POMEZIA-NOTIZIE
Luglio 2021
MARCELLO FALLETTI DI VILLAFALLETTO CANTON GLARUS di Manuela Mazzola dall’inizio dei tempi che grandi masse di uomini emigrano, anche la Bibbia lo testimonia, per trovare nuovi posti dove stabilirsi, crescere i propri figli; luoghi che offrano migliori condizioni climatiche ed economiche. Viaggi illuminati da fiduciose aspettative, in cui hanno avuto un ruolo fondamentale i sacerdoti e le religiose e l’intera organizzazione missionaria, composta da uomini e donne semplici, ma colmi di fede e speranza. Nel saggio Canton Glarus del Conte Marcello Falletti di Villafalletto si parla proprio di questo argomento: la missione cattolica italiana di Canton Glarus, del suo ruolo fondamentale e dell’emigrazione, con le sue cause e conseguenze. Per l’attività missionaria della Chiesa, tutti i missionari, sacerdoti, religiosi, suore e laici, furono formati per non perdere di vista l’universalità della Chiesa e la diversità dei popoli, poiché conoscere il paese in cui si va, dunque, la storia, la lingua e la cultura è sia necessario sia doveroso. La prima missione, nel 1912, fu guidata da Don Gabriele Della Bella, poi Don Giuseppe Rampo, Don Savino Conte, Don Felice Bonaccina, Don Ernesto Grignani, Don Alberto Ferrara, Don Paolo Gallo, P. Jiovani Barreto, Don Roberto Maciejewski, Don Valerio Ca-
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sula, Don Giancarlo Rossi e per ultimo il Reverendo Padre Pierpaolo Lamera. Quest’ultimo nella prefazione mette in risalto l’importanza della memoria: “Tanto meno dimenticare l’Autore che ha saputo cogliere, indipendentemente dagli aspetti storico-sociali a lui congeniali, quel desiderio di fare memoria, che deve essere testimonianza ed esortazione per tutti coloro che avranno desiderio di sapere e conoscere, in modo radicale, le tappe salienti di questo faticoso cammino”. E in questo cammino, faticoso e allo stesso tempo edificante, un posto d’onore l’ebbero le suore che nei loro convitti si occuparono delle giovani ragazze impiegate negli opifici tessili. Le religiose avevano il compito, oltre che ospitarle, anche di assisterle e sostenerle nei momenti difficili dovuti alla lontananza da casa. Sorsero anche molte associazioni e comitati che furono di grande aiuto alle religiose e ai sacerdoti che si alternarono in quel territorio. Anche perché, tra fine Ottocento e inizio Novecento, nel territorio elvetico, alcune volte, furono violati i diritti umani fondamentali e gli esuli italiani divennero vittime di vere e proprie manifestazioni razziste. Purtroppo, episodi di questo genere accaddero e continuano ad accadere in tutto il mondo. Le numerose attività sociali e culturali, però, furono in grado di aiutare e sostenere gli immigrati e fu anche per questo che la missione divenne un grande esempio di comunità cristiana, giacché seppe essere un valido aiuto. Infatti, riporta l’autore: “Per avere il permesso di espatrio necessitava conoscere un mestiere, saper leggere e scrivere, magari conoscere alcune nozioni sulla lingua, su gli usi e costumi del paese di immigrazione. Anche agli inizi della nostra vicenda migratoria, così come si verifica ancora ai nostri giorni per gli emigranti extracomunitari, si dovette assistere a vere compra-vendite di bambini da impiegare in lavori pesanti e squallidi, alla tratta di ragazze, attirate con l’inganno e la finta promessa di un onesto lavoro per essere avviate alla prostituzione. Intermediari senza scrupoli che lucravano sulle miserie e le necessità altrui”.