Italia Ornitologica - numero 3, 2021

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Rivista mensile di Ornitologia Scientifica - Tecnica - Pratica Organo Ufficiale della F.O.I.-Onlus

ANNO XLVII numero 3 2021

Estrildidi Fringillidi Ibridi

Didattica & Cultura

Il Lucherino ventre giallo Silice

Discussioni sul Satiné

Canarini di Forma e Posizione Lisci

Il Salentino

Alimentazione

Le Crucifere: una famiglia “superfood”



ANNO XLVII NUMERO 3 2021

sommario 3 5

Perché (continuare ad) allevare Gennaro Iannuccilli

Il Lucherino ventre giallo Silice Bruno Zamagni

Fecondità degli ibridi e affinità tra le specie parentali Sergio Lucarini

Discussioni sul Satiné Giovanni Canali

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Il collezionismo ornitologico (5ª parte) Francesco Badalamenti

La divulgazione è conoscenza… e nozioni tecniche Nicola Brunori

Le Crucifere: una famiglia “superfood” Pierluigi Mengacci

L’Upupa comune Pier Franco Spada

E l’arancio? Francesco Dalba e Giovanni Canali

Orni-flash News al volo dal web e non solo

Pensieri in libertà Martina Frezza

Estrildidi Fringillidi Ibridi

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Enrico Palescandolo - Gli Ornitologici: chi siamo perchè esistiamo Nino Vicidomini

Canarini di Forma e Posizione Lisci

Il Salentino Sergio Palma

Spazio Club Club Amici dell’Ondulato

Come nasce una grande passione Bartolomeo Cozzolino

Il Diamante di Gould (2ª parte) Francesco Formisano

Photo Show Le foto scattate dagli allevatori

Nove anni in C.T.N. E.F.I.: condivisione di un’esperienza Gianni Ficeti AMMINISTRAZIONE E PUBBLICITÀ: Segreteria F.O.I.-Onlus Via Caorsana, 94 - Località Le Mose 29122 Piacenza Tel. 0523.593403 - Fax 0523.571613 Web: www.foi.it - E-mail: redazione@foi.it

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Photo Show

Didattica & Cultura

Lettere in Redazione Attività F.O.I. - Verbale Consiglio Direttivo del 12 e 13 febbraio 2021

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Italia Ornitologica è la rivista ufficiale della F.O.I. - Federazione Ornicoltori Italiani, pubblicata in 10 (dieci) numeri annuali a cadenza mensile, 2 (due) dei quali in versione bimestrale nel periodo estivo (Giugno/Luglio e Agosto/Settembre). Il numero 3 - 2021 è stato licenziato per la stampa il 23/3/2021



Editoriale

Perché (continuare ad) allevare di G ENNARO IANNUCCILLI

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l periodo che stiamo vivendo da ormai oltre un anno sta generando in molte persone stati di ansia più o meno evidenti e fenomeni depressivi più o meno latenti. Ci dicono che è normale sia così, viste le costanti preoccupazioni alle quali siamo ulteriormente sottoposti a causa del problema epidemico, che si vanno a loro volta ad aggiungere agli eventi “normali” della vita che si manifestano inesorabilmente. Sarà anche così ma il pensiero, ormai fisso, è quello di poter finalmente uscire da questa sorta di periodo “sospeso” che stiamo subendo in attesa che, in un modo o nell’altro, terminino le paure, le angosce e le incertezze alimentate dall’incubo pandemico, per tornare ad occuparci nuovamente di gioie e dolori che fanno altresì parte del nostro quotidiano.

Mi è capitato spesso di riflettere su frasi pronunciate da amici allevatori, i quali in diversi contesti ho sentito ribadire di essersi potuti maggiormente dedicare alle varie fasi dell’allevamento ornitologico, approfittando della condizione “casalinga” alla quale siamo stati costretti nei momenti di maggiore isolamento coercitivo, in base alle restrizioni alternativamente rigide - applicate nelle varie zone d’Italia. I termini di queste riflessioni non riguardavano, però, solo la maggiore disponibilità di tempo, da sempre anelata da tutti coloro che sono normalmente soggetti a orari di lavoro inflessibili; quanti di noi hanno fantasticato di poter giungere prima possibile a un’età pensionabile, oppure pensato con frequenza a una modalità lavorativa tale da poterci consentire di dedicare più tempo ai nostri interessi in generale?

Scorcio della voliera presso la Sede F.O.I. a Piacenza

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Editoriale Se, da una parte, queste considerazioni sono ritenute incomprensibili da chi ci vede e percepisce al di fuori della nostra sfera di passione, non intuendo minimamente il nostro coinvolgimento mentale e pratico, dall’altra parte noi sappiamo che abbiamo bisogno di nutrirci di tutto ciò che concerne l’ornitologia amatoriale e sportiva, partendo sicuramente dalle attività di allevamento fino al ricoprire diversi ruoli all’interno della nostra organizzazione associativa e federale. L’allevamento, dicevamo, è stato di sicuro il deterrente più forte che noi appassionati ornicoltori abbiamo avuto a disposizione per affrontare lo stress psicofisico emerso esponenzialmente in questo ultimo anno. Abbiamo provato inequivocabile sollievo nel dover accudire i nostri pennuti beniamini nella delicata fase della riproduzione, mentre fuori ascoltavamo solo preoccupanti notizie ripetute incessantemente da tutti i media, radio/tv, stampa, social network, ecc. senza soluzione di continuità e con toni sempre più allarmistici. Non si tratta di egoismo, poca sensibilità o, vieppiù, poco rispetto per quanto di grave stesse accadendo a livello internazionale: era (ed è) una vera e propria via di fuga, oserei dire un “salvavita” mentale, il potersi isolare per quel paio di ore al giorno, estraniandoci liberamente dal contesto attuale, per rifugiarci in un’oasi nella quale poterci

Particolare della voliera degli ondulati presso la sede F.O.I. a Piacenza

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concentrare su tutti gli aspetti che riguardano l’allevamento domestico degli uccelli da noi scelti e selezionati. Finanche le operazioni di pulizia delle gabbie e degli accessori, le attività meno allettanti del nostro hobby, hanno avuto una fondamentale funzione di “divagazione sociale”, costringendoci volontariamente – scusate l’ossimoro – a distrarci dalle problematiche concorrenti. Ricordo sempre con piacere una frase, un’opinione che ripeteva spesso il dott. Giampietro Falaguasta (allora presidente della mia associazione d’appartenenza, poi consigliere federale) il quale auspicava la possibilità, in un prossimo futuro, di prescrivere una coppia di canarini come rimedio medicinale ideale per lenire i problemi legati all’ansia e alle preoccupazioni che la vita ci procura. Forse è proprio il caso di intendere la nostra passione ornitologica come una “terapia” d’urto contro il logorio della vita moderna, parafrasando un famoso slogan pubblicitario di alcuni anni fa. Tra i tanti, molti aspetti negativissimi della pandemia, possiamo evidenziare anche qualche accezione positiva, o almeno non necessariamente da aborrire, come il fatto di essersi dovuti adeguare alla conoscenza delle tecnologie informatiche, per continuare a lavorare in remoto, per fruire della didattica a distanza ma anche per cogliere l’occasione di incontrarsi – seppure non in presenza ma solo in video – per parlare di ornitologia, come dimostrano i convegni e i webinar a tema sempre più presenti sulle varie piattaforme; ma soprattutto quello di aver scoperto (o riscoperto) il valore aggiunto che può avere la gestione di un allevamento nella nostra realtà quotidiana. Oggi più che mai, è arrivato il momento di “sdoganare” definitivamente – semmai ce ne fosse ancora necessità – l’allevamento degli uccelli da gabbia e da voliera come un’attività non solo legittima, ma utile e benefica per l’uomo, nel pieno rispetto del benessere animale. Ritengo fermamente che l’adozione, seppur di due canarini o pappagalli che siano, possa essere un valido aiuto: 1) per le persone più anziane, come motivazione mentale per l’accudimento, la cura e l’alimentazione di esseri viventi totalmente dipendenti da noi; 2) sicuramente per i bambini, come momento di avvicinamento e conoscenza della natura attraverso il meraviglioso mondo alato, generando senso di responsabilità e protezionismo verso le piccole creature piumate; 3) per noi adulti, in quanto possibilità reattiva e alternativa a fenomeni di disagio psicologico indotto da situazioni ansiogene. Per non parlare, poi, dei benefici “sociali” che traggono tutti coloro che sono coinvolti nella vita associativa, nelle organizzazioni di eventi ornitologici e nello svolgimento delle mostre, come espositori, giudici, ecc. Ma questa è un’altra storia di cui noi, e solo noi, siamo pienamente e fieramente consapevoli.


ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI

Il Lucherino ventre giallo Silice testo e foto di BRUNO ZAMAGNI

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ra il 31 dicembre del 2013, in una trattoria dell’entroterra romagnolo con gli amici Renzo Esuperanzi, Sergio Lucarini e Massimiliano Esposto, lì, nel tempo trascorso tra il primo assalto al tagliere degli affettati misti e l’arrivo dopo un paio di ore del caffè, del grappino e del conto, abbiamo ragionato sulla possibilità di realizzare un doppio salto di specie con la mutazione “silice”, splendida variante cromatica che all’epoca era da poco tempo apparsa nel Lucherino europeo (Spinus spinus). Quel giorno, colpa forse di una punta di euforia provocata da un ottimo Sangiovese, ci ritrovammo a pensare in grande: per sommi capi, l’idea di base era quella che bisognava prima traslare e stabilizzare preventivamente la mutazione in un ceppo di Cardinalini (Spinus cucullata), oppure di Lucherini ventregiallo (Spinus xanthogaster), dopo di che, tentare il salto di genere con mirati incroci di maschi mutati accoppiati a delle Canarine. La creazione di un nuovo tipo di Canarino è ovviamente una acquisizione notevole, in grado di far passare alla storia il nome del realizzatore. A me però, appassionato da sempre di fringillidi sia indigeni che esotici, in particolare di quelli mutati, da subito ha iniziato a intrigarmi soprattutto la prima parte del piano, quella cioè della realizzazione di un piccolo ceppo di Cardinalini Silice, o ancora meglio, di Lucherini ventregiallo Silice.

Questo fattore, a trasmissione genetica autosomica dominante, per quello che si conosce, oltre che nel Lucherino è apparso anche nel Passero europeo

La mutazione “silice” Diverse tra le mutazioni fissate nel Lucherino Spinus spinus sono sovrapponibili a quelle già conosciute nel Canarino, tra queste la bruno, la pastello, la topazio (traslata dalla originale del Lucherino testanera), la intenso (conosciuta come giallo), la avorio, la diluito (poi trasferita nel Canarino Jaspe). La mutazione silice è invece peculiare del piccolo Spinus. Apparsa nell’allevamento del Sig. Mojmir Bradzil e da lui fissata, è stata in un primo momento

Lucherino ventregiallo Silice

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In evidenza le zone di elezione delle melanine

denominata “giallo cecoslovacco”. Nome abbastanza improponibile ed infatti Renzo Esuperanzi, in occasione di un incontro tecnico svolto in concomitanza di una edizione di “Fringillia”, ha proposto di sostituirlo con Silice. È stata una intuizione felice tanto che in breve tale denominazione è diventata di uso comune. Questo fattore, a trasmissione genetica autosomica dominante, per quello che si conosce, oltre che nel Lucherino è apparso anche nel Passero europeo Passer domesticus dove gli è stato assegnato il nome di Black-masked. Il suo effetto sul piumaggio è decisamente vistoso, con un abbattimento delle melanine talmente spinto che queste restano confinate in caratteristiche sottili orlature soprattutto nelle penne forti ed anche, sia nel Lucherino che nel Passero, in tracce di nero che restano evidenti a livello di calottina e pizzetto, distretti dove la fisiologica concentrazione della eumelanina in entrambe le specie è massima. Nel resto del piumaggio c’è una sorta di scarsa diffusione che in alcuni soggetti ha delle strane peculiarità: a volte infatti, in particolare nel dorso, si formano piccoli addensamenti scuri. Il becco e le zampe restano pienamente ossidate, cosa che fa ritenere che il

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Lucherino ventregiallo Silice

meccanismo di azione dipenda più da una (incostante?) difficoltà nel passaggio delle melanine dal melanocita al follicolo della penna, che ad una deficienza nella loro produzione. Il sottopiuma è nero. Ibridi e Reincroci Quella del giro a sfondo ornitologico per chiudere in bellezza l’anno è una consuetudine che con Renzo e Sergio si perpetua oramai da diversi decenni. Di solito nella mattinata, prima di recarci a pranzo, facciamo visita ad amici allevatori che condividono la nostra passione. Quella volta avevamo incontrato Stefano Zavoli e Alex Valentini ed è stato appunto nelle loro voliere che siamo rimasti colpiti ed affascinati da un gruppetto di Lucherini Silice. Nei giorni successivi, con oramai in testa il piano che andava prendendo forma, è stato inevitabile che sempre da loro sono tornato per coinvolgerli nel mio progetto: la creazione di un ceppo stabile di Lucherini ventregiallo Silice. In verità non ho dovuto insistere più di tanto; Alex Valentini, che al tempo oltre ai Lucherini Silice aveva anche diversi xanthogaster, con entusiasmo e generosamente si è offerto di produrre

per me nella successiva primavera direttamente i primi ibridi. Quel giorno ci lasciammo con la speranza che sarebbe andato tutto per il verso giusto. Così è stato! Alla fine dell’estate, due splendidi maschi F1 mutati Silice arrivarono nel mio allevamento. Nel frattempo mi ero procurato due femmine di Lucherino ventregiallo e, dato che ho l’abitudine di produrre personalmente i soggetti per portare avanti le mie selezioni, ho rimediato anche una bella coppia da far riprodurre in purezza. Il primo anno ho avuto fortuna riuscendo a produrre una decina di soggetti tra i quali 5 mutati, tre maschi e due femmine. Mi ricordo che questi R1 (reincroci di prima generazione) avevano una stazza notevole, molto più grandi dei loro genitori, con un cappuccio più simile a quello di un Lucherino testanera che di un Lucherino ventregiallo. Nella successiva stagione, oltre ai maschi R1, testai anche una femmina che, accoppiata ad un maschio xanthogaster puro, si presentò totalmente feconda. Stessa cosa con tutte le altre femmine negli anni a seguire. Una generazione dietro l’altra, mano a mano che la genetica di base virava


verso il ventregiallo, la forma, la taglia e i disegni si avvicinavano sempre più a quelli della specie di riferimento, chiaramente salvaguardando la presenza nella discendenza della mutazione silice. Per verificare il progresso nell’avvicinamento alle caratteristiche strutturali e di colore dello xanthogaster puro, ho ovviamente sempre preso come riferimento i fratelli ancestrali che mi nascevano nelle covate miste. Nel portare avanti il mio progetto, ho mantenuto negli anni la barra diritta mettendo in essere cioè, nelle varie generazioni, accoppiamenti che vedevano coinvolti soggetti Silice, i vari “R” sia maschi che femmine, uniti a xanthogaster puri non mutati. Anche per questo motivo, non avendo mai provato l’accoppiamento mutato per mutato, al momento non so rispondere alla domanda che a volte mi viene posta circa la possibile esistenza di soggetti Silice omozigoti (a doppio fattore mutato) e quale possa essere il loro fenotipo. A questo proposito, tengo a precisare che avendo sempre lavorato con piccoli numeri, dopo sette anni di selezione sono riuscito a traslare la mutazione senza avere messo in circolazione alcun soggetto intermedio; questi sono infatti ancora tutti in mio possesso. Sul grado di melanizzazione Guardando l’effetto che la mutazione “silice” ha sulle melanine del Lucherino europeo, con calotta e pizzetto ancora ben percepibili, indice di una certa refrattarietà alla riduzione da parte delle zone più ossidate, mi ero fatto l’idea che nel Lucherino ventregiallo mutato ci saremmo trovati di fronte ad importanti addensamenti nelle zone originariamente nere. In realtà, come si può vedere dalle foto, nonostante il tanto nero presente nel fenotipo classico, lo schiarimento nel mutato risulta comunque drastico, con melanine abbastanza marcate solo nell’orlo delle penne forti e a livello della testa. A mio parere, questa situazione fa il paio con quanto già visto nei vari ibridi che il Ventregiallo nel tempo ci ha regalato. In realtà, a fronte del diffuso nero che lo caratterizza, questo esotico tra i vari suoi congeneri è quello che alla sua

Ho ovviamente sempre preso come riferimento i fratelli ancestrali che mi nascevano nelle covate miste

prole ibrida ne trasmette relativamente meno. Ciò avallerebbe quella teoria, non so quanto attendibile, che preconizza per gli Spinus sud-americani una colonizzazione in due ondate separate; sarebbero cioè distinguibili due rami evolutivi, quello che è andato a formare le specie attualmente caratterizzate da un cappuccio nero che vede nel Negrito il suo apice evolutivo, e quello dei soggetti dotati di calottina e pizzetto, che vedrebbe proprio nel Ventregiallo la massima espressione verso l’acquisizione di diffusioni nere. Le ibridazioni dei componenti del secondo gruppo, esplicative quelle con il canarino, ripristinando situazioni ataviche, mettono in evidenza la loro minore capacità di trasmettere il nero a livello della testa. A tale proposito, anticipando i contenuti di una prossima nota, posso aggiungere che, in un parallelo lavoro che sto portando avanti

Piccolo Silice con il fratello non mutato

con Il Cardinalino del Venezuela, risulta che il cappuccio del mutato Silice di questa specie sia più marcato e netto rispetto a quello del pari mutato Lucherino ventre giallo. Sulla fecondità degli ibridi Un’altra osservazione che vorrei aggiungere prima di chiudere questa nota: riguarda la estrema fecondità riscontrata sia negli F1 che nei vari reincroci. Fecondità totale anche nelle femmine. Cosa che potrebbe certamente essere spiegata, come di norma si fa in questi casi, ipotizzando una forte affinità genetica addebitabile a cicli di speciazione relativamente recenti. Su questo tema ricordo però una nota di Sergio Lucarini apparsa nel n°1/2000 di questa rivista dove, partendo da un parallelo tra quanto avviene nelle ibridazioni coinvolgenti uccelli appartenenti al genere Crithagra/Serinus, che manifestano di norma una sterilità diffusa, e quelle che invece vedono coinvolti gli Spinus sud americani, che all’opposto producono ibridi con ampi riscontri di fecondità, veniva avanzata una teoria alternativa: oltre al tempo trascorso dalla separazione dall’ultimo antenato comune, conta anche il tipo di speciazione, se questa cioè avvenga per un isolamento riproduttivo dovuto a barriere fisiche, come appunto è stato tra gli Spinus che, penetrati in Sud America sfruttando i corridoi montuosi freschi, hanno trovato nella complessa orografia andina nicchie ben distinte in cui evolvere autonomamente nuove caratteristiche fenotipiche senza più entrare in reciproco contatto, oppure avvenga come nei Serini africani per un isolamento indotto e mantenuto grazie a “geni per la sterilità” che vengono progressivamente acquisiti a seguito degli inevitabili accoppiamenti di ritorno tra specie che si evolvono in areali contigui privi di barriere fisiche, come appunto sono quelli africani. Per chi volesse approfondire l’argomento, rimando alla lettura dello scritto di Sergio. Da parte mia, invece, chiudo con la promessa di tornare sul tema: ho infatti in uno stadio avanzato la “lavorazione” del Cardinalino Silice. A presto quindi!

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ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI

Fecondità degli ibridi e affinità tra le specie parentali di SERGIO LUCARINI, foto P. M. NAZARI

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el leggere l’interessante articolo di Bruno Zamagni sul trasferimento della mutazione Silice dal Lucherino allo Spinus xanthogaster, mi è tornata alla mente una nota che scrissi nell’ormai lontano anno 2000. Si trattava di un approfondimento sulle cause che determinano il grado di maggiore o minore fecondità degli ibridi. Visto che è passato del tempo e che il contenuto degli argomenti esposti da Bruno gli restituiscono un minimo di attualità, direi che non sarebbe male l’idea di riproporla a margine della bella esperienza di Zamagni.

Varie specie di Drosophila

Da “Italia Ornitologica” n° 1/2000. … Un interrogativo molto frequente tra gli appassionati di ibridazioni riguarda quello che appare quasi un controsenso: perché gli incroci tra il Canarino e il Cardinalino del Venezuela, uccelli appartenenti a generi diversi, sono a volte fecondi, mentre quelli tra il Canarino e i suoi congeneri africani (Canarino del Mozambico, Cantore d’Africa, etc.) non lo sono quasi mai? La risposta non appare semplice, un suggerimento ce lo potrebbero però dare alcuni peculiari aspetti di quel complesso processo naturale che va sotto il nome di speciazione. Per comprenderne le basi aiuta la lettura del lavoro di Francisco J. Ayala, “I meccanismi dell’evoluzione” (1979), del quale riporto alcuni stralci: … Il processo

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evolutivo ha due dimensioni: l’evoluzione filetica e la speciazione. La prima consiste nei cambiamenti graduali che si susseguono nel tempo in un’unica linea di discendenza: come regola, tali cambiamenti creano un migliore adattamento all’ambiente in cui la specie vive. La speciazione ha luogo invece quando una linea di discendenza si ramifica in due o più nuove linee, ed è il processo che spiega la grande diversità del mondo vivente. La speciazione consta comunemente di due stadi. Il primo stadio esige che lo scambio di geni tra le due popolazioni venga interrotto, in genere grazie ad una separazione geografica (interposizione di una catena montuosa, migrazione di un gruppo di individui su un’isola, ecc.). L’assenza di scambio genetico tra le due popolazioni consente loro di divergere geneticamente; ciò almeno in parte come conseguenza del loro adattamento alle nuove condizioni di vita. Il primo stadio del processo di speciazione è un processo graduale, inoltre può essere reversibile qualora, ripristinato il contatto tra le due popolazioni, la perdita di idoneità riproduttiva da parte degli ibridi non sia stata troppo grande. Se, invece, l’ibridazione dà una progenie con una fecondità sen-

Canarino del Mozambico x Canarino golanera

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sibilmente ridotta, le popolazioni andranno incontro al secondo stadio della speciazione che perfezionerà la loro divergenza favorendo l’instaurarsi di meccanismi di isolamento dapprima post-zigotici, tesi a ridurre la vitalità e la fecondità della progenie ibrida, e poi pre-zigotici, tesi ad impedire definitivamente gli accoppiamenti eterologhi (…) le condizioni che conducono ad adattamenti morfologici innovativi e quelle che favoriscono la speciazione non devono necessariamente essere contemporanee. Il cambiamento morfologico procede come risposta a sfide ambientali, per esempio l’esposizione a nuovi predatori o l’inaugurazione di un nuovo habitat, mentre la suddivisione di una popolazione in nuove specie ha luogo come conseguenza della struttura della popolazione, per esempio nella distribuzione a chiazze in habitat ristretti… Studi sui moscerini Tornando dunque al quesito che apre questa nota, possiamo ritenere che le cause della maggiore o minore fecondità degli F1 vadano ricercate oltre che nel grado di affinità genetica tra i parentali (inversamente proporzionale rispetto al tempo trascorso

dall’ultimo antenato comune), anche nella peculiarità del loro processo di speciazione: se rimasto al primo stadio, con le popolazioni che separate geograficamente hanno continuato a divergere senza più incontrarsi (come successo agli Spinus nelle loro nicchie andine), oppure se entrata nel secondo stadio, con il relativo affinamento di quei meccanismi di isolamento riproduttivo finalizzati a tamponare gli esiti di ibridazioni più o meno sporadiche tra popolazioni limitrofe, come probabilmente successo tra i Serini in Africa. Indicative sono le risultanze delle ricerche di G. S. Stebbins e dello stesso F. J. Ayala (1985) su varie popolazioni di moscerini dove tra l’altro è stato osservato che semispecie di Drosophila paulistorum provenienti dalla stessa località tendono a non ibridarsi spontaneamente e, se forzate in laboratorio, generano frequentemente ibridi malformati o sterili; all’opposto ci sono semispecie prelevate in località isolate che invece non palesano reciproci meccanismi di isolamento riproduttivo né pre-zigotici, né post-zigotici, gli F1 sono perlopiù fecondi. Allargando il campo di ricerca, analoghe risposte sono state ottenute da mo-

Canarino del Mozambico x Cardellino


scerini facenti parte delle specie del gruppo “wellistoni” (D. wellistoni, D. equinoxalis, D. tropicalis, D. paulistorum), specie morfologicamente molto simili che condividono ampi territori senza mai ibridarsi; anche in laboratorio è difficile ottenere ibridi e quei pochi che nascono sono sterili. All’opposto, nell’arcipelago delle Hawaii, sono presenti parecchie centinaia di specie di Drosophila isolate tra loro geograficamente che, pur presentando cospicue differenze morfologiche, hanno la capacità di produrre prole ibrida con buone percentuali di fertilità. Conclusioni In tale prospettiva, il grado di fecondità di un dato ibrido come indice di parentela tra due specie acquista un valore abbastanza relativo, in quanto il tutto va letto tenendo presente la possibile interferenza di Lucherino testanera x Cardellino geni per la sterilità (1). Se i serini africani in accoppiamenti reciproci producono in larga conseguenza la sterilità di eventuali maggioranza ibridi sterili, non è detto ibridi) venga perfezionata in costanza che questo avvenga obbligatoriadi possibili scambi genici di ritorno mente perché l’inizio della loro spetra popolazioni limitrofe. Gli stessi ciazione sia particolarmente remoto; studi producono una datazione della più probabile è che nei loro genomi divergenza del Canarino dal Verzelci sia stata una acquisizione di meclino molto recente, attorno ai canismi genetici di isolamento teso a 720.000 anni fa. Entrambi questi sesupplire alla mancanza di efficaci barrini si sono evoluti separatamente ririere geografiche tra i diversi areali. spetto agli altri appartenenti al GeStudi sulle sequenze del DNA mitonere; ciò fa supporre la non condriale (A. A. Villena et al.) fanno elaborazione nel loro genoma di barinfatti datare tra i 9 e i 2 milioni di riere genetiche. Analoga mancanza anni fa l’inizio della speciazione di di barriere genetiche è attribuibile grande parte dei Serini africani; inolagli Spinus sud-americani che hanno tre permettono di quantificare una trovato nella complessa orografia andivergenza nucleotidica tra le varie dina nicchie ben distinte in cui evolspecie relativamente bassa, attorno vere autonomamente nuove caratteal 4 %, cosa che le fa definire dallo ristiche fenotipiche. Le analisi di stesso autore specie geneticamente Villena et al. datano la nascita di queaffini che hanno però avuto una radiasti Lucherini all’interno di un arco zione molto rapida. Ciò è convergente temporale che va dai 5 ai 3 milioni di con l’assunto che la speciazione (e di anni fa, tempi di speciazione assimi-

labili a quello dei Serini africani; in questo caso, però, grazie alla più marcata separazione dei vari areali, quindi alla non necessità di produrre barriere genetiche, ci troviamo di fronte a specie che hanno la possibilità di generare, in accoppiamenti reciproci, ibridi che in numerosi casi presentano una fecondità completa anche nel sesso femminile. In conclusione, possiamo quindi affermare in risposta al quesito che apre questa nota circa la “strana” fecondità degli ibridi di Cardinalino per Canarino, che questa è spiegabile per la mancanza sia nel Canarino che nello Spinus venezuelano dei sopra descritti “geni per la sterilita”. Geni che però i nostri Canarini di colore “a fattore rosso” potrebbero aver iniziato ad elaborare a causa delle reiterate ibridazioni che, soprattutto negli anni passati, sono state messe massicciamente in atto per trasferire nel loro genoma i fattori per la ossidazione dei lipocromi. Sembrerebbe infatti che gli F1 attuali, figli di canarine a “fattore rosso”, siano caratterizzati da una fecondità sensibilmente ridotta rispetto a quella riscontrata nella fase pionieristica che abbiamo vissuto nella seconda metà del secolo scorso. In questa ottica, migliore sembrerebbe la situazione nelle ibridazioni del Lucherino ventregiallo con Canarine non “a fattore rosso”. In questo caso, entrambi i genomi risulterebbero immuni dalla proliferazione di “barriere genetiche”, cosa che agevolerebbe la nascita di F1 con alte probabilità di essere fecondi. NOTA (1) Un bel riscontro per quello che riguarda i geni per la sterilità è quello del fenomeno della disgenia ben studiato nelle Drosophile, causato da elementi genici trasponibili responsabili di malformazioni e di sterilità a livello di F1. La disgenia è essa stessa un efficace meccanismo di speciazione (B. Lewin – 1983).

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DIDATTICA & CULTURA

Discussioni sul Satiné di GIOVANNI CANALI, foto E. DEL POZZO e F.O.I.

A

vevo preparato uno scritto sul satiné attinente alla tesi di alcuni secondo la quale esisterebbe anche il satiné bruno. Poi ho visto un articolo di Vitti su questo argomento, pertanto ho ritenuto doveroso aggiungere un preambolo poiché non sarebbe stato carino scrivere sullo stesso argomento senza citare un testo pubblicato su di una tesi che comincia a prendere piede, sostenuta da Vitti e non solo. Ebbene, affermo che il satiné è certamente allelico all’agata, ed in seguito ci sono vari argomenti a sostegno. Non escludo però l’esistenza del satiné bruno, anche se la considero molto improbabile, per l’ipotesi che spiego nel testo già preparato, attinente a due possibili mutazioni satiné. Gradisco che si indichi l’agata come mutazione, visto che c’era chi riteneva di considerarla una selezione. Stando così le cose, però, non si può parlare di intermedi accoppiando satiné presunto bruno, dico presunto, con agata; infatti gli intermedi, in questo caso, comporterebbero differenza di selezione, non di mutazioni diverse. Da tale accoppiamento possono nascere solo agata anche se il satiné fosse bruno, stante l’allelicità di agata e satiné con dominanza incompleta dell’agata. A questo proposito, penso ad un colloquio con il compianto Trainini che, nel nostro ultimo incontro, mi mostrò un satiné riconducibile ai presunti bruni. Ne discutemmo e gli chiesi se lo avesse accoppiato con agata; egli disse di si ed aggiunse che nascevano agata, riconoscendo che c’era allelicità fra agata e satiné, contrariamente a quanto aveva pensato prima.

Verdone lutino maschio

Il satiné è certamente allelico all’agata, e ci sono vari argomenti a sostegno. Non escludo però l’esistenza del satiné bruno

Un discorso competente ed onesto, che veniva dopo uno scontro durissimo su altri aspetti che avevamo avuto e che apprezzai molto anche per questo. Questa circostanza è nota anche ad altri tecnici fra cui Diego Crovace, la cui correttezza e competenza sono fuori discussione. Ora passo a presentare il pezzo già preparato, ove non pontifico come un papa ma piuttosto discuto se nel dubbio o affermo se certo, direi alla

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lontana come un antipapa, visto che a volte non seguo linee tradizionali o ufficiali. Già da tempo sento vari discorsi sul satiné e qualcuno mi pone domande, devo dire con un certo stupore, visto che ho scritto un articolo che avrebbe dovuto essere esaustivo (Problema Satiné I. O. n° 3 marzo 2018). Evidentemente non è stato letto da tutti o non condiviso da tutti. Cercherò di esprimermi nel modo più chiaro possibile, visto che regna ancora non poca confusione. Ho dovuto constatare che il concetto di allelicità del satiné con l’agata non è accettato da alcuni. Per prima cosa ribadisco che non vi è dubbio alcuno che il gene che produce il satiné sia lo stesso che

Non vi è dubbio alcuno che il gene che produce il satiné sia lo stesso che produce l’agata

produce l’agata, come vedremo. Questa circostanza non consente che vi siano le ricombinazioni, come per gli altri tipi aggiunti con i 4 tipi base, che non dimentichiamo sono legati al sesso. Gli altri tipi aggiunti se autosomici, cioè non legati al sesso, come ad esempio l’opale e il phaeo, si ricombinano del tutto indipendentemente, mentre quando sono legati al sesso, vale a dire il pastello, la ricombinazione richiede il crossingover, comunque ricombinazione c’è. Il satiné è quindi un caso a parte e va valutato a parte e non si può invocare una mancata ricombinazione per linkage (che si ha quando c’è un gene diverso molto vicino) essendo sicuramente allelico all’agata. Che il gene che produce l’agata ed il satiné sia lo stesso è certo, non perché lo dicono tutti gli autori, scienza e tecnica non hanno nulla

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a che fare con la democrazia, ma perché ci sono chiare evidenze. Il satiné latente schiarisce agata ed isabella (l’isabella è l’interazione di agata e bruno), ma non schiarisce i neri ed i bruni. Non serve dire che i neri ed i bruni portatori di satiné sono brutti, saranno anche orrendi, per via di accoppiamenti strani; talora con il satiné si è usato di tutto (però ne ho visti anche di buoni), ma i neri non si confondono con neri pastello ed i bruni con bruni pastello o con intermedi, mentre gli agata, se brinati o mosaico, sono molto simili ad agata pastello e gli isabella spesso sembrano quasi degli intermedi con il satiné con disegno. Evidentemente la mutazione satiné è del tutto recessiva nei confronti della forma ossidata

Verdone satiné maschio

Satiné mosaico giallo

C’è da chiedersi se nel canarino la mutazione satiné sia avvenuta in ossidati o in diluiti

selvatica, ma non del tutto recessiva vero la forma mutata allelica agata. Ancora una volta cito il caso del verdone che è emblematico; nel verdone la mutazione satiné è avvenuta prima della mutazione agata, quindi non vi è dubbio alcuno che abbia agito su di un ossidato e precisamente un nero, generando quello che è stato chiamato lutino e che corrisponde al satiné senza disegno; in questo caso certamente un nero satiné anche se di nero non rimane nulla, almeno in superficie. Successivamente, in seguito ad incrocio con il bruno, è uscito il satiné con disegno, certamente bruno satiné. Ebbene in seguito è arrivata anche la mutazione agata ed il satiné con o senza disegno (quindi nero o bruno) accoppiato con agata ha dato maschi agata eterozigoti: ho detto agata! Per giunta schiariti.


Se non vi fosse stata allelicità sarebbero nati dei neri classici per complementazione. Non dimentichiamo gli studi comparati che spesso aiutano moltissimo a comprendere vari fenomeni. Seconda cosa, c’è da chiedersi se nel canarino la mutazione satiné sia avvenuta in ossidati (neri o bruni) o in diluiti (agata o isabella). Non abbiamo dati certi; personalmente credo che la mutazione satiné sia molto più antica, anche di secoli, per via di antiche descrizioni, rispetto alla sua segnalazione recente avvenuta in Argentina. Ritengo molto probabile che in origine sia avvenuta su ossidati, se non altro perché più diffusi, non posso però immaginare dove sia avvenuta in seguito. Quello che pare certo o quasi è che si sia verificata più volte. Del resto la mutazione satiné è una delle più frequenti. Ora, se si fosse sempre verificata in ossidati, avremmo la stessa situazione del verdone, ma se si fosse verificata più volte sia in ossidati che in diluiti, potremmo avere una situazione diversa anche se è poco probabile. Ho anche ipotizzato in modo cervellotico che la mutazione satiné possa essere un super agata; ho ipotizzato cioè che la mutazione satiné comprenda anche l’agata. Ho pensato che la mutazione agata cambi un aminoacido in una sequenza e che il satiné ne cambi due, uno dei quali lo stesso dell’agata ed allo stesso modo. Un’idea come ho detto cervellotica, quasi fantascientifica, non potrei certo risentirmi se venisse considerata non degna d’attenzione, però ci sono diversi aspetti che la rendono intrigante. In effetti ho valutato che il verdone lutino (cioè satiné senza disegno), che dovrebbe essere un nero ad occhi rossi, farebbe pensare ad un maggiore effetto della mutazione satiné sull’occhio rispetto ai phaeo, visto che i neri phaeo sono ad occhi rossi solo nel nido. Ma ciò non sta in piedi, visto che le interazioni della mutazione phaeo con agata ed isabella danno occhi anche più rossi dei satiné. Da qui l’idea che il verdone lutino fosse comprensivo della muta-

Esistono il satiné isabella ed il satiné bruno?

zione agata, per il meccanismo suddetto. Comunque nei discorsi successivi non considero questa strana ipotesi. Consideriamo una domanda che mi viene posta: “esistono il satiné isabella ed il satiné bruno?” Una risposta certa non la posso dare, poiché la mutazione satiné potrebbe essersi verificata due volte almeno, una in ossidati ed una in diluiti. Su questo aspetto direi più di no che di si, e questo perché è vero che nel canarino vediamo espressioni satiné molto diverse, ma sappiamo che selezioni inverse possono portare a risultati molto diversi; basti pensare al pa-

stello con ali grigie al massimo e quello del tutto privo di tale espressione, tanto è vero che all’estero sono stati tratti in inganno e pensano a due mutazioni diverse. Inoltre, per rimanere più vicino al tema, ricordo che quando facevo servizio gabbie nei primi anni settanta, a volte i giudici erano in imbarazzo di fronte a certi canarini che non si capiva bene se fossero brutti bruni o brutti isabella, tanto che a volte andavano a vedere il cosiddetto sotto piuma, per non sbagliare. Ai tempi residuavano ancora i passepartout, che davano tutto ma mediamente scadente od anche pessimo. Nei satiné abbiamo soggetti in standard, che prevede un’espressione da isabella ed occhi rossi, ma anche satiné con disegni durissimi, lunghi, larghi ed occhi scuri. Il dilemma è: siamo di fronte a due espressioni selettive diverse, diciamo belli e brutti, o siamo di fronte a due tipi diversi?

Bruno satiné mosaico rosso maschio

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Satiné intenso giallo

L’analogia con il verdone mi fa pensare al primo caso; infatti nel verdone i satiné sicuramente neri (lutini) hanno l’occhio rosso, fra l’altro cosa non facile in un nero, ed i sicuramente bruni hanno occhio rosso ed un disegno da isabella. Certo, il tipo base del verdone non è identico a quello del canarino, ha strie più ridotte ma è comunque indicativo, e lo è in particolare l’occhio. Comunque sia, non vi è certezza con la semplice anche accurata osservazione. Come uscirne? Ho suggerito in diverse occasioni un accoppiamento che potrebbe dare indicazioni molto attendibili: bisognerebbe prendere dei maschi satiné ad occhi rossi, che più rossi non si può e con un disegno da isabella, che più isabella non si può, ed accoppiarli con femmine satiné ad occhi scuri, che più scuri non si può e con disegno da bruna, che più bruno non si può, e vedere i risultati.

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Se i maschi fossero simili alla madre e le femmine simili al padre, ancorché con minore evidenza, avremmo l’indicazione di due tipi diversi. Se invece la prole fosse tutta con caratteristiche più o meno intermedie, avremmo l’indicazione del tipo unico. Si badi che quando si accoppiano soggetti con espressioni diverse, fra i figli se ne possono avere alcuni più portati verso un’espressione ed altri verso un’altra. Pertanto, qualche maschio più simile alla madre o qualche femmina più simile al padre non sarebbero indicativi, dovrebbe esserci una costante, anche se con qualche variazione individuale. Ora c’è chi mi chiede se sarei favorevole ad una eventuale proposta di riconoscimento del satiné bruno; ebbene, non sarei favorevole. Se il satiné bruno fosse solo un’apparenza dovuta a selezione verso la forma ossidata (ipotesi che pare più proba-

bile), cioè un atipico, la cosa non mi sembrerebbe proponibile. Se il satiné bruno fosse una realtà verificata con il sistema indicato, la proposta sarebbe lecita, ma anche in quel caso non la condividerei. Di tipi ne abbiamo anche troppi ed il satiné bruno, secondo me, non è un’espressione esteticamente molto apprezzabile; inoltre somiglia, anche se non è uguale, ad altri tipi come i bruni eumo e soprattutto mogano. Certo, sarebbero lecite opinioni diverse nel secondo caso. Tornando al tema, segnalo che il colore degli occhi è importante ma potrebbe essere influenzato dall’accoppiamento in purezza o con portatori, che è migliore. Quindi carattere da considerare moltissimo ma forse, sottolineo il forse, non del tutto determinante. In conclusione, un pensiero importante teso a chiarire ulteriormente; ricordo che il satiné è allelico all’agata e risente parimenti dell’effetto additivo degli stessi geni modificatori, il che non va sottovalutato. Il satiné, essendo allelico, può essere considerato un super agata (o isabella), indipendentemente dall’esattezza della mia ipotesi cervellotica; di conseguenza, anche se le cose stessero come nel verdone e la mutazione riguardasse gli ossidati, riterrei comunque valido l’attuale standard, poiché vi sarebbe la stessa vocazione di tipicità dei diluiti. Fra l’altro, il satiné inibisce la feomelanina. Inoltre, per me, l’espressione da isabella è di gran lunga più gradevole esteticamente dell’espressione bruno simile. Vale a dire che, a mio parere, la migliore espressione satiné è comunque quella da isabella, cioè il migliore effetto additivo dei geni modificatori, in analogia con agata ed isabella classici, tipi “parenti”. Se poi venisse riconosciuto il satiné bruno o aspirante tale, pazienza, nessuno sarebbe obbligato ad allevarlo. Del resto, i gusti non si discutono, non ci farei una battaglia. Il grave è quando c’è un unico standard errato, come è successo recentemente con l’isabella opale.


CANARINI DI FORMA E POSIZIONE LISCI

Il Salentino testo e foto di SERGIO PALMA

A

nno 2020, per tutti un anno disastroso. I più superstiziosi addebitano gli eventi accaduti al fatto che il trascorso anno è stato bisestile, personalmente non condivido e mio malgrado ho constatato che ogni persona ha il suo anno bisestile, per me lo fu il 2019. Ora, dire bene del 2020 sicuramente non si può, ma per il Salentino è stato l’anno in cui è salito nell’Olimpo delle

Salentino ciuffato anno 2018

Razze riconosciute dalla Confederazione Ornitologica Mondiale. Era il 23 Gennaio 2018 quando cominciò l’avventura decisiva per la nuova Razza di Canarini di Forma e Posizione Liscia Italiana che fino a questo momento è l’unica. Al Mondiale tenutosi a Cesena fece il primo passo. E per questo bisogna dire grazie al Consiglio Direttivo della nostra Federazione che ha sostenuto ed ancora sostiene economicamente le Razze Italiane in via di riconoscimento presso la Confederazione Ornitologica Mondiale. A dire il vero, il Salentino è con noi dal 2010, da quando cioè quella Commissione Tecnica la riconobbe come Razza Italiana.

Il Salentino è con noi dal 2010, da quando cioè quella Commissione Tecnica la riconobbe come Razza Italiana

Di quell’evento conservo ancora la lettera a firma dell’allora Presidente della CTN. Purtroppo, e questa volta la causa non è stata la solita l’influenza aviaria ma la pandemia causata dall’influenza da COVID-19, oltre alle tantissime mostre di ogni tipo e livello, non si è tenuto neanche il Campio-

Novelli in fase di colorazione

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Maschio ciuffato

nato Mondiale di Ornitologia. In verità, qualcuno ci ha sperato fino all’ultimo momento, infatti c’è stato il tentativo di salvarlo e, dopo la indi-

Maschio ciuffato 2019

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sponibilità da parte della Spagna alla quale era stato designato, i Dirigenti C.O.M. hanno tentato di spostarlo in Portogallo. Personalmente dico per fortuna, saggiamente non è stato organizzato poiché credo che avrebbe portato a una debacle anche finanziaria. La cosa saggia è stata fatta, il Mondiale non si è tenuto. Per questo motivo, il Salentino non ha potuto esordire tra le categorie a concorso al suo primo Mondiale, peccato. Il Salentino, come credo sia ormai risaputo a quasi tutti gli iscritti che si cimentano con la Forma e Posizione, è una Razza di Canarino di Forma e Posizione Liscia. Esso è arrivato al riconoscimento C.O.M. dopo una selezione durata ben 23 anni, durante i quali si sono susseguiti, nel suo allevamento, diversi amici che poi per motivi vari hanno abbandonato. Alcuni di questi motivi sono: la diffidenza; la lungaggine della selezione; l’uso obbligatorio del colorante ma più di tutti è stato il prezzo dei soggetti tenuto basso.

Disegno di Monica Faggiano

È arrivato al riconoscimento C.O.M. dopo una selezione durata ben 23 anni Nel 2018, dopo il Mondiale di Cesena, un noto allevatore mi contattò richiedendomi tutto il mio surplus, dicendomi che credeva nel progetto e che voleva contribuire al suo lancio; al momento fui molto grato. L’anno successivo, in quel di Reggio Emilia, venne al mio banco a rimproverarmi perché il prezzo al quale cedevo i miei Salentini era basso e concluse che nessuno avrebbe investito dei soldi ed un anno di lavoro per poi ricavare appena le spese dalla cessione del surplus. Veniamo ora alla parte tecnica di questo scritto. Il Salentino deve essere un piccolo uccello che in fase di lavoro dovrà assumere la posizione simile a un an-

Disegno di Antonella Palma


Le difficoltà più grosse sono state riscontrate nel ridurre la taglia e nell’eliminare l’alopecia dietro la nuca golo di 90 gradi. La misura esatta è di 12,5 cm, spesso si trovano soggetti anche più corti ma anche molto più lunghi, questi ultimi logicamente da scartare. Il piumaggio liscio in tutte le sue parti. Il corpo non deve mostrare “triangoli” e se visto di lato deve ricordare il corpo di una seppia. Logicamente il petto non deve essere più prominente dell’addome. Le zampe non rigide ma con una flessione ap-

Riproduttore 2018

pena accennata. La coda deve cadere perpendicolare, meglio se sfiora il posatoio. Sulla spalla non devono notarsi i carpi e la spalla stessa deve essere piena quanto più possibile senza cunetta. Logicamente si possono avere ciuffati e senza ciuffo; nei primi, il ciuffo deve essere quasi spalmato sul cranio e le piume non devono per niente coprire l’occhio che deve essere visibile, vispo e brillante. La colorazione è obbligatoria ed è preferibile quell’arancio brillante piuttosto che quel colore mattone che rende i soggetti ruvidi nel piumaggio e poco gradevoli alla vista; personalmente uso solo betacarotene. Negli anni, per arrivare ai soggetti attuali che, secondo me, sono vicini allo standard per più del 90% dei casi, le difficoltà più grosse sono state ri-

scontrate nel ridurre la taglia e nell’eliminare l’alopecia dietro la nuca, che è ancora presente in alcuni soggetti. Tutte le femmine, sia ciuffate che testa liscia, sono delle ottime covatrici ed imbeccatrici. Infatti, il Salentino non ha bisogno di balie. L’anello da usare per il Salentino è del diametro di 2.7 mm, cioè tipo Y. La fervida speranza della possibilità di presentare al più presto i nostri canarini alle mostre internazionali è tanta, anche se onestamente, secondo una mia visione della situazione sanitaria mondiale, sarà difficile esporli anche per il 2021. La divulgazione del suo allevamento in Italia è ancora lenta mentre le richieste dei Paesi latino-mediterranei sono crescenti, tanto da non riuscire a soddisfarle tutte.

Riproduttore 2020

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S pazio Club In Hoc Signo Vinces

I

Club di Specializzazione

l Club Amici dell’Ondulato, fondato nel 1989, ha recentemente aggiornato il proprio logo. Il neo eletto Consiglio Direttivo ha ritenuto necessario un tale restyling della propria rappresentazione grafica per renderla più in linea con i tempi odierni, ma soprattutto perché possa risultare immediatamente evidente come il Club voglia e debba rappresentare gli allevatori italiani di ondulati, siano essi di forma e posizione o di colore. Dopo aver indetto un concorso per la presentazione di opere grafiche originali, i soci del Club, con una votazione interna, hanno assegnato la palma del vincitore alla creazione di Giovanni Fogliati. Auspichiamo che il nuovo logo possa ricevere un grandioso “battesimo del fuoco” in occa-

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Foto e allevamento: Roberto Sabattini

sione del Mondiale 2021 della World Budgerigar Organisation, che proprio il Club sta organizzando e che, situazione socio-sanitaria permettendo, si terrà nella nostra penisola, con esattezza a Chianciano Terme, nei giorni 10-12 settembre. Sperando di non essere blasfemi, vogliamo rivolgere a tutti i soci del Club Amici dell’Ondulato in particolare e, più in generale, a tutti gli allevatori italiani, l’augurio: “In Hoc Signo Vinces!” FILIPPO MORRONE per il Club Amici dell’Ondulato


CRONACA

Come nasce una grande passione testo e foto di BARTOLOMEO COZZOLINO

H

o voluto scrivere questa sorta di breve autobiografia, non per celebrare me stesso o per farmi conoscere, bensì per far comprendere ai giovani iscritti alla nostra Federazione (F.O.I.) quanto sia forte questa passione che ci accomuna. Dedico pertanto questo mio articolo ai neofiti, ai ragazzi, a tutti coloro che da pochissimo tempo si sono avvicinati all’ornitologia e alla canaricoltura. Non ho potuto fare a meno di notare infatti che, in questo nostro vastissimo settore, l’età media è piuttosto elevata e che i giovanissimi non sono poi così presenti… In ornitologia, statisticamente, la stragrande maggioranza degli allevatori supera i 50 anni di età. Per questo motivo, ho deciso di raccontare pubblicamente il mio modesto percorso in ambito ornitologico, così da poter dare l’input ad altri giovani, per farsi strada in questo straordinario “mondo dei canarini”. Tutto per me iniziò nel 2013, all’età di 15 anni, poco più di un bambino. Mi venne regalato un Cardellino, il quale mi conquistò per il suo canto melodioso, che ascoltavo per ore soprattutto al mattino. Quel Cardellino fu il mio trampolino di lancio nel meraviglioso mondo degli uccelli. Un carissimo amico di mio padre, Franco Febbrasio, allevatore di canarini sassoni, bianchi lipocromici, pluricampione italiano, mi regalò diverse coppie di canarini. Quello fu me per un cambiamento importante, un mutamento radicale del

mio modo di vedere e di vivere l’ornitologia, l’inizio di quest’avventura, la mia “prima pietra” nella costruzione della mia fortezza di piume e penne, il primo passo per diventare un vero allevatore. Era il settembre del 2013. L’anno successivo decisi di iscrivermi alla F.O.I. Ero ancora un “under 16” e

Franco Febbrasio, pluricampione italiano, mi regalò diverse coppie di canarini

L’autore con Franco Febbrasio

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mi venne assegnato il mio R.N.A. 23XL. Pochi, pochissimi, quelli della mia età che erano tesserati alla Federazione Nazionale. In breve tempo il mio interesse passò ai canarini gialli lipocromici, così ne portai nel mio allevamento 3-4 coppie. Gli anni successivi furono intrisi di passione e ricerca. Incontrai tante persone, allevatori d’esperienza, mi documentai il più possibile, feci conoscenza con personaggi di spicco, ognuno dei quali mi ha lasciato qualcosa. Così facendo, pian piano, si apriva dinanzi a me la strada da percorrere, una strada sicuramente in salita, ricca di sacrifici, di prove e di esperienze affascinanti, ma era proprio la via che avevo sempre voluto intraprendere, una strada tortuosa ma che avrei percorso con caparbietà fino al traguardo. Nel 2017, la svolta. Tramite mio cugino conobbi una persona che posso senza dubbio considerare il mio mentore, la mia guida in questo cammino, ed il maggior promotore della mia passione.

Da sinistra: l’autore, Emilio Sabatino e Luigi Avino

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Essere Presidente di Club significa assumersi dei precisi doveri e non è affatto semplice. La gestione di un Club è faticosa, ma la determinazione comporta anche delle soddisfazioni

Sto parlando di Emilio Sabatino, il quale, oltre ad essere segretario della Commissione Tecnica Nazionale di F.P.A., Giudice OMJ-COM e noto e premiato allevatore di Canarini Arricciati, è stato anche allevatore di canarini di colore Phaeo con titoli mondiali da oltre 30 anni. Fu proprio lui a prendermi sotto la sua “ala” e a farmi comprendere i giusti metodi di allevamento, e fu lui ad introdurmi nel mondo delle mostre ornitologiche.

Insieme a Sabatino, ho allevato Phaeo e ho vinto la Mostre Internazionali e il Campionato Italiano . Ma, anche se nasco come allevatore di canarini di colore, pian piano le mie attenzioni cambiarono strada e volsero verso la Forma e Posizione. I canarini arricciati mi conquistarono letteralmente! Grazie a Sabatino iniziai ad allevare: Fiorini, Arricciati del Nord, Arricciati del Sud ed anche Gibbosi. Dopo un po’ di tempo, iniziai a sentire una grande affinità con una razza in particolare: il Fiorino, che mi affascinava per la sua forma, per la sua piccola taglia per la sua gradevole eleganza. Nel 2018 venni a sapere che il Club del Fiorino stava affrontando una situazione difficile e che non vi era più nessuno che volesse accollarsi la responsabilità della sua gestione. Decisi di farmi avanti e proposi di prendere in mano la questione e di cercare, al meglio delle mie possibilità, di assumermi oneri e doveri della gestione e del proseguimento di questo Club nazionale, che aveva urgente bisogno di una persona che se ne prendesse cura. Ed ecco che, dopo doverose elezioni dei soci, e con il benestare della Federazione, divenni Presidente di questo Club, carica che detengo tutt’ora. So che ci sono molte persone che credono che svolgere la carica di Presidente di Club sia solo un prestigio od una carica di rappresentanza... vi posso assicurare che non è così. Essere Presidente di Club significa assumersi dei precisi doveri e non è affatto semplice. La gestione di un Club è faticosa, ma la determinazione comporta anche delle soddisfazioni. Tutelare una razza, ancor più se questa è una razza italiana come il Fiorino, è sicuramente un impegno che non va preso alla leggera e, con l’ausilio dei miei colleghi e amici del direttivo, ce la stiamo mettendo tutta per far sì che questo Club possa fungere da baluardo per tanti appassionati allevatori. Il mio amore verso i canarini arricciati mi ha portato a fare anche un ulteriore passo; ho iniziato a guardare i miei ca-


narini con occhi diversi, con maggiore autocritica. Oramai è diventato per me automatico il valutarli e lo scomporre nella mia mente l’animale davanti a me nelle varie voci dello standard, assegnando ad ogni voce un punteggio. Ho deciso pertanto che era venuto il momento di cercare un nuovo percorso, quello di giudice. Così mi sono iscritto al corso aspiranti giudici FOI per CFPA. Ho superato l’esame d’ammissione e sono stato ammesso, in veste di “allievo”, al percorso triennale, nel quale ho affiancato i membri della Commissione Tecnica Nazionale e Giudici Internazionali durante i giudizi nelle mostre. Spero di ultimare questo iter formativo, con l’esame finale che dovrò sostenere a breve. Questa è la mia storia, semplice, come tante… ma dalla quale si evince che la passione comporta scelte di vita e anche grandi cambiamenti: intraprendere strade fino a poco tempo prima sconosciute, condurre una persona dove mai avrebbe creduto di arrivare. Una passione che non sarebbe mai “volata” se non avessi conosciuto Franco Febbrasio ed Emilio Sabatino, uomini ed allevatori che fanno della loro passione una enciclopedia vivente, una letteratura ornitologica basata su esperienza di vita e ricerche costanti di nuove tecniche di allevamento, cosa che vorrei un giorno fare anch’io. La mia intenzione con questo mio breve contributo, infatti, è motivare i giovani, i novizi, a non arrendersi di fronte ai tanti ostacoli che si possono trovare sul proprio percorso di allevatore. Se c’è una cosa che ho imparato in questi anni, immerso nella selezione e nello studio dei canarini arricciati, è che dedizione e passione sono due ingredienti essenziali e fondamentali per comporre la ricetta della propria felicità.

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ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI

Il Diamante di Gould (Chloebia gouldiae) testo e foto di FRANCESCO FORMISANO

Seconda parte

Esperienza personale Nei primi anni ‘90 l’ornitologia napoletana era in piena evoluzione, gli interessi però erano tutti rivolti verso i canarini cosiddetti di “forma e posizione,” sia lisci che arricciati, con una marcata preferenza verso i primi. La “galassia” comprendeva anche tantissimi appassionati che allevavano canarini sassoni, come veniva chiamato allora il canarino di colore; unanimemente considerati infine, a livello di “ruota di scorta” dalla maggioranza e di “nicchia” dal sottoscritto, quei pochi che si dedicavano con passione all’allevamento tutt’altro che facile dei “bengalini”, come erano chiamati all’epoca e lo sono ancora oggi (sic!) da distratti osservatori, le varie specie di Estrildidi più comuni sul mercato. Con queste premesse e in quel contesto, intraprendevo, guardato anche con una certa malcelata commiserazione da quanti allevavano le razze di cui sopra, il mio percorso di allevatore di I.E.I., oggi E.F.I.

Il primo approccio con la “famiglia” fu una coppia di Diamante mandarino, seguita a ruota da una di nonnetta comune

Diamante di Gould - coppia. Inizio parata nuziale

Il primo approccio con la “famiglia” fu una coppia di Diamante mandarino, seguita a ruota da una di nonnetta comune (Lonchura/Spermestes cucullata cucullata) e in breve, in un crescendo di curiosità, passione e emozioni, da tutte quelle specie presenti sul mercato e compatibili con le mie finanze ma soprattutto, con la cura e le attenzioni cui ero capace mettere in campo, per soddisfare le loro esigenze. Di ogni specie cercai di acquisire quanto più nozioni possibili inerenti il loro corretto mantenimento in ambiente controllato, il fabbisogno alimentare e tutte le tecniche allora conosciute relative al benessere e alla loro riproduzione, che poi altro non sono se non l’essenza pura e il fine ultimo dell’allevare. Per questi motivi e non avendo

punti di riferimento diretti (allevatori) locali da cui poter attingere nozioni, il primo passo fu l’acquisto di alcuni libri specifici, attraverso la lettura dei quali, sicuramente avrei potuto apprendere quanto desideravo. Fu così che, una trentina di anni fa scoprii, rimanendone affascinato, questa magnifica specie la quale però, veniva universalmente considerata dai vari autori come delicatissima e difficile da riprodurre. Combattuto tra il lasciar perdere, oppure tentare, optai per la seconda soluzione e, alla prima occasione, presso un rivenditore ambulante, in un mercatino domenicale che all’epoca si teneva alle porte di Napoli, me ne accaparrai due coppie - ancestrali - (da sempre ritenuti più attraenti e rustici, rispetto ai mutati). Il progetto “allevamento del

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Gould e tarme della farina

Gould” non contemplava l’ausilio di balie, convinto com’ero che la specie fosse in grado, né più né meno ma al pari delle altre, di provvedere al sostentamento della prole. Fermo nella mia convinzione, i primi due anni, raccolsi tanti insuccessi riproduttivi, che più di una volta fui tentato di lasciar perdere. Un freddo e piovoso sabato di fine novembre del ‘93, poco dopo mezzanotte, in un’atmosfera quasi mistica, una cinquantina di infreddoliti “incurabili affetti dal mal di piuma”, me compreso, stoicamente radunati presso una stazione di servizio in quel di San Sebastiano al Vesuvio, partivano alla volta di Reggio nell’Emilia in pullman turistico (una sorta di pellegrinaggio); nella circostanza, mi recavo per la prima volta in visita alla mostra internazionale che annualmente si svolge nella città del Tricolore. Visitatori veterani, nei giorni precedenti, avevano assicurato - e garantito - che in quel contesto avrei potuto acquisire (a buon mercato) un cospicuo numero di quei “bengalini” che tanto mi ostinavo - a parer loro - ad allevare. Di “affari”, il giorno seguente, naturalmente manco a parlarne, anzi... esemplari di alcune specie, tra l’altro per niente eccezionali, costavano più del doppio di quanto a Napoli! Però quel viaggio non fu vano: in mostra scambio conobbi alcuni allevatori (del nord) che cedevano Gould in esubero al loro fabbisogno.

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Ovviamente, colsi l’occasione per scambiare quattro chiacchiere a proposito del mantenimento e in particolare delle presunte difficoltà riproduttive della specie; fu così che, tra tanti bla bla bla, un assaggio di Parmigiano e un goccio di Lambrusco, uno di questi suggerì: “visto che al sud avete, per vostra “fortuna,” da un po’ di anni a questa parte, autunno e inverno abbastanza miti e soleggiati...” di allevarlo all’aperto e, perché no?, magari in voliera, se ne avessi avuto la disponibilità. In breve, feci tesoro del suggerimento di quel signore e, avendo proprio da poco costruito in giardino una voliera esagonale con fondo in terra naturale, abbastanza grande da potervi piantumare leccio, tuja e altri arbusti di cui conosco solo il nome dialettale, vi inserii a inizio primavera, tra gli altri, una delle due coppie. Mai mossa si rivelò più azzeccata. Grazie alla bontà di spazio che indubbiamente l’aviario concede, la coppia si ritaglia un suo spazio e dopo circa un mese occupa stabilmente una delle tante cassette nido di legno, costruite artigianalmente dallo scrivente, (del tipo x Ondulati) fissate alla rete a varie altezze; il maschio, trasportando steli e foglie essiccate di graminacea sparse al suolo, vi assembla una sorta di tunnel a chiocciola, in fondo al quale insiste la coppa dove la femmina depone in sequenza regolare cinque uova di colore bianco rosato che, opacizzando

(tre) dopo alcuni giorni di incubazione, confermano che sono state gallate. Trascorsi i canonici 14 gg. si verifica la schiusa; è questo il momento di “amletici” pensieri: alleveranno? non alleveranno? Faccio violenza alla mia curiosità, ispezionando il nido e il suo contenuto solo tre gg. dopo la presunta schiusa: il gozzo di tre vitalissimi pulli è bello pieno, ergo? allevano, cribbio se allevano! Nel frattempo, l’altra coppia alloggiata in gabbia, sulla falsariga degli anni precedenti, dopo una nidiata abbandonata al suo destino e un’altra che vede i nidiacei sistematicamente espulsi dal nido poco dopo la schiusa, con epilogo facilmente immaginabile, nonostante lo scrivente si ostinasse - inutilmente a riporli nel nido, dopo averli raccolti moribondi dal fondo del contenitore tenendoli nel cavo della mano, alitandovi sopra nel tentativo di rianimarli con il calore e idratarli con il vapore acqueo condensato del proprio fiato. La pazienza è una delle mie poche virtù, abbinata all’altro “pezzo forte”: la tenacia (almeno così dicono coloro che mi conoscono da sempre) grazie alla quale, al terzo tentativo ottengo il risultato tanto atteso e tanto sperato; anche questa coppia, dimostrandosi infine assidua e premurosa, si dedica alle cure parentali. Naturalmente ancora oggi vi sono dei soggetti o coppie che palesano qualche turba, ma questo avviene anche in quelle specie considerate facili; basta perseverare e prima o poi i risultati arrivano. Grazie a quei primi soggetti ottenuti formai nuove coppie, ricorrendo negli anni successivi all’interscambio con allevatori del napoletano (nel frattempo, cresciuti di numero); compagni di viaggio sono stati gli amici Alessandro Iacomino e Pasquale Auriemma; il compianto Enrico Baldanza, Gennaro Ilardi e tanti altri bravi e tenaci allevatori che, come il sottoscritto, in tutti questi anni pazientemente hanno contribuito alla selezione di ceppi di Gould nurse free (consentitemi il neologismo anglofono), smentendo quell’autentica leggenda metropolitana quale è stato per tanti anni “l’inciucio” che il Gould non avesse attitudini alle cure parentali


e che il suo allevamento non potesse prescindere dal ricorso alle balie (allora il Passero del Giappone, oggi sempre più il Diamante mandarino). Da allora, due, tre coppie di Gould, alloggiate all’esterno in contenitore da 55 o 60cm, sono ospiti fissi tra gli Estrildidi nel mio piccolo allevamento, affiancate, nell’ultimo decennio, da qualche coppia di guttato, Donacola petto castano, Diamante mandarino, Padda, etc.. Quando ci sono i piccoli nel nido, oltre al misto avanti detto, fornisco del pastone morbido all’uovo, uno qualsiasi del commercio, quello che costa meno. Personalmente credo che i pastoni siano elaborati col pensiero rivolto più all’allevatore che agli uccelli, inoltre non lo ritengo indispensabile ma utile solo nei primi 5/6 gg. dopo la schiusa; tale convinzione viene da osservazioni personali durante la riproduzione con diverse specie di estrildidi, Gould incluso. In contenitore dedicato, poi, fornisco del miglio bianco e del niger tal quale e, dal 6° giorno dalla schiusa, anche fogliolina di lattuga o di altra verdura; spiga di panico coltivata personalmente coi semini ancora immaturi e, quando è stagione, fruttescenze di graminacea come la Persicaria, la Digitaria e la Setaria, erba infestante il mio orto. Da un po’ di anni a questa parte, somministro anche le perle morbide; devo dire che i miei Gould ne vanno matti e ingozzano alla grande i nidiacei. Osservazioni in voliera hanno confermato quanto riportato in letteratura circa la caccia data in natura a insetti volanti; infatti, spesso ho notato Gould in riproduzione sulla ciotola contenente le larve di Tenebrio molitor, contenderle, battaglieri, ad altri ospiti della voliera considerati naturalmente più “insettivori” rispetto al nostro beniamino. Non gradite invece da coppie alloggiate in gabbia, quando fornite (sempre vive), nella pinzetta porta frutta e verdura. Sempre in voliera, anni fa si è osservato un episodio di parassitismo da cova da parte di una “stravagante” D. mandarino che ha deposto alcune uova nel nido dei Gould; questi hanno allevato e svezzato sia i propri, sia un piccolo D. mandarino fino all’indipendenza, smentendo coi fatti, ancora una volta, chi li vuole inetti

Osservazioni in voliera hanno confermato quanto riportato in letteratura circa la caccia data in natura a insetti volanti nelle cure parentali, trasformandosi da “baliati” in… “baliandi”! Di solito inanello i nidiacei tra il 5° e il 7° giorno di età, mai riscontrato ferite alle zampette o peggio, dita amputate a seguito di tentativi da parte dei genitori di sfilare l’anellino; quando ho iniziato ad allevarlo, si usava l’anellino tipo ”A”, oggi “Y”; il “salto di qualità” è dato dalla selezione operata dagli allevatori e dalla mangimistica moderna. Concludendo questo capitolo, vorrei descrivere le due “tecniche” attivate in occasione di femmina alle prese con “l’inconveniente” più frequente: la ritenzione dell’uovo o uovo molle. 1) Indubbiamente la più popolare tra gli allevatori, riportata spesso da diversi autori sia sui manuali che in vari artt. sulle riviste di ornitologia tecnica e pratica: si tratta di massaggiare delicata-

mente l’addome con alcune gocce di olio tiepido, direzione petto/coda, mentre si maneggia la bestiola a circa 10 cm di distanza da un pentolino con dell’acqua precedentemente portata ad ebollizione. Il calore, il vapore acqueo e l’olio contribuiscono, i primi a dilatare e il secondo a lubrificare la cloaca e, grazie al massaggio delicato, l’addome si distende favorendo l’espulsione dell’uovo che, in caso contrario, avrebbe esito letale. “Effetto collaterale indesiderato”: il piumaggio interessato dal massaggio, per diversi giorni si tiene unto e umidiccio e questo scondiziona l’uccellino ai fini riproduttivi. Tra i ricordi: una Cantore d’Africa depose direttamente nel pentolino, durante il massaggio a conferma della bontà della tecnica adottata, deponendo nella circostanza un... uovo sodo! 2) La tecnica cui personalmente ricorro di solito, però, è un vecchio “metodo” molto sbrigativo ed efficace, che io chiamo della nonna (ma l’ho visto fare anche alla mamma) rivisto e adattato: in pratica si pone in un sacchetto di poliestere, tipo quelli usati per la frutta dai fruttivendoli, la femmina in difficoltà; dopodiché, si soffia formando un palloncino e, legata l’estremità con un

Scelta del portanido

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elastico o legaccio di nylon, viene lanciato per aria a mezza altezza per circa un minuto, dandogli un “effetto a giro” - rubando il termine al lessico calcistico. Ciò provoca la contrazione e la distensione dell’addome mentre la bestiola, svolazzando, cerca di equilibrarsi per assumere la giusta postura di volo, favorendo la corretta posizione dell’uovo nell’ovidotto. Diversamente dalla prima, questa tecnica, anche se stressante, non scondiziona l’uccellino, anzi, personalmente in diverse occasioni, con Fringillidi ed Estrildidi provenienti dall’emisfero australe, che come è noto mantengono il periodo riproduttivo proprio delle latitudini di origine, per niente sensibili al nostro fotoperiodo, ho riscontrato la deposizione nel nido dell’uovo, se con guscio, il giorno successivo al “trattamento”. Va detto comunque che entrambi i metodi sono validi e mirano a salvare la vita all’uccellino, se effettuati in tempo utile; è essenziale osservare tutti i giorni lo stato di salute della femmina durante la deposizione, in modo particolare se coincide con un periodo climaticamente avverso. Quando nella tarda mattinata o nel pomeriggio la si nota “impallata” e non ha ancora deposto, bisogna intervenire e “aiutarla”;

Espulsione dell'uovo, dopo il ...giro nel ''palloncino''

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se dopo il “trattamento” si alimenta e defeca, si può essere certi della riuscita dell’operazione e prima o poi l’uovo verrà fuori. Per i curiosi, il “metodo della nonna”: in occasione di gallina afflitta da ritenzione dell’uovo o uovo “lapido”, come chiamiamo a Napoli l’uovo senza guscio (molle), usanza contadina voleva si ponesse in un sacco di juta la gallina che, apatica, se ne stava in disparte nel pollaio; l’occhio esperto allertava, inducendo l’esplorazione rettale (col dito), per capire il motivo del malessere mostrato. Dopo la “visita”, confermata la “diagnosi” e posto il pennuto in un sacco, lo si faceva rotolare giù per le scale; in seguito a questo frastornante rollin’ over down, poco dopo si verificava la deposizione dell’uovo (quasi sempre “lapido”). Infine, vorrei condividere con quanti hanno avuto lo stomaco e il coraggio di arrivare a leggere fino a questo punto, la soluzione che ho “escogitato” quando si presenta quel abnormal behaviour (altro neologismo) di cui poc’anzi, così normale in natura. Bisogna osservare al tramonto se la femmina si ritira nel nido oppure si appollaia sul posatoio, alla pari del maschio, apprestandosi a passare fuori dal nido la

notte; in quest’ultimo caso non bisogna fare altro che prendere una pezzuola (lana o stoffa) e appoggiarla sui nidiacei. Al mattino di solito la si rinviene già rimossa e accantonata in un angolo della cassetta nido, mentre i pulli hanno il gozzo bello pieno. Questo va fatto fino a quando i nidiacei non iniziano ad impiumare (2-3 sere) dopodiché sono in grado di scaldarsi a vicenda. Soluzione semplice ed efficace; chissà se qualcuno dei primi allevatori di Gould ci avrà pensato, all’epoca: in fondo, bastava metterci... ‘na pezza! Ibridazione La perfetta dislocazione del disegno e l’arcobaleno di colori cui è dotata la sua livrea, stimola moltissimo la fantasia degli ibridisti di professione, quelli dell’incrocio estremo, per intenderci; ma, ahimè, a fronte degli innumerevoli tentativi che senz’altro sono stati fatti, di ibridi finora il Gould ne ha generati davvero pochi; personalmente l’unico che ho avuto il piacere di osservare, anche in diverse occasioni, è quello stupendo - con il Diamante di Kittliz (Erythrura kittliz), che tra l’altro risulta essere anche il più “comune”. Bellissimo e interessante quello con il D. quadricolore, realizzato anni fa da Gianni Incerti, bravissimo e capace allevatore in auge sul finire del secolo scorso. Sembra si sia ottenuta prole ibrida anche con il Diamante di Tanimbar e, forse, Diamante coloria e Diamante di Peale. Comunque pochini e solo e sempre con appartenenti al Genere Erythura; potrebbe essere stata questa “casualità” a indurre gli studiosi a riclassificare il Gould, inserendolo nel Genus Erythrura e abolendo di fatto il vecchio taxon Chloebia? Indubbiamente i tubercoli (verruche) fluorescenti alla base del becco nei nidiacei, comune anche nei pulli delle erythrurine, ne denunciano una certa affinità “fisica”, sebbene la diversa colorazione della coda fa riflettere... e non poco! Se così fosse, il Gould si collocherebbe come specie di recente evoluzione. Di solito, quando si scrivono artt. ornitologici, questo capitolo viene chiuso dall’autore auspicando quanto prima di poter ammirare ibridi - fattibili o


meno - tra l’oggetto della nota e una lunga lista nella quale sono comprese una miriade di altre specie: tanto sognare non costa nulla e aiutare anche gli altri a farlo, men che meno. Onestamente, agli amici ibridisti, oltre che esortarli a tentare, altro non mi sento di dire, ricordando comunque, per dirla come ai tempi di Roma Caput Mundi: “Audentes Fortuna Iuvat!”. Mutazioni Diverse mutazioni di colore, nel corso degli anni, hanno interessato il piumaggio di quest’autentica gemma alata, tutte comunque tese a diluire se non addirittura far “sparire” il pigmento. La prima, (apparsa e fissata in Sud Africa nel 1960) è quella che ha interessato il colore del petto, che viola nel maschio e malva nella femmina, è virato in bianco in entrambi e chiamata appunto Petto bianco: autosomica recessiva, lasciando inalterato il restante, ha in sostanza inibito la feomelanina. Di seguito e in ordine sparso, le più comuni mutazioni: Blu, la quale inibisce il lipocromo, anch’essa recessiva; Pastello, eumelanina ridotta, trasmissione genetica sesso legata a dominanza incompleta, singolo e doppio fattore; Petto chiaro, allelica e dominante sulla Petto bianco e di tipo recessivo libero sull’ancestrale; Avorio (verde mare), sessolegata; Ino (ad occhi rossi Lutino); Bruno, sessolegata. Come detto più volte, anche riferendomi ad altre specie di uccelli, preferisco l’ancestrale ritenendolo oltre che più bello, anche molto più robusto e prolifico; però, avendo avuto un debole per i colori azzurro, celeste e blu, fin dai tempi delle elementari, la mutazione blu in questa specie mi “attizza” e la considero al massimo della sua espressione abbinata alla testa nera, petto bianco. Allo stesso modo, ritengo il massimo del cattivo gusto (come si fa a togliere tutti i colori a questo autentico arcobaleno alato?) la cosiddetta mutazione “bianca”, in realtà: Blu Pastello Petto Bianco. Naturalmente le suddette, combinate tra loro, danno origine a molteplici tipi di Gould mutati dei quali, nel corso degli anni, le competenti CTN IEI, oggi EFI, ne hanno stilato lo standard ai fini espositivi,

Spighe di panico immaturo

dedicandogli una miriade di categorie. I “malati” del Gould, nel frattempo si sono costituiti in club e, come tale, annualmente organizzano ad hoc, in sedi stabili - Travagliato (BS) e Lanciano (CH) - riuscitissime mostre specialistiche. Conclusioni Come anticipato nell’introdurre questa nota, essa è stata elaborata pensando al neofita, a coloro cioè che si avvicinano per la prima volta a questa magnifica e interessante specie, ai quali mi permetto di suggerire di iniziare allevando gli ancestrali – più robusti e rustici – scegliendo i soggetti più “svegli”; tutte le altre voci dello standard si possono man mano inserire, come anche le mutazioni. È importante iniziare con coppie sane, acquisite presso allevatori che non “baliano”; questo tipo di allevamento è da preferire, non fosse altro per alcuni non trascurabili vantaggi, qui elencati; 1) considerando che per una coppia di Gould in riproduzione bisogna predisporne due o tre di balie, non essendo nelle facoltà dell’allevatore sincronizzare a comando l’estro dei “baliati” e dei “baliandi”, questo raddoppia se non triplica la spesa per attrezzature e mangime. 2) Va tenuto in debito conto, poi, il tempo necessario per la pulizia dei

contenitori e l’accudimento dei pennuti; infatti, una cosa è pulire una gabbia o accudire una coppia, altra cosa tre o quattro moltiplicate per quante coppie di Gould si allevano! 3) Il ricorso sistematico alle balie per l’allevamento intensivo a scopo commerciale e di lucro, incentivato dal prezzo abbastanza alto fino a qualche decennio fa, ha generato ceppi deboli, oltre alla perdita parziale delle attitudini alle cure parentali della specie. I soggetti allevati dai genitori, indubbiamente risultano essere più robusti, beneficiando degli anticorpi familiari specifici (pappetta del gozzo) rigurgitati crop to crop dai genitori nei primi gg. di vita dei nidiacei. Dulcis in fundo: a parte tali indiscutibili vantaggi (vuoi mettere?) l’enorme soddisfazione di ammirare questi volatili mentre allevano, dopo essere stati per tantissimi anni ritenuti - a torto - incapaci di farlo, beh, indubbiamente non ha prezzo! BIBLIOGRAFIA I Ploceidi - Giorgio De Baseggio - Edagricole 1971 Gli Uccelli Esotici - Elisabetta Gismondi - De Vecchi Editore Milano 1993 Finches & Sparrows - P. Clement, A. Harris, J. Davis - Christopher Helm Ltd. - London 1993 Italia Ornitologica - AA.VV. - F.O.I. Piacenza

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Note della C.T.N.- E.F.I. all’articolo “Il Diamante di Gould” di Francesco Formisano

F

rancesco Formisano descrive il Diamante di Gould in maniera molto puntuale com’è d’altronde sua abitudine allorquando si cimenta a scrivere articoli sulla nostra rivista ufficiale I.O. Formisano classifica il Diamante di Gould, ascrivendolo al Genere Erythrura, puntualizzando che tale classificazione tassonomica sia quella ritenuta più corretta dalla maggioranza degli studiosi. Ci preme puntualizzare che alla luce delle recenti modifiche nel sistema binomiale, cui sono state riclassificate molte specie ornitiche, basandosi non più su criteri morfologici ma sulla base delle caratteristiche del DNA, moltissime specie hanno subito travasi in seno ad altri Generi. Peraltro lo stato delle conoscenze disponibili è in costante miglioramento e la classificazione tassonomica delle specie ornitiche subisce costanti aggiornamenti. Ma è pur vero che non tutti gli organismi di ricerca Internazionale sono allineati tra loro nella classificazione sistematica degli uccelli. La CTN-EFI nel recente passato ha dovuto prendere delle decisioni, circa i riferimenti tassonomici proposti dai diversi organismi mondiali, assumendo come punto di riferimento il gruppo di lavoro tassonomico internazionale HBW- BirdLife International, che classifica il Diamante di Gould appartenente al Genere Chloebia, specie Monotipica. Tale decisione ha assunto una fondamentale importanza, allorquando fu promulgata la DELIBERA N°7 del 2018 di CTN-EFI (ratificata dal CDF-FOI in data 24/11/2018), ove fu disposto di accettare nelle manifestazioni espositive gli ibridi INTRAGENERE o INTERSPECIFICI frutto di tutte le possibili combinazioni fra specie diverse (tranne le sottospecie) anche se

appartenenti allo stesso Genere. La medesima proposta fù avanzata dalla nostra CTN-EFI anche in ambito COM e durante la riunione COM/OMJ di Cervia (Settembre 2018) fu accettata con larga maggioranza dai Paesi membri. Alla luce di questa Delibera, dalla stagione mostre 2019, è stata superata la precedente regola, sulla ammissibilità espositiva degli Ibridi, anche in ambito COM, che vietava (tranne esplicite eccezioni) la esposizione di specie ibride, generate da parentali appartenenti allo stesso Genere. Con l’introduzione di questa nuova regola, fu comunque sancito il divieto di esporre ibridi INTRASPECIFICI (GENERATI DAGLI ACCOPPIAMENTI FRA LE SOTTOSPECIE). Questa nuova regola permette di esporre ibridi generati fra Specie diverse e non Ibridi generati fra sottospecie (meticci). Ci è parso doveroso soffermarci ed argomentare questa parte dell’articolo di Formisano sulla corretta Tassonomia del Gould, in quanto, una classificazione generica non ufficialmente assunta dalla CTN-EFI, di specie diffusamente allevate (appartenenti alla Famiglia degli Estrildidae e Fringillidae ma non solo) darebbe luogo a generare ed esporre ibridi non ammessi dalla attuale regola vigente sia in ambito FOI che in ambito COM. Infatti un eventuale ibrido di Gould (Chloebia gouldiae) x Kittlitz (Erythrura trichroa) è attualmente inteso come ibrido generato da parentali appartenenti a due Generi diversi e non tanto come ibrido Intragenere (qualora il Gould venisse classificato appartenente al Genere Erythrura). Il Presidente di C.T.N.-E.F.I. CARMELO MONTAGNO

Diamante di Gould Testa Nera Femmina

Diamante di Gould Testa Nera Maschio

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Questo mese, il protagonista di Photo Show è: VARRONE MICHELE – RNA 27ND con la fotografia che ritrae il soggetto “Tortora maschera di ferro” (maschio in cova) Complimenti dalla Redazione!

(*) Tutte le foto inviate, anche quelle non pubblicate, rimarranno a disposizione della FOI a titolo gratuito e potranno essere utilizzate, senza alcun limite o vincolo temporale, per pubblicazioni, iniziative e scopi promozionali della Federazione

• Invitiamo tutti gli allevatori a inviare foto di soggetti provenienti dai propri allevamenti, con descrizione della specie, razza e mutazione, all’indirizzo: redazione@foi.it

• All’autore della foto mensilmente prescelta da un comitato interno, verrà offerto in omaggio un libro edito dalla FOI in base alla preferenza e alla disponibilità.



CRONACA

Nove anni in C.T.N. E.F.I.: condivisione di un’esperienza testo e foto di GIANNI FICETI

L

o spunto per questo articolo mi è stato dato dai colleghi Sergio Lucarini e Emilio De Flaviis che hanno raccontato su WhatsApp i loro trascorsi associativi in FOI e mi hanno sollecitato a scrivere anche la storia della CTN da me presieduta dal 2005 al 2014. Ho raccolto il loro invito con molto piacere e ho ritenuto giusto farlo perché il mio racconto, oltre essere un pezzo di vita del nostro collegio EFI, è anche in particolare un pezzo di vita della nostra Federazione.

Con la squadra, il giudice comandato a votare non elegge più la persona ma un programma proposto che si vuole realizzare

guidato tutta la mia vita lavorativa lo potevo finalmente mettere a disposizione della FOI, per cercare di migliorare quegli aspetti che a me sembrava non andassero bene. C’era per la prima volta il grande cambiamento nelle elezioni: le stesse si sarebbero fatte per squadra e non nominative come nel passato. Chiesi quindi agli amici Umberto Caimi e Manuele Piccinini cosa ne pensassero e se potevamo condividere le nostre idee per poter fare insieme un programma. Fino a quel momento le elezioni

erano state sempre nominative; successivamente, gli eletti avrebbero messo a disposizione della CTN le loro idee e le loro proposte. Ciò aveva sempre dato luogo a convivenze che potevano essere positive ma anche negative; in ogni caso un risultato sempre diverso da un discorso organico programmato e senza l’esigenza continua di una sintesi di compromesso. Le due forme di elezione hanno i loro lati positivi e negativi e furono successivamente oggetto di grandi chiacchierate fra me e il Presi-

22.8.2009 - Riunione C.T.N. Santarcangelo di Romagna

Nel 2005 presi la decisione di entrare nella CTN. In precedenza, lavoravo e sapevo di non poter dare tutto quanto necessario per via del poco tempo a disposizione. Consideravo le due cose inconciliabili fra loro, in quanto ritenevo che per fare bene un lavoro occorre dedicargli tutto il tempo necessario al massimo delle nostre potenzialità. Andai in pensione e il senso di servizio che aveva

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dente Cirmi su quale potesse essere la forma migliore. Con la squadra, il giudice comandato a votare non elegge più la persona ma un programma proposto che si vuole realizzare. È una formula sicuramente più impegnativa, perché è tutto alla luce del sole e tutti siamo in grado di constatare se il programma viene realizzato o no. A me piaceva di più perché anche nel lavoro avevo sempre adoperato questa modalità, programmando, con un budget da me proposto sulla base di cifre stabilite e abbinato a dei progetti tecnici, un anno per l’altro. Al centro di tutto è il programma e secondariamente viene la persona che però, ovviamente, lo deve proporre e realizzare. Ad un certo punto delle votazioni, mi si avvicinò Emilio De Flaviis e mi fece le congratulazioni dicendomi che avevo vinto. Ne fui soddisfatto perché finalmente potevo dare inizio al lavoro già presentato ai colleghi del nostro Collegio. E tale si doveva concludere nel giro di due, massimo tre mandati, come anche scritto, alla fine dei quali la palla sarebbe dovuta passare ad altri. Il rinnovamento delle idee è quanto di meglio c’è per andare avanti, e tenere una poltrona senza avere più niente da dire, o facendo finta di dire qualcosa, come più volte

Sarei partito dalle buone cose fatte dalla precedente C.T.N. a guida De Flaviis per realizzare i nostri obiettivi visto, significa immobilismo e nessun futuro. Sarei partito dalle buone cose fatte dalla precedente CTN a guida De Flaviis per realizzare i nostri obiettivi che vertevano su quattro elementi prioritari: specializzazione, rivisitazione degli standard con un’ottica diversa dai precedenti, categorie e standard del Diamante Mandarino. Ciò che trovavo sconcertante era il fatto che il nostro gruppo IEI, nonostante formato da giudici bravi e tecnicamente assai preparati, fosse sottostimato dagli allevatori che, nel complesso, spesso non consideravano i nostri giudizi positivi. Il campionato italiano di Udine fu un campionato, a livello di giudizio, molto negativo e questo dette ulteriore impulso ad accelerare decisamente il progetto da realizzare. Bisognava capire bene il perché di certi risultati, analizzando nel dettaglio molti aspetti che andavano studiati a fondo.

9.8.2011 - Fano, riunione C.T.N. per Standard Passero del Giappone

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Fino a pochi anni prima gli uccelli che trovavamo nelle mostre erano divisi in due grandi gruppi: gli uccelli di allevamento e quelli di non allevamento. Nei primi c’erano pochissime mutazioni e un cardellino era solo un cardellino, senza mutazioni, così come un verdone, o ibridi quasi mai mutati e tutti ancestrali o, negli esotici, giusto qualche Diamante mandarino, qualche Gould, e quasi niente di più. Poi c’erano tutti quegli uccelli che erano in classe C che non erano mai allevati, ma presentati da collezionisti. Nel primo gruppo, tutti noi giudici ce la cavavamo bene, nel secondo assai meno, ma era anche un po’ meno importante in quanto andavi a fare classifiche su uccelli talmente diversi che non eri facilmente attaccabile. E tutti noi giudicavamo tutto. Ma i problemi vennero fuori quando dal nord Europa iniziarono a scendere le prime mutazioni che cominciarono a metterci in difficoltà. Succedeva quindi che, se non riconoscevi molto bene una Irena puella, l’allevatore magari si lamentava ma finiva lì; ma se non avessi valutato bene un verdone agata o un Gould pastello, il discorso si sarebbe fatto assai più pesante: quell’allevatore li aveva pagati salati ed entrava in competizione con altri allevatori che avevano a loro volta pagati cari i loro soggetti, oltre naturalmente al discorso meramente tecnico della selezione. Un allevatore di estrildidi pagò a quel tempo una coppia di Gould pastello, definiti gialli dagli olandesi, l‘equivalente in lire di una auto Fiat 128, e le prime due coppie di Diamanti Zebrati agata costavano 700.000 lire. Non era più tempo di giudizi generici, ma di persone che andavano a giudicare quello che meglio conoscevano perché li allevavano. Fino a ieri, se avessi dovuto giudicare io dei verdoni sarebbe stato facile, perché dovevi scegliere il migliore e tutti noi conoscevamo i verdoni; non sarebbe stata invece la stessa cosa se avessi dovuto giudicare un gruppo di verdoni Isabella o satiné, che non allevavo. Sarebbe stato senz’altro giusto li avesse giudicati chi li allevava e quindi li seguiva da vicino. Stesso discorso per gli estril-


didi. Ricordo un bravo e serio giudice di Reggio Emilia, Lusvaldi, che dette le dimissioni perché non si sentiva più in grado di giudicare: “Non me la sento più con tutte queste nuove mutazioni che non conosco!”, mi disse. Il discorso della specializzazione, che tutti noi del Collegio EFI conosciamo benissimo perché sviluppato in tanti incontri ed anche scritti, e sul quale non vorrei dilungarmi di più, fu portato avanti grazie al consenso e all’approvazione, anche scritta, della maggioranza di noi giudici, a quel tempo IEI, ma fu appoggiato anche dall’allora Presidente dei Giudici Sig. Aldo Donati, uno dei veri “grandi” della FOI, e dopo qualche ritrosia iniziale anche dal Presidente Cirmi. Entrambi questi dirigenti capirono il problema e ne supportarono anche i grandi cambiamenti necessari a Scheda-standard DM Faccia nera mascherato livello organizzativo. Fu obbligatorio, quindi, anche un nuovo meccanismo di interazione fra FOI, zio non c’era il tempo di mettersi a Associazioni e Ordine dei Giudici per leggere uno standard di 4-5 pagine o arrivare al miglior risultato possibile addirittura più. Pensammo quindi di e nel 2009 il tutto fu ratificato dal fare delle guide più rapide, di vero CDF. L’unico vero aspetto negativo è aiuto per i giudici. Ci siamo inventati che tale importante e gratificante quindi delle schede-standard plasticambiamento non fu capito a livello OMJ, quando con pochissimo poteva essere recepito poiché, in quella or1.11.2010 - Aggiornamento giudici Faenza - INO negli Estrildidi ganizzazione, già i giudici erano divisi per specializzazione. Con facilità e un minimo di lungimiranza si poteva prendere al volo questa occasione, invece ci si è impuntati sulla difesa di aspetti non tecnici che, mi dispiace per giudici e allevatori, a tutt’oggi seguitano a dare esempi di giudizi negativi nelle mostre internazionali e nel Campionato del mondo. Standard Mantenendo sempre con coerenza lo spirito che ha guidato tutto il nostro lavoro, che è stato sempre quello di agire per aiutare e facilitare il giudizio nelle mostre, abbiamo pensato che gli standard, anche quelli ben fatti dalle precedenti Commissioni, dovevano essere modificati per renderli più pratici e fruibili. Durante il giudi-

ficate, di una pagina massimo due, che fossero velocemente consultabili e che potessero dare subito delle risposte, in particolare per quanto riguarda le differenze tra una mutazione ed un’altra. Il fatto che fossero plastificate e a schede, doveva servire anche per una migliore e agevole possibilità di trasporto senza che le stesse si sgualcissero o rovinassero. Non bisogna dimenticare che gli standard, poi, sono figli del momento in cui si fanno e quindi soggetti a modifiche nel tempo. È una cosa più che normale e non deve destare meraviglia. Furono rifatti e fatti una sessantina di standard con un lavoro continuo della CTN che vide coinvolti moltissimi colleghi IEI e Club, i quali contribuirono con le loro conoscenze alla compilazione degli stessi. Voglio qui ricordare per ringraziare i giudici Renzo Esuperanzi, Riccardo Rigato, Bruno Zamagni, Faggiano Francesco, Domenico Carlomagno, Sergio Lucarini, Paolo Gregorutti, Gianluca Moroni, l’allevatore Enea Ciccarelli e i Club del Cardellino, del Codalunga, del Padda, del Passero del Giappone, del Cardinalino, l’Asso-

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31.10.2010 - Aggiornamento giudici Bellaria sul Verdone, con Cirmi

ciazione Franciacorta per il Diamante di Gould e mi scuso se magari non mi sono ricordato di qualcuno. Tale modalità di lavoro fu approvata anche dalla FOI che riconobbe, ma non

modificò, il fatto che la CTN IEI fosse un po’ sottodimensionata con solo tre persone. Furono prodotte le schede standard della maggior parte dei fringillidi e degli estrildidi con delle inno-

Aggiornamento Giudici, Programma Rimini sui Passeri del Giappone

vazioni che a quel tempo furono ampiamente accettate da tutti noi e, purtroppo, anche con degli errori che solo col tempo sono venuti alla luce. Uno di questi è stato lo standard del Codalunga ino bruno (satiné) e del Bavetta ino bruno, per l’enorme differenza con il tipo Ino, che venne fuori nel 2009, forse perché anche trascinato dal discorso ino–satiné di molti altri uccelli. Al campionato italiano di Pesaro fu squalificato uno stamm di Codalunga ino da uno dei nostri maggiori giudici di estrildidi, con la motivazione che era composto da ino e satiné ancor prima che fosse pubblicato lo standard. A dimostrazione palese che in effetti a quel tempo si credeva che questa combinazione fosse giusta, mentre oggi, a distanza di tanti anni, abbiamo capito che non lo era. Non fu invece giustamente elaborato lo standard del Diamante Guttato, perché non avevamo chiarezza sulla mutazione chiamata opale o falso opale o altri nomi di grande fantasia; ancora oggi, nel 2021, la stessa non è stata ben definita. Diamante Mandarino Dal 1976 non c’è mai stato uno standard FOI del Diamante Mandarino, perché nessuno si è cimentato in questa opera per molti di noi veramente improba. A quel tempo tradussi un bel libro belga, che poteva essere una buona base di partenza, e lo consegnai, mi pare nel 1977, al Presidente dell’allora CTN; purtroppo la cosa non ebbe seguito, forse perché i tempi non erano maturi. Ma non mi sarei mai immaginato che sarebbero dovuti passare altri trent’anni. Vissi in prima persona tutto il fervore ornitologico di quegli anni come giudice e anche come componente del Club dell’Esotico; successivamente ho vissuto il tentativo fatto dall’allora CTN, con un improbabile e contestato libro, pagato dalla FOI, che non fu, come ampiamente previsto, di alcun aiuto ai giudici. Di questo ne già ha parlato Lucarini con una mia risposta. Ma nella nostra CTN c’era uno dei più grandi esperti del Diamante Mandarino: chi se non Manuele Piccinini poteva affrontare questo lavoro? Grazie

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alla sua eccelsa conoscenza tecnica e alla sua perizia grafica, furono elaborate tutte le schede-standard plastificate dei tipi conosciuti, senza considerare il tema delle combinazioni che devono essere invece affrontate dal collega giudice sulla base della conoscenza dei tipi e delle mutazioni base. Qui non posso non ringraziare l’amico Manuele a nome di tutti i colleghi, perché ha fatto un lavoro unico in Europa dal quale anche l’OMJ ha tratto molto per il suo standard. Ovviamente tutte le categorie degli uccelli furono riviste e ampliate in modo decisamente esponenziale, per rispondere meglio alle tante maggiori esigenze che sono venute fuori in quegli anni. Ogni volta che presentavo una variazione, si sollevavano sempre perplessità dall’allora Segretario FOI, l’amico Raul Berto, che alla fine però capiva ed accettava le mie motivate spiegazioni.

Gli incontri furono effettuati tutti gli anni, tranne nel 2013, e preparati in diversi modi

Un aspetto molto approfondito fu il problema degli aggiornamenti tecnici, in quanto bisognava che queste riunioni avessero un ritorno qualitativo per la FOI e sicuramente per tutti noi giudici IEI. Gli incontri furono effettuati tutti gli anni, tranne nel 2013, e preparati in diversi modi fino ad arrivare ad argomenti singoli o specifici o riferiti ad una mutazione come l’Ino negli estrildidi a Faenza 2010 e il Verdone a Fringillia, stesso anno.

Le discussioni tecniche furono fatte sempre con la presenza degli uccelli. Un sistema ancora diverso fu scelto nel 2012, quando nominammo dei relatori che ci diedero una grande mano nel parlare di uno specifico soggetto. Questo veniva messo sul tavolo e, come fosse stato un giudizio, i colleghi a gruppi di tre persone dovevano rispondere alle domande che, come CTN, avevamo loro proposto. Ovviamente tale soggetto (per esempio Diamante di Gould, o Verdone o altro) veniva esaminato sotto diversi aspetti e in tutte le sue mutazioni. La cosa migliore fu che, nell’esiguo gruppo scelto per quella riunione in quella località, c’era una forte interazione con notevole scambio di opinioni che servirono a far crescere un po’ tutti noi. Alla fine dell’anno 2012, furono inviati a tutti i partecipanti degli attestati che, oltre a dimostrare che il collega aveva partecipato a

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quella riunione di specializzazione, sarebbe dovuto servire al DesignaNella primavera tore dei Giudici per avere una conodel 2014, come avevamo scenza più specifica del giudice aldetto 9 anni prima, l’atto di convocazione per le mostre (specie le Specialistiche). alla scadenza del nostro Sono stati anni molto impegnativi e terzo mandato densi di soddisfazione ma due ricordi non ripresentammo conservo, tuttavia, con una certa angustia di tutto questo lungo e appasla nostra candidatura sionante periodo. Il primo è stato il famoso esame OMJ di Piacenza del 10/1/2010, non per il merito proprio in particolare, per il nostro Collegio degli esami, col quale diventarono EFI. giudici internazionali circa 150 colleNella primavera del 2014, come aveghi fra tutte le sessioni, ma perché vamo detto 9 anni prima, alla scadenza come CTN fummo interessati solo a del nostro terzo mandato non riprereperire gli uccelli, a giudicarli, cosa sentammo la nostra candidatura e fu a noi non spettante, e ad una mera eletto Francesco Faggiano come assistenza logistica nella sede della nuovo Presidente della CTN; con lui FOI, in quanto gli esami furono espleho collaborato, come Presidente di tati dai nostri colleghi italiani che riCollegio, assai bene per altri quattro coprivano cariche in OMJ. Non mi dianni nei quali furono prese importanti lungo di più, ma dico solo che non fu, decisioni per il nostro mondo EFI. per noi componenti la CTN, una Al termine del suo mandato, Francegrande giornata. sco non si ricandidò e i colleghi giudici Il secondo episodio che ricordo fu EFI elessero Carmelo Montagno Bozun’avventata, come minimo, decisione da parte della FOI di far partecipare agli esami EFI tutti i candidati allievi giudici presen- 2012 - Attestato F.O.I. Caimi Relatore sul Verdone tati dai Raggruppamenti. Questo lo aggiungo per pura conoscenza, in quanto non ha tanto interessato la mia CTN, ma ne sono stato coinvolto come successivo Presidente del Collegio. Devo subito dire che le domande erano di 61 allievi giudici in un Collegio che a quel tempo aveva a ruolo 60 giudici. Capirete benissimo che i dati erano improponibili e solo grazie al buon senso e alla grande disponibilità del nostro attuale Presidente dell’Ordine dei Giudici, Sig. Andrea Benagiano, ne siamo venuti fuori in tre anni. E gli esami, proprio per la delicatezza ma anche la problematica della situazione, furono espletati sempre con le massime attenzioni, senza le quali avremmo ricreato una situazione come quella di Piacenza che ho raccontato prima, con un gravissimo nocumento per la FOI ma,

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zone come Presidente, Gabriele Ragni come Commissario per la specializzazione Estrildidi e Riccardo Rigato come Commissario per i Fringillidi. Anche con questa attuale Commissione, che si sta impegnando moltissimo e che ha realizzato, oltre ad altri, un lavoro unico fra tutte le Federazioni europee sulla riclassificazione e sulla sistematica degli uccelli, il lavoro sta andando avanti in modo assai proficuo. Tutti noi che abbiamo partecipato attivamente alla conduzione del nostro settore, chi prima e chi dopo, ma anche chi non ha partecipato in prima persona, diamo sempre qualcosa per la crescita dello stesso e ognuno dà per quello che può. E tutto è molto importante. Certo, Manuele ed io venivamo dal Club dell’Esotico, mentre Umberto veniva da precedenti esperienze di CTN e diciamo, con termini forse neanche tanto precisi, da una diversa sponda e anche da una diversa storia. Abbiamo, e avevamo anche allora, tutti una nostra impronta precisa costruita negli anni, che però non ha inficiato il lavoro della CTN. Furono superate con facilità eventuali divergenze grazie alla buona volontà reciproca di collaborare che ci ha permesso di non avere problemi nonché di rafforzare la nostra amicizia. Alla fine, voglio salutare e ringraziare tutti coloro che hanno avuto la pazienza di leggere questa lunga e sicuramente non completa storia di CTN. Ma voglio in particolare ringraziare quattro persone che hanno contribuito alla realizzazione di quanto pienamente vissuto nei nove anni di gestione: Manuele Piccinini, Umberto Caimi, grandi tecnici e anche grandi amici, Aldo Donati allora Presidente dell’Ordine dei Giudici e Andrea Benagiano attuale Presidente dell’Ordine. Alla memoria, un ringraziamento al nostro Presidente di allora, Salvatore Cirmi. Sono tutte persone che hanno contribuito fortemente a quanto realizzato e ai quali va la mia eterna stima e amicizia.


DIDATTICA & CULTURA

Il collezionismo ornitologico Le cartoline postali di FRANCESCO BADALAMENTI, foto GIUSEPPE VISCONTI e FRANCESCO BADALAMENTI

L

a cartolina nasce dopo la metà del 1800 per un’idea di un funzionario delle poste prussiane che suggerì l’adozione di un cartoncino da spedire senza busta e munito di affrancatura ridotta. All’epoca era ritenuto sconveniente che una comunicazione privata potesse essere liberamente letta da terzi e, pertanto, l’idea inizialmente venne accolta con freddezza.

Messico: Il venditore ambulante di uccelli

Quinta parte

In seguito, la funzione precipua delle cartoline, ossia quella di inviare brevi messaggi privi di riservatezza e scevri da qualsiasi carattere di intimità, venne compresa e le cartoline postali divennero con il tempo uno strumento di comunicazione assai popolare. La cartolina postale si diffuse presto in tutto il mondo e, vista la praticità e l’uti-

Bambini e uccellini - cartoline d’epoca

1959 Società Ornitologica Bergamasca – VII Esposizione Ornitologica

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Annulli speciali per eventi ornitologici

1966 Società Ornitologica Correggese - 17ª Mostra Ornitologica

lità che aveva dimostrato, si rivelò un vero successo planetario. Un piccolo strumento di comunicazione, tanto semplice quanto efficace che per oltre un secolo è stato uno tra i più importanti mezzi di comunicazione. Tranne che per chi appartiene alla cosiddetta “generazione Z”, le cartoline sono per tutti un oggetto comune, familiare, che fa parte della nostra vita, della nostra storia. Un oggetto che è stato costretto a esser posto in soffitta dalle attuali tecnologie e dagli svariati veloci strumenti di comunicazione, e

persino dall’utilizzo di servizi internet che consentono di personalizzare online proprie con effetti serigrafici e speciali di ogni tipo. La vita della cartolina postale rimane tuttavia ancora attuale e vitale soprattutto grazie ai collezionisti. La nostalgia è sicuramente una delle motivazioni per cui la gente colleziona cartoline; immagini, racconti, storie, eventi, luoghi vengono spesso associati a memorie del passato. Attorno al mondo cartolina (d’epoca e non) ruota anche un importante sistema economico, costituito da aziende e siti specializzati, da case d’asta, da importanti collezioni private, ecc. Basti pensare che la più costosa cartolina mai venduta ha raggiunto una cifra superiore a 38 mila euro. A Piacenza, presso la sede della Federazione Ornicoltori Italiani, vi è una pregevole e importante collezione di cartoline ornitologiche sapientemente catalogate, registrate e divise per tipologia in numerosi raccoglitori dedicati, riposti nella libreria della stanza del Presidente. Consapevole di

2004 Praga – Cartolina, Francobollo e Annullo dedicati all’Ondulato di Colore

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1983 Piacenza 31° Campionato Mondiale di Ornitologia

non sbagliare, la definisco la collezione di cartoline del Presidente Cirmi. Salvatore aveva una consolidata rete di conoscenti appassionati collezionisti,

Cartolina Britannica anni ’60 Passeri - “We are seven”


Cartoline: Vecchie gabbie

con i quali scambiava frequentemente cartoline; le spediva e se le faceva a sua volta rispedire, le inviava in busta chiusa chiedendo agli amici di rispedirle in F.O.I., da vari parti del mondo, con affrancature e annulli particolari. Inoltre, in più occasioni, la Federazione stessa ha pubblicato proprie cartoline da collezione, serie speciali dedicate a eventi ornitologici particolari, per commemorare ricorrenze, in occasione d’importanti Manifestazioni Ornitologiche. In particolare, in concomitanza con il Campionato Mondiale di Ornitologia C.O.M, o in occasione del Campionato Italiano di Ornitologia, oltre alle cartoline sono stati realizzati, in collaborazione con l’ufficio postale, i bozzetti per gli annulli

1969 Catania - 2° Mostra Ornitologica Etnea

speciali dedicati. Circa una quindicina di anni fa, in occasione di una mia visita presso la sede F.O.I. in una serena giornata di fine primavera, in una rara mattina priva di impegni istituzionali, Cirmi mi rivelò uno dei suoi preferiti canali riservati; un sito internet specializzato in cartoline, dove acquistava abitualmente cartoline rare e pregiate a prezzi molto modici. Non nascondo che, ancora oggi, a distanza di parecchi anni, continuo a fare di tanto in tanto qualche buon acquisto su quel sito, che nel tempo si è evoluto ed ha allargato la propria attività a molti altri comparti del collezionismo in genere. Con la presente rassegna fotografica, realizzata insieme a Giuseppe Visconti,

Campionato Mondiale HARZ

abbiamo cercato di fornire una piccola rappresentazione delle cartoline da collezione, dedicate al mondo dell’ornitologica sportiva e amatoriale. Pur sapendo di aver tralasciato numerosi settori del comparto, abbiamo preferito fotografare le cartoline d’epoca, piuttosto che quelle più recenti, alcuni timbri e annulli speciali, le cartoline abbinate ad alcuni importanti eventi espositivi.

1974 Antibes XXII Campionato Mondiale di Ornitologia

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CRONACA

La divulgazione è conoscenza… e nozioni tecniche testo e foto di NICOLA BRUNORI (Presidente A.O.Perugina)

I

l 3-4 Ottobre 2020 si è svolto presso il POST, museo della scienza di Perugia, l’evento “VOLATILI IN PIAZZA DEL MELO” grazie ad una collaborazione tra il POST e l’Associazione Ornitologica Perugina. L’idea era nata a Gennaio 2019, quando il POST stava curando una serie d’incontri con degli ornitologi locali sul tema degli uccelli in natura, da alcuni membri del consiglio direttivo dell’A.O.P. che avevano proposto una collaborazione su questo

L’autore assiste i bambini nella voliera didattica immersiva

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mondo, ma da prospettive differenti. A causa della pandemia, l’idea era rimasta in sospeso. Poi in Settembre il presidente del POST Avv. Francesco Gatti aveva ricontattato l’associazione palesando la possibilità di una riapertura al pubblico nel rispetto delle normative anti-contagio. Così, nonostante le difficolta, si è potuto organizzare l’evento, peraltro previsto anche dal calendario F.O.I. quale mostra divulgativa.

La manifestazione si è articolata in una piccola mostra espositiva, una voliera didattica immersiva ed un laboratorio didattico. Ognuna di queste aree è stata strutturata per suscitare una diretta interazione con i volatili secondo modalità differenti. La mostra divulgativa è stata allestita dai soci A.O.P. con circa 50 soggetti ma con un’efficace campionatura di razze di canarini e diverse specie di uccelli esotici ed indigeni. Ogni gabbia è stata

Una gabbia espositiva con foto-descrizione del soggetto


corredata da un cartellino fotografico descrittivo edito dal POST, con informazioni fornite dai tecnici A.O.P., presenti anche nei due giorni di apertura al pubblico per guidare nella visita adulti e bambini. Il laboratorio didattico, rivolto ai bambini, ha previsto la costruzione di altalene per gli uccelli con materiali idonei. Prima di ogni laboratorio è stato mostrato un video introduttivo sulla convivenza uccello-uomo in ambiente domestico, realizzato da un membro del consiglio direttivo mediante l’utilizzo di immagini amatoriali provenienti dagli aviari dei soci. Nel laboratorio sono stati presenti ospiti dell’A.O.P. esperti nell’allevamento a mano dei pappagalli, pronti a rispondere alle curiosità sollevate dai bambini sul fantastico mondo dei volatili in ambiente domestico, che hanno dato attuazione all’idea del presidente dell’associazione di una “nursery dal vivo”. Grazie alla spontaneità dei bambini, assidui fre-

quentatori dei laboratori di scienza del POST, è stato facile illustrare anche aspetti tecnici relativi all’alimentazione, digestione e riproduzione, propedeutici all’area della voliera didattica immersiva.

Un momento del laboratorio didattico: l’imbeccata a mano

In quest’ultima si è potuto accedere dopo la mezz’ora di laboratorio, con accessi regolati, permettendo così di interagire in un ambiente protetto con i pappagalli allevati a mano. Dapprima i grandi pappagalli hanno atteso i bambini su dei trespoli naturali assieme ai loro proprietari, poi un paio di bambini per volta sono potuti entrare nella voliera sensoriale e conoscere i pappagalli di taglia piccola, stupefacenti per la loro intraprendenza e la loro acutezza. L’evento ha riscosso molto successo: persone che si sono conosciute durante la manifestazione hanno mantenuto i contatti e portato quanto appreso nei propri ambiti, da quello domestico a quello scolastico-professionale. Tutto ciò ha rappresentato una importante affermazione per l’Associazione Ornitologica Perugina, a riprova di quale sia la forza della divulgazione appassionata, rigorosa ed autentica, a cui gli organizzatori ed i soci credono fermamente.

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ALIMENTAZIONE

Le Crucifere: una famiglia “superfood” Preziosa alleata invernale nell'allevamento ornitico amatoriale di PIERLUIGI MENGACCI, foto WWW.EMOTIFOOD.IT e P. MENGACCI

Premessa L’aria è molto frizzante, siamo a fine novembre, rientro in casa dopo una breve passeggiata: un odore di sostanze solforate proveniente dalla cucina, mi convince ancor più che siamo a fine autunno ed è alla porta l’inverno. Sulla mia tavola ecco nuovamente ricomparire i soliti alimenti stagionali, le Crucifere, con sapori e “aromi” particolari. Verze o cavolfiori oggi saranno il contorno del mio pranzo! Mi affaccio in cucina e, prima di aprir bocca, mia moglie mi dice: - “Sul tavolo ci sono ad asciugare alcune foglie di verza per i tuoi canarini…” - La ringrazio, prendo un canovaccio, completo l’asciugatura e vado a portarle ai canarini che sono a svernare in voliera. Nell’attesa che il pranzo sia pronto, mi siedo nello sgabello ed osservo il comportamento dei canarini alla vista di questa nuova verdura. Il primo ad avvicinarsi è una femmina agata adulta cui segue un maschio isabella. Mentre osservo gli altri che si avvicinano, incuriositi da questa novità, prendo il cellulare, scatto alcune fotografie e, nel contempo, il mio pensiero va a tutti quei programmi televisivi, giornali, riviste, ecc. che continuamente ci sollecitano di consumare ver-

dure e ortaggi di stagione, con il solito slogan: “apportano molti benefici alla salute”. Soprattutto in questo periodo, vengono consigliate le crucifere o brassicacee, a loro volta definite “preziose alleate invernali dell’organismo” oppure “superfoods”, cioè alimenti con il più alto potere curativo e preventivo. Nel mio subconscio (non conoscendo esattamente per quale motivo queste piante vengano considerate un super-

Fonte: www.emotifood.it

food) sorgono dei dubbi e mi pongo qualche domanda:- “ma è proprio tutto vero quello che ci dicono e leggiamo di “questi super alimenti”? È possibile che questa “famiglia” così variegata e composta da tutta una serie di cavoli, broccoli, ravanelli, rucola, cavolini di Bruxelles ecc. sia tanto preziosa e con tanti poteri per il benessere del nostro organismo?” Mentre sto farneticando immaginandomi immerso in queste verdure alla ricerca di risposte, ecco la voce di mia moglie: “Gigi, è ora di apparecchiare, il risotto è quasi pronto”. Mi alzo, un ultimo sguardo alla voliera, chiudo la porta della stanza dei canarini, “sospendo” anche la mia fantasia e vado ad apparecchiare la tavola. Un dolce profumo di risotto alle verdure e salsiccia, fatto cuocere nell’acqua di cottura delle verze, precede l’arrivo di un piatto dal gusto che allieta il mio palato; e non vi dico il contorno fatto di verze lessate e ripassate in padella con olio, aglio e pancetta… Ma non mi sento soddisfatto, il mio pensiero riprende a fantasticare su queste crucifere superfood. Il desiderio di conoscere i “poteri” di questa famiglia di piante erbacee si è fatto sempre più pressante, tant’è che, finito di pranzare, chiuso nel mio stu-

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dio per tutto il pomeriggio, ho cercato di dirimere i miei dubbi su questi “super alimenti”. Alcuni cenni botanico-storici A mio avviso, la conoscenza delle proprietà di qualsiasi pianta non può prescindere dal conoscerne i dati botanici ed il suo percorso nella storia alimentare e medicinale sia popolare che scientifico. Premesso ciò, ecco alcuni miei appunti su questa famiglia di crucifere. La famiglia delle crucifere (dal latino Crucifer = portatore di croce) chiamate anche Brassicacee, hanno una caratteristica inconfondibile: i fiori

Broccoletti in voliera

Canarini all’assalto dei broccoletti

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sono composti da quattro petali posti in croce, da cui il nome crucifere. Di questa famiglia botanica a cui la letteratura assegna più di 3000 specie, fanno parte sia piante spontanee e selvatiche come rucola, senape, rapa, borsa del pastore, camelina sativa, crescione, ravanello, rafano, ecc., sia le moltissime varietà di cavolo coltivate: cavolfiore, cavolo verza, cavolo cappuccio, cavolo romano, broccolo, cavolini di Bruxelles, ravanello ecc., con forme diverse e varietà cromatiche che vanno dal bianco al nero, al verde, al rosso e al viola ed ognuna è caratteristica di una determinata zona. Sono presenti e coltivate in tutti i continenti ma il massimo centro di biodiversità, in termini di numero di specie, è il bacino Mediterraneo. Storicamente si suppone che le Crucifere siano state tra le prime piante raccolte e coltivate dall’uomo. Egizi, Greci, Fenici e Romani coltivavano queste verdure non solo a scopo alimentare ma anche come medicinali. In Egitto si usavano i cavoli per prevenire la sbornia, mentre i Romani adoravano i broccoli (brachium= braccio, ramo, germoglio) e credevano che i cavoletti “bullata gemmifera” aiutassero la memoria. Da notare che già Ippocrate li definiva ”ortaggi dalle mille virtù”. Troviamo i broccoli anche nelle ricette di Apicio in combinazione con altre verdure (una recita: bollite i broccoli, passateli in pentola con dei semi di coriandolo, cipolle, olio

Foglie di verza

e una spruzzata di vino). Anche Catone il Censore consigliava molto il cavolo, soprattutto crudo, condito con olio e aceto, per le sue virtù terapeutiche. Inoltre, nei ricchi banchetti “luculliani”, il cavolo verza veniva servito ai commensali e consumato prima dei pasti, per far sì che l’abbuffata di cibo e di alcool fosse assorbita dell’organismo. Anche in antiche caverne francesi sono stati trovati disegni rappresentanti le rape a dimostrazione che, per quelle popolazioni, erano un fondamentale alimento. Tralascio altre testimonianze storiche in quanto tutte dimostrano che l’utilizzo, sia gastronomico che medicinale, delle Crucifere deriva da molto lontano. Alimenti superfood Gli alimenti che possono fregiarsi dell’attributo “superfood” devono contenere svariate proprietà benefiche per la salute, scientificamente documentate. Molte aziende che commercializzano prodotti con questo termine danno diverse definizioni del termine superfood. Eccone un paio: - “Un superfood è un alimento di origine vegetale con un alto contenuto di antiossidanti, proteine, omega-3, minerali, fibre o altri nutrienti essenziali dai provati effetti benefici per la salute. (Nativas Naturals) - “I superfood hanno un contenuto elevatissimo di vitamine, minerali e nutrienti essenziali, e sono ben noti per


la loro capacità di combattere certe malattie. (Nutrex Hawaii). Tenendo presenti queste definizioni, la mia ricerca di alimento superfood riferito alle Crucifere si è fermata a quanto scritto in proposito dal Dott. Filippo Ongaro*, che di seguito riporto integralmente: “… Oltre a fibre e acqua, che migliorano la funzionalità e la motilità intestinale e modulano la risposta glicemica al pasto, scopriamo le principali sostanze presenti nelle crucifere e i loro effetti sull’organismo: Vitamine Vitamina C: ha capacità antiossidanti ed è in grado di proteggerci dalle infiammazioni che sono all’origine di diversi tipi di patologie. Funziona quindi come rafforzatore del sistema immunitario. Addirittura i broccoli ne contengono il doppio dell’arancia, ma attenzione ai metodi di cottura se vuoi preservare questa vitamina, dato che si deteriora facilmente con il calore. Vitamina K, coinvolta nella coagulazione del sangue e molto presente in tutte le crucifere. Occhio all’interazione con i farmaci che possono avere queste verdure, fai attenzione e chiedi il parere del medico se segui una terapia con anticoagulanti. Acido Folico (Vitamina B9), ha un ruolo nella produzione dei neurotrasmettitori regolatori dell’umore. Un consumo elevato di folati dall’alimentazione è associato inoltre a un minor rischio di depressione.

Riproduttori in voliera con foglia di verza

Betacarotene, è il precursore della vitamina A. Si trova soprattutto nelle foglie esterne delle piante, rinforza anch’esso il sistema immunitario e favorisce la salute di pelle e occhi. Minerali Calcio: cavoli, broccoli e affini sono la principale fonte vegetale di questo micronutriente, informazione utile per quelle persone che consumano pochi formaggi e latticini, per scelta o per via di intolleranze o allergie. Magnesio, fosforo e potassio contribuiscono alla capacità di contrastare la fatica. Composti fitochimici Indolo 3 carbinolo: contribuisce ad aumentare la produzione di metaboliti estrogenici con azione antitumorale, tanto che attualmente esistono anche degli integratori di questa sostanza. Sulforafano: è un potente alleato della nostra salute che agisce nella prevenzione dei tumori, in maniera selettiva su quelli riguardanti l’apparato digerente. Ha infatti capacità di essere selettivamente tossico per le cellule maligne. Sembra inoltre che il sulforafano possa costituire un approccio interessante per la gestione del dolore neuropatico persistente e potenziare l’azione analgesica della morfina, ma gli studi in questo senso sono ancora pochi e per lo più non ancora testati sull’uomo. Flavonoidi, tra cui la quercetina, un potente antiossidante in grado di au-

mentare la protezione cardiovascolare, e le antocianine, presenti soprattutto nei cavoli di colore viola. Altri nutrienti: Triptofano: è un aminoacido essenziale nella sintesi di serotonina, detta “ormone della felicità”. Una dieta ricca di triptofano infatti favorisce la sintesi di serotonina e ha un impatto positivo sui sintomi di depressione, e la famiglia dei cavoli ne è la fonte vegetale prevalente. Antitumorali e chemiopreventive, antidepressive, antiossidanti, analgesiche, antinfiammatorie, cardioprotettive: è per queste proprietà che le crucifere meritano di rivestire un ruolo

Verza e rosmarino in voliera

Verza a disposizione in voliera

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Broccoletti a disposizione

di spicco nell’alimentazione di ciascuno di noi, nei periodi in cui questi vegetali sono disponibili e di stagione.” (*) A mio parere anche l’acqua di cottura non va tralasciata, in quanto, ricca di zolfo, è ritenuta utile per la cura di infiammazioni, dermatiti e per detergere la pelle; vale la pena recuperarla altresì per il suo contenuto di vitamine e sali minerali. Io la uso come brodo vegetale e vi assicuro che è anche un’ottima base per la preparazione di un bel risotto! (vedi mio articolo su I.O. ”Una miniera da sfruttare” dic.2019, pag.53-56). Alimento superfood per l’avifauna amatoriale La natura, in ogni stagione, ci offre prodotti specifici e utili per l’organismo. Le Crucifere spontanee e selvatiche come rucola, senape, rapa, borsa del pastore, camelina sativa, crescione, ravanello, rafano, ecc. sono presenti nel periodo primaverile-estivo-autunnale, in cui l’avifauna selvatica, nei vari stadi di sviluppo delle piante, attinge molti nutrienti utili per la crescita e sviluppo; possono, per gli stessi motivi, darci una mano anche nei nostri allevamenti. Ho letto pubblicazioni e conferme da amici allevatori di canarini, di fringillidi e ibridatori che usano con soddisfazione tali verdure, come il sottoscritto, senza controindicazioni.

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Le crucifere coltivate, che la natura ci offre nel periodo autunno-inverno (preziose alleate invernali), ricche di tutti i principi attivi sopra riportati, sono di grande aiuto a far superare, ai nostri volatili, i rigori della stagione invernale e rafforzarne il sistema immunitario. Logicamente, come tutti gli alimenti, vanno consumati con parsimonia. Nel

mio piccolo allevamento di canarini di colore, dai primi di Dicembre fino all’inizio delle cove (generalmente il 19 marzo), una volta la settimana, al mattino, fornisco alternativamente foglie di verza, di cavolo cappuccio, cavolfiore o broccoli, nella quantità che consumano nell’arco della giornata, e vi dico che ne sono ghiotti! Concludo ribadendo che nel “periodo di riposo” i nostri volatili, per superare una stagione fredda e con poche ore di luce giornaliere, hanno sicuramente bisogno di un’alimentazione più sostanziosa, ma hanno anche bisogno di alimenti che li aiutino a rafforzare il sistema immunitario. Ed ecco che un alimento superfood come la famiglia delle Crucifere, a mio avviso, può essere senza tema di smentita il “prezioso alleato invernale dell’organismo dei nostri volatili!” Ad maiora semper NOTA (*) Fonte: https://www.filippo-ongaro.com/blog/ nutrizione-benefici-crucifere Dott. Filippo Ongaro (Medico degli astronauti dal 2000 al 2007, autore di 12 libri (Bestseller), ideatore del Metodo Ongaro® per l’alta prestazione e la crescita personale)

I NOSTRI LUTTI

In ricordo di Ennio Romagnoli

L’

A.C.O.T. Cremona, con grande dispiacere comunica che in data 18.2.2021 è venuto a mancare il caro amico Ennio Romagnoli, già Socio fondatore dell’A.C.O.T. nonché a lungo Giudice F.O.I. di Canarini di Colore. La sua esperienza e lo spiccato spirito associativo sono stati sempre lo stimolo per tutti i Soci. A testimonianza di ciò, basti pensare che nel periodo cove alcune scolaresche di Cremona e Bonemerse, nonché inviati speciali della TV locale, venivano a far visita all’allevamento per promuovere l’interesse verso la natura e gli animali. I numerosi titoli conseguiti nelle diverse mostre ornitologiche, sono stati sempre motivo di forte aggregazione e di miglioramento per tutti gli iscritti. I Soci si stringono intorno alla moglie Rita che farà tesoro dell’esperienza del caro Ennio, nel solco da lui tracciato e alla quale porgiamo le nostre sincere condoglianze. Ciao Ennio I Soci A.C.O.T. Cremona


DIDATTICA & CULTURA

L’Upupa comune (Upupa epops)

La si può vedere posata sui rami o sui tronchi d’albero come i picchi

di PIER FRANCO SPADA, foto da INTERNET (AUTORI VARI)

L’

Upupa comune o upupa euroasiatica (Upupa epops, Linnaeus,1758) è un uccello bucerotiforme della famiglia degli Upupidi. È uccello nazionale dello Stato di Israele dal maggio 2008. Il suo nome deriva dall’onomatopea latina del verso che soprattutto i maschi sono soliti emettere durante il periodo riproduttivo, e che suona come un cupo hup-hup-hup. L’upupa è sicuramente uno degli uccelli più appariscenti diffusi in natura: la colorazione molto accesa, rosso-arancio con ali e coda a bande bianche e nere, il lungo becco leggermente ricurvo e la cresta erettile sulla testa, risultano inconfondibili fra gli uccelli nostrani, anche se è sempre abbastanza difficile avvistarla in virtù delle sue abitudini schive e della sua preferenza per le aree rurali e scarsamente antropizzate. È un uccello amante degli spazi aperti e dei climi miti: pur occupando un areale estremamente vasto che comprende parte dell’Europa, Asia e Africa, essa tende a migrare verso siti più caldi solo nelle aree temperate, mentre in quelle tropicali e subtropicali risulta stanziale. In Sardegna viene chiamata pubùsa, culipùdiola, pùpusa, pigiòne cucusa. L’upupa è un uccello delle piccole-medie dimensioni, lungo dai 25-31 cm con un apertura alare di 44-49 cm. L’individuo adulto femmina è solo leggermente differente dal maschio: presenta la gola e il mento più scuri. I giovani sono simili alle femmine ma hanno il becco e la cresta più piccoli. Il nido è molto rudimentale e viene fatto in cavità di alberi, roccia o di muri

dove vi depone 5-7 uova. Il volo è simile a quello delle farfalle. La si può vedere posata sui rami o sui tronchi d’albero come i picchi. Cerca il cibo sul terreno e durante questa occasione alza la cresta. Solitamente vive in coppia o in piccoli gruppi. Ama stare in aperta campagna con alberi, parchi, vigneti, frutteti, castagneti, oliveti. È diffusa in tutta la Sardegna ed è stanziale nell’isola. Si nutre maggiormente di una vasta varietà di insetti, vengono preferiti grilli, grillotalpa, coleotteri, larve e bruchi di varie specie, oltre a formiche, cavallette e crisalidi, è stato accertato che questo splendido animale ha svolto in passato il ruolo di controllore biologico della processionaria del Pino,

un caratteristico lepidottero, le cui larve defogliano le piante, determinando un notevole indebolimento e provocando gravi stress fisiologici alle piante che divengono recettive per ulteriori gravi patologie. È un uccello prevalentemente diurno, che ha il suo picco d’attività nelle ore pomeridiane, e in caso di passaggio di un predatore, ad esempio di un uccello rapace, si appiattisce al suolo aprendo le ali e la coda e tenendole basse sul terreno, e al contempo alzando la testa verso l’alto. Questa postura, mettendo bene in mostra le bande bianche e nere di ali e coda, avrebbe la funzione di rompere il contorno dell’animale e confondere i predatori.

Fonte: niuchan.org, autore: Gianni Aggravi

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L’upupa è un uccello monogamo per la durata della stagione riproduttiva

Upupa con insetto nella cassetta nido artificiale, fonte: Lavolierasenzasbarre.blogspot.com

L’upupa è un uccello monogamo per la durata della stagione riproduttiva: le coppie si sciolgono al di fuori del periodo della riproduzione e generalmente non si ricongiungono durante

Upupa in cerca di insetti nel prato verde, fonte: www.agugliastra.it

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le successive stagioni degli amori, con due sessi che cercano altri partner. Durante il periodo riproduttivo, le coppie di questi uccelli sviluppano una spiccata territorialità, col maschio che

Fonte: www.cielomareterra.org

canta quasi incessantemente per tenere lontani eventuali intrusi dal territorio; non sono infrequenti episodi di inseguimenti e combattimenti anche cruenti con alcuni esemplari che restano feriti e accecati a colpi di becco fra conspecifici, generalmente fra animali dello stesso sesso. Il nido è rappresentato da una semplice cavità la cui ubicazione non costituisce un problema per questi animali, purché ad un’altezza inferiore ai 5 metri, con foro sufficientemente ampio da farvi entrare la femmina e spazio interno sufficiente da permetterle di covare le uova. Pertanto, sono potenziali siti di nidificazione le cavità degli alberi, con spiccata preferenza per i grossi alberi secolari, in particolare meli, cavità tra radici e rocce, e cassette nido artificiali. Generalmente il nido non viene imbottito ma alcuni esemplari possono foderarne rozzamente le pareti inferiori con ramoscelli e sterpaglie. Le uova, in media 5-7 di numero, presentano forma arrotondata e colore bianco-verdastro, che si sbiadisce assai rapidamente du-


Grazie al suo aspetto caratteristico, l’upupa compare molto spesso nei racconti popolari

rante l’incubazione, e pesano circa 4,5 g cadauna. La cova delle uova, che dura fra i 15-18 giorni, è affidata completamente ed esclusivamente alla femmina che viene nutrita dal maschio. Durante il periodo riproduttivo, la ghiandola dell’uropigio della femmina aumenta rapidamente le proprie dimensioni e comincia a secernere un liquido nerastro dall’odore nauseabondo, che ricorda la carne marcescente. L’animale spande periodicamente questo liquido oleoso sul proprio piumaggio, probabilmente

A caccia di insetti, fonte: www.fotocommunity.it, autore: Mauro Borbey

allo scopo di tenere alla larga eventuali intrusi, sebbene non siano escluse delle sue proprietà antiparassitarie e battericide. L’incubazione

delle uova non è simultanea, ma ciascun embrione comincia il proprio sviluppo subito dopo la deposizione: per questo motivo, la schiusa è asincrona

Notizie dalle aziende - messaggio promozionale

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Coppia di Upupe in primavera, fonte: www.fotocommunity.it, autore: Renato Grassi

e l’ultimo nidiaceo può avere anche 16 giorni di differenza rispetto al primo uovo schiuso. Alla nascita, i nidiacei sono ricoperti di piumino, mentre le penne cominciano a crescere fra il terzo ed il quinto giorno di vita. La femmina si occupa di nutrire i piccoli col cibo portato dal maschio per 9-14 giorni, oltre che di tenerli caldi e protetti; passato questo periodo, si unisce al coniuge nel cercare il cibo per loro. I piccoli si involano attorno alla quarta settimana di vita, ma tendono a rimanere con i genitori per un’ulteriore settimana durante la quale continuano ad essere imbeccati, prima di allontanarsene. Generalmente le upupe portano avanti un’unica covata l’anno, ma in casi eccezionali, come la perdita delle uove o dei nidiacei, ve ne può essere una seconda. Grazie al suo aspetto caratteristico, l’upupa compare molto spesso nei racconti popolari e nella storia di numerosissime civiltà presenti nel loro areale, non sempre con connotazione positiva. Nell’antico Egitto veniva considerata un uccello sacro, era proibito ucciderla e spesso veniva raffigurata su tombe e templi. Nella mitologia greca e latina, l’upupa è invece ritenuta un essere spregevole: nelle “Metamorfosi” di Ovidio, ad esempio, il re di Tracia Tereo, quando la moglie Procne, venuta a conoscenza dello

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stupro della sorella Filomena da parte del marito, gli serve delle pietanze cucinate con la carne del loro figlio Iti, tenta di ucciderla e viene tramutato in upupa, mentre Procne diviene una rondine e la sorella Filomena un usignolo. In Scandinavia, l’avvistamento di un‘upupa era associato a una guerra imminente; nei Paesi baltici, l’upupa viene considerata in grado di stabilire un contatto fra il regno dei vivi e quello dei morti, ed udirne il canto è presagio di morte di uomini o animali.

Nell’antica Persia, invece, le upupe venivano viste come simboli di virtù e in tutto il mondo arabo veniva considerata come messaggera di tutto ciò che ha a che fare con la sfera dell’affetto e dell’amore, come se fosse una specie di Cupido del mondo musulmano. Ugo Foscolo la calunnia ingiustamente nella sua opera “I Sepolcri”, perché erroneamente ne fa un lugubre uccello notturno; la riscopre positivamente Eugenio Montale difendendola e facendola portavoce dei temi che più gli stanno a cuore: l’essenza del tempo, la vita e il male di vivere: “L’upupa, ilare uccello calunniato dai poeti, che roti la tua cresta sopra l’areo stollo del pollaio e come un finto gallo giri al vento; nunzio primaverile, upupa, come per te il tempo s’arresta, non muore più il Febbraio, come tutto di fuori si protende al muover del tuo capo, aligero folletto, e tu lo ignori”. Questa specie è considerata in stato di conservazione sfavorevole per il semplice fatto che gli ambienti naturali di cui necessita stanno man mano scomparendo; la sempre più presente meccanizzazione delle colture e l’uso degli insetticidi fanno si che l’upupa debba ricercare ambienti sempre nuovi. È protetta dalla Legge 503/1981, allegato II della Convenzione di Berna e dalla nostra Legge nazionale dell’11 Febbraio 1992, numero 157.

I NOSTRI LUTTI

In memoria di Remo Poli

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enerdì 26 febbraio è purtroppo venuto a mancare Remo Poli, un Socio stimato, vicepresidente per tanti anni dell’Associazione Ornicoltori Sassolesi, un amico buono e generoso, competente, grande lavoratore e sempre disponibile con chiunque. Ci mancherà molto, ma lo ricorderemo. Gli Amici dell’A.O.S


DIDATTICA & CULTURA

E l’arancio? di FRANCESCO DALBA e GIOVANNI CANALI, foto F.O.I.

N

elle selezioni, di solito, si parla di giallo e di rosso, per altro correttamente, ma ci viene alla mente anche un altro colore, l’arancio. Va detto che tale colorazione era in passato assai apprezzata. Se ne trova traccia nel volume di Francis Smith, The canary: its varieties, management and breeding: with portraits of author’s own birds, del 1868. Si tratta di un manuale nel quale sono descritte le razze di canarino dell’epoca, la preparazione alla cova ed i costumi dell’animale. Nell’introduzione l’autore, enumerando le varie razze nelle quali il colore si è ben definito, ricorda il London orange, con la coda e le ali nere (ossia il London fancy), il canarino arancione belga ed il canarino arancione tedesco (ossia il Sassone). Il volume è ricco di aneddotica relativa all’acquisto di canarini e proprio la mancata acquisizione di un canarino arancione è quella di cui l'autore maggiormente si duole: “Un giorno vidi in negozio uno degli uccelli più riccamente ed intensamente colorati di arancione sul quale avessi mai posto gli occhi. Il signor M- mi consigliò vivamente di acquistarlo, ma esitai tuttavia per il prezzo, ossia dieci scellini, non perché fosse troppo caro, ma

Canarino Norwich

Francis Smith, The Canary, p. 22, Groombridge, 1878. Fonte: University of California Libraries (archive.org)

perché avevo deciso di ridurre le spese per gli uccelli”. Dopo averci riflettuto per due giorni, fatto ritorno al negozio, l’animale era già stato ceduto in un blocco ad un altro commerciante. “Era un canarino di razza Belga, e anche se non presentava un grande sviluppo delle spalle […] di colore era di un vivo arancione, per nulla simile al giallo, ma pressoché rosso, e le sue piume avevano una consistenza setosa e brinata, che, quando si vedono in piena perfezione, sono il culmine della bellezza”. Continua poi ram-

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mentando che i canarini belgi avevano sovente una inclinazione cromatica all’arancione. Quello che desta più interesse nelle descrizioni di fine Ottocento è che il London Fancy deve necessariamente presentare un piumaggio arancione, ad eccezione delle ali e della coda. Così: “è di colore arancione, ad eccezione delle ali e della coda, che sono nere; la sommità della testa è di un arancione assai ricco, che si estende all’intera parte posteriore del capo. Le loro schiene, nel primo anno, sono sempre più o meno screziato; la prima volta che cambiano le penne, divengono più chiari. Quindi sono da esporre nella prima stagione, da sette a nove mesi. Per aversi un vero fancy bisogna prestare attenzione alla profondità ed alla ricchezza nell’arancione, poiché l’arancione non deve per alcun motivo tendere al giallo limone. I maschi vanno incrociati con femmine arancioni brinate, con la testa, ali e code regolari e con un buon piumaggio” (Così P. Boswell in Bees, pigeons, rabbits and canary birds, Nuova York, 1842, p. 119) Nel Vecchio Continente, Karl Russ, nel trattato del 1906 Der Kanarienvogel, seine Naturgeschichte, Pflege und Zucht (Il canarino, la sua storia naturale, cura ed allevamento) classifica le razze di canarino di colore tedesco: “I canarini tedeschi sono classificati in parte per il colore, in parte per il canto”. I “comuni o campagnoli” sono i canarini di colore il cui manto “varia da un colore dorato scuro, quasi arancione ad un giallo pallido o ad un bianco quasi puro. […] Si distinguono in (a) uccelli giallo vivo o dorati, che acquisiscono un prezzo maggiore quanto più si avvicinano all’arancione vivo” (pp. 18-19): Alla p. 34 riprende il tema dell’arancione: ai canarini da canto, di colore e di forma e posizione aggiunge una quarta categoria “che per la sua singolarità può destare a buon diritto la nostra sorpresa: vediamo innanzi a noi un canarino il cui corpo è integralmente di un arancione puro ed uniforme, o di un giallo-rossiccio, un colore che ben può essere rappresentato come una sorta di rosso, e che, quando comparato al giallo vivo dei Sassoni o ancora di più al giallo pallido dell’Hartz, stupisce alquanto, specie quando ci viene riferito che è un colore artificiale, prodotto

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Copertina della monografia di K. Russ, effigiante quelli che lui definisce i canarini nobili (canarini da canto). Magdeburg, 1906

con l’alimentare gli uccelli col pepe di Cayenna. Questo apre un intero nuovo mondo per la riproduzione: l’allevatore può fare emergere uccelli che siano colorati non solo di arancione col pepe di Cayenna, ma anche di blu, indaco o verde con altri alimenti coloranti […]”. I canarini colorati d’arancio provengono dall’Inghilterra, esposti la prima volta a Berlino nel 1877, in tredici esemplari e quindi, nel 1879, ad una mostra dell’associazione Ornis sono inviati da oltremanica 60 esemplari, tutti di razza Norwich. Il tema dell’arancione è quindi sin dal suo apparire intrecciato con la questione della colorazione artificiale del canarino, il Russ non immaginava che da un lato si sarebbe pervenuti al canarino arancione attraverso l’ibridazione, da lì ad un decennio e che invece non vi è alimento che possa indurre il colore blu od indaco. Ebbene, una volta raggiunto il colore per selezione, non si è

Ma un quesito fa capolino: se non si facesse l’alimentazione colorante?

voluta abbandonare la nota di artificialità continuandosi a caricare il tono e giungendo agli attuali rossi (passando per i “rosa” degli anni –‘70/’80, oggi detti rosso-avorio, con un nome francamente poco elegante ed i vecchi “salmonati”). Faremo un discorso utopistico sapendo essere tale e senza prospettive, tuttavia a volte anche una fugace concessione all’utopia ci può stare e può far ragionare su aspetti trascurati, ma che possono avere qualche valenza, se non altro per approfondire le ragioni di certe scelte e di certi risultati. Allorché in una specie fossero presenti: giallo, rosso e arancio si riterrebbero validi tutti e tre, se monogenici e quindi ben definiti. Di solito, invece, si ritiene non valido l’arancio in caso di multifattorialità, cioè quando costituisce forma intermedia, fra giallo e rosso, con varie gradazioni. Quest’ottica è certo molto valida e condivisibile, tuttavia si inserisce un altro aspetto, per noi non positivo: l’alimentazione colorante. Nel canarino ben sappiamo che si considerano i gialli ed i rossi, nessun diritto di cittadinanza per gli arancio. Una volta, non essendo il rosso mai pieno, si classificava come “rosso arancio”, termine meno utopistico. Successivamente si è optato per il termine “rosso”, al fine di indicare la linea di tendenza verso il massimo rosso. Ora se qualcuno volesse proporre di allevare anche gli arancio, magari selezionando soggetti scarsi di rosso e/o colorandoli a metà, farebbe una proposta semplicemente irrealizzabile e francamente risibile. Ma un quesito fa capolino: se non si facesse l’alimentazione colorante? Già, l’alimentazione colorante, forse nociva, certo bene non fa, ostacola anche la selezione della varietà rosso, che sarebbe poi rosso arancio, poiché è difficile capire quanto, in un soggetto, il buon esito finale sia da attribuire alla selezione, cioè alla vera qualità e quanto all’alimentazione colorante. Per noi è un vero peccato che in Europa non si sia legiferato vietando i coloranti nell’alimentazione animale, come è avvenuto in alcuni stati degli U.S.A.; avremmo una maggiore evidenza della


vera condizione di vari alimenti, come le carni, nonché una vera visione della condizione naturale del piumaggio dei nostri uccellini. Il rosso nel canarino va da una lieve traccia che inquina il giallo ad un rilevante effetto che produce un arancio carico. Il Vaccari suggeriva il termine “giallo arancio” per un giallo solo leggermente interessato da rosso, “arancio” per un effetto più rilevante, “arancio rosso” in presenza di una prevalenza di rosso sul giallo e “rosso arancio” per un rosso quasi pieno lievemente interessamento di giallo persistente. Questi termini ci paiono corretti ed accettabilissimi, certo il rosso arancio non è ottenibile senza coloranti, discutibile l’arancio rosso. Diremmo che senza coloranti il massimo sia un arancio carico. Il Vaccari, correttamente, riconosceva che non fosse stato ottenuto il rosso pieno, ma sbagliava ritenendo il Cardinalino del tutto rosso. Cosa accadrebbe se non colorassimo i canarini attuali? Dipende certo dalla condizione genetica. I soggetti poco rossi, quelli ad ala gialla, tanto per capirci, apparirebbero giallo arancio, quelli più rossi, ad ali bianche, arriverebbero ad un buon arancio. Ricordi giovanili ci fanno tornare alla mente dei soggetti a fattori rossi, non colorati, di un arancio non male piuttosto ricco. Se non si usasse l’alimentazione colorante, potremmo arrivare, probabilmente, a selezionare un arancio abbastanza carico, non troppo lontano da quello del Cardinalino non colorato. Già il Cardinalino, si è sbagliato a definirlo rosso, sarebbe bastato osservare la banda alare dei giovani, che è arancio, e ancor meglio i cardinalini non colorati che diventano arancio. Oggi nel Cardinalino c’è una situazione che fa rabbrividire, poiché le ibridazioni effettuate per traslare mutazioni hanno inquinato geneticamente la bellissima specie Cardinalino danneggiando la sua caratteristica fondamentale, vale a dire la varietà rossa. C’è da invocare la squalifica dei soggetti che presentino tracce di ibridazione, anche non recente, (fra l’altro non si capisce bene come distinguere il recente dal non recente) e che in nessun caso si

accetti una varietà meno che ottima nel Cardinalino. In realtà tutte le specie e sottospecie andrebbero tutelate. Le mutazioni, spesso meno belle della forma selvatica, non sono affatto essenziali. Quando arrivano si valutano, ma non vale assolutamente la pena di ibridare per traslarle, i danni collaterali sono gravi ed irreparabili per la distrutta purezza della specie. Fra l’altro, un ceppo geneticamente non puro non potrebbe essere utilizzato per eventuali reintroduzioni in natura ed in questo caso allevare non sarebbe più proteggere. Vale la pena di pensare al canarino arancione? Probabilmente no. Tuttavia non è un brutto sogno ma un sogno suggestivo, fatto di selezioni vere. Un bell’arancio non è affatto male. Anzi, se noi allevatori non fossimo orientati da necessità selettive tese ad avere gialli puri e rossi il più spinti possibile, potremmo guardarlo con un certo interesse. Il colore arancio non è affatto brutto. Se valutato senza considerazioni ulteriori, potrebbe essere anche apprezzato. Tanto per capirci: una sciarpa arancione, sarebbe davvero meno bella di altre gialle o rosse? Certo, i canarini non sono sciarpe e il con-

dizionamento dato dalle esigenze selettive non lo si può dimenticare, diremmo che non lo si deve neppure dimenticare. Non ci nascondiamo che se venisse prevista una varietà arancio, ci sarebbe il rischio di avere qualche furbacchione che presenterebbe soggetti colorati con dosi di colorante basse per appagare l’occhio, ed in quel caso sarebbe difficile ipotizzare la possibilità di differenziazione fra gli arancio genuini da quelli colorati poco. Se così non fosse, la tentazione di proporre l’arancio “genuino” sarebbe forte e quasi, quasi… Una cosa che potrebbe essere utile sarebbe che qualche allevatore, con moltissime coppie, non colorasse un ceppo al fine di selezionare veramente bene il rosso naturale. Un ceppo del genere, se ben gestito, potrebbe essere utilizzato per rinsanguare ceppi deboli come rosso - e ce ne sono molti, troppi. Ci perdonate questa disquisizione purista? Grazie. Attenzione però, non è purismo dire che il colorante non fa miracoli e la base buona è molto utile. Si faccia attenzione al colore da nido e a quello delle penne forti non mutate: i più rossi sono più chiari e le penne forti biancastre.

Canarino Yorkshire

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O rniFlash Il Loro Parque ha liberato altre Ara di Lear in Brasile

News al volo dal web e non solo

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razie all’iniziativa di Loro Parque, altri due esemplari di Ara di Lear sono stati liberati in natura. Questo progetto è uno dei più importanti della Fondazione, che è riuscita ad abbassare lo status dell’Ara di Lear nella Lista Rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) da “in pericolo critico” a “in pericolo di estinzione”. Loro Parque Fundación ha sviluppato protocolli speciali per l’allevamento e il mantenimento di questa specie. Le sue strutture hanno superfici rocciose artificiali che imitano le scogliere dove i pappagalli si riproducono nel loro habitat originale. Le diverse tecniche di allevamento che gli esperti della Loro Parque Fundación hanno imparato e testato per molti anni, hanno portato a un grande successo nell’allevamento. Gli animali trasferiti in Brasile dalla Loro Parque Fundación soddisfano tutti i requisiti per adattarsi alle condizioni della loro dimora originaria. Tuttavia, devono passare attraverso un attento processo di acclimatazione. Prima di essere rilasciati nel loro habitat naturale, infatti, i pappagalli si preparano per la vita in libertà in grandi voliere per diversi mesi. Pertanto, gli Ara non solo devono allenare i muscoli del volo, ma anche imparare a riconoscere i nemici naturali e nutrirsi in modo indipendente nel loro habitat naturale. È stato emozionante osservare che gli animali destinati a essere rilasciati avevano già ricevuto visite di Ara selvatici nella voliera di acclimatamento. Questo grande successo nella conservazione della biodiversità è stato possibile grazie all’impegno della Loro Parque Fundación e del team di coordinamento in Brasile, guidato dalla biologa Erica Pacífico. Fonte: Ufficio Stampa Loro Parque Fundación, Tenerife (Spagna)

Influenza aviaria: a Wageningen un laser per ridurre i contatti con le anatre selvatiche

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e infezioni umane di una variante altamente patogena del virus dell’influenza aviaria sono state segnalate all’Organizzazione Mondiale della Sanità in 15 paesi dal 2003. Nella maggior parte dei casi le infezioni sono legate al contatto con pollame infetto. Nel 2016 un’epidemia di influenza aviaria si è verificata in 29 paesi europei ed è stata la più grande mai registrata nell’Unione europea in termini di numero di focolai ed estensione geografica. Oggi l’Università di Wageningen (Paesi Bassi) ha pubblicato una ricerca su un allevamento di pollame venuto in contatto con anatre acquatiche selvatiche, portatrici del virus dell’influenza aviaria. Il capo progetto dello studio ed epidemiologo del Wageningen Bioveterinary Research (WBVR), Armin Elbers, spiega che la causa maggior di contagio è l’acqua contaminata dalle feci degli uccelli, dove il virus può sopravvivere anche durante il freddo invernale. Bird Control Group è il nome del laser usato come deterrente per ridurre i contatti tra il pollame e gli uccelli selvatici. Gli uccelli vedono il raggio laser verde come un oggetto solido e istintivamente lo percepiscono come una minaccia fisica, facendoli fuggire immediatamente dalla zona. Secondo i dati i contatti sarebbero infatti diminuiti del 99,7%. L’impiego del laser come misura di biosicurezza riguarderebbe non solo gli allevamenti all’aperto ma anche quelli al chiuso. Fonte: https://www.31mag.nl/influenza-aviaria-a-wageningen-un-laser-per-ridurre-i-contatti-con-leanatre-selvatiche/


O rniFlash Cina: rara specie di uccello avvistata in Yunnan lcuni fotografi hanno scattato foto di buceri collorossiccio nella provincia dello Yunnan, nel sud-ovest della Cina per la prima volta da decenni. Secondo un’associazione locale di birdwatching, due esemplari maschi e una femmina sono stati avvistati domenica 7 marzo in una zona forestale nella contea di Yingjiang, situata a più di 2.000 metri sul livello del mare. Han Lianxian, un ornitologo della Southwest Forestry University, ha detto che gli habitat dei buceri collorossiccio in Cina sono principalmente situati nello Yunnan e nella vicina Regione Autonoma del Tibet, aggiungendo che le ultime loro foto scattate nello Yunnan risalgono agli anni ‘80. Secondo Han, le immagini forniscono l’ultima prova che la specie abita ancora la regione. Zeng Xiangle, presidente dell’associazione di birdwatching a Yingjiang, ha detto che saranno condotte ulteriori ricerche sulla distribuzione e la riproduzione degli uccelli nella contea nel tentativo di studiare meglio e proteggere la specie. I buceri collorossiccio, contraddistinti dal loro grande becco giallo, sono sottoposti al più alto livello di protezione riconosciuto in Cina. Fonte: https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/notiziario_xinhua/2021/03/09/cina-rara-speciedi-uccello-avvistata-in-yunnan.html

Un caffè per gli uccelli: dalla coltivazione alla salvaguardia

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a coltivazione del caffè può avere un effetto devastante sulla biodiversità, soprattutto sugli uccelli. Ora un nuovo metodo di coltivazione all’ombra integrato promette di ridurre questo effetto, con benefici multipli per l’uomo e per l’ambiente. La coltivazione all’ombra è una tecnica di coltivazione che prevede che la pianta sia coltivata con una limitazione nelle ore di luce solare diretta che riceve. In genere questo si ottiene con una certa copertura di altre piante, solitamente alberi, piantate in modo strategico. Questo sistema permette di risparmiare acqua e di ridurre l’utilizzo dei fertilizzanti. Infatti il materiale organico deposto dagli alberi fertilizza naturalmente il terreno e lo mantiene umido, riducendo il fabbisogno di acqua. Inoltre le piante possono attirare uccelli e animali che, con un adeguato controllo, possono combattere insetti dannosi riducendo pure l’uso di pesticidi. La maggior parte delle piantagioni in America centro-meridionale e nei Caraibi è fatta in pieno sole e gli habitat ideali per gli uccelli si stanno perdendo. Il caffè “amico degli uccelli” è coltivato all’ombra, sotto la chioma di alberi maturi. Questo tipo di caffè è considerato biologico. In una ricerca pubblicata sulla rivista People and Nature i ricercatori hanno analizzato le reazioni e la conoscenza delle persone rispetto al caffè coltivato all’ombra. Solo la metà degli intervistati ammetteva di considerare l’impatto del caffè sulla fauna, ma poco più del 39% ammetteva di conoscere una certificazione in tal senso e solo il 9% diceva di averla acquistata. Per i birdwatchers intervistati il caffè certificato “amico degli uccelli” aveva mediamente anche un sapore migliore. Fonte: https://www.tuttotek.it/scienze/un-caffe-per-gli-uccelli-dalla-coltivazione-alla-salvaguardia

News al volo dal web e non solo

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Fin da bambini si cerca quel passatempo, quell’hobby, quella passione, in cui ci possiamo rifugiare per essere felici, per essere noi stessi, per non essere giudicati. Questa è la breve storia di un bambino, che fin dalla tenera età si è avvicinato ad un mondo tutto suo, ed è riuscito a coltivare un hobby che con il tempo è diventata una passione, che lo ha portato a crearsi una seconda famiglia, composta da amici, che condividono la stessa passione, composta da amici che si vogliono bene, si aiutano, ma soprattutto si rispettano l’un l’altro, ecco, questa grande famiglia si chiama: ORNITOLOGIA. Che parola ambigua, che parola strana, per molti può sembrare anche una parola molto lontana, priva di emozioni o sensazioni, senza alcun fascino, ma io vi assicuro che non è così, l’ornitologia non è solo avere degli uccelletti e fissarli, è ben altro:

Gianluca Frezza e il suo amico Salvatore Francardo

non potete capire cosa si prova a vedere un allevatore innamorato e fiero dei propri animali, non potete capire cosa si prova a vedere quelle grandi mani prendere un “piccolo” e anellarlo, lo fanno con una tale leggerezza e dolcezza che ti riempie il cuore, non potete capire cosa si prova a vedere la fierezza di quando vincono una mostra, anche la più sciocca, li riempie di orgoglio. Beh come sempre mi sono dilungata, scusate... ma l’ho voluto fare per farvi capire il perché quel bambino ha preso questa via e non l’ha più lasciata. Quel bambino oggi è un uomo, lungo questo percorso ha conosciuto un amico molto importate che purtroppo ora non c’è più, con quest’amico ci ha condiviso una parte della sua vita, ci ha condiviso gran parte della sua passione, ormai era diventato il loro posto felice, non era più una passione da solista ma una passione di coppia, purtroppo il destino tanto infame ha diviso le loro strade, ma non le loro rotte. Anche se questo fratello non c’è più, l’uomo continua ad andare avanti, continua ad allevare, e continua a raggiungere traguardi, non solo per sé stesso ma anche per rendere orgoglioso e fiero il suo angelo. Quasi dimenticavo... il bambino diventato uomo è mio padre, Frezza Gianluca, a mio parere uno dei più bravi e talentosi ornitologi italiani, una di quelle persone che ci mette cuore e amore in ciò che fa, vi giuro non sono di parte, chiedete a chi è dell’ambiente, vi sapranno rispondere. MARTINA FREZZA

amicizia & allevamento

P ensieri in libertà

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Archivio storico

Enrico Palescandolo - Gli Ornitologici: chi siamo, perchè esistiamo di NINO VICIDOMINI (Archivio storico de LO STRILLONE - TORRE ANNUNZIATA, 8.1.2012)

Da sinistra: dott. Domenico Borrelli, attuale Presidente Raggruppamento Regionale Campania, signor Giuseppe Favicchia, attuale Presidente Unione Naturalisti Ornicoltori (UNO) Campania, avv. Ciro Ottone, allora Direttore Terme di Stabia, rag. Enrico Palescandolo, allora Presidente Raggruppamento Regionale Campania

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olendo fare il punto su di una Associazione, fiore all’occhiello della nostra Città, abbiamo voluto sentire la voce autorevole del rag. Enrico Palescandolo, nostro stimato ed esperto concittadino che ha dedicato una vita alle problematiche dell’ornitologia nazionale ricoprendo cariche autorevoli in seno alle Associazioni competenti sia a livello regionale che nazionale. Grazie a lui ci è possibile fornire una dettagliata cronistoria che andiamo di seguito a proporre sia per gli interessati che per gli appassionati del fascinoso settore.

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Fu nell’anno 1973-74, in attuazione del nuovo Statuto F.O.I., che nacquero i Raggruppamenti Regionali ed Interregionali fra le Associazioni Ornitologiche esistenti nelle regioni Italiane. Per poter costituire un Raggruppamento era indispensabile che sul territorio esistessero almeno cinque Associazioni Ornitologiche con un minimo di quattrocento soci in totale. Qualora non esistevano tali requisiti era data facoltà a due regioni limitrofe di associarsi in un unico organismo che, pertanto, prendeva il nome di Raggruppamento Interregionale.

In quell’epoca in Campania esistevano solo tre Associazioni: L’Associazione Ornitologica Campana; l’Associazione Ornitologica Stabiese e l’Associazione Ornitologica Salernitana, essendo scomparsa per scioglimento l’Associazione Canaricoltori e Ornitocoltori Frattesi con sede in Frattamaggiore. Volendo costituire il Raggruppamento Campano, fu necessario far nascere nuove Associazioni Ornitologiche sul territorio e, pertanto, con atto per notaio Di Liegro, in data 27 marzo 1973, in Torre Annunziata, vide la luce l’Associazione Ornitologica Ve-


suviana che fu affiliata alla F.O.I. entro breve tempo. Il Primo Consiglio Direttivo dell’A.O.V. fu così costituito: Presidente - Signor Emilio Smaldone Vice presidente - Sig. Antonio Auriemma Vice presidente - Sig. Francesco Mangiola Segretario - Rag. Enrico Palescandolo Consiglieri: il dr. Vincenzo Casella, l’ing. Arcangelo Balzano ed il Cav. Pellegrino Rizzo. Tra i soci fondatori vi furono, altresì, i Signori Francesco Ilardi, Antonio Fiorenza, Antonio Langella, Catello Lubrino, ed il Reverendo Alfonso Cirillo. Verso la fine dell’anno 1974 furono costituite ed affiliate alla F.O.I. le Associazioni Ornitologiche: Battipagliese e Forestale (delibera F.O.I. del 14/12/1974). Fu così che le Associazioni Ornitologiche Campane chiesero ed ottennero dalla F.O.I. il riconoscimento del Raggruppamento regionale delle Associazioni Ornitologiche Campane. Era nato un organismo che col passar degli anni sarebbe divenuto la piccola F.O.I. sul territorio regionale della Campania. Primo presidente fu eletto il dr. Giacomo Ciampa, che volle quale segretario il Rag. Enrico Palescandolo. I primi passi furono piuttosto difficili per l’inesperienza degli eletti, per la gestione della “novità”, per la distanza che divideva il raggruppamento dalla F.O.I., allora con sede in Brescia. Le difficoltà non furono solo dei Campani ma anche di tutti gli altri amministratori dei Raggruppamenti d’Italia (10 in tutto fra R.R. ed I.I.). La nomina del Coordinatore dei R.R. ed I.I. da parte della F.O.I. incominciò a facilitare il compito della gestione del Raggruppamento ed una guida sicura e costante fu a fianco dei Responsabili di allora che divennero, poi, col passar degli anni, dei veri maestri tanto da essere chiamati a far parte del Consiglio Direttivo della Federazione. Tra questi il Rag. Enrico Palescandolo, eletto a grande maggioranza nel consiglio direttivo della F.O.I., rivestì

La nomina del Coordinatore dei R.R. ed I.I. da parte della F.O.I. incominciò a facilitare il compito della gestione del Raggruppamento

la carica di coordinatore dei RR. RR. ed I.I. dell’Italia centro-meridionale ed insulare. Palescandolo rivestì, altresì, la carica di vice presidente della F.O.I. per oltre un decennio subentrando all’Ing. Giovanni Chillè di Messina. A quel primo grande Ornicoltore, dr. Giacomo Ciampa che fu Presidente del Raggruppamento Regionale Campano, seguirono altri illustri maestri quali il Comm. Eduardo Cavallo, il dr. Matteo D’Agostino, il Rag. Enrico Palescandolo, l’ingegnere Arcangelo Balzano, il Sig. Roberto Maffia, il dr. Ersilio Rispoli, il dr. Vittorio Salerno, il Sig. Renato Miale, il Signor Michele Taccone. Tutti hanno contribuito alla crescita del Raggruppamento in un modo o nell’altro portando oggi il Raggruppamento campano a competere con i migliori Raggruppamenti d’Italia. Ed è, pertanto, che la F.O.I in Rimini, in data 17 aprile 2004 per mezzo del suo presidente Geom. Salvatore Cirmi, in occasione dell’Assemblea annuale delle Associazioni Ornitologiche, encomia il Raggruppamento Campano per lo sviluppo Associativo promosso nella regione Campania (nell’occasione Presidente del R.R.C. era sempre il Rag. Enrico Palescandolo). Attualmente in Campania esistono 31 Associazioni Ornitologiche fortemente volute dalla politica associativa e dalla necessità di “valere qualcosa” in sede di votazione nelle assemblee annuali delle Associazioni

F.O.I. (convinzione del Presidente del RR. RR. Campano). Infatti, i soci fondatori di molte associazioni ornitologiche campane provenivano dai soci A.O.V. invitati a costituire nuovi sodalizi sul territorio. (L’associazione ornitologica Vesuviana raccoglie ancora oggi numerosi iscritti provenienti da città campane e non). “Allargare la presenza sul territorio campano non deve dispiacere a quei Presidenti che temono di perdere qualche socio con la nascita di nuove Associazioni, né tantomeno le nuove Associazioni si dovranno nutrire di travaso di soci da altri Sodalizi. Mi piace ricordare - dice Enrico Palescandolo - che la F.O.I. è istituita per la conservazione, lo sviluppo ed il miglioramento del patrimonio ornitologico nazionale. Essa coordina, regolamenta e controlla l’attività svolta dalle Associazioni Federate e dai loro Soci. Si prefigge, quindi, di propagandare l’amore e la conoscenza degli uccelli e del loro habitat e, per il tramite degli allevatori suoi iscritti, di diffondere i sistemi del loro corretto allevamento - sia a scopo ornamentale che espositivo - riproducendo anche soggetti altrimenti in via di estinzione. Si interessa, quindi, della protezione degli uccelli e del loro habitat e dei connessi problemi ecologici ed ambientali. L’accrescimento dei Soci di un’associazione si ottiene andando alla ricerca di nuovi iscritti mai associati (non iscritti nel R.N.A.). “Uno ciascheduno non fa male a nessuno”, recita un vecchio proverbio per cui ogni socio deve, e ripeto, deve, procurare ogni anno un nuovo iscritto per contribuire alla crescita sempre più consistente della Federazione Ornicoltori Italiana ONLUS - (costituita da 227 associazioni per un totale di 20133 soci). Il socio che si iscrive per avvalersi della sola richiesta di anelli non serve alle associazioni ma si fa servire dalle associazioni senza produrre utilità se non quelle riservate a sé stesso.” Fonte: https://lostrillone.tv/archivio/ enrico-palescandolo-ornitologicichi-siamo-perch-esistiamo/6992.html

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Passerella Ornitologica di PAOLO G REGORUTTI

Lettere in Redazione

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arissimi Soci ed Amici, dopo una serie esaltante di mostre organizzate dal Club Hornemanni, culminate con il primo Campionato Europeo per Fringillidi del Novembre 2019, dove abbiamo contato la presenza di 1675 soggetti di cui ben 114 Stamm, ci troviamo anche quest’anno di fronte ad un nemico quasi sconosciuto, ma non per questo facilmente evitabile, soprattutto nelle occasioni di incontro come sono sempre state le Mostre. Tutto questo ci impone alcune riflessioni, anche e soprattutto perché una buona parte di espositori proviene dall’estero, caso questo che non consente di gestire un corretto controllo sanitario con un’organizzazione come la nostra, che pur numerosa in termini di soci attivi, non è preparata nello specifico argomento. Cosa fare allora? Ribaltiamo le cose: anziché portare allevatori e pubblico in mostra, portiamo gli uccelli a casa di ognuno di loro... In realtà non li portiamo affatto, ma mettiamo in rete tutto quello che riguarda le fasi del giudizio di ogni soggetto. C’è quindi da parte dell’allevatore la possibilità di assistere al giudizio in maniera virtuale e sentire i commenti del giudice o anche, perché no, i suggerimenti. Un tale sistema renderebbe l’espositore assai soddisfatto, avendo lui da sempre desiderato assistere alle operazioni di giudizio. A seguito dell’emergenza covid che ci ha colpito, ma anche in un’ottica futuristica in linea con le sempre più frequenti utilizzazioni dello smart working e delle attività da remoto, ho in mente di proporre una cosa completamente diversa, forse non gradita ai più ma utile per avere una via di fuga che ci permetta di portare i nostri soggetti al giudizio e dar loro comunque una visibilità in questo difficile momento. Vi spiego: Giudizio all’inglese (a confronto) ripreso da telecamere (testato da me il modello 7 GO PRO con eccellenti risultati) e commentato dal Giudice con punteggi attribuiti e scritti nel dettaglio di ogni voce sui primi quattro o cinque ai vertici delle categorie, mentre agli altri soggetti, non entrati tra i primi, verrà riportato il punteggio totale. Gabbie solite da mostra. Per un prossimo futuro, considerato il minor numero di gabbie necessario, volendo si potrà sostituire il frontale, passando dalla solita “grata” in filo metallico al plexiglas trasparente anche per una migliore qualità delle immagini. Tutta la fase di “giudizio” sarà pubblicata su una piattaforma (You Tube o Facebook) e nell’ambito di questa verrà reso evidente, solo per chi guarda da casa, sia il numero progressivo del soggetto che il nome dell’allevatore. Con questi elementi, chiunque potrebbe prendere contatto con l’allevatore, se interessato ai suoi soggetti, e trattare direttamente l’acquisto o eventuale scambio. Finito il giudizio, i soggetti verranno sgabbiati e potranno tornare a casa: viene quindi ridotta al massimo la presenza dei soggetti ed il conseguente loro stress (poche ore di permanenza nella gabbia da mostra). Sarà utile che il giudizio così fatto venga eseguito a blocchi, con la presenza contemporanea di 4 o 5 giudici, per ridurre problemi di riprese e/o fotografie (per una mostra di circa

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1500 soggetti si stima siano necessari due giorni). Fatte le necessarie osservazioni e/o migliorie, si potrebbe ipotizzare l’ingabbio il sabato mattina dalle 7 alle 9. Vediamo ora quali possono essere i vantaggi o svantaggi di questa forma diversa di presentazione dei nostri Campioni: VANTAGGI: Non necessità di reperimento di capannoni o comunque aree attrezzate per la presenza degli uccelli in mostra. Questa “voce” è sempre stata la spesa maggiore per le Associazioni, tanto da mettere in pericolo la loro sopravvivenza; Conservazione di tutta la registrazione della fase di giudizio, da parte soprattutto delle Associazioni, in modo che questo documento possa essere utilizzato a scopo didattico ed esplicativo per i soci anche nelle occasioni di incontri virtuali (se organizzati); Necessità di un numero ridotto di gabbie e relativa loro preparazione; Nessuna spesa o quasi per l’alimentazione dei soggetti che partecipano (essendo presenti per poche ore, il consumo di cibo sarebbe ridottissimo); Limitatissima presenza di personale per esigenze organizzative e gestionali, per ottemperare a minimi requisiti dovuti a gestione, a sorveglianza H 24 ed alle operazioni di alimentazione giornaliera; Riduzione delle operazioni di giudizio, dovute al giudizio a confronto; Possibilità di assistere attraverso il web alle fasi di giudizio, inclusi i commenti del Giudice (cosa da sempre desiderata dagli allevatori e ovviamente mai potutasi realizzare per motivi logistici); Riduzione completa dello stress dei soggetti partecipanti; Eliminazione dei rischi dovuti alla presenza contemporanea di molti soggetti che possono essere affetti da patologie non così percepibili in mostra, ma che poi possono essere introdotte negli allevamenti di ognuno di noi; Eliminazione dei rischi di furto dei soggetti; Non più necessario assemblaggio, montaggio e smontaggio delle strutture (cavalle, gabbie); Non più necessaria pulizia ed igienizzazione di un numero elevato di gabbie da mostra. SVANTAGGI: Impossibilità di incontri tra allevatori in prossimità dei soggetti - cosa che però genererà il vantaggio di una forte riduzione di stress dei soggetti e sarà in linea con le sempre più stringenti regole sul benessere degli animali; Vengono a mancare le entrate dei visitatori non partecipanti (si stanno riducendo di anno in anno); Viene indubbiamente a mancare il clima che la mostra genera in termini di incontri quasi soltanto annuali, dove ognuno di noi esprime le proprie esperienze. Ovviamente tutto ciò è da considerarsi una bozza e di conseguenza adattabile a nuove idee migliorative e valida fintanto che rimarrà in essere l’attuale problema pandemico


Attività F.O.I. Sintesi verbale del Consiglio Direttivo Federale del 12-13 febbraio 2021 (La versione integrale è pubblicata sul sito www.foi.it/verbali) - Indizione Assemblea Generale delle Associazioni Il CDF indice l’Assemblea Generale Ordinaria delle Associazioni federate per il giorno 25 aprile 2021, alle ore 9,00 e seguenti, in Chianciano Terme (SI) alla Piazza Martiri Perugini, Parco Acquasanta. Di tale indizione verrà data comunicazione nel termine di 60 giorni prima della data fissata. - Indizione Assemblea Nazionale Giudici Il CDF indice l’Assemblea Nazionale Giudici per il giorno 24 aprile 2021, alle ore 14,00 e seguenti, in Chianciano Terme (SI) alla Piazza Martiri Perugini, Parco Acquasanta. Per la predetta sessione elettorale il CDF delibera la riduzione del mandato degli eligendi Presidente dell’Ordine dei Giudici e Presidenti dei Collegi di Specializzazione in seno all’Ordine dei Giudici a tre anni in luogo dei quattro anni previsto degli articoli 11 e 21 del Regolamento Organico. Il Presidente dell’Ordine dei Giudici provvederà all’espletamento delle formalità di convocazione. - Esame ed approvazione del bilancio consuntivo 2020 Il CDF esamina le risultanze finali del bilancio consuntivo, analizzando le singole voci e procedendo alla comparazione delle stesse rispetto alle poste preventivate. Dalla disamina si evince che si sono registrate minori entrate alle voci contributi individuali, anelli e pubblicità I.O., in parte compensate con il maggiore introito del 5%° dovuto all’accredito degli anni 2017, 2018 e 2019 e dalle sopravvenienze attive relative a sgravi fiscali e ristori per pandemia Covid 19. Anche nei costi si è registrato una sostanziale riduzione soprattutto alle voci personale, trasferte, assemblea giudici e servizio giurie mostre, anche in questi casi conseguenti all’emergenza Covid 19. Il CDF approva la stesura definitiva del bilancio consuntivo 2020 che presenta un avanzo di gestione pari ad euro 102.055,85. - Esame ed approvazione del bilancio preventivo 2021 Il CDF delibera l’approvazione del bilancio preventivo 2021 di cui al documento del quale si dispone allegazione al presente verbale, sì che dello stesso costituisca parte integrante e sostanziale. - Esame ed approvazione del bilancio sociale 2020 Il CDF delibera l’approvazione del Bilancio Sociale 2020 che consta delle seguenti sezioni: metodologia, informazioni generali sull’ente, struttura governo e amministrazione, persone che operano per l’ente, obiettivi e attività, situazione economico-finanziaria, altre informazioni, monitoraggio svolto dall’organico di controllo. - Elezione dell’Organo di Controllo ai sensi dell’art. 30 del Decreto Legislativo n. 117 del 03/07/2017; Il CDF, in ossequio al disposto dell’art. 30 del Decreto Legislativo n. 117 del 03/07/2017 e delle raccomandazioni in ordine alla temporalità applicativa della predetta norma, nel preciso intento di conformare la FOI al nuovo Codice del Terzo Settore, dispone l’inserimento all’ordine del giorno della prossima assemblea un punto specifico ad oggetto di chiamare l’Organo Sovrano a procedere alla elezione dell’Organo di Controllo a composizione monocratica. Precisa che l’elezione dell’Organo di Controllo determinerà l’automatica decadenza del Collegio dei Revisori dei Conti, oggi in esercizio. - Lettera della COM alla COM-Spagna del 02/02/2021: determinazioni; Il CDF riferisce di aver ricevuto dal presidente della COM-Italia una lettera pervenutagli dal Presidente della COM Carlos Fernando Ramoa in data 02/02/2021

da quest’ultimo trasmesso alla COM Spagna contenente osservazioni in ordine a comportamenti non regolamentari assunti in occasione del riconoscimento di altra sedicente federazione con sede in Spagna. Le molteplici azioni violative del Regolamento COM avevano infatti riguardato anche alcune manifestazioni illegittimamente svolte in Italia. Il CDF disponeva la pubblicazione della missiva ricevuta sui canali di informazione ufficiali della FOI evidenziando alcuni rilevanti passaggi attinenti il non riconoscimento da parte della COM di tale sedicente federazione ed il tentativo perpetrato da quest’ultima di ingannare gli allevatori italiani facendo loro credere di poter essere affiliati alla COM attraverso la COMSpagna e per il tramite di tale sedicente federazione. In tale missiva veniva infine convocato dal Presidente della COM un incontro tra la COM medesima, la COM-Spagna e la COM-Italia nel tentativo di dirimere gli inconvenienti generati dal comportamento non regolamentare posto in essere dalla federazione presuntivamente appartenente alla COM-Spagna. La FOI a tale ultimo proposito inoltra al Presidente della COM-Italia la propria piena disponibilità alla partecipazione a tale incontro oltre che alla offerta della propria sede di Piacenza per la tenuta dello stesso ed al vitto dei partecipanti. - Decadenza e disaffiliazione del “Club Canarino di Forma e Posizione”: determinazioni Il CDF delibera la revoca del riconoscimento al Club Canarino di Forma e Posizione. - Calendario mostre 2021 Il CDF comunica che a far tempo dal 15/02/2021 è stata disposta l’apertura della piattaforma intranet per l’inserimento delle mostre della prossima stagione. Da quest’anno la piattaforma è stata arricchita di una nuova funzione esclusivamente dedicata ai Presidenti di Raggruppamento che dovranno inserire le mostre internazionali eventualmente richieste per l’anno successivo. A tale sezione avrà ingresso con accreditamento riservato il Presidente della COMItalia al fine di consentirgli il recepimento nei tempi previsti dei dati inseriti. Per l’inserimento delle mostre nella piattaforma il CDF dispone la seguente calendarizzazione: - Fino al 31 marzo 2021 quale termine ultimo per le associazioni; - Fino al 15 aprile 2021 per i Presidenti di Raggruppamento (verifica di rispondenza delle mostre alla nomenclatura regolamentare ed al rispetto delle relative prescrizioni). Al fine di coadiuvare le associazioni nell’avanzare le richieste di organizzazione di mostre, ancora per quest’anno il CDF delibera di sospendere gli effetti dell’art. 7 del Regolamento Generale Mostre e, pertanto, le associazioni organizzatrici non dovranno corrispondere l’anticipo del 30% sulla richiesta dei Giudici ma provvedere all’intero versamento almeno 7 giorni prima della tenuta della manifestazione. - Dotazione anelli, inserimento nuova tipologia anello “S”, chiarimento e rettifiche del punto 7 all’ordine del giorno del verbale del CDF del 0203/10/2020; Il CDF comunica che l’elenco degli anelli si arricchisce, a partire dalla campagna 2022, di una nuova tipologia contraddistinta dalla lettera “S”, del diametro interno da 3,6 mm. e dell’altezza di 3,2 mm., in alluminio colorato ed in duralluminio. Con l’inserimento di tale ultima tipologia sono definitivamente esaurite tutte le possibili dimensioni.

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Attività F.O.I. Consultate le CTN, il CDF riferisce che le altezze di tutte le tipologie di anelli rimangono inalterate. Le tipologie di anelli, i diametri, le altezze ed i materiali, nella dotazione così come sopra definita, dovranno essere considerati immodificabili fino alla conclusione del rapporto contrattuale in essere con la Demerio Carla s.a.s.. Il CDF riferisce altresì che, per la campagna 2022, la Demerio Carla s.a.s. ha richiesto un aumento degli anelli in duralluminio di 0,07 euro a motivo della particolarità della colorazione (marrone). Il CDF delibera di neutralizzare l’aumento ritenendo il medesimo a bilancio federale al fine di non gravare sul costo finale a praticarsi agli allevatori. Quanto innanzi in continuità con il principio programmatico affermato secondo il quale nessun aumento verrà praticato durante tutta la vigenza del contratto in essere con la società fornitrice e, quindi, per i prossimi 4 anni. - Varie ed eventuali Il CDF, con riferimento alla richiesta avanzata dal Club Italiano Allevatori Agapornis in data 01/10/2020 in ordine alla possibilità di ampliamento del limite di età dei soggetti in esposizione da 2 a 3 anni, dopo aver esaminato il parere espresso dalla competente CTN O&aP delibera quanto segue: - autorizza il richiesto ampliamento unicamente nelle mostre specialistiche, nel contempo disponendo che ai soggetti di 3 anni venga riservata apposita categoria, distinta dai soggetti di uno e/o due anni. Si precisa che tale disposizione sarà applicata solo nella stagione mostre 2021, non ha carattere obbligatorio e va ritenuta una facoltà degli organizzatori delle mostre. Il CDF, con riferimento alla richiesta avanzata dal Collegio di Specializzazione EFI in seno all’Ordine dei Giudici in ordine alla possibilità di ampliamento del limite di età dei soggetti in esposizione da 2 a 3 anni (da intendersi rientranti in tale novero solo i soggetti per i quali è già prevista l’esposizione per due anni), delibera quanto segue:

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- autorizza il richiesto ampliamento unicamente nelle mostre nazionali (con esclusione del Campionato Italiano, dei Campionati Regionali ed Interregionali), nel contempo disponendo che ai soggetti di 3 anni venga riservata apposita categoria, distinta dai soggetti di uno e/o due anni. Si precisa che tale disposizione sarà applicata solo nella stagione mostre 2021, non ha carattere obbligatorio e va ritenuta una facoltà degli organizzatori delle mostre. Si ritiene che similari disposizioni risultano inapplicabili all’intero ambito dei canarini per le profonde e decisive modificazioni tassonomiche e cromatiche che gli stessi presentano nel secondo anno di vita. Il Presidente riferisce di aver ricevuto la richiesta di supporto logistico da parte del direttivo del WBO per l’organizzazione del Campionato Mondiale Ondulati da effettuarsi in Italia (Chianciano Terme) nel mese di settembre 2021. Il CDF decide di offrire la disponibilità delle attrezzature occorrenti per la tenuta della manifestazione. Il CDF delibera che le attrezzature della Federazione Ornicoltori Italiani vanno riservate preventivamente per l’organizzazione del Campionato Italiano. Pertanto le stesse devono essere disponibili (organizzate ed igienizzate) per il ritiro a Calendasco da parte dell’Organizzazione del Campionato Italiano già a far tempo dal 20 novembre. La concessione in comodato a tutti gli altri richiedenti aventi diritto non sarà consentita se non compatibile con i termini temporali innanzi indicati (restituzione attrezzature a Calendasco entro il 10 novembre). Il CDF delibera la concessione del contributo di euro 500,00 all’Associazione Ornitologica Basso Piave per la tenuta dell’Oasi Naturale di Trepalade. Il CDF delibera la concessione del contributo di euro 200,00 al Club del Diamante di Gould Italy per la stampa del quaderno tecnico contenente la raccolta delle schede di giudizio e le fotografie ritraenti i soggetti giudicati, con obbligo di trasmettere il relativo file all’indirizzo di posta elettronica

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