Italia Ornitologica - numero 3, 2021

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ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI

Il Diamante di Gould (Chloebia gouldiae) testo e foto di FRANCESCO FORMISANO

Seconda parte

Esperienza personale Nei primi anni ‘90 l’ornitologia napoletana era in piena evoluzione, gli interessi però erano tutti rivolti verso i canarini cosiddetti di “forma e posizione,” sia lisci che arricciati, con una marcata preferenza verso i primi. La “galassia” comprendeva anche tantissimi appassionati che allevavano canarini sassoni, come veniva chiamato allora il canarino di colore; unanimemente considerati infine, a livello di “ruota di scorta” dalla maggioranza e di “nicchia” dal sottoscritto, quei pochi che si dedicavano con passione all’allevamento tutt’altro che facile dei “bengalini”, come erano chiamati all’epoca e lo sono ancora oggi (sic!) da distratti osservatori, le varie specie di Estrildidi più comuni sul mercato. Con queste premesse e in quel contesto, intraprendevo, guardato anche con una certa malcelata commiserazione da quanti allevavano le razze di cui sopra, il mio percorso di allevatore di I.E.I., oggi E.F.I.

Il primo approccio con la “famiglia” fu una coppia di Diamante mandarino, seguita a ruota da una di nonnetta comune

Diamante di Gould - coppia. Inizio parata nuziale

Il primo approccio con la “famiglia” fu una coppia di Diamante mandarino, seguita a ruota da una di nonnetta comune (Lonchura/Spermestes cucullata cucullata) e in breve, in un crescendo di curiosità, passione e emozioni, da tutte quelle specie presenti sul mercato e compatibili con le mie finanze ma soprattutto, con la cura e le attenzioni cui ero capace mettere in campo, per soddisfare le loro esigenze. Di ogni specie cercai di acquisire quanto più nozioni possibili inerenti il loro corretto mantenimento in ambiente controllato, il fabbisogno alimentare e tutte le tecniche allora conosciute relative al benessere e alla loro riproduzione, che poi altro non sono se non l’essenza pura e il fine ultimo dell’allevare. Per questi motivi e non avendo

punti di riferimento diretti (allevatori) locali da cui poter attingere nozioni, il primo passo fu l’acquisto di alcuni libri specifici, attraverso la lettura dei quali, sicuramente avrei potuto apprendere quanto desideravo. Fu così che, una trentina di anni fa scoprii, rimanendone affascinato, questa magnifica specie la quale però, veniva universalmente considerata dai vari autori come delicatissima e difficile da riprodurre. Combattuto tra il lasciar perdere, oppure tentare, optai per la seconda soluzione e, alla prima occasione, presso un rivenditore ambulante, in un mercatino domenicale che all’epoca si teneva alle porte di Napoli, me ne accaparrai due coppie - ancestrali - (da sempre ritenuti più attraenti e rustici, rispetto ai mutati). Il progetto “allevamento del

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