instant buyer
con ANDREA MAURIZIO GILARDONI
può essere migliorata. Per questo, ad aprile 2022, uscirà Guadagnare con la mente, un libro che spiega come, se si vuole crescere e migliorare, sia necessario partire da un lavoro su se stessi. “Nell’arco di sedici anni, partendo da zero, siamo riusciti a mettere insieme un ecosistema che ha rivoluzionato il mercato immobiliare italiano”, afferma Gilardoni. “Abbiamo creato strumenti e servizi che semplificano la compravendita immobiliare e un network in grado di accelerare il
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italiano, nato lo scorso anno per semplificare la vendita degli immobili sul territorio nazionale. Klak fa incontrare persone che vogliono vendere casa in maniera veloce, gratuita e tecnologica con imprenditori disposti a comprare case in tutto il Paese. In mezzo c’è l’intelligenza artificiale, ovvero un algoritmo in grado di valutare una proprietà in maniera accurata sulla base di pochi dati forniti dall’utente. Il cerchio, a questo punto, è chiuso: l’area di servizio è al completo. Ma
business delle imprese che entrano a farne parte. E non dimentichiamoci che l’impresa della nuova era non ruba la vita all’imprenditore, ma gliela regala”. Il noi di Andrea non è un pluralis maiestatis ma un vero e proprio plurale: al suo fianco c'è infatti la presenza costante e attiva di Lucia, che è a capo delle varie strutture. La flessibilità nel modo di operare, unita all’attenzione, alla sostenibilità e al rigore etico, ha portato centinaia di persone a cambiare la propria vita e decine e decine di aziende ad accelerare il loro business. In questo ecosistema modello, anche l’informazione ha una sua area dedicata e organizzata. E per accedervi basta fare un click su www.andreamauriziogilardoni.it.
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“Le nostre attività partono dal presupposto che l’impresa deve essere sempre motivata da un forte fine etico. Una prerogativa che non deve appartenere soltanto alle realtà filantropiche”
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GOOD STORIES
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di Elisa Serafini
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La salute con un click
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Di recente la sua eFarma è stata acquisita da Atida. Oggi Francesco Zaccariello è managing director per l’Italia, con una visione più internazionale, ma con lo stesso approccio digitale. L’obiettivo? Diventare uno dei principali player della salute in Europa.
Francesco Zaccariello è un imprenditore, ma anche manager. Un uomo di scienza e medicina, ma anche di business. Fondatore di eFarma, oggi parte del gruppo Atida, ha iniziato la sua carriera come studente di farmacia dell’Università di Napoli, con la passione per la vendita online. “Sentivo il desiderio di creare la mia azienda, senza necessariamente lasciare casa, i miei amici e familiari”, racconta. “In dieci anni sono riuscito a organizzare tutto questo, con 90 collaboratori, in provincia di Napoli, a Bacoli, una località balneare”. Zaccariello ha rilevato così un ex cantiere navale, lo ha arredato ispirandosi alle più importanti tech company internazionali e il resto è storia: oggi eFarma è parte del grup-
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po Atida, offre un catalogo di oltre 60mila referenze dei migliori brand del settore farmaceutico e una strategia di customer care multicanale, per permettere a clienti e consumatori di vivere il rapporto con il proprio farmacista, anche online. Come ha vissuto eFarma la exit e acquisizione con Atida e quali trasformazioni ha generato? L’acquisizione non è stata semplice,
All’interno di Mug ci sono ambienti polivalenti altamente tecnologici, postazioni di co-working, sale per meeting e workshop di varie dimensioni, oltre a un auditorium, e a una filiale bancaria.
Francesco Zaccariello
siamo arrivati alla fine di questo processo dopo quasi due anni di trattative con player industriali e fondi italiani e internazionali. Alla fine abbiamo scelto Atida, condividiamo gli stessi valori e la stessa visione rispetto al settore della salute online. Il processo di acquisizione ci ha dato una visione molto più ampia: respiriamo oggi un’aria europea e non solo italiana, guardiamo al futuro della salute con uno sguardo APRILE, 2022
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Oggi il suo ruolo è passato da imprenditore e manager, come vive questo percorso? Ho trasformato la mia visione da startupper a manager internazionale. Oggi sono il managing director per l’Italia, riporto alla ceo Julie Szudarek, e faccio parte di un gruppo di lavoro di 12 persone che rappresentano il team centrale e i managing director di vari paesi. Si tratta di un processo in cui è necessario operare maggiormente in team, seguendo linee guida aziendali. Ho scelto questa strada anche per seguire questo percorso. Magari sarà una parentesi, o sarà un percorso che durerà nel tempo. Si tratta di una sfida non solo per me, ma per il resto del team. Lavorare in una startup italiana ha delle logiche diverse rispetto a lavorare per un gruppo internazionale: un challenge che entusiasma tutto il team. Che ruolo vedi per le farmacie e parafarmacie del futuro? Mio nonno era farmacista nel 1940, vengo da una famiglia di farmacisti, e ho lavorato in farmacia. Ho sempre visto l’online come un altro canale, non sostitutivo, ma parallelo all’attività delle farmacie. Per il futuro vedo una farmacia che evolve, più orientata ai servizi. Lo abbiamo visto in questo periodo di pandemia, quando i farmacisti hanno iniziato a fornire servizi, come i vaccini. I servizi, in questo caso, rappresentano il futuro e un’opportunità, così come l’integrazione con l’online. Non si tratta APRILE, 2022
solo di sfruttare l’e-commerce ma l’intera omnicanalità. Quali sfide vede sul tema regolamentatorio? Un’evoluzione potrebbe essere quella di liberalizzare, online, la vendita di farmaci con ricetta. Mi rendo conto che però si tratterebbe di un’evoluzione molto forte per l’Italia. In altri Paesi è stato fatto, in Germania dal 2002 è possibile vendere farmaci con ricetta. Sarebbe possibile anche in Italia poiché già disponiamo delle ricette dematerializzate. L’opportunità di fornire servizi, in ogni caso, la ritengo quella più interessante. Come sta cambiando il rapporto tra italiani e salute? Il concetto di salute è in continua evoluzione. In passato i pazienti si concentravano sulla guarigione: la farmacia era il luogo della cura. Oggi stiamo passando a un concetto di prevenzione. Tutti vogliamo vivere con una qualità della vita alta, è fondamentale la prevenzione, ed è fondamentale lavorare su chi sta bene. Come Atida riteniamo di posizionarsi come la prima healthy platform in Europa. Uno dei nostri claim è il futuro della salute è personalizzato. Ognuno di noi ha bisogni diversi. Riteniamo di poter creare integratori e prodotti totalmente personalizzati e ritagliati sulle esi-
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genze del singolo. È un concetto che evolverà sempre di più, non solo su persone mature ma anche sui giovani. Basti pensare che oggi una crema anti-rughe è consigliata per persone di 25 anni: l’obiettivo, in ogni campo, sarà sempre di più prevenire. Quali sono le prossime sfide di Atida? Abbiamo in programma un piano di acquisizioni. Attualmente siamo presenti in Italia, Francia Spagna, in Germania dove abbiamo 50% delle quote di mercato, in Austria, Portogallo e Olanda. L’obiettivo è diventare uno dei principali player della salute e non solo una farmacia online. Stiamo lavorando per avere un’unica visione europea e un unico brand europeo. Entro il 2022 lanceremo il brand Atida in tutti i Paesi, insieme a prodotti a marchio e servizi personalizzati. Oggi siamo quasi mille collaboratori, con esperienze diverse e culture diverse ma che condividono la visione futura della salute. Cosa direbbe ai giovani che vogliono innovare in Italia? A tutti i giovani che hanno in mente un’idea e che vogliono sviluppare la propria startup vorrei dire questo: si può fare, con impegno, visione, qualche porta in faccia, ma, alla fine, è possibile raggiungere i propri obiettivi. F
“A tutti i giovani che hanno in mente un’idea e che vogliono sviluppare la propria startup vorrei dire che si può fare. Con impegno, visione, qualche porta in faccia, ma, alla fine, è possibile raggiungere i propri obiettivi” FORBES.IT
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EFARMA • ZACCARIELLO
digitale, stiamo centralizzando alcune attività e migliorando skill locali. Quello che abbiamo ritenuto fondamentale all’interno di questa collaborazione è stato mantenere l’intero team in Italia, la sede resterà a Napoli, e stiamo lavorando a un piano di espansione. A luglio apriremo la nostra struttura, circa seimila metri quadrati con sistemi di automazione. Stiamo lavorando inoltre a un rebranding, diventeremo Atida.it
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di Massimiliano Carrà
Lo shopping su misura
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Il servizio innovativo Mana at home permette ai clienti della Rino Petino di ricevere la merce in mezza giornata, con il supporto di un collaboratore dello store. Nel futuro dell’azienda, attiva nel mondo del retail, sempre più digitalizzazione, sostenibilità e attenzione ai giovani
Francesco Petino
Prossimità, omnicanalità, digitalizzazione, e sguardo al futuro. Sono alcuni dei paradigmi fondamentali che, nel corso degli anni, hanno permesso alla Rino Petino di trasformare la propria identità e il proprio business, convertendosi da un negozio di articoli sportivi da sci - anomalo per la sua terra d’origine, ossia la Puglia - a un’azienda a 360 gradi capace di offrire ai propri clienti un servizio avanzato e taylor made. Qui il fattore umano e la sviscerata attenzione verso le richieste sempre più esigenti dei clienti rappresentano la vera filosofia della società. Dato che, oltre a essere agente monomandatario di Adidas dal 1977, dal 2004 ha iniziato un nuovo viaggio nella sua storia. “Grazie alla realizzazione della nostra nuova sede da 1.800 metri quadrati - di FORBES.IT
cui 1.500 di esposizione e 300 di uffici abbiamo iniziato la nostra evoluzione. Siamo riusciti sia a esprimere in modo più efficace la forza del brand che avevamo, sia a ottenere risultati economici più performanti”, dice Francesco Petino, master coordinator della società e figlio di Rino Petino, fondatore dell’azienda. Nel 2007 è diventata partner di Adidas anche nel ramo retail e franchising, dando il là alla realizzazione di una propria business unit retail interna e alla costruzione di una nuova consapevolezza strategica. “Questo passaggio ha rappresentato un punto chiave della nostra evoluzione, perché ci ha permesso di entrare in un settore nuovo, sia di conoscere la vera voce del consumatore. Insomma, una palestra che ha ampliato le nostre conoscenze
nelle dinamiche del mercato, soprattutto anche sull’espressione del brand, e di struttura. Non è un caso, infatti, se abbiamo aggiunto un ufficio di amministrazione, finanza e controllo. E abbiamo sviluppato un dipartimento addetto al controllo di gestione”. La svolta definitiva, però, è arrivata nel 2016, con la decisione di investire nel processo di digitalizzazione dell’intero sistema aziendale e di realizzare, attraverso il proprio sistema di business intelligence, una piattaforma di decision making innovativa, sia in ambito strategico, sia operativo. I dati generati vengono raccolti in un data warehouse che permette di elaborare tutti i flussi informativi e offrire servizi di alto livello. Con un costo totale di circa 700mila euro, l’azienda e i partner possono in APRILE, 2022
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RINO PETINO
questo modo indagare in maniera più approfondita i fenomeni di interesse aziendale, di aumentare in modo significativo il valore del brand, e di seguire, attraverso i team business development e sales analysis, tutte le fasi della gestione del progetto: dalla ricerca all’acquisizione, passando per la verifica e l’elaborazione delle informazioni di clienti. “Adesso, abbiamo una visione diversa e completa del dato. Anche perché dal 2022 avremo attivo anche un sistema, basato su un software Crm che abbiamo implementato con la collaborazione di Salesforce, che ci permetterà anche di analizzare i comportamenti dei clienti all’interno degli store. Senza dimenticare che la digitalizzazione è entrata anche nella nostra parte logistica e di prossimità”. Con nove punti vendita distribuiti tra Puglia, Basilicata, Abruzzo e Calabria, Rino Petino si è quindi proiettata, anche dopo lo scoppio della pandemia, in una nuova visione evolutiva del mercato retail. Che guarda anche a un e-commerce esperienziale, totalmente contraddistinto dalle attuali logiche di mercato. “Vedendo che i big del settore, come Amazon e Zalando, offrono, oltre al prodotto, una serie di servizi che portano il consumatore APRILE, 2022
a fidelizzarsi, a marzo 2020, in pieno lockdown, abbiamo iniziato a lavorare su un servizio digitale, omnicanale e di prossimità, capace di offrire ai nostri clienti un’esperienza nuova, di qualità e memorabile”. Si tratta di Mana at home, un servizio che, attivo nei territori in cui sono presenti gli store di Rino Petino, permette di comprare, senza limite di spesa, un qualsiasi prodotto tramite un semplice whatsapp e di riceverlo a casa in circa sei ore, direttamente da un operatore del negozio. Ma non è tutto. Mana at home, infatti, permette anche di richiedere un rimborso totalitario entro 24 ore se la merce acquistata in negozio non rispecchia le proprie esigenze. O di ricevere a casa una taglia diversa, se quella ordinata non è corretta. E, ancora, di richiedere più versioni di quello stesso prodotto, se magari si è indecisi tra più colori. Con la comodità che l’operatore del negozio rimane ad aspettare la scelta del cliente, diventando quindi un vero e proprio personal shopper. “Non facciamo altro che offrire ai nostri consumatori la possibilità di fidelizzarsi maggiormente ai nostri punti vendita. È un servizio di cui si può usufruire solo con la nostra fidelity card”.
Per il 2022 Rino Petino ha diversi altri obiettivi in agenda, oltre all’accelerazione digitale. Primo tra tutti la sponsorizzazione del proprio territorio di riferimento, anche in virtù del fatto che la società è riuscita ad accedere a importanti agevolazioni economiche dalla Regione Puglia, come il prestito liquidità con fondo perduto al 30%). E poi c’è tutto il tema della sostenibilità, sostenuto già dall’installazione di pannelli fotovoltaici nella sede; e, infine, i giovani, punto focale dell’attività di Rino Petino. “Abbiamo già da tempo attivato diverse partnership con università e società di recruiting per attirare neolaureati. L’età media dei nostri 126 collaboratori è di 31 anni, con una grossa componente femminile, che si attesta al 65%”, aggiunge Francesco. E conclude: “Nei giovani troviamo frizzantezza, disponibilità e conoscenza, dato che molti di loro conoscono argomenti a noi sconosciuti. In più, partendo dal presupposto che non vogliamo che la Puglia non perda i propri talenti, permettiamo ai nostri ragazzi di lavorare da qualsiasi parte del mondo. Basta che anche loro abbiano la possibilità di tornare, quando vogliono, a lavorare nella loro terra”. F FORBES.IT
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di Marcello Astorri
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Al lavorator non si comanda Dagli Stati Uniti, il fenomeno delle grandi dimissioni è arrivato anche in Italia. Secondo PageGroup, multinazionale britannica di recruiting, le aziende devono fare a gara per mantenere o attrarre i migliori talenti, offrendo loro benefit, possibilità di carriera e bilanciamento tra vita e lavoro
Lasciare il lavoro alla ricerca di condizioni di vita migliori, non importa se non è già pronta un’alternativa. È questo, in sintesi, il fulcro del fenomeno delle grandi dimissioni, nato in America e ormai giunto fino in Italia. A certificarlo è stato un recente studio condotto dalla Fondazione studi consulenti del lavoro dal titolo Le dimissioni in Italia tra crisi, ripresa e nuovo lavoro. Dall’indagine è emerso che nei primi nove mesi del 2021 un milione e 81mila dipendenti italiani hanno deciso di dimettersi dal loro posto di lavoro. Di questi, quasi uno su due non ha un contratto attivo perché è alla ricerca di un’altra occupazione, vuole avviare un’attività in proprio o ha fatto scelte di vita diverse. Per mettere a fuoco le ragioni più profonde alla base delle grandi diFORBES.IT
missioni, Forbes ha chiesto aiuto a PageGroup, multinazionale britannica di recruiting attiva anche in Italia con i brand Michael Page per il recruiting di professionisti di middle e top mananagement, Page Executive, che si occupa di headhunting di profili executive e Page Personnel per il reclutamento di professionisti junior e middle management, anche in somministrazione. “Al momento, nonostante gli eventi drammatici a cui stiamo assistendo in Ucraina, il settore del recruitment non ha conosciuto rallentamenti”, spiega Tomaso Mainini, senior managing director di PageGroup Italia & Turchia. “Molto dipende da quanto si protrarrà il conflitto, ma per il momento stiamo vivendo una fase dove tantissime aziende cercano personale e per farlo si affidano a professionisti esterni”. Gli esperti di PageGroup evidenziano come le grandi dimissioni siano un fenomeno globale, ma vi sono alcuni settori e fasce d’età che caratterizzano lo scenario italiano. “Dal nostro osservatorio privilegiato”, prosegue Mainini, “abbiamo potuto constatare
come la pandemia abbia causato difficoltà nell’inserimento di profili con poca esperienza. Questo ha portato le aziende a rivolgersi a professionisti navigati nel settore, creando così numerosi posti di lavoro per profili con le loro caratteristiche e alimentando un turnover elevato nelle loro posizioni. Inoltre, è possibile che la pandemia abbia cambiato le abitudini dei lavoratori senior e portato gli stessi a ripensare la loro vita lavorativa e cercare nuove opportunità di lavoro”. Per quanto riguarda i settori interessati dalle grandi dimissioni, se ne possono evidenziare alcuni in cui il tasso di abbandono è addirittura sceso, mentre in altri è in crescita. L’Harvard Business Review evidenzia che se nei settori manufacture e finance si assiste a una decrescita delle dimissioni, nei settori healthcare e tech si assiste ad una crescita delle dimissioni pari rispettivamente al 3,6% e al 4,5%. Questo fenomeno può essere giustificato dall’elevata richiesta di profili in quei settori, che permette ai dipendenti una scelta tra numerose opportunità di lavoro. “Ci sono anche altre ragioni”, conti-
“I nuovi manager oggi devono sviluppare una leadership inclusiva, potenziando le capacità dei propri collaboratori, valorizzandone l’unicità e offrendo opportunità di carriera in modo equo” APRILE, 2022
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il benessere dei dipendenti, attenzione all’ambiente sociale e ambientale e tanto altro”. Numerose aziende stanno poi introducendo, oltre ai bonus legati agli obiettivi aziendali e personali per incentivare i dipendenti, altre forme di incentivi come welfare e casse sanitarie. Infine, smart working e flessibilità sono le richieste più comuni dei dipendenti in questo ambito, che soprattutto in alcuni settori vengono oramai ritenute come acquisite e non più negoziabili. “Si è osservato che un giusto balance tra presenza in ufficio e smart working aumenta la produttività, ma mantiene alto il livello di engagement e appartenenza del dipendente in azienda. Occorre, infine, una maggiore attenzione allo stile di leadership e al clima dell’ambiente di lavoro. Entrambi rappresentano fattori che possono aumentare la soddisfazione personale dei dipendenti riducendo il turnover. I nuovi manager oggi devono sviluppare una leadership inclusiva, potenziando le capacità dei propri collaboratori, valorizzandone l’unicità e offrendo opportunità di carriera in modo equo”. Ma, in definitiva, il fenomeno delle grandi dimissioni sarà transitorio o strutturale? “Difficile dirlo, anche se certamente dagli standard che abbiamo descritto non si tornerà più indietro. Finché i talenti saranno in numero inferiore rispetto alla domanda, saranno loro a scegliere l’azienda e queste dovranno essere brave a offrire le migliori opportunità”. F FORBES.IT
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nua Mainini. “Anche durante il Covid-19, in realtà, alcune persone avevano deciso di intraprendere nuovi percorsi professionali o di valutare altre opportunità, ma, a causa del clima di incertezza, hanno preferito attendere che la situazione migliorasse prima di cambiare lavoro”. Indiscutibilmente le grandi dimissioni stanno mettendo le imprese in condizione di dover affrontare una nuova sfida: trattenere i propri talenti e trovare nuovi candidati sul mercato. Basti pensare che negli Stati Uniti alcune aziende stanno assumendo manager con un ruolo molto specifico: tenere alto l’ingaggio delle persone e minimizzare le uscite. “La chiave per trattenere in azienda i Tomaso Mainini talenti passa per il coinvolgimento nei progetti d’impresa. Dobbiamo creare leader in per esempio abbiamo un percorso di azienda in grado di ricreare un am- carriera definito e trasparente, perbiente piacevole, dove c’è un rapporto ché riteniamo importante far sapere diretto con il manager e dove viene ri- alle persone la potenziale evoluzione conosciuto il valore aggiunto che una professionale e diversi orientamenti persona può dare. Per questo è fon- possibili, anche a livello di tempidamentale dare feedback costanti alle stiche. Tutto questo è fondamentale persone che lavorano con noi e che i per tenerle motivate all’interno di un nuovi manager abbiano una leader- contesto dinamico”. ship inclusiva, in grado di valorizzare Al fine di essere competitive per l’atle caratteristiche delle persone nella trazione dei talenti, le aziende devono loro diversità”. essere ben visibili e saper trasmettere Ci sono poi fattori che hanno un peso la loro identità aziendale. “Bisogna anche quando si tratta di attrarre i essere bravi a far capire l’evoluzione talenti all’esterno, non solo quando dell’azienda, soprattutto su tematiche occorre trattenerli. “Il percorso di come la sostenibilità, la diversity e training è fondamentale, ma deve es- l’inclusion. Tutti aspetti forse in passere supportato da percorsi di carriera sato marginali, ma che adesso hanno chiari fin da subito. Le persone devo- un ruolo chiave. E poi occorre assicuno sapere che entreranno in azienda rarsi che la nostra offerta sia forte: un con un ruolo, ma che poi possono tempo si valutava solo lo stipendio, diventare manager o direttori. Noi oggi ci devono essere iniziative per
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di Matteo Chiamenti
La miglior difesa
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Essere al fianco dei clienti, incontrarli e assisterli. Soprattutto nelle turbolenze di oggi bisogna mantenere saldo il timone, guardare a medio-lungo termine e sfruttare le occasioni che ogni momento nasconde. Come fa Banca Euromobiliare, istituto di private banking del gruppo Credem Banca Euromobiliare, come ci racconta Matteo Benetti, direttore generale dell’istituto e responsabile business unit private di Credem.
Banca Euromobiliare, istituto del gruppo Credem specializzato nel private banking, è da sempre uno dei punti di riferimento per la consulenza finanziaria in Italia. Un settore, quello dell’advisory dell’Italia, che ha saputo essere ancora una volta come una controparte affidabile e preziosa per i nostri risparmiatori, anche all’interno di un contesto economico e sociale certamente non facile. D’altra parte, come ci ricorda un vecchio proverbio orientale, “la tempesta è una buona opportunità per il pino e per il cipresso per mostrare la loro forza e la loro stabilità”. E lungo questa scia virtuosa non può che collocarsi il presente e il futuro proprio di FORBES.IT
Come si è chiuso per Credem e per il polo private del gruppo il 2021? E come è iniziato il 2022? Il gruppo Credem ha presentato poche settimane fa i risultati 2021. E sono risultati record, in termini di crescita sulla raccolta, gli impieghi e sulla capacità di creare valore. Pochi giorni dopo è uscita la pubblicazione della Banca centrale europea circa i dati relativi ai requisiti patrimoniali (Srep) delle 115 banche rilevanti in Europa e Credem è risultato l’istituto più solido a livello europeo tra le banche commerciali. Tutte belle notizie, quindi. All’interno del gruppo, il private banking sta assumendo un peso sempre più rilevante e abbiamo chiuso il 2021 con una nuova raccolta, netta e gestita, vicina ai 2 miliardi. Nel suo primo anno di vita, il nostro polo ha dimostrato la sua vivacità e la capacità a stare vicini ai clienti anche nei momenti più complessi. A proposito di “momenti complessi”, dopo due anni di pandemia pensavamo di aver attraversato il peggio… ma da qualche settimana la situazione geo-politica è precipitata e c’è la guerra alle porte dell’Europa.
Come stanno reagendo i vostri private banker e i loro clienti? C’è, ovviamente, molta preoccupazione e la grande volatilità dei mercati rende necessario essere ancora più presenti e proattivi con la clientela. Partiamo da un paio di considerazioni: la nostra storia, recente o meno, ha sempre avuto momenti di crisi con degli impatti rilevanti sui mercati finanziari. Ogni crisi è un caso specifico e non dobbiamo dare per scontato che ciò che si è verificato ieri sia vero per il momento che stiamo attraversando. Ciò che è sempre vero, invece, è che in momenti così incerti paga essere a fianco dei clienti, raddoppiando gli sforzi per incontrarli, assisterli e concordare le mosse da fare e quelle da evitare. I player che hanno saputo alzare il livello di servizio alla clientela anche nei momenti più difficili ne sono usciti più forti. Il cliente apprezza, e ripaga, chi sa essere presente in ogni momento. E la seconda considerazione? È che la diversificazione è sempre l’arma migliore contro le oscillazioni di breve periodo. Motivo per cui il risparmio gestito è vincente rispetto all’amministrato, e, all’interno del gestito, vanno privilegiate le soluzioni che garantiscono la massima diversificazione tra aree geografiche, settori, valute o stili di investimento. Alcuni trend di medio-lungo, poi, rimangono veri a prescindere dal conflitto in atto e vanno sfruttati a pieno all’interno dei portafogli: penso alla green APRILE, 2022
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economy, al digitale, alla smart mobility o al tema dell’invecchiamento della popolazione. L’asset class obbligazionaria tradizione rifugio del risparmiatore in passato, non offre più le prospettive di rendimento necessarie a rappresentare una valida alternativa, motivo per cui l’occasione deve anche essere sfruttato per una maggiore esposizione tendenziale dei portafogli verso la componente equity, storicamente bassa nei portafogli degli italiani. In sintesi, meglio concentrarci su ciò che dipende da noi, accompagnare la clientela mantenendo saldo il timone dell’orizzonte temporale medio lungo e sfruttare le occasioni che ogni momento nasconde. Guardando al vostro sviluppo strategico, quali sono le direttrici del vostro sviluppo a 3-5 anni? La scelta del gruppo Credem di APRILE, 2022
“Alcuni trend rimangono veri a prescindere dal conflitto in atto e vanno sfruttati appieno all’interno dei portafogli: penso alla green economy, al digitale e alla smart mobility”
unire le sue attività di private banking sotto la regia di un unico coordinamento indica chiaramente che la strada scelta è quella della sempre maggiore specializzazione. C’è valore in un modello dove prodotti, servizi, processi, canali di interazione sono nativamente pensati per soddisfare le esigenze della clientela più sofisticata. Stima andando, quindi, verso un una sempre maggiore specializzazione in termini di modello di servizio, modello di offerta e modello di professionalità che sono i tre pilastri del nostro piano. Per quanto riguarda il modello di servizio, stiamo accelerando verso una consulenza sempre più patrimoniale. Questo passa attraverso il rafforzamento degli strumenti di monitoraggio della qualità dei portafogli, di alerting e di reportistica ed anche attraverso lo sviluppo di un approccio strutturato per ottimizzare il patrimonio immobiliare, la finanza d’azienda e la pianificazione successoria. Abbiamo anche introdotto di recente la figura del top client specialist che interviene a supporto dell’operatività del banker nella gestione delle esigenze più complesse dei clienti. Un ulteriore passo verso una consulenza sempre più olistica, con tecnologia e risorse umane dedicate. E sul versante dell’offerta? Punteremo sull’ulteriore sviluppo di soluzioni private nel mondo assicurativo, investimenti nell’area dell’economia e degli asset reali, e su una vera consulenza anche nell’ambito dell’amministrata. Infine, sul tema della professionalità dei banker, siamo partiti con un nuovo modello formativo che prevede un vero e proprio assessment individuale finalizzato a rilevare le attuali competenze e a intervenire con piani personalizzati. Questo vuol dire ‘essere private’ anche nella formazione e la crescita delle nostre persone. F FORBES.IT
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BANCA EUROMOBILIARE • BENETTI
Matteo Benetti
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a cura di Vittorio Provera, Trifirò & Partners Avvocati
Professionisti d’appalto
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organizzativa dell’appaltatore, il quale si era assunto il rischio economico di impresa, consistente nel fatto che doveva garantire con adeguata organizzazione e relativi costi la copertura e, quindi, la continuità e l’efficienza del servizio negli orari previsti e per la durata del contratto. Per la Corte è, quindi, irrilevante l’utilizzo di beni della committente, mentre è necessario il requisito dell’autonomia dell’appaltatore sull’organizzazione, tipica degli appalti cosiddetti ‘leggeri’. La decisione impatta su una tematica inerente ai servizi labour intensive (che possono essere gestiti anche in smart working dai dipendenti della società di servizi), imponendo di curare con massima attenzione la negoziazione dei contratti di appalto, delineando i servizi affidati a terzi e i relativi momenti di coordinamento e verifica. Altrettanta attenzione dovrà essere posta alle modalità di esecuzione concreta delle attività, evitando confusioni o intromissioni dell’azienda appaltante, che possano essere interpretate come ingerenze nell’organizzazione dell’appaltatrice, con conseguente confusione tra le due distinte entità.
L E A D E R I N A Z I O N E
sempre più frequente la necessità per le aziende anche del terziario avanzato, quali assicurazioni, banche, servizi informatici, operare con affidamento a terzi di attività che richiedono risorse specializzate e competenti per garantire efficienza, rapidità di intervento e un risultato finale coerente con servizi in continua evoluzione. Tutto ciò è rilevante in un contesto di attività caratterizzato da picchi produttivi o con impiego diffuso sul territorio, anche per caratteristiche tipiche del tessuto produttivo e dei servizi in Italia, con presenza di molteplici aziende di medie dimensioni, spesso correlate fra loro per appartenenza a un medesimo gruppo di controllo anche a carattere famigliare o per complementarietà dei settori in cui operano. Su questa tipologia di appalti si sono concentrate verifiche e controlli di enti ispettivi, che hanno talvolta sbrigativamente ritenuto illeciti gli accordi, asserendo che si trattava di mere intermediazioni di manodopera, non ammesse dalla legge. Tuttavia, una recente sentenza della Suprema Corte (n. 31127/2021) ha statuito che l’appalto di servizi è legittimo anche qualora l’appaltatore utilizzi locali e attrezzature dell’appaltante, purché resti in capo al medesimo il rischio di impresa, correlato alla necessità di garantire continuità ed efficienza del servizio, attraverso un’adeguata organizzazione di personale.
La vicenda origina dall’azione di taluni dipendenti di un’azienda appaltatrice che aveva ricevuto una commessa per l’esecuzione di un servizio di help desk telefonico per la risoluzione di problemi relativi al software dell’appaltante. Per i lavoratori l’attività era svolta con utilizzo del software service center della appaltante, la quale monitorava altresì le attività dei dipendenti dell’appaltatrice. Si lamentava quindi la violazione delle norme sul divieto di intermediazione di manodopera e sull’appalto, con richiesta di costituzione di un rapporto di lavoro in capo all’appaltante. Il Tribunale accertava l’autonomia organizzativa e l’assunzione di rischi in capo all’appaltatrice, respingendo la domanda; sentenza confermata in sede di appello. Proposto il ricorso per Cassazione, la Corte ha rilevato che l’evolversi delle attività e dei modelli organizzativi consentono lo svolgimento di servizi in cui si prescinde dal possesso di beni materiali, essendo necessaria solo un’adeguata organizzazione di personale e di conoscenze. Nel caso in esame, la committente non si ingeriva nella linea gerarchico
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I contratti di appalto di servizi labour intensive non integrano una illecita intermediazione di manodopera, anche se locali e strumenti sono dell'appaltante, ma deve esservi in capo all'appaltatore il rischio di impresa ed essere garantita la sua autonomia organizzativa
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di Matteo Sportelli
Una finestra sul verde
Sck Group è diventata negli anni il primo polo industriale di infissi made in Italy. Con un’attenzione al tema del green. “Puntiamo da sempre su prodotti ecosostenibili”
Un futuro sostenibile, in cui abitazioni ad emissioni ridotte saranno una delle chiavi sia per il benessere personale sia per quello del pianeta. A giocare un ruolo fondamentale per il futuro e per il presente sono le finestre: Sck Group, il primo polo industriale di infissi e schermature solari made in Italy, quotato sull’Euronext Growth Milan e guidato dal ceo Marco Cipriano, si colloca come primaria saving company, capace, attraverso i propri infissi e schermature solari dalle alte performance termiche, di accelerare il processo di transizione energetica e far risparmiare in bolletta le famiglie italiane. Cipriano ha fatto della sostenibilità la vision di Sciuker Frames. “Sin dalla nostra fondazione oramai più di 25 anni fa abbiamo puntato su prodotti ecosostenibili. Sul mercato eravamo praticamente gli unici a farlo. Questa è sempre stata la nostra visione”. La crescita di Sciuker Frames e di tutto il gruppo – unione delle aziende Sciuker Frames, Ecospace, Gc Infissi e Teknika – è det-
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tata da un elevato standard produttivo nel settore dei serramenti, per qualità dei materiali ed estetica, anche grazie alla conformità ai più elevati parametri qualitativi e di sicurezza di CasaClima per l’elevata efficienza energetica. Con Sciuker Frames il gruppo ha trasformato le finestre da semplice elemento funzionale a oggetto d’arredo per la casa e gli edifici in un’ottica di economia circolare grazie a tecnologie brevettate. Oggi è presente in modo capillare su tutto il territorio nazionale con oltre 500 rivenditori e cinque store gestiti direttamente e intende, nei prossimi 25 anni, a trasformare le finestre nell’elemento a più alto contenuto tecnologico degli edifici, raccogliendo e gestendo dati e intregrandosi con i sistemi più avanzata di home automation. La società ha innalzato le guidance annunciate in occasione della presentazione del proprio Piano industriale 2021-2024 a ottobre 2021. L’obiettivo è raggiungere nel 2024 i 170 milioni di euro di ricavi derivante dal solo Polo industriale, al netto quindi del contributo del Superbonus 110%. Oggi il gruppo fattura 103,4 milioni di euro, in aumento del 357,5% rispetto al 2020. “Il piano industriale”, ha aggiunto Cipriano, “proietta una crescita esponenziale, soprattutto sul fronte industriale. Completeremo un piano di investimento di 50 milioni di euro per ampliare la capacità produttiva e la gamma prodotti e per affermarci come il primo polo degli infissi e delle schermature solari dal design made in Italy”. Il gruppo lavora con l’obiettivo di incrementare la propria efficienza produttiva nel pieno rispetto dell’ambiente. Grazie ai pannelli fotovoltaici installati sulla copertura degli stabilimenti produttivi,
ogni anno viene compensato più del 60% del fabbisogno energetico dell’azienda, percentuale destinata ad aumentare ancora grazie al nuovo stabilimento di Avellino, anch’esso sostentato da energia proveniente da fonti rinnovabili. Efficienza significa anche ottimizzazione degli scarti di lavorazione: il 100% di questi scarti viene infatti utilizzato per il riscaldamento dello stabilimento produttivo e venduto ai produttori locali di pellet, generando indotto per il territorio. L’attenzione per tutte le tematiche Esg è rendicontato dal 2020 nel Annual Report Esg con cui tutto il gruppo espone gli standard adottati e traccia gli obiettivi per i prossimi anni. Questa attenzione alla sostenibilità è un tratto caratteristico della società, che già nel 2018 ha creato la prima Foresta Sciuker Frames a Parco Nord di Milano, con la messa a dimora di alberi autoctoni come il frassino e la quercia, per tutelare l’habitat naturale della città meneghina. F
Marco Cipriano FORBES.IT
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a cura di Frulli Rappresentanze
Benvenuti al Sud Frulli Rappresentanze è un gruppo barese che fa da ponte tra industria e distribuzione nei canali gdo e ingrosso in Puglia e Basilicata. Oggi sta allargando il raggio d’azione anche alla Campania e alla Sicilia con l’obiettivo di diventare il punto di riferimento in tutto il Meridione
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a oltre 30 anni l’agenzia di rappresentanza Frulli Rappresentanze è il filo conduttore tra industria e distribuzione nei canali gdo e ingrosso in Puglia e Basilicata. Nel 2006, il gruppo barese fondato da Egidio Frulli ha trasferito le redini all’allora figlio 30enne Gaetano, che ha cominciato un percorso di crescita mirato alla specializzazione e alla formazione nei comparti chiave dell’agenzia. “Nel 2020, in piena pandemia, ho deciso con i miei più stretti collaboratori di allargare il nostro raggio di azione alla Campania e alla Sicilia individuando partner qualificati
sul territorio per diventare un punto di riferimento unico nel Sud Italia”, dice. Il “successo” nasce dalla collaborazione sempre più integrata con alcune tra le più importanti aziende produttrici nazionali e multinazionali, prevalentemente operanti nei settori grocery e freschi, grazie alle quali, a seguito di una valida formazione, l’agenzia di rappresentanza ha dato il via al nuovo progetto Sud Italia. Nel 2021 ha intermediato vendite all’ingrosso con un fatturato di oltre 125 milioni di euro, raggiungendo un organico di 43 collaboratori diretti e otto indiretti. “Studiamo e impariamo analiticamente le dinamiche commerciali dei clienti che ci vengono affidati: dalla gestione commerciale, che fa capo ai grandi centri distributivi, ai loro punti vendita diretti o affiliati. L’esperienza maturata ci permette di consigliare alle nostre aziende mandanti la migliore offerta, sia in termini di prodotti che di investimenti commerciali. Ottimizziamo il ritorno distributivo ed economico e per tale ragione molte delle nostre aziende hanno sposato il nostro modus operandi
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decidendo di affidarci il loro business in Puglia e Basilicata, con il fine di promuovere il progetto di sviluppo del Sud Italia”. Particolarmente importante nella vita professionale dell'imprenditore barese è stato il recupero di Jentu, un’azienda di Guagnano nel Salento da tempo in una situazione di default. Nel 2016 con la nascita di Orti di Puglia società agricola ha evitato non solo di perdere un'importante risorsa dell'agricoltura locale, ma si salvare anche tanti posti di lavoro. “La difficile ripresa è partita con un team di partner. Oggi l’azienda comincia a essere autonoma e possiamo dire di aver finalmente superato le difficoltà. Orti di Puglia per il biennio 2022-2023 investirà oltre 2 milioni di euro per la realizzazione di nuove linee di produzione, efficientamento energetico e ampliamento del sito produttivo sia agricolo che industriale”. L’obiettivo di Frulli è quello di far diventare la migliore azienda produttrice di verdure fresche di quarta gamma in Puglia per qualità dei prodotti che per welfare aziendale. Sin da giovane ha rivestito importanti incarichi nelle principali associazioni di categoria del settore: è presidente del gruppo Giovani imprenditori di Confcommercio Puglia, nonché vice presidente nazionale dello stesso, presidente provinciale Bari-Bat della Fnaarc-Confcommercio, ricopre l’incarico di presidente della sezione pugliese dell’Italian export forum, un’organizzazione attiva nella promozione dell'internazionalizzazione delle imprese che collabora con l’assessorato allo sviluppo economico della Regione Puglia. “L'esperienza lavorativa e associativa mi hanno portato a capire che l'essere vicini al terzo settore è fondamentale per la crescita del nostro territorio. Sono felice nel vedere che molti imprenditori vicini alla nostra realtà lavorativa abbiano deciso di creare fondazioni e di impegnarsi in prima persona in questa attività, noi saremo sempre un partner presente nel sostenere le loro iniziative”.
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di Matteo Sportelli
Sulla propria pelle
Ines Mordente, dermatologa e medico estetico, è co-fondatrice della clinica Medicinæ. E fornisce ai suoi pazienti gli strumenti per intraprendere un percorso di cura consapevole
Cliniche mediche all’avanguardia, specializzate sulle terapie dell’acne. A testimoniare il successo di Medicinæ cliniche mediche fondate dai soci Ines Mordente, dermatologa, Riccardo Cassese e Francesco Puglia, medici chirurghi maxillo-facciali ed estetici - sono gli oltre 20mila pazienti all’anno trattati con protocolli personalizzati per problematiche di pelle, in particolar modo con acne e macchie/cicatrici post acne, con un tasso di successo terapeutico superiore al 90% dei casi, anche in quelli più complessi, con quadri clinici importanti e complicati anche da altre patologie di base. La prima sede di Medicinæ è nata nel 2012 a Napoli, dalla sinergia e dall’esperienza dei tre soci. Oggi la clinica è presente anche a Roma e Milano ed è il primo centro medico privato in Italia per numeri di accessi di pazienti con problematiche di acne. Si occupa a 360 gradi di dermatologia e dermochirurgia, propone mappature dei nei,
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medicina estetica e anti-age viso e corpo, terapie per caduta capelli, macchie cutanee, laser, chirurgia estetica, chirurgia maxillo facciale, chirurgia orale, implantologia avanzata. Mordente, Cassese e Puglia non smettono però mai di aggiornare le proprie competenze: sono anche docenti in vari master universitari e collaborano con aziende internazionali nello sviluppo di dispositivi medici e cosmetici. Mordente, laureata con specializzazione in Dermatologia e malattie veneree con il massimo dei voti, durante il percorso universitario ha deciso di approfondire i suoi studi sulle malattie della pelle, acne, nevoscopia, diagnosi e prevenzione del melanoma. Ha vissuto per un periodo a New York, dove ha vinto una fellowship in dermatologia presso l’ospedale Sloan Kettering Cancer Center, nonché per altri lunghi periodi tra Miami e Barcellona. Oggi Mordente svolge la sua attività come dermatologa e medico estetico
Ines Mordente
presso le cliniche Medicinæ e in consulenza presso altri centri, dove pratica visite specialistiche di dermoestetica, dermatologia clinica e allergologica, venereologia, dermatologia pediatrica, medicina estetica e rigenerativa. “Sono felice di rappresentare un punto di riferimento come dermatologa a portata di click per i tanti pazienti che visito, vip e non solo, e per tutti coloro che mi seguono online, fornendo divulgazione scientifica corretta in un web troppo spesso saturo di informazioni fornite erroneamente da non specialisti del campo”. Formulatrice della linea dermatologica Lamuselab, da anni Mordente fornisce ai suoi pazienti gli strumenti per conoscere la propria pelle e, nel caso dell’acne, intraprendere un percorso di cura consapevole. “Per contrastare questa patologia i farmaci non sono sufficienti; al contrario, sono necessarie abitudini di skincare composte da tanti piccoli gesti che vanno rinnovati metodicamente”. È proprio questo il principio alla base di #AcneRevolution, il metodo innovativo che, se seguito correttamente, permette di passare nel giro di poco tempo da una pelle con imperfezioni a una pelle luminosa e sana. Nel volume #AcneRevolution, edito da Sperling & Kupfer, l’autrice trasmette nozioni indispensabili per conoscere la propria pelle e affrontare nel modo più efficace l’acne approfondendo cause, vantaggi e svantaggi delle possibili terapie, il rapporto con alimentazione, ormoni, microbiota e molto altro. “Ho voluto proporre pratiche schede di beauty routine studiate per ogni fase della vita e per ogni periodo dell’anno e moltissimi consigli pratici per ottenere i migliori risultati anche con un semplice fai da te da casa”. F APRILE, 2022
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di Roberto Pianta
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L’accademia del cambiamento Competenze giuridiche, soft skill e capacità di visione: la 4cLegal Academy ha messo alla prova cinque concorrenti in un talent show e ha decretato il vincitore. “Vogliamo diventare una risorsa formativa per gli avvocati di domani”, dice Alessandro Renna, ideatore del format
Trasformazione digitale, Esg, sostenibilità, soft skill. Le parole chiave che stanno inondando il mondo del lavoro e delle imprese diventano sempre più importanti anche all’interno del mercato legale. Qui, oltre alle conoscenze tecniche, i dipartimenti legal e gli studi professionali vanno cercando sempre più spesso nelle nuove leve attitudini come la leadership, il public speaking o la gestione dello stress. E accanto alla conoscenza di concetti come la prescrizione e il conflitto di interessi, i neolaureati devono essere in grado di immaginare il giurista come un project manager, lo studio legale come un’impresa e la sostenibilità come un asset imprescindibile. Proprio per risolvere questo gap nel processo formativo dei giovani e per FORBES.IT
dare ai neolaureati gli strumenti adeguati alla domanda del mercato, 4cLegal ha dato il via, tre anni fa, alla 4cLegal Academy, il primo talent dedicato al mercato legale. Uno show di dieci puntate che propone un format innovativo e all’avanguardia, in grado di mostrare un mercato legale diverso da quello al quale siamo generalmente abituati. Il vincitore dell’edizione 2022 è Marco Ingiulla, laureato a novembre 2020 presso la facoltà di Giurisprudenza della Luiss Guido Carli e approdato alla terza edizione dell’Academy. “Ho deciso di prendere parte alla 4cLegal Academy essenzialmente per tre motivi”, dichiara il ragazzo. “Per uscire dalla mia comfort-zone e comprendere meglio i miei punti di forza, oltre che i miei limiti dal punto di vista tecnico. In secondo luogo, per aggiungere al mio bagaglio di esperienze un progetto che avrebbe consentito a me e ai miei colleghi di entrare in contatto con professionisti altamente qualificati provenienti dalle principali realtà del panorama legale e aziendale. Da ultimo, ma non per importanza, per conoscere nuove persone e allargare il mio network socio-relazionale”. E alla fine è andata esattamente così. Cinque brillanti laureati in giurisprudenza (oltre a Marco Ingiulla, Marcella Cinquegrani, Matteo Serafini, Davide Beatrice e Francesca Pellegrini) sono stati messi alla prova su competenze giuridiche, soft skill e capacità di visione. Alla fine del percorso formativo, articolato in sette prove proposte da manager di grandi aziende (Patrizia Pasetti di Tim, Gabriella Scapicchio
Le Village by CA Milano, Giovanna Moschetto di Vertiv, Sonia Fernandez Lovelle di HeidelbergCement, Gian Battista Lazzarino di Bip, Alessandra Bini di Ibm, Davide Pelizzari di A2a) e momenti di training con protagonisti del mondo legale (Paolo Balboni e Luca Bolognini di Ict Legal Consulting, Christian Iannaccone e Barbara Donato di Dla Piper, Carlo Alberto Giovanardi di Giovanardi Studio Legale, Roberta De Matteo di Orrick, Isabella Fusillo del Gruppo Stratego), i giudici Alessandro Renna (ceo e founder di 4cLegal), Lorena Urtiti (legal head hunter) e Mario Alberto Catarozzo (business coach e formatore) hanno decretato il Legal talent of the year 2022. “Marco ci è sembrato il profilo più maturo e complessivamente più solido”,
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Da sinistra a destra: Marcella Cinquegrani, finalista; Matteo Serafini, finalista; Lorena Urtiti, giudice; Marco Ingiulla, Legal talent of the year; Alessandro Renna, giudice; Mario Alberto Catarozzo, giudice; Francesca Pellegrini, finalista; Davide Beatrice, finalista.
confida Alessandro Renna, giudice e ideatore del format. “È stato comunque molto difficile scegliere il vincitore, erano tutti molto bravi e preparati tanto che, a talent in corso, abbiamo deciso di strutturare la finale in maniera diversa rispetto alle precedenti, senza un’esclusione progressiva, per intendersi, bensì determinando il vincitore soltanto alla fine”. Un primus inter pares, che ha saputo convincere i giudici sui temi legali più classici come il trattamento dei dati, il merger & acquisition e la negoziazione contrattuale, ma anche - e, forse, soprattutto - sui punti più innovativi, dall’evoluzione del ruolo del giurista alle nuove dinamiche del mondo del lavoro. Materie che non si studiano ancora abbastanza nelle aule delle università e che 4cLegal si sta impegnando ad approfondire. “Abbiamo lanciato un master APRILE, 2022
in Legal tech con la Business school de Il Sole 24 Ore e vogliamo diventare una risorsa formativa per i giovani avvocati”, continua Renna. “Inoltre, con l’Academy, vogliamo offrire anche un’alternativa al modello di selezione classico utilizzato dagli studi professionali o dai dipartimenti legali: questo modello, infatti, fa emergere non soltanto le competenze tecniche dei ragazzi, ma anche le loro attitudini e soft skill, sempre più necessarie al giorno d’oggi”. Il format è stato ben accolto, riconosciuto come un’iniziativa utile per la selezione di giovani talenti, oltre che molto entusiasmante. “È stata una bellissima esperienza: per un giurista è un momento completamente diverso rispetto alla sua quotidianità. È un qualcosa che ti arricchisce sicuramente”, aggiunge Renna. In questa terza edizione la 4cProduction, la nuova casa di produzione di 4cLegal dedicata al mercato legale, ha fatto anche un salto di qualità importante. C’è stato un miglioramento visibile rispetto alle precedenti edizioni sia dal punto di vi-
sta delle prove e delle occasioni di formazione, sia dal punto di vista prettamente tecnico, legato a inquadrature, allestimenti e scenografia. “Sin dal primo giorno, tra noi colleghi è venuto a crearsi uno speciale affiatamento che si è inevitabilmente riflesso sulla competizione e sullo spirito che l’animava”, aggiunge Ingiulla. “Ci siamo confrontati intensamente fino all’ultima prova, senza tuttavia perdere mai il sorriso, la stima e il rispetto che ognuno di noi nutriva nei confronti dell’altro. Tutto ciò si è inserito all’interno di un contesto fatto di persone dotate, prima ancora che di grandi capacità tecniche nei settori di rispettiva competenza, di straordinarie doti umane”. Il feedback è stato positivo non solo da parte di chi ha partecipato al progetto, ma anche dal resto del mercato legale. Oltre alla continuità assicurata in Italia, infatti, il format originale di 4cProduction è approdato anche all’estero: ad oggi in Oman la 4cLegal Academy – Oman Edition ha avuto già la sua prima edizione e in India sarà disponibile il prossimo anno. F FORBES.IT
a cura di Massimo Foschi, socio di Biscozzi Nobili Piazza
Chi fermerà la musica Data l’importanza che l’industria discografica svolge per l’economia italiana, il legislatore dovrebbe tutelare fiscalmente anche le canzoni, considerate a tutti gli effetti opere d’ingegno
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del legislatore si è orientata sul potenziamento dell’impatto dei costi di ricerca e sviluppo delle opere dell’ingegno nella determinazione del calcolo delle imposte (con una riduzione della base imponibile di 210 a fronte del sostenimento di un costo di 100) sarebbe opportuno che la platea dei beneficiari non fosse ristretta ai soli creatori di software tutelati, ma anche agli altri operatori economici che danno vita ad opere dell’ingegno aventi la caratteristiche riconosciute dalla normativa in materia di diritto d’autore. Peraltro la crescente importanza economica di tale settore e la relativa valorizzazione di tali opere dell’ingegno è dimostrata dalle recenti e numerose transazioni che hanno interessato cataloghi editoriali di grande pregio trasferiti da autori di fama mondiale alle principali società di edizioni musicale. E se uno dei risultati che si vogliono ottenere dalla realizzazione di un’opera dell’ingegno è il miglioramento della qualità della vita quotidiana, difficile trovare qualcosa di più immediato e diretto dell’ascolto di una bella canzone che permette alla mente umana di viaggiare nel tempo e nello spazio, solo grazie all’alternanza del silenzio e di sette magiche note.
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ha completamente mutato forma trasformandosi da una riduzione dell’imposizione sui redditi generati dai beni immateriali a una deduzione maggiorata del 110% dei costi finalizzati alla creazione e allo sviluppo dei seguenti beni: software protetto da copyright; brevetti industriali concessi o in corso di concessione; disegni e modelli giuridicamente tutelabili. Entrambe le normative fiscali in questione non hanno mai annoverato fra i beni immateriali beneficiari di tali agevolazioni altre opere dell’ingegno (diverse dal software) protette da copyright, quali ad esempio i brani musicali tutelati dalla legge sul diritto di autore; la quale concede a chi compone la parte musicale nonché la parte letterale di un brano di ottenere il diritto esclusivo di poterla riprodurre, incidere, commercializzare. Ciò nonostante il fatto che, anche nell’immaginario collettivo, un brano musicale rappresenti una delle espressioni più evidenti dell’opera dell’ingegno (intesa come creazione dell’intelletto umano) cui si connettono le attività necessarie per la sua realizzazione concreta ed il suo sfruttamento. Soprattutto ora che la scelta
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uando nel 2018 una primaria azienda di intimo italiano decise di affidare la campagna pubblicitaria della propria collezione autunno/inverno alla protagonista di Sex & The City, sulle note di una canzone italiana del 1966 dal titolo inequivocabile, penso che nessuno abbia dubitato del perfetto connubio che si era venuto a creare fra un prodotto attuale e un evergreen della musica italiana. Ma quanto appena descritto non è stato il frutto della casualità, bensì il risultato dell’attività di promozione, diffusione e valorizzazione dell’opera dell’ingegno creata dalla mente umana (nel caso specifico un brano musicale) che trova riconoscimento giuridico attraverso la tutela fornita dalla normativa riguardante il diritto d’autore. Dal 2015 si sono susseguite una serie di norme in materia fiscale tese a favorire e agevolare la creazione delle opere dell’ingegno, fondamentali per accrescere la competitività dell’economia. Non a caso le imprese ad alta intensità di diritti di proprietà intellettuale sono quelle che contribuiscono, soprattutto in Europa, a sostenere concretamente la crescita economica, sia in termini di prodotto interno lordo che di occupazione. Il legislatore nazionale, con l’introduzione del regime Patent Box aveva voluto incentivare la collocazione in Italia dei beni immateriali ovvero il mantenimento degli stessi in Italia evitandone la ricollocazione all’estero unitamente all’investimento in attività di ricerca e sviluppo, attraverso una detassazione del 50% del reddito derivante dall’utilizzo di tali beni. A partire dal 2021 tale agevolazione
a cura di Dyanema
Mattone dopo mattone Il 29enne Cristian Trio è il fondatore e ceo di Dyanema, realtà attiva nel settore del flipping immobiliare che si occupa di acquisto, riqualificazione e rivendita di immobili in tempi rapidi. Ma nel suo percorso professionale c’è anche l’It
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Cristian Trio
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vorrebbe poter diventare un esempio positivo per tanti ragazzi con idee imprenditoriali ma che, spesso, si lasciano cogliere dallo sconforto dei primi insuccessi. Ma i passi falsi sono – per sua stessa esperienza – passaggi fondamentali nel percorso di crescita imprenditoriale. “Tutti quanti noi nella vita lavorativa ci troviamo a dover affrontare un problema, un evento avverso inaspettato, una porta sbattuta o un insuccesso: ciò che fa la differenza è come scegliamo di affrontare una situazione del genere. Se troviamo la forza di reagire e superare questa esperienza negativa, ci scopriremo più forti e dunque pronti per le prossime sfide". Sfide che Trio si va spesso a cercare di proposito.
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nuovi progetti sia dato solo dall’entusiasmo e dall’energia proprie dei giovani. Tutto parte da un’idea, un’illuminazione. Ma dietro ogni nuovo progetto di business c’è poi uno studio approfondito su fattibilità, mercato, problematiche e rendimenti attesi. Insomma, nulla viene lasciato al caso. Tutto questo avendo la possibilità di contare su soci e collaboratori più che fidati, a comporre quel team coeso che per sua stessa ammissione è fondamentale per raggiungere qualsiasi risultato. Se da una parte ci sono gli obiettivi imprenditoriali e professionali, dall’altra Trio se ne pone anche di più personali. Avendo dovuto lavorare molto per raggiungere gli attuali successi, combattendo con lo scetticismo che spesso accompagna i giovani, Trio
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redere nel potere della scelta. La scelta di porsi degli obiettivi ambiziosi, di andare oltre gli ostacoli, di emergere con successo. Anche quando una strada sembra non esserci. È questa la filosofia di Cristian Trio, giovane imprenditore che, a 29 anni, è riuscito ad imporsi in un ambito, quello del real estate, dove un’età anagrafica avanzata è spesso considerato un requisito fondamentale per avere successo e ottenere la fiducia di investitori e clienti finali. Cristian è infatti ceo e fondatore di Dyanema, una realtà nata nel 2016 che è riuscita in pochi anni a diventare un player di primo piano nell’ambito del flipping immobiliare, vale a dire in quelle operazioni che prevedono acquisto, riqualificazione e rivendita di un immobile in tempi rapidi. Ma l’attività di Trio non è circoscritta solo all’immobiliare, anzi. Con Impact Land, fondata nel 2015, si è lanciato con successo anche nel ramo It, in particolare nella distribuzione di consumabili e componenti elettronici. L’ambito tecnologico è sicuramente tra quelli che stanno vedendo attivarsi tutta una nuova ondata di giovani imprenditori, ma anche ambiti più tradizionali – quelli che hanno basato il proprio successo sul concetto di made in Italy negli ultimi decenni – sono al vaglio delle riflessioni di Trio come possibili nuovi settori di business. "In generale sono le prospettive imprenditoriali a interessarmi, non mi precludo nessun ambito", dice. "Sono sempre aperto a nuove sfide, senza ovviamente dimenticarmi delle realtà che ho creato in questi anni e che voglio continuare a far crescere, anche su un orizzonte internazionale.” Non bisogna pensare che lo slancio verso
A cura di FILIPPO FERRI, SOCIO DI CAGNOLA & ASSOCIATI
Gestire con cautela Il credito d’imposta governativo sugli interventi di riqualificazione energetica degli edifici è una grande opportunità, ma porta con sé profili di rischio penale significativi. Per questo sono richieste ai beneficiari attenzioni particolari
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posta anche sui visti di conformità della documentazione necessaria ai fini della cessione del credito. Si tratta, dunque, di un aspetto che interessa soprattutto i professionisti, quali dottori commercialisti, ragionieri, periti commerciali, consulenti del lavoro o responsabili dei centri di assistenza fiscale). Eventuali anomalie sul punto, infatti, potrebbero integrare gli estremi di falsità ideologiche. Ancora, il contribuente che si avvalga, fraudolentemente, di documenti “falsi” per ottenere, ovviamente in modo illegittimo, il beneficio fiscale del Superbonus, potrebbe anche esser chiamato a rispondere del delitto di frode fiscale. La normativa è ancora in evoluzione nel momento in cui questo articolo viene scritto. È pertanto possibile che il quadro dei potenziali rischi penali si modifichi nuovamente. Traendo le conclusioni: il Superbonus è una grande opportunità, ma occorre porre molta attenzione e cautela alla sua gestione, onde evitare profili di rischio non indifferenti.
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l credito di imposta introdotto dal Superbonus è uno strumento fiscale che può generare rischi penali significativi. La disciplina è nota: la detrazione, nella misura del 110%, è prevista per le spese documentate e rimaste a carico del contribuente, sostenute dal 1° luglio 2020 al 30 giugno 2022. Tale previsione è valida per una serie di interventi di natura energetica o edilizia, espressamente previsti dal legislatore, a condizione che gli interventi stessi consentano un miglioramento di almeno due classi energetiche dell’edificio (o comunque il raggiungimento della classe più alta) e che i medesimi siano “asseverati”, sul piano tecnico, da tecnici abilitati circa il rispetto delle condizioni imposte dalla normativa. Le ragioni che hanno spinto il legislatore a questo intervento sono evidenti. Il Superbonus si pone – o meglio, vuole porsi – come un mezzo di rilancio della economia, con particolare riferimento al settore edilizio e garantendo altresì una generale riqualificazione del patrimonio immobiliare del Paese. Ma quella che è una profittevole opportunità nasconde, al tempo stesso, svariati profili di rischio in termini di responsabilità penale. L’ipotesi più intuibile e, per certi versi, ovvia è quella di un ottenimento del Superbonus senza la sussistenza dei requisiti per averne diritto, magari con la compiacenza e la correità dei professionisti e dei tecnici coinvolti nella procedura. Elemento chiave saranno le fatture emesse in corso d’opera. Criticità qualitative o quantitative nella
compilazione delle fatture emesse, ad esempio, da parte del fornitore o del professionista attestatore potrebbero condurre alla contestazione di reati tributari. Variegate sono le situazioni che possono immaginarsi, quali l’indicazione di un valore di intervento ‘gonfiato’ in fattura, la fatturazione di costi ‘maggiorati’, la discrasia nella intestazione della fattura (magari ad un soggetto, legittimato ad accedere al bonus, diverso da quello nella realtà effettivamente beneficiario dell’intervento). In tutti questi casi, potrebbero facilmente essere contestate fattispecie di falsa fatturazione, oggettiva o soggettiva, totale o parziale. Ciò, tanto sul versante della emissione della fattura falsa, quanto su quello del suo utilizzo in dichiarazione. La situazione potrebbe aggravarsi o comunque ampliarsi laddove le autorità inquirenti dovessero ritenere di contestare anche ipotesi di truffa ai danni dello Stato, astrattamente configurabili in un caso del genere. Particolare attenzione dovrà essere
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· GAIA ALAIMO · ALESSANDRO BUSSO TOMMASO SEITA
· GIOVANNI CIOFFI
FABIO FRATTIN ANTONINO GERACI EMANUELE GUSSO MAURO MUSARRA MATTEO TARANTINO · GLORIA CHIOCCI · CHRISTIAN LOCATELLI CHRISTIAN DRAMMIS
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del rinnovamento I ragazzi under 30 selezionati da Forbes Italia per il 2021 nella categoria Education stanno rivoluzionando il mondo dell’istruzione e del lavoro. E per adattarlo alle esigenze delle nuove generazioni usano strumenti come intelligenza artificiale, piattaforme di gamification e spazi di mentoring dove condividere idee R O B E R TA M A D DA L E N A FORBES.IT
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n un mondo in rapida trasformazione, ai manager è richiesto di essere sempre attenti alle nuove tendenze e guardare al lavoro come una continua evoluzione. Come fare quindi per stare al passo in un mercato che cambia giorno dopo giorno? La formazione gioca un ruolo fondamentale, soprattutto se calata nella pratica e capace di dare una forma mentis flessibile e aperta a nuove idee. Inoltre, proprio alla luce delle recenti trasformazioni, è bene aprirsi a percorsi formativi pensati su misura di ogni singolo studente con le sue caratteristiche specifiche. Quella trasversalità e capacità di adattamento richiesti ai manager del futuro, sono aspetti che poggiano le basi proprio in fase di apprendimento e percorso di studi. Uno studente abituato a fare esperienza con realtà consolidate, di mettersi alla prova fuori dalla propria comfort zone o di confrontarsi con coetanei provenienti da contesti e culture diversi, può contribuire allo sviluppo delle soft skill ormai considerate ugualmente fondamentali al pari delle hard skill. L’intelligenza emotiva, ad esempio, è una delle qualità più importanti per entrare nel mondo del lavoro. Per anni abbiamo pensato che parlare di emozioni potesse Francesco Rattalino essere poco professionale, APRILE, 2022
mentre abbiamo imparato che può davvero fare la differenza e rafforzare le nostre capacità di leadership. La determinazione e il coraggio di mettersi alla prova sono anche frutto della combinazione di studio, confronto e pratica durante il percorso di studi di un giovane studente, probabilmente tutti elementi decisivi per la sua carriera professionale. “Le scelte fatte nella quotidianità sono sempre cruciali. Essere consapevoli ma non avere paura di osare potrà essere la marcia in più per i manager del futuro. Come business school che da oltre 200 anni forma i futuri leader e imprenditori, il nostro dovere è insegnare loro a essere sempre pronti alle novità”, spiega Francesco Rattalino, direttore della sede italiana di Escp Business School, la più antica business school al mondo, oggi tra le migliori su scala globale, che ogni anno accoglie ottomila studenti e cinquemila manager di 122 nazionalità diverse. Anche quest’anno hanno scelto di supportare i giovani della categoria Education: “Guidati da una cultura europea e dai valori universali della diversità, del multiculturalismo e dell’interdisciplinarità, quello che promuoviamo è un modello di leadership responsabile e collaborativa. L’innovazione sarà il motore in grado di guidare i manager di domani nella loro esperienza lavorativa”. F FORBES.IT
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Uscire dalla comfort zone, abbracciando il valore della diversità. Escp, la più antica business school al mondo, forma i manager di domani. “Il nostro dovere è insegnare a essere sempre pronti alle novità”, spiega il direttore Francesco Rattalino
Gaia Alaimo FORBES.IT
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A lezione di futuro GAIA ALAIMO HA CREATO SCHOOL OF WORK, UNA COMMUNITY DI JOB MENTORING CHE METTE IN CONTATTO LE NUOVE GENERAZIONI CON PROFESSIONISTI E AZIENDE. “MILLENNIALS E GEN Z DESIDERANO UNA LEADERSHIP PIÙ ATTENTA ALLA PERSONA, AMBIENTI DI LAVORO INCLUSIVI E MODELLI FLESSIBILI”
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oltre 50mila follower tra TikTok e Instagram e più di ottomila persone iscritte alla newsletter. In due anni dal lancio ha aiutato più di 200 persone tramite consulenze di carriera individuali ed è stato supportato da più di 30 professionisti che hanno condiviso le proprie esperienze. “Non si può generalizzare, ma penso che tra i Millennials e forse ancora di più nella GenZ, si senta il bisogno di un approccio diverso alla vita lavorativa. Quando si parla del desiderio di un maggiore equilibrio tra vita personale e professionale, molti fraintendono e ci rifilano l’immagine dei ‘giovani che non hanno voglia di lavorare’. Al contrario: quello che molti desiderano è avere migliori condizioni di lavoro, una leadership più attenta alla persona, una cultura di crescita, ambienti più inclusivi e modelli ibridi e flessibili. Sarà possibile?”. Per Gaia, nel nuovo scacchiere del lavoro hanno giocato un ruolo essenziale i social: “Negli ultimi due anni, complice la pandemia, sempre più aziende e professionisti hanno cominciato a sfruttare i social frequentati dai giovani per proporre una narrativa più umana”. Gli stessi social che per lei, quando era un’adolescente, sono stati una finestra sul mondo, un modo “per vedere cosa fosse possibile oltre le mura della mia cameretta affacciata sulla campagna perugina”. Ai giovani, suoi coetanei, Gaia consiglia di non fermarsi alle competenze sviluppate con gli studi: il mondo del lavoro continuerà a evolversi rapidamente e con esso le capacità richieste. “Bisogna continuare a investire nella crescita e formazione anche dopo la laurea, con un’attenzione particolare alle soft skills e alle competenze digitali, sempre più centrali in qualsiasi professione”. Per il futuro, intanto, il focus della piattaforma sarà quello di migliorare e arricchire il servizio per gli studenti di consolidare il network di collaborazioni. “E finalmente potremo anche unire la potenza del digitale alla magia del potersi incontrare di persona”. F Roberta Maddalena FORBES.IT
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lcuni trovano che parlare sempre di lavoro sia frustrante, persino ansiogeno. Certo è che, adeguarlo alle aspirazioni delle nuove generazioni, è diventato sempre più difficile. A 26 anni, dopo la laurea in Scienze internazionali e diplomatiche, Gaia Alaimo aveva un contratto a tempo indeterminato, un’ottima posizione nel team hr di una multinazionale a Milano e aveva accumulato diverse esperienze lavorative all’estero. Ma da tempo, ormai, capiva le difficoltà dei suoi coetanei nel muovere i primi passi nel mondo del lavoro. Così, nel 2019 ha iniziato a raccontare quel mondo sui social attraverso la community Your Millennial Mentor, intervistando giovani professionisti con percorsi diversi, dal software developer all’imprenditrice, dall’esperta di vendite allo specialista di digital pr. A fine 2020 ha lasciato il posto fisso e da lì tutto è cambiato. Oggi la community ha un nuovo nome, School of Work, ma i suoi obiettivi sono sempre gli stessi: aiutare i giovani a costruire la propria strada nel mondo del lavoro, indipendentemente dal percorso e dalla condizione di partenza. Inizialmente solo su YouTube e Instagram, poi, da gennaio 2020, anche su TikTok. “A inizio 2022 abbiamo lanciato una scuola online dove universitari e giovani laureati possono imparare come funziona il mondo del lavoro, chiedere consigli ai professionisti e acquisire gli strumenti necessari per muovere i primi passi nella carriera”, spiega Alaimo. Iscrivendosi a School of Work, non solo si ha accesso a decine di video-corsi tenuti da professionisti, ma si ha anche la possibilità di partecipare a laboratori interamente dedicati alla pratica, di entrare in contatto con aziende, startup e imprenditori, e si fa parte di una vera e propria community che cresce ogni giorno grazie alla collaborazione con realtà e imprese che vogliano comunicare il proprio brand o iniziative di valore. Oggi il progetto di School of Work conta
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La formazione è un’impresa 100 UNDER 30
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WIBO È UNA STARTUP CHE SI OCCUPA DI EDUCATION E TEAM BULDING PER AZIENDE, ATTRAVERSO QUIZ ED ESPERIENZE WEB PERSONALIZZATE. È STATA FONDATA POCO PRIMA DELLA PANDEMIA DA ALESSANDRO BUSSO E TOMMASO SEITA. “AIUTIAMO I PROFESSIONISTI A MIGLIORARE LE PROPRIE COMPETENZE”
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alle origini nell’entertainment alla corporate education. La storia di Wibo, startup attiva nel settore della formazione fondata a fine 2019 da Alessandro Busso e Tommaso Seita, è frutto dell’idea di due ragazzi con competenze e spirito imprenditoriale. Wibo è nato poco prima della pandemia. “All’inizio era una piattaforma di intrattenimento in cui era possibile vincere un vero montepremi partecipando a quiz show comodamente dal divano di casa”, dicono. Dopo i primi investimenti, Alessandro e Tommaso hanno costruito un team di sei giovanissimi, con un’età media di 25-26 anni, con nuove competenze tecniche. Poi, la svolta. “Abbiamo portato avanti questo progetto fino al primo trimestre del 2021”, raccontano, “poi abbiamo iniziato a guardare al mondo delle scuole e delle corporate education”. La pandemia infatti ha fatto nascere una serie di esigenze diverse riguardo la formazione, e tutto ciò che era fisico si è spostato sul digitale. “Ci siamo posti il problema di come rinnovare quella formazione fatta prima sui banchi di scuola, nelle aule, nelle aziende e nel digitale, rendendola più divertente”. E per farlo Alessandro e Tommaso hanno pensato di utilizzare quella modalità quiz che aveva caratterizzato i loro inizi, per rendere la formazione ‘memorabile’. Wibo è diventata quindi una web experience che si occupa di formazione e team bulding, basata su microlearning, giochi e testimonianze live con esperti dei settori di interesse. Ogni esperienza viene poi personalizzata in base all’obiettivo finale delle aziende.
“Ci siamo posti il problema di come rinnovare l’istruzione tra i banchi di scuola e nelle aziende. Rendendola digitale e più divertente” FORBES.IT
“Individuiamo con gli hr, nostri principali referenti, le esigenze di formazione più importanti del mondo corporate”, spiegano. Si parla in particolare di soft skill: leadership, time management, storytelling e innovazione in azienda. Dati questi bisogni, il modello di Wibo prevede inoltre una partnership con le aziende volte a creare un determinato tipo di contenuti. È una piattaforma tecnologica, ma i contenuti sono poi realizzati dalle eccellenze di diversi settori. “Per la parte di storytelling ci siamo rivolti alla Scuola Holden di Torino, mentre per il corporate innovation collaboriamo con Startup Geeks, uno dei più importanti incubatori online di startup in Italia. Insieme ai partner costruiamo un percorso formativo coinvolgente che si pone come obiettivo lo sviluppo di una specifica skill”. Il concetto di competizione è parte dell’idea iniziale alle base di Wibo e, nel corso degli anni, non è stata abbandonata. “Per arrivare a un obiettivo bisogna essere motivati. Per stimolare una persona serve prima di tutto ambizione personale. E noi la incentiviamo con un riconoscimento: un open badge che assegniamo in base ai risultati e all’impegno. Si tratta di un attestato digitale che indica l’acquisizione di certe competenze. È nominale ed è possibile condividerlo su LinkedIn e inserirlo nel proprio curriculum”. Per quanto riguarda il futuro, il team di Wibo sta cercando aziende partner con lo scopo di raggiungere un pubblico più ampio di clienti con cui aumentare il bacino di esperienze offerte. “Parallelamente, porteremo nuovi contenuti. Le prime due esperienze sullo storytelling e la corporate innovation rappresentano solo l’inizio di un catalogo che sarà molto ampio. Vogliamo arrivare a parlare di leadership, di sostenibilità ed etica del lavoro. Inoltre, vogliamo diventare il punto di riferimento nella corporate education per aziende che hanno tra i 300 e i tremila dipendenti. Vorremo diventare partner di fiducia quando si parla di formazione aziendale. E non solo, stiamo già lavorando a percorsi che aiutino i professionisti a migliorare le proprie competenze e a raggiungere gli obiettivi di crescita professionale”. F Matteo Sportelli APRILE, 2022
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Alessandro Busso (a sinistra) e Tommaso Seita
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La sfida della conoscenza SEI RAGAZZI HANNO FONDATO ALGOR LAB, UN PROGRAMMA DI INTELLIGENZA ARTIFICIALE CHE CREA IN AUTOMATICO MAPPE CONCETTUALI CHE FACILITANO L’APPRENDIMENTO ANCHE AI GIOVANI CON DISTURBI. “VOGLIAMO RENDERE LA DIDATTICA INCLUSIVA ED ESPORTARE IL MODELLO FUORI DALLE SCUOLE”
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l team di Algor Lab, piattaforma di edu-game in cui gli studenti duellano sulle materie del proprio corso di laurea, si è formato nelle aule del Politecnico di Torino. Nonostante i loro diversi background, Giovanni Cioffi, Emanuele Gusso, Mauro Musarra, Antonino Geraci, Fabio Frattin e Matteo Tarantino sono tutti laureandi o neolaureati del corso magistrale in Data science and engineering. Ma la loro amicizia è nata ben prima
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della decisione di fondare insieme una società. L’idea ha preso forma alla fine del 2020 nell’ambito di una challenge proposta dal laboratorio didattico Clik del Politecnico di Torino alla quale partecipa Mauro. Agli studenti era stato chiesto di risolvere un problema concreto utilizzando l’intelligenza artificiale, e da lì l’intuizione: sviluppare un algoritmo in grado di rielaborare un testo sotto forma di mappa concettuale, il tutto in maniera automatica. In pochi mesi è nata la prima versione dell’algoritmo che ha permesso a APRILE, 2022
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Da sinistra, Giovanni Cioffi, Emanuele Gusso, Mauro Musarra, Antonino Geraci, Fabio Frattin, Matteo Tarantino.
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Mauro di vincere la competizione e di presentare il progetto all’incubatore di imprese innovative del Politecnico di Torino. L’idea è piaciuta e Algor ha potuto accedere al percorso di pre-incubazione in I3P. Con l’arrivo degli altri membri del team, a marzo 2021, in un mese quello che all’inizio era solo un prototipo è diventata un’applicazione con più di 500 iscritti. Nell’estate 2021 sono arrivati i primi riconoscimenti e il 19 luglio 2021 è nata ufficialmente Algor Lab. La piattaforma funziona tramite Algor Maps, un’applicazione web che racchiude diversi strumenti per supportare l’apprendimento di qualsiasi testo, si tratti di un libro digitale, appunti o il contenuto di una pagina web. Il nome, Maps, fa
riferimento appunto alle mappe concettuali, uno degli strumenti più efficaci nell’apprendimento, ancora più fondamentali per chi ha specifiche difficoltà nella lettura di un testo scritto come chi soffre di un disturbo specifico dell’apprendimento. Oltre a permetterne la costruzione manuale grazie a un apposito editor grafico, l’applicazione mette a disposizione l’utilizzo di algoritmi di intelligenza artificiale per accompagnare lo studente nella costruzione della mappa tramite l’estrazione automatica dei concetti chiave dal testo. Un sistema che permette di imparare grazie a strumenti come stimoli sonori, sintesi vocale o apprendimento visivo. A oggi, Algor Education conta oltre settemila iscritti, che continuano a crescere del 18% circa ogni mese. Dato ancor più significativo è che, in media, circa 450 persone utilizzano la web app ogni giorno per studiare e approfondire con le mappe concettuali. “I nostri utenti sono principalmente alunni di scuole secondarie, genitori di ragazzi con Dsa, docenti e tutor alla ricerca di strumenti innovativi per l’inclusione e la collaborazione”, spiegano i fondatori. “Algor Lab non sarebbe a questo punto senza il fondamentale supporto dell’incubatore I3P del Politecnico di Torino e il suo network. Ma innovazione e impatto sociale sono i veri fari che orientano le nostre scelte”. Lo scorso novembre, Algor ha raccolto un investimento da 180mila euro dal Club degli investitori di Torino. E anche le partnership non sono mancate. “Collaboriamo con un importante laboratorio di ricerca in intelligenza artificiale del Politecnico di Torino. Abbiamo ottenuto fin dagli inizi il supporto dell’Associazione italiana dislessia che ci ha accompagnato nel design di tutte le funzionalità della prima versione beta. Infine, abbiamo stretto legami con dirigenti, animatori digitali e docenti di scuole secondarie di tutta Italia. E siamo all’interno del network di imprenditoria sociale della Ong Ashoka e di realtà di riferimento per i giovani come Giffoni Opportunity”. Come l’obiettivo iniziale, ovvero migliorare la vita delle persone grazie all’intelligenza artificiale, anche quello futuro sembra altrettanto ambizioso. “Automatizzando alcune attività meccaniche e ripetitive, che ogni giorno portano via tanto tempo, vogliamo rendere la didattica realmente inclusiva, migliorando l’apprendimento di chi ha maggiori difficoltà. Contiamo di poter esportare il nostro modello anche fuori dal mondo della scuola e a tal proposito abbiamo già avviato un primo test con un’importante società italiana che ha particolarmente a cuore il tema che stiamo affrontando”. Con la onesta consapevolezza che non si smette mai di imparare. F
Oltre i propri limiti LA STORIA DI GLORIA CHIOCCI DIMOSTRA CHE È POSSIBILE VINCERE QUALSIASI OSTACOLO, PERSINO LA DISLESSIA. NEL 2014 CREA UXFORKIDS, PROGETTO CHE INSEGNA L’USER EXPERIENCE DESIGN E PROMUOVE L’INCLUSIONE DI STUDENTI CON DISTURBI DELL’APPRENDIMENTO. “LE NOSTRE METODOLOGIE NON CREANO DISTINZIONI”
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limiti sono solo una questione di prospettiva. Perché se, partendo da quello stesso limite, si riesce a fare vincere l’intraprendenza, il limite stesso fa meno paura. Ce lo insegna la storia di Gloria Chiocci, 29 anni, che nonostante il disturbo specifico dell’apprendimento che l’accompagna fin da bambina, è riuscita a laurearsi in Comunicazione e storytelling e oggi lavora come Ux designer in una società di consulenza tecnologica, strategica e aziendale. Lo Ux designer, per chi non lo sapesse, è quella figura che si occupa di progettare la migliore esperienza di interazione uomo-macchina. “Non ho mai visto la dislessia come un limite, piuttosto, è sempre stata una caratteristica, un modo differente di apprendere, memorizzare e vivere usando la creatività, che mi ha permesso di uscire dalla mia comfort zone”, spiega. Quando era piccola, Gloria sognava di lavorare come psicologa. Poi, crescendo, come tutti i ragazzi della sua età ha cambiato idea e ha scoperto di avere una certa propensione per il mondo della comunicazione. E a soli 21 anni ha vinto nel 2013 il premio Creativity Camp per la migliore idea imprenditoriale giovanile. Grazie a quella borsa di studio-ricerca è volata in Canada, dove ha iniziato a studiare le innovazioni e le metodologie per una didattica inclusiva e tecnologica. Nello stesso anno, ha ricevuto poi la nomina di Ambasciatrice di innovazione sociale under 30 da ItaliaCamp e dall’Agenzia Nazionale per i Giovani. In seguito all’esperienza in Canada, nel 2015 ha fondato UXforKids, un progetto che ha l’obiettivo di trasmettere ai più piccoli le basi e le metodologie dell’Ux Design e dell’architettura dell’informazione, attraverso workshop e co-progettazioni creative con un focus sull’accessibilità ed usabilità. Il progetto ha anche lo scopo di sensibilizzare sul tema della dislessia e dell’apprendimento creativo nelle scuole. E proprio negli istituti e nelle università, ma anche a eventi come Expo 2015, Gloria ha portato UXforKids coinvolgendo più di mille bambini. “All’università mi sono resa conto che per studiare e memorizzare utilizzavo mappe, etichette e post-it colorati, proprio come i professionisti dell’Ux design. Il progetto è nato quindi dalla mia esperienza personale con la dislessia e con l’Ux design. Si rivolge a tutti perché le metodologie proposte non creano distinzioni ma inclusione generando empatia”. Sempre in Canada, nel 2014 per Gloria si è aperta una nuova possibilità. “In quel
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periodo ero super focalizzata a raccogliere quante più informazioni possibili oltreoceano sull’apprendimento innovativo e sulle nuove tecnologie e metodologie”. Una mattina, navigando su uno dei portali online dedicati agli studenti universitari, ha trovato il concorso Nòva Grant dove si cercavano giovani blogger per raccontare l’ecosistema innovativo italiano. Vince il concorso insieme ad altri giovani provenienti da tutta Italia e inizia uno stage formativo. Da quel momento è iniziata l’esperienza da blogger per Nòva100, al Il Sole 24 Ore, dove da sette anni racconta storie di giovani innovatori under 35. “Dietro ogni storia c’è un percorso di vita e di scelte. Nessuno nasce startupper, innovatore o imprenditore”, spiega con passione. “In questi anni ho raccontato ben 128 giovani innovatori. Ognuna mi ha lasciato qualcosa perché dietro a ogni racconto c’è un percorso di vita fatto di scelte e sacrifici, che spesso non vengono raccontati. Non esiste un percorso ‘giusto’ da seguire per realizzare la propria startup”. Le interviste che ha condotto finora toccano i temi di maggior interesse tra i giovani: startup, digital, imprenditoria, leadership, creatività, sostenibilità, diversity & inclusion, solo per citarne alcuni. Dal 2019, Gloria è inoltre tra gli amministratori di Ux/ Ui Designer Italia, la più grande community online del settore con oltre seimila iscritti. In questi ultimi anni la community è diventata un importante punto di riferimento online per professionisti, studenti o semplici appassionati, in uno spazio virtuale di quotidiano incontro, scambio e confronto dove condividere esperienze, know-how, porre domande o tenersi aggiornati sui trend del settore o eventi in programma. “Il mondo del lavoro è rimasto per troppi anni ancorato a vecchi schemi e procedure rigide e burocratizzate. Oggi i giovani desiderano produrre qualcosa di utile e non si accontentano più di arrivare alla fine del mese avendo completato la loro to do list: hanno voglia di cambiamento”. Lavorare per obiettivi concreti in un ambiente stimolante, con un management reattivo alle nuove sfide, che permetta loro di mantenere uno stile di vita equilibrato, saranno secondo Chiocci le chiavi per produrre innovazione e lavorare in sintonia con le nuove generazioni. “Ci sono tante opportunità per i giovani, soprattutto nel digital. Il problema, però, è che ancora tanti non sanno come orientarsi e dove cercare. Le scuole, le università hanno un ruolo centrale, per questo oggi più che mai c’è bisogno di connettersi e creare sinergia”. F Roberta Maddalena APRILE, 2022
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Gloria Chiocci
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Christian Locatelli (a sinistra) e Christian Drammis FORBES.IT
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Imparare divertendosi CHRISTIAN DRAMMIS E CHRISTIAN LOCATELLI SONO I FONDATORI DI THEFACULTY, STARTUP ATTIVA NELL’AMBITO DELL’EDUCATION CHE OFFRE A STUDENTI E IMPRESE STRUMENTI DI APPRENDIMENTO CHE SFRUTTANO LA GAMIFICATION. E PER I PROSSIMI MESI È IN ARRIVO UN GROSSO ROUND DI INVESTIMENTO
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in licenza, così che possano creare e personalizzare innovativi canali di marketing digitale per la fidelizzazione, l’intrattenimento educativo e la profilazione dei loro clienti. Il tutto sulla base di meccaniche gamificate. “Oggi Thefaculty conta più di 150mila studenti iscritti”, dice Drammis, “con un tempo medio di permanenza giornaliera in app superiore ai 10 minuti. Sono 15 milioni le risposte date ai nostri quesiti”. Il database di domande è in costante evoluzione grazie alla partnership industriale stretta nel 2020 con Selexi, azienda italiana attiva nella creazione di test a risposta multipla per l’ammissione alle università e per i concorsi pubblici. “Selexi garantisce i più elevati standard qualitativi di tutti i quesiti che gli studenti trovano giocando in app, che sono scritti da professionisti delle varie discipline. Al momento abbiamo più di 45mila domande suddivise in 70 materie universitarie”. Per il futuro gli obiettivi sono diversi. Nel breve periodo Thefaculty si propone di aumentare il numero di partnership con le aziende. Un obiettivo sul quale il team sta già lavorando. “Una delle più importanti banche d’Italia ha inserito le nostre capacità nella loro app reward dedicata all’engagement di clienti, integrando il nostro software”. Novità anche per i finanziamenti esterni, visto che la startup è prossima alla chiusura di un grosso round di investimento”. Grazie ai nuovi investimenti si pensa poi a come valorizzare ulteriormente la partnership con Selexi e il team commerciale è già al lavoro su nuovi contatti interessanti. F Matteo Sportelli
“Chiesi a 200 universitari: vi piacerebbe se le vostre conoscenze universitarie, oltre ai soliti voti, vi dessero vantaggi esclusivi come sconti coupon?” FORBES.IT
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na startup fondata da studenti per studenti che si propone di intrattenere e coinvolgere una generazione, quella Z, che spesso, oltre ai voti, non riesce a trarre altri vantaggi dallo studio. Con questo obiettivo è nata Thefaculty, startup attiva nell’ambito dell’education, fondata da Christian Drammis e Christian Locatelli, rispettivamente classe 1995 e 1999. I due si propongono di offrire degli strumenti agli universitari, dando un’alternativa alle aziende per espandersi verso nuovi target. Tra i clienti che attualmente lavorano con Thefaculty ci sono Deliveroo, Carrefour, McFit e la Feltrinelli.it. “Ho fondato la startup nel 2018 insieme a Locatelli, che adesso è responsabile degli sviluppi front end”, racconta. La realtà, come spesso accade in questi casi, è nata da un’esigenza personale, quando Drammis era al terzo anno di medicina e Locatelli all’ultimo anno di liceo. “Decisi di intervistare circa 200 universitari e chiesi loro: ‘vi piacerebbe se le vostre conoscenze universitarie oltre ai soliti voti vi dessero vantaggi esclusivi come sconti coupon o altro?’ L’idea si basava partendo da due problemi comuni per gli universitari: pochi studenti di solito lavorano e quindi, spesso, gravano sulle casse dei genitori. Lo studio è inoltre poco incentivato e limitato al solo risultato accademico”, dicono. La startup è composta da un team di dieci ragazzi. “L’età media della nostra squadra è 24 anni”, spiega Drammis. “Mi piace sempre citare le competenze ‘a T’ del mio team, ciascuno è competente e responsabile in un ambito. Ma con la capacità di comprenderne anche altri e confrontarsi efficacemente per migliorare”. In questi anni di attività Thefaculty si è affermata come startup esperta di gamification applicata all’edutainment, con due modelli di business: uno b2c e uno b2b. Il primo si concretizza con l’app dedicata agli studenti universitari: attraverso il gioco a quiz vengono aiutati gli studenti a ripassare ciò che studiano e a risparmiare grazie agli sconti offerti dalle aziende che investono nell’app come canale di marketing digitale per raggiungere la GenZ. Il modello b2b, invece, consiste nel fornire alle aziende clienti il software brevettato
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NEL PAESE DEL MOLA MIA
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CON 1,1 MILIONI DI ABITANTI, LA BERGAMASCA È UNA DELLE ZONE PIÙ PRODUTTIVE D’ITALIA. QUI L’ETICA DEL FARE NON È UNO STEREOTIPO, IL LAVORO È AL VERTICE DELLE GERARCHIE VALORIALI. E GRAZIE ALLA RESILIENZA, ALLA FLESSIBILITÀ E ALLA CAPACITÀ DI RIMETTERSI IN GIOCO DEI SUOI IMPRENDITORI, IL RECUPERO DALLA PANDEMIA È STATO SENZA PARI APRILE, 2022
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rilla per propensione all’export e diversificazione produttiva; detiene il primato del più basso tasso di disoccupazione nazionale (3% vs 9% italiano). La provincia di Bergamo è tra le campionesse d’Europa nell’industria manifatturiera avanzata. E questo soprattutto perché ha compreso la forza della prossimità e dell’aggregazione avviando solide filiere: nel settore della meccanica, infatti, le distanze di fornitura sono pari a circa 50 chilometri. Alle porte della città scorre un muro rosso in alluminio estruso, alto dieci metri, lungo un chilometro e con nome dettato dal pragmatismo orobico. È il Kilometro Rosso, parco scientifico tra i più brillanti d’Europa, luogo di ricerca e impresa, cuore dell’innovazione di un territorio dove la modernizzazione dei prodotti e dei processi produce una manifattura di medio-alto livello tecnologico che occupa più di un terzo degli addetti. I 118 brevetti registrati all’Epo (European patent office) per milione di abitanti sopravanzano i 74,6 della media italiana. E così, con 1,1 milioni di abitanti, la Bergamasca rappresenta l’1,9% della popolazione italiana, ma pesa il 2,1% se si considera il valore aggiunto totale (cioè differenza tra il valore della produzione di servizi e beni e i costi sostenuti). E addirittura il 3,4% in termini di esportazioni. A Bergamo la scure del Covid s’è abbattuta prima e più che altrove. Nell’immediato, il calo del Pil fu superiore rispetto alla media nazionale, però il recupero è stato senza pari e tale da collocare il territorio nuovamente fra i più trainanti del Paese. Per la manifattura bergamasca il 2021 è stato infatti un anno record: le stime di crescita della ricchezza generata oscillano tra l’11% e il 12%. La produzione (17%), il fatturato (22%) e il volume di export (24%) hanno rimbalzato quasi del doppio e con un’intensità mai sperimentata negli anni precedenti (report PwC- Bergamo Top500). I volumi produttivi hanno fatto registrare una FORBES.IT
SMALL GIANTS crescita del 7% rispetto al 2019, ben sopra la media lombarda del 4%, la produzione industriale in provincia (+17,4%) ha performato più che a livello regionale (+15,6%) e nazionale (+11,8%). Le indagini previsionali per il 2022 formulate a inizio anno indicavano un ulteriore crescendo di fatturato, nonostante il conflitto russo-ucraino comporti variabili dagli effetti difficili da misurare. Tra le leve del successo di questo territorio spiccano l’imprenditività, l’attitudine alla resilienza e la flessibilità. Resilienza sintetizzata nel mola mia (non arrenderti) agli onori della cronaca nazionale nei giorni più bui del Covid, un imperativo categorico inculcato dall’infanzia e figlio della montagna che qui domina, Sofia Goggia docet. Quanto alla flessibilità, basti pensare alla locale Confindustria cresciuta nel grembo della ‘fu’ Federazione bergamasca industrie tessili (1907). Dal tessile, primo motore dell’industrializzazione della provincia, si è approdati alla plastica, metalmeccanica, chimica, costruzioni: i leggendari pulmini di muratori e carpentieri che sfrecciano lungo la A4 sono giusto un tassello. Dagli anni Sessanta si è assistito a un fiorire di imprese fra cime e valli impervie, aspre come la lingua del luogo fatta di suoni spigolosi e gutturali, con termini che condensano intere frasi. Il bergamasco è notoriamente di poche parole, sobrio e concreto fino alla ruvidezza. Qui l’etica del fare non è uno stereotipo, il lavoro è al vertice delle gerarchie valoriali. Bergamo è l’incarnazione dell’articolo uno della nostra Costituzione. Nella competizione internazionale troviamo in prima fila un nucleo di grandi aziende, da Brembo a Radici, e centinaia di medie: il traino di una miriade di piccole imprese che garantiscono la compattezza della struttura produttiva. PwC, in collaborazione con Intesa Sanpaolo, università e Confindustria di Bergamo, ha consegnato un report con le prime 500 aziende bergamasche per fatturato. Guidano la classifica i gruppi della metalmeccanica (9,8 miliardi euro), seguiti da commercio (7,2), chimica-farmaceutica (3,6), gomma-plastica (3,5), automotive (3), elettronica-Informatica (2,8), agro-alimentare (2,8), costruzioni (2,2), trasporti (1,6), moda (1), utility (0,9). Contano complessivamente 148.321 dipendenti, pari a quasi un terzo degli occupati totali della provincia di Bergamo. Un territorio vocato per la manifattura di medio-alto livello tecnologico, avverte sensibilmente il mismatch tra domanda e offerta. Secondo un’indagine condotta da Intesa Sanpaolo, lamentano la difficoltà nel trovare operai specializzati, con punte del 75% tra le imprese piccole e 60% tra le medio-grandi. E in generale, è difficile trovare figure altamente specializzate come tecnici in campo informatico, ingegneristico e della produzione. “È fondamentale la collaborazione con enti come gli Its che possano assicurarci giovani con competenze nella meccanica e meccatronica”, spiega l’imprenditore Angelo Radici. “Noi stessi dovremmo fare squadra e farci carico della formazione di questi giovani”. F Si ringrazia per la collaborazione Elisabetta Olivari di Bergamonews APRILE, 2022
In aiuto del Monte Pora
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Come si rilancia un piccolo comprensorio sciistico in una fase come questa? Con investimenti e strategie. Per anni mi sono limitato a destinare una serie di finanziamenti al Monte Pora, senza mai spingere. Poi, quattro anni fa, la decisione di assumere la maggioranza della società fino a diventarne l’azionista di riferimento (80% delle quote). Già vediamo i primi risultati sia per il turismo invernale sia per quello estivo. Il Monte Pora è costituito da seconde case, manca un hotel. Mi auguro si facciano avanti altri investitori. Siamo in un’area, la Val Seriana, ricca di aziende di peso. Avete aziende disseminate in più continenti. Però il cuore continua a pulsare laddove siete nati, in montagna. Come è la forza lavoro montana? Di sicuro avvezza al sacrificio. Abbiamo impianti a ciclo continuo, non possiamo mai staccare. È quindi fondamentale poter contare sui turni notturni e dei fine settimana. Finora abbiamo sempre avuto risposte positive. Oggi il problema è un altro: trovare professionalità che possano rispondere alle nuove
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richieste, abbiamo bisogno di tecnici specializzati ma le scuole non li formano. È fondamentale la collaborazione con enti come gli Its che possano assicurarci giovani con competenze nella meccanica e meccatronica. Noi stessi imprenditori dovremo fare squadra e farci carico della formazione di questi giovani. E proprio fra le montagne sono distribuite le centrali idroelettriche di Geogreen, altra azienda sotto la cupola della famiglia Radici. Geogreen copre interamente il vostro fabbisogno energetico? Geogreen è il fornitore unico di energia per RadiciGroup in Italia: può contare su sei centrali per la produzione di 80 megawatt all’anno di energia idroelettrica e sulla centrale
di cogenerazione Novel (con sede a Novara) che produce 300 megawatt di energia, un impianto alimentato a metano e oggi considerato uno dei più performanti nella produzione di energia e vapore. Del resto, nella fase di transizione che ci porterà al 100% di energia rinnovabile, non possiamo prescindere dal gas naturale, la fonte non rinnovabile oggi a minor impatto. Su questo impianto, proprio a fine 2021, è stato fatto un importante investimento al fine di migliorarne ulteriormente l’efficienza. Inoltre, durante questi lavori, l’impianto è stato predisposto per alimentare un nuovo sistema di teleriscaldamento per la città di Novara: un progetto che si concretizzerà in collaborazione con una primaria società italiana attiva nel settore.
È fondamentale la collaborazione con enti come gli Its che possano assicurarci giovani con competenze nella meccanica e nella meccatronica. Anche noi imprenditori dovremo fare squadra e farci carico della formazione di questi giovani
Angelo Radici
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n fase pre-Covid l’economia del turismo invernale valeva più di 10 miliardi di euro fra diretto, indotto e filiera. Ma la pandemia ha infierito pesantemente su questo settore tra l’altro messo a dura prova dai cambiamenti climatici. I più colpiti sono i comprensori piccoli, eppure vitali per l’economia del territorio. La montagna soffre salvo che un imprenditore locale decida di intervenire, in buona parte per spirito filantropico. È il caso di Angelo Radici, presidente di RadiciGroup, azienda della chimica, tecnopolimeri e soluzioni tessili, con quartier generale a Gandino, in provincia di Bergamo, oltre 1 miliardo di euro il fatturato.
di Piera Anna Franini
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Gioielli del territorio
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Ci sono aziende storiche come il gruppo Albini, imprese emergenti come Legami e innovative come Phoenix Informatica. La Bergamasca, è ricca di eccellenze in tutti i settori. Che qui presentiamo insieme alle realtà con il più alto fatturato
STORICHE •
Mazzoleni Trafilerie Bergamasche
Oggi alla terza generazione, è stata fondata nel 1907. Vanta una esperienza secolare nella produzione di fili d’acciaio e derivati. •
Scaglia Indeva
Produce manipolatori industriali dal 2007. Per la verità, l’azienda trova il suo filo conduttore nella Scaglia Srl nata nel lontano 1838. L’a.d. Stefano Scaglia incarna la quinta generazione rappresentando, così, una delle realtà più longeve del territorio. •
Valtellina
Fondata nel 1937 a Gorle, l’azienda è stata protagonista nello sviluppo delle infrastrutture per reti di telecomunicazioni in Italia. Impiega oltre 1500 persone ed è strutturata in sei divisioni operative che spaziano dalle TLC, networking, energia e smart city, IT e ICT, Industry 4.0. •
Albini Group
È il leader europeo di tessuti di pregio per camicia, parlano le ventimila varianti di tessuti e una produzione di 16 milioni di metri di tessuto all’anno. Impresa familiare alla quinta generazione, è attiva ad Albino dal lontano 1876. •
Minelli
Nel 1937, l’impresa Minelli s’iscrisse alla Camera di Commercio con la dicitura “Taglio boschi e commercio legna da ardere”. Oggi è un’azienda che brilla nella produzione di componenti per legno, dai manici per pennelli a coltelli e spazzole, calci per fucili per sport e tempo libero. E’ a Zogno, in Val Brembana.
LEADER DI SETTORE
Raffinazione di metalli ferrosi • Fecs
È il capofila di un insieme integrato di attività nel recupero e riciclo di materie prime metalliche, l’unico Gruppo in grado di produrre manufatti di alluminio di altissimo pregio direttamente da rottami: dal rifiuto al design. Storia di successo che fa capo ad Olivo Foglieni, presidente del Gruppo, che entra in azienda come operaio nel FORBES.IT
1983 e tramite un’operazione di management by-out nel 1999 rileva il ramo d’impresa specializzato nel recupero di alluminio da rottame.
Tessile d’alta gamma per la casa • Martinelli Ginetto
Da 75 anni a Casnigo, produce tessile d’alta gamma per la casa. Ha una posizione di leadership in diversi segmenti della filiera. In ordine: produzione e nobilitazione di tessuti jacquard e uniti in grande altezza per biancheria e arredo casa. Produzione di filati di lana per tappeti e moquette di pregio. Produzione di filati di ciniglia per imbottiti e arredo casa.
Automazione intra-logistica per ogni settore merceologico • Automha
Presente in più di 40 nazioni, è leader factory nel settore dei magazzini automatici. L’idea di prelevare unità di carico senza il bisogno dell’operatore umano è stata la sfida che subito - dalla nascita nel 1979 - ha affascinato il fondatore, ed ora presidente, Franco Togni.
Prodotti di incollaggio, trattamento e manutenzione di pavimenti in legno • Chimiver Panseri
Nata a Pontida nel 1965 come piccolo laboratorio artigianale, l’azienda è ora tra i leader mondiali di settore. Il parquet in legno è il core business dell’azienda, ma la gamma si è allargata a laminato, resina e pure alla tavola da snowboard: compresa quella della campionessa Michela Moioli, portabandiera dell’Italia alle Olimpiadi di Pechino.
Tecnologia degli impianti frenanti a disco per veicoli • Brembo
Prestanti e belli al punto da vincere l’Oscar del design, Compasso d’oro. Una storia - avviata da Emilio Bombassei - lunga 61 anni, con 26 siti produttivi, 11mila dipendenti, collaborazioni coi costruttori più prestigiosi.
EMERGENTI •
Orobix
È una AI Service Company lanciata nel 2009 da due ex ricercatori all’Istituto Mario Negri: Pietro Rota (ingegnere gestionale, ceo) e Luca Antiga (ingegnere biomedic, cto). Offre soluzioni di intelligenza artificiale per il manifatturiero e le scienze della vita, dalla farmaceutica alla diagnostica e biomedicale Nel corso della pandemia ha sviluppato sistemi di AI-SCoRE per valutare il livello di rischio dello sviluppo del virus nei pazienti, così come ha individuato un algoritmo che rileva e segnala i possibili assembramenti sugli impianti sciistici. •
ArgoChem
Nasce come azienda spin-off dell’Università di Bergamo per lo sviluppo di prodotti chimici e la loro ingegnerizzazione su scala industriale. Obiettivo: produrre rivestimenti per la protezione delle superfici dei materiali. APRILE, 2022
Per esempio è stato sviluppato un trattamento chimico che rende le superfici antibatteriche e anti-covid. Al timone, il professore Giuseppe Rosace.
LE TOP 20 PER FATTURATO
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Brembo S.p.A.
Pinetti
• Gualini Lamiere
Offre un servizio completo per la realizzazione di prodotti finiti e componenti meccanici per le lavorazioni della lamiera. L’azienda è nata nel 1956, ma ha conosciuto un’incredibile accelerazione nel 2018 su spinta del nuovo Ceo, Miriam Gualini. Ha infatti raddoppiato lo stabilimento produttivo, il numero di dipendenti, con un investimento di dieci milioni di euro, di cui due milioni in nuove tecnologie di lavorazione. •
Legami
Con dieci milioni di prodotti l’anno, 150 punti vendita nel mondo, 200 dipendenti e 40 milioni di fatturato, Legami è un’azienda di riferimento per gli articoli da cartoleria È sbocciata in un garage di Bergamo, da un’idea di Alberto Fassi, ex consulente della società Kpmg, appassionato di cinghie per libri: quelle che spopolavano fra gli studenti degli anni Ottanta.
INNOVATIVE •
Sorint.tek
È la business unit focalizzata sui temi di advanced analytics e machine learning del gruppo Sorint. Lab, leader europeo nella consulenza per le tecnologie avanzate. Supporta i clienti nella trasformazione delle informazioni in azione, con l’obiettivo di creare ambienti decisionali che integrino big data, ambienti legacy e cloud. È in grado di supportare e gestire la strategia informatica, l’architettura e la governance delle informazioni che consentono ai clienti di analizzare i dati per prendere decisioni, avviare azioni e ottenere risultati. •
Phoenix Informatica
Figura tra le pioniere italiane nell’offrire connettività e servizi di information communication technology. Realizza le condizioni affinché il cliente ottenga il massimo beneficio dall’impiego delle tecnologie di comunicazione. Sviluppa progetti e proposte operative in tre ambiti d’intervento: soluzioni di connessione, struttura e gestione delle infrastrutture di comunicazione e monitoraggio dell’efficienza operativa e aggiornamento tecnologico. Attiva da 25 anni investe il 24% del ricavato in R&S. APRILE, 2022
Ricavi delle Vendite 2020
Ricavi delle Vendite 2019
Cons.
2.208.639
2.591.670
Cons.
1.018.877
Cons.
767.739
Sdf S.p.A. Radicifin S.a.p.a. Sanpellegrino S.p.A. Dalmine S.p.A. Società Italiana Acetilene e Derivati S.i.a.d. S.p.A. Schneider Electric S.p.A. Volvo Group Italia S.p.A. Zanetti S.p.A. Dussmann Service S.R.I. Polynt S.p.A. Italcementi Fabbriche Riunite Cemento S.p.A. Bergamo Bd Holding S.p.A. Cisalfa Sport S.p.A. Lucchini Rs S.p.A. Covestro S.r.l. Kiko S.p.A. Evoca S.p.A. S.d.m. Società Distributrice Merci S.r.l. Gewiss S.p.A.
•
Cons. Cons.
1.145.625
813.899
Cons.
691.549
Eserc.
549.586
Eserc.
495.953
Eserc. Cons.
1.267.964
1.091.693
1.074.289 980.359
EBITDA 2020 / Ricavi 2020 17,1
19,3
17,3
15,0
10,7
11,7
9,5
15,9
700.171
20,6
616.137
0,8
560.943
7,3
582.714
684.484
514.382
541.329
EBITDA 2019 / Ricavi 2019
3,8
3,5
8,7
16,3
18,0
2,0 1,2
5,4
8,0
Eserc.
492.832
604.180
11,3
12,4
Eserc.
458.237
514.844
27,3
32,7
Cons.
442.110
416.447
9,3
11,1
403.926
424.663
12,4
368.094
588.436
-8,1
22,8
Cons. Cons.
Eserc. Cons.
439.549 393.362
541.915
458.568
15,5
15,9
6,7
6,5
Cons.
304.047
Eserc.
285.234
294.880
2,4
5,7
Cons.
283.519
314.316
17,2
16,9
463.018
8,3
9,8
19,8
Italian Cable Company
Con sede a Bolgare, è produttore leader di cavi e connessioni BT per l’industria e la distribuzione di energia. Nasce dall’intuizione della famiglia Rota che la fonda nel 1961. Da allora ha conosciuto una continua espansione con acquisizioni in Italia e all’estero. Affermata internazionalmente, conta 600 dipendenti. •
L.g. L Electronics
Dal 1982 sviluppa e realizza alimentatori elettronici di filo per macchine da tessitura e maglieria. È stata la prima al mondo a realizzare alimentatori elettronici in grado di programmare e mantenere costante la tensione desiderata, oggi in grado di dialogare con sistemi Windows ed Android ed inviare informazioni a cellulari o tablet. Il gruppo ha due consorelle: Elsy e Lgl Hangzhou (Cina). Il percorso di innovazione ed aggiornamento del know-how aziendale passa attraverso un patrimonio tecnologico in evoluzione e tutelato da oltre 200 brevetti depositati. •
Cosberg
È una realtà di riferimento nella meccatronica e soluzioni di montaggio speciali. Dal 1983 studia, progetta e costruisce soluzioni su misura per assemblare sia pezzi complessi sia unità molto piccole: tavole rotanti, macchine lineari a pallet liberi, impianti robotizzati e una vasta gamma di moduli standardizzati. Soluzioni destinate a più settori dall’automotive ad accessori per mobili, elettrico, elettronico, medicale, cosmetico, casalinghi ed elettrodomestici, audio, video pc e anche occhialeria, oreficeria, orologeria, accessori moda. F FORBES.IT
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SMALL GIANTS
È specializzata nella produzione di accessori in pelle e legno dalle eleganti finiture per il settore residenziale, nautico e alberghiero. Con un fatturato balzato al + 70% nel 2020, ha - tra l’altro creato una Limited Edition per il Four Seasons di Milano e per il ristorante Da Vittorio, ma anche per yacht, residenze e uffici.
Consolidato / Esercizio
Non è sufficiente avere un’idea geniale... È necessario saperla sviluppare
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CFU 4
di Valentina Lonati
DESIGN
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Casa per designer di fama mondiale, Nemo Lighting è un’azienda di riferimento nell’illuminazione. Con uno spazio espositivo virtuale, da poco ha scommesso negli Nft. Ma per il futuro la volontà è quella di puntare anche sull’arte e sull’abbigliamento tecnico. Il ceo Federico Palazzari: “Vogliamo creare una comunità aperta intorno a noi”
Nuovi mondi di luce
APRILE, 2022
FORBES.IT
di Valentina Lonati
D DESIGN
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opo l’arte, anche il design si sta aprendo al fenomeno dei Nonfungible token, opere digitali registrate tramite blockchain, che hanno una proprietà univoca e certificata. Un’apertura ancora timida, quella del design italiano, che può essere tanto innovativo e proteso verso il futuro a volte, quanto ancorato al passato e fedele alla sola esperienza fisica, materica. Capofila dell’incursione nel crypto design è Nemo Lighting, azienda di illuminazione fondata da Franco Cassina nel 1993, acquisita da Federico Palazzari nel 2012. Oltre a produrre alcune delle opere più celebri dei maestri del Novecento come Le Corbusier, Charlotte Perriand, Vico Magistretti e Franco Albini, la realtà milanese realizza nuove icone contemporanee in collaborazione con designer e architetti di fama
FORBES.IT
mondiale. La sua vocazione all’esplorazione parte dal nome, Nemo, personaggio del romanzo di Jules Verne, Ventimila leghe sotto i mari. E prosegue con la volontà di puntare lo sguardo
anche verso altri settori, dall’arte all’architettura fino all’abbigliamento tecnico. A febbraio Nemo Lighting ha fatto il suo debutto nel mondo degli Nft con due opere digitali realizzate da
Le opere di Luca Baldocchi che hanno segnato il debutto di Nemo Lighting negli Nft. Nell’altra pagina le opere digitali Bracket e Slash.
Luca Baldocchi, digital art designer di SodlabStudio nonché pioniere nella creazione di progetti 3D a cavallo tra arte e design. È stato lui a reinterpretare in versione metafisica due icone del design: Nuvola di Mario Bellini e Potence Pivotante di Charlotte Perriand. Ne sono nate opere d’arte dagli accenti psichedelici e pop, protagoniste della mostra digitale Not For Today con cui l’azienda ha inaugurato il suo Nemo Virtual Museum, spazio espositivo virtuale che accoglierà mostre a rotazione, consentendo una fruizione interattiva delle opere. APRILE, 2022
FORBES.IT
PALAZZARI
Un’operazione importante per l’azienda, che non solo offrirà sostegno agli artisti digitali, ma servirà anche per creare spunti, ispirare e stimolare riflessioni sulla smaterializzazione del design. “Non credo che il metaverso o più in generale il mondo digitale sostituirà mai quello
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•
APRILE, 2022
su una blockchain, dando vita a una vera e propria collezione Nemo di Nft. Ma non è tutto perché, tramite Foundation, piattaforma che consente ad artisti e creativi di utilizzare la blockchain di Ethereum per valorizzare il proprio lavoro, le opere potranno essere acquistate.
fisico, ma può essere un accessorio interessante, anche nel design”. Con una crescita media del 20% all’anno e un fatturato stimato per il 2022 di circa 30 milioni, Nemo Lighting ha acquisito il 10% della storica azienda italiana Slam, produttrice dal 1971 di abbigliamento da vela. “Attraverso il veicolo di investimento Vam 26, promosso dal fondo Vam, abbiamo co-investito nell’acquisizione di questo brand dall’heritage indiscusso, che fa parte del nostro immaginario nautico. Vogliamo creare una comunità aperta ed eterogenea attorno al nostro mondo quindi, operazioni come questa, sono uno dei tanti ponti che costruiamo verso altri settori”. Di recente, l’azienda ha rilevato anche il 2% del gruppo Zumtobel, colosso austriaco nel campo dell’illuminotecnica. “Io la chiamo libertà dell’Ebitda, una libertà di gestione che permette di affrontare le innovazioni senza ossessioni. Pur essendo un’azienda di dimensioni medie, contiamo circa 100 dipendenti tra Usa, Francia e Italia, a Torino e Milano. Rappresentiamo una nicchia, soprattutto culturale, e per questo comunque di grande valore. Stiamo portando avanti investimenti importanti”. Il filo rosso che lega le operazioni dell’azienda, dagli Nft all’abbigliamento per la vela? “Uno solo: la passione per i viaggi verso nuovi mondi”, conclude Palazzari. F
NEMO LIGHTING
Una novità che ha aperto all’universo digitale il percorso di Nemo Lighting nell’arte, cui il ceo Federico Palazzari, collezionista appassionato, ha dato impulso anche con l’acquisizione nel 2020 della storica azienda torinese di illuminotecnica Ilti Luce (oggi Nemo Studio), che sviluppa soluzioni per l’illuminazione architetturale nei settori del museale, retail e outdoor. “Da anni seguiamo l’arte illuminando mostre, chiese, gallerie” spiega Palazzari. “È un mondo che ci appartiene, e questo progetto è nato dalla voglia di sondare terreni ancora poco battuti. Se è vero che altri settori hanno già esplorato cryptovalute, blockchain e metaverso, non vale lo stesso per il design. Ma non possiamo fare finta che tutto ciò non esista perché ormai è entrato prepotentemente nella nostra vita quotidiana, occupando tempo e pensieri. Cercare di comprendere questo nuovo orizzonte virtuale non è più un’opzione. Eppure, spesso, è più comodo rifiutare le innovazioni piuttosto che mettersi in gioco e abbracciarle”. In linea di continuità con il progetto, l’azienda ha lanciato un’altra novità: tre opere digitali inedite di Luca Baldocchi, protagoniste all’inaugurazione del Nemo Virtual Museum, saranno oggetto dell’attività di minting, processo di coniazione che permette ai dati di un Nft di essere inseriti in modo irremovibile e pubblico
di Valentina Lonati
“U
n oggetto per il riposo singolo e collettivo, instabile, sempre da conquistare per l’elasticità del materiale”. Così, nel 1971, veniva descritta la seduta Pratone di Gufram dai suoi tre progettisti, Giorgio Cerretti, Pietro Derossi e Riccardo Rosso. Un’opera entrata nella storia del design italiano, complice di aver reso l’azienda piemontese portavoce del radical design, movimento nato negli anni ’60 che stravolse il concetto di funzionalità nell’arredo, e di distinguersi per un approccio ironico, provocatorio ed eccentrico. Perché sul Pratone ci si lascia sprofondare, ci si sdraia in modo precario conquistando nuovi punti di osservazione della realtà, e soprattutto, ci si diverte. Fondata nel 1966 a Torino, nel 2012 Gufram è stata rilevata da Sandra e Charley Vezza. La nuova proprietà ne ha valorizzato l’identità e ha trasportato il marchio nel mondo contemporaneo, contaminandolo con l’arte e la creatività di realtà come Toiletpaper, Studio Job e Snarkitecture. Oggi, a dieci anni FORBES.IT
MAURIZIO BEUCCI
DESIGN
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usando un generatore di job title per un’intervista. In realtà, mi calza a pennello: orchestro la creatività dei nostri collaboratori proprio come farebbe un direttore d’orchestra, scelgo i tempi e le risorse”. Il suo percorso in Gufram è iniziato all’età di 25 anni quando sua madre Sandra, imprenditrice a capo di Italgelatine, ha deciso di acquisire l’azienda coinvolgendolo nella gestione dell’attività. “Mia mamma ha sempre amato gli oggetti Gufram, in ogni stanza ne avevamo uno. Quando è riuscita ad acquistare il marchio, abbiamo voluto rispettarne i valori e la filosofia. Anche nello spaziare tra arte e design,
Con la celebre seduta Pratone nel 1971, Gufram ha fatto la storia dell’arredo. Oggi è sotto il controllo della famiglia Vezza che, per mantenere lo spirito del design radicale, ha creato una fondazione e sostiene i brand storici. “In un mondo di grandi gruppi, noi ragioniamo col cuore”
IL LATO RIBELLE DELLA CREATIVITÀ dall’acquisizione, con un ottimo 2021 e una crescita di interesse da parte del mercato asiatico, il bilancio non può che essere positivo. “Come gran parte del comparto del mobile abbiamo registrato negli ultimi due anni un incremento delle richieste. Tuttavia, realizzando i nostri
prodotti artigianalmente, non cerchiamo una crescita verticale. Gufram rimarrà sempre un brand di nicchia, ed è proprio questo a rendere i nostri pezzi così desiderabili”, spiega Charley Vezza, global creative orchestrator del marchio. “Questo titolo è stato scelto per gioco,
lo spirito anticonformista non è mai mutato. Perché se un brand ha una forte identità può permettersi delle incursioni in altre discipline, un po’ come ci hanno insegnato i grandi artisti”. A spingere Gufram oltre i confini del design è stato però anche un altro progetto: la Fondazione Radical Design, che promuove la produzione di opere d’arte, e non solo, tra le colline delle Langhe, dove Charley e Sandra Vezza hanno spostato la sede dell’azienda. “Con la Fondazione vogliamo dare impulso alla creatività di queste zone e più in generale della provincia di Cuneo, attraverso collaborazioni con artisti e creativi del luogo. Quello delle Langhe è un territorio molto conosciuto APRILE, 2022
immaginata da Emilio Ferro, e il volume Impossible Langhe, scritto da Pietro Giovannini e accompagnato dalle fotografie di Maurizio Beucci, un romanzo turistico che traccia itinerari narrativi alla scoperta del territorio. Ad arrivare nelle Langhe sarà anche Memphis Milano, l’azienda che raccoglie l’eredità dello storico movimento di ricerca fondato da Ettore Sottsass, acquisita lo scorso febbraio dal gruppo Italian Radical Design, fondato proprio da Charley e Sandra Vezza per valorizzare i brand storici del design italiano dallo spirito radicale. “Siamo arrivati a rilevare Memphis Milano nel modo più naturale possibile. La sua identità è comune a quella di Gufram: ha una storia incredibile. Alberto Bianchi Albrici ha gestito l’azienda come si farebbe con una figlia e oggi ha pensato a noi per portarla avanti. In un mondo di grandi gruppi e fondi, noi ragioniamo col cuore. Alberto ha capito che non volevamo acquistare Memphis per trasformarla”. APRILE, 2022
La libreria Carlton di Ettore Sottsass, in basso la reinterpretazione del Pratone di Toiletpaper. Nella pagina accanto in alto, Charley Vezza; in basso la lampada Oceanic di Michele de Lucchi per Memphis Milano.
Una notizia dirompente nel settore del design, che segna l’inizio di una nuova avventura per Gufram e per il gruppo. “Italian Radical Design nasce con l’idea di individuare brand affini al nostro modo di intendere il design, come era già stato per Gufram, e creare un sistema sinergico di rivitalizzazione. Lavoreremo con rispetto e attenzione sul catalogo di Memphis Milano sviluppando sinergie con Gufram, anche se i due brand rimarranno sempre separati. È la nostra prima acquisizione e ne siamo particolarmente orgogliosi, ora stiamo cercando altri marchi in linea con i nostri valori”. Quest’anno, Memphis Milano sarà protagonista di una grande mostra omnicomprensiva sulle opere del movimento. “Si tratta della prima esposizione che presenterà tutto il materiale relativo a Memphis, con oltre 200 prodotti”. Ad avere una mostra dedicata sarà poi il famoso appendiabiti Cactus, che quest’anno festeggia 50 anni. “Se glielo chiedi, però, lui se ne sente molti meno, è ancora un ragazzino. Nei prossimi mesi lanceremo un’edizione speciale disegnata da un pop artist leggendario. Celebrare questo anniversario è un traguardo importante. La soddisfazione più grande in questi anni? Essere stato ringraziato per aver tutelato un brand storico italiano. Non me lo sarei mai aspettato”. F FORBES.IT
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GUFRAM • VEZZA
dal punto di vista storico ed enogastronomico, ma penso che oggi abbia bisogno di contenuti nuovi. Sulla strada che porta a Barolo, dove si trova anche la nostra cantina vinicola Astemia Pentita, stiamo dando forma a un polo non solo produttivo ma anche culturale”. Tra le opere realizzate dalla Fondazione negli ultimi anni c’è l’installazione Barolo to Heaven,
La business community si tinge di giallorosso La As Roma ha dato vita a un progetto per offrire servizi ed eventi esclusivi per la sua clientela corporate. In soli 365 giorni il club ha visto l’iscrizione di oltre 200 imprese, circa 300 interazioni commerciali avvenute all’interno dell’area web riservata. “Vogliamo creare valore per i nostri partner”
le proprie sfide, ogni organizzazione ha bisogno di fare gioco di squadra”. Con queste parole la società ha annunciato il lancio del Business Club, inaugurato ufficialmente il 24 febbraio del 2021. Tanti i servizi esclusivi per i membri del club, che possono usufruire di diversi asset a loro dedicati: entrando nell’area web riservata è possibile creare il profilo della propria società, descrivere prodotti o servizi, comunicare eventuali offerte esclusive, oltre a trovare negli altri profili i riferimenti dei vari manager per interagire con loro e n un mercato in repentina condividere maggiori informazioni sulle evoluzione e continuamente rispettive attività. I contatti tra le varie esposto ai poco prevedibili aziende avvengono sia virtualmente, cambiamenti esterni, trovare la attraverso uno scambio di messaggi partnership giusta è diventato sulla piattaforma online, sia davanti a fondamentale per ogni azienda. Per un calice di vino durante uno dei tanti rispondere a queste esigenze, la As eventi di networking organizzati dal club Roma ha offerto ai suoi giallorosso. Ovviamente è partner uno strumento il calcio a fare da collante efficace per ampliare tra le varie aziende e non il proprio network deve sorprendere infatti commerciale, stringendo se la maggior parte degli accordi che portino accordi commerciali siano valore reciproco. È con nati prima del fischio questi obiettivi che è nata di inizio o all’intervallo l’attività del Business di una gara allo Stadio Club As Roma, progetto Olimpico, all’interno fortemente voluto dalla degli eleganti e moderni società giallorossa per lounge riservati ai partner tutta la sua clientela del club. Già diverse corporate. “Lo scorso anno realtà imprenditoriali siamo partiti, nonostante sono rimaste colpite la pandemia, con la forte dall’iniziativa. “Affiancare determinazione di voler lo sport al business è creare valore per i nostri un’emozione unica”, dice partner corporate. E ci fa Eleonora Arte, talent piacere constatare quanto acquisition della Bc&f questo valore sia stato Consulting. percepito. Prova ne sono “È un modo di vedere state sia la straordinaria il calcio in maniera BC Awards , Ryan Norys premia Andrea Carsetti della partecipazione agli eventi, differente, non solo come Carsetti & Partners e Eleonora Arte della BC&F Consulting sia il numero di interazioni passione ma anche come
I
tra i nostri partner”, dice Pietro Berardi, ceo della società capitolina. Il Business Club è una vera e propria community, unita non solo dal legame con i colori giallorossi, ma anche dagli interessi comuni di sponsor e licenziatari con le aziende abbonate nelle aree hospitality. In poco più di un anno si è infatti creato un sistema dinamico e fruttuoso di scambi di conoscenze e servizi tra brand nazionali e internazionali. “Viviamo un periodo di importanti cambiamenti che riguardano anche il modo di contattare nuove persone, nuovi clienti, partner e fornitori. Nel mondo del business, gli avversari sono sempre più preparati, la tattica e il sistema di gioco sono in continua evoluzione e ogni azione richiede la massima attenzione ai dettagli. Per questi motivi e per vincere
Pietro Berardi, ceo dell’As Roma
l’iscrizione di oltre 200 aziende, circa 300 interazioni commerciali avvenute all’interno dell’area web riservata, con decine di promozioni commerciali attive ogni mese. L’obiettivo della As Roma è quindi quello essere accompagnata dai propri partner nel percorso di crescita del club, fornendo un servizio che dia ancora più valore alle partnership
commerciale. È stata lanciata una pagina ad hoc per il Business Club per rimanere sempre aggiornati sulle iniziative della community e trovare informazioni per iscrivere la propria azienda. Un processo rapido che permette di iniziare immediatamente l’avventura nel business alla ricerca dell’occasione giusta.
B U S I N E S S I N N O V A T I O N
mezzo per fare business”, dice Paolo Pirani, avvocato dello Studio legale Pirani durante un evento del Business Club. Pochi giorni fa il club giallorosso ha voluto festeggiare un anno di attività del club, un’occasione perfetta per toccare con mano le caratteristiche e le grandi potenzialità del business network giallorosso, all’interno di un evento che ha permesso ai partner non solo di conoscersi a vicenda, di raccontare la storia della propria azienda e di creare nuove opportunità di partnership ma anche di essere premiati direttamente dal club. Il management giallorosso ha infatti voluto riconoscere le aziende più attive della community giallorossa e quelle che si sono distinte sul tema della sostenibilità. Il primo anniversario del Business Club giallorosso è stato solo l’ultimo di un’ampia serie di eventi che si sono già svolti, sia in presenza sia online. Dagli aperitivi in splendide location al centro della Capitale al Meet As Roma, una serie di web meeting che hanno offerto l’opportunità di presentare la propria azienda al Management giallorosso. In soli 365 giorni il Business Club ha visto
con AS ROMA
“Viviamo un periodo di importanti cambiamenti che riguardano anche il modo di contattare nuove persone e aziende. Nel mondo del lavoro, gli avversari sono sempre più preparati, la tattica e il sistema di gioco sono in continua evoluzione. Per questi motivi e per vincere le proprie sfide, ogni organizzazione ha bisogno di fare gioco di squadra”
di Susanna Tanzi
FORBES LIFE
Innocenti evasioni
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Arte in laguna Una sala di Palazzo Fortuny a Venezia, riaperto al pubblico dopo l’inondazione in Laguna due anni fa, e la necessaria ristrutturazione.
In tempi non proprio sereni, anche Pasqua e le classiche gite di primavera cambiano passo. Meno effetti speciali e più attenzione alle cose davvero importanti. Forbes ha scelto quattro destinazioni dove arte, alta cucina e natura si fondono in una combinazione perfetta. Garanzia del bello e di uno spazio di serenità APRILE, 2022
FORBES.IT
MASSIMO LISTRI
W H AT ’ S NEW
TORINO •
Prolungata fino al 15 maggio, Diabolik alla Mole non deluderà i tanti fan del ladro più famoso e affascinante dei fumetti. Ospitata nel un nuovo spazio al piano accoglienza del Museo nazionale del cinema, la mostra ripercorrere la storia di Diabolik ed Eva Kant tra film e fumetti, oggetti iconici di design, opere d’arte, fotografie, articoli di cronaca nera degli anni Sessanta e tavole originali. Intanto a Torino è spuntata un’altra stella nel panorama alberghiero: il Royal Palace Luxury Suite, nella centralissima via Cavour. Soltanto sei suite, con maggiordomo a disposizione per soddisfare le richieste degli ospiti, in una cornice da sogno. Palazzo Luserna Rorengo, già di Piossasco di Rivalta (fu l’abitazione del Marchese Emanuele Luserna di Rorà, Sindaco di Torino nel 1862), vincolato dalla Soprintendenza delle Belle Arti, vanta soffitti affrescati e arredi d’epoca. Tra i servizi offerti agli ospiti, una piccola Spa con sauna, doccia emozionale e bagno turco e, su richiesta, servizio room service del bistrot Carlo & Camillo. Si può anche prenotare in suite una cena con show-cooking dello chef Fabrizio Tesse, stella Michelin. royal-palace-hotel-spa. hotels-in-turin.com/it
MASSIMO LISTRI
FORBES LIFE
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Lorenzo Cogo
VENEZIA •
Fascino & superchef
Riapre dopo l’ultima Acqua granda e diventa sede espositiva permanente il celebrato Palazzo Fortuny, gotico palazzo veneziano affacciato su Campo San Beneto, che fu dimora e atelier di Mariano Fortuny y Madrazo e di Henriette Negrin. Dopo i necessari interventi conservativi e il riallestimento dei piani superiori, ancora più affascinante il percorso espositivo tra dipinti, abiti, tessuti, colori e tinture frutto del genio di Mariano e Henriette. Arricchito dagli archivi fotografici e i quadri della collezione personale, i documenti e i brevetti, le opere di artisti e amici che al tempo giungevano a Venezia. A completare una giornata ricca di bellezza e di emozioni in Laguna, la cena al Dama, il nuovo ristorante dell’Hotel Ca’ Bonfadini in un elegante palazzo del Settecento a Cannaregio, curato da Lorenzo Cogo. Qui lo chef vicentino dà sfogo a tutta la consolidata creatività con un menù che parte dalla tradizione lagunare per poi proseguire con le suggestioni della sua ‘cucina istintiva’. Un percorso gustativo innovativo attraverso tecniche e ingredienti inaspettati, espressione dell’eccellenza locale e di un curriculum internazionale. Se poi si vuole la perfezione, basta prenotare la suite presidenziale con i preziosi e inaspettati stucchi e affreschi. FORBES.IT
Fumetti & nobiltà
FIRENZE •
Dive & ospitalità
A. LE MURE
ALASSIO •
Fiori & gourmet
Due ottimi motivi per una gita nella cittadina ligure: ammirare le meravigliose fioriture di primavera del giardino di Villa La Pergola e provare la cucina del ristorante della Villa, dove è appena arrivato il nuovo executive chef Giorgio Pignagnoli, una stella Michelin. Glicini, rose, agrumi, lavanda, ninfee, solanum, opuntiae danno il meglio tra aprile e maggio, mentre da giugno è un tripudio di colori di ortensie annabelle, ninfee tropicali, ninfee blu, cactacee, hemerocallis stella de oro, oleandri, hibiscus, strelizie, loti. Incantano i visitatori che arrivano qui ogni anno, tra cui anche tanti giapponesi che del verde hanno fatto un’arte. Ed è arte anche quella espressa in cucina dallo chef del Nove, uno sguardo sul futuro e su una cucina sempre più sostenibile, stagionale e sincera. Cenare sul mare offre un panorama mozzafiato anche sui piatti, che attingono a piene mani dal territorio e dai frutti del giardino: piante aromatiche, agrumi, fiori eduli. APRILE, 2022
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FORBES LIFE
Un indirizzo che vale il viaggio: è quello della Fondazione Zeffirelli-Centro delle Arti dello Spettacolo, nata nel 2017 nel Complesso seicentesco di San Firenze, a pochi passi da Palazzo Vecchio, per volere del Maestro. Un viaggio nel tempo, dai primi passi con i film rimasti nella storia del cinema (i trailer in un video davvero strepitoso) ai modellini creati per le scenografie a teatro, ai bozzetti di scena, disegni e figurini di costumi. Un mondo magico, che affascina e cattura non solo gli estimatori, tanto da essersi meritato uno spazio all’interno dell’Hotel Savoy, una delle eccellenze del gruppo Rocco Forte Hotels, che ospita fino a giugno una carrellata di fotografie con le Dive di Zeffirelli, ritratte tra il 1958 e il 2009: Maria Callas, Fanny Ardant, Cher, Brooke Shields, Valentina Cortese, Faye Dunaway, Carla Fracci, Judy Dench, Anne Bancroft, Anna Magnani, Claudia Cardinale, Elizabeth Taylor, Mariangela Melato, Monica Vitti, Stefania Sandrelli. Un tuffo nel passato, dalla lobby al salotto lounge alla suite presidenziale, passando per il Ristorante & bar Irene, icona dell’alta ospitalità. Dove rilassarsi infine con uno champagne in coupé vintage o un cocktail d’autore. E poi gustare il classico filetto fiorentino comme il faut.
di Anna della Rovere
FORBES LIFE
TRAVEL
Dove abita il bon vivre
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A Fiuggi, nell’ex albergo Liberty dove soggiornarono Pablo Picasso, Ingrid Bergman e Vittorio De Sica, c’è oggi una struttura dedicata al benessere. Tra medical Spa di ultima generazione, attività fisiche, mediche e olistiche e una proposta food stellata
C
Come in Cocoon - L’energia dell’universo, film del 1985 diretto da Ron Howard, a Palazzo Fiuggi invecchiare non è concesso. E se succede, lo si fa comunque in ottima salute. Tra i suoi ospiti più assidui c’erano Giovanni Giolitti, Luigi Pirandello, Pablo Picasso, Gabriele D’Annunzio e Guglielmo Marconi. Sì perché, arroccato su una collina a sud di Roma, Palazzo Fiuggi è stato dal 1910, anno della sua fondazione con il nome di Palazzo della Fonte, tempio del benessere per gli amanti del bon vivre. Durante gli anni ’30, l’albergo ha vissuto il suo massimo splendore mentre tra il 1946 ed il 1960 era la residenza estiva dei maggiori esponenti della nuova classe politica, oltre che meta di relax per tante personalità del mondo dello spettacolo tra cui Vittorio De Sica, Eduardo De Filippo, Totò, Roberto Rossellini e Ingrid Bergman. Rifugio della casa reale, il primo albergo con piscina del Vecchio Continente ha dato il via nel 2020 a un progetto di restyling frutto della visione del manager Lorenzo Giannuzzi per riportare l’edificio ai fasti di un tempo. “L’intervento, sostenuto da un investimento di oltre 30 milioni di euro, ha salvaguardato FORBES.IT
gli splendidi marmi di Carrara e i parquet originali, gli affreschi di inizio ‘900 e i lampadari in vetro di Murano, interamente realizzati a mano a fine ‘800. Rispetto alla struttura precedente, l’inventario delle camere è stato ridotto di un terzo al fine di ampliarle e renderle ancora più confortevoli. Inoltre, cuore del progetto è la nuovissima medical Spa di ultima generazione”, spiega Giannuzzi, fondatore di Palazzo Fiuggi e amministratore delegato di Forte Village. Una delle destinazioni storiche dell’ospitalità italiana, a cui è strettamente legata la fama internazionale della località termale Fiuggi, è rinata quindi con l’ambizione di diventare una Wellness medical Spa leader a livello mondiale. Di recente, l’offerta di Palazzo Fiuggi si è arricchita di nuovi programmi. Il primo nasce dalla collaborazione con The Ranch, eccellenza statunitense nel mondo della salute e del benessere con sede in California. “Si tratta di un programma che presuppone una certa preparazione sportiva visto che le attività giornaliere prevedono un trekking di circa quattro ore, combinato a un mix di attività fisiche, mediche e olistiche”. Il secondo programma è stato ideato da APRILE, 2022
APRILE, 2022
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PALAZZO FIUGGI
Vikas Gupta, vero e proprio guru con esperienza ventennale nel campo dell’ayurveda, e combina l’alimentazione, la respirazione yogica e l’utilizzo delle erbe, le cui proprietà curative consentono al corpo di ritrovare naturalmente il proprio equilibrio e armonia. Palazzo Fiuggi si trova a 700 metri dal livello del mare con circa otto ettari di parco secolare, altitudine ideale per la perfetta ossigenazione del corpo, dove l’aria è resa ancora più pura dall’assenza di insediamenti industriali nelle vicinanze. Per non parlare dell’acqua, protagonista assoluta grazie alle sue proprietà curative note già dagli antichi romani e uno dei pilastri dei programmi della struttura. A Fiuggi infatti è nato tutto dalla sorgente che, già dal Medioevo, era conosciuta per la sua capacità di ‘rompere la pietra’ e ha curato i malanni di Papa Bonifacio VIII e di Michelangelo. Per questo, grazie all’aiuto di medici e scienziati specializzati, la struttura ha sviluppato una gamma di programmi che, partendo da mirate valutazioni e consulenze diagnostiche, permettono di costruire percorsi personalizzati in base alle singole esigenze. Tanti i programmi della medical spa come Complete life rewind, che riduce gli effetti dell’invecchiamento sia a livello fisico ed emotivo sia estetico. Poi c’è Optimal weight, per riformulare il proprio stile di vita e rimodellare il corpo, adottando abitudini salutari a lungo termine. Deep detox, per disintossicare l’organismo da tutte le tossine e Immuno boost, per elevare le difese immunitarie attraverso consigli nutrizionali, trattamenti detox e attività energizzanti. E se la Spa di ultima generazione crea uno straordinario contrasto con l’imponenza del palazzo Liberty e offre un mix di attività per perdere peso e alleggerire stress e tensioni, tra i punti di forza di Palazzo Fiuggi c’è anche il criterio scientifico applicato alla food line sviluppata dal tristellato Heinz Beck. I test epigenetici, che fanno parte del processo di diagnosi per gli ospiti e hanno come obiettivo primario detossinarsi e perdere peso, permettono di andare oltre
Il restyling non ha intaccato l’eleganza degli arredi e degli spazi. Sotto a sinistra la spa e a destra l’area relax. Nella pagina affianco Palazzo Fiuggi.
la semplice valutazione nutrizionale e biochimica, analizzando le componenti genetiche più profonde. Il regime alimentare di Palazzo Fiuggi è quindi più di una dieta: combinando una bilanciata restrizione calorica a un mirato programma di movimento, vengono attivati percorsi molecolari che stimolano il ringiovanimento cellulare. Ma il sapiente lavoro di equipe tra lo chef Beck e il professore David Della Morte Canosci rende ulteriormente unica la proposta: gli ingredienti, rigorosamente bio e biodinamici, sono selezionati tra le eccellenze del territorio favorendo il concetto di eco-sostenibilità ed economia circolare. Intanto, per il futuro i progetti sono tanti. “Nei prossimi anni continueremo a consolidare l’eccellenza delle strutture a livello mondiale. Contiamo, inoltre, di espandere la collezione e aprirci a nuove destinazioni che presentano una stagionalità invertita rispetto a quella italiana, dove portare il nostro know-how che ci distingue a livello internazionale”. F
FORBES.IT
FORBES LIFE
di Andrea Celesti
WINE
Per palati sopraffini
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Tenuta Biserno ha conquistato col tempo anche i calici più esigenti grazie a un vino speziato, dal terroir unico. Offrendo la possibilità di pernottare nelle lussuose camere della struttura, in un percorso sensoriale unico. “Da noi arrivano da tutto il mondo”
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Un vino di qualità, si sa, trova nel buon cibo il suo compagno ideale a tavola. Non è certo un caso se, in parallelo al successo della cucina italiana, sempre più apprezzata nel mondo, sia arrivata una crescita degli estimatori del ‘nettare di Bacco’ e con loro un pubblico ancora più esigente. In Italia sono molte le aziende che concentrano i loro sforzi nella produzione di un vino in grado di soddisfare ogni tipo di palato, mettendo serietà e passione nella propria attività. Una filosofia seguita da Niccolò Marzichi Lenzi, che da circa dieci anni gestisce Tenuta Biserno, azienda vitivinicola che si trova nel comune di Bibbona, in Alta Maremma. La storia di Tenuta Biserno parte da molto lontano. All’inizio degli anni 2000 Lodovico Antinori, decise di allontanarsi da una vecchia attività con la voglia di ricominciare un nuovo progetto con il fratello Piero. L’intenzione era quella di coinvolgere fin da subito il nipote Lenzi, che nel tempo aveva dimostrato una spiccata passione per il vino. “Erano contenti che entrassi anche io che avevo dimostrato una grande passione per questo mondo”, dichiara Lenzi. I fondatori iniziarono la loro attività, ben consapevoli che per raggiungere dei risultati concreti serviva tempo e pazienza. Provenienti da numerose precedenti esperienze nel settore, partirono dalla scelta del FORBES.IT
Niccolò Marzichi Lenzi è alla guida dell’azienda vitivinicola Tenuta Biserno.
territorio, fondamentale per porre le basi del successo. La scelta dell’area ricadde sul comune toscano di Bibbona, 40 ettari a 90 metri di altitudine, luogo dove le condizioni naturali, l’esposizione ai venti e il clima permettevano vitigni di alta qualità. I terreni scelti avevano del grosso potenziale dal punto di vista analitico, ma erano privi di vigneti impiantati. “Non volendo fare compromessi, ci siamo spostati da una denominazione conosciuta per andare nell’anonimato del comune di Bibbona, consapevoli del rischio ma fiduciosi che la qualità del vino prima o poi sarebbe emersa”, continua Lenzi. La scommessa alla fine si è rivelata vincente, così come la scelta di puntare fin da subito sul APRILE, 2022
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T E N U TA B I S E R N O
pubblico. “Il successo nasce dal pubblico e non dal resto. Questa è sempre stata la nostra filosofia”, aggiunge Lenzi. La crescita esponenziale dell’azienda è andata di pari passo con l’aumento degli estimatori del vino, che dimostrano di apprezzarne la personalità spiccata e la definizione del frutto. Tra i vini più amati il Biserno, simbolo identificativo della Tenuta. Un vino dal colore rosso intenso, che unisce eleganza, complessità, densità e freschezza. Lo stile made in Italy di Tenuta Biserno ha raccolto nel tempo un gran numero di estimatori. La crescita ha portato alla nascita di nuove attività, come l’organizzazione di tour privati ed esclusivi per offrire degustazioni a tutti gli appassionati. “Ai clienti viene proposto di assaggiare i vini e le nostre annate. Questa attività permette agli appassionati di capire la
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Oggi la tenuta Biserno, che si trova nel comune di Bibbona, in Alta Maremma, organizza tuor privati di degustazione. Tra i suoi vini più amati il Biserno, un rosso che unisce eleganza, complessità, densità e freeschezza.
nostra filosofia aziendale”, aggiunge Lenzi. “Di vini buoni ce ne sono molti ma è importante spiegare gli obiettivi e i percorsi che portano a certi risultati”. Degustazioni dal carattere esclusivo, che permettono di entrare in contatto con la magia del territorio e dei prodotti. I clienti trovano la giusta ospitalità all’interno di Relais Il Biserno, struttura settecentesca, al cui interno sono comprese quattro camere lussuose e una piscina in grado di garantire momenti di assoluto relax. I risultati raggiunti in Italia, hanno spinto l’azienda a esportare il suo prodotto oltreconfine, raccogliendo consensi sorprendenti. Se il successo europeo si concentra soprattutto nei paesi nordici, negli ultimi tempi, in località come Singapore, Vietnam e Guatemala, si è verificato un incremento significativo della domanda. “Abbiamo clienti che provengono da tutto il mondo. Il 60% viene dall’Europa e si divide tra Italia, Svizzera, Germania e Scandinavia. Il 25% dal Nord America, mentre il restante dall’Asia”. Nonostante il largo consenso raccolto nel tempo, l’azienda rimane con i piedi saldi a terra, ben consapevole delle azioni da compiere per proseguire con la crescita del brand: “Crediamo nel marketing di sostegno. Preferiamo che sia il mercato stesso a riconoscerlo”, dice Lenzi. “Puntiamo a viaggiare per far conoscere il nostro vino senza troppa aggressività. Presentazione e spiegazione del prodotto sono alla base della nostra comunicazione. Sappiamo che è un processo graduale, ma fino ad ora le nostre azioni ci hanno ripagato permettendoci di fidelizzare i nostri clienti”. F FORBES.IT
a cura di Palazzo Parigi
Lusso a cinque stelle Nel cuore del quadrilatero della moda milanese Palazzo Parigi è un gioiello dell’architettura neoclassica dove vivere un momento di relax. Fiore all’occhiello è la Spa, un vero rifugio di benessere
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dagli interni caldi e confortevoli, che richiamano il design italiano degli anni ‘40 e ‘50. Rari elementi architettonici spesso poco visibili in altri edifici di Milano offrono un'altezza straordinaria all'interno dello spazio principale, mentre il giardino privato, con i suoi alberi storici e la luce generosa, garantisce un rifugio per gli ospiti. Lo spazio, inoltre, grazie alle finestre che si affacciano sul giardino privato, ricorda il design tipico dei teatri italiani. Il Bistrot Lounge Caffé Parigi invece è una vera fuga dalla frenetica Milano, una gemma nascosta nel cuore della città. Le sue tonalità calde accolgono gli ospiti e conferiscono all'ambiente un'atmosfera intima e rilassata. Con un soffitto dipinto a mano, il parquet riccamente intarsiato e preziosi pezzi d'arte è l'anima vibrante dell'hotel e offre un'ampia gamma di servizi, a
partire da una ricca colazione fino a un leggero business lunch, tè pomeridiano o un tipico aperitivo milanese. L'elegante Giardino d'Inverno è poi il luogo più iconico del Caffé Parigi, inondato di luce naturale e racchiuso nel verde del giardino. Palazzo Parigi, tempio dell'arte e dell'eleganza, custodisce anche un'esclusiva oasi di relax di 1700mq. Con la sua delicata architettura che ricorda quella di un Riad, la Grand Spa si combina con l'esperienza dell'esclusivo marchio svizzero Valmont, garantendo agli ospiti l’esperienza di un rifugio olistico unico dove purificare il corpo e liberare la mente. Le monumentali pareti ad arco racchiudono al loro interno un’ampia piscina, un hammam, esclusive sale per trattamenti di benessere, un grande centro fitness e uno studio di yoga e pilates.
L E A D E R
no storico edificio trasformato in uno degli hotel più esclusivi di Milano, a pochi passi dal prestigioso quadrilatero della moda e dalle attrazioni turistiche della capitale meneghina. Meticolosamente disegnata e gestita con passione dall’architetto e proprietaria Paola Giambelli, la struttura è caratterizzata da un'atmosfera intima e familiare. Quintessenza di stile, lusso e buongusto, con le sue preziose opere d'arte, gli oggetti d'antiquariato, i suoi marmi e la ricca lavorazione del legno, Palazzo Parigi è il luogo ideale dove potersi ritirare al termine di una giornata trascorsa nella città della moda e del design. Le 54 camere e 41 suite, inclusi 8 appartamenti esclusivi con vista panoramica, tutte dotate di balcone o terrazza, sono progettate e arredate con opere d'arte selezionate, marmo, legni pregiati e tessuti di lusso. Le 41 suite offrono spazi abitativi ben arredati che includono terrazze esterne, ampliando il loro spazio utilizzabile e consentendo ulteriore relax e comfort. Dal punto di vista dell’offerta culinaria, il Ristorante Gastronomico è un incantevole spazio neoclassico, ideale per raffinati pranzi di lavoro e cene intime. L'arredamento è esaltato
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di Anna della Rovere
FASHION
Orizzonti creativi
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MOODART • SORRENTINO
Moodart è la prima scuola di moda dall’approccio bespoke: niente voti durante l’anno e in alcuni casi autovalutazione. La fondatrice Sorrentino: “Bisogna dare ai giovani il permesso di sbagliare”
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Con oltre 250 studenti formati all’anno di cui il 91% trova occupazione nel mondo del lavoro a 12 mesi dal diploma, Moodart è la prima scuola di moda dove la formazione è personalizzata. Fondato nel 2011 da Elisa Sorrentino, l’indirizzo veronese, 18 classi all’anno e un corpo docente formato da 60 professionisti, propone un approccio basato sul modello esperienziale “studia, impara, sperimenta, viaggia e lavora”. Una boutique school dove, fin dal primo incontro, vengono presi in considerazione desideri, aspirazioni e potenzialità dello studente. Abbiamo chiesto alla sua fondatrice di raccontare in che modo sono cambiate le competenze necessarie per i lavori del futuro e l’importanza che la formazione può avere in questo scenario. Quale contributo può dare ai giovani la scuola e quanto spazio ci può essere ancora per la creatività? È sempre interessante leggere in una stessa frase parole come ‘scuola’ e ‘creatività’. Un connubio perfetto che però, a volte, APRILE, 2022
Elisa Sorrentino
viene visto in contrapposizione. Continuiamo a credere che la creatività sia innata, talento puro e spesso ribelle, che stride con la scuola. E continuiamo a credere che la scuola uccida in qualche modo la creatività. Sul tema c’è un Ted Talk molto interessante di Ken Robinson (educatore e scrittore britannico, ndr), che si chiede se sia davvero così. La risposta no: la formazione non uccide la creatività ma offre quelle capacità necessarie per sviluppare il proprio talento. La scuola che sogno io, e che da sempre cerchiamo di portare avanti in Moodart, riflette proprio questa filosofia. Ma a cosa serve imparare regole ormai superate in un mondo così diverso? Quali competenze andrebbero allenate? La domanda ricorda un tema che va avanti da anni: l’insegnamento delle lingue classiche, le cosiddette lingue morte. Per qualcuno è uno spreco di energia, per altri una palestra per la mente. Dovremmo cercare di aiutare i giovani a sapere utilizzare bussole per orientarsi nelle difficoltà, senza scoraggiarli. E dare loro il permesso di sbagliare. Così come la ricerca scientifica progredisce tramite l’errore, anche ai giovani, in un momento di imprevedibilità come questo, va concesso di sbagliare. In Moodart, per esempio, portiamo avanti un’altra piccola battaglia: l’abolizione dei voti durante l’anno. Crediamo sia molto più utile dare feedback anziché sentenze. Inoltre, cerchiamo di responsabilizzare i ragazzi attraverso l’autovalutazione. Può sembrare una pazzia ma i risultati che abbiamo ottenuto sono stati straordinari. I ragazzi, senza la pressione di un giudizio esterno, si sentono più liberi. E nel valutarsi, contrariamente a quanto si possa pensare, sono ancora più critici. Oggi non si può più fare a meno della tecnologia. Ma quanto spaventa? Da anni si dice che i robot ci ruberanno il lavoro. Ma è un titolo sensazionalistico e superficiale. La tecnologia, come succede da tempo, automatizza e sostituisce i lavori fisici, che comportano la ripetizione dei processi. Bisognerebbe tenere a mente questo valore: preservare la capacità di pensare da umani, di rimanere umani. F FORBES.IT
FORBES LIFE
di Mara Cella
LUXURY
Fiducia al polso
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Quest’anno la Gioielleria Duca, storica orologeria di Roma fondata nel 1962 da Dino Duca, compie 60 anni. Oggi gestita dalla seconda generazione, per due anni consecutivi è stata inserita dal Sole24Ore fra le aziende italiane leader della crescita, grazie alla solidità del suo fatturato. Intuizioni vincenti hanno saputo traghettare la tradizione di famiglia in un’impresa 2.0 con una visione imprenditoriale e strategica antesignana. In un’epoca in cui il digital e i podcast non erano ancora sulla cresta dell’onda, i fratelli Fabrizio e Massimiliano Duca hanno compreso in anticipo che questi strumenti sarebbero stati complementari all’approccio tradizionale e all’esperienza classica di acquisto nel punto vendita. Già attivi dagli anni ’90 nella compravendita di orologeria di lusso di secondo polso, nei primi anni 2000 hanno iniziato un percorso che ha esteso il bacino d’utenza di quest’area merceologica dal locale al globale. Fabrizio, oggi direttore commerciale dell’azienda, assieme al fratello Massimiliano, direttore finanziario, coordina un team di operatori dedicati solo al settore delle consulenze e acquisti digital per l’alta orologeria. Attraverso una costante attenzione alla comunicazione web è riuscito a instaurare anche a distanza - attraverso uno schermo e un telefono - un rapporto di fiducia ed empatia con i clienti per un settore davvero delicato. “Inizialmente sembrava impossibile anche l’idea di poter acquistare o vendere a distanza un orologio di valore a clienti che non sanno fisicamente chi e dove sei”, ammette. “Questo ci ha fatto presto capire che il nostro vero obiettivo non era commerciare orologi ma ‘vendere’ fiducia. È stato il ‘faro’ su cui abbiamo puntato per le future iniziative di presentazioAPRILE, 2022
Dino Duca (al centro), fondatore della Gioielleria Duca, insieme ai figli Fabrizio (a sinistra) e Massimiliano, rispettivamente, direttore commerciale e direttore finanziario dell’azienda.
ne a distanza”. Anticipando le tendenze, la vetrina virtuale creata dal team Duca è divenuta un’apprezzata piattaforma e strumento di consulenze per acquisti e vendite di orologi di lusso in tutta Italia e all’estero. Ormai da oltre 12 anni la Gioielleria Duca è un punto di riferimento nel segmento del ‘secondo polso’: un mercato in costante crescita, che, secondo gli esperti, sarà in ulteriore espansione nei prossimi anni. Un ruolo particolare è riservato al secondo polso Rolex, per la vastità di domanda e offerta che ruota attorno a questo brand. Ma l’expertise Duca valuta e propone anche altri noti marchi fra cui Patek Philippe, Audemars Piguet o Omega da sempre apprezzati dai collezionisti. Sul sito, dove tutto è trasparente e spiegato con video e podcast di presentazione, è possibile ricevere una valutazione per il proprio orologio può inviare foto e informazioni. In 24 ore il cliente viene ricontattato personalmente da un esperto del team Duca che lo seguirà in ogni momento e rimarrà il suo referente anche per future vendite o acquisti. La partnership con i portavalori più accreditati consente alla Gioielleria Duca di spostare orologi in ovunque in Italia. Il cliente è informato in tempo reale sul tracking. “Vendiamo già i nostri orologi in tutta Europa” conclude Fabrizio, “e abbiamo già iniziato a farci conoscere fuori dall’Italia. Ci proponiamo di estendere le nostre campagne marketing in altri paesi. Il know-how acquisito e il rapporto fiduciario instaurato con i nostri clienti in Italia ci fa ben sperare per esportare con successo questo modello”. F
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GIOIELLERIA DUCA
La Gioielleria Duca è una storica orologeria romana fondata nel 1962. Oggi è attenta alle evoluzioni del digitale senza però trascurare il servizio di consulenza personalizzata
di Marco Gemelli
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FOOD&DRINK
Il cameriere-imprenditore
BIANCHI
Gabriele Bianchi è l’unico influencer italiano nel settore della sala e dell’accoglienza. Porta negli istituti alberghieri un modello alternativo. “È nella relazione col commensale che una cena può diventare un’esperienza inattesa”
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Nel complesso mondo della ristorazione, insieme a chef e ristoratori c’è una figura che nell’immaginario collettivo è rimasta finora quasi ai margini, ma che si sta ritagliando un ruolo sempre più importante nell’ottica della sostenibilità economica del comparto. È il cameriere, elemento tanto necessario al buon funzionamento delle attività – lo sanno bene pizzerie e ristoranti, che dopo la fase peggiore della pandemia si sono ritrovati con una grave carenza di personale - quanto considerato talvolta solo un mero ingranaggio. Niente di più sbagliato, perché c’è chi sta modificando la figura del cameriere trasformandola in un paradigma dell’idea stessa di imprenditoria nella ristorazione. È il toscano Gabriele Bianchi, fresco vincitore del premio Miglior food paring d’Italia della guida Spirito Autoctono 2022 e già miglior cameriere d’italia con Emergente sala nel 2019. Volto televisivo e unico influencer italiano nel settore della sala e dell’accoglienza, su Instagram elargisce consigli fuori dagli schemi, mentre col progetto Rivoluzione Sala sta portando negli istituti alberghieri di tutta Italia un modello di sala alternativo, che ispira i più giovani a seguire le sue tracce. “Il cameriere è imprenditore di se stesso”, racconta, “perché lavora con la propria immagine e può essere chiamato a diventare testimonial o ambassador, ma è anche volto del ristorante in cui opera”. Al pari di uno chef con i piatti o di un sommelier col vino, il cameriere gioca un ruolo fondamentale nella riuscita di una cena, e di conseguenza nel successo di un APRILE, 2022
Gabriele Bianchi, già miglior cameriere d’Italia nel 2019, ha vinto il premio come Miglior food paring della guida Spirito Autoctono 2022.
locale. La tecnica di servizio è sì importante, ma l’aspetto psicologico nel servizio è fondamentale. “È nei momenti di relazione col commensale, che una cena può diventare un’esperienza inattesa e un valore aggiunto”, dice Bianchi. “In fondo, se la cucina ha qualche difetto ma una sala pronta riesce a creare l’atmosfera giusta, rendendo piacevole l’ambiente e compensando le lacune ai fornelli, il cliente torna. Ecco perché è importante che oggi si vadano ad affiancare a quelli classici insegnamenti innovativi come gli abbinamenti - quelli tra il cibo e il tè, le tisane o il kombucha, ad esempio - un minimo di psicologia di sala, l’uso del movimento del corpo e così via”. In quest’ottica, conta anche l’abbigliamento giusto: a fine marzo Bianchi ha presentato a Firenze la prima sfilata di abiti da sala, con una collezione di 24 abiti realizzati da La Casa della Divisa. “Sono convinto che sia un elemento imprescindibile. Cambia lo stile di cucina”, conclude il cameriere influencer, che quando non è al lavoro da Essenziale, a Firenze, si divide tra trasmissioni Rai e la radio con Rtl 102.5. “Non vedo perché non debba cambiare anche lo stile di servizio. E lo stile passa anche dall’abbigliamento con cui ci si presenta al tavolo”. F FORBES.IT
LIVING
di Alessia Bellan
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ristorantes
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IL REGNO DELLE MIGLIORI CARNI
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uon cibo, arte e design gli ingredienti di Dry Aged, ambizioso progetto di Matteo Ferrario e Stefano Carenzi, giovane chef emergente e maître. Un indirizzo che non può sfuggire agli appassionati di carne, un locale dallo stile urban e l’atmosfera informale in via Cesare da Sesto, a due passi da corso Genova, con tanto di tavolo social à la New York bar, dove si viene accolti da imponenti costate, tra scritte al neon, opere d’arte contemporanea, fotografia e street art. Qui la sperimentazione sulle frollature è all’ordine del giorno (da cui il nome del locale, il dry aging è un antico metodo di frollatura a secco). Oltre alle costate, fiore all’occhiello del ristorante, la fassona selezione La Granda, la costata di Rubia Gallega fino alla gran selezione Dry Aged. Imperdibili i mondeghili della tradizione, polpette di carne con spinacino sautè, salsa senape e zafferano e un’ampia declinazione di tartare di manzo. restaurant.thedryaged.it in mostra
mixology
Berger, apprendista fotografo
Ready to Peck
“Un grande riconoscimento fu per me quando un grande abate buddhista laotiano, che mi aveva osservato lavorare per due anni, mi disse che ero “a learning photographer’”. Da qui il titolo della rassegna dedicata ad Hans Georg Berger, fotografo e scrittore tedesco, The learning photographer. Negli spazi della 29 Arts in progress gallery di via San Vittore fino al 16 luglio, più di 30 fotografie in bianco e nero selezionate e stampate a partire dai negativi dell’archivio berlinese di Berger - ripercorrono mezzo secolo a partire dagli anni ’70 quando, coinvolto nel restauro dell’Eremo di Santa Caterina all’Elba, trasformò l’ex convento in un centro internazionale d’arte. Il percorso espositivo segue idealmente Berger nelle sue esplorazioni umane e artistiche, come l’incontro con lo scrittore e critico francese Hervé Guibert, e nei suoi reportage in Asia.
Dall’alta gastronomia ai cocktail griffati. Peck celebra il rito dell’aperitivo e lancia la sua prima linea di cocktail ready to drink: Negroni, Martini Dry e Cosmopolitan, pronti da bere a casa propria senza rinunciare alla migliore qualità dei prodotti d’eccellenza che sempre contraddistingue la storica enogastronomia di via Spadari. E alla stessa cura dei drink che si sorseggiano da Peck CityLife, il cocktail bar nato nel 2018 e diventato punto di riferimento nel mondo della mixology milanese. Incaricata della realizzazione dei miscelati una delle più rinomate distillerie italiane, la nuova linea beverage si fa riconoscere per il concept grafico, creato da Gianluca Biscalchin e omaggio allo skyline della città. Per un perfetto abbinamento, i cocktail sono proposti anche in eleganti box con una selezione di proposte food firmate Peck. Peck.it
eventi
Rifiorisce Flora et Decora La mostra mercato di piante e fiori raddoppia nella nuova location a CityLife, apprezzata da pubblico ed espositori per le ampie zone verdi e gli Orti Fioriti, simbolo di sostenibilità e vivibilità dell’area. Luogo di incontro privilegiato per i numerosi eventi collaterali che arricchiscono la storica manifestazione dedicata al florovivaismo e alle decorazioni per il giardino, la casa e la persona. L’edizione primaverile, dal 22 al 24 aprile, ospiterà 80 espositori suddivisi in tre sezioni: Flora, riservata al florovivaismo, Decora, con la sua ampia selezione di artigianato di qualità e Ristora, con focus sull’enogastronomia d’eccellenza. APRILE, 2022
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di Mara Cella
ROMA
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GIANLUCA VACCHI PUNTA SUL KEBAB
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ebhouze è la nuova catena di kebab del noto imprenditore da oltre 41 milioni di followers, Gianluca Vacchi (nella foto), da poco approdata anche a Roma. Anche qui la mascotte Keb sta spopolando e il format è pronto a sbarcare in varie città italiane nel 2022. “Non esiste un food brand di kebab al mondo come Kebhouze, è un’esperienza del tutto nuova”, spiega Vacchi. “C’è un problema di diffidenza verso il kebab. Lo avevo anche io. Dopo averlo assaggiato per la prima volta in vita mia alle nostre prove food, mi sono reso conto che in realtà non c’è un piatto più semplice di questo: piadina, carne e qualche condimento a scelta. Ovviamente ho richiesto che ogni ingrediente e materia prima utilizzata siano di massima qualità”.
mostre
LA COMMEDIA DELL’ARTE SI FA… AD ARTE
moda
Paul & Shark sbarca a via Condotti Fra le novità di aprile c’è il nuovo indirizzo di Paul & Shark in via Condotti. Una nuova boutique nella via del lusso di Roma. In linea con l’impegno di Paul&Shark nei confronti della sostenibilità anche l’allestimento rispecchia il concept green del marchio. Un esempio? I 108 metri quadrati del nuovo flagship capitolino sono decorati con carta da parati Pvc free e il format espositivo riprende lo stile essenziale con una palette cromatica dove trionfa il blu a contrasto con il rovere chiaro e il beige. Tutto è stato progettato per esprimere al meglio la filosofia e l’italianità del marchio Paul & Shark raccontandone la sua storia e, soprattutto, il suo approccio al futuro.
Nei trattati di iconografia la personificazione della pittura porta spesso una maschera al collo, che imita la natura così come l’attore mascherato il personaggio che interpreta. Alla maschera, come simbolo, la Galleria del Laocoonte di Roma dedica una mostra di dipinti, disegni e sculture del ‘900. Protagonista sia l’enigmatico oggetto maschera, inanimato soggetto di nature morte futuriste o metafisiche, sia la maschera indossata dall’attore che dà vita e voce ai personaggi della tradizionale commedia dell’arte italiana, tante volte celebrata dall’arte moderna e non solo in Italia. Fra le tante opere in mostra fino al 30 maggio 2022, toccante è l’illustrazione a tempera di Arlecchino (nella foto) portato in paradiso dagli angeli, del disegnatore Enrico Sacchetti, appartenuta al famoso attore Ettore Petrolini. FORBES.IT
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LIVING
di Aka Sarabeth
NEW YORK
businesss
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LE AGENDE DI POSITIONAL ARRIVANO NELLA GRANDE MELA
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e c’è una cosa che distingue le produzioni italiane a New York è quel connubio tra storia, capacità manufatturiera e design. Tutto questo caratterizza Positional, collezione di articoli di cancelleria e di arredamento 100% made in Italy, che si sta facendo largo sul mercato statunitense grazie alla qualità dei propri prodotti. Un progetto ambizioso, nato dalla collaborazione tra la nota casa editrice e tipografia Rubbettino, il Lanificio Leo, una delle più antiche fabbriche tessili italiane che si trova nel cuore della Calabria, e lo Studio Eremo, uno studio di design della comunicazione con sede a Milano che si occupa della direzione artistica, dell’identità visiva e del design del prodotto. Materiali raffinati, stampa e rilegatura di rara artigianalità e un design contemporaneo ed elegante, per portare sempre con sè un autentico pezzo di made in Italy.
wellness
Un’oasi di benessere con vista su Manhattan Qc Terme, uno dei più grandi gruppi italiani nel settore del benessere, sbarca finalmente a New York e decide di farlo a Governors Island, isola a sud di Manhattan che ospita un ex complesso militare. L’ultima creazione dei fratelli Andrea e Saverio Quadrio Curzio andrà così a inserirsi in un ambizioso progetto di riqualificazione dell’area ideato insieme alle istituzioni locali, finalizzato a riqualificarla attraverso la realizzazione di un parco di oltre quattromila ettari e sei edifici. Il tutto mantenendo l’autenticità e valorizzando il patrimonio culturale di un pezzo di storia di New York, per la nascita di un autentico paradiso del benessere con vista su Manhattan.
rassegne
Van Gogh fa il pieno e prolunga Tra le esibizioni di maggior successo della Grande Mela, la Van Gogh Immersive Experience prolunga la sua permanenza a New York City. Creata dall’italiano Massimiliano Siccardi, e con il pluripremiato designer di Broadway David Korins nelle vesti di direttore creativo, Immersive Van Gogh permette al pubblico di ‘entrare’ nelle opere iconiche del grande artista olandese, evocando la sua coscienza interiore altamente emotiva e caotica attraverso un’esperienza sensoriale su più livelli. Ancora pochi giorni per recarsi nel Lower East Side di Manhattan e godere di uno dei migliori spettacoli dell’anno.
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APRILE, 2022
P E N S I E R I E PA R O L E
“Possiamo vedere solo a breve distanza davanti a noi, ma possiamo vedere molte cose che devono essere fatte” Alan Turing “Credere che domani sarà un luogo diverso da oggi è di certo un segno distintivo della nostra specie” Douglas Coupland
“Penso che abbia qualcosa a che fare con il domani: ce n’è sempre uno e tutto può cambiare quando arriva” Augusten Burroughs
“Ho visto il futuro ed è molto simile al presente, solo più lungo” Dan Quisenberry “Ogni età ha un buco della serratura a cui è incollato il suo occhio” Mary McCarthy “Ricordalo sempre: il futuro arriverà un giorno alla volta” Dean Acheson “Dopotutto, domani è un altro giorno” Margaret Mitchell “Un giorno proveremo a fare quante più cose possibili” John Ashbery “Ieri è quello che oggi è stato, domani è il sogno di oggi” Kahlil Gibran
“Quindi non preoccuparti del domani, perché sarà il domani a preoccuparsi di se stesso” Matteo 6:34
PENSIERO FINALE
“Il passato è sempre incerto, il futuro invece è perfetto” Zadie Smith FONTI: SKETCHES FROM LIFE, DI DEAN ACHESON; DEATH OF WALLENSTEIN, DI SAMUEL TAYLOR COLERIDGE; VIA COL VENTO, DI MARGARET MITCHELL; É PIU’ TARDI DI QUANTO PENSI, DI ROBERT W. SERVICE; IL PROFETA, DI KAHLIL GIBRAN; MICROSERVI, DI DOUGLAS COUPLAND; AUTORITRATTO IN UNO SPECCHIO CONVESSO, DI JOHN ASHBERY; CORRENDO CON LE FORBICI IN MANO, DI AUGUSTEN BURROUGHS.
FORBES.IT
“Ah! L’orologio è sempre lento. È più tardi di quello che pensi” Robert W. Service “Così, spesso gli spiriti avanzano a grandi passi prima degli eventi, e nell’oggi cammina già il domani” Samuel Taylor Coleridge
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DOMANI
“Guardiamo avanti, avanziamo con passo sicuro e senza esitazione” –B.C. Forbes
APRILE, 2022
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INVESTIGATION
Italia 4,90 euro - Anno 7 - N° 54 - Aprile, 2022 - Periodicità: mensile - Prima immissione: 6/4/2022 Mensile - Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale D. L. 353/2003 (conv in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 LO/MI
GUERRE (ANCHE) STELLARI
L’ALTRA SICUREZZA È CYBER
I MAESTRI UNDER 30 DELL’EDUCATION I PICCOLI GIGANTI DELLA BERGAMASCA
APRILE, 2022
VIVERE IN MOVIMENTO
I FUORICLASSE DELLA LOGISTICA Pier Carlo Bottero
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ANNO 3 – N° 8 – SPRING APRILE-GIUGNO 2022 – PERIODICITA’ TRIMESTRALE – UNA COPIA € 4,90 - PRIMA IMMISSIONE 06/04/2022 POSTE ITALIANE SPA – SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE D. L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1 COMMA 1 LO/MI
LA SMART MOBILITY DIVENTA UN GIOCO
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Passione e avventura in sella con Jova
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