TRAVEL RETAIL | Estate 2021
cio manageriale, che molte delle recenti aperture di Alice Pizza si sono concentrate in città, più che nei centri commerciali. Se pensiamo a Milano, da Dergano a via Solari, da via Venini ad Affori, il brand si è posizionato in quartieri addirittura periferici, ma popolosi, ricchi di passaggio di persone, caratterizzate da un mix di residenti, lavoratori, studenti, tutti accomunati da un profilo idoneo al consumo della pizza al trancio: quello di chi cerca un pasto veloce, economico, ma non anonimo. E in qualche modo Alice Pizza ha contribuito a quel fenomeno di rivitalizzazione e riqualificazione dei quartieri, di cui il food retail è in buona parte responsabile.
ALICE SI ESPANDE.“MA DICIAMO ADDIO AL MITO DELLA LOCATION”
La rete si espande e punta ormai ai 200 punti vendita. Ma ora c’è l’analisi dei dati alla base delle scelte strategiche Alice Pizza, leader italiano della pizza al trancio come numero di punti vendita, è un marchio storico che risale agli anni ‘90. Specialità, la pizza romana. Grazie ai fondatori, la famiglia Giovannini, già all’inizio del 2019 contava quasi 160 punti di vendita, concentrati nel Lazio (almeno la metà) e al Nord Italia. Poi, proprio all’inizio della pandemia, De Agostini (tramite IdeA Taste Of Italy) ha assunto il controllo del brand e fornito un’ulteriore iniezione di benzina allo sviluppo del brand. “Abbiamo riconosciuto in Alice Pizza tutti gli elementi tipici di una catena di ristorazione fast casual, con elevato potenziale di crescita: prodotto di notevole qualità, format semplice e trasversale, scalabilità elevata anche in aree e canali oggi non presidiati” era stato il commento di Pierluca Antolini, Managing Director di IDeA Taste of Italy, al momento del deal. E oggi in effetti Alice Pizza si presenta con queste caratteristiche: formato semplice ma vivace e riconoscibile, diffuso tanto nei centri commerciali quanto in città, presenza sul delivery e app proprietaria per consegna, ritiro nel locale, consultazione del menù e alcune informazioni su novità e promozioni.
La spinta sui quartieri Da maggio 2019, al timone di Alice come amministratore delegato c’è Claudio Baitelli, che arrivava da una lunga esperienza spesa in McDonald’s, Autogrill, Fc Retail (ex joint venture tra Cir Food e Feltrinelli) e la stessa Feltrinelli. Un manager che, su digitale e delivery, ha le idee chiare. “Sul digitale, il food non è molto avanzato. Sembra un paradosso, ma le librerie sono più avanti. E c’è pag. 30 | retail&food | Giugno 2022
A.L.
Dea Capital compra la pizza spagnola DeA Capital Alternative Funds SGR, che controlla Alice Pizza e altri marchi, ha acquisito una partecipazione di maggioranza, pari al 60%, nel capitale della catena di ristoranti spagnola Pizzerias Carlos. Operazione effettuata tramite il fondo Taste of Italy 2. La catena, nata nel 2009, ha oggi 73 ristoranti in tutta la Spagna, 39 dei quali in franchising, e un fatturato 2021 di 40 milioni di euro. Obiettivo del nuovo azionista e proseguire nella crescita e puntare a un fatturato di 50 milioni entro il 2023.
Scenario variabile
Claudio Baitelli, amministratore delegato di Alice Pizza
molta confusione” ha osservato Baitelli durante il recente convegno Cibus. “Per molti, digitale significa solo vendere on line tramite parti terze, ma il delivery finora è composto da piattaforme che a fine anno chiudono in perdita, che faticano a usare a dovere i dati, mentre il ristoratore accetta di far parte del circuito quasi obtorto collo. Noi stiamo cercando di usare davvero la tecnologia. Abbiamo implementato il Crm, cerchiamo un approccio di loyalty tramite la app, sfruttiamo i software per capire dove si posiziona il cliente e dove è opportuno aprire nuovi negozi. Il mito della location non basta più”. Sarà anche in virtù di questo nuovo approc-
Il 2021 si era chiuso con 27 aperture. E si procede con lo stesso ritmo anche nel 2022, con sullo sfondo il traguardo dei 200 punti vendita. A fine anno, Alice prevede di aver creato lavoro per altri 300 collaboratori. Anche se il management non si nasconde: il contesto non è roseo come si sperava una decina di mesi fa. Prima dell’Ucraina. Prima dell’inflazione. “La ristorazione ha dimostrato di essere un mercato resiliente. E il cosiddetto out of home tiene” ragiona Baitelli. “Eppure ci sono tante variabili, dagli alti e bassi dell’epidemia Covid, all’inflazione che impatta sui fornitori e di riflesso su di noi, fino alla propensione al consumo, che senz’altro è scesa. In questo contesto non è semplice gestire il business. E specialmente sul punto specifico dell’inflazione, occorre ammettere che la struttura manageriale del nostro settore non è professionalmente preparata a gestirlo. Troppo spesso si agisce di pancia”.