Racconti d'arte di Daniela Zangrando*
VENEZIA e la REALTÀ VIRTUALE
S
tavolta andiamo a farci un viaggio fuoriporta, a Venezia. Proprio mentre pensavo a questo pezzo, ho letto una cosa bellissima, scritta in una newsletter da Alessandro Giammei, italianista, critico e scrittore che insegna letteratura italiana al Bryn Mawr College, negli Stati Uniti. Racconta un verso del Paradiso dantesco, che si trova nel passaggio dal cielo del Sole a quello di Marte, «quando Dante si domanda se i beati non vedano l’ora di riavere il proprio corpo dopo il giudizio universale “forse non pur per loro, ma per le mamme”. L’idea chiaramente è che senza corpo, pur in paradiso, non si può del tutto esprimere il proprio amore: non si può abbracciare, non si può accogliere». Quello di cui ci parla Dante, è un desiderio di fisicità che non ha nulla di erotico. È quel bisogno che conosciamo tutti, di esser abbracciati e accolti appunto. Di esser presi per mano. Aver letto queste parole mentre stavo pensando all’articolo è stato importante. Adesso vi spiego perché. Guardate le immagini. Quella che vi sta di fronte è una veduta di Venezia del 1887. È una tempera su carta. Conservata nell’Accademia dei Concordi di Rovigo, è stata esposta fino a
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metà ottobre scorso alla Fondazione Querini Stampalia di Venezia. Ha delle dimensioni molto particolari: è alta poco più di un metro e settanta e si sviluppa per ben ventidue metri di lunghezza. Più che una veduta, è un panorama. Il suo autore, Giovanni Biasin (18351912), si forma all’Accademia di Venezia, per trasferirsi poi a Rovigo e diventare il decoratore principe del Polesine lavorando in palazzi di città, ritrovi pubblici, uffici e ville – interessante, ad esempio, il caso delle decorazioni ad affresco di Villa Ca’ Conti. Con il figlio crea anche una piccola azienda che porta in giro i brevetti della tecnica particolare che utilizza, il papier paint panoramique, che dovete immaginare come una via di mezzo tra gli spettacolari panorami ottocenteschi – che erano cresciuti fino ad assumere le dimensioni notevoli di un palazzetto dello sport, di un teatro – e una forma decorativa simile a quella che chiamiamo carta da parati, in uso nelle abitazioni private. Il panorama di Biasin ha dato del filo da torcere ai ricercatori. Si sa per certo che è stato realizzato nel 1887 per l’Esposi-
zione Nazionale Artistica, ma sfugge a qualsiasi altra documentazione. Non ce n’è alcuna traccia, né tra le foto di Giovanni Battista Brusa, incaricato di fotografare tutte le opere e le fasi di allestimento dell’esposizione, né in altro supporto iconografico. Eppure, un elemento di quelle dimensioni non passa inosservato. Probabilmente, hanno supposto i curatori della mostra veneziana, non è stato considerato opera facente parte della mostra e non è stato quindi fotografato, trovando invece spazio come decoro nel grande Atrio dell’ingresso da terra. Utilizzando un lungo rotolo di carta rinforzata e di colori a tempera, Biasin ci mostra Venezia, a 360°. La guarda a pelo d’acqua, riprendendola più o meno dal centro del bacino di San Marco, partendo dai Giardini di Castello e proseguendo tutt’intorno, fino a chiudere il cerchio, includendo monumenti, edifici, giardini e imbarcazioni. Non mi sfugge la vostra perplessità. Forse obbietterete che non è di grande fattura tecnica. Qualcuno potrebbe anche dirmi che è sufficiente andare a Venezia e impostare la fotocamera dello Smartphone in