Il Pesce 2-2021

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IL PESCE DALLA PRODUZIONE AL CONSUMO

PERIODICO BIMESTRALE DEDICATO ALLE PRODUZIONI ITTICHE NAZIONALI ED ESTERE, ALLE TECNOLOGIE E ALLE ATTREZZATURE PER LA PESCA E L’ACQUACOLTURA – € 6,67

N. 2/2021



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N. 2 Anno XXXVIII Aprile 2021

IL PESCE «Da’ un pesce a un uomo ed egli avrà un pasto; insegnagli ad allevarlo e avrà il nutrimento per tutta la vita»

Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl

EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD

Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi Segreteria di redazione Gaia Borghi

Consulenti scientifici Dr. Gaetano Arcarese – Prof. Giorgio Giorgetti – Dr. Lucia Liddo – Dr. Francesco Paesanti – Prof. Remigio Rossi – Dr. Marco Saroglia – Dr. Aldo Tasselli Collaboratori scientifici Dr. Alessandro De Maddalena – Dr. Maurizio Dell’Agnello – Prof. Fabrizio Ferrari – Dr. Claudio Ghittino – Dr. Gianluigi Negroni – Dr. Paola Pierelli – Prof. Guido Razzoli – Dr. Antonio Trincanato

Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Chiara Zaccaroni – Luigi Credi

Collaboratori scientifici esteri Prof. R. Billard (Francia) – Dr. S. Sarig (Israele)

Fotografia Luigi Credi

ANNUARIO del PESCE e della PESCA

Abbonamenti Fioretta Fiorentin

2020/2021 N. 31

Amministrazione Andrea Tomassone Comitato di redazione Franco Ferrari – Manrico Murzi

Annuario del Pesce e della Pesca

La banca dati internazionale del mercato ittico sempre aggiornata, utile strumento di lavoro per gli operatori del settore acquacoltura, lavorazione, commercio e distribuzione. Edizione 2020/2021 Copia cartacea: € 60,00

Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo è impaginato con Adobe® InDesign® CC 2019. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CC 2019.

Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 0598671709 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.ilpesce-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 741 del 30-12-1983

IL PESCE, 2/21

Tariffe abbonamenti Annuale (6 numeri): Italia € 40,00 – Estero € 50,00 Sconto librerie: 10% Modalità: versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA ISSN 0394-2929 – Iscritta nel ROC – Registro degli Operatori di Comunicazione al n. 11256 del 14/6/2005.

IL PESCE DAL

1984

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N. 2 Anno XXXVIII Aprile 2021

IL PESCE

A pagina 40.

In questo numero:

Immagini

Le importazioni extra-UE di prodotti della pesca e dell’acquacoltura

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Agenda

Aquaculture Europe 2020 – Digital Seafood Meeting

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Attualità

Emergenza Covid e ittico

Sebastiano Corona

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Il pesce in rete

Social fish

Elena Benedetti

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IL PESCE, 2/21

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Acquacoltura

L’acquacoltura è più sostenibile se integrata

Michela Cariglia

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Acquacoltura, cento milioni di euro di perdite Ostricoltura

10 invalidi motivi per non allevare ostriche in Italia

Edoardo Turolla

40

Aziende

Chilogrammi di qualità e non tonnellate di quantità

Valerio Sapucci

48 54

MARR rileva le attività del Gruppo Verrini Controcorrente, nella laguna veneta

Pesca

Elena Benedetti

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Fumara, animo local e carattere global

62

Riunione Industrie Alimentari entra a far parte della moderna e cosmopolita famiglia di Angulas Aguinaga

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Mondel, pronta ad affrontare le nuove tendenze

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Cultura marinara in evoluzione: il grande mare delle reti da pesca italiane

Nunzia Manicardi

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Alici di menaica

Chiara Papotti

76

La pesca degli squali di profondità in Somaliland

Gianluigi Negroni

78

Curiosità

La cozza verde, una vera e propria scoperta a beneficio della nostra salute

Luca del Grammastro 82

Mercati

Il mercato delle conserve ittiche in Italia

Roberto Villa

84

Export 2020: in piedi nonostante tutto

Sebastiano Corona

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IL PESCE DALLA PRODUZIONE AL CONSUMO

PERIODICO BIMESTRALE DEDICATO ALLE PRODUZIONI ITTICHE NAZIONALI ED ESTERE, ALLE TECNOLOGIE E ALLE ATTREZZATURE PER LA PESCA E L’ACQUACOLTURA – € 6,67

N. 2/2021

A pagina 56.

In copertina: Valerio Sapucci nella sua Seafood Technology Equipment a San Marino (photo © Massimiliano Rella).

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IL PESCE, 2/21


Il mio ERP. Fornisce gli indici migliori. L’istinto aiuta ma oggi contano i fatti. Che si tratti di margini di contribuzione, costi delle materie prime o semplicemente dei prezzi giusti. Con il CSB-System gestirete la vostra azienda sulla base degli indici. In questo modo avrete una visione chiara anche in situazioni non chiare.

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A pagina 108. A pagina 68.

A pagina 64.

Analisi di mercato

Sempre più green: la sostenibilità conquista le etichette dei prodotti a marca commerciale

90

Indagini

Il mercato ittico dell’UE – Parte II

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Consumi

Consumi di alimenti surgelati in lieve crescita nel 2019

Roberto Villa

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Il pesce in tavola

I segreti dell’aspic

Giorgia Fieni

106 108

Connubio di sapori irlandesi tra terra e mare Il carpaccio di pesce

Nunzia Manicardi

110

Sano o goloso? Tante idee per il palombo

Giorgia Fieni

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www.ilpesce-online.com 10

IL PESCE, 2/21



Sapore di mare

Bommarè, a Cercola c’è il mare in cucina

Fiere

AquaFarm: digital preview

118

Tecnologie

Quattro sfide per le industrie del settore ittico

120

Riccardo Lagorio

116

Impatto del Covid-19 sui settori di pesca e acquacoltura

Gianluigi Negroni

126

Packaging

MOCA, l’UE ipotizza nuove regole

Sebastiano Corona

134

Storia e cultura

Un affresco “miracoloso”: la Predica di S. Antonio da Padova ai pesci

Giovanna Baldassin Molli 138 et al.

Il pescato del giorno

Un mare di formaggi tra razze, storioni e panini col tonno

Giovanni Papalato

Due libri

Gasteropodi e bivalvi marini dei mercati europei Delivery e take away

148 150

A pagina 102.

A pagina 106.

A pagina 150.

www.ilpesce-online.com 12

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IMMAGINI

Nel 2019, le importazioni extra-UE di prodotti della pesca e dell’acquacoltura hanno raggiunto il picco decennale di 6,34 milioni di tonnellate. I prodotti più importati sono il salmone (prevalentemente di origine norvegese), i gamberi (da Ecuador e Vietnam), il merluzzo nordico (da Norvegia e Islanda), il tonnetto striato (Ecuador), il pollack d’Alaska (da Cina e Stati Uniti) e la farina di pesce per uso non alimentare (Norvegia). Per quanto riguarda i gamberi, essi sono costituiti in larga parte da gamberoni e mazzancolle, più specificatamente da gamberi congelati del genere Penaeus. Un’analisi più approfondita ad opera dell’Osservatorio EUMOFA relativa all’industria UE della pesca e dell’acquacoltura la trovate nell’articolo “Il mercato ittico dell’UE. Parte II” a pag. 92 (photo © Sri Lanka x unsplash).

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AGENDA

On-line Si svolgerà via web dal 12 al 15 aprile AE2020, Aquaculture Europe 2020 on-line, la conferenza internazionale sull’acquacoltura che si sarebbe dovuta tenere lo scorso anno, poi slittata al 2021 per ovvi motivi di pandemia. Il “2020” è rimasto nel titolo dell’evento e il programma dei relatori è scaricabile al link: aquaeas.org/_pdf/ AE2020_RAS@EAS_Programe.pdf AE2020 on-line sarà strutturata anche con sessioni parallele che copriranno la maggior parte degli aspetti dell’acquacoltura europea, dando ampio spazio agli aggiornamenti sulla ricerca. Le sessioni parallele saranno costituite da presentazioni video pre-registrate, con possibilità di spazio per domande e risposte. L’evento includerà anche un e-market, un luogo dedicato a venditori e media partner on-line per presentare i loro prodotti, collegarsi al loro sito web e avere una chat-box per interagire con i partecipanti e organizzare riunioni (photo © Regormark – stock. adobe.com). www.aquaeas.eu

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On-line Quando gli esperti di biotecnologia cellulare e di tecnologia alimentare lavorano insieme il risultato può portare a qualcosa di sorprendente, tanto quanto i prodotti ittici coltivati dalle cellule. Ma questi alimenti possono arrivare sul mercato? A questa e ad altre domande darà risposta Digital Seafood Meeting, evento digitale che si svolgerà mercoledì 21 aprile. Il Digital Seafood Meeting è un evento on-line organizzato da Fish International con il supporto di EUROPEAN ENTERPRISE NETWORKS (EEN) e altri partner come FOOD FROM DENMARK, PROFIEXPO, EUROFISH e FISCHMAGAZIN. L’evento sarà presentato da SABINE WEDELL, MONIKA PAIN, project manager presso Polfish a Danzica, e SELIN AKDOGAN, project manager presso Future Fish Eurasia a Izmir. La registrazione è gratuita su: fish-international-digital-2021.b2match.io L’edizione 2022 di Fish International si svolgerà in presenza dal 13 al 15 febbraio prossimo, presso il quartiere espositivo di Brema (photo © M3B GmbH). fishinternational.de

Tribunale di Torre Annunziata - Esec. Imm. n. 6/15 R.G.E. Professionista delegato: Dott. Antonino Benvenuto Vendita senza incanto: 15/06/2021 ore 15:00 presso lo studio in Sant’Antonio Abate, Via Stabia, 19. LOTTO UNICO – Comune di Castellammare di Stabia (NA) Via Schito, 185 piena ed intera proprietà di complesso produttivo composto da opificio con adiacente struttura alberghiera, oltre area esterna pertinenziale, sulla quale insistono dei corpi di fabbrica e tettoie. La struttura produttiva si compone di un corpo di fabbrica in c.a.p. disposto su tre livelli fuori terra (piano terra, primo e secondo) oltre lastrico di copertura, tutti asserviti da una rampa carrabile a forma circolare ed esteso per circa 2.700 mq a livello, di cui il piano primo e terra dotato di spazi adibiti a celle frigorifero per la lavorazione e conservazione dei prodotti ittici. Su parte del lastrico di copertura è stata realizzata una struttura “dependance” adibita ad alloggio. La struttura alberghiera è composta da un edificio di cinque livelli fuori terra, oltre piano interrato ed esteso ciascun livello per circa 300 mq, di cui il piano terra adibito a hall-reception, cucina e sala ristorante oltre servizi igienici, mentre i piani primo, secondo, terzo e quarto (parzialmente) a camere. Prezzo base d’asta: € 1.099.500,00 (Offerta Minima € 824.625,00) in caso di gara aumento minimo € 5.000,00. Deposito offerte entro le ore 18:00 del 14/06/2021 presso lo studio del delegato. Info presso delegato/custode tel. 327/0470389 - 0818735630 e ai link: www.tribunale.torreannunziata.giustizia.it – www.astegiudiziarie.it


ATTUALITÀ

Emergenza Covid e ittico di Sebastiano Corona

Come la crisi economica e sanitaria abbiano impattato sul comparto della pesca è l’oggetto di una recente pubblicazione del CREA – Centro di Ricerca Politiche e Bio-economia, che ha approfondito il tema partendo dal quadro precedente all’arrivo della pandemia. Il documento è realizzato sulla base di indagini svolte sul 10% circa della flotta da pesca attiva al momento, distribuita tra le varie marinerie italiane. Un’analisi che ha permesso non solo di osservare l’impatto della pandemia sul comparto, ma anche l’efficacia delle misure messe in atto dai diversi soggetti per limitare i danni. Si è partiti da una condizione pre-Covid non del tutto soddisfacente: un VA che conta il 3% circa del settore primario e una bilancia commerciale che fa segnare un deficit strutturale di 5 miliardi di euro all’anno, con una capacità di pesca in costante riduzione e un’acquacoltura che forse ancora non ha il ruolo che merita, con una produzione concentrata soprattutto su alcune specie. La crisi non ha risparmiato il comparto, facendo registrare un calo della domanda di prodotto nazionale fresco.

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La contrazione si è immediatamente registrata sia all’ingrosso che al consumo, innescata dalla chiusura dei mercati d’esportazione, dell’HO.RE.CA. e, più in generale, dal calo del turismo. I consumi domestici hanno mostrato un leggero aumento, ma non sufficiente a coprire la contrazione suddetta. Inoltre, le condizioni di incertezza dei mercati non hanno giovato nemmeno al venir meno del lockdown, vista anche la permanenza di problemi di forti eccedenze di produzione, sia nell’acquacoltura, sia nel trasformato. L’eccesso di offerta, infatti, è stato, dove possibile, assorbito dagli impianti di trasformazione, senza però trovare uno sbocco di mercato e andando a riempire i magazzini con un aggravio di problemi e costi di gestione dovuti, tra l’altro, al mantenimento in vasca o in gabbia del prodotto invenduto. Le attività di pesca, sebbene incluse tra quelle strategiche per l’economia nazionale — e quindi non sospese nei mesi tra marzo e giugno scorso — hanno risentito in maniera indiretta delle misure di contenimento della pandemia, soprattutto a causa della sospensione

della quasi totalità delle attività produttive, ricettive, di ristorazione e per la limitazione agli spostamenti delle persone. Il fatturato, i livelli occupazionali e i sistemi logistici hanno subito gli effetti delle misure di emergenza già a partire dalla seconda settimana di marzo, sebbene l’impatto non sia stato geograficamente omogeneo e si sia mostrato differente a seconda di elementi come la dimensione dell’imbarcazione, la tecnica di pesca, il numero degli imbarcati e i canali commerciali di riferimento. La flotta a strascico di grandi dimensioni ha risentito di più del lockdown, mentre la piccola pesca ha, in generale, affrontato meglio l’impatto. La voce pesca sportiva/ripopolamento acque pubbliche è rimasta del tutto bloccata e solo a partire dalla seconda fase della crisi sanitaria è lentamente è ripresa. Al pari dell’offerta, la domanda è mutata in quantità e qualità: non si è infatti solo ridotta, si è anche trasformata, a causa degli effetti prodotti dalle misure di contenimento sul reddito dei consumatori. Nelle aree con le economie più deboli, la diminuzione del potere di acquisto

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dei consumatori si è subito tradotta in un orientamento verso il consumo di pesce di minor pregio o verso beni surrogati o alternativi, anche non ittici. L’emergenza sanitaria ha modificato l’atteggiamento dei consumatori, sia con riferimento alle tipologie di prodotti acquistati sia rispetto ai canali di vendita utilizzati. In particolare si osserva, soprattutto nella fase iniziale dell’emergenza, una penalizzazione negli acquisti dei prodotti ad alta deperibilità, sostituiti da cibi a maggior grado di conservazione o surgelati. Sul fronte dei canali di acquisto, si segnala l’aumento esponenziale dell’impiego dell’e-commerce, ma anche un crescente ricorso alla vendita diretta, le prenotazioni a distanza e le consegne a domicilio. A seguire, anche il ritorno ad un’apparente normalità non ha subito riportato la domanda allo stato pre-Covid. Il persistere di misure come il distanziamento sociale hanno generato un freno nella dinamicità di certi mercati, in particolare quelli legati ai flussi turistici, e comportando un cambiamento negli stili di consumo delle famiglie italiane, che ha generato un +4% di acquisti di prodotti ittici, un +20% dei surgelati, un +12% delle conserve e un calo del fresco del 6%. Se si prendono in considerazione le rilevazioni mensili realizzate su base europea da EUMOFA, rispetto al 2019, alle più contenute flessioni nei consumi registrate nei mesi di gennaio (negativi solo in volume) e di febbraio, si segnala il crollo nei consumi di pesce fresco avvenuto a marzo (–30% in volume e –29% in valore) e ad aprile (–20% in volume e –17% in valore), fenomeno strettamente connesso con l’avvio delle misure restrittive. A conferma di ciò, nel primo trimestre dell’anno sono drasticamente diminuiti i consumi in Italia di tutti i principali prodotti ittici, come del resto avvenuto a livello europeo. Solo a partire dal mese di maggio (–7% in volume e –5% in valore) e di giugno si osserva un ritorno a livelli normali

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di tenere la distanza interpersonale tra gli addetti coinvolti. Il settore dell’allevamento ha dovuto altresì affrontare, oltre ad una consistente riduzione degli sbocchi commerciali, anche un contestuale incremento dei costi gestionali dovuti al mantenimento in vasca o in gabbia del prodotto invenduto. Costi che hanno ovviamente aumentato il rischio finanziario delle imprese, a partire dalle spese per l’energia, per l’alimentazione, per l’ossigenazione delle vasche e molto altro.

Impianto di maricoltura in Grecia (photo © Alex Antoniadis x unsplash). dei consumi dei prodotti ittici, anche a seguito della riapertura del settore della ristorazione collettiva. I prezzi al consumo hanno nel frattempo subito un lieve aumento, pari al 2%, mentre gli scambi commerciali con l’estero hanno fatto registrare un –16% di import e un –8% di export. Le esportazioni sono state quasi completamente bloccate nei mesi di marzo e aprile a causa della chiusura delle frontiere e di problemi legati al trasporto e alla logistica. L’impatto sul settore dell’acquacoltura Le considerazioni su domanda e offerta fatte sopra valgono in buona parte anche per la maricoltura e per l’acquacoltura in generale. Gli impianti rimasti in attività per tutto il periodo della crisi sanitaria, e anche nelle settimane del lockdown, non hanno registrato significative

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riduzioni nel numero di addetti, pur avendo subito una forte diminuzione nelle vendite, soprattutto tra marzo e aprile. Un calo che ha riguardato tutti gli sbocchi di vendita, ad eccezione del canale della Grande Distribuzione Organizzata. L’impatto della crisi sanitaria è stato ovviamente minore per gli impianti che lavorano principalmente con la Distribuzione Moderna, sulla base di contratti di compravendita preesistenti all’insorgere della crisi sanitaria. La principale difficoltà intervenuta nelle prime settimane si è riscontrata relativamente alla capacità delle aziende di provvedere al confezionamento del prodotto venduto fresco e a quella di garantire i trasporti. In particolare, i tempi di incassettamento sono aumentati, stante l’obbligo di attuare rigidi protocolli di sicurezza e alla necessità di confezionare il prodotto per singolo pezzo. Oppure per l’obbligo

Le misure di mitigazione L’emergenza Covid-19, come anticipato, ha portato alla chiusura di molte attività di pesca nelle settimane successive all’11 marzo, ma le attività sono lentamente riprese dopo pochissimi giorni, sebbene in maniera differenziata nelle marinerie e nei diversi sistemi di pesca. La ripresa è stata possibile grazie alle misure messe in campo dagli operatori, i quali hanno cercato di far fronte alle criticità di mercato, a cui vanno aggiunte quelle legate alla liquidità e alla capacità di far fronte alle spese di gestione. La mancanza di liquidità è associata alla maggiore dipendenza dagli intermediari e dai commercianti che si è verificata soprattutto nelle aree in cui è assente un mercato ittico efficiente capace di attrarre acquirenti. Una situazione, quest’ultima, particolarmente presente in Calabria, Puglia e Sicilia. Inoltre, le attività di pesca a strascico di grandi dimensioni con vendita del prodotto soggetto a congelamento a bordo, hanno risentito dalla mancanza di rientri monetari dovuti alla produzione ritirata dai grossisti, ma invenduta. In questi casi, gli armatori hanno riscontrato difficoltà nel pagamento delle spese correnti con conseguente incremento delle richieste di linee di fido aggiuntive agli istituti bancari. La critica situazione finanziaria è stata in parte alleviata dall’abbassamento del prezzo del gasolio e da misure come una riduzione generalizzata delle giornate di pesca, che ha permesso di ridurre i costi, ma soprattutto di non saturare il mercato ed evitare le eccedenze.

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Già a partire dalla seconda metà di aprile, i prezzi di prima vendita sono ritornati sui valori precedenti la crisi, risultando in linea con la media stagionale. Le misure adottate per modificare la composizione del pescato sono andate a vantaggio delle specie maggiormente richieste per il consumo domestico, di minor pregio commerciale rispetto a quelle solitamente richieste della ristorazione. Inoltre, in numerose marinerie si è attuato un sistema di turnazione delle imbarcazioni, un contatto diretto con intermediari commerciali e GDO e la fissazione di massimali di catture con codici di autoregolamentazione. Tale accordo ha permesso a tutti di uscire, riducendo l’offerta e mantenendo i prezzi alti. In contemporanea, in diverse marinerie, la piccola pesca ha intensificato la vendita diretta ed è ricorsa, giocoforza, agli ammortizzatori sociali. La situazione internazionale Nei primi mesi dell’anno gran parte della popolazione mondiale, come in Italia, è stata costretta a modificare, anche radicalmente, il proprio stile di vita e i propri consumi, per adeguarsi ai vari stati e misure di quarantena stabiliti dai governi locali. L’incertezza generale sulle dimensioni dei fenomeni in atto e sui pericoli esistenti, le restrizioni nei movimenti, le limitazioni negli

Nel primo trimestre dell’anno 2020 sono drasticamente diminuiti i consumi in Italia di tutti i principali prodotti ittici, come del resto è avvenuto a livello europeo. Solo a partire dal mese di maggio e di giugno c’è stato un ritorno a livelli normali di consumo, legato soprattutto alla riapertura del settore della ristorazione collettiva (photo © Alex Seinet x unsplash). orari di apertura delle attività commerciali e con il passare del tempo, le prime difficoltà economiche e sociali che sono sopraggiunte, hanno modificato in vari modi la domanda delle famiglie. Nonostante la pandemia non sia correlata in alcun modo col consumo di pesce e di prodotti ittici, in alcuni Paesi le percezioni ingannevoli dei consumatori hanno influito negativamente sulla domanda di pesce (FAO, 2020). Nel complesso, nei mesi di marzo e di aprile la domanda di pesce e prodotti ittici, anche a causa

della chiusura o delle forti restrizioni subite dal settore della ristorazione collettiva, si è drasticamente contratta e i prezzi sono diminuiti per molte specie commercializzate. Le forti limitazioni imposte a tali settori hanno determinato un crollo della domanda di alcune specie, in particolare di fascia alta, come aragoste, ostriche, tonno rosso e mahi-mahi (OECD, 2020). Sebastiano Corona Nota A pagina 18, photo © fao.org

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IL PESCE IN RETE

Social di Elena

1. Pesce take away e special box Il Crudo di Milano distribuisce box di filetti di pesce crudo Nordfish nel territorio milanese. L’idea alla base è quella di “un prodotto che salta la Grande Distribuzione e predilige la filiera corta, garantendo così la qualità, grazie anche a tecnologie brevettate, a consegne organizzate attraverso mezzi con temperatura controllata e al ghiaccio secco contenuto nella confezione per garantire la freschezza e la conservazione delle sue proprietà”. Noi li seguiamo su instagram.com/ilcrudodimilano (photo © instagram.com/ilcrudodimilano).

2. Il Pescatorio fish & Food Conoscete Il Pescatorio? È una gastronomia di pesce take away, pescheria e bistrot con champagneria (www.ilpescatorio.it) con sede a Roma. Una realtà da seguire su instagram.com/il_pescatorio e da provare nel loro locale in zona Monteverde Nuovo (in foto, uno dei loro chef; photo © instagram.com/il_pescatorio).

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fish Benedetti

4. Oyster Oasis, ostriche & C. 3. Toscopesce, per l’HO.RE.CA. e per casa Con un’esperienza di oltre 30 anni nell’HO.RE.CA. l’azienda Toscopesce Spa, con sede a Viareggio (LU), oggi effettua consegne in tutta Italia, anche a domicilio, offrendo un’ampia varietà di pesce (fresco, congelato e scatolame), a cui sono abbinati prodotti tipici come l’olio o le conserve. Il tutto attraverso una comoda app da smartphone o tablet o attraverso l’e-shop sm.toscopesce.it (photo © toscopesce.online).

Bello il sito web di Oyster Oasis, visitabile al link oysteroasis.it, azienda fondata nel 2014 da operatori italiani e francesi con alle spalle un’esperienza decennale nel settore, specializzata in ostriche, frutti di mare, crostacei e pescato di alta qualità. Oyster Oasis attualmente vanta il più vasto parco ostriche in Italia. Li potete seguire anche su instagram.com/oyster_oasis con un feed aggiornato di scatti sui loro prodotti (photo © oysteroasis.it).

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ACQUACOLTURA

L’acquacoltura è più sostenibile se integrata Il progetto REMEDIAlife apre nuovi orizzonti per la Crescita Blu. Pesci, molluschi ed invertebrati: biorisanamento e IMTA per l’acquacoltura del Mediterraneo… E funziona davvero! di Michela Cariglia

Il 22 marzo è stata celebrata la Giornata mondiale dell’Acqua in questo 2021, Anno 2 dell’Era Covid-19, con un’attenzione particolarissima al recupero delle acque ed alla biorimediazione. IL PESCE ha approfondito il tema con un focus sull’acquacoltura ed il biorisanamento attraverso le pratiche di acquacoltura multitrofica integrata del progetto REMEDIAlife destinato a mutare l’acquacoltura del Terzo Millennio. L’essenzialità dell’acqua è così ovvia da passare, quasi, inosservata. A meno che…

Metti il Mar Grande di Taranto sullo Ionio, uno dei più sfruttati del Mediterraneo; metti una piccola impresa di acquacoltura tradizionale, pesci e molluschi, che decide di innovare; metti insieme due Università ed un polo CNR; individua l’obiettivo: migliorare l’ambiente dove si pratica l’acquacoltura e la qualità del mare. Applica il metodo di biorisanamento con gli invertebrati e i policheti intorno alle gabbie. Ed è produzione + sostenibile per imprese, ambiente, territorio, mare, diversificazione delle attività

REMEDIAlife è un progetto innovativo nel settore della maricoltura. La novità del sistema proposto nel progetto consiste nell’utilizzo di nuovi invertebrati estrattori che vengono anche indicati come organismi biorisanatori, oggetto di studio da oltre vent’anni da parte del team scientifico.

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nuova occupazione e aumento della redditività. Il problema della sostenibilità ambientale degli allevamenti e il biorisanamento con REMEDIAlife Gli impianti di maricoltura possono costituire un grande problema per l’ambiente. I pesci vengono allevati in modo intensivo in gabbie sommergibili localizzate in mare e i loro rifiuti, le deiezioni, non possono essere convogliati verso impianti di riciclaggio ed abbattimento come accade per quelli a terra. REMEDIAlife, acrononimo di “REmediation of Marine Environment and Development of Innovative Aquaculture”, è un progetto nato per sviluppare un metodo di riduzione degli impatti ambientali degli impianti di maricoltura con l’utilizzo di un nuovo set di organismi biorisanatori. L’innovazione consiste nel combinare policheti, alghe e spugne all’uso dei soli molluschi, creando contemporaneamente nuovo valore ambientale e economico. Il progetto REMEDIAlife, coordinato dalla PROF.SSA A DRIANA GIANGRANDE, docente di Zoologia presso il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche e Ambientali (DISTEBA) dell’Università del Salento, in collaborazione con la sede di Taranto dell’Istituto per l’Ambiente Marino Costiero CNR, il Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro e

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l’impresa Maricoltura Mar Grande s.c.a.r.l. — fi nanziato nell’ambito del programma LIFE Environment dalla Commissione europea per 2,48 milioni di euro per 54 mesi di attività, in corso dal luglio 2017 e terminante a dicembre 2022 —, traccia un modello replicabile e sostenibile di attuazione dell’acquacoltura multitrofica integrata (IMTA) tra specie eduli e non edibili attraverso l’integrazione di impianti di biorisanamento negli allevamenti a mare. Partendo dal Mediterraneo, il metodo REMEDIAlife può declinare l’esigenza di sviluppo sostenibile dell’intero comparto perché, spiega a IL PESCE la prof.ssa Giangrande, «il progetto REMEDIAlife è nato per rispondere all’esigenza propria della maricoltura ed al rischio insito in quasi tutti gli impianti legato all’allevamento del pesce ed al ciclo dei rifiuti da loro stessi prodotti che con i residui del mangime vengono riversati nell’ambiente. L’accumulo dei rifiuti può causare eutrofizzazione, con un aumento anche della carica batterica e la possibilità di infezione per le specie allevate. Il trattamento delle gabbie di allevamento poste direttamente in mare risulta molto difficile. Una soluzione potrebbe essere il passaggio dalla monocoltura alla policoltura di qui alla diffusione della pratica IMTA, che combina la coltivazione/allevamento di specie alimentate (pesci) con specie che si nutrono dei rifiuti di questi ultimi, sostanze organiche e inorganiche, per creare sistemi ecologicamente equilibrati». La pratica IMTA e le opportunità di sviluppo sostenibile per il Mar Mediterraneo L’acquacoltura multitrofica integrata è un modello molto flessibile che varia in base alle latitudini e oggi, su scala mondiale, trova applicazione soprattutto in Asia, negli Stati Uniti e nell’Europa del Nord per l’allevamento dei salmoni. Si è registrato un fortissimo aumento dell’applicazione dell’IMTA in seguito alla pandemia per i salmonidi del 2007 in Cile.

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Una delle longline contenenti collettori con anellidi policheti, spugne, mitili e alghe allocata intorno alle gabbie della Maricoltura Mar Grande di Taranto. La consapevolezza dell’interazione tra ambiente ed allevamento ha indirizzato le produzioni verso pratiche che coniugano ambiente, benessere animale e redditività. Nel Sud Europa, più in generale nel Mediterraneo, questo approccio ha difficoltà a decollare, soprattutto per la coltivazione di macroalghe, ma anche per problemi di gestione ambientale e per una generalizzata mancanza di approccio bottom up alle politiche di pianificazione del settore pesca ed acquacoltura come parte integrante del sistema produttivo. Infatti, l’acquacoltura mediterranea, nonostante gli sforzi di alcune associazioni di categoria, del FEAP e di iniziative europee come la CGPM (Conferenza Regioni Periferiche Mediterraneo) o la West Med iniziative è, infondatamente, considerata una sorta di sub-settore tagliato erroneamente fuori dai big player che determinano gli orientamenti mondiali. L’opportunità di invertire la tendenza potrebbe venire proprio dall’applicazione su larga scala di metodi come quello proposto da REMEDIAlife per l’acquacoltura multitrofica integrata tra specie edibili e non. ISAAC NEWTON diceva “Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo è un oceano”: non ce

ne voglia, aveva indicato la via maestra anche per la Crescita Blu, in un certo senso preconizzando i tempi di quella che una tematica propria del Green Deal, della Blue Economy e delle esigenze di sviluppo sostenibile del Pianeta, ma anche di identificazione di soluzioni applicabili e scalabili che generino reddito, valore aggiunto e nuove opportunità occupazionali. Il contesto mondiale dell’acquacoltura ed i trend post Covid-19: la biorimediazione come volano Il Rapporto sullo Stato della Pesca e dell’Acquacoltura Mondiale (SOFIA), pubblicato a giugno 2020, e l’appendice relativa al Covid-19 di ottobre c.a., indicano chiaramente che nel 2030 la produzione ittica totale è destinata ad arrivare a 204 milioni di tonnellate, un incremento del 15% rispetto al 2018, con la quota dell’acquacoltura in crescita rispetto all’attuale 46%. Il trend di crescita è pari a circa la metà dell’aumento registrato nei dieci anni precedenti, il che si traduce in un consumo annuo di pesce che si prevede raggiungerà i 21,5 kg pro capite entro il 2030. Entro il 2050, si stima che la popolazione mondiale da sfamare sarà composta

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Le acque e i rifiuti degli impianti di maricoltura costituiscono un problema per l’ecosistema circostante in quanto, trattandosi di gabbie localizzate in mare, non possono essere convogliati verso impianti di riciclaggio ed abbattimento come per quelli a terra. Il progetto REMADIAlife prevede che, intorno alle gabbie di allevamento, vengano posti dei particolari collettori per l’allevamento di mitili, policheti, spugne e macroalghe. E allora, come una sorta di catena di montaggio, l’ambiente resta pulito perché i mitili mangiano il plancton e la sostanza organica di rifiuto, i policheti assorbono anche le pseudofeci dei mitili, le spugne filtrano i batteri e le alghe utilizzano le sostanze inorganiche di rifiuto (sali di azoto e fosforo) e così via. da 9,7 miliardi di persone. Nel 2018, l’acquacoltura rappresentava un mercato di 176 miliardi di dollari, maggiore del mercato delle carni bovine con una previsione di espansione del 4,5% annuo, raggiungendo i 220 miliardi di dollari nel 2022. L’acquacoltura, in base al rapporto FAO, è il sottosettore alimentare in più rapida crescita e contribuisce a ben nove obiettivi del Sustainable Development Goal delle Nazioni Unite, in primis Fame Zero (Obiettivo 2) e Vita sottacqua (Obiettivo 14) ma anche Buona salute e benessere per le persone (Obiettivo 3), Energia pulita e accessibile (Obiettivo 7), Lavoro dignitoso e crescita economica (Obiettivo 8), Ridurre le disuguaglianze (Obiettivo 10), Consumo e produzione responsabile (Obiettivo 12), I cambiamenti del clima (Obiettivo 13). L’Unione Europea rappresenta solo il 9% della produzione globale, mentre la regione dell’Asia-Pacifico il 74%, contro il 10% per l’America Latina, il 5% per il Nord America e l’1% per il Medio Oriente e l’Africa. I ricercatori stimano che 13 milioni di km² di oceani potrebbero essere utilizzati dall’acquacol-

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tura e questa superficie potrebbe consentire la produzione di 15 miliardi di tonnellate di pesce, ovvero 100 volte il consumo mondiale attuale. Il settore è stato attenzionato dal 2014 da alcuni grandi attori economici. Il gruppo giapponese MITSUBISHI ha acquisito la norvegese CERMAQ, uno dei maggiori allevatori di salmoni del mondo, che fi no ad allora era impresa pubblica. Nel luglio 2017 CARGILL, il colosso agroalimentare statunitense, ha costituito una joint venture con Carisa, il secondo produttore di gamberetti dell’Ecuador, in un contesto di forte crescita dell’acquacoltura. Nell’agosto 2018, il gruppo si è ulteriormente ampliato con l’acquisizione per 1,3 miliardi di euro della norvegese EWOS, leader mondiale nel settore dei mangimi per salmoni. La tendenza di sviluppo dell’acquacoltura è chiaramente in crescita, ma per evitare i danni collaterali e il rischio ambientale è necessario che lo sviluppo sia inclusivo e sostenibile. «In altri termini, le pratiche di acquacoltura devono innovarsi e diventare circolari, cioè — spiega ancora Giangrande — gli scarti pro-

venienti da un comparto produttivo ne alimentano un altro per essere convertiti in biomassa, creando sottoprodotti che possono essere a loro volta utilizzati, realizzando le basi di un’economia circolare del mare». Da un punto di vista economico, i sistemi IMTA, producendo più di un prodotto, cioè il pesce più le specie “co-coltivate” — queste ultime a prezzi molto bassi —, possono creare benefici marginali per unità di pesce prodotto, diventando economicamente vantaggiosi per i produttori. «Quindi per promuovere un’economia circolare — registra Giangrande col suo team — è necessario pianificare gli interventi con il Blue Thinking, perché attualmente l’approccio IMTA si basa solo su specie “economicamente” vantaggiose nell’immediato e commestibili come i molluschi». La pandemia Covid-19 ha leggermente rallentato il trend per i prossimi dieci anni, ma ha consentito il focus sulle criticità del settore da superare: sostenibilità ambientale, innovazione e riqualificazione occupazionale, sviluppo della shelf-life e dei metodi di pro-

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L’impianto di biorisanamento REMEDIAlife collocato nelle gabbie della Maricoltura Mar Grande di Taranto e la sperimentazione dei moduli di spugne nell’impianto della Gargano Shell Fish Farm con AsMar. duzione e trasformazione in chiave Water e Carbon Footprint. Gli sforzi di pianificazione e programmazione trovano in provvedimenti legislativi e fi nanziari la via tracciata per la realizzazione degli obiettivi di crescita sostenibile e di maggiore integrazione dell’acquacoltura nel sistema produttivo sostenibile, se opportunamente declinati. REMEDIAlife: la biorimediazione in maricoltura, una soluzione per ambiente e imprese La novità del sistema proposto nel progetto REMEDIAlife consiste nell’utilizzo di nuovi invertebrati estrattori che vengono anche indicati come organismi biorisanatori, oggetto di studio da oltre vent’anni da parte del team scientifico. In particolare, sono stati individuati due tipi di biorisanatori: gli invertebrati marini e le macroalghe. Gli invertebrati comunemente vivono attaccati al substrato duro (sessili), facendo passare tra le loro strutture filtranti enormi quantità di acqua e raccogliendo particelle di cibo fanno cioè parte del cosiddetto fouling e per aumentarne la biomassa bisogna solo aumentare la superficie delle strutture su cui possano fissarsi. Sono animali e quindi si nutrono di piccoli organismi e sostanza organica. Le macroalghe, invece, hanno bisogno di luce e si sviluppano più in superficie, essendo vegetali e

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quindi si nutrono di sostanze inorganiche. Per allevarle/coltivarle non bisogna aggiungere alcun alimento. «Abbiamo sperimentato anche al di fuori del laboratorio l’utilizzo degli invertebrati come biorisanatori, ma il progetto REMEDIAlife è il primo in cui questi organismi vengono allevanti a scala preindustriale» precisa la prof.ssa CATERINA LONGO dell’Università di Bari, che insieme al prof. CATALDO PIERRI sta modellizzando il sistema per poterlo applicare in tutti gli impianti off shore. «Intorno alle gabbie di allevamento vengono posti dei particolari collettori per l’allevamento di mitili, policheti, spugne e macroalghe. E allora, come una sorta di catena di montaggio, l’ambiente resta pulito perché i mitili mangiano il plancton e la sostanza organica di rifiuto, i policheti assorbono anche le pseudofeci dei mitili, le spugne fi ltrano i batteri e le alghe utilizzano le sostanze inorganiche di rifiuto (sali di azoto e fosforo) e così via» spiega Longo. «La biomassa prodotta in questo modo viene poi utilizzata per altri infi niti impieghi che collegano il mare alla terra: con le alghe si possono fare fertilizzanti e mangime insieme ai policheti, ma questi ultimi possono anche essere venduti come esche o utilizzati come animali ornamentali nell’acquariologia, oppure, come le spugne, possono essere utilizzati per

l’estrazione di sostanze da sfruttare in farmaceutica e cosmetica». La Maricoltura Mar Grande di Taranto, una cooperativa nata nel 2007 per l’allevamento di pesce e molluschi, è una delle tante piccole imprese che costellano il panorama dell’acquacoltura italiana e pugliese che ha avuto il coraggio di innovare per essere competitiva sposando il progetto di ricerca applicata proposto dal consorzio scientifico. L’impianto è composto da solo 15 gabbie galleggianti, sei delle quali sono a disposizione per il “trattamento” e altre sei fungono da controllo. Intorno alle vasche trattamento sono stati allocate tre longline contenenti collettori con anellidi policheti, spugne, mitili e alghe. L’inizio biologico del progetto risale a febbraio del 2018 — racconta la prof.ssa Giangrande — quando è partito il monitoraggio preliminare per conoscere la situazione ambientale ex-ante e il sito più adatto in cui collocare l’impianto di biorisanamento. Il progetto prevede tre cicli produttivi. Ad oggi, sta ufficialmente iniziando il terzo e ultimo ciclo di produzione. Lo scorso dicembre, in occasione della messa in loco dei nuovi collettori per il secondo ciclo, erano stati tirati a secco quelli dell’anno precedente, per la valutazione della produzione. Circa la metà dei collettori, tuttavia, è stata lasciata in loco per capire quale fosse il ciclo temporale più

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remunerativo». Partendo da questi presupposti, sono state fatte alcune valutazioni sulle metodologie da applicare e replicare che possano far ottenere migliori risultati e che il team di ricerca ha così codificato in volume e performance di produzione e dati e parametri ambientali. Per quanto riguarda la produzione si individua in: 1. Macroalghe: sono state utilizzate due specie (Chaetomprha linum e Gracilaria bursa-pastoris), con un ciclo che dura al massimo 6 mesi per consentire due raccolte all’anno; 2. Policheti: la raccolta, dopo un anno e mezzo, offre migliori risultati, con una biomassa addirittura raddoppiata (nell’impianto di Maricoltura Mar Grande si possono produrre fi no a 6 quintali di vermi con ciclo di 21 mesi); 3. Spugne autoctone: biomassa raddoppiata in 20 mesi le tempistiche potrebbero essere parallele a quelle dei policheti;

4. Biomassa edibile: qualità delle carni, benessere animale e riduzione dei tempi di accrescimento a 18 mesi per taglia commerciale. «La coltivazione delle alghe — spiega la DOTT.SSA STABILI del CNR di Taranto — non ha mai dato buoni risultati fi no ad ora nelle acque oligotrofiche del Mediterraneo. Nel sito di studio abbiamo invece ottenuto delle crescite notevoli, anche se il sistema necessita di un ulteriore assestamento per quanto riguarda le metodologie». L’analisi ambientale dopo l’azione dei biorisanatori è quella che ha dato i risultati più interessanti e le maggiori soddisfazioni rispetto alle premesse progettuali. Dopo solo un anno dal trattamento, l’ambiente sottostante le gabbie di allevamento ha mostrato un miglioramento oltre le più rosee aspettative: Le comunità bentoniche, cioè gli animali che vivono sia nel substrato fangoso che sul substrato roccioso nel sito più impattato hanno fatto registrare

un notevole cambiamento positivo. I collettori, inoltre, diventano dei veri e propri giardini verticali, l’immagine più significativa che evoca il rapporto REMEDIA. «Una sorta di habitat restoration che genera reddito migliorando l’ambiente» chiosa la prof.ssa Giangrande. «La presenza di strutture di allevamento aumenta infatti la biodiversità, modificando lo spazio e la struttura dei substrati originari con ricadute positive sulla composizione faunistica dei fondi rocciosi che di quelli incoerenti. I collettori inoltre possono agire anche da fi ltri meccanici intrappolando molta della sostanza organica che fi nirebbe sul fondo». Se, tuttavia, aumentare la biomassa delle incrostazioni porta a un vantaggio nella rimozione della sostanza organica, è da rilevare che un accumulo di biomassa potrebbe avere effetti deleteri se non rimosso o se dovesse, addirittura, staccarsi. «Per evitare il rischio negativo — precisa — è necessario rimuovere


I collettori di REMEDIAlife diventano dei veri e propri giardini verticali, una sorta di habitat restoration che genera reddito migliorando l’ambiente. periodicamente questa biomassa, per rimuovere defi nitivamente la sostanza organica. La biomassa prodotta poi deve essere indirizzata verso fi liere commerciali e di lavorazione come mangimistica e fertilizzanti, ma stiamo individuando le

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nuove filiere: a titolo esemplificativo, e non esaustivo, l’acquariofi lia, la farmaceutica, la nutraceutica e la pesca sportiva». Il progetto REMEDIAlife prevede una serie di attività di disseminazione ed applicazione della

La Terra è costituita dal 71% di acqua: il 97% sono gli oceani, il 2,1% le calotte polari, lo 0,65% sono fiumi, laghi, falde acquifere e sotterranee, atmosfera. La Blue Economy comprende tutte le attività umane che utilizzano il mare, le coste e i fondali come risorse per attività industriali e lo sviluppo di servizi. La definizione accoglie, purché in chiave di sviluppo sostenibile, acquacoltura, pesca, biotecnologie marine, turismo marittimo, costiero e di crociera, trasporto marittimo, porti e settore cantieristico, energie rinnovabili marine. La Blue Growth o Crescita Blu è un’iniziativa della Commissione europea per valorizzare il potenziale dei mari, degli oceani e delle coste europee per la creazione di nuove opportunità di lavoro e di nuove aziende nei settori produttivi della cosiddetta Economia Blu, in maniera sostenibile, attraverso la promozione della ricerca, del trasferimento tecnologico e del partenariato tra ricerca scientifica e settore industriale. La strategia riconosce che i mari e gli oceani rappresentano un motore per l’economia europea, con enormi potenzialità per l’innovazione e la crescita, e rappresenta il contributo della politica marittima integrata al conseguimento degli obiettivi della strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Sono cinque i settori chiave da sviluppare per una crescita blu sostenibile in Europa: turismo costiero e marittimo; energie rinnovabili marine; acquacoltura; risorse minerali marine; biotecnologie blu. Altri importanti settori e attività da potenziare sono rappresentati dalla pesca, dal trasporto marittimo, dal settore cantieristico, dalle attività offshore. L’Economia Blu applicata al business si traduce in Blue Thinking, strategia di marketing volta all'innovazione della trasformazione, cioè pensare ad un cambiamento nello sviluppo a tutela dell’ambiente non come un onere ma come un oceano di possibilità. Il Blue Thinking abbraccia la sostenibilità e la responsabilità ambientale per adeguarsi ai cambiamenti climatici ed economici.

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metodologia della biorimendiazione per stabilire se il sistema funziona anche in altre aree. Nel 2019, è stato attivato nel Golfo di Manfredonia un impianto di acquacoltura multitrofica integrata con le spugne autoctone prelevate sotto le gabbie della Gargano Shell Fish Farm, nell’area del Parco Nazionale del Gargano, in pieno Mar Adriatico. «La sperimentazione di allevamento delle spugne, gemmato da REMEDIAlife — spiega la prof.ssa Longo dell’Università di Bari — punta a integrare specie commestibili e non, facendo convivere allevamenti ittici con quelli di spugne, ed è fi nalizzata a mostrare che attraverso l’acquacoltura integrata possono migliorare le condizioni delle acque in zone geografiche diverse». Il progetto realizzato a Manfredonia dal gruppo dell’Università di Bari del progetto REMEDIAlife denominato “ASMar”, acronimo di “Assessment of Sponge Mariculture potential in polyculture system in the Manfredonia gulf” — è stato fi nanziato con un voucher di 10.000 euro nell’ambito del progetto Interreg ADRION “Blue Boost” dall’Agenzia Regionale per l’innovazione Tecnologica – ARTI della Regione Puglia. «Il metodo applicato a Manfredonia — aggiunge la prof.ssa Longo — è replicabile ovunque: abbiamo rilevato la presenza naturale di spugne autoctone — ma vale per qualsiasi invertebrato —, raccolte, classificate ed inserite su appositi collettori rilevando che sono utilizzabili anche le ceste Seapa, già in dotazione all’impianto per la molluschicoltura, e stiamo monitorando l’accrescimento, da comparare con quello ottenuto nell’impianto di Taranto dove si svolge il REMEDIAlife. Si tratta di svariate specie, che possono avere una destinazione commerciale soprattutto sia per l’estrazione di collagene e in farmaceutica». Michela Cariglia Nota Tutte le informazioni sull’iniziativa sono disponibili sul sito www.remedialife.eu e sui social (Facebook: www.facebook.com/remedialife e Twitter @LifeRemedia).

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Acquacoltura, cento milioni di euro di perdite Gli effetti della pandemia sulla paralisi della ristorazione: API-Associazione Piscicoltori Italiani (Confagricoltura) fa luce sui numeri della crisi «Dobbiamo crescere per contribuire alla ripresa. Oggi solo due pesci ogni 10 mangiati sono italiani: ne consumiamo più degli altri Paesi europei, ma non ne produciamo abbastanza. L’acquacoltura nazionale, che ha dato notevole contribuito per lo sviluppo del settore con i primi impianti pilota e la ricerca scientifica all’avanguardia, può dare un forte

impulso all’economia nazionale, forte dei suoi 8.000 chilometri di coste, i tantissimi fiumi e torrenti e 1.500 laghi. Abbiamo tutte le carte in regola per essere leader nella UE». Questo il commento di PIER ANTONIO SALVADOR, presidente di API, associazione di CONFAGRICOLTURA che riunisce oltre il 90% delle imprese ittiche italiane dedite all’acquacoltura.

In un anno il Covid-19 ha creato oltre 100 milioni di euro di danni ai piscicoltori. La Pasqua blindata, con la chiusura dei ristoranti e il lockdown di Germania e Austria, si rifletterà inevitabilmente anche sulle nostre esportazioni. «Guardiamo al domani puntando sulle nostre eccellenze» esorta Salvador. «L’acquacoltura italiana ha ampio margine di

«Guardiamo al domani puntando sulle nostre eccellenze» esorta Pier Antonio Salvador, presidente API.

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crescita ed è l’unica vera alternativa all’impoverimento dei nostri mari. Con la ripresa occorre impegnarsi a riattivare, sviluppandolo, un settore importante per la nostra economia che, attualmente, occupa, in 800 siti, più di 15.000 addetti». L’associazione piscicoltori di CONFAGRICOLTURA ritiene fondamentale integrare e razionalizzare le norme esistenti in un unico quadro nazionale e risolvere le diseguaglianze sui canoni concessori per le aree demaniali marittime. Serve uno sportello unico per le imprese d’acquacoltura, così come definire le zone destinate all’allevamento e rendere più accessibili i fondi strutturali e per l’innovazione tecnologica alle micro e piccole imprese, predisponendo modalità di accesso semplificate. Non va dimenticata la forte valenza socioculturale e per la preservazione di paesaggi nelle aree umide e nelle lagune dell’acquacoltura, spesso unici presidi di tutela e opportunità di occupazione in questi territori. «Confidiamo che con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e la necessità di puntare sul necessario sviluppo economico del Paese abbiamo l’occasione per mettere mano, finalmente, ai tanti nodi che hanno frenato, negli anni, quella che avrebbe dovuto essere una vigorosa crescita naturale del settore» conclude il presidente di API. Fonte: API-Associazione Piscicoltori Italiani www.acquacoltura.org Nota Photo © www.facebook.com/AssociazionePiscicoltoriItaliani

Mercato italiano di orata

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API: è fondamentale razionalizzare le norme esistenti in un unico quadro nazionale e risolvere le diseguaglianze sui canoni per le aree demaniali marittime; serve uno sportello unico per le imprese d’acquacoltura, definire le zone destinate all’allevamento e rendere più accessibili i fondi strutturali e per l’innovazione tecnologica

I numeri dell’acquacoltura (pesci e molluschi) • • • •

180.000 tonnellate di prodotto (pesci e molluschi); 500 milioni di euro di fatturato (dati 2019); 25 specie ittiche allevate. Il pesce più allevato è la trota di cui l’Italia è il primo produttore UE, seguono orata e spigola, con 17.000 tonnellate; 130 milioni di avannotti di specie ittiche marine pregiate. L’Italia è leader europeo e terzo al mondo dopo Cina e Russia nella produzione di caviale di storione.

Mercato italiano di spigola

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L’acquacoltura sostenibile parte anche dalla scelta dei mangimi L’acquacoltura italiana continua a dimostrarsi un settore sempre più sostenibile con strategie produttive amiche dell’ambiente e più misurabili grazie ad ingenti sforzi del settore privato e pubblico, e questo è strategico, oltre che obbligatorio, per rispondere alla crescente domanda della popolazione nazionale e mondiale. Ma quanto incide la Filiera Agroalimentare sull’inquinamento globale? “Il sistema alimentare globale è responsabile per circa il 25% delle emissioni globali” si legge in un dossier OXFAM (oxfamitalia.org). Di conseguenza, la riduzione dell’impronta carbonica è uno dei modi più efficaci con cui le aziende del settore produttivo possono affrontare la sfida del cambiamento climatico. Nonostante l’acquacoltura sia una delle forme di produzione animale più sostenibili, sono numerose le fake news e i dubbi dei consumatori a tale riguardo anche “agevolati” dalla mancanza di una normativa così specifica su questa materia e dei relativi controlli ufficiali. Negli allevamenti di pesce sicuramente un punto chiave per ridurre l’impatto ambientale è intervenire sul mangime e le soluzioni pratiche più innovative e in essere consistono in diversi e intelligenti escamotage che permettono sia di mantenere alta la qualità e la redditività del mangime, sia di ridurre gli sprechi che minacciano di impattare sull’ambiente, ad esempio: • ingredienti innovativi: utilizzo di alghe ed insetti come integrazione/sostituzione delle fonti proteiche; • farine ed oli di pesci che hanno ottenuto riconoscimenti e certificazioni che garantiscono il minor impatto ambientale; • ingredienti a km 0, o quasi, riducendo, quindi, l’inquinamento dovuto ai mezzi di trasporto; • sfruttamento dei crediti di carbonio finalizzati a supportare/ finanziare dei progetti internazionali di sviluppo sostenibile per garantire benefici sociali, economici ed ambientali su scala globale. La Regione Emilia-Romagna ha stanziato oltre 4,3 milioni di euro per il 2020 nell’ambito del FEAMP, il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca con “l’obiettivo di promuovere una serie di interventi mirati alla crescita e lo sviluppo favorendo il passaggio ad un’economia a bassa emissione di carbonio”. Riassumendo si può dire che si presentano molte sfide per quanto riguarda la produzione di alimenti nel futuro, ma l’acquacoltura italiana porta un esempio di come possano essere fatti grandi passi in avanti a partire da una forte attenzione ai mangimi anche dal punto di vista della sostenibilità (fonte: alimenti-salute.it; photo © Karina Movsesyan – stock.adobe.com).

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Pier Antonio Salvador, presidente API, riconfermato vicepresidente del Fish Party di Copa-Cogeca «Sono molto soddisfatto perché l’acquacoltura italiana è un comparto importante con grandi prospettive di sviluppo, grazie all’abilità dei nostri imprenditori e alle caratteristiche del nostro territorio, che conta 8.000 chilometri di coste, innumerevoli fiumi, torrenti e 1500 laghi. Ringrazio CONFAGRICOLTURA per il supporto». Questa la dichiarazione di Pier Antonio Salvador (in foto), presidente API, l’associazione che riunisce gli acquacoltori di CONFAGRICOLTURA, rieletto vicepresidente del Fish Party di COPA-COGECA in occasione della recente assemblea odierna. Salvador resterà in carica per il triennio 2021-2024 e affiancherà il presidente BERNHARD FENEIS (DBV, Germania). L’altra vicepresidenza è andata all’ungherese BÉLA HALASI-KOVÁCS (NAIK, Ungheria). Fonte: API – Associazione Piscicoltori Italiani, www.acquacoltura.org

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Troticoltura, indicazioni tecniche per il risanamento e il mantenimento dello stato sanitario ottimale Il Centro Trasferimento Tecnologico della Fondazione Edmund Mach di S. Michele all’Adige (TN) ha recentemente pubblicato l’approfondimento monografico Troticoltura. Indicazioni tecniche per il risanamento e il mantenimento dello stato sanitario ottimale, di 25 pagine. L’approfondimento monografico è un utile strumento sia per le troticolture riconosciute indenni da malattie virali sia per quelle che non lo sono, per tecnici, troticoltori, addetti ai lavori, che mirano ad una gestione ottimale della troticoltura sotto il profilo igienico, sanitario ed ambientale. Inoltre, fornisce indicazioni preziose per il risanamento da malattie virali delle troticolture con tutti i vantaggi che questo comporta. Tra i temi trattati ci sono le indicazioni generali di biosicurezza e buone prassi per una razionale conduzione al fine di mantenere sana la pescicoltura.

Per richiedere l’approfondimento monografico: fmach.it/ServiziGenerali/Editoria/Troticoltura

Maxi piano per promuovere la Cozza di Scardovari Dop Per il rilancio della Cozza di Scardovari DOP, il Consorzio pescatori del Polesine ha realizzato un piano di produzione e commercializzazione insieme a FEDAGRIPESCA. Un progetto che mira a impostare una campagna vera e propria di comunicazione e che potrebbe essere a costo zero per la struttura consortile, se fosse finanziato nell’ambito delle apposite cifre messe a disposizione delle organizzazioni di produttori dal ministero. A proporre l’idea al consiglio di amministrazione è stato PAOLO MANCIN, presidente del Consorzio di tutela della cozza di Scardovari DOP (l’unica cozza DOP in Italia è quella coltivata nel Delta) e della Coop. Delta padano. «È necessario dare uno slancio al nostro settore — spiega Mancin — per questo dobbiamo puntare sulla promozione e la qualità del nostro prodotto. Perché le persone guardano le etichette e non il prezzo». Nonostante la pandemia, complice il clima, il 2020 è stato un buon anno per la Dop. «Per la prima volta siamo riusciti a vendere le cozze fino al 31 luglio perché il caldo è tardato e sono riuscite a sopravvivere; tra l’altro, dopo la chiusura a causa del Covid, eravamo ripartiti tutti insieme, il prezzo era basso e la paura era soprattutto di non arrivare in tempo. Possiamo dire che sia stato un buon anno, ma avremmo potuto vendere molto di più se la gente avesse saputo che c’è la DOP e dove trovarle». Un progetto del valore di quasi 200.000 euro che mira a valorizzare il prodotto certificato come cozza DOP, ma non solo: vuole essere da traino per tutti i prodotti del Consorzio, come ricorda il presidente Mancin. «Non bisogna dimenticarsi delle vongole bio e delle tante cose che abbiamo da valorizzare. Dobbiamo assolutamente cambiare marcia». La strategia si snoderà attraverso diverse azioni: la creazione di un QR-code per migliorare la tracciabilità della cozza DOP, che rimanderà ad un’apposita pagina di un sito che racconterà il prodotto, un’attività di promozione sui social con delle apposite campagne, l’attivazione di un ufficio stampa dedicato al rapporto con la stampa specializzata, i giornalisti, le aziende e le associazioni di categoria per promuovere i propri prodotti, nonché un’attività di comunicazione televisiva mirata su Alma TV, una rete molto seguita dagli appassionati di cucina. Per quanto riguarda la DOP, il presidente del Consorzio che se ne occupa è sicuro: «Dobbiamo puntare alla ristorazione e alle pescherie specializzate, non alla grande distribuzione come abbiamo fatto finora». In attesa di sapere se il progetto sarà finanziato o meno e che arrivino i contributi governativi per la ricostruzione della Sacca dopo la calamità del novembre 2019, i pescatori hanno ripristinato le cavane e si preparano per la stagione (fonte: qualivita.it). Link: www.scardovari.org

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SCANSIONAMI


Pubblicati i risultati di una recentissima ricerca sulla presenza dell’Anisakis nei prodotti di acquacoltura Negli ultimi anni il consumo degli alimenti a base di pesce crudo o poco cotto ha avuto una diffusione tale da diventare un’abitudine alimentare accettata e frequente, accrescendo la domanda dei prodotti ittici a livello dell’Unione Europea. Il consumo diffuso di prodotti ittici crudi ha messo i consumatori europei a maggior rischio di esposizione a vari parassiti zoonotici trasmessi dai pesci. Tra essi, l’Anisakis, un nematode appartenente alla famiglia degli Anisakidae, è considerata la principale minaccia per la salute umana: sono state segnalate migliaia di sindromi e gravi sintomi allergici. Questo problema di salute pubblica si manifesta generalmente nei Paesi, quali il Giappone, dove il consumo di pesce crudo appartiene alla tradizione culinaria abituale. In questo contesto le autorità europee per la sicurezza alimentare e la comunità scientifica sono state chiamate a raccogliere e fornire le informazioni sulla presenza, permanenza e la distribuzione geografica dei parassiti ittici trasmissibili all’uomo unitamente alla elaborazione di strategie per prevenire e gestire il rischio di contaminazioni parassitarie di origine ittica. Nell’ambito della ricerca citata1, condotta da atenei specializzati in parassitologia da marzo 2016 a novembre 2018, sono stati campionati ed esaminati un totale di 6.549 pesci marini d’allevamento europeo tra le specie più allevate nell’UE, tra cui 2.753 orate, 2.761 spigole europee e 1.035 rombi. Sulla base dei risultati ottenuti nello studio Negligible risk of zoonotic anisakid nematodes in farmed fish from European mariculture, 2016 to 2018, il rischio di infezione da larve di Anisakis è trascurabile nei prodotti ittici derivanti dalle attività di maricoltura europea. Le seguenti specie d’allevamento europeo — orata, spigola o branzino e rombo —, devono quindi essere considerate idonee per beneficiare dell’esenzione dal trattamento di congelamento prevista dal Regolamento (UE) 1276/2011 per prodotti della piscicoltura. In associazione con l’attuazione di un adeguato sistema di controllo volontario a livello di azienda agricola, una sorveglianza epidemiologica a lungo termine sarà utile per monitorare continuamente il rischio e garantire livelli elevati di sicurezza alimentare nei prodotti dell’acquacoltura europea. Nota 1. MARIA LETIZIA FIORAVANTI, ANDREA GUSTINELLI, GEORGE RIGOS, KURT BUCHMANN, MONICA CAFFARA, SANTIAGO PASCUAL, MIGUEL ÁNGEL PARDO, Negligible risk of zoonotic anisakid nematodes in farmed fish from European mariculture, 2016 to 2018, EUROSURVEILLANCE (www.eurosurveillance.org), doi.org/10.2807/1560-7917.ES.2021.26.2.1900717 (photo © Macau Photo Agency x unsplash).

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NEOGOLD PLUS SALMONIDS, un altro passo avanti Aquasoja ha aggiunto al suo portafoglio prodotti una serie di mangimi adatti agli avannotti e agli stadi giovanili dei Salmonidi. NEOGOLD PLUS SALMONIDS è una derivazione della linea già presente NEOGOLD, ma dal punto di vista nutrizionale è stata adattata ai pesci d’acquacoltura che richiedono livelli di energia più elevati nella dieta, come nel caso delle varie specie di trote o del salmone. Le nuove soluzioni nutrizionali sono adattate alle diverse fasi iniziali della vita dei salmonidi in termini di proteine ed energia digeribili, essendo ricche di ingredienti marini di alta qualità e presentando un profilo ben bilanciato in termini di amminoacidi, acidi grassi e micronutrienti. Inoltre, tutti i prodotti NEOGOLD PLUS SALMONIDS includono una serie completa di ingredienti funzionali orientati alla salute e alla crescita dei pesci, specificatamente mirati a: • sostenere il sistema immunitario, aiutando i pesci a combattere gli endopatogeni (parassiti e batteri) e gli ectoparassiti, il che significa avere un intestino, le branchie e la pelle sani; • migliorare il metabolismo epatico e la digestione dei grassi, migliorando la funzione epatica e la digeribilità; • migliorare l’appetibilità, stimolando l’assunzione di mangime; • proteggere le cellule del corpo dallo stress ossidativo. L'approccio olistico di NEOGOLD PLUS SALMONIDS si traduce in un aumento dell’assunzione di mangime da parte dei pesci, in migliori prestazioni di crescita e migliori tassi di sopravvivenza, aumentando i profitti degli allevamenti ittici. Questi mangimi sono disponibili in forma di sbriciolato, da 0,2 a 1,2 mm, e come pellet, da 1,5 a 3,0 mm di diametro. >> Link: aquasoja.pt


OSTRICOLTURA

Far tornare l’ostricoltura italiana al suo antico splendore, si può fare?

10 invalidi motivi per non allevare ostriche in Italia di Edoardo Turolla

L’ostricoltura italiana, fiorente in varie epoche storiche, è ormai silente da oltre un secolo e sembra evidenziare una certa difficoltà a ritornare al suo antico splendore. Se l’Italia ha saputo sviluppare una mitilicoltura credibile e una venericoltura leader in Europa, poca attenzione è stata invece rivolta all’allevamento delle ostriche. In diversa direzione sono andati paesi come Irlanda, Olanda, Spagna, Portogallo e naturalmente la

Francia, che hanno guadagnato quote sempre più importanti del mercato di questi bivalvi. I motivi che hanno portato l’Italia a “restare al palo” possono essere molteplici e tenteremo in questo contesto di analizzarli. 1) Manca la tradizione Non si può certo affermare che l’ostrica rientri attualmente tra i prodotti più tipici e rappresentativi del nostro paese. Possiamo tuttavia

rivendicare come le origini dell’ostricoltura europea si siano sviluppate proprio lungo le coste italiane. Nell’opera Naturalis Historiae, infatti, PLINIO IL VECCHIO ne descriveva le tecniche in uso nel I secolo d.C.; citazione che conferma come gli antichi Romani siano stati i precursori di questa forma di allevamento, per lo meno nel nostro continente. Non mancano inoltre nei secoli seguenti casi in cui l’ostricoltura si è affermata

Impianto per l’allevamento di ostriche.

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e riduce la competitività dei nostri allevatori. Le moderne tecnologie di allevamento favoriscono la produzione su larga scala di ostriche comunque di buona qualità e che possono essere messe sul mercato a costi affrontabili dalla maggior parte degli estimatori di questi molluschi.

Non è difficile trovare siti adatti all’ostricoltura in Italia, come dimostra il recente aumento del numero di impianti, che non sono concentrati in una particolare area, ma distribuiti ormai in quasi tutta la Penisola. in varie parti della Penisola (Napoli, Taranto, La Spezia e Trieste) fino a raggiungere dimensioni ragguardevoli. Non deve questa perdita di tradizionalità essere fonte di spavento per i nuovi ostricoltori, ma anzi uno stimolo al recupero di un prodotto che appartiene alla nostra cultura. 2) Il consumatore italiano non apprezza le ostriche Fino agli anni ‘90 la FAO stimava per l’Italia un consumo interno di 7-8.000 tonnellate/anno di ostriche, quantità che in questi ultimi anni ha raggiunto le 10.000 tonnellate. Questi dati, oltre a confermare un trend di espansione del mercato, dimostrano anche la crescita del livello di gradimento nei confronti di questo bivalve da parte del consumatore. L’ostrica si trova sempre più frequentemente nei menu dei ristoranti e sui banchi delle pescherie, così come in molte città hanno fatto la loro comparsa le prime ostricherie. Che le ostriche in Italia siano poco gradite è quindi un luogo comune da sfatare e anzi va sottolineato come siano proprio i giovani ad affacciarsi alle delicatezze di questo prodotto

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che va comunque capito in tutte le sue sfaccettature. È dunque presumibile che nei prossimi anni assisteremo non solo ad un aumento del consumo interno di ostriche, ma anche alla ricerca di standard qualitativi sempre più elevati. 3) L’ostrica è un prodotto costoso e solo di nicchia Tutt’oggi nella credenza popolare persiste ancora l’idea che l’ostrica sia un prodotto costoso e quindi solo per persone facoltose. Questa convinzione, assolutamente falsa, deriva probabilmente dal fatto che in epoche ormai passate questi raffinatissimi bivalvi in quanto rari e ricercati raggiungevano quotazioni di mercato piuttosto elevate e quindi erano fruibili solo presso dimore signorili o reali. Di questo retaggio troviamo testimonianza anche nella normativa nazionale che, considerando l’ostrica un bene di lusso, ne impone sulla vendita l’IVA al 22%, diversamente dagli altri bivalvi che sono invece al 10%. Questo “sovrapprezzo”, oltre ad essere del tutto ingiustificato, frena l’appetibilità del prodotto verso i consumatori

4) Mancano i siti idonei per l’allevamento Chi crede che le ostriche si possano allevare solo in Atlantico e in condizioni di grande dislivello di marea sbaglia clamorosamente. Vi sono infatti svariati allevamenti anche in Mediterraneo, come nel sud di Francia e Spagna e da pochi anni anche in vari siti della nostra penisola. L’ostrica concava in particolare è un bivalve biologicamente piuttosto rustico che si adatta a vivere e crescere in un’ampia gamma di condizioni ambientali. Numerosi studi, ma più in concreto l’installazione di allevamenti veri e propri, hanno dimostrato per esempio come questa specie possa essere allevata con successo sia in ambienti lagunari e sia in mare aperto. Non è difficile dunque trovare siti adatti all’ostricoltura in Italia, come dimostra il recente aumento del numero di impianti, che non sono concentrati in una particolare area, ma distribuiti ormai in quasi tutta la Penisola. 5) Mancano le tecnologie Non esiste un metodo standard per allevare le ostriche e, anzi, possiamo sottolineare come l’ostricoltura sia profondamente diversa dalla mitilicoltura e ancor più dalla venericoltura. Per queste ultime tipologie di allevamento, infatti, possono cambiare notevolmente le strategie gestionali (periodi e densità di semina, diradamenti, lavorazione, affinamento, ecc…) ma poco negli aspetti tecnologici. Le tecniche di ostricoltura sono invece innumerevoli e cambiano non solo in funzione delle caratteristiche del sito, ma anche degli obiettivi del produttore. Tali tecnologie (sistemi di allevamento, attrezzature, ecc…) sono inoltre disponibili e recuperabili in ambito europeo e nazionale in un’ampia varietà di soluzioni.

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Neppure l’aspetto tecnologico costituisce quindi un fattore limitante allo sviluppo dell’ostricoltura italiana, anche se l’allevatore deve essere particolarmente accorto nello scegliere ed adattare metodi e tecniche alla propria realtà. 6) Gli allevamenti di ostriche hanno un forte impatto ambientale Talvolta la proposta dell’installazione di un impianto per l’allevamento di ostriche in una determinata area, magari dove non esiste nulla del genere, può suscitare giustificate perplessità nelle istituzioni e nell’opinione pubblica. Purtroppo, in questi casi, la disinformazione e le pressioni sociali alimentate frequentemente da media e social media, portano verso la strada più breve; quella di ostacolarne e negarne il consenso. È inteso che vi sono situazioni dove sussistono vincoli ambientali, paesaggistici, legati alle attività turistiche o alla navigazione che ovviamente vanno rispettati. Non si dovrebbe tuttavia liquidare con troppa facilità una proposta che potrebbe avere importanti risvolti occupazionali e offrire nuove opportunità economiche e non solo. Bisognerebbe invece analizzare attentamente la possibilità di realizzo sotto ogni punto di vista e, in caso di dubbio, favorire l’installazione di un impianto pilota che, in caso del manifestarsi di problematiche, possa essere prontamente rimosso. In generale la molluschicoltura è considerata un’attività a basso impatto ambientale tanto che viene promossa a livello internazionale come fonte di proteine ben più sostenibile rispetto alla pesca. Riguardo all’ostricoltura, non si trovano nella letteratura scientifica risultati che ne sconsiglino l’esercizio e anzi la presenza delle ostriche migliora le qualità dell’acqua e dell’ambiente. Recenti studi eseguiti anche in Italia, analizzando accuratamente i vari aspetti dell’ostricoltura, ne dimostrano invece l’alto livello di sostenibilità. 7) Difficoltà a reperire il seme Il reperimento del seme per avviare

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Che le ostriche in Italia siano poco gradite è un luogo comune da sfatare e anzi va sottolineato come siano i giovani ad affacciarsi alle delicatezze di questo prodotto che va comunque capito in tutte le sue sfaccettature. un allevamento di ostriche è l’ultimo dei problemi in ordine di importanza. Sul mercato europeo, infatti, esiste la disponibilità durante tutto l’anno di esemplari giovanili di varie taglie provenienti da schiuditoi esteri, per lo più francesi. Negli altri Paesi, per fronteggiare le esigenze degli allevatori, si sono sviluppati grandi strutture specializzate nella riproduzione controllata, capaci di “sfornare” ingenti quantità di seme di alta qualità e a costi molto competitivi. Al momento in Italia esiste una piccola produzione, che potrebbe comunque espandersi a seguito dell’aumento della domanda. 8) L’ostrica è una specie aliena Oltre il 95% delle ostriche commercializzate in Europa sono ostriche concave e appartengono ad un’unica specie (Crassostrea gigas) e solo in minima parte sono ostriche piatte (Ostrea edulis) o ostriche concave portoghesi (Crassostrea angulata). Poiché C. gigas è originaria del Pacifico, volendo essere rigorosi, deve essere considerata una specie aliena; così in Francia e nel resto d’Europa. È altresì vero che per le sue carat-

teristiche questa ostrica è stata volontariamente introdotta nelle acque temperate di tutti i continenti, fino ad essere definita cosmopolita ed a diventare il mollusco più allevato su scala globale. Popolazioni stabili di ostrica concava sono presenti praticamente in tutto il Mediterraneo da diversi decenni; in Italia dagli anni ‘60 del secolo scorso. In molti casi questo bivalve rappresenta ormai una componente importante delle comunità bentoniche soprattutto nelle lagune, dove la sua eradicazione è quanto mai impraticabile. Dal momento che la diffusione volontaria o involontaria di questa specie ha portato ormai alla colonizzazione di tutti i siti colonizzabili, il timore di introdurla perde qualsiasi fondamento. Riconoscendone proprio la valenza socio-economica, nonché la diffusa presenza, l’UE, pur vietando i transiti di seme di specie aliene anche a fini di acquacoltura tra gli Stati Membri, esclude da queste restrizioni specie proprio come la vongola verace (Venerupis philippinarum) e l’ostrica concava (C. gigas).

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Popolazioni stabili di ostrica concava sono presenti praticamente in tutto il Mediterraneo da diversi decenni; in Italia, in particolare, dagli anni ‘60 del secolo scorso. In molti casi questo bivalve rappresenta ormai una componente importante delle comunità bentoniche soprattutto nelle lagune, dove la sua eradicazione è quanto mai impraticabile. Non ha quindi senso ostacolare per motivi puramente protezionistici l’avvio dell’allevamento dell’ostrica concava nelle aree dove la sua presenza è già conclamata. 9) L’ostrica è un prodotto poco salubre e con scarse qualità nutrizionali Interrogando qualsiasi motore di ricerca sul quesito “consumo bivalvi”, le pagine web che vengono proposte riguardano più che altro la pericolosità di questi alimenti e il più delle volte le ostriche sono indicate come esempio negativo. Senza contare che questi molluschi sono spesso banditi dalle diete in quanto ritenuti erroneamente cibi grassi e ricchi di colesterolo. Va subito precisato che le partite che giungono regolarmente sui mercati sono sottoposte a capillari

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controlli, che seguono il prodotto dalla zona di produzione alla vendita nel rispetto delle restrittive normative europee e nazionali. Che il dito venga puntato spesso verso le ostriche trova una giustificazione soltanto per il fatto che sono i bivalvi che più frequentemente vengono consumati crudi e, in caso di frode, il rischio è amplificato. Il rispetto delle norme da parte del produttore e l’educazione del consumatore a non avventurarsi all’acquisto di ostriche di dubbia provenienza sono fondamentali ad impedire imprevisti e a far maturare l’idea della salubrità del prodotto. Riguardo alle qualità nutrizionali, le ostriche, come i bivalvi in genere, sono alimenti poveri di grassi con un basso apporto calorico (70-90 Kcal/100 g) e forniscono proteine, sali minerali e vitamine di ottima

qualità. Per chi ci crede inoltre alle ostriche viene notoriamente riconosciuto un certo potere afrodisiaco, che trova un certo fondamento nel fatto che l’elevato apporto di zinco contribuisce a contrastare la sterilità maschile. 10) Manca il supporto delle istituzioni Probabilmente quest’ultimo punto è l’unico che presenta le maggiori difficoltà ad essere smentito. Di fatto le istituzioni italiane per decenni non hanno opportunamente promosso e sensibilizzato le marinerie ad affacciarsi all’ostricoltura, sottovalutandone le potenzialità. Solo in questi ultimi anni sono stati attivati strumenti finanziari volti a stimolare la ricerca scientifica e i produttori ad interessarsi al problema, ma tutto con un enorme ritardo.

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Le tecniche di ostricoltura sono innumerevoli e cambiano non solo in funzione delle caratteristiche del sito, ma anche degli obiettivi del produttore. Tecnologie (sistemi di allevamento, attrezzature, ecc…) che sono disponibili e recuperabili in ambito europeo e nazionale in un’ampia varietà di soluzioni. In conclusione... In conclusione di questa rassegna di problematiche appare evidente come l’ostricoltura italiana sia stata e sia tuttora oggetto di pregiudizi e false credenze. È anche probabile che questo stato di fatto abbia con-

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tribuito ad ostacolare la ripresa e lo sviluppo di un comparto che merita invece grande attenzione. Con un settore pesca sempre più in crisi, bisognerebbe invece promuovere ed agevolare ogni forma di acquacoltura, soprattutto l’ostricol-

tura che, come abbiamo dimostrato, non presenta limiti insormontabili ad essere praticata in varie parti delle coste italiane. La sfida dell’ostricoltura rappresenta anzi una valida opportunità in termini occupazionali. Proviamo a pensare a quanti posti di lavoro equivarrebbe sviluppare una produzione capace di sopperire solo l’attuale mercato interno (10.000 tonnellate/anno = 30 milioni di euro). Senza contare l’indotto generato (attrezzature, logistica, seme, imballaggi, trasporti, ecc…) e l’incremento di competitività che otterrebbero le aziende andando a proporre un ulteriore prodotto made in Italy sul mercato. Fortunatamente qualcuno ha accettato la sfida e da qualche anno si stanno lentamente sviluppando piccoli allevamenti di ostriche in tutta Italia con risultati talvolta sorprendenti. La storia di questi personaggi, che tra mille difficoltà hanno saputo superare il limite tra sperimentazione e produzione vera e propria, sarà raccontata nel prossimo numero di questa RIVISTA. Edoardo Turolla Istituto Delta Ecologia Applicata Srl

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I prodotti del mare d’Irlanda Un piacere al naturale Il nostro team di esperti è pronto ad assistervi nella ricerca di prodotti ittici irlandesi di qualità. Bord Bia Italia T: +390272002065 bordbia.milan@bordbia.ie www.origingreen.ie


AZIENDE

Chilogrammi di qualità e non tonnellate di quantità di Valerio Sapucci

Valerio Sapucci (photo © Massimiliano Rella).

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Valerio Sapucci, 50 anni di esperienza e di vita professionale nell’industria del seafood, si racconta a Il Pesce. Per tracciare un bilancio personale dei tanti traguardi raggiunti, delle esperienze positive e negative che lo hanno segnato sul lavoro e di quell’immensa soddisfazione nel ritrovare nel nipote più piccolo la sua stessa passione verso un prodotto della natura, il pesce, da gestire con massima cura e rispetto A 72 anni compiuti puoi avere il desiderio di guardare indietro e ripercorrere gli anni e le esperienze della tua vita, per raccontare prima di tutto a te stesso e poi agli amici e ai familiari, quello che è stato il tuo percorso. Sono cresciuto in una famiglia di operai; durante gli studi di biologia a Urbino, avevo circa 20 anni ed ero già sposato, mai conseguito la laurea. Con mia moglie e le figlie piccole vivevo a casa con i miei genitori. Iniziai a lavorare in un ente pubblico, dopodiché mi venne l’idea di aprire una piccola attività artigianale di acquariologia. Col trascorrere degli anni l’inesperienza fece sì che i pochi denari investiti, invece di fruttare, incrementassero un debito notevole. Poi, per fortuna o per caso, non so, mi capitò di imbattermi in un’azienda con sede a Rimini che importava astici americani e che aveva il problema di mantenerli vivi. Ecco, iniziai con loro questa lunga esperienza che è durata più di 50 anni e che ancora oggi è la mia passione. Agli inizi di questo cammino a malapena sapevo distinguere la differenza tra un’acqua salata e un’acqua dolce e, comunque sia, i tanti insuccessi conseguiti, forse anche grazie ad una buona dose di perseveranza e cocciutaggine, mi hanno fatto crescere. Tutto il mio bagaglio culturale, il mio know-how nel settore dell’impiantistica, me li sono conquistati sul campo con testardaggine e determinazione. Oggi tutto questo è una grande

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esperienza: infatti mi bastano poche informazioni fornite dal cliente per elaborare l’impianto più ottimale per le sue esigenze. Questa attitudine nello sviluppare i progetti è forse la mia più grande dote, una capacità tecnica, che, intendiamoci, non è solo quella di progettare l’impianto sotto una forma idraulica e di installazione delle tecnologie ma anche quella biologica, che si traduce nella conoscenza del tipo di sistema di filtrazione necessario per quel tipo di prodotto da mantenere, depurare o stoccare. Una capacità tecnica formata innanzitutto grazie all’esperienza iniziale di acquariologia, perché da lì ho iniziato il mio percorso di apprendimento e la mia passione, che, pur essendo hobbistica, è sempre stata nel mio cuore, tanto che a tutt’oggi non si è ancora spenta. Possiamo immaginare gli impianti industriali come dei maxi acquari o anche dei piccoli biotopi naturali riprodotti in ambienti molto compressi, nei quali l’operatore — il cliente — deve sviluppare al massimo tutta la sua potenzialità produttiva in uno spazio ridotto, al minor costo possibile, sia di investimento che di gestione. Per questo è basilare conoscere la biologia con le qualità di batteri che vanno a colonizzare un filtro biologico e che necessità ha un impianto per la sua resa produttiva di depurazione e di stoccaggio. Tutto questo apprendimento l’ho maturato e conquistato in un processo di formazione che non ha mai avuto fine.

Infatti, in tutti questi anni — e ne sono passati più di 50 —, la mia esperienza di vita la immagino come un passeggero sopra treni in continuo transito perché a me sono passate sempre davanti una grande quantità di opportunità che chiamo “treni” e posso dire tranquillamente che sono salito su tutti, su quelli che hanno viaggiato lentamente e hanno impiegato molto tempo ad arrivare alla meta, su quelli che sono andati veloci portandomi a risultati strepitosi e su quelli su cui ancora oggi sto viaggiando in questo meraviglioso mondo dell’ittico; purtroppo su alcuni, dopo essere salito, mi hanno buttato giù. Un esempio? Nel giugno del 1990, in piena evoluzione tecnica ed economica, a seguito di un gravissimo incidente automobilistico mi è crollato il mondo addosso. La prognosi era inizialmente molto grave ma, con un po’ di fortuna e caparbietà, in ottobre ero già in visita al SIAL a Parigi su una sedia rotelle, spinto da mia moglie e con una gamba immobilizzata. Il recupero per il grave trauma è stato lungo anche perché, non potendo guidare, avevo perso la mia totale indipendenza. Al dolore per il trauma dell’incidente si aggiunsero una sofferenza e delusione ancora più grandi dovuti ad una situazione interna alla mia azienda che mi indussero a pensare di abbandonare il settore degli impianti ittici e a tornare alla mia prima passione che era l’acquariologia, ma ancora una volta la mia buona stella mi aiutò facendomi incontrare un nuovo cliente, che ebbe il merito di risvegliare in me la determinazione e l’orgoglio, tanto che la mia parola d’ordine in quel tempo divenne “se vuoi vedere la differenza compra anche la concorrenza”. Uno slogan che non è mai stato e non è tutt’oggi assolutamente un’offesa alla capacità dei competitors, ma solo un modo come un altro di risvegliare la curiosità nei clienti nel valutare le proposte tecnico-economiche di tutte le aziende produttrici del settore e di metterle a confronto. L’azienda con cui ho iniziato quest’attività, Adriatic Sea, è ancora

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oggi una realtà unica sul mercato internazionale per organizzazione e competenze tecniche e conta clienti in tutto il mondo, dalla Russia alla Nuova Caledonia, dal Sud al Nord America. Dico spesso che “non vendiamo solo i nostri prodotti ma anche emozioni”: infatti, quando si vende un impianto che funziona e che permette al cliente di recuperare i frutti dall’investimento, ecco, questa è una grande soddisfazione ed è una grandissima emozione. Come dicevo, sono salito su tutti i treni, purtroppo anche su quelli che mi hanno buttato giù; infatti, dopo aver trasferito in alcune attività tutto il mio know-how, ne sono stato escluso, per questo dico che un’attività quando è all’inizio e le si dà la solidità economica, i clienti e i fornitori, colui che la gestisce non è imprenditore ma solo un conduttore e, a tal proposito, dico sempre che, se qualcuno mi portasse in cima ad una collina, anche io potrei scendere

in bicicletta velocemente fino a valle anche se non posso fisicamente pedalare, perché in discesa sono tutti bravi, anche gli incapaci. Io purtroppo ho sempre pedalato in salita fino ad oggi e non me ne vergogno; mi vergogno di coloro che non hanno voluto pedalare ma arrogantemente hanno poi saputo approfittarsi della buona fede di chi li ha aiutati senza riconoscenza ed è a questo punto che posso aggiungere un altro capitolo importante alla mia vita professionale, il merito di essere stato il precursore dell’introduzione del King Crab vivo sul mercato italiano ed europeo. A proposito di King Crab (Paralithoes Camtshaticus), posso dire senza alcun dubbio e senza smentite di essere stato il primo a portare in Italia ed in Europa questo spettacolare prodotto; infatti, durante un viaggio di lavoro a Mosca dall’amico e cliente MEHDI DOUSS, titolare del gruppo La Marée, ho avuto l’occasione di degustare questo granchio con

una qualità di carne che a mio parere non aveva paragoni in confronto a tutti gli altri crostacei mangiati fino a quel momento e, soprattutto, con una resa di quantità edibile che superava il 70-75% del peso totale e quindi superiore a tutti. Alla fine di quella visita portai in Italia, senza poche difficoltà, due esemplari che, arrivati in azienda, furono messi in un impianto di stoccaggio e poi in una delle tante occasioni di degustazioni gastronomiche con amici decisi a cucinarli. Il successo e il gradimento di tutti gli ospiti fece scattare in me la scintilla di progettare un business su questo prodotto fino ad allora sconosciuto nelle cucine dei ristoranti italiani e da tutti gli operatori del settore; decisi quindi di organizzare l’importazione di questo granchio reale attraverso un accordo tecnico-economico con un cliente delle Faroer Island, fornendogli un impianto di mantenimento ed un finanziamento economico. Alla fine ho ceduto,

Valerio Sapucci con il suo staff (photo © Massimiliano Rella).

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Polpa di Granchio Blu Nuotatore Grazie ad un’accurata ricerca con i propri partner, la Seafood live (S.T.E. Srl) ha introdotto tra i propri prodotti ittici di elevata qualità la Polpa di Granchio Blu Nuotatore, ottenuta con la tecnica di estrazione rigorosamente a mano confezionata in un pratico contenitore da 450 grammi circa. Il granchio da cui viene estratta la polpa è noto per le sue carni dall’intenso sapore dolce e delicato. Una volta estratta, la carne viene sottoposta ad una rapidissima cottura di pochi secondi che ne preserva le proprietà organolettiche senza intaccarne il sapore. Questo processo consente di avere una shelf-life più lunga di diversi mesi. Il prodotto è pronto all’utilizzo e riesce a soddisfare qualsiasi esigenza degli operatori gastronomici, che possono utilizzarlo in tantissimi modi: salse per pasta, catalane, panini, tartine, insalate e tanto altro ancora. Il rapporto qualità/resa/prezzo è uno dei punti di forza di questo ottimo prodotto.

tramite un accordo sottoscritto, con compenso pro chilogrammo di prodotto importato, il progetto ad un’azienda partner, ma purtroppo non ho ricevuto mai nulla di quello che era stato pattuito. Non ho rancori; ho commesso tanti errori, sì, nel fidarmi della gente, ed è per questo che in età di pensione ho ceduto tutta la gestione di Adriatic Sea e mi sono ritirato a San Marino dove ho costituito la Seafood Technology Equipment, una piccola attività di produzione di vivai in vetro e in vetroresina; successivamente l’attività è stata ampliata con l’importazione e la vendita alla ristorazione di crostacei vivi e di molluschi. Tutto questo è stato possibile in tempi record, con i consigli

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delle autorità sanitarie sammarinesi ed in particolare del DOTT. PUTTI ed abbiamo quindi creato un’attività che è un fiore all’occhiello non solo nella Repubblica di San Marino ma in tutta l’Italia e lo è per un semplice motivo, la qualità. Infatti il nostro slogan è: non quintali di quantità ma chili di qualità! Abbiamo selezionato i migliori fornitori di crostacei vivi e di ostriche e, come ultimi arrivati in questo settore, siamo diventati i rappresentanti esclusivisti per tutto il mercato italiano della CLEARWATER, grande multinazionale che commercializza astici canadesi, i migliori del mondo. Oggi il nostro team conta 6 collaboratori diretti e 6 indiretti. L’attività è incentrata sul commercio di prodotti

vivi e sulla consulenza e la gestione dei relativi impianti di stoccaggio. Non per ultimo abbiamo tirato per la giacca un bravissimo collaboratore che oggi lavora con noi, LUIGI CAPUANO, proveniente da Napoli, uno dei migliori esperti di crostacei vivi. Con lui abbiamo trovato l’elemento di congiunzione tra fornitore e cliente e — in questo momento di pandemia — abbiamo infatti bisogno che il rapporto col mercato sia sincero, consigliando il cliente a comprare nel modo migliore in termini di qualità e redditività. Mi è stata data l’opportunità dalla rivista IL PESCE di essere in copertina e di raccontare con queste poche righe ciò che, con tanta fatica, ho realizzato in questi anni. Va pre-

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Pesce degustato presso Seafood Technology Equipment Srl

In alto: il King Crab o Granchio Reale. In basso: cracker all’acqua con caviale e con Cantabriche e squacquerone (photo © Massimiliano Rella).

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Selezione di ostriche di Seafood Technology Equipment (photo © Massimiliano Rella). cisato però che il risultato ottenuto fino ad oggi non è solo merito mio, ma anche della grande collaborazione, in tutti questi anni, con i diversi esperti del settore di crostacei e molluschi. Un esempio fra i tanti è di avere realizzato i primi impianti di depurazione a circuito chiuso dei molluschi bivalvi, anche con la collaborazione del DOTT. FRANCESCO PAESANTI DI GORO; impianti che 15 e più anni fa era impossibile realizzare per le vigenti normative di legge che obbligavano a captare esclusivamente acqua di mare, mentre oggi, grazie anche alla mia capacità tecnica, quasi tutti gli impianti sono stati convertiti a circuito chiuso. Io ho sempre pensato che è molto meglio un impianto a circuito chiuso che aperto e sapete perché? Perché l’impianto a circuito aperto non è mai controllato costantemente da un punto di vista della qualità dell’acqua: basti pensare ad uno scarico fognario o ad una corrente marina che porta dentro un’acqua inquinata e non desiderata. Il concetto di un impianto di depurazione a circuito chiuso è di una semplicità estrema: è quello di riuscire a mettere in un circuito chiuso un pezzo di natura,

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fare in modo che il prodotto viva nelle migliori condizioni per continuare ad espletare il proprio metabolismo, condizione necessaria per un adeguata depurazione del prodotto. Il mollusco, infatti, essendo un filtratore utilizza l’acqua sanificata dal sistema biologico e di sterilizzazione dell’impianto per depurarsi. Il mio know-how ha permesso di sviluppare e realizzare gli impianti di depurazione e di ottenere con l’utilizzo delle tecnologie applicate dei risultati incredibili, vedi il progetto Azzurra Pesca di Jesolo. A questa grande azienda, che per vicissitudini economiche oggi non è più operativa, abbiamo realizzato l’impianto più grande al mondo di depurazione a circuito chiuso, con 350.000 chilogrammi di molluschi bivalvi a ciclo. Oggi Seafood Technology Equipment ha come obiettivo di offrire ai propri clienti i migliori prodotti vivi come King Crab, aragoste di tutte le provenienze, cicale di mare, astici, granchi, granceole, ostriche e scampi ed i consigli tecnici per il loro relativo e migliore mantenimento. Riusciamo a mantenere vivo per lungo tempo lo scampo in cattività a circuito chiuso, crostaceo talmente difficile che molti

operatori del settore sono spesso in difficoltà. Noi abbiamo realizzato presso la nostra sede in San Marino degli impianti di mantenimento e stoccaggio che ci stupiscono per la irrisoria mortalità, perché per fare di questa attività un business il vivo bisogna saperlo tenere vivo e vendere come tale. Oggi una delle più grandi soddisfazioni è condividere il mio lavoro anche coi miei nipotini, soprattutto con quello più piccolo che conosce tutti i pesci, anche col nome scientifico. Questo vuol dire capacità di trasmettere non solo ai collaboratori ma anche ai familiari il piacere, la passione e le emozioni di questa attività. Valerio Sapucci

Seafood Technology Equipment Srl Guardia del Consiglio 16 47890 Serravalle (RSM) Telefono: +358 0549 901163 E-mail: commerciale@seafoodtechnology.eu Web: www.seafoodtechnology.eu

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La società del Gruppo Cremonini si rafforza nel segmento dell’ittico fresco

MARR rileva le attività del Gruppo Verrini MARR, società del Gruppo Cremonini leader in Italia nella commercializzazione e distribuzione al foodservice di prodotti alimentari e non food, ha sottoscritto un accordo per acquistare la totalità delle quote di una newco, nella quale saranno conferite tutte le attività della ANTONIO VERRINI & FIGLI SPA, incluse quelle di lavorazione e commercializzazione di prodotti ittici e di Chef Srl, che ha in affitto l’azienda Chef Seafood. Con base a Genova, 5 centri distributivi lungo la costa ligure e a Viareggio e una flotta di 50 automezzi refrigerati, Verrini rappresenta una

realtà di riferimento nella commercializzazione di prodotti ittici in Liguria e Versilia. Nell’azienda, attiva fin dai primi anni ‘50, si sono spese tre generazioni della famiglia Verrini che l’hanno portata a oltre 48 milioni di euro di vendite nel 2020 (58 milioni nel 2019) con una significativa specializzazione nel fresco (oltre i 2/3 del fatturato) e nella lavorazione di prodotti freschi e decongelati. L’operazione prevede una valorizzazione (inclusa l’assunzione dei debiti) di 8 milioni di euro e pagamento in parte dilazionato, oltre ad un earn out subordinato al raggiungimento di obiettivi di

fatturato e redditività nel 2022. L’operazione prevede anche l’apporto della Chef, con oltre 7 milioni di euro di vendite di prodotti ittici nel 2020, in prevalenza ai clienti della ristorazione della riviera romagnola serviti dal centro distributivo di San Clemente (Rimini). L’acquisizione di specializzazione di prodotto e di competenze, che prevede anche la conferma del management della Verrini nelle persone di ALESSANDRO e MANUEL VERRINI, con quest’ultimo che manterrà il ruolo di AD, permetterà a MARR di rafforzare la propria presenza in Liguria e Versilia attraverso l’ittico fresco.

Fondata nel 1972, MARR Spa si occupa di distribuzione di prodotti alimentari alla ristorazione extradomestica. In foto la sede centrale a Rimini.

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Il consumo mondiale di prodotti ittici dal 1961 al 2017 è cresciuto a un tasso annuo del 3,1%, con un valore annuo pro capite che nel 2018 ha raggiunto i 20,5 kg. A livello europeo il consumo annuo pro capite di ittico si colloca attorno ai 24,4 kg, con una propensione che in Italia sale a circa 31 kg. Il 20% del consumo ittico in Italia è extradomestico, una quota che nel periodo 2015-2019 ha fatto registrare un costante incremento in termini reali. L’ittico nella ristorazione fuoricasa in Italia è quindi una voce in crescita, in un Paese in cui il consumo di tali prodotti si colloca al di sopra della media UE e con una quota di prodotti freschi che è circa il 36% di quelli congelati. Marr ha da tempo sviluppato una strategia per rafforzare la propria presenza e specializzazione nell’ittico fresco che nel 2019 rappresentava con oltre 100 milioni di euro di vendita circa il 10% delle vendite al principale segmento dei clienti dello street market (ristoranti e hotel non appartenenti a gruppi o catene). L’operazione, per la quale la stipula del closing è soggetta all’assenso da parte dell’autorità garante della concorrenza e del mercato, prevede anche la stipula di contratti di locazione della durata di 6 anni, più ulteriori 6 per i centri distributivi attraverso i quali opera il Gruppo Verrini. Fonte: EFA News European Food Agency

MARR (Gruppo Cremonini), quotata al Segmento STAR di Borsa Italiana, è la società leader in Italia nella distribuzione specializzata di prodotti alimentari alla ristorazione extradomestica ed è controllata da Cremonini Spa. Attraverso un’organizzazione composta di oltre 850 addetti commerciali, il Gruppo MARR serve oltre 45.000 clienti (principalmente ristoranti, hotel, pizzerie, villaggi turistici, mense aziendali), con un’offerta che include oltre 15.000 prodotti alimentari, tra cui pesce, carne, alimentari vari, ortofrutta. La società opera su tutto il territorio nazionale attraverso una rete logistico-distributiva costituita da 35 centri di distribuzione, 5 Cash & Carry, 2 agenti con deposito e si avvale di oltre 750 automezzi. Le vendite del Gruppo MARR nel 2020 sono state pari a 1.058,8 milioni di euro, rispetto ai 1.666,7 milioni del 2019. In particolare, le vendite verso i clienti della “Ristorazione commerciale e collettiva” (clienti delle categorie Street Market e National Account) si sono attestate a 850,4 milioni di euro (1.424,2 milioni nel 2019), con 663,7 milioni di euro nella categoria dello Street Market (ristoranti e hotel non appartenenti a Gruppi o Catene) rispetto ai 1.128,2 milioni del 2019 e 186,7 milioni in quella del National Account (operatori della ristorazione commerciale strutturata e della ristorazione collettiva) rispetto ai 296,0 milioni del 2019. Le vendite ai clienti della categoria dei Wholesale (grossisti) si sono attestate a 208,3 milioni di euro rispetto ai 242,4 milioni del 2019. L’esercizio 2020 si è chiuso con ricavi totali consolidati pari a 1.073,7 milioni di euro (1.695,8 milioni nel 2019), con una flessione nel secondo semestre del 30,6% (rispetto al pari periodo 2019) in recupero rispetto al –43,6% fatto registrare alla fine dei primi sei mesi del 2020. L’EBITDA si è attestato a 39,4 milioni di euro, in rapporto ai 128,5 milioni del 2019, ed ha risentito della riduzione dei ricavi e della marginalità, influenzata anche dal diverso mix di vendita in termini di clientela. L’EBIT, che è stato di 2,8 milioni di euro (99,1 milioni nel 2019), risente anche di una prudenziale politica di accantonamento al fondo svalutazione crediti che ha portato gli accantonamenti del 2020 a 19,3 milioni di euro, con un’incidenza del 1,8% sul totale ricavi, evidenziando un incremento di 6 milioni rispetto ai 13,3 milioni del 2019 (0,8% sul totale ricavi). >> Link: www.marr.it – www.cremonini.com

SEDE CENTRALE DI GENOVA Via Milano 162 M 16126 Genova Tel. +39 010 8599200 Fax +39 010 8599299 Mail: verrini@verrini.com Web: www.verrini.com


Controcorrente, nella laguna veneta La visione del business ittico di Davimar, senza compromessi, coerente con un’idea di lavoro artigianale che esalta le produzioni del territorio. Intervista a Davide Bonaldo, che racconta i 50 anni di lavoro di questa azienda di famiglia e che anticipa i nuovi progetti di Elena Benedetti

Territorio, esperienza, artigianalità, innovazione e, non ultima, empatia col mercato. Se dovessi riassumere in cinque parole la storia di Davimar — alla luce di una piacevole chiacchierata con il suo titolare, DAVIDE BONALDO — probabilmente sceglierei queste. Le prime due, esperienza e territorio, vanno in parallelo. Siamo a Chioggia, città della laguna veneta conosciuta nel mondo per la lavorazione dei molluschi cefalopodi freschi e congelati. «Con un fatturato di circa 21 milioni di euro e 45 dipendenti, oggi Davimar rappresenta un perfetto legame tra il territorio e il suo mare, con la storia — che è stata intrapresa dalla mia famiglia 50 anni fa — dell’attività di lavorazione della seppia bianca di Chioggia» esordisce Davide.

Uno scorcio di Chioggia (photo © Britta und Ralph Hoppe, www.FooTToo.de).

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Innovazione e artigianalità Davimar è un mix perfetto tra innovazione, e quindi ricerca, sviluppo ed aggiornamento, che va pari passo con l’artigianalità nella lavorazione dei molluschi e dei crostacei. «La nostra azienda è, infatti, l’unica realtà territoriale che compie manualmente la tolettatura al fine di mantenere inalterate le caratteristiche morfologiche del prodotto» mi dice Bonaldo. Tutto ciò, ovviamente, rispettando elevati standard qualitativi, di sicurezza igienico-sanitaria e di tracciabilità alimentare. «Da diversi anni vantiamo le certificazioni IFS Food, “Produ-

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zione autoctona/artigianale della laguna veneta” e “100% Made in Italy”. Era il settembre del 2017 quando siamo stati i primi in Italia ad ottenere l’iscrizione al Registro Nazionale dei Produttori Italiani “100% Made in Italy – Specifica Prodotto Artigianale”, che certifica la produzione anche artigianale della laguna veneta». 100% Made in Italy, detto, fatto e certificato Perché questa certificazione è così importante? «Perché si tende sempre a fare di tutta un’erba un fascio: c’è poca distinzione nella provenienza dei cefalopodi tra ciò che è lavorato in Italia e ciò che proviene dall’estero. Noi acquistiamo le materie prime dall’UE, selezioniamo prodotti di alta qualità perché abbiamo esigenze di mercato e standard qualitativi elevati. Il nostro prodotto è poi lavorato solo in Italia, al contrario di tanti che vanno nel Sud-Est asiatico per risparmiare sulla manodopera. Davimar invece dà importanza a questo aspetto che conferisce valore al prodotto: io faccio come i salmoni, vado controcorrente! Ho detto no alla produzione all’estero e ho dato forza a questo concetto con la certificazione “100% Made in Italy”. Noi siamo artigiani del mare e questa è la nostra scelta, la nostra visione». Focus sulla sostenibilità «La nostra mission è quella di garantire ai consumatori il rispetto delle normative sanitarie, l’artigianalità e al contempo la sostenibilità del mare che ci ha visti recentemente impegnati all’ottenimento della certificazione MSC (Marine Stewardship Council) e degli standard ASC (Aquaculture Stewardship Councils) per i prodotti di acquacoltura sostenibili». La produzione Davimar L’80% della gamma di prodotti commercializzati è rappresentata da seppie, uova di seppia, polpi e calamari, mentre la restante parte da crostacei: scampi, gamberi e mazzancolle, oltre a capesante e canestrelli, «che grazie alla rete logistica e commerciale

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L’80% della produzione di Davimar è rappresentata da seppie, uova di seppia, polpi e calamari, mentre la restante parte da crostacei: scampi, gamberi e mazzancolle, oltre a capesante e canestrelli (photo © Davimar).

«La nostra mission è quella di garantire ai consumatori il rispetto delle normative sanitarie, l’artigianalità e al contempo la sostenibilità del mare, che ci ha visti impegnati all’ottenimento della certificazione MSC e degli standard ASC per i prodotti d’acquacoltura sostenibili»

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«Acquistiamo le materie primedall’UEeselezioniamo prodotti di alta qualità perché abbiamo esigenze di mercato e standard qualitativi elevati. Il nostro prodotto è poi lavorato solo in Italia: Davimar dà importanza a questo aspetto che conferisce valore al prodotto! Noi siamo artigiani del mare e questa è la nostra scelta, la nostra visione»

La Seppia bianca di Chioggia, specialità di Davimar La lavorazione della Sepia Officinalis, la famosa Seppia bianca di Chioggia inserita nell’Atlante dei prodotti agroalimentari tradizionali del Veneto, è il marchio di fabbrica della qualità ed esperienza di Davimar. Questo è il prodotto di una lavorazione autoctona del territorio di Chioggia che ha radici nella cultura tradizionale dell’area lagunare a sud di Venezia. La tecnica consiste nel lavare ripetutamente le seppie con acqua salmastra della laguna, precedentemente depurata, che, grazie al grado di salinità e alla composizione che si rifà all’ambiente naturale in cui vive il mollusco, rende il prodotto finito di particolare pregio. Questo procedimento di tolettatura — personalizzabile anche sulla base delle specifiche del cliente — è ancora oggi svolto da Davimar in maniera artigianale e rigorosamente a mano da personale specializzato. Da un punto di vista nutrizionale la seppia è caratterizzata da un elevato contenuto di proteine e di amminoacidi essenziali; 100 grammi di parte edibile contengono 75 calorie con apporto di proteine, Vitamine B3 e B12, fosforo potassio e magnesio e meno di un 4% di grassi. Davimar propone tre misure di seppia: la seppia piccola (peso 10-100 g cadauna), la seppia media (peso 100-300 g cadauna) e la seppia grossa (da 400 g fino a oltre 1 kg cadauna). Successivamente alla lavorazione e alla pesatura, la seppia bianca può essere acquistata decongelata in casse da 5 o 7 kg di prodotto, o congelata in blocco o individualmente (I.Q.F.), quest’ultima con diverse percentuali di glassatura in casse da 5 kg fino a 10 kg. Frutto di questa lavorazione artigianale del prodotto sono le uova di seppia, molto apprezzate nella cucina veneta, e proposte ai clienti in due misure (piccole o grosse), entrambe decongelate in casse da 1 a 3 kg o congelate in casse da 1 kg (photo © Davimar).

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possiamo garantire con puntualità nell’evasione degli ordini e celerità nelle consegne (sia con una flotta di mezzi propri che terzisti)» sottolinea Davide Bonaldo. «Nell’ultimo periodo l’offerta si è arricchita dal lancio di una nuova linea produttiva, lo spiedino di seppia e gambero, o solo seppia o solo gambero, che si può acquistare sui banchi delle migliori pescherie ma anche in multicanalità nei format della GDO: supermercati, ipermercati, discount, Cash & Carry, come partner di svariate catene distributive italiane. Grazie alla collaborazione con partner locali, siamo inoltre presenti in Sardegna, al Mercato ittico di Cagliari e tutti i giorni presso il Mercato Ittico di Venezia e di Chioggia». Fish & Beer Tra le ultime novità di Davimar c’è la recente apertura della bottega gourmet Fish & Beer, attività satellite dell’azienda a Sottomarina di Chioggia: un locale che offre un paniere di prodotti alimentari e bevande confezionati e da solo asporto, frutto di un’accurata selezione. «Essendo un grande estimatore del Food & Beverage, ho aperto questo locale che vende pesce cotto oltre a un’ampia scelta di birre artigianali italiane (oltre 100 etichette) che provengono da microbirrifici, spesso agricoli, che hanno molto da raccontare del loro territorio» precisa Bonaldo. “Pesse cotto e birra crua” (pesce cotto e birra cruda) è il payoff del locale, pensato per un target giovane, che può acquistare piatti della

Tra le ultime novità di Davimar c’è la bottega gourmet Fish & Beer a Sottomarina di Chioggia: un locale che offre piatti di pesce della tradizione veneta da gustare insieme ad un’ampia selezione di birre artigianali (photo © instagram.com/fishandbeer_sottomarina). tradizione veneta, come le ricette en saor (non solo le classiche sarde, ma anche gamberi, merluzzo, scampi,

canocchie, ecc…), oltre al baccalà proposto mantecato, alla vicentina, al curry o altre aromatizzazioni.

Davimar in TV Il consumatore oggi si sta rapidamente evolvendo, vuoi per gli stili di vita e di consumo che modificano i comportamenti di acquisto, vuoi per eventi esogeni — uno su tutti la pandemia mondiale — che modificano gli scenari velocemente e imprevedibilmente. Per questi motivi Davimar racconta con piacere la propria visione del business ittico e in passato l’ha fatto anche attraverso alcune presenze su programmi televisivi di ampia risonanza: • “Ricette all’italiana” Rete 4: Puntata del 3 dicembre 2018 (www.facebook.com/Davimarsrl/videos/285284105445257); • “Melaverde” Canale 5: Puntata del 7 aprile 2019 (www.mediasetplay.mediaset.it/video/melaverde/puntatadel-7-aprile_F309526001001301); • “Gambero Rosso” Sky: Puntata del 29 maggio 2019, “Come è profondo il mare – La cucina di Gianfranco Pascucci”; • “Sempre Verde” Rete 4: Puntata del 7 aprile 2019 (www.facebook.com/watch/?v=389668501636859).

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«Un progetto che ci mette a contatto coi consumatori e mantiene vive le nostre tradizioni culinarie proposte in chiave fresca e moderna con buona birra». Bonaldo dal 1966 – Artigiani del mare a Chioggia «Oggi nel mercato nazionale le multinazionali propendono a posizionarsi su segmenti in cui il prezzo basso esercita un’attrattiva maggiore, a discapito della qualità. Io, invece, credo che ci sia un più ampio ventaglio di consumatori e di relative esigenze» sottolinea Davide Bonaldo. «Per questo motivo ho creato una linea di prodotti dal marchio “Bonaldo dal 1966 – Artigiani del mare a Chioggia”, una linea di prodotti firmata col mio cognome, a totale garanzia delle aspettative di qualità e sicurezza. Il concetto alla base di questo progetto è il come tu mi vuoi! La materia prima è cotta al vapore e poi confezionata sottovuoto: seppie, polpi e calamari sono il nostro core business. Questa è una linea di prodotti pensata per il territorio nazionale: l’Italia è un paese straordinario e unico, caratterizzato da un patrimonio enogastronomico che cambia radicalmente anche solo spostandosi da comune a comune. Ogni località ha le proprie ricette, la propria cultura e utilizza gli alimenti in modo differente. Perciò noi offriamo un prodotto base che non ha conservanti né spezie o condimenti e che si può trasformare liberamente. Con una shelf-life di 60 giorni e materie prime che sono di altissima qualità, viene venduto porzionato con pack da 300 grammi, ideale per il consumo domestico così come anche per l’HO.RE.CA.». Chioggia a casa tua Vivendo il territorio in modo molto empatico, nei mesi lockdown Davide Bonaldo e suo fratello Gianluca hanno attivato anche il servizio di consegna a domicilio di prodotti ittici “Chioggia a casa tua”. In A sinistra: i pack della linea di prodotti “Bonaldo dal 1966 – Artigiani del mare a Chioggia”.

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Davimar sostiene attività locali come il “Progetto Laguna Pulita”. Lo fa ospitando in azienda i bambini delle scuole elementari, sensibilizzati sul tema delle buone pratiche di rispetto e sostenibilità dell’ambiente che li circonda, nel loro caso la laguna, e sulle ricchezze che il mare dona all’uomo (photo © facebook.com/Davimarsrl). che cosa consiste? «Attraverso un’azienda satellite a Davimar, Gianluca gestisce una rete di clienti attraverso Whatsapp e giornalmente comunica i prodotti disponibili freschi con il pescato del giorno, cotti e surgelati, garantendo le consegne e i pagamenti alla consegna a domicilio entro un raggio di 50 km da Chioggia». Un bel servizio che sta riscuotendo successo per la praticità e il servizio fortemente orientato al cliente. È stata interessante la chiacchierata con Davide Bonaldo di Davimar, un’azienda che da sempre punta tutto sulla qualità e sul territorio, che rivendica l’animo artigianale del fare le cose fatte bene e con coscienza, e che punta a intercettare clienti più consapevoli. «Il nostro obiettivo è quello di continuare a crescere, consolidando la fiducia

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che i consumatori ripongono in noi e nei nostri prodotti, per poter raccontare l’unicità della nostra laguna e la qualità dei prodotti Davimar». Elena Benedetti

Davimar Srl – Import-Export Commercio Prodotti Ittici Via Strada Statale Romea 516 30015 Chioggia (VE) Telefono: 041 4966818 Web: www.davimar.net Fish & Beer Viale Venezia 8 – 30015 Chioggia (VE) Telefono: 389 0613576 Web: www.facebook.com/fishandbeerdada instagram.com/fishandbeer_sottomarina


Fumara, animo local e carattere global Dalle fredde acque dei mari del Nord alle sponde del Po: sono i salmoni affumicati, al naturale e aromatizzati, lavorati freschi e mai congelati Foodlab. E una gamma di cotti al vapore che comprende anche tonno, spada e merluzzo Cresciuto nelle fredde e cristalline acque dei mari del Nord e selezionato all’origine con la massima cura, lavorato e sfilettato a mano da esperti artigiani, alla ricerca di un equilibrio perfetto fra aromi e sapori; infine, affumicato con un metodo unico, lento, frutto di una lunga esperienza. È il “Fumara”, il salmone che Foodlab, azienda italiana con sede nella Food Valley parmense, porta in tavola dopo un percorso al naturale che preserva intatta la consistenza della carne e garantisce un gusto rotondo e vellutato, tipicamente italiano. La passione si fa impresa Facciamo un passo indietro al 2000, quando il giovane chef Gianpaolo Ghilardotti, dopo una parentesi in Francia nella brigata dello stellato GEORGE BLANC, rientra nella sua Parma e decide di mettere a punto un metodo naturale per affumicare il salmone, così come aveva visto nelle cucine d’Oltralpe. Studia, sperimenta, si ingegna. Costruisce un forno speciale per ottenere un’affumicatura diversa da tutte le altre, dosando legni e calibrando tempi. Il risultato è straordinario: i fumi sprigionati dalla combustione, senza fiamma viva, avvolgono il pesce per intero regalandogli un aroma caratteristico, morbido e delicato, che stempera le note aggressive tipiche del salmone lavorato nei Paesi del Nord. I primi test, organizzati nel giardino di casa, sono cene e degustazioni conviviali predisposte per gli amici di sempre. I consensi sono unanimi e gli applausi riscossi sul campo stimolano la sua indole imprenditoriale.

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Coinvolti i fratelli Francesco ed Elisabetta, Gianpaolo fonda Foodlab, realtà specializzata nell’importazione, lavorazione e commercializzazione di salmone affumicato,

marinato e aromatizzato e di altre tipologie di pesce. Passo dopo passo l’azienda cresce. Le cose vanno avanti a ritmi esaltanti, con un moto quasi spontaneo,

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come succede a un motore quando gli ingranaggi funzionano. Presente coi suoi prodotti nelle cucine di rinomati ristoranti e in numerose catene della grande distribuzione, Foodlab cresce fino a diventare leader nel proprio mercato di riferimento. Ed eccoci all’oggi. All’inizio del 2021 si concretizza un progetto di re-branding e nasce Fumara, nuova linea prodotti che racchiude in sé i segreti di una lunga esperienza imprenditoriale e i risvolti di un carattere al 100% gourmand. Fumära, in dialetto parmigiano, è la nebbia, elemento naturale che accompagna da sempre queste terre solcate dal Po. Una nebbia soffusa, un po’ misteriosa ma ricca di fascino, che avvolge i panorami con la sua dolce malinconia e che — metaforicamente— pare quasi mescolarsi agli aromi della morbida affumicatura di questa gamma di specialità che, oltre ai salmoni (affumicati, al naturale o aromatizzati) comprende un assortimento di cotti al vapore di cui fanno parte anche pesce spada,

tonno e merluzzo. «C’è davvero tutta la nostra essenza dentro questo nuovo brand» sottolinea Gianpaolo Ghilardotti, CEO di Foodlab. «In Fumara c’è un palese richiamo alle atmosfere del nostro territorio, da sempre votato al mangiar bene, ma si intravedono anche suggestioni nordiche e incanti quasi nipponici che rimandano a luoghi lontani, dove il salmone ha una radicata tradizione alimentare. C’è poi uno sbuffo di fumo, ma anche un angolo di mare». Ricerca, esperienza, innovazione. Cultura culinaria, spirito gourmand, creatività Questi gli ingredienti che condiscono ed esaltano tutti i prodotti della nuova gamma, in piena sintonia con i canoni di un’alimentazione moderna, attenta ai sapori e alle proprietà nutrizionali, ma anche al modo in cui il cibo si presenta. Il salmone Fumara non è solo squisito al palato, è sano per natura (contiene infatti proteine nobili, tutti gli amminoacidi essenziali, le vitamine

B e D ed è ricco di grassi Omega-3) e, non ultimo, bello a vedersi nel piatto. Integrato graficamente nel font del logo, non sfugge alla vista il segno distintivo che ricorda il forno di affumicatura, elemento fondamentale di casa Foodlab, e al contempo la testa del pesce che guizza dalle acque. Un’immagine semplice, ma ben definita, capace di farsi spazio nel cuore dei consumatori. La collezione Fumara I salmoni dell’Atlantico (provenienti da Norvegia e Scozia) freschi, mai congelati, e i salmoni selvaggi Sockeye dell’Oceano Pacifico sono lavorati rigorosamente a mano durante tutti i passaggi fondamentali (filettatura, salatura, confezionamento). Il processo di affumicatura è esclusivo, lento e naturale, con pregiato legno di faggio. Sono diversi i tagli disponibili e diversi i formati, per soddisfare ogni esigenza. >> Link: www.foodlab.net www.fumara.it

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Riunione Industrie Alimentari entra a far parte della moderna e cosmopolita famiglia di Angulas Aguinaga

Riunione propone le rinomate cozze galiziane, uniche per qualità e sapore. La Galizia ha un ecosistema ideale per la coltivazione delle cozze, grazie alle acque ricche di vita ed elementi nutritivi per le specie marine. Il risultato è una cozza molto gustosa e di notevole dimensione rispetto ad altre zone di produzione.

“È necessario unirsi, non per stare uniti, ma per fare qualcosa insieme”. Queste parole attribuite al poeta e drammaturgo tedesco GOETHE calzano perfettamente per l’acquisizione annunciata lo scorso inizio anno del gruppo spagnolo ANGULAS AGUINAGA con RIUNIONE INDUSTRIE ALIMENTARI. La prima è tra la società leader nel settore ittico in Spagna che tra gli obiettivi ha quello di rivoluzionare il settore dell’alimentazione con prodotto innovativi, convenienti e di altissima qualità per i consumatori. La compagnia spagnola, sempre all’avanguardia, vanta infatti un’ampia gamma di prodotti di prima qualità ed è alla continua ricerca e sviluppo di nuove proposte per arricchire e completare il portfolio attuale del comparto ittico internazionale. La seconda, Riunione Industrie Alimentari, è una società ben affermata sul mercato ittico, costituita negli anni ‘90 grazie al lavoro e alla passione della FAMIGLIA COPPOLA per le specialità ittiche che dal panorama internazionale si sono fatte strada sulle nostre tavole.

Pack di polpo cotto nelle varianti in tentacoli e affettato e sautè di cozze al pomodoro e alla marinara.

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Tre domande a Nicole Coppola, responsabile marketing Riunione Industrie Alimentari Qual è la visione della “pescheria moderna” nella nuova strategia Angulas Aguinaga-Riunione? «La grande intuizione di Angulas che Riunione punta ad attuare nel mercato italiano è lo svincolo del prodotto ittico dalla pescheria tradizionale. Il libero servizio, da sempre luogo a più alto passaggio nel punto vendita, è la chiave per formulare un nuovo modello di pescheria “fuori dalla pescheria”, offrendo dei prodotti di alta qualità e praticissimi, che ben si prestano alle nuove esigenze del consumatore contemporaneo». Quali linee di Riunione saranno prodotte negli stabilimenti spagnoli? «Nessuno per il momento. L’acquisizione da parte di Angulas permetterà a Riunione di inserire del suo variegato portafoglio nuovi prodotti altamente performanti che hanno avuto un successo incredibile in Spagna e che riteniamo possano avere le stesse performance nel nostro mercato. Polpo, cozze e surimi di livello superiore sono le nuove referenze che stiamo distribuendo con una riposta molto positiva dai consumatori e dalle catene in cui sono stati inseriti». Con questa unione Riunione punterà a consolidare l’export e la propria presenza sui mercati esteri? «Siamo valutando assieme al marketing e al trade marketing di Angulas quali delle nostre proposte potrebbero mettere piede nel mercato spagnolo. Ci sono alcune idee molto promettenti, ma staremo a vedere. Per ora è un working in progress».

Chi è Angulas Aguinaga ANGULAS AGUINAGA la società leader nel settore ittico in Spagna. La mission dell’azienda è rivoluzionare il settore dell’alimentazione per i consumatori con prodotto innovativi, convenienti e di altissima qualità. Krissia®, La Gula del Norte® e Aguinamar® sono le tre grandi marche che la compagnia commercializza in Spagna e in altri mercati europei come Francia, Italia e Regno Unito. Il suo impegno continuo per l’innovazione l’ha resa la prima azienda alimentare a livello mondiale a ottenere il certificato ISO 22000 (in foto, Ignacio Muñoz, CEO di Angulas Aguinaga; photo © expansion.com).

I numeri e i trend di settore parlano chiaro: il mercato ittico è in espansione ed è sempre più competitivo e globalizzato. «Il nostro successo si deve, oltre alla scelta di materie prime eccellenti, anche alla capacità di proporre un’offerta che si combina perfettamente con le tendenze della moderna distribuzione e le esigenze di un consumatore sempre più attento e consapevole» sottolineano in Riunione Industrie Alimentari.

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L’accordo siglato tra le due realtà è molto vantaggioso per entrambe le parti: l’ampia esperienza di una distribuzione efficiente e capillare dei prodotti ittici affumicati nel mercato italiano da parte di Riunione si coniuga perfettamente alla costante innovazione e conoscenza nella pescheria moderna di Angulas Aguinaga

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In alto: da uno dei principali produttori di polpo in Europa sono entrate nel portafoglio di Riunione nuove proposte, come il Polpo cotto affettato da 150 grammi e i Tentacoli di polpo cotto da 200 grammi, referenze per le quali la scelta della materia prima è di qualità premium. Il polpo è lavorato nel modo più semplice e genuino possibile, ovvero artigianale, con solo acqua, sale e alloro per non coprire il sapore del prodotto. In basso: le varie linee di Salmone affumicato di Riunione si sposano perfettamente con le esigenze di un’alimentazione moderna all’insegna del gusto. L’azienda ligure, con sede operativa a Genova, è focalizzata sul salmone affumicato, in tutte le sue tipologie e lavorazioni, oltre al norvegese, scozzese e selvaggio, a cui si aggiungono altre specialità ittiche

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quali pesce spada e tonno, affumicati e in versione nature, carpaccio di polpo, bottarga di muggine e di tonno, in vari formati e pezzature, per soddisfare ogni esigenza. L’accordo siglato tra le due realtà

è molto vantaggioso per entrambe le parti: l’ampia esperienza di una distribuzione efficiente e capillare dei prodotti ittici affumicati nel mercato italiano da parte di Riunione si coniuga perfettamente alla costante innovazione e conoscenza nella pescheria moderna di Angulas Aguinaga. Questo accordo permetterà di completare e arricchire l’attuale portfolio di Riunione con una gamma più ampia di nuove deliziose proposte come cozze, polpo e surimi, fra gli altri, con l’obbiettivo di diventare un vero leader del settore ittico. «L’entrata in campo Angulas Aguinaga sarà un impulso che ci permetterà di continuare a crescere con nuovi input rispetto al settore ittico moderno e consolidare la leadership di Riunione», ha dichiarato il direttore generale di Riunione ANDREA COPPOLA. Allo stesso modo, IGNACIO MUÑOZ CALVO, CEO di Angulas Aguinaga, ha affermato: «siamo molto felici che Riunione entri a far parte della nostra famiglia, non solo perché è un punto di riferimento del mercato italiano di questo settore, ma anche perché siamo sicuri che insieme potremo impegnarci per rinnovare e rivoluzionare l’alimentazione dei consumatori italiani». Questa nuova partnership si presenta per entrambe molto positiva e innovativa sotto tanti punti di vista. Riunione, rinomata e molto forte nella distribuzione, insieme ad Angulas, moderna e brillante azienda di produzione, realizzerà negli stabilimenti in Spagna i prodotti che si venderanno successivamente sul mercato italiano, sia referenze già presenti che quelle che verranno introdotte nei prossimi mesi.

Riunione Industrie Alimentari Srl Soc. Unipersonale SEDE OPERATIVA: Via Gualco 52/A/B/C-54 16165 Genova Web: www.lariunione.it

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Mondel, pronta ad affrontare le nuove tendenze Nessuno poteva prevenire quanto sarebbe cambiato il mondo del cibo in soli 12 mesi. La pandemia ha modificato il modo di rapportarsi a ciò che si mangia e ha rivoluzionato (e colpito duramente) il mondo della ristorazione, costretto a reinventarsi per andare avanti. In questa prima parte dell’anno 2021, siamo ancora costretti a parecchie restrizioni, il mondo della ristorazione e del food retail ha sicuramente saputo reinventarsi ascoltando i consumatori e adeguando l’offerta alla domanda

con non poche difficoltà. Abbiamo riscoperto gli ingredienti: studiare e ampliare le proprie conoscenze per mantenere il contatto con i propri clienti, che a loro volta si documentano e chiedono perché più coscienti di quello che mettono nel loro piatto. L’attenzione alla provenienza delle materie prime ha spinto ad accorciare la fi liera, a scegliere con occhio più critico gli ingredienti per le proprie preparazioni. Facendo fare salti da giganti a macellerie innovative e pescherie “sagaci”.

Dal foraging (la pratica di raccogliere senza danneggiare la natura il cibo che cresce spontaneo tra boschi e campi) alla Dark Kitchen, un trend gastronomico che andrà sempre più consolidandosi nel 2021 e che propone la cucina senza ristorante, condizione che comporta un’importante riduzione delle spese. La cottura sottovuoto affermatasi nel 2020 sarà immancabile anche nel 2021, con processi più veloci a fronte di sapori e colori degli alimenti che non cambiano.

Il banco espositivo refrigerato Mondel scelto da Crudo Fish & Chic di Conegliano Veneto (TV), una concezione di pescheria contemporanea nella quale il crudo autentico di pesce è protagonista. Le linee moderne mettono in risalto il prodotto e si uniformano al design del locale.

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mondel.it

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ccellenza.


In alto: Mondel è presente anche nel Markthal a Rotterdam, il più grande mercato coperto d’Olanda, opera dello studio MVRDV, con una copertura ad arco alta 40 metri e un interno che ospita un centinaio di esercizi commerciali del food & beverage. In basso: ecco un Oyster Bar australiano che ha scelto il banco refrigerato Mondel. L’idea è quella di richiamare l’attenzione al ghiaccio, elemento essenziale nella conservazione delle delicatissime ostriche, in una soluzione di design dal grande impatto e dalla funzionalità assicurata. Il semi pronto e il zero waste sono tendenze che ci portano ad una conclusione: il Covid-19 ha cambiato il nostro modo di mangiare e cucinare, a consolidamento della sostenibilità in ambito alimentare. Quella sostenibilità che significherà anche maggiori garanzie. Per quanto riguarda il pesce, ad esempio, si comincia a parlare di tracciabilità e di ricerca della materia di provenienza dai “nostri

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mari” e da pesca sostenibile. Nel mondo che ci tocca da vicino come produttori di banchi refrigerati, quello delle pescherie, si è assistito ad un boom della gastronomia di pesce: la freschezza del mare con tagli nobili affiancata alla possibilità di un take away di prodotti cotti e pronti al consumo e piatti da prenotare per un late pickup. È così che anche questo settore del retail si sta affacciando a quello

che prevediamo essere un nuovo trend dell’era post Covid.La pescheria a 360 gradi include anche una parte di ristorazione, sia essa dine-in, take away a libero servizio o Oyster Bar, per momenti di relax e di happy hour che si prevedono nella fase di superamento Covid. MONDEL, leader nella creazione di banchi fatti su misura per boutique del pesce, sta assistendo con entusiasmo e creatività alle idee dei nuovi imprenditori del pesce, che stanno delineando nuovi trend del mercato nazionale ed internazionale con richieste sempre più sorprendenti e concept che solo la nostra artigianalità può far fronte. La struttura dei banchi Mondel per il pesce è interamente realizzata in acciaio inox 316 lavorato artigianalmente, con lavorazioni fatte a mano da artigiani dotati di un savoir-faire di altri tempi, che li rendono facili da pulire ed ergonomici. Robustezza, materiali nobili e design esclusivo per i migliori banchi refrigerati per pesce e mitili. Mondel è un brand riconosciuto a livello internazionale nel mercato del pesce ed è presente in location come il Markthal di Rotterdam, il mercato alimentare numero uno nei Paesi Bassi inaugurato nel 2014, o alla location più trendy, un Oyster Bar in Australia, fi no al nostro caro territorio dove le referenze di spessore non smettono mai di sorprendere; solo per citarne uno tra mille: Crudo Fish & Chic a Conegliano Veneto (TV). Mondel sarà presente a HOST Milano 2021 (22-26 ottobre) con la sua nuova Brand identity e soprattutto con nuovi prodotti unici nel mondo del pesce.

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PESCA

Cultura marinara in evoluzione: il grande mare delle reti da pesca italiane di Nunzia Manicardi

Da tempo immemorabile, a tutte le latitudini e in qualsiasi condizione atmosferica, l’uomo affronta il mare per portargli via il suo tesoro più prezioso: il pesce. Forme e tipologia delle reti da pesca sono, di conseguenza, pressoché infinite. Nel tempo, tuttavia, tecniche e metodologie si sono evolute di pari passo con la crescente conoscenza scientifica delle varie specie presenti e disponibili. Anche gli attrezzi da pesca sono cambiati diventando sempre più idonei ad una maggiore redditività del lavoro. Si sono modificati pure i materiali, passando da quelli naturali a quelli sintetici. Questa evoluzione è sempre in corso perché lo sviluppo tecnologico non conosce sosta. Negli ultimi tempi, però, vi è una sensibilità maggiore verso i problemi ambientali, da parte sia dei pescatori che delle amministrazioni, e si tiene sempre più conto dell’impatto dell’attività sulle risorse e sull’ambiente. La regolamentazione della pesca è diventata perciò più stringente e specifica e anche ogni attrezzo da pesca ha una sua propria regolamentazione che ne fissa i limiti costruttivi, le caratteristiche di armamento, le zone e i tempi in cui può essere usato al fine di conseguire un impatto sostenibile all’interno di una pesca sempre più responsabile.

L’arte di catturare i pesci con le reti ha inizio nella preistoria, in una evoluzione di materiali, forme e tipologie che prosegue tuttora grazie a continue innovazioni tecnologiche (photo © David Clode Yo x unsplash).

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Forme e tipologie In Italia si possono distinguere 2 forme fondamentali di reti da pesca, piano-quadrate e cilindriche, e 5 tipi: da circuizione, a strascico, da posta fissa, da posta alla deriva e cosiddette speciali. Su ognuna di esse

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Ogni anno vengono disperse in mare migliaia di tonnellate di reti e altri attrezzi da pesca. Le cosiddette “reti fantasma” sono responsabili dell’alterazione dell’ecosistema marino, in quanto disperdono nell’ambiente le microparticelle sintetiche delle quali sono composte, rappresentando per le specie ittiche che vi rimangono intrappolate (bycatch) dei veri e propri “muri della morte” (photo © Peter Boccia x unsplash). sarebbe bello potersi soffermare. Ci basta qui ricordarne i loro nomi, tutti suggestivi e legati ai dialetti del posto (si veda l’elenco complessivo in www.wikipedia.it) e che in taluni casi sono diventati anche cognomi (ad esempio, Bragagna, Cannata, Tremaglino). Facciamo notare che il tipo di rete costituisce sia lo strumento che la tecnica di pesca.

garo, Paranza (Tartane), Paranza chiara, Paranza spessa, Rapido (o Rampone), Sciabica (Ingegno, Migavizza, Sciaveca, Tuono, Tratta), Sciabichello, Sciabichello di fondo, Tartana chiara, Tartana spessa, Tartanella (Ragno, Tartagna, Rastrello, Bragotto, Gianchettou), Tartanone (Tartannone), Vastasegna, Chalut à perche.

Reti di circuizione Per banchi piccoli come sardine, più grandi come sgombri e grandissimi come tonni: Ravastinella, Tonnarella, Agugliara, Cannata (Incannizzata, Cannizzata, Vollaro per cefali, Mugginara, Cefalara), Gastaurellara (Gastavrellara), Lampara, Ravastina, Lampara a mazzetta (a masseta), Lampara a mugginara (a musia).

Reti da posta fissa Molto lunghe, verticali, sono lasciate in mare e sono le prede a raggiungerle e a rimanervi impigliate: Ciaulara, Minosciara, Mugginara, Rete maritata (Incanzellata, Lacciara con bardassole), Rete da storioni, Salterello, Tonnarella, Tremaglino, Tuppidara, Palamitara, Paurara, Opalara, Schetta (Ritorta, Schete, Schietto, Schiettas), Scormara, Sepera, Tramaglio (Rezza,Tremaggio, Intramacchiata, Schetto, Bombine, Gombine, Rete trimagliata, Rete vestita, Rete a parete, Rezzella, Tremaglio, Tremaze, Zabara, Re de trie, Re de barboni, Cerberai), Bestinara, Cheniara, Squadrara, Terebara, Palombara, Rete canale,

Reti a strascico Sono trainate sul fondo del mare da una o due barche: Carpasfoglie (Sfogliera, Scacciadiavoli), Mazzonara (Mazzonara scavapietre e sciabichello), Mussoliera, Mussoliera a piombo, Ostreghera, Ostre-

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Martavello (Bartavello, Bartevello, Bertavello, Bertovello). Reti da posta alla deriva Libere di muoversi in balia delle correnti e tenute con galleggianti sopra o sotto la superficie dell’acqua: Menaide, Menaidozza, Rarilo, Lacciarella, Sardara, Sardelera. Reti speciali Pedaruola (Pedarola), Rabbio, Rastrello a manganello, Rete da capparozzoli, Rete peschiera, Ingegno (Croce), Tratta per pesca minuta, Angamo, Bilancette (v. Bilancella, Bilancione), Bilancia (a lampiane e a maglie cieche), Bilancia da terra (Rete volante, Lucerna), Bilancioni, Rullo, Scacchiera, Sparviero o Rezzaglio o Giacchio o Jacco, Teleta, Telone per pesce novello, Tonnara, Tonnarella, Trabucco (Padellone), Tramuardo, Bragagna, Ferro da poverazze, Ferro per calcinelli, Grivarulo. L’improvvisa apertura alle innovazioni tecnologiche Tutto il mondo della pesca, attac-

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catissimo alle proprie tradizioni di cui è stato sempre molto geloso, ha subito una grande evoluzione a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale. Le innovazioni che sono state introdotte hanno cambiato il quadro di un’attività che resisteva immutabile da almeno 2.000 anni per quanto riguarda sia le tecniche e gli strumenti di lavoro e i materiali impiegati per costruirli. Queste innovazioni sono pervenute da altri contesti, ma i rapidi e favorevoli risultati che hanno apportato hanno finito per imporsi con grande rapidità anche nel settore della pesca, con piena accettazione da parte degli addetti, perché hanno permesso una migliore qualità di vita e una maggiore redditività. L’introduzione delle fibre sintetiche La maggior parte degli attrezzi da pesca era costruita, fino a pochi decenni fa, con fibre tessili, in particolare con fibre vegetali. Venivano usate prevalentemente canapa, cotone, manilla, sisal, cocco. Le fibre vegetali si prestano molto bene alla costruzione delle reti da pesca, però tutte presentano la caratteristica, che nel caso della pesca diventa un difetto, di essere putrescibili. Bisognava perciò trattarle di frequente per non farle marcire e, per lo stesso motivo, farle asciugare ben bene, con grande dispendio di energie e di tempo. Ma, quel che è peggio, tutto ciò costrin-

geva a interrompere l’attività finché le reti non fossero pronte. Poi è iniziata l’era della plastica e, con essa, sono apparse le fibre sintetiche che hanno una tenacità ben superiore a quella di qualsiasi fibra naturale, sia pur vegetale. La tenacità non eccessiva dei materiali naturali comportava di conseguenza la necessità di confezionare le reti con fili piuttosto grossi, che però creavano problemi nelle fasi di pesca. Questa necessità è venuta meno con l’arrivo delle fibre sintetiche, che hanno risolto questo e altri problemi. Le fibre sintetiche, e in particolare la fibra poliammidica, sono imputrescibili e quindi non necessitano di procedimenti e cure per evitare la putrefazione. Resistono a lungo allo sfregamento dovuto all’uso e non invecchiano mai se non, in misura molto limitata, a causa dell’esposizione alla luce. Hanno, come già detto, una tenacità molto più alta di quelle vegetali. La fibra poliammidica offre una forte resistenza all’abrasione, il che equivale a dire che consente una vita di lavoro molto lunga. Si sono potute così costruire reti più grandi con fili più sottili, risparmiando sul peso dell’attrezzo e sulla sua capacità di filtrare l’acqua trattenendo il pesce. L’uso delle fibre sintetiche ha permesso inoltre di trovare nuovi processi di lavorazione, diversi da

quelli tradizionali, per quanto riguarda la produzione delle pezze di rete a telaio fino ad arrivare alle reti senza nodo (prodotte con un telaio nato per il ricamo), che sono quelle maggiormente usate per armare le reti a strascico. In pochi anni le fibre sintetiche hanno soppiantato le fibre vegetali che oggi sono praticamente scomparse dal mondo italiano della pesca. Se ne usano ancora in piccolissime quantità per la produzione di cavi, ma è ormai da parecchi anni che non se ne producono più. L’attenzione all’ambiente I tempi moderni hanno imposto anche la necessità di prestare sempre maggiore attenzione all’impatto della pesca e delle reti da pesca sull’ambiente marino. In alcune regioni, in cui l’equilibrio naturale è a rischio, l’utilizzo delle reti è stato vietato per non danneggiare la flora acquatica, anche in considerazione del fatto che una rete può estendersi per molti chilometri di lunghezza. Molta attenzione deve essere posta poi al problema delle cosiddette “reti fantasma”, quelle che possono venir dimenticate dai pescatori e che diventano un potenziale pericolo per certe specie di fauna marina che possono finirvi intrappolate (frequenti, purtroppo, i casi di tartarughe e delfini) diventando anche facile preda per eventuali predatori. Nunzia Manicardi

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Alici di menaica Un Presidio Slow Food tutela la tradizionale pesca con le menaiche, piccole imbarcazioni e relative reti artigianali a maglie larghe per la cattura delle alici a Marina di Pisciotta, in provincia di Salerno di Chiara Papotti

Tra le memorie archeologiche della civiltà greca, arrivata fi no in quest’angolo nascosto del territorio campano, il Cilento regala scorci di incontaminata bellezza, suggestioni uniche di sapori e profumi. La costa è selvaggia, in buona parte inaccessibile e preservata. La rete delle vie di comunicazione non è di facile percorribilità: strade aggrovigliate in curve, svolte brusche, tornanti. Più che l’uomo, nel Cilento domina la natura. Più che l’architettura colpiscono i porticcioli nascosti tra i promontori rocciosi, le solitarie torri di avvistamento che vigilano il mare, la quiete dei piccoli paesi collinari. Un’atmosfera tipicamente mediterranea, che troviamo anche nei sapori e nei profumi della tradizione cilentana: dal delicato

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olio extravergine d’oliva pisciottano al robusto vino d’Aglianico, dalle mozzarelle rivestite nel mirto alle alici di menaica. Ed è alle alici di Pisciotta, in particolare, che è stato conferito il meritato riconoscimento di Presidio Slow Food nel 2001. Le vere alici

di menaica non hanno niente a che vedere, per delicatezza e sapore, con quelle di cianciola (la grande rete d’altura). La differenza non sta nella varietà ittica, ma nel periodo e nel sistema di pesca. A Marina di Pisciotta, un piccolo borgo sulla costa, a metà strada tra

Il rito della pesca con le menaiche, praticato oggi solo da una piccola flotta di gozzi di Marina di Pisciotta, risale all’epoca classica e si è mantenuto inalterato nei secoli. La particolare foggia delle reti fa sì che siano catturate solo le alici più grandi. Sistemate in cassette di legno, senza alcun refrigerante, sono lavorate di primo mattino

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Velia e Capo Palinuro, sopravvive grazie ad un piccolo gruppo di pescatori, non più di sette-otto, l’antica tecnica di pesca con le menaiche. Menaiche sono le piccole imbarcazioni, ma anche larghe reti da posta, con cui i pescatori locali catturano le alici più grandi nelle giornate di mare calmo, tra aprile e luglio, rispettando l’ecosistema e favorendo il ripopolamento. I pesci sono estratti manualmente dalle maglie delle reti, uno ad uno, e scapati, cioè privati di testa ed interiora direttamente sulle barche. Si sistemano quindi in cassette di legno, senza utilizzare né il ghiaccio né altri tipi di refrigerante durante il trasporto, e sono lavorate immediatamente al rientro in porto. Le carni bianche e tenere delle alici di Pisciotta, ormai completamente prive di sangue, vengono messe a spurgare nelle trezzarole, piccoli tini in legno di castagno, e poi disposte in vasetti di terracotta, alternate a strati di sale. Da questo momento inizia la fase di stagionatura, che avviene nei cosiddetti magazzeni, locali freschi e umidi dove un tempo si ricoveravano le barche e lasciate maturare per almeno tre mesi. Tutti i pescatori eseguono la salagione delle alici, ma solo due hanno un laboratorio a norma. La speranza è che anche altri si dotino al più presto di strutture idonee per poter trasformare un’antica pratica, che si tramanda da generazioni, in un’attività economica vera e propria. Il Presidio in questo gioca un ruolo fondamentale: assicurare un reddito adeguato a questo piccolo gruppo di pescatori, al fi ne di salvare una tradizione importante e tutelare una microeconomia basata su prodotto gastronomico di altissima qualità, quasi sconosciuto. Nei mesi di marzo e aprile, ogni anno, quando il mare è calmo e pescoso, i pescatori organizzano il pescaturismo: il turista è invitato a salire a bordo delle menaiche e partecipare direttamente alla pesca delle alici; si può tirare la rete, estrarre manualmente il pescato e consumare a bordo il pasto semplice ma freschissimo. Le alici di menaica si consumano in vari modi: fresche, sotto sale, crude o cotte. Le ricette che le vedono protagoniste sono tantissime. Sbiancate dal limone, condite con olio extravergine di oliva, aglio e prezzemolo sono la base per tantissime preparazioni: antipasti, sughi per la pasta, secondi di mare. Le alici inchiappate sono una delle tante tipicità della zona: si farciscono le alici con formaggio caprino, uova, aglio e prezzemolo poi infarinate, fritte e cotte lentamente in una salsa di pomodoro fresco. Le ammolicate sono, invece, le alici condite con mollica di pane, aglio e prezzemolo. Una vera scoperta per il palato. Le alici di Pisciotta non soltanto sono ottime al gusto, ma anche belle alla vista: si distinguono per le straordinarie tonalità di argento che ricordano le onde del mare colpite dal sole al tramonto. Ricordano il Cilento, dove la natura ha messo insieme i colori e i profumi. A noi il dovere e l’impegno di salvaguardarle. Chiara Papotti

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La pesca degli squali di profondità in Somaliland di Gianluigi Negroni

Questa storia parte da una missione in un villaggio di pescatori del Somaliland: Maydh. Maydh si trova nella regione di Sanaag e la sua comunità di pescatori sta cambiando il proprio target di pesca: dalla pesca pelagica, diretta principalmente a tonno skipjack o tonnetto striato (Katsuwonus pelamis), tonno pinna gialla (Thunnus albacares) e coiba (Rachycentron canadum), molti di

loro sono stati incentivati a pescare uno squalo di profondità, il gulper shark in lingua inglese, sagrì o centroforo comune in italiano1 (Centrophorus squamosus e C. granulosos). La compagnia locale che organizza la pesca di questo squalo e lo acquista è la Abusaliid Fishing Company, che ha ricevuto un’autorizzazione a breve termine per la pesca pilota del gulper shark, indhatooshle in lingua

Squalo di profondità appena pescato per la produzione di olio di fegato.

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locale. L’azienda fornisce il carburante e gli attrezzi da pesca; il pagamento avviene per pezzo (0,60 USD) e non per chilogrammo. Inoltre, accetta qualsiasi dimensione e quantità di questa specie. L’azienda ha già un’altra attività simile a Las Korey, un centinaio di chilometri più ad est. L’impresa ha una unità basica di lavorazione per essiccare il filetto ed estrarre l’olio di fegato di squalo; il filetto essiccato è destinato al mercato africano, mentre l’olio estratto dal fegato va alla clientela dell’Estremo Oriente. L’unità di lavorazione impiega più di 50 persone per essiccare il pesce ed estrarre l’olio di fegato ed è diventata il più grande “datore di lavoro” a Maydh, assorbendo la manodopera disponibile e distogliendo i pescatori dal catturare le altre specie. È interessante saperne di più su questa attività e ricordare che i pescatori del Somaliland in passato pescavano tradizionalmente con il palangaro in superficie gli squali per la pinna e l’olio di fegato, ma non delle specie a cui ci riferiamo in questo articolo. Ciò ha comportato un forte esaurimento delle risorse soprattutto durante il periodo bellico e subito dopo, poiché non vi era né mercato né catena del freddo per altre specie. Alcune specie di squali che vivono in profondità hanno fegati ricchi in olio, un prodotto richiesto dall’industria perché contiene squalene. I principali settori interessanti sono l’industria cosmetica e, in misura minore, quella nutraceutica e quella farmaceutica (Grafico 1). Lo squalene si estrae anche dai vegetali (olive, germe di grano e riso, amaranto, che possono subire fluttuazioni della produzione ed hanno anche

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Somiglianze morfologiche nel genere Centrophorus

Distribuzione del Centrophorus granulosus

Fonte: Bloch & J.G. Schneider.

Grafico 1 – Uso dell’olio di squalo, settori

cemente. Le femmine raggiungono la maturità intorno ai 12-16 anni, i maschi dai 7 agli 8 anni (scala di maturità a sette stadi per gli squali vivipari3). Sono squali ovovivipari, il che significa che l’unica cura che i genitori che danno ai piccoli è durante il periodo di incubazione. Poiché non tutti gli ovociti si sviluppano, quando un embrione si forma, talvolta due, le femmine mangiano le restanti uova fecondate (oofagia4). L’aspettativa di vita delle femmine varia tra i 54 e i

Fonte: prnewswire.com una domanda alternativa per altri usi) ma è più caro di quello estratto dagli squali2. Caratteristiche biologiche del gulper shark È una specie oceanica che vive in acque temperate e tropicali comprese tra i 100 e i 1400 metri di profondità (330-800 più comune, ma si segnalano anche profondità maggiori); i giovani vivono nelle acque più superficiali. Abita le pendici continentali superiori e le piattaforme continentali marine esterne; è una

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specie altamente migratoria e ha abitudini di gruppo6. Ha caratteristici occhi verdi. Si nutre principalmente di pesci, ma anche di cefalopodi e crostacei. Arriva ad una lunghezza adulta di massimo un metro, con femmine leggermente più grandi. Si tratta di una specie vulnerabile attualmente, a causa principalmente della pesca eccessiva unita ad un periodo di gestazione anormalmente lungo (due anni circa) e della bassa fecondità (da 2 a 10 parti per ogni femmina al massimo), che impedisce alla popolazione di riprodursi velo-

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Olio di fegato di squalo. 70 anni. Avere una lunga aspettativa di vita ma un basso tasso di riproduzione netto suggerisce che la popolazione di squali gulper correrebbe un rischio molto elevato se troppi di loro fossero catturati da uno sforzo di pesca eccessiva5. Nell’Atlantico si pesca anche il pescecane portoghese (Centroscymnus coelolepis), oggetto di una cattura specifica che potrebbe metterlo in pericolo d’estinzione. Negli squali di profondità il fegato può arrivare a rappresentare il 25% del peso corporeo; il grande volume del fegato viene usato da questi squali per stabilizzarsi a differenti profondità in quanto non hanno la vescica natatoria7. Mercato dello squalo Si pensa — senza prove scientifiche — che l’olio di fegato di squalo produca effetti benefici su numerose patologie, dai tumori alle malattie della pelle, al diabete, soprattutto in Estremo Oriente ed in Cina. Bisogna però sempre considerare che nel fegato di squalo (che è un predatore) c’è il pericolo di forti accumuli di metalli pesanti e di composti organici persistenti. Dello squalo si utilizzano anche le pinne, che vengono essiccate ed esportate in Cina, dove vengono altamente remunerate e sono utilizzate per l’alimentazione umana. Le carni sono utilizzate fresche ed essiccate. Sembra che l’olio degli squali che

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vivono nelle acque tropicali sia di migliore qualità rispetto a quello estratto dalle specie che vivono nelle acque temperate, ma non vi sono dati scientifici al riguardo. Le principali aree di pesca degli squali di profondità sono l’Africa, il Mediterraneo, l’Oceano Indiano, il Pacifico ed il Sud Est Atlantico. I principali produttori sono Filippine, India, Australia, Nuova Zelanda e Spagna anche indirettamente. Non vi sono statistiche affidabili in quanto lo squalene non è considerato per consumi alimentari. L’incremento della richiesta dell’olio di fegato con un buon contenuto di squalene sta attraendo varie imprese per la produzione e distribuzione. Aziende key players sul mercato sono Arbee Biomarine Extracts Pvt Ltd, Egao Co Ltd., Nippon Shoseki Hanbai Inc., Arrowhead Healthworks, Norwegian Fish Oil AS, Shark Liver Oil UK, Lýsi hf. Amyris, Arbee Fish Oil, Seadragon Marine Oils Limited, Kishimoto Special Liver Oil Co. Ltd. ed altri. Giappone, Cina, Corea e USA sono fra i maggiori clienti di olio di fegato di squalo per uso nell’industria nutraceutica e cosmetica2. La dimensione del mercato dello squalene potrebbe raggiungere i 241,9 milioni di dollari entro il 2022, con una maggiore generazione di entrate prevista dalle applicazioni per la cura personale e cosmetiche nelle creme idratanti e antietà7. Grandi aziende cosmetiche come L’Oreal e Unilever hanno però annunciato di non voler più utilizzare oli derivati dallo squalo come ingredienti, passando agli oli derivati dalle piante. Amyris Inc. ha sviluppato un nuovo brevetto che attraverso il metabolismo dei lieviti produce squalene. Lo squalene prodotto da Amyris rappresenta oltre il 10% dell’offerta totale del mercato attraverso distributori in vari Paesi7. Conclusione Il gulper shark o centroforo, pur non essendo molto conosciuto, crea delle buone opportunità lavorative, sia che per gli imprenditori che per i pescatori anche in aree remote e non dotate di una buona catena del freddo. Il problema principale per

questa specie risiede nello sforzo di pesca, che deve rispettarne la biologia, e in particolare il periodo di maturità e gestazione. Ad oggi, soprattutto nelle zone tropicali del pianeta, non esistono ancora delle statistiche affidabili ed è difficile capire il livello di sfruttamento degli stock. Si ritiene quindi utile applicare un approccio precauzionale per la pesca di questo squalo. Gianluigi Negroni Note 1. www.floridamuseum.ufl.edu/ discover-fish/species-profiles/ centrophorus-granulosus 2. www.persistencemarketresearch.com/market-research/ shark-liver-oil-market.asp 3. CLARKE M.W., CONNOLLY P.L., BRACKEN J.J. (2005), Age estimation of the exploited deepwater shark Centrophorus squamosus from the continental slopes of the Rockall Trough and Porcupine Bank, Journal of Fish Biology; UNGARO N. (2008), Field manual on macroscopic identification of maturity stages for the Mediterranean fishery resources, FAO, www.faomedsudmed.org 4. S EVERINO R ICARDO B., A FON SO-DIAS M., AFONSO-DIAS I., DELGADO J. (2009), Aspects of the biology of the leaf-scale gulper shark Centrophorus squamosus (Bonnaterre, 1788) off Madeira archipelago, Life and Marine Sciences. 5. Ibidem. 6. Guallart J. (1998), Contribucion al conocimiento de la biologia y la taxonomia del tiburon batial c entrophorus granulosus (Bloch y Schneider, 1801) en el Mar Balear (Mediterraneo occidental), PhD Thesis, Universitat de Valencia. 7. Squalene Market Size By Source (Shark Liver, Vegetable, Synthetic), By Application (Cosmetics, Supplements, Pharmaceuticals), Industry Analysis Report, Regional Outlook, Application Potential, Price Trends, Competitive Market Share & Forecast, 2015-2022, www.gminsights. com/industry-analysis/squalenemarket

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CURIOSITÀ

La cozza verde, una vera e propria scoperta a beneficio della nostra salute Dalla natura spesso arrivano direttamente alcune risposte alle nostre richieste di salute e benessere che spesso vengono confermate anche dagli studi scientifici. Una tra tante riguarda la cozza della Nuova Zelanda. La cozza verde (Perna canaliculus), conosciuta anche come Mitilo verde della Nuova Zelanda, è un mollusco bivalve appartenente alla famiglia Mytilidae. A differenza delle sue “colleghe” nere non vive a pelo d’acqua, possiede un solo muscolo adduttore (quello posteriore), un guscio di colore verde e dimensioni maggiori rispetto alle cozze solitamente servite nei nostri ristoranti. Può raggiungere anche 24 cm di lunghezza e si nutre di vari tipi di fitoplancton che ricava per filtrazione dell’acqua marina attraverso le branchie. Vive in profondità lungo le coste calde centrali e settentrionali della Nuova Zelanda in modo spontaneo o allevato e la sua presenza in superficie è limitata dalla incapacità di

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sopravvivere all’esposizione all’aria. Rispecchia le caratteristiche delle acque ricche e biologiche delle coste neozelandesi in cui vive: possiede infatti nutrienti di alta qualità. È provvista di una conchiglia ricca di carbonato di calcio, costituita da due valve articolate tra loro da un legamento elastico di natura proteica, costituito da conchiolina. La conchiglia è formata da tre strati — periostraco, prismatico, nacre o madreperla —, presenta una forma subquadrangolare, allungata, più o meno allargata nella parte centrale; esternamente è verde brillante con striature brunastre parallele all’asse maggiore della conchiglia ed internamente madreperlacea, con margine verde e tratti brunastri. Queste particolari cozze hanno suscitato molto interesse da parte della comunità scientifica per le loro caratteristiche nutrizionali e i benefici sulla salute delle articolazioni emersi osservando le comunità costiere di Maori che consumavano questo mollusco e nelle quali era

presente una minore incidenza di artrite rispetto alle loro controparti europee. Il motivo sarebbe da ricercare nella loro ricchezza in glicosaminoglicani, zuccheri necessari per mantenere in salute le articolazioni e riparare i nervi danneggiati dal tempo o da particolari traumi. Di conseguenza, questi zuccheri estratti dalle cozze verdi rappresentano un aiuto importante per chi ha problemi alle cartilagini articolari. Devono essere assunti in una certa quantità e per questo sono usati sotto forma di integratori alimentari; prodotti che favoriscono la produzione di liquido sinoviale, che svolge un’azione lubrificante proteggendo le superfici articolari dall’usura e favorendo la mobilità. Anche negli studi sugli animali, sono emersi effetti positivi per i disturbi legati all’osteoartrite, malattia degenerativa delle articolazioni di cani, gatti e cavalli. Dott. Luca del Grammastro Controllo Qualità e Sicurezza Alimentare

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A COCOTTE NELLA PRATIC ROONDE IC ADATTA AL M


MERCATI

Nel 2019 fatturato pari a 1,7 miliardi di euro, 1,3 dei quali ascrivibili al tonno

Il mercato delle conserve ittiche in Italia di Roberto Villa

Buona performance per il comparto alimentare del tonno in scatola che, nel 2019, secondo i dati dell’ANCIT (Associazione Nazionale Conservieri Ittici e delle Tonnare), continua a registrare un incremento della produzione nazionale (circa 74.000 tonnellate, +0,25%) e del valore di mercato, confermandosi come tra i comparti in crescita dell’industria alimentare italiana. Nel 2020, durante il confinamento forzoso, il tonno in scatola si è rivelato protagonista del carrello della spesa con consumi molto elevati (+33,6% nelle settimane dell’inizio dell’emergenza). Gli Italiani, dun-

que, continuano a premiare questo alimento capace di coniugare gusto, qualità e attenzione al portafoglio e che, da una ricerca DOXA/ANCIT, risulta essere presente nel 94% delle case dei nostri concittadini. Il tonno in scatola si conferma uno dei comparti più dinamici dell’industria alimentare italiana Nel nostro Paese, il 2019 ha registrato un valore di mercato di circa 1,32 miliardi di euro (+1,7% rispetto al 2018) con una produzione nazionale di oltre 74.000 tonnellate (+0,25%) mentre il consumo da parte degli

Secondo le elaborazioni di ANCIT, durante il confinamento di primavera il tonno in scatola si è rivelato protagonista del carrello della spesa dei consumatori italiani con consumi molto elevati: +33,6% nelle settimane dell’inizio dell’emergenza (photo © ancit.inc-press.com).

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italiani ha toccato quota 153.000 tonnellate (circa 2,5 kg pro capite), per un settore che conta circa 1.500 addetti. Nello stesso arco di tempo, le esportazioni hanno raggiunto quota 25.703 tonnellate (+3,5%), confermando un crescente interesse per il nostro prodotto all’estero. Quella dell’export è una crescita lenta, ma segna una tendenza costante. Negli ultimi 5 anni (2014-2019) si è registrato un incremento del 24% delle esportazioni, in cui prevalgono i Paesi dell’UE (circa 18.700 tonnellate nel 2019) tra i quali primeggiano Germania e Grecia, sui Paesi Terzi (poco meno di 7.000 tonnellate) come Canada, Arabia Saudita ed Emirati Arabi tra i principali destinatari. Mentre le importazioni si sono attestate a 94.607 tonnellate (–8,62%). Oltre al tonno in scatola o in vasetto, che da solo fa la parte del leone con 1,32 miliardi di euro, per il resto del comparto conserviero ittico — che comprende sgombri, acciughe, sardine — ANCIT ha calcolato un fatturato 2019 di circa 380 milioni, per un valore totale di tutte le conserve ittiche (tonno ed altre) di oltre 1 miliardo e 700 milioni. Nel 2020, il Coronavirus ha cambiato le nostre abitudini, i modi di vivere la quotidianità ma anche la composizione del carrello della spesa alimentare, premiando soprattutto quei prodotti a lunga conservazione, nutrienti, sicuri, convenienti e pronti al consumo, come le conserve ittiche. Le linee guida sono arrivate anche dall’OMS–Organizzazione Mondiale della Sanità, che nei “Suggerimenti alimentari e nutrizionali durante l’auto-quarantena”1 ha indicato gli

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alimenti ad alto valore nutrizionale, accessibili e con una lunga conservabilità, con un focus sulle conserve ittiche, buone fonti di proteine ad alto valore biologico e di grassi favorevoli alla salute. Consumi e aspetti nutrizionali Complessivamente nei primi cinque mesi del 2020 le vendite a volume del totale delle conserve ittiche (tonno in scatola, sgombri, sardine, acciughe, salmone e altri prodotti) è aumentato attestandosi ad un totale di 41.452 tonnellate (dati aggiornati a maggio 2020), con incrementi che si mantengono a due cifre quasi per tutte le tipologie, con risultati interessanti soprattutto per il tonno in scatola (con un totale di vendite a volume di 33.810 tonnellate, dato cumulativo delle categorie tonno sottolio, al naturale e a filetto, +26%), per acciughe (1.650 tonnellate, +24%) e sgombri (2.586 tonnellate, +26%). I dati di consumo confermano una crescita importante della do-

manda di tonno in scatola da parte del consumatore italiano, che lo considera un prodotto sicuro, salubre, gustoso e pratico. I consumatori totali di tonno in scatola sono il 94% della popolazione e quasi un italiano su due (43%) lo mangia ogni settimana, soprattutto perché è salutare, conveniente e rispecchia gli stili di vita moderni (ricerca DOXA/ ANCIT). Inoltre, il tonno in scatola è un alimento internazionale privo di limiti culturali, etnici o religiosi. Dal punto di vista nutrizionale, secondo LUCA PIRETTA — gastroenterologo e nutrizionista, docente di allergie e intolleranze alimentari presso l’Università Campus Biomedico di Roma — «il tonno in scatola è un alimento estremamente nutriente e una risorsa importante per il benessere e la sussistenza dell’organismo. Oltre ad essere parte integrante della dieta mediterranea, consente di ottimizzare tutte le funzioni vitali, anche nella versione in scatola che, grazie alle tecniche di conservazione e al

processo di sterilizzazione che non richiedono l’aggiunta di conservanti, mantiene le caratteristiche nutrizionali simili a quelle del tonno fresco. Entrambi sono ricchi di proteine nobili (addirittura il tonno in scatola ne contiene una quantità maggiore rispetto a quello fresco), ambedue apportano acidi grassi Omega-3, seppure in percentuali diverse, e anche il contenuto di vitamine e sali minerali rimane inalterato: il tonno in scatola come quello fresco, è ricco di iodio, potassio, ferro, fosforo e vitamine del gruppo B». Roberto Villa Nota 1. WORLD HEALTH ORGANIZATION, Food and nutrition tips during self-quarantine, www.euro. who.int/en/health-topics/healthemergencies/coronavirus-covid-19/publications-and-technical-guidance/noncommunicablediseases/food-and-nutrition-tipsduring-self-quarantine

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Export 2020: in piedi nonostante tutto Il Covid-19 ha inciso in maniera significativa su import ed export, ma il comparto agroalimentare tiene, molto meglio di altri settori: lo dice l’analisi sull’andamento degli scambi nei primi nove mesi del 2020 effettuata dal CREA, il Consiglio per la Ricerca in Agricoltura di Sebastiano Corona

La pandemia e le relative restrizioni non hanno avuto un impatto solo sul mercato interno del comparto, ma hanno generato ripercussioni importanti anche nei rapporti commerciali con gli altri Paesi, sia per ciò che concerne le merci in ingresso, sia in uscita. Al fi ne di comprendere ed analizzare questo fenomeno, il CREA, Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, ha analizzato l’andamento degli scambi nei primi nove mesi del 2020. Le restrizioni dovute al Covid-19 si sono presentate in un momento favorevole per il comparto, interrompendo un trend di crescita importante. Nel 2019, infatti, si confermava l’andamento positivo delle esportazioni che avevano raggiunto i 44,4 mld di euro. Anche l’import era però aumentato, dell’1,4%, dopo il calo del 2018. Alla vigilia dell’arrivo della pandemia, il peso dell’agroalimentare sul commercio totale di merci tornava a crescere sia per l’import (10,5%), sia per l’export (9,2%). Negli ultimi anni la crescita dell’export era superiore a quella dell’import, con un netto calo del deficit e una bilancia agroalimentare prossima al pareggio. Rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, il primo semestre ha fatto registrare un calo del 4,6% del valore delle importazioni, l’export è cresciuto di oltre il 2%, mentre nello stesso periodo gli scam-

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bi complessivi di merci dell’Italia si sono ridotti del 16% circa. Il settore agroalimentare ha mostrato, dunque, una maggiore tenuta rispetto agli altri comparti, evidentemente più sensibili alle restrizioni e alla crisi economica che ne è derivata. Un fenomeno similare si era verificato negli anni 2008-09, durante i quali l’impatto della recessione era stato, sia per import che per export nazionale, meno rilevante rispetto agli altri comparti produttivi e si era attestato su cifre rispettivamente dell’8 e del 6%, a fronte di un crollo degli scambi complessivi di merci del nostro Paese superiore al 20%. Nel complesso, nei primi 9 mesi del 2020 si è registrato un calo tendenziale dell’import a fronte di una crescita dell’export, ma è bene sottolineare che si tratta di un andamento diversificato.

Per ciò che concerne l’import: aprile e maggio sono infatti i mesi più colpiti, ma da giugno si nota un’attenuazione delle contrazioni. L’export ha un’ottima partenza nel I trimestre, un calo a maggio (–11,4%) e una ripresa da giugno, con un saldo positivo nel 2020. Nel 2019, più del 60% delle importazioni agroalimentari era rappresentato da prodotti trasformati. Un terzo dell’import era di prodotti del settore primario, in parte per la nostra industria di trasformazione e, infi ne, delle bevande (marginale, ma in aumento, con oltre il 4%). Il 2020 si presenta con un aumento già nelle prime settimane, alle quali seguono un aprile e un maggio in contrazione generalizzata per tutti e tre i settori (soprattutto per i trasformati). Da giugno si evidenzia una ripresa dei flussi in entrata per i tre settori, che si chiude, però, ad

Nell’analisi dell’import per prodotti, nei primi 9 mesi del 2020 si rileva che l’85% concerne prodotti finiti per consumo diretto e questa quota si conferma anche nel 2020. Sebbene il calo sia generalizzato e riguardi tutti i principali prodotti, quelli ittici sono i più colpiti, in particolare crostacei e molluschi, soprattutto a causa dell’inoperatività del canale Ho.re.ca.

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ottobre — ultimo dato disponibile del CREA —, con un netto calo generalizzato, da imputare principalmente ai prodotti trasformati dell’industria alimentare. Nell’analisi dell’import per prodotti, nei primi 9 mesi del 2020 si rileva che l’85% concerne prodotti fi niti per consumo diretto e questa quota si conferma anche nel 2020. Sebbene il calo sia generalizzato e riguardi tutti i principali prodotti, quelli ittici sono i più colpiti, in particolare crostacei e molluschi, soprattutto a causa dell’inoperatività del canale HO.RE.CA. Il caffè greggio dal Brasile ha fatto registrare una minore disponibilità di prodotto, dovuta a difficoltà logistiche e a problemi nell’andamento dell’industria e i 3 principali comparti di importazione, quali carni, prodotti ittici e lattiero-caseari — che da soli rappresentano quasi il 30% dell’import agroalimentare dell’Italia — si sono mostrati in calo per una percentuale tra il 7 e il 12. È interessante, tuttavia, osservare anche all’interno del semestre in analisi, in quali mesi e in concomitanza con quali misure restrittive si siano verificati alcuni fenomeni economici. Si rileva infatti che il calo semestrale dell’import agroalimentare sia imputabile esclusivamente all’andamento del secondo trimestre, con una contrazione in valore che annulla l’aumento del 3,2% dei primi tre mesi. In particolare, in quella fase, rispetto al primo trimestre 2019, a fronte di una stabilità dell’import di prodotti primari, si evidenzia un incremento di quasi il 3% dell’industria alimentare. Nello stesso periodo gli acquisti dall’estero di bevande, che pesano circa il 5%, crescono del 43%, grazie soprattutto alla birra. Un ulteriore dettaglio temporale evidenzia come il netto calo dell’import di prodotti trasformati sia legato quasi esclusivamente all’andamento di aprile e maggio, mentre a giugno è evidente una ripresa, con valori vicini a quelli del 2019. Sia per i prodotti primari che per le bevande, giugno mostra fortunatamente un ritorno dei valori ai livelli del 2019.

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Focus sull’export Per l’export la contrazione nel secondo trimestre è nettamente più contenuta rispetto a quella dell’import e, nell’andamento complessivo semestrale, non annulla la netta crescita registrata nei primi tre mesi. Come per le importazioni, anche le esportazioni nel primo trimestre aumentano per i tre settori, soprattutto per le bevande, e per i prodotti trasformati, dove l’incremento in valore supera il 10%. Il calo del 3,6% del secondo trimestre è invece imputabile quasi esclusivamente alle minori esportazioni di bevande, con un –14,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Per l’industria alimentare la riduzione in valore è molto contenuta (–0,3%), mentre per i prodotti primari si evidenzia un segno addirittura positivo anche nel secondo trimestre, sebbene molto limitato (+0,3%). Per il settore primario, l’analisi mensile delle esportazioni conferma una sostanziale stabilità. Per i prodotti trasformati, invece, dopo un’ottima performance nei primi tre mesi del 2020, si registra un netto calo ad aprile e maggio e una ripresa solo a giugno, con un indice che torna a crescere rispetto al 2019. Anche per le bevande, dopo un andamento nei primi tre mesi sostanzialmente in linea con il 2019, segue una riduzione ad aprile e maggio, mentre a giugno il valore dell’export torna in linea con l’anno precedente. Nel complesso, quindi, sia per i flussi in uscita che in entrata, dopo un andamento sostanzialmente stabile o in crescita nei primi tre mesi del 2020, si rileva un calo ad aprile e maggio fino a una diffusa ripresa a giugno, con valori in linea o quasi con quelli di giugno 2019. Facendo invece un’analisi per aree di riferimento, si assiste alla frenata del mercato asiatico e della Cina. Nei primi 9 mesi del 2020 si osserva comunque la tenuta dei principali clienti: i primi 6 assorbono più della metà delle nostre esportazioni, tutti stabili o in crescita rispetto al 2019. È buono l’andamento delle vendite in Ger-


Generalizzato è stato il calo all’interno del comparto ittico, dove i crostacei e molluschi congelati sono i prodotti più colpiti nel secondo trimestre, con riduzioni superiori al 50% in valore e quantità (photo © Egor Myznik x unsplash). mania, che si conferma un importante mercato per i trasformati come pasta, conserva di pomodoro, ma anche vino, così come per il settore primario. Si registra una crescita anche del Nord America, sia USA che Canada. Verso la Spagna e United Kingdom, invece, calano molti dei principali prodotti. Analisi per regioni Nel fare un’analisi regionale sui primi 9 mesi, si nota che l’impatto maggiore l’ha accusato il Nord. Nel II trimestre le prime 4 regioni (peso superiore al 60%) sono in calo di una percentuale tra il 5 e il 10. Incide la composizione del paniere: a Nord soffrono vino, lattiero-caseario e carne. Al Sud pasta, conserve di pomodoro e olio. La Sardegna, con Pecorino e Fiore Sardo, segna un clamoroso decremento verso tutti i principali mercati (dove il peso degli USA è

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maggiore dell’80%), mentre la Calabria accusa il colpo su oli essenziali e succhi di frutta, l’Umbria su tabacco e olio, il Friuli Venezia Giulia sul caffè torrefatto (in particolar modo verso gli USA). Analisi merceologica Passando all’analisi merceologica si nota che, ad incidere sulla riduzione delle importazioni del settore primario nel II trimestre, sono diversi i comparti — primi fra tutti i prodotti della pesca, della silvicoltura e i prodotti degli allevamenti — ad avere contrazioni in valore superiori al 30%. Come già evidenziato, è però bene ricordare che spesso l’andamento dei valori non rispecchia quello delle quantità scambiate. Per i prodotti della pesca e della silvicoltura la contrazione delle quantità importate è rispettivamente più contenuta e più

marcata del valore, mentre per i prodotti degli allevamenti si ha addirittura una crescita delle quantità importate. Altri due importati comparti del settore primario con flussi in entrata in netto calo sono “cacao, caffè, tè e spezie” (–15,9%) e animali vivi (–13,1%). Ad attenuare l’andamento negativo generalizzato delle importazioni nel settore primario c’è la crescita dei flussi di altri importanti comparti. È il caso delle importazioni di cereali (oltre il 6%), come pure frutta fresca e semi e frutti oleosi. Riguardo l’industria alimentare, per tre dei quattro principali comparti di importazione le riduzioni in valore nel secondo trimestre sono rilevanti: carni fresche e congelate (–21,2%), prodotti lattiero-caseari (–12,6%) e prodotti ittici (–25,6%). Per il comparto lattiero-caseario l’andamento negativo in valore e quantità riguarda sostanzialmente tutti i principali prodotti di importazione. Generalizzato è anche il calo all’interno del comparto ittico, dove i crostacei e molluschi congelati siano i prodotti più colpiti nel secondo trimestre, con riduzioni superiori al 50% in valore e quantità. All’interno del comparto carni, le prime quattro voci, riferite a carni bovine e suine semilavorate e disossate, mostrano contrazioni superiori al 20% in valore e al 10% in quantità. In generale, per quasi tutti i comparti dell’industria alimentare la riduzione in volume, sebbene rilevante, è più contenuta di quella in valore. Si è trattato dunque di un periodo nel complesso difficile e imprevedibile, da ogni punto di vista, con un andamento schizofrenico condizionato dall’incertezza, che ha generato problemi sul piano commerciale e della programmazione. Sarà interessante osservare ed analizzare i dati degli ultimi mesi del 2020 e dei primi del 2021, per comprendere quale sia stato l’effettivo impatto della pandemia sui mercati. Nella speranza che questa brutta pagina si possa considerare del tutto superata o quasi. Sebastiano Corona

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ANALISI DI MERCATO

Sempre più green: la sostenibilità conquista le etichette dei prodotti a marca commerciale 18 prodotti su 100 hanno un claim ecologico in etichetta: un paniere che ha aumentato le vendite del 10,2% in un anno, superando gli 1,7 miliardi di euro di sell-out. Sostenibilità agricola o negli allevamenti e responsabilità sociale sono i valori più segnalati in confezione. A rivelarlo è il monitoraggio condotto dal nuovo Osservatorio Immagino La marca del distributore è sempre più “green”: a rivelarlo è la nuova edizione, l’ottava, dell’Osservatorio Immagino realizzato da GS1 Italy in collaborazione con NIELSEN. Da questo report emerge che, nell’arco di un anno, sono saliti a 6.407 i prodotti a private label sulle cui confezioni compare almeno un claim relativo al mondo della sostenibilità. In 12 mesi le loro vendite sono salite di un +10,2%, arrivando a oltre 1,7 miliardi di euro. Ma, nonostante questo trend sopra media, nel paniere dei prodotti a marca del distributore l’incidenza dei prodotti sostenibili è ancora bassa: la loro quota sul giro d’affari si ferma al 22,8%, contro il 24,4% detenuto dai prodotti green sul totale del largo consumo confezionato. Partendo dalla sua ampia base di analisi, composta da 115.000 prodotti del largo consumo (corrispondenti all’82,1% del giro d’affari realizzato in ipermercati e supermercati italiani), Osservatorio Immagino si è focalizzato sui prodotti a marca commerciale che evidenziano in etichetta i loro valori legati al mondo della sostenibilità e li ha organizzati in quattro diversi panieri in base al tipo di claim presente sulle confezioni.

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Il paniere più rilevante è quello costituito dai prodotti presentati come provenienti da agricoltura o allevamento sostenibili, col 32,6% di incidenza sulle vendite totali delle private label “green”. Il secondo paniere per incidenza è quello dei prodotti ottenuti nel rispetto della responsabilità sociale (22,3% del giro d’affari). Seguono il paniere dei prodotti che rimandano al management sostenibile delle risorse (12,1%) e il rispetto degli animali (7,1%). Agricoltura e allevamenti sostenibili Con una crescita annua a valore di +12,3%, le vendite dei prodotti a marca privata segnalati come provenienti da agricoltura e allevamenti sostenibili hanno superato gli 870 milioni di euro. Gli aumenti a valore più significativi sono stati ottenuti dal claim “senza antibiotici” (+198,9%), spinto da un effetto combinato d’incremento dell’assortimento (+54,8%) e del boom della domanda (+144,1%). Performance molto positive anche per le referenze con “ingredienti 100% naturali” (+26,4%), con indicazioni di “filiera/tracciabilità”

(+18,7%) e certificati biologici/EU Organic (+10,1%). In flessione di un –7,3% invece le vendite dei prodotti “senza OGM”. Responsabilità sociale Crescita annua a doppia cifra (+13,5%) anche le vendite dei 1.312 prodotti a private label che richiamano in etichetta l’impegno sul fronte della responsabilità sociale e che realizzano 572 milioni di euro di sell-out in iper e supermercati. A spingere questo paniere è principalmente la certificazione da foreste gestite in modo responsabile FSC (+14,0% di vendite annue), seguita da quelle Fairtrade (+7,0%) e UTZ (+104,0%), seppur quest’ultima limitata ad un numero ridotto di prodotti a scaffale. Animal welfare & Co: l’importanza del rispetto degli animali, tutti Gli 80 prodotti a marca del distributore che riportano sulla confezione un claim relativo a tecniche di pesca sostenibile o all’esclusione di test condotti su animali sono cresciuti di +5,3% nell’arco dei 12 mesi analizzati. I prodotti con i claim “Friend of the sea” e “Cruelty free” hanno

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In un solo anno sono saliti a 6.407 i prodotti a private label sulle cui confezioni compare almeno un claim relativo al mondo della sostenibilità. Performance molto positive di vendita per le referenze con “ingredienti 100% naturali”, con indicazioni di “filiera/tracciabilità” e certificati biologici/EU Organic. realizzato 30 milioni di sell-out, per la quasi totalità concentrati nella drogheria alimentare. Risorse: management sostenibile Con 2.057 prodotti a marchio, realizzati facendo attenzione alla gestione sostenibile delle risorse, le

insegne hanno superato i 571 milioni di euro di vendite (+6,3% annuo). Tra le indicazioni in etichetta che registrano gli incrementi di vendita più significativi ci sono “compostabile” (+35,1%), “biodegradabile” (+26,5%), minor utilizzo della plastica nelle confezioni (+43,1%)

e riduzione degli sprechi (+14,3%). Trend positivo anche per i prodotti di cura della persona e della casa che evidenziano ingredienti “vegetali” e assenza di “fosfati” (+14,0%). Fonte: GS1 Italy Osservatorio Immagino tendenzeonline.info

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INDAGINI

Il mercato ittico dell’UE Parte II – Sistemi di qualità, Import-Export

Photo © Francesco Majo x unsplash

Sistemi di qualità delle Indicazioni Geografiche e Specialità Tradizionali Nel settore dei prodotti ittici esistono 53 prodotti registrati con i sistemi di qualità dell’UE. Questi si riferiscono alle Indicazioni Geografiche (IG), ossia le Denominazioni di Origine Protetta (D OP ) e le Indicazioni Geografiche Protette (IGP), nonché agli aspetti tradizionali, le Specialità Tradizionali Garantite (STG). Due terzi delle denominazioni (36) sono IGP, circa un quarto (14) sono DOP e il 6% (3) sono STG. Il numero di IG e STG è aumentato notevolmente

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nell’ultimo decennio, passando da 21 nel 2010 a 53 nel 2020. L’ultima denominazione registrata è l’IGP “Bulot de la Baie de Granville” (Francia, febbraio 2019). Dei 53 nomi registrati, 36, ovvero il 68%, lo sono negli Stati Membri dell’UE e il 32% proviene da Paesi Terzi. Gli Stati Membri in cui è registrata la maggior parte delle denominazioni sono Germania, Francia, Italia e Spagna: in ciascuno di questi Paesi, sono state registrate tra le 5 e le 7 denominazioni. Seguono Repubblica Ceca, Finlandia e Romania con 2 denominazioni, e poi i Paesi Bassi,

la Lettonia, il Portogallo, la Polonia, la Svezia, l’Irlanda e la Grecia con 1 denominazione ciascuno. In totale, 17 denominazioni provengono da Paesi Terzi: 14 nel Regno Unito ed 1 ciascuno in Cina, Norvegia e Vietnam. Tra le 53 denominazioni vigenti, 41 (il 77%) riguardano i pesci pinnati, 11 (il 21%) i molluschi ed una (il 2%) i crostacei. Inoltre, 26 (il 59%) si riferiscono a specie marine, 19 (il 36%) a specie d’acqua dolce, e 8 (il 15%) a specie migratorie il cui ciclo di vita si alterna in ambienti marini e in acque dolci.

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Le specie col maggior numero di marchi IG e STG sono le carpe, con 9 prodotti (in Germania, Repubblica Ceca e Polonia); le cozze con 5 prodotti (in Francia, in Italia, in Spagna e nel Regno Unito); il salmone con 5 prodotti (4 nel Regno Unito e 1 in Irlanda); l’acciuga, il merluzzo nordico, l’ostrica, il tonno ed il coregone con 3 prodotti ciascuno. Oltre la metà dei prodotti coperti da IG/ TSG (il 58%) è rappresentata da prodotti catturati, tra i quali spiccano acciuga, merluzzo nordico, tonno e coregone, mentre il 42% riguarda specie allevate (principalmente i molluschi, la carpa ed il salmone). Le IG/TSG possono riguardare prodotti non trasformati o trasformati. I prodotti non trasformati, che rappresentano il 43% delle denominazioni, sono prevalentemente i molluschi ed alcuni pesci pinnati. I prodotti trasformati rappresentano il 36% delle denominazioni: tra questi figurano, ad esempio, l’IGP “Mojama de Barbate” in Spagna (filetti loin di tonno essiccati e stagionati) o l’IGP “Glückstädter Matjes” in Germania (aringhe maturate). Alcune IG/TSG riguardano sia prodotti trasformati che non trasformati (il 21% delle denominazioni, ad esempio pesci interi o in filetti). Si stima che nel 2017 le vendite di pesci pinnati, molluschi e crostacei con marchi IG/TSG provenienti dall’UE-28 abbiano raggiunto 246.709 tonnellate e 1,42 miliardi di euro. Rispetto al 2013, le vendite di tali prodotti sono aumentate dell’83%, fino a rappresentare circa il 4% del valore totale delle vendite di prodotti ittici nell’Unione Europea. La maggior parte del valore (il 62%, ossia 0,88 miliardi di euro) riguarda la vendita di prodotti ittici sul mercato interno; seguono gli scambi tra Stati Membri (che coprono il 28% del totale con 0,4 miliardi di euro) e gli scambi tra l’UE ed i Paesi Terzi (il 10%, con 0,14 miliardi di euro). I prodotti IGP ne hanno rappresentato la quota maggiore (71%), seguiti dalle STG (22%) e dai prodotti DOP (7%). Nel 2017, Regno Unito e Francia sono stati i Paesi leader in termini di vendite, con l’I GP “Scottish

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Farmed Salmon”, la STG “Moule de Bouchot”, l’IGP “Huîtres Marennes Oléron” e la DOP “Moules de Bouchot de la Baie du MontSaint-Michel”. Nel 2017, tendenzialmente la “dimensione economica” dei prodotti STG ed IGP ha superato quella dei prodotti DOP; le vendite dei prodotti appartenenti alle tre categorie hanno raggiunto rispettivamente 36 milioni di euro, 32 milioni di euro e 8 milioni di euro. Import – Export Nel 2019, il valore totale dei flussi commerciali dell’UE di prodotti della pesca e dell’acquacoltura è stato di 60,78 miliardi di euro, in rialzo del 2% rispetto al 2018. Durante il decennio dal 2010 al 2019, è cresciuto ad un tasso annuo composto del 4%, fino raggiungere nel 2019 un livello superiore del 44% a quello di 10 anni prima in termini reali. Quasi la metà dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura dei flussi di import-export all’interno dell’UE e con Paesi Terzi è costituita da importazioni extra-UE, mentre le esportazioni extra-UE, pur seguendo un trend positivo in termini di valore nel corso dell’ultimo decennio (+58% in termini reali), hanno un ruolo molto meno importante, il che rende l’UE un importatore netto. L’altra metà è costituita da scambi interni all’UE, che comprendono prevalentemente esportazioni di salmone e merluzzo nordico di origine norvegese e islandese dagli Stati Membri settentrionali ad altri Paesi UE. Il saldo commerciale dell’UE Nel 2019, il disavanzo del saldo commerciale dell’UE si è attestato a 21 miliardi di euro, in lieve rialzo rispetto a quello registrato l’anno precedente. In un’ottica di lungo periodo, il disavanzo è cresciuto del 33% in termini reali dal 2010 al 2019. Tra gli Stati Membri dell’UE, la Svezia è l’importatore netto principale da Paesi Terzi, in quanto rappresenta il punto di ingresso più importante per i prodotti norvegesi di valore elevato destinati al mercato interno. Hanno registrato un peggioramento del saldo commerciale anche gli Stati Uniti

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Grafico 1 – Valore nominale dei flussi di import-export più importanti tra l’UE e i Paesi Terzi nel 2019 (miliardi di €)

Fonte: stime elaborazione EUMOFA di dati Eurostat-COMEXT (codice dataset: DS-016890). ed il Giappone, ossia i due maggiori importatori di prodotti della pesca e dell’acquacoltura dopo l’UE. Quasi la metà del disavanzo dell’UE del 2019 (il 49%, pari a 10,2 miliardi di euro) è dovuto a prodotti congelati. I prodotti freschi e quelli preparati/ conservati ne hanno rappresentato rispettivamente il 29% (6,1 miliardi di euro) e il 17% (3,6 miliardi di euro). In confronto al 2018, si è osservato un peggioramento del saldo commerciale per tutte e tre le categorie di conservazione principali. Confronto tra le importazioni di prodotti della pesca e dell’acquacoltura e di carne Nel 2019, il valore complessivo delle importazioni di prodotti agroalimentari e della pesca e dell’acquacoltura nell’UE è stato di 146,49 miliardi di euro. Di questi, il pesce ha rappresentato il 15% e la carne il 2%. L’UE è un importatore netto di prodotti della pesca e dell’acquacol-

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tura, mentre è un esportatore netto di carne. Nel Grafico 4 sono messi a confronto i valori delle importazioni di pesce e di carne dal 2010 al 2019, escludendo i prodotti preparati e non commestibili. La linea azzurra indica l’andamento seguito dal rapporto tra il valore delle importazioni di pesce e di carne. Nel 2019, il rapporto è salito a 5,99, il che significa che il valore delle importazioni di pesce ha superato di quasi sei volte quello delle importazioni di carne. Poiché il valore delle importazioni di carne è rimasto pressoché invariato durante il decennio oggetto dell’analisi, tale incremento è stato determinato dall’aumento del valore delle importazioni di pesce. Importazioni Extra-UE Nel 2019, le importazioni extra-UE di prodotti della pesca e dell’acquacoltura hanno raggiunto il picco decennale di 6,34 milioni di tonnellate, in aumento di quasi

460.000 tonnellate rispetto al 2010 (+8%). Dal 2018 al 2019, esse hanno registrato un incremento poco significativo (+0,3%, pari ad un aumento di 18.625 tonnellate). Anche il valore delle importazioni ha toccato un picco, raggiungendo 27,21 miliardi di euro. Si tratta di quasi 659 milioni di euro in più rispetto al 2018 (+2%), ma di un incremento del 38% in termini reali rispetto a 10 anni prima. I fornitori principali dell’UE di prodotti ittici rappresentano le stesse quote sul totale sia in termini di valore che di volume. Più di un quarto delle importazioni proviene dalla Norvegia. La Cina segue a distanza, contribuendo per meno del 10% al totale delle importazioni extra-UE, mentre l’Islanda, l’Ecuador, il Marocco, il Vietnam e gli Stati Uniti rappresentano ciascuno il 5% del totale. I prodotti più importati sono il salmone (prevalentemente di origine norvegese), i gamberi

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Grafico 2 – Valore nominale dei flussi di import-export più importanti tra l’UE e i Paesi Terzi nel 2019 (miliardi di euro). Dettaglio per Stato Membro

Fonte: elaborazione EUMOFA di dati Eurostat-COMEXT (codice dataset: DS-016890). (dall’Ecuador e dal Vietnam), il merluzzo nordico (dalla Norvegia e dall’Islanda), il tonnetto striato (dall’Ecuador), il pollack d’Alaska (dalla Cina e dagli Stati Uniti) e la farina di pesce per uso non alimentare (dalla Norvegia). Per quanto riguarda i gamberi, essi sono costituiti in larga parte da gamberoni e mazzancolle (più specificatamente da gamberi congelati del genere Penaeus), e da gamberi e gamberetti non appartenenti alla famiglia Pandalidae né alla specie Crangon, né alle specie di gambero rosa Parapenaeus longirostris e Penaeus. È importante sottolineare che, sebbene le importazioni siano riportate come tali da EUROSTAT-COMEXT sulla base dei flussi commerciali registrati dalle dogane nazionali, nella maggior parte dei casi gli Stati Membri interessati da tali flussi non sono i veri e propri paesi di destinazione, ma, piuttosto, i “punti di ingresso” dei prodotti della pesca e

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dell’acquacoltura importati nell’UE, che vengono poi commercializzati nel mercato interno. Ciò premesso, i primi cinque “importatori” dell’UE sono la Spagna, la Svezia, la Danimarca, il Regno Unito e i Paesi Bassi. Nel 2019, ciascuno di essi ha importato da Paesi Terzi oltre 500.000 tonnellate e 2,5 miliardi di euro di prodotti della pesca e dell’acquacoltura (gli importi precisi per i maggiori importatori sono riportati nel Grafico 5 e nel Grafico 6). La Spagna riceve un quinto delle importazioni extra-UE di prodotti ittici, approvvigionandosene principalmente dal Marocco, dall’Ecuador e dalla Cina, tutti Paesi che hanno aumentato le loro esportazioni dal 2018 al 2019. Tuttavia, nello stesso periodo, il valore totale delle importazioni da paesi extra-UE in Spagna è diminuito, a causa di una contrazione del 27% del prezzo all’importazione del polpo dal Marocco.

Analisi delle specie principali Salmonidi Il salmone è la specie più importante che l’UE importa da Paesi Terzi: nel 2019, ha rappresentato il 15% del volume totale delle importazioni extra-UE di prodotti della pesca e dell’acquacoltura e quasi un quarto del totale in termini di valore. Delle importazioni totali di salmonidi, che comprendono anche le trote e altre specie di salmonidi, quelle di salmone coprono il 98% del totale. Nel 2019, le importazioni di salmone hanno raggiunto un picco decennale di 966.220 tonnellate e 6,28 miliardi di euro, segnando un aumento del 5% in volume e del 3% in valore rispetto al 2018. Le importazioni di salmone sono costituite prevalentemente da prodotti interi freschi di origine norvegese, che nel 2019 hanno raggiunto 753.041 tonnellate e 4,56 miliardi di euro. La Svezia ne è stato il primo

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Grafico 3 – Paesi di origine principali delle importazioni extra-UE nel 2019 (in valore)

la crescita e diminuito il peso degli esemplari raccolti e quindi dei volumi totali. L’aumento del prezzo potrebbe essere spiegato anche dal lieve decremento dei volumi di raccolta dal 2015 al 2016 nel Regno Unito e in Irlanda. Crostacei Nel 2019, le importazioni UE di crostacei si sono attestate a 632.875 tonnellate per un valore di 4,74 miliardi di euro, in leggera diminuzione rispetto al 2018. Quasi il 90% del valore totale e il 94% del volume totale è costituito da importazioni di gamberi, prevalentemente da gamberoni e mazzancolle e da gamberi e gamberetti non appartenenti alla famiglia Pandalidae né alla specie Crangon, né alle specie di gambero rosa Parapenaeus longirostris e Penaeus.

Fonte: elaborazione EUMOFA di dati Eurostat-COMEXT (codice dataset: DS016890).

Grafico 4 – Importazioni extra-UE di prodotti della pesca e dell’acquacoltura e di carne, ed evoluzione del rapporto tra di esse in valore (miliardi di euro)

Fonte: elaborazione EUMOFA di dati Eurostat-COMEXT (codice dataset: DS016890) e DG AGRI. Valori deflazionati utilizzando il deflatore del PIL (base=2015). punto di entrata, in quanto Paese confinante. Negli ultimi 10 anni, le importazioni di salmone fresco intero dalla Norvegia sono cresciute in media del 6% all’anno in volume e dell’8% all’anno in valore. Vale la pena ricordare che, mentre dal 2010 al 2015 il prezzo medio all’importazione era di circa 4,60

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€/kg, dal 2016 al 2019 ha raggiunto una media di 6,30 €/kg. Il rincaro dal 2015 al 2016 è stato determinato da una battuta d’arresto delle importazioni (–40.000 tonnellate) ridottesi a seguito della contrazione della produzione causata dai trattamenti contro i parassiti che avevano incrementato la mortalità, rallentato

Gamberoni e mazzancolla I gamberoni e le mazzancolle importati nell’UE appartengono al genere Penaeus e sono congelati. Nel 2019, le importazioni di questa specie da paesi extra-UE hanno raggiunto 284.270 tonnellate e 1,99 miliardi di euro, rimanendo pressoché stabili rispetto al 2018 (–1%), ma sono diminuite del 4% in termini di valore complessivo a causa della diminuzione dei prezzi all’importazione. Più di un terzo delle importazioni UE di gamberoni e mazzancolle proviene dall’Ecuador, ed un altro 30% dal Vietnam e dall’India. I gamberi provenienti dai due Paesi asiatici, però, hanno un prezzo all’importazione maggiore di quelli importati dell’Ecuador, in quanto in Ecuador si produce solo la mazzancolla tropicale (Penaeus vannamei), mentre l’India e il Vietnam esportano anche il gambero gigante indopacifico (Penaeus monodon), che è più pregiato. La diminuzione dei prezzi all’importazione si deve all’aumento della rilevanza delle importazioni dall’Ecuador sul totale e alla diversità della gamma di prodotti provenienti dai fornitori principali: la maggior parte dei gamberi esportati dall’Ecuador sono HOSO (Head on, Shell on, ossia con la testa ed il guscio), mentre l’India esporta soprattutto gamberi sgusciati.

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Grafico 5 – Valore nominale delle importazioni extra-UE per Stato Membro nel 2019 e variazione % 2019/2018

Fonte: elaborazione EUMOFA di dati Eurostat-COMEXT (codice dataset: DS016890).

Grafico 6 –Volume delle importazioni extra-UE per Stato Membro nel 2019 e variazione % 2019/2018

Fonte: elaborazione EUMOFA di dati Eurostat-COMEXT (codice dataset: DS016890). L’Ecuador esporta gamberoni e mazzancolle soprattutto alla Spagna, alla Francia e all’Italia, mentre le esportazioni dal Vietnam e dall’India sono destinate principalmente al Regno Unito, ai Paesi Bassi e al Belgio. È bene precisare, tuttavia, che Rotterdam (nei Paesi Bassi) e Anversa (in Belgio) rappresentano porti importanti per gli sbarchi di prodotti ittici congelati provenienti dall’Estremo Oriente, e che quindi

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è probabile che le destinazioni “effettive” non siano i rispettivi Paesi. Gamberi diversi Nel 2019, le importazioni UE di gamberi e gamberetti non appartenenti alla famiglia Pandalidae né alla specie Crangon, né alle specie di gambero rosa Parapenaeus longirostris e Penaeus sono state pari a 248.351 tonnellate e 1,89 miliardi di euro, in calo di circa il 2% rispetto al 2018.

Tale diminuzione è da ricollegarsi alla riduzione delle importazioni dai tre fornitori principali, ovvero l’Argentina, che copre il 30% delle forniture totali ed esporta gamberi atlantici selvatici congelati (Pleoticus muelleri), e il Vietnam e l’India, che coprono circa il 10% ciascuno del totale. I prezzi all’importazione sono più elevati per i gamberi di origine vietnamita (8,52 €/kg nel 2019) perché comprendono per lo più prodotti preparati e conservati, mentre i gamberi provenienti dall’Argentina e dall’India sono stati importati rispettivamente a 6,06 €/ kg e 5,66 €/kg. Le importazioni dall’Argentina sono destinate principalmente alla Spagna e all’Italia, mentre i Paesi Bassi, il Regno Unito e il Belgio sono le destinazioni principali delle esportazioni dal Vietnam e dall’India. Anche in questo caso, tuttavia, bisogna tener presente che Rotterdam (nei Paesi Bassi) e Anversa (in Belgio) rappresentano porti importanti per gli sbarchi di prodotti ittici congelati provenienti dall’Estremo Oriente, e che quindi è probabile che non siano le destinazioni “effettive”. Pesci demersali Nel 2019, l’UE ha importato 1,32 milioni di tonnellate di pesci demersali da paesi terzi, per un valore complessivo di 5,15 miliardi di euro. Rispetto al 2018, tali importazioni sono diminuite del 2% in volume ma sono aumentate del 12% in valore (+544 milioni di euro), trainate dall’andamento registrato dalle importazioni di merluzzo nordico e di pollack d’Alaska. Merluzzo nordico Dal 2018 al 2019, la diminuzione delle importazioni dai primi tre fornitori (Norvegia, Islanda e Russia), ha in parte compensato l’aumento di quelle provenienti da altri paesi d’origine rilevanti, ovvero la Cina, gli Stati Uniti e le Isole Faroe. In totale, le importazioni extra-UE di merluzzo nordico sono passate da 503.784 tonnellate a 495.887 tonnellate (-2%), ma il prezzo medio all’importazione ha raggiunto un massimo decennale di 5,63 €/kg (+13% in confronto al

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(+26%), per un valore complessivo di 216 milioni di euro. Le importazioni tedesche dagli Stati Uniti, invece, sono diminuite del 4%, raggiungendo 36.578 tonnellate; con un rincaro del 30%, il loro prezzo ha toccato il picco decennale di 2,89 €/kg. Tonnidi I tonni importati nell’UE nel 2019 ammontavano a 787.613 tonnellate per un valore di 3,17 miliardi di euro. Si tratta quasi interamente di prodotti trasformati, di cui il 72% costituito da tonno in scatola e il 28% da tonno congelato. In termini di specie, più della metà delle importazioni UE di tonno comprende il tonnetto striato, seguito a distanza dal tonno pinna gialla.

Nel 2019, il valore totale dei flussi di import-export da e per l’UE di prodotti della pesca e dell’acquacoltura ha superato del 44% il valore registrato 10 anni prima (photo © Mitchell Luo x unsplash). prezzo del 2018), che ha portato ad un picco in termini di valore complessivo (cresciuto dell’11% rispetto al 2018, passando da 2,51 miliardi di euro a 2,79 miliardi di euro). Il rincaro in termini reali ed il raggiungimento di un picco decennale in termini di valore hanno interessato le importazioni da tutti i paesi d’origine più importanti tranne gli Stati Uniti. Mentre le importazioni dalla Russia, dalla Cina, dagli Stati Uniti e dalle Isole Faroe sono costituite in gran parte da prodotti congelati, quelle provenienti dalla Norvegia e dall’Islanda sono equamente distribuite in prodotti freschi e congelati, nonché salati ed essiccati. Il primo punto di ingresso delle importazioni extra-UE di merluzzo nordico sono i Paesi Bassi, che nel 2019 ne hanno ricevuto un quarto del totale, provenienti principalmente dall’Islanda, e in misura minore dalla Norvegia e dalla Russia. Segue

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il Regno Unito, importandone il 17% del totale, con la Cina e l’Islanda come fornitori principali. La Danimarca e la Svezia, entrambe rifornite soprattutto dalla Norvegia, hanno importato ciascuna il 14% del totale. Pollack d’Alaska Più della metà delle importazioni UE di pollack d’Alaska proviene dalla Cina, e quasi un terzo dagli Stati Uniti. Dal 2018 al 2019, le forniture dalla Cina sono aumentate del 9%, raggiungendo 164.553 tonnellate, e il prezzo medio all’importazione ha toccato un picco decennale di 2,64 €/ kg, generando così un picco in termini di valore totale. Le esportazioni all’UE di entrambi i paesi sono destinate soprattutto alla Germania. L’andamento generale delle importazioni, infatti, è stato trainato dall’aumento delle importazioni tedesche dalla Cina (+11%) che hanno raggiunto 82.302 tonnellate vendute a 2,63 €/kg

Tonnetto striato Quasi tutte le importazioni di tonnetto striato consistono in prodotti preparati e conservati provenienti principalmente dall’Ecuador (128.587 tonnellate nel 2019) e in misura minore dalle Filippine e dalle Mauritius (rispettivamente, 51.686 tonnellate e 40.113 tonnellate), ed includono tonni pescati dalla flotta UE che vengono sbarcati in questi paesi per subire processi di trasformazione ed essere poi reimportati nell’UE. Rispetto al 2015, le importazioni UE di tonnetto striato in conserva da ciascuno dei tre paesi d’origine più importanti sono aumentate sia in termini di volume che di valore. Le importazioni dall’Ecuador sono destinate principalmente alla Spagna, che nel 2019 ne ha ricevute 46.378 tonnellate, in aumento del 59% rispetto al 2018 (+17.182 tonnellate), ad un prezzo medio di 3,84 €/kg. Grazie a tale incremento, e nonostante una diminuzione del 12% del prezzo, il valore totale di questi flussi commerciali è cresciuto del 41% dal 2018 al 2019, fino a raggiungere 178 milioni di euro. Il Regno Unito è la destinazione principale delle forniture dalle Mauritius (14.249 tonnellate nel 2019 importate a 4,20 €/kg, stabili sia in volume che in valore rispetto al 2018). Quelle dalle Filippine sono destinate principalmente alla Germania (pari nel 2019 a 19.880

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tonnellate importate a 3,48 €/kg): esse sono cresciute del 25% rispetto al 2018 e hanno registrato un aumento significativo anche in valore (+22%) in quanto il prezzo è rimasto pressoché invariato. Prodotti per uso non alimentare Nel 2019, le importazioni extra-UE di prodotti non alimentari si sono attestate a 833.348 tonnellate, per un valore di oltre 1 miliardo di euro. Esse comprendono farina di pesce, olio di pesce ed altri prodotti non destinati al consumo umano (prevalentemente scarti e alghe). Le importazioni di farina di pesce ne rappresentano quasi la metà in termini di valore. Farina di pesce Nel 2019, l’UE ha importato 309.885 tonnellate di farina di pesce, in aumento del 15% rispetto al 2018. Grazie ad un incremento del 23%, il valore totale ha raggiunto un picco quinquennale di 438 milioni di euro, per effetto di un rincaro del 7% del prezzo medio all’importazione, salito

a 1.414 €/kg. La farina di pesce di cui si approvvigiona l’UE proviene da diversi paesi: nel 2019, circa un quarto del totale proveniva dalla Norvegia (72.566 tonnellate per 114 milioni di euro). Perù e Marocco hanno coperto ciascuno il 13% del totale (rispettivamente, 41.227 tonnellate per 58 milioni di euro e 39.522 tonnellate per 46 milioni di euro). Seguono il Cile, il Sudafrica, gli Stati Uniti, la Mauritania e l’Islanda, che hanno rappresentato ciascuna il 7%9% del totale. Rispetto al 2018, sono aumentate le importazioni da tutti i paesi d’origine principali. Le importazioni di farina di pesce dall’Islanda (1.614 €/kg) e dalla Norvegia (1.565 €/kg) hanno registrato i prezzi più elevati (rispettivamente, in aumento del 14% e dell’8% rispetto al 2018), mentre il prezzo più basso ha riguardato le importazioni dal Marocco (1.153 €/kg, +6%). Il punto d’accesso più importante per la farina di pesce nel mercato UE è la Germania, che la importa soprattutto da Perù e Marocco.

La Germania rappresenta tradizionalmente un punto d’ingresso fondamentale grazie ai vantaggi che offre dal punto di vista della logistica, in quanto i suoi porti si trovano lungo rotte a lungo raggio. Inoltre, costituisce uno snodo commerciale per la redistribuzione di farina di pesce, soprattutto nell’ambito del segmento dei mangimi per pesci. Altri punti d’accesso significativi sono il Regno Unito (che importa farina di pesce prevalentemente dalla Norvegia per utilizzarla nell’ambito dell’allevamento di salmone) e la Danimarca (che svolge un ruolo importante nell’ambito del commercio di mangime, e si rifornisce prevalentemente dalla Norvegia e dal Sudafrica). Esportazioni Extra-UE Nel 2019, le esportazioni di prodotti della pesca e dell’acquacoltura dall’UE a Paesi Terzi hanno raggiunto un picco quinquennale di 2,21 milioni di tonnellate, con una crescita di 145.976 tonnellate rispetto al 2015 (+7%). Rispetto a 10 anni prima,

“Il mercato ittico dell’UE” ha l’obiettivo di fornire un’analisi strutturale dell’intera industria UE della pesca e dell’acquacoltura. Questo rapporto risponde alle seguenti domande: cosa è prodotto/esportato/ importato, quando e dove, cosa è consumato, da chi e quali sono i principali trend. Attraverso un’analisi comparativa, è possibile valutare la performance dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura nell’ambito del mercato dell’Unione europea confrontandola con quella degli altri prodotti alimentari. Nell’edizione 2020 del rapporto, le variazioni in termini di valore e di prezzo per periodi superiori a cinque anni sono analizzate deflazionando i valori con il deflatore del PIL (base = 2015); per periodi più brevi, sono analizzate le variazioni di valore e di prezzo nominali. La pubblicazione è uno dei servizi offerti dall’Osservatorio europeo del mercato dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura (EUMOFA). Questa edizione si basa sui dati disponibili fino a giugno 2020. Le analisi incluse nel rapporto non tengono conto di eventuali aggiornamenti delle fonti utilizzate successivi a tale data. Dati complementari e più dettagliati sono disponibili nel database EUMOFA per specie, luogo di vendita, Stato Membro, Paese di origine/destinazione. I dati sono aggiornati quotidianamente. L’Osservatorio EUMOFA, sviluppato dalla Commissione europea, rappresenta uno degli strumenti della Politica Comune della Pesca. [Regolamento (UE) N. 1379/2013 sull’organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura, Articolo 42]. EUMOFA è uno strumento di market intelligence che fornisce regolarmente indicatori settimanali, trend di mercato mensili e dati strutturali annuali lungo la filiera produttiva. Il database si fonda su dati forniti e validati dagli Stati Membri dell’UE e da istituzioni europee. È disponibile in tutte le 24 lingue dell’UE. •

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Il sito EUMOFA, disponibile al pubblico da aprile 2013, si trova al link www.eumofa.eu

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l’aumento è stato di 115.275 tonnellate (+6%), mentre dal 2018 al 2019 si è registrato un incremento poco significativo. In termini di valore, hanno raggiunto un picco decennale di 6,17 miliardi di euro. Si tratta di 435 milioni di euro in più rispetto al 2018 (+8%), e di un incremento del 58% in termini reali rispetto a 10 anni prima. L’UE esporta principalmente aringa, melù, tonnetto striato, sgombro, prodotti per uso non alimentare e salmone; metà dell’aumento del valore totale delle esportazioni UE dal 2018 al 2019 è stato determinato proprio dalle esportazioni di salmone. Altre specie esportate dall’UE ad elevato valore commerciale sono il merluzzo nordico e la specie “halibut della Groenlandia”. La Nigeria è la destinazione più importante delle esportazioni UE di sgombri, melù e aringhe (per le aringhe, lo è anche l’Egitto); l’olio di pesce e la farina di pesce sono per lo più esportati alla Norvegia; gli Stati Uniti sono la destinazione più importante per il salmone, mentre le

Nel 2019, le importazioni extra-UE di prodotti non alimentari si sono attestate a 833.348 tonnellate, per un valore di oltre 1 miliardo di euro. Comprendono farina di pesce, olio di pesce ed altri prodotti non destinati al consumo umano, prevalentemente scarti e alghe esportazioni di merluzzo nordico e della specie “halibut della Groenlandia” sono destinate principalmente alla Cina. Per quanto riguarda il tonno, le esportazioni sono costituite per la maggior parte da tonni catturati in località remote da navi spagnole (nei pressi delle zone di pesca dell’Ecuador, delle isole Mauritius e Seychelles e del Messico) e francesi (nei pressi delle zone di pesca delle Seychelles, della Costa d’Avorio, delle Mauritius e del Ghana); essi subiscono processi di trasformazione in tali Paesi, per poi venire re-importati nell’UE sotto forma di prodotti preparati e

conservati o in filetti congelati (loin). In entrambi i casi, sono registrati sia come sbarchi sia come esportazioni. Scambi interni all’UE Nel 2019, gli scambi intra-UE si sono attestati a 6,43 milioni di tonnellate e 27,41 miliardi di euro. Rispetto al 2018, hanno registrato un calo del 3% in volume (–170.380 tonnellate), mentre il valore è aumentato dello 0,3% (+85 milioni di euro). Fonte: EUMOFA European Market Observatory for Fisheries and Aquaculture Products www.eumofa.eu

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CONSUMI

Consumi di alimenti surgelati in lieve crescita nel 2019 Boom di consumi domestici durante il primo confinamento. Superati per la prima volta i 14 kg pro capite. Il 95,5% delle famiglie li consuma regolarmente di Roberto Villa

Nel 2019 la spesa alimentare delle famiglie italiane è cresciuta dello 0,4% rispetto al 2018 (dati ISMEA). In verità, l’anno aveva dato nel primo semestre segnali più positivi (+1%), ma un deciso rallentamento nella seconda metà ha ridotto notevolmente lo slancio iniziale. Probabilmente, la sostanziale stabilità dei consumi alimentari non è più un fatto congiunturale, ma un fenomeno strutturale. Al di là delle diverse di-

sponibilità di reddito, sono cambiati i modelli di consumo e gli stili di vita. Continua ad aumentare la richiesta del contenuto di servizio associato all’offerta di alimenti. Analizzando il dato complessivo dei consumi, si conferma quanto già osservato nel 2018: i prodotti confezionati crescono dell’1,9% mentre i prodotti sfusi, freschi, si contraggono decisamente: –3,1%. Nel 2019 è proseguita la crescita

degli alimenti pronti, capaci di venire incontro alla sempre minore disponibilità o volontà di tempo da dedicare alla cucina. Secondo l’ultimo rapporto FIPE, nel 2019 la spesa degli Italiani per i pasti fuoricasa ha toccato gli 86 milioni di euro (+2% rispetto al 2018). Com’è noto, nel primo semestre 2020 questo trend ha subito, a causa dello scoppio della pandemia da Coronavirus, una brusca inversione di tendenza.

Buon andamento per l’ittico sottozero: nel 2019 ne sono state consumate 114.150 tonnellate, con una crescita dell’1,2% rispetto all’anno precedente (photo © lado2016 – stock.adobe.com).

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Nel canale del fuoricasa l’incremento dei consumi di ittici surgelati è stato dell’1,5%, con 20.000 tonnellate complessive (photo © Suvorov Aleksey). Consumi pro capite in aumento (14,1 kg/anno) e fatturato del settore attorno ai 4,7 miliardi di euro. Bene l’export In un mercato alimentare sostanzialmente stagnante, i surgelati hanno ripreso nel 2019 quel cammino di crescita che aveva segnato nel 2018 una battuta di arresto, a causa più di condizioni meteo non favorevoli che di un mutamento nelle preferenze del consumatore. L’anno si è chiuso con un consolidato di 849.900 tonnellate: +1,3% rispetto alle 838.580 tonnellate del 2018. Più dinamica la performance del canale delle vendite al dettaglio, che ha raggiunto le 531.400 tonnellate: +1,5% sull’anno precedente. Positiva anche quella del catering (fuoricasa), attestatosi a 318.500 tonnellate (+1,1% sul 2018). L’aumento complessivo ha

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fatto sì che, per la prima volta nel nostro Paese, il consumo pro capite di surgelati abbia superato la soglia dei 14 kg annui (14,1). Anche il valore di mercato del settore ha segnato un incremento passando dai 4,3-4,6 miliardi di euro del 2018 ai 4,4-4,7 miliardi del 2019. Un’analisi dettagliata dei dati 2019 permette di constatare una crescita in volume per ogni segmento merceologico. In crescita i vegetali naturali e in particolare zuppe, passati e minestroni (e, tra questi, dei ricettati cresciuti del 2,7% rispetto all’anno precedente). I vegetali surgelati consumati nel 2019 a livello di vendite al dettaglio sono stati pari a 228.000 tonnellate (+0,5% rispetto al 2018), che li ha consacrati come un prodotto presente tutti i giorni sulle tavole degli Italiani.

Nel fuoricasa le vendite hanno superato le 173.000 tonnellate (+1,2% rispetto all’anno precedente). Le patate surgelate hanno fatto registrare nel 2019 un incremento dello 0,7%, per un quantitativo totale di 74.600 tonnellate, delle quali 72.300 nelle vendite al dettaglio. Crescono anche pizze e snack, che complessivamente registrano nel 2019 una crescita del 2,1% rispetto al 2018, con un consumo di 91.150 tonnellate ripartite tra le 78.500 del consumo domestico e le 14.600 del canale fuoricasa. Un netto calo, tipico degli ultimi anni, ha invece interessato le paste semilavorate nel canale domestico (–12,1%, passate da 910 a 800 tonnellate), a cui i consumatori preferiscono le versioni refrigerate, mentre nel canale fuoricasa sono rimaste stabili a 2.300 tonnellate. Bene infine i dessert, con un +1,0% al dettaglio (4.500 tonnellate acquistate), mentre sono stabili a 3.000 tonnellate gli acquisti nel canale fuoricasa. Nel 2019 l’export agroalimentare italiano ha toccato 35,4 miliardi di euro, con un +5,2% sul 2018. Il maggior mercato di riferimento rimane l’Unione Europea (Germania in testa), con circa due terzi del totale, seguito da Nord America e Asia. Il comparto dei surgelati partecipa a questa performance, di grande interesse strategico, in primis con i prodotti tipici trasformati come pizze e ricettati, ma molto apprezzate sono anche altre merceologie, come le primizie vegetali del Sud Italia. L’export italiano delle pizze surgelate ha oltrepassato nel 2019 le 150.000 tonnellate, con un incremento di oltre il 10% rispetto al 2018 e un valore stimabile in 500 milioni di euro. Prodotti ittici surgelati sempre più consumati dagli Italiani (+1,2%), trainati da molluschi e crostacei Buon andamento per l’ittico sottozero: nel 2019 ne sono state consumate 114.150 tonnellate, con una crescita dell’1,2% rispetto all’anno precedente. I consumi nel canale domestico sono stati pari a 94.150 tonnellate, suddivise in 29.500 di pesce fresco (–1,8% rispetto al 2018), 32.050 di

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mollame e crostacei (+7,0%), 32.600 di pesce panato e pastellato (–1,2%). Sono sempre più apprezzate la provenienza delle materie prime da pratiche certificate di pesca sostenibile, che garantiscono il rispetto dell’ambiente e delle specie, e la loro surgelazione velocissima, che permette di fissare la qualità del prodotto fresco. Ultima, ma non per importanza, l’informazione completa garantita dalle aziende, per un acquisto pienamente consapevole: area di pesca, data di primo congelamento, scadenza, metodo di pesca, contenuti nutrizionali, metodo di preparazione. Nel canale del fuoricasa l’incremento dei consumi di ittici surgelati è stato dell’1,5%, con 20.000 tonnellate complessive. Il primo quadrimestre 2020, periodo del confinamento forzoso dovuto alla pandemia Covid-19, ha visto un’impennata di consumi domestici, del “porta a porta” e delle vendite on-line Il 2020 è cominciato in linea con le tendenze registrate nella seconda parte del 2019. I surgelati, in particolare, hanno confermato il proprio andamento positivo, malgrado una spiccata anomalia climatica (siccità prolungata e alte temperature invernali) che, per qualche settimana, ha messo in discussione la capacità di approvvigionamento, e dunque la continuità produttiva, del settore. Poi, a fine febbraio, i primi segnali di un evento impensabile: l’epidemia del Coronavirus, che fino ad allora aveva riguardato la lontana Cina, ha colpito improvvisamente l’Italia. Le ripercussioni sulle vendite di alimentari sono state immediate: a fine febbraio si registravano le prime impennate nella GDO (+8%), prima al Nord e poi nel resto del Paese. In tale contesto, i surgelati hanno registrato un forte aumento della domanda, superiore a quello degli alimenti freschi. Secondo ISMEA, nel primo trimestre 2020 la spesa complessiva delle famiglie italiane per i prodotti alimentari è aumentata del 7% su base annua, “la variazione più forte degli ultimi dieci anni”. A marzo, poi, “le

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vendite per i prodotti confezionati hanno registrato incrementi del 20% e quelle per i freschi sfusi del 9%”. Nel primo quadrimestre 2020 le vendite del totale surgelati al dettaglio hanno toccato un +13,5%, con performance diverse a seconda dei segmenti: • ittico +16,5%; • snack salati +21,5%; • patate +12%; • pizze +12,5%; • ricettati +5,5%. Nel 2019 il fuoricasa, con uno stimato di 318.500 tonnellate, ha superato il 37% del totale dei consumi di surgelati nel nostro Paese. Nel 2020, dopo un andamento regolare fino a metà febbraio, il canale HO.RE.CA. ha cominciato a ridurre velocemente le vendite fino a fermarsi del tutto con l’inizio del confinamento. I danni derivanti al settore dei surgelati dalla chiusura di bar, ristoranti, tavole calde, mense scolastiche e aziendali, sono stati stimati nel primo quadrimestre 2020 pari a 150 milioni di euro. A questi potrebbe aggiungersi, da maggio a dicembre, una perdita ad oggi solo stimata di ulteriori 450-500 milioni di euro. Già nel 2019, come abbiamo visto, il segmento porta a porta dei surgelati aveva registrato prestazioni straordinarie. Con lo scoppio dell’emergenza Coronavirus i volumi di questo canale hanno segnato un boom, con incrementi nel solo mese di marzo fino a oltre il 40%. Grazie alla presenza capillare sul territorio e ad un efficiente sistema logistico, il porta a porta ha risposto a tutte le famiglie, già clienti e non, che chiedevano di ricevere comodamente i prodotti a casa, senza sottoporsi a lunghe attese davanti ai punti vendita. Nello stesso contesto va segnalata l’impennata delle vendite on-line, una modalità di acquisto relativamente nuova per il settore. Il fenomeno si inserisce nel boom del commercio on-line dei prodotti di largo consumo confezionato, che ha registrato tassi di aumento superiori al 150% anche nelle prime settimane dopo le riaperture di inizio maggio. Roberto Villa


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I segreti dell’aspic di Giorgia Fieni

Non è una delle mie ricette preferite ma ogni volta che la vedo non posso fare a meno di ammirarla a bocca spalancata. Adoro quella marea di gelatina (a volte anche colorata) che nasconde/rivela una pietanza sorpresa. È come guardare il fondo del mare: sfocato ma meraviglioso. Anche la frutta vi può galleggiare, trasformandosi in tal modo in un fine pasto fresco se mangiato da solo (FIAMMETTA FADDA lo consiglia caldamente per il post pranzo di Natale), oppure in una decorazione per un altro tipo di dessert; ricordatevi di non usare ovviamente il brodo per la gelatina, ma vino bianco dolce, birra o sciroppo (magari aromatizzato con spezie e frutta). Qualche esempio? Un aspic alle pesche e moscato sta sorprendentemente bene su una torta al tiramisù. Uno al Passito di Pantelleria su una al cioccolato. Uno alla mela rossa ed alla mela verde separati da uno strato di biscotti secchi sbriciolati. Uno alle pesche per degli

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amaretti fatti in casa. Possiamo poi preparare anche un semplice aspic di cacao e pere, al Bellini oppure uno ai frutti di bosco. La descrizione di SONIA PERONACI è favolosa: «Dagli anni ‘70 con furore, insieme alla minigonna, le canzoni dei Beatles, gli orribili motivi optical e un elenco sterminato di serie TV, fino a noi è arrivato anche l’aspic. Per dargli una rinfrescata, ho deciso di mettere al bando la versione salata, servita come antipasto o secondo, e di crearne una dolce, che oggi suona come originale e inedita, come quei vestiti della mamma che avevamo chiuso nell’armadio ma, abbinati nella maniera giusta, ci fanno chiedere dalle amiche dove li abbiamo comprati. L’unico neo è che, visto che nell’aspic l’estetica è tutto e il sotto è il sopra (giuro, nessun ingrediente è allucinogeno…), bisogna dedicare più tempo del normale alla disposizione della frutta: ogni strato richiede una copertura di gelatina, al moscato e limone, e 15’ di riposo in frigo, quindi

per farne un certo numero almeno 1 h½ ci vuole. Posso dirvi che, però, portati in tavola, rossi e opulenti, fanno subito festa, che sia Natale, Capodanno o Ferragosto». E poi ci sono gli innovativi mix, come il bicchierino con aspic al sapore di arancia (o mango e avocado) che ospita i gamberi o l’anello al melone (magari con un goccio di Porto) che contiene uova sode ed è decorato con roselline di prosciutto crudo. A ritroso nella composizione del pasto, passiamo dal dessert al secondo piatto, spostandoci verso l’aspic di carne. Stavolta la gelatina rende la ricetta ancora più maestosa e ricorda tempi passati dove a illuminare il desco erano candele ed esso troneggiava al centro come l’ospite più importante. Pensate al suo contenere un pollo arrosto al prezzemolo, un coniglio allo sherry, un prosciutto cotto ai pomodorini, un cappone al tartufo e uova di quaglia, un vitello tonnato piccante o un mix di quinto quarto (creste di

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gallo, lingua salmistrata, animelle di vitello). Ma nell’aspic galleggiano anche le verdure, a creare una sorta di minestrone o di contorno scomposto: funghi, carote, olive e cavolfiore, nella loro interezza, rimangono sospese… e la gelatina è capace di trattenere anche una montagna di insalata russa. O un’intera ricetta vegetariana: ne ho letta una con broccoli, castagne, sciroppo di agave, zafferano, nocciole e cavolfiore. Infine torniamo all’idea del mare con l’aspic di pesce (presente anche nel brodo che ammolla la gelatina). Scorfano con ravanelli e piselli. Salmone al mango e lime. Tonno e uova sode. Sogliola, pescatrice e gamberi (da servire con maionese al Vermouth ed erba cipollina). Pesce affumicato e lenticchie. Astice con sedano e mango in gelatina di gin. Granchio con gelatina alla salsa di pomodoro e sherry. Gamberi e baccalà al tartufo. Trota al lime. D’altronde il primo aspic venduto era di anguilla: si poteva trovare, nel 1900, al Broadway Market di Londra (anche se sappiamo essere presente su alcune mense aristocratiche precedenti a quella data). Da allora è sempre stato un piatto sontuoso, specie negli anni Ottanta, limitato alle occasioni in cui figurare bene era d’obbligo: per non romperlo e rovinarlo, sarebbe meglio immergere lo stampo — di acciaio o rame — per qualche secondo in acqua calda, in modo da staccarlo bene dal fondo, e usare un coltello elettrico. Ma oggi può anche diventare un ottimo modo per riciclare qualche avanzo: prendete esempio da MATTEO BARONETTO, che usa spaghetti al ragù piccante. Perché la gastronomia è fatta così: mescola passato e presente, nobiltà e povertà, gelatina e proteine animali o prodotti vegetali… Non abbiate paura di sperimentare e la vostra tavola sarà sempre una sorpresa! Giorgia Fieni Nota A pagina 106, photo © alex9500 – stock.adobe.com

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Oltremanica l’anguilla ha una tradizione particolare di cucina povera e popolare, indissolubilmente legata alla storia e alla cultura della zona di cui è tipica, l’East End di Londra. Era infatti una delle poche specie capace di resistere agli alti livelli di inquinamento da scarichi industriali delle acque del Tamigi e, con le sue carni grasse, forniva l’apporto nutritivo necessario a sostenere le lunghe ore di lavoro manuale negli stabilimenti portuali. Tagliata a tocchi e poi bollita in una mistura di acqua e aceto aromatizzati, veniva lasciata a raffreddare nel brodo di cottura che, grazie al collagene di cui è ricca anguilla, si solidificava dando origine alla caratteristica “anguilla in gelatina” (jellied eel), da consumare al cucchiaio, anche in versione “da passeggio”. In alternativa, le anguille potevano essere stufate in un semplice brodo con l’aggiunta di prezzemolo, che dava sapore e colore al piatto, altrimenti piuttosto scarno. In questa versione, l’accompagnamento principe era il purè di patate (mash). Nelle rustiche tavole calde della zona il piatto completo prevedeva perciò, a seconda della disponibilità, anguilla, pasticcio di carne e purè, Eel, pie and mash, che dava anche il nome ai locali in cui veniva servito (in alto, F. Cooke Pie and Mash, Broadway Market; in basso, “Anguille in gelatina a Whitechapel la domenica mattina”, 1927; photo © Fox Photos/Getty Images).

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Connubio di sapori irlandesi tra terra e mare La chef Sara Conforti, membro di CIBC, lo Chefs’ Irish Beef Club, propone una ricetta che unisce scampi e manzo, due eccellenze dell’Isola di Smeraldo, in un unico sorprendente piatto Un territorio insulare, bagnato dalle fredde e incontaminate acque dell’oceano Atlantico, con accesso ad una delle zone di pesca più ricche d’Europa e immense lande, mitigate dalla corrente del Golfo e da piogge frequenti in cui l’erba cresce verdeggiante. L’Irlanda, grazia alla sua conformazione geografica unica, ha la possibilità di offrire l’eccellenza sia per quanto riguarda i prodotti ittici che per la produzione di carne di manzo. I prodotti ittici: gli scampi irlandesi, dolci, raffinati, tracciabili e sicuri I pescatori irlandesi, grazie alla particolare posizione dell’isola, hanno accesso alle migliori qualità di scampi esistenti in Europa; inoltre, grazie all’uso diffuso dell’innovativa tecnologia frozen-at-sea, gli scampi possono essere congelati a bordo dei pescherecci nel giro di sole due ore dalla cattura, garantendo un prodotto ottimale sia per qualità che per gusto. Le acque dell’Atlantico conferiscono a questi crostacei un sapore dolce e raffinato, che fa sì che siano molto apprezzati anche negli altri Paesi europei: l’Irlanda ha raggiunto una quota di circa 7.000 tonnellate di scampi nel 2020 e gli scampi congelati rappresentano il 9% dell’esportazione totale di pesce irlandese, che nel 2019 ha raggiunto il valore 57 milioni di euro. L’Italia rappresenta oltre i due terzi di questo mercato di esportazione, seguita da Spagna, Regno Unito e Francia.

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La ricetta della chef Sara Conforti, membro dell’esclusivo CIBC, lo Chefs’ Irish Beef Club, unisce in un perfetto connubio i due prodotti di eccellenza di questa terra: gli scampi si fondono con la carne di manzo, avvolti da una particolare maionese al whiskey.

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Oltre che per il loro gusto questi prodotti sono apprezzati anche per le garanzie di qualità e sicurezza che offrono a clienti e consumatori: l’etichettatura per lotto fornisce la tracciabilità alla fonte e permette di portare scampi irlandesi freschi sul mercato rapidamente. La carne di manzo irlandese, buona per natura Per quanto riguarda la parte terrestre, l’Isola di Smeraldo ci offre un altro prodotto premium: una carne di manzo buona per natura, proveniente da bovini che vivono all’aperto e si nutrono principalmente di erba fresca. Un prodotto che si contraddistingue per il sapore intenso, il tipico grasso dorato (golden fat) e soprattutto per il caratteristico colore rosso borgogna, risultato di un’altissima concentrazione di betacarotene.

Battuta a coltello con scampi e manzo irlandesi e maionese al whiskey Ingredienti per 4 persone • 400 grammi di girello di carne di manzo irlandese • 8 scampi • 200 grammi di fragole • olio, sale e pepe q.b. Per la salsa: 1 uovo • 1 cucchiaino di succo di limone • 1 cucchiaio di whiskey irlandese • un pizzico di sale • 200 ml di olio di arachidi ESECUZIONE Togliere il carapace e l’intestino degli scampi, sgrassare completamente la carne e lavare le fragole. A questo punto, fare una battuta a coltello di tutti i nostri ingredienti tenendoli separati, condirli con olio, sale ed un pizzico di pepe (le fragole devono essere lasciate in purezza cioè non condite). Far riposare in frigo per circa 30 minuti. Per la maionese: unire un uovo intero, il succo del limone, il cucchiaio di whiskey ed il sale. Con l’ausilio di un frullatore ad immersione iniziare a montare il tutto aggiungendo a filo l’olio di arachidi: otterremo così una consistenza liscia ma non eccessivamente densa. In un coppapasta montiamo la nostra battuta a coltello ponendo in basso il manzo (di circa 1,2 cm), poi gli scampi ed infine le fragole, decorare con delle foglie di menta o di basilico o dei fiori eduli.

A proposito di Bord Bia Bord Bia, Irish Food Board, è un ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari, bevande e prodotti ortofrutticoli irlandesi. Lo scopo di Bord Bia è quello di promuovere il successo dell’industria food & beverage e dell’orticoltura irlandese attraverso servizi di informazione mirati, la promozione e lo sviluppo dei mercati. Nel 2019 le esportazioni dell’industria food & beverage irlandese sono arrivati a quota 13 miliardi di euro, con una crescita di quasi il 67% dal 2010. L’Italia è un mercato importante, con esportazioni del valore di 314 milioni di euro nel 2019; è il quarto mercato più importante per l’export di manzo irlandese in Europa con scambi valutati, per l’anno scorso, a 176 milioni di euro. Origin Green Origin Green è il primo programma al mondo introdotto a livello nazionale in Irlanda a favore di un regime di sostenibilità a tutti i livelli della filiera produttiva, di distribuzione e consumo di cibo e bevande. Il programma è stato introdotto nel 2012 con lo scopo di sensibilizzare produttori e consumatori verso tematiche ambientali e di sostenibilità agroalimentare. Il progetto Origin Green vuole avere un ruolo di primo piano nella tutela dell’ambiente, impegnandosi nell’abbattimento delle emissioni dei gas serra, nella conservazione dell’acqua, nel monitoraggio delle biodiversità e nel benessere degli animali. Oggi ci sono oltre 53.000 membri nel programma che insieme rappresentano oltre il 90% del cibo che si produce in Irlanda. >> Link: www.irishfoodanddrink.com

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Il carpaccio di pesce La creazione della ricetta (in origine a base di carne) si deve, a metà anni ‘50, a Giuseppe Cipriani, proprietario dell’Harry’s Bar di Venezia. Pesce spada, baccalà, branzino, orata, dentice, tonno rosso e salmone sono le specie più utilizzate, sempre rigorosamente a crudo. Nel caso del polpo, però, il pesce deve essere cotto prima di Nunzia Manicardi

Prelibatezze della tavola inventate da Italiani Il carpaccio di pesce non ha nulla da invidiare al suo forse più famoso “parente” a base di carne. Tutt’altro, perché questa preparazione a base di fettine crude a cui, a seconda della ricetta, vengono aggiunti olio o altri ingredienti (salse o scaglie di formaggio parmigiano), col pesce viene esaltata. A patto, ovviamente, che quest’ultimo sia freschissimo e mai

decongelato. La salsa più indicata, a sua volta, viene definita “universale” perché può adattarsi sia al pesce alla carne. Questa sua versatilità indica che non deve essere invasiva, altrimenti coprirebbe in parte il gusto del prodotto che, appunto perché consumato crudo, deve avere il massimo risalto in sé e per sé. Il nome del piatto si deve a GIUSEPPE CIPRIANI, mitico proprietario dell’altrettanto mitico Harry’s Bar di Venezia, che

nel 1950 ebbe l’idea di prepararlo appositamente per la contessa AMALIA NANI MOCENIGO, sua amica, alla quale i medici avevano vietato il consumo della carne cotta. Il perché del nome risale anch’esso all’ambiente veneziano ed è dovuto al fatto che a Cipriani il colore di queste fettine di carne cruda ricordava i colori intensi, sul rosso e sul giallo, dei quadri di VITTORE CARPACCIO, artista rinascimentale cittadino

Carpaccio di salmone con rucola e aceto balsamico (photo © Alex Bayev – stock.adobe.com).

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Carpaccio di polpo (photo © lblinova – stock.adobe.com). della Repubblica di Venezia, delle cui opere si teneva in quel periodo una mostra nel Palazzo Ducale della Serenissima. Secondo alcuni il quadro del Carpaccio che avrebbe ispirato Cipriani sarebbe la Predica di Santo Stefano, oggi conservato a Parigi al Museo del Louvre. Lo stesso Cipriani, nel suo libro “L’angolo dell’Harry’s Bar” (1978), ha raccontato come nacque questa ricetta divenuta in seguito celebre dapprima nei più rinomati ristoranti del mondo e poi anche sulle tavole del nostro quotidiano: “Se voi sfilettate della carne cruda, naturalmente freschissima e tagliata in fettine leggere come fosse un prosciutto, eccovi (con l’aggiunta di un tantino di salsa) il carpaccio. Con il carpaccio gli imbrogli sono proibiti. Il suo segreto è nell’essere interamente svelato, nudo come mamma l’ha fatto. Per questo, non riconoscendone tante qualità, non amo la cucina francese, che predilige invece i cibi in maschera. Come è nato il carpaccio? Alla contessa Amalia Nani Mocenigo i medici avevano ordinato una dieta strettissima. Non poteva mangiare carne cotta e così, per accontentarla, pensai di affettare un filetto

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molto sottile. La carne da sola era un po’ insipida; ma c’era una salsa molto semplice che chiamo universale per la sua adattabilità alla carne e al pesce. Ne misi una spruzzatina sul filetto e, in onore del pittore di cui quell’anno a Venezia si faceva un gran parlare per via della mostra e anche perché il colore del piatto ricordava certi colori dell’artista, lo chiamai carpaccio”. Dalla carne, come già detto, la preparazione si diffuse successivamente anche al pesce e pure a questo finì per legare indissolubilmente la propria fama. La ricetta è davvero molto semplice e consiste esclusivamente nel prodotto di base, che deve essere di indiscussa origine e qualità, e nella salsa. Cipriani, per la contessa Mocenigo, inventò un condimento con maionese, senape e salsa Worcestershire. Abitualmente la si prepara con olio extravergine d’oliva, limone, senape o maionese. A piacere si possono aggiungere spezie (pepe, peperoncino, zenzero, curcuma…) oppure erbe aromatiche (lime, menta, basilico, rucola, prezzemolo, erba cipollina…) o anche accompagnare con ortaggi (melanzane, cetrioli, pomodori…) o frutta (olive, ma pure agrumi o

pesche se si amano combinazioni più insolite ed azzardate). Consigliato anche l’utilizzo di capperi, per una versione decisamente mediterranea. Il carpaccio di pesce può essere servito sia come raffinato antipasto che come secondo piatto, in entrambi i casi sia freddo che tiepido. Le specie di pesce più utilizzate sono quelle ovviamente in cui è possibile ricavare un filetto e quindi, in particolare: pesce spada, baccalà, merluzzo, branzino, orata, dentice, tonno rosso e salmone, sempre rigorosamente a crudo. Il pesce, come sappiamo, deve essere dapprima abbattuto per evitare contaminazioni e tossinfezioni. I filetti vanno poi ben puliti e spinati e lasciati in frigorifero a macerare con un’emulsione di olio e limone o con la salsa prescelta. Tra le tante ricette ci sentiamo di consigliare quella di pesce spada affumicato, che si presta anche come secondo piatto leggero e veloce e di sicuro effetto, soprattutto se accompagnato con olive, condito con olio, pepe e una goccia di succo di limone e accompagnato con fette di pane abbrustolito. Il termine “carpaccio” viene utilizzato anche per indicare ricette a base di pesce cotto come nel caso del polpo, che va cucinato prima di procedere alla preparazione del piatto. Le fettine, una volta cotte, vanno compattate in modo che, affettando l’insieme, rimangano unite, formando una specie di fiore dai tanti petali sovrapposti con un effetto visivo davvero suggestivo che riesce ad impreziosire qualsiasi tavola. Per ottenere questo risultato il carpaccio va sempre preparato il giorno prima affinché possa riposare per almeno 24 ore in frigorifero prima di essere affettato e, per lo stesso motivo, deve essere servito freddo altrimenti perde questa tipica compattezza. Essa può essere ottenuta grazie all’impiego di un compattatore ad hoc, però di difficile reperimento sul mercato, o anche utilizzando una bottiglia di plastica da far rotolare sulle fettine fino ad ottenere il risultato desiderato. Nunzia Manicardi

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Sano o goloso? Tante idee per il palombo di Giorgia Fieni

È il mio classico “pesce da mercato”: il mercoledì spesso vado alla mia bancarella e lo compro, preferendolo i giorni in cui non ho voglia di diliscare. Me lo faccio porzionare a fette, a casa le metto sulla piastra con olio extravergine buono ed erbette fresche (a volte invece in padella con pomodorini, rondelle di olive e birra e le giro un paio di volte, lasciandole sul fuoco per 20 minuti) e la cena è pronta. Se voglio “esagerare”, le passo nella panatura (semplice o aromatizzata) e le rosolo qualche minuto.

Il bello del palombo è proprio che va bene per le ricette sane ma anche per quelle golose, e non può mancare nelle ricette tradizionali, visto che vive sì nell’Oceano Atlantico ma anche nel Mediterraneo e nell’Adriatico Il bello del palombo è proprio questo: va bene per le ricette sane, ma anche per quelle golose. Tra le prime, segnalo la cottura in forno con pomodorini, feta e olive

Palombo in umido con pomodorini, olive e capperi (photo © Mastercheffa).

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(tutto molto greco) così come il farcirlo con acciughe, marinarlo con rosmarino (o timo o alloro o tutti e tre) e cuocerlo in salsa con peperoni, aglio, vino bianco e capperi. In cotoletta come nel latte di cocco con le spezie. In carpaccio come nello spezzatino. Nella pastasciutta come nel cartoccio (attenzione però perché può seccarsi, quindi consiglio di aggiungere qualche elemento liquido o un’abbondante dose di olio extravergine). Funziona inoltre da ingrediente di brodetti e cacciucco, come da protagonista di un tortino coperto di alici e cotto in forno. Se volete provare una tecnica di cottura innovativa, andate tranquilli di vasocottura: basta sistemarlo appunto in un vasetto con brodo, limone e spezie e cuocerlo in pentola con acqua fredda. Quanto alle ricette golose, basta forse che vi dica lasagne prezzemolate con palombo e vongole oppure risotto mele e palombo e non potrete rimanere del tutto indifferenti. Lo chef GIULIO TERRINONI vi suggerisce invece di preparare degli Gnocchi alla boscaiola, ovvero salsiccia e porcini, e dei Tortellini panna, prosciutto e piselli, ma usando in entrambi i casi il pesce al posto del maiale… Potrete rivivere gli anni’80 in modo innovativo.

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Lo chef LORENZO ALESSIO invece vi regala il Palombo al bergamotto, anguria, centrifugato di sedano e mela verde, dove il pesce riposa in una salamoia e poi è cotto a vapore, permettendovi così di portare in tavola un piatto fresco e molto estivo. Ovviamente il palombo non può mancare nelle ricette tradizionali, visto che vive non solo nell’Oceano Atlantico ma anche nel Mediterraneo e nell’Adriatico. Ecco perché lo troviamo cucinato soprattutto nelle regioni costiere, abbinato soprattutto con verdure, con altri pesci (specie in zuppa) e con gli ingredienti locali. In ROMAGNA è per esempio mescolato a sottaceti, erbe fresche, uova e cognac per il ripieno dell’anguilla cotta nel vino. In SICILIA è servito con caponata di carciofi o con fonduta di pomodoro. In ABRUZZO è a scapece, aggiunto del loro pregiato zafferano. Comunque sia servito, è una buona fonte di fosforo, ha pochi grassi ed è nutriente, perciò è perfetto per l’alimentazione di adulti e bambini. Questi ultimi a volte mangiano il pesce con difficoltà, a meno che non sia presentato nelle loro modalità preferite. Per fortuna il palombo è adatto per il fish & chips (con qualche rondella di platano e farete felici anche gli adulti presenti con loro a tavola) e per i classici bastoncini, ma anche per le polpette (in questo caso, per trasformarle in un piatto più raffinato, aggiungete un pizzico di zenzero e cuocetele al forno con vino bianco). E, se proprio non riuscite a convincerli solo guardando il piatto accattivante, potete pure raccontare loro che stanno mangiando uno squalo, il che non si discosta molto dalla verità: se ne differenzia per la forma a croce di Malta della vertebra sezionata. Basta che non lo confondiate con spinarolo o verdesca o smeriglio: se non potete guardarlo all’interno allora osservate il corpo appiattito, il muso appuntito, i denti piatti, gli occhi ovali e la pinna anale che somiglia a quella dorsale. Non sarà spaventoso come gli squali che conosciamo, ma il nostro palato ne rimarrà comunque molto colpito! Giorgia Fieni

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MarcabyBolognaFiere: 23 e 24 giugno appuntamento in presenza La curva pandemica, il progredire delle campagne di vaccinazione su scala internazionale, i provvedimenti governativi che impediscono (di fatto) lo svolgimento di manifestazioni fieristiche nel primo trimestre dell’anno, stanno determinando una nuova articolazione dei calendari fieristici 2021; l’obiettivo degli organizzatori è quello di individuare le migliori condizioni per lo svolgimento degli eventi, evitando sovrapposizioni fra gli appuntamenti in agenda e, contemporaneamente, posizionandosi in periodi che, presumibilmente, potranno assicurare la presenza di operatori nazionali e internazionali. È in linea con questi obiettivi che BolognaFiere — organizzatrice di MarcabyBolognaFiere, in collaborazione con ADM, Associazione Distribuzione Moderna — ha deciso di posticipare al 23 e 24 giugno 2021 lo svolgimento dell’evento. La leadership della manifestazione, il suo accreditamento presso la business community (non solo nazionale), ha spinto gli organizzatori al posticipo della manifestazione per assicurare la realizzazione di un format coerente agli standard che lo caratterizzano, in sicurezza e in linea con le aspettative del mercato. Una decisione anche a tutela degli investimenti di espositori e visitatori che, in questi anni, sono stati i protagonisti del successo dell’evento. «La 17a edizione di MarcabyBolognaFiere si terrà, auspichiamo in presenza, il 23 e 24 giugno 2021 — ha dichiarato GIANPIERO CALZOLARI, presidente di BolognaFiere — ma è già partita, dal 15 marzo con l’adesione di operatori fortemente qualificati, la piattaforma digitale che accompagna aziende e buyer all’evento con occasioni di matching su scala internazionale». Gli acquisti di prodotti alimentari a Marca del Distributore (MDD) sono cresciuti anche nel 2020: +9,3%, raggiungendo una quota di mercato del 20% (+0,5 sull’anno precedente) pari a 11,8 miliardi di euro di fatturato (nel 2019 era di 10,8 miliardi di euro; i dati sono riferiti al Largo Consumo confezionato alimentare, esclusi discount, NdR). Per la Distribuzione Moderna la filiera legata a questi prodotti ha dimostrato di essere un fattore che genera valore e una leva che può contribuire allo sviluppo economico del Paese, accompagnandone il rilancio secondo criteri sempre più sostenibili. Grazie all’innovazione, alla ricerca di qualità, ad una maggiore attenzione al sostegno delle produzioni made in Italy e a criteri di sostenibilità i prodotti MDD, realizzati dalle industrie alimentari partner, sono sempre più apprezzati dai consumatori: si calcola, inoltre, che nel 2020 abbiano fatto risparmiare alle famiglie italiane circa 2 miliardi di euro. «La Distribuzione Moderna Alimentare — ha detto MARCO PEDRONI, presidente di ADM, Associazione Distribuzione Moderna — ha un peso economico e sociale per il Paese forse poco conosciuto dalle stesse istituzioni: nel 2020 ha generato 143 miliardi di euro di fatturato, sostiene direttamente 425.000 occupati e rappresenta il primo canale per la spesa alimentare delle famiglie italiane. Ogni settimana 60 milioni di consumatori entrano nei nostri punti vendita e anche nel difficile 2020 la Marca del Distributore (MMD) è cresciuta 3 volte di più dei prodotti dell’industria alimentare. Se il Paese vuole tornare a crescere deve sostenere i consumi interni, a partire dalla capacità di spesa delle fasce più deboli». >> Link: www.marca.bolognafiere.it

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SAPORE DI MARE

Bommarè, a Cercola c’è il mare in cucina di Riccardo Lagorio

È stato inaugurato il 3 febbraio, in sordina, come i tempi prescrivono. Ma non per questo BOMMARÈ, il ristorante di pesce di Cercola, due passi da Napoli, non sa offrire forti emozioni ittiche agli appassionati di crudi e crostacei, di ostriche e tartare. La grande sala è scandita da alte bottigliere che fungono da quinta e divisori, separando senza frazionare gli ambienti. Così si ottiene uno spazio fluido, un equilibrio di pieno e di vuoti, di superfici lucide e piene di

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materia. I tavoli tondi e i tavolini da bistrot si alternano in sala per assicurare il giusto distanziamento e l’intimità degli ospiti: linee curve e soluzioni di arredo su misura, sedute avvolgenti e corpi illuminanti di design connotano gli spazi con eleganza e riportano alla memoria un tuffo negli abissi tra alghe, meduse, razze e mante. Governa la cambusa VINCENZO ESPOSITO, marinaro di Torre del Greco che, da poco superati i quarant’anni e avere frequentato le

sfavillanti cucine di TONINO MELLINO (Quattro Passi, Massa Lubrense), ENRICO CRIPPA (Piazza Duomo, Alba) e ANTONELLO COLONNA, ha condiviso il progetto di una cucina di pesce senza fuochi d’artificio, ma di sostanza e con materie prime nobili, adeguata ai tempi che stiamo vivendo. Quindi una cucina che privilegia il pescato quotidiano in vetrina con qualche deroga, come nel caso del salmone, marinato in casa col gin, che finisce in carpaccio, guarnito di yogurt.

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L’interno del locale di Cercola (NA) e lo chef Vincenzo Esposito. Per il resto, tutto guarda con attaccamento alla terra d’origine del cuoco, tanto che se dovesse scegliere un piatto, senza esitazione ci sarebbe ’mmescafrancesca, la pasta di diversi formati cotta in zuppa di pesce, da mangiare a cucchiaio, con piccoli scampi e gamberetti. «Anzi, secondo me è proprio il simbolo del locale», ammicca Esposito. Il termine ‘mmescafrancesca corrisponde all’italiano mescolanza, forse nell’interpretazione anche un po’ di a casaccio e confusa, e si fa risalire ironicamente ai mélange gastronomici francesi all’epoca in cui dominavano Napoli. In questa zuppa, che è secondo la migliore tradizione anche un ristretto di teste e carcasse, ricco di profumi, quasi croccante di profumi, trionfa la succosità vegetale dello Sfusato amalfitano. Ma, assieme al pesce, un altro ingrediente è sempre presente nella cucina di Bommarè, il Pomodorino del Piennolo. “Ricama, dà forza e vigore in ciascuno dei nostri piatti. E faccio l’esempio delle classiche Linguine all’astice, pescato direttamente dall’acquario, ma potrei citare tutti i pesci da forno come i dentici e i branzini, che per necessità vogliono

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dei pomodorini nella teglia dove si stanno cucinando o il Baccalà alla puttanesca in oliocottura, in cui il pomodoro è il principe della salsa leggera”. La Puttanesca o aulive e cchiapperielle, olive e capperi, come si sa, viene mediata dagli spaghetti e si compone anche di aglio e origano. Un altro modo pittoresco per rappresentare la realtà: azzarda infatti ARTHUR SCHWARTZ (Naples at table, Harper Collins Editore) che il termine derivi dalle mise, nondimeno trasparenti, di colori vistosi indossati dalle lavoranti nelle case di tolleranza. Un altro piatto che rende orgoglioso Vincenzo Esposito è il brodo di polpo (in foto), ‘o bror ‘e purpo secondo la dizione campana: una tazza di brodo caldo e profumo di mare, col tentacolo (ranfetella) che spunta mentre si beve. Il cibo di strada napoletano per antonomasia. Lo ricordava anche MATILDE SERAO ne Il ventre di Napoli (Imagaenaria Edizioni): Con due soldi si compera un pezzo di polipo bollito nell’acqua di mare, condito con peperone fortissimo: questo commercio lo fanno le donne, nella strada, con un focolaretto e una piccola pignatta. Estinti i focolaretti per strada il

polpo, morbido grazie a una cottura delicata, viene condito al tavolo del cliente con il suo ristretto di cottura e limone, adagiato su una fresella. Consistenze e sapori si combinano alla perfezione. Al tavolo si completa col fondo di cottura anche il Dentice gratinato con pane, pomodori secchi, erbe aromatiche, acciughe e aglio. Sotto ci sta una purea di fagioli tondini per alleggerire il tono. All’inizio avranno sfilato i Crudi: ostriche, tartare di tonno o di altro pescato, caviale da abbinare, se si vuole, a polvere di lampone liofilizzato. Sotto lo sguardo dei clienti la cucina, incorniciata da piastrelle decor bianche e azzurre. Per chi vuole godersi lo spettacolo della brigata al lavoro può infatti prenotare la postazione con sgabelli sul lungo bancone. Buona visione. Riccardo Lagorio Bommarè – Il mare in cucina V.le Europa 30 – 80040 Cercola (NA) Telefono: 081 3595906 Web: www.facebook.com/ristorantebommare Nota Photo © Dario Adamo.

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FIERE

Focus su abitudini e trend di consumo dei prodotti ittici durante il lockdown

AquaFarm: digital preview La pandemia è nel pieno di una nuova fase ed è il momento per gli operatori della filiera della produzione di trarre lezioni oggettive, base di ogni futura strategia, e azioni compensative sia sul fronte dell’innovazione di prodotto che di quella commerciale. Alcuni punti fermi: • la crisi pandemica è stata ed è una crisi di domanda mentre l’offerta non è mai mancata; • il settore HO.RE.CA. è stato, ed è, il settore con il maggiore impatto, non solo per la chiusura totale degli operatori in certi periodi, ma anche per il cambio nell’at-

teggiamento dei consumatori, il 48% dei quali ha ridotto significativamente se non del tutto la frequentazione dei ristoranti; • circa la metà dei consumatori ha aumentato il consumo domestico di prodotti ittici, che sono arrivati ad occupare la terza posizione nella classifica degli alimenti in crescita dopo pasta e verdure; • è aumentato il canale delle consegne a domicilio; • il gradimento dei prodotti d’allevamento è cresciuto con l’arrivo di nuovi acquirenti;

• è aumentata l’attenzione alla provenienza del prodotto e la richiesta di maggiore immediatezza nell’informazione. Questi sono in sintesi i risultati dell’indagine condotta da CREA Marketing Consulting su incarico

Si svolgerà il 9 e 10 giugno l’edizione 2021 di AquaFarm, la mostra-convegno internazionale dedicata ad acquacoltura e industria della pesca sostenibile insieme a NovelFarm, il salone dedicato alle nuove tecniche di coltivazione, fuori suolo e vertical farming e, da quest’anno, AlgaeFarm, appuntamento incentrato sulle tecnologie e applicazioni in alghicoltura (in foto uno scatto dell’edizione del 2020).

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dell’API–Associazione Piscicoltori Italiani che è stata al centro della preview digitale di AquaFarm svoltasi lo scorso 25 marzo. La giornata di studio ha evidenziato spunti importanti e a volte sorprendenti riflessione e analisi. Per esempio, le chiusure dovute all’emergenza hanno provocato, presso certe categorie di Italiani, variazioni nelle modalità di preparazione del pesce a casa e la ricerca nota un aumento nella complessità e raffinatezza delle ricette in una quota di “gourmet” del 10%. Ancora, la preferenza di prodotto italiano è arrivata all’82%, perché percepito come di maggior qualità, sulla base di una serie di parametri a pari merito: più sostenibile, più sicuro e controllato, più fresco. I risultati della ricerca CREA Marketing Consulting sono stati presentati da SUSI TONDINI, fondatrice e AD della società, e sono stati il punto di partenza della discussione degli argomenti trattati nel corso della digital preview. FABIO GALLO, conduttore della trasmissione televisiva Linea Blu, ha introdotto gli interventi istituzionali del presidente di Pordenone Fiere, RENATO PUJATTI, dell’on. F ILIPPO G ALLINELLA , presidente della XIII Commissione Agricoltura della Camera, che ha illustrato l’attività della Commissione parlamentare per il futuro dell’acquacoltura italiana, di RICCARDO RIGILLO, direttore generale Pesca Marittima ed Acquacoltura (PEMAC) del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, e di STEFANO ZANNIER, assessore alle risorse agroalimentari, forestali e ittiche e alla montagna della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. La mattinata è proseguita con la tavola rotonda cui hanno partecipato

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PIER ANTONIO SALVADOR, presidente API, GIUSEPPE PRIOLI, presidente AMA, FABIO MASSA, International Senior Aquaculture Expert, RENATA BRIANO, ex europarlamentare, chef e food blogger, GIACOMO BEDETTI, CEO Orapesce, GIANLUCA TESOLIN, amministratore delegato Bofrost Italia Spa, oltre all’on. Filippo Gallinella e a Riccardo Rigillo. La mattinata si è conclusa con la presentazione del nuovo progetto della manifestazione dedicato alle micro e macroalghe, AlgaeFarm, un settore di importanza crescente anche l’acquacoltura in quanto fonte di ingredienti per i mangimi e altre sostanze utili. L’iniziativa è stata illustrata da LUCIA PROSDOCIMO, project manager della manifestazione, mentre ALBERTO BERTUCCO, presidente, AISAM – Associazione Italiana per lo Studio e le Applicazioni delle Microalghe, ha parlato dello stato dell’arte della ricerca in Italia, e LILIANA RODOLFI, docente dell’Università degli Studi di Firenze, ha tratteggiato i caratteri principali del mercato delle microalghe e delle applicazioni. Nel pomeriggio ha fatto seguito la digital preview di NovelFarm, la manifestazione internazionale ormai di riferimento per il settore delle coltivazioni fuori suolo, il vertical farming e l’agritech.

>> Link: www.aquafarmexpo.it www.novelfarmexpo.it


TECNOLOGIE

I suggerimenti del gruppo CSB su come affrontarle digitalmente

Quattro sfide per le industrie del settore ittico Secondo l’Organizzazione Mondiale dell’Alimentazione (FAO), il consumo globale di pesce nel 2019 ha raggiunto il suo picco: poco più di 158 milioni di tonnellate. D’altronde, l’industria ittica è in crescita da anni: dal 2009 al 2019 le vendite sono aumentate di circa 35 milioni di tonnellate; un aumento di quasi il 28%. Tuttavia, i produttori e i rivenditori che vogliono beneficiare della crescita del settore devono superare alcune sfide che vadano a

ridefinire i loro processi. La buona notizia è che le possibilità di ottimizzazione sono tutt’altro che esaurite. La digitalizzazione, in particolare, sta creando tante opportunità per ottimizzare i processi, ridurre i costi e ottenere dati più accurati, e non solo a vantaggio delle grandi imprese. Secondo gli esperti CSB, le aziende di piccole e medie dimensioni possono cominciare ad affrontare il processo di digitalizzazione, partendo da queste quattro sfide.

Sfida 1: come ottimizzare l’approvvigionamento di pesce fresco? Nell’industria di lavorazione del pesce sono numerose le aziende che si riforniscono nei mercati all’ingrosso; nel commercio questa è la regola. Gli acquirenti spesso si recano nei mercati lungo la costa alle prime ore del mattino per acquistare il pesce migliore. La procedura è ancora la stessa di trent’anni fa: scegliere, offrire, comprare.

Definizione del lotto al CSB-Rack PC industriale specifico per il settore alimentare.

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Il CSB ERP gestisce i dati rilevanti lungo l’intera filiera: solo così infatti è possibile combinare i dati del sistema di controllo del processo con quelli degli acquisti e della lavorazione. Tuttavia, questo processo presenta un problema: di solito l’azienda viene a conoscenza della quantità acquistata solo dopo che il dipendente ne ha inviato comunicazione. Sarebbe più facile se il buyer potesse gestire gli acquisti direttamente online, in tempo reale, nel sistema ERP dell’azienda tramite un semplice dispositivo mobile. Al vantaggio della maggior efficienza in loco con l’inserimento dei dati solo una volta ed in tempo reale si sommano i benefici per l’azienda; quest’ultima potrà pianificare la produzione e la vendita in modo molto più accurato, risparmiando tempo e utilizzando al meglio le risorse disponibili. Sfida 2: come migliorare la distribuzione dei prodotti ittici? Tramite CSB M-ERP (Mobile Enterprise Resource Planning) i dipendenti, ovunque essi si trovino, sono collegati al CSB ERP dell’azienda. Equipaggiati di portatile, tablet o

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smartphone, possono collegarsi al sistema centrale in modo rapido e semplice. Questo consente loro di controllare sul posto, presso il cliente, quale merce e in quale quantità sia ancora disponibile in magazzino, affinché gli impegni relativi alla disponibilità e alle date di consegna siano rispettati al 100%. Se sono in corso promozioni o una particolare scontistica, i prezzi corretti sono determinati on-line e in tempo reale. Suona bene, vero? Clienti CSB, che già utilizzano la soluzione M-ERP per le vendite, riferiscono che, grazie al collegamento in tempo reale degli agenti al gestionale CSB presente in azienda, si è potuto ridurre il personale in ufficio e in generale il tempo per l’evasione dell’ordine. È opportuno chiarire che alla base vi è una strategia di integrazione al 100% che va oltre i reparti acquisti e vendite. I massimi benefici si ottengono quando il CSB ERP è utilizzato per l’intera filiera: dall’ordine delle materie prime alla lavorazione,

dall’imballaggio e all’etichettatura specifica per il cliente, fino alla gestione dei giri di consegna. Sfida 3: come garantire la tracciabilità dei prodotti ittici? Anche in tema di tracciabilità, il potenziale di informazioni raccolte e organizzate digitalmente è evidente. In un possibile scenario in cui un cliente chiama per una contaminazione inorganica di un preparato, è necessario avviare un richiamo. La situazione diventa rapidamente frenetica: quali lotti sono interessati? Quale giorno, a che ora, quali macchine? E quali materie prime sono state utilizzate? Con una tracciabilità integrata nel sistema ERP, queste informazioni si ottengono premendo semplicemente un pulsante. Questo perché il CSB ERP gestisce i dati rilevanti lungo l’intera filiera. Solo così può combinare i dati del sistema di controllo del processo con quelli degli acquisti e della lavorazione.

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Il CSB-System gestisce etichette personalizzate in maniera flessibile. Le valutazioni necessarie in caso di richiamo sono alimentate da questo pool di informazioni. Più sono i processi digitalizzati in azienda, più facile e sicura diventerà la tracciabilità del prodotto; e i risparmi di tempo saranno enormi. Sfida 4: come ridurre i costi del processo di certificazione? I prodotti ittici spesso richiedono una certificazione trasparente, che in molti casi si traduce in costi elevati. Sia che si voglia certificare i prodotti con i sigilli di sostenibilità del Marine Stewardship Council (MSC), dell’Aquaculture Stewardship Council (ASC) o dell’International Featured Standard Food (IFS Food), tutte le certificazioni sono assegnate solo dopo rigorosi audit. Questi test su prodotti e processi richiedono uno sforzo davvero elevato sia per l’azienda che per il revisore, entrambi impegnati a documentare il flusso delle merci. È quindi sempre meglio organizzare il processo di certificazione avendo a disposizione un ERP: si

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riducono sforzi e costi. Nel CSBSystem i dati sono sempre a disposizione: si riducono così i costi interni, vale a dire il lavoro dei dipendenti, e anche i costi del revisore sono a volte inferiori. La digitalizzazione offre molti vantaggi alle aziende di trasformazione del pesce Naturalmente, ci sono molti altri esempi in cui le soluzioni digitali possono supportare le aziende del settore ittico, per esempio nella produzione, nel picking o nella vendita. Tuttavia, la trasformazione verso un business dell’ittico digitalizzato non è ancora un percorso scontato: bisogna dedicarvi tempo e risorse. Ma una volta che il passo è stato fatto, i timori sulla mancanza di competenza digitale tra i dipendenti, sugli alti costi di investimento e sulla sicurezza dei dati vengono rapidamente dissipati. I dipendenti impareranno rapidamente a gestire la nuova tecnologia e improvvisamente si avranno risparmi in aree addirittura considerate altamente

efficienti dal punto di vista dei costi. Alla CSB-System ne sono convinti: in futuro, le soluzioni digitali faranno parte degli strumenti standard di ogni azienda ittica, proprio come le sfilettatrici, i sistemi di imballaggio o lo smartphone. La digitalizzazione diventerà la norma: non se ne parlerà più molto, ma nessuno vorrà rinunciare ai vantaggi.

Referente: • Dott. A. MUEHLBERGER CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (VR) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com

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9-10 GIUGNO 2021 FIERA DI PORDENONE MOSTRA CONVEGNO INTERNAZIONALE SU ACQUACOLTURA, ALGOCOLTURA E INDUSTRIA DELLA PESCA

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CSB FACTORY ERP è il Factory software dell’anno per il 2020! Il CSB ERP specifico di settore per la gestione degli stabilimenti produttivi è stato premiato per la seconda volta come “Factory software dell’anno” nella categoria “Fabbrica digitale” durante il “Congresso digitale sul factory software”. Il gruppo di esperti del centro di applicazioni Industria 4.0, cattedra di informatica economica all’Università di Potsdam, che aveva già premiato CSB ERP nella categoria “Soluzioni complete” nel 2018, ha premiato nuovamente CSB FACTORY ERP come soluzione eccellente in grado di realizzare la fabbrica digitale. La giuria ha apprezzato in particolare il vantaggio concreto fornito ai clienti, il concetto di tracciabilità verticale e orizzontale e la comunicazione a tutto tondo con i clienti, attraverso più canali. CSB FACTORY ERP si interfaccia con l’ERP di gruppo e consente una gestione operativa ottimale degli impianti di produzione. Le interfacce standard garantiscono un’infrastruttura di sistema stabile, flessibile e integrata tra ERP di gruppo e FACTORY ERP. Col Factory software, CSB ha colmato le lacune tra ERP di gruppo e MES. Pertanto CSB FACTORY ERP non supporta solo i processi classici della fabbrica digitale, come gestione costi e ricette, pianificazione delle vendite e della produzione o garanzia di rintracciabilità ma si assume anche l’organizzazione dei flussi delle informazioni tra stabilimenti, dipendenti, macchine, fornitori e clienti coinvolti nel processo. Da una parte CSB FACTORY ottimizza i processi all’interno della fabbrica, dall’altra garantisce l’integrazione verticale e orizzontale dei sistemi coinvolti e gestisce le interfacce verso i partner della supply chain a monte e a valle e verso gli altri stabilimenti aziendali. Con hardware specifici come il CSB Racks, CSB Vision (per il riconoscimento automatico delle immagini), CSB Sorter e soluzioni di automazione, CSB armonizza il flusso di merci e di dati e consente la digitalizzazione dell’intera fabbrica. Grazie ad algoritmi di ottimizzazione delle ricette, della produzione o dei giri, le aziende possono elaborare in modo proficuo i dati raccolti. «Siamo molto soddisfatti di aver ottenuto nuovamente questo riconoscimento» dicono alla CSB System SE. «È la dimostrazione che, assieme ai nostri clienti, stiamo proseguendo sulla strada verso la digitalizzazione, offrendo loro soluzioni già utilizzabili e consolidate nella pratica. Un ringraziamento particolare va perciò ai pionieri, innovatori e change maker della nostra azienda, ai nostri consulenti e programmatori che mettono la loro competenza ed esperienza al servizio del nostro software». >> Link: www.csb.com

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COMITATO TECNICO SCIENTIFICO MARCA 2020

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In un contesto in evoluzione, la presentazione di un sistema di controllo del virus

Impatto del Covid-19 sui settori di pesca e acquacoltura di Gianluigi Negroni

È ben noto che la pesca e l’acquacoltura siano state duramente colpite in tutto il mondo dalla pandemia di Covid-19. La maggior parte delle catene di valore del pesce fresco e dei crostacei sono state fortemente penalizzate dalla quasi cessazione dei lavori nei settori della ristorazione, HO.RE.CA., mense pubbliche e private, e i settori della produzione

e trasformazione hanno dovuto affrontare difficoltà e chiusure a causa della riduzione della domanda dei consumatori. L’occupazione femminile ha subito un impatto particolarmente negativo, in quanto le donne hanno una presenza importante nella produzione ittica e nel post-raccolta. Le restrizioni logistiche, di trasporto e transfrontaliere dei prodotti

ittici sono state influenzate negativamente per diversi motivi, fra i quali la possibile o sospetta contaminazione umana. L’elevato costo del trasporto aereo, la diminuita copertura dei voli e l’ampia produzione già disponibile senza possibilità di commercializzazione, hanno ribassato i prezzi dei prodotti di acquacoltura, specialmente il salmone.

Secondo il nuovo rapporto “The impact of Covid-19 on fisheries and aquaculture food systems”, presentato durante la XXXIV sessione del Committee on Fisheries (COFI) ospitata dalla FAO, “la pesca e l’acquacoltura globali sono state duramente colpite dalla pandemia di Covid-19 e potrebbero subire ulteriori danni nel 2021 poiché i lockdown influiscono sull’offerta e sulla domanda in tutto il settore” (photo © Eva Wilcock x unsplash).

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MILANESE snc dal 1953 produce e commercializza una vastissima gamma di attrezzature per l’acquacoltura, che esporta in ben 40 paesi di tutto il mondo. Inoltre progetta e costruisce su misura sistemi di automazione per l’allevamento del pesce

Milanese snc

Viale I Maggio, n. 3 – 33032 Bertiolo (UD) Tel. +39 0432 917224 – Fax +39 0432 917034 – E-mail: milanese@milaneseitalia.com – Web: www. milaneseitalia.com


quantità significative di prodotti peschieri, riducendo i redditi esteri o minacciando la sicurezza alimentare. Inoltre, il fatto che il pesce vivo, fresco o refrigerato, che rappresenta una parte importante del pesce consumato, sia un prodotto altamente deperibile, presenta ulteriori sfide logistiche. Mantenere funzionante la filiera dei prodotti della pesca è fondamentale per evitare possibili crisi alimentari a livello globale.

Le misure per contenere la diffusione del Covid-19, come la chiusura dei servizi di ristorazione, cessazione del turismo, riduzione dei servizi di trasporto, restrizioni commerciali, ecc…, hanno causato interruzioni nelle catene di approvvigionamento internazionali (photo © visirhf.is, fao.org). La grande industria pelagica di alto mare ha avuto problemi di contagio su alcune navi da pesca e restrizioni per i movimenti dei marittimi professionisti. Anche le attrezzature portuali e il personale sono stati interessati; infatti i porti, considerati una fonte di alta contaminazione, hanno subito draconiane misure anti-pandemiche. I mercati ittici hanno avuto alti e bassi a seconda dell’imposizione dei vari cicli di lockdown derivanti dall’intensità dell’infezione da Covid-19. Le industrie della catena di valore dell’acquacoltura come quelle di mangimi e di larve/giovanili hanno sofferto delle restrizioni logistiche e delle carenze di personale, con un impatto negativo in tutto il settore. Come già accennato, nell’acquacoltura gli stock in allevamento potrebbero essere rimasti invenduti e aver creato problemi per la vendita di grandi quantità di pesce sui mercati. Inoltre, se il pesce non può essere venduto alla maturità commerciale, potrebbe essersi registrato un aumento del costo di alimentazione. Ma ormai i grandi allevamenti industriali si sono adattati alla situazione non lavorando a pieno ritmo.

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A causa della minore domanda e dei conseguenti prezzi, la pesca di cattura è stata per alcuni periodi ridotta in alcuni Paesi con un’influenza positiva sugli stock ittici selvatici. I prodotti della pesca inscatolati e altri prodotti della pesca conservati sono stati molto richiesti all’inizio della crisi pandemica. La pandemia ha inoltre spinto fortemente la vendita on-line e diretta nel settore del pesce fresco e trasformato. Come in altri settori, è probabile che la prolungata flessione del mercato introduca trasformazioni a lungo termine nella filiera ittica. Le trasformazioni potranno apportare cambiamenti che andranno ad aumentare l’efficienza e l’efficacia della catena del valore della pesca. La pesca e l’allevamento ittico sono importanti a livello locale per il sostentamento di molte comunità, nonché per i Paesi a basso reddito e i piccoli stati insulari in via di sviluppo. I contraccolpi della pandemia possono influenzare le economie dei Paesi che hanno investito nella pesca. Misure di contenimento diffuse possono avere un impatto notevole sulle nazioni che commerciano

L’interesse della filiera ittica Tutta la filiera dei prodotti ittici dovrebbe essere interessata a robusti sistemi di prevenzione e decontaminazione delle aree di lavoro, dell’aria all’interno degli edifici e delle superfici interessate che potrebbero venire contaminate dal virus. Il sistema della sicurezza sanitaria all’interno delle unità di produzione dovrà prevedere nuovi protocolli anti Covid-19 da inserire nei protocolli per i prerequisiti e nel piano HACCP se utilizzato. La sicurezza sanitaria del personale che utilizza gli spazi aziendali e delle superfici che potrebbero essere infettate sono sicuramente un plus molto apprezzato dai clienti e dalle autorità competenti degli Stati che ricevono le importazioni di prodotti ittici. In Cina numerose emergenze Covid-19 hanno bloccato per alcuni periodi le importazioni rispetto ad alcuni Stati asiatici1. Rischi di contaminazione nei prodotti peschieri I prodotti peschieri sono in molti Paesi la base dell’alimentazione e contengono delle proteine di alta qualità; in alcuni Paesi informazioni non opportune e spesso non veritiere hanno attaccato la sicurezza sanitaria dei prodotti peschieri rispetto alle contaminazioni da Covid-19 (WHO, 2020; OIE, 2020). Allo stato attuale delle conoscenze, il coronavirus non può infettare animali acquatici (pesci, rettili, anfibi e invertebrati come crostacei e molluschi), che non possono essere un vettore di trasmissione del coronavirus verso gli umani2. Non vi sono inoltre evidenze che il coronavirus sia stato trasmesso attraverso i prodotti peschieri

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o i propri contenitori3. Tuttavia, come prima dell’attuale pandemia, qualsiasi cibo può essere potenzialmente contaminato da agenti patogeni attraverso il contatto con apparecchiature contaminate, superfici o ambienti, comprese le mani, i guanti o gli abiti del personale. La corretta pulizia, la disinfezione e la prevenzione della contaminazione incrociata sono fondamentali nel controllo dei prodotti della pesca. Il Covid-19 viene trasmesso principalmente direttamente da uomo a uomo includendo i lavoratori del della filiera del settore peschiero e dell’acquacoltura. Coloro che sono infettati da Covid-19 possono contaminare le superfici. L’applicazione di sani principi di igiene ambientale, l’igiene personale e le consolidate pratiche di sicurezza alimentare rimangono sempre importanti per ridurre i rischi di trasmissione. Post Covid Non è ancora chiaro se il settore della pesca e dell’acquacoltura sperimenterà una ripresa rapida o lenta dopo la fine della pandemia. Sebbene alcune aziende ittiche possano gestire o addirittura trarre vantaggio dalla crisi, è prevedibile un livello di consolidamento e riorganizzazione industriale. L’innovazione digitale, il passaggio accelerato alle applicazioni basate sul web, i servizi on-line e una migliore tracciabilità e sostenibilità dei prodotti sono alcuni dei risultati che probabilmente emergeranno dalla crisi. A livello locale, i pescatori e i lavoratori del settore si stanno adattando cambiando gli attrezzi da pesca, prendendo di mira specie diverse o vendendo i loro prodotti sul mercato interno. Alcuni pescatori, allevatori di pesce e lavoratori del settore vendono sempre di più direttamente al consumatore con una filiera corta. Sebbene queste innovazioni sosterranno le comunità, i mercati interni hanno continui sbalzi; è difficile fare proiezioni e la GDO fa ordini solo sul breve e brevissimo periodo. Possibili interruzioni delle economie e dei mezzi di lavoro potrebbero derivare da carenze di manodopera (barriere ai viaggi, licenziamenti,

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L’occupazione femminile ha subito un impatto particolarmente negativo dalla pandemia da Covid-19. Le donne costituiscono infatti una percentuale elevata dei lavoratori nei settori dell’acquacoltura di sussistenza, nella lavorazione artigianale e industriale, nella manutenzione delle attrezzature e di commercio e nella vendita al dettaglio di pesce fresco (photo © fao.org). ecc…); vendita diretta dal produttore al consumatore; carenza di input per l’acquacoltura (mangimi, avannotti, vaccini), così come la pesca (es. esche, ghiaccio, attrezzi, ecc…); concorrenza per i servizi di approvvigionamento e trasporto, e una mancanza di finanziamento e flusso di cassa (pagamento ritardato di ordini passati). La pesca in alto mare potrebbe essere influenzata negativamente per le difficoltà di ricambio degli equipaggi; i grandi produttori di pesce allevato potrebbero avere problemi derivanti dalle diminuite presenze di lavoratori e tecnici. Un minor impatto avranno i piccoli allevatori e pescatori che si basano sulle vendite locali e autoconsumo. I piccoli produttori potranno subire una minor concorrenza dai grandi produttori che vendono a bassi prezzi per le difficoltà di mercato già menzionate. Gli stock peschieri potranno avere delle benefiche conseguenze ma la IUU (pesca illegale, non controllata e non regolata) avrà meno controlli e potrebbe proliferare.

La diffusione del virus Il Covid-19 ha un elevato tasso di riproduzione che avviene con goccioline di saliva diffuse tramite tosse, starnuti e dalla saliva dal cavo orale. Le goccioline si diffondono ed entrano in contatto con tutte le superfici. Quando una persona che ha il Covid-19 tossisce, starnutisce o parla, può diffondere goccioline contenenti il virus a breve distanza e queste goccioline si depositano rapidamente sulle superfici circostanti. Questo tipo di trasmissione include le maniglie delle porte, apparecchiature informatiche, touch screen e corrimano, apparecchiature tecniche per la lavorazione del pesce contenitori, mezzi di trasporto e quant’altro utilizzato nelle filiere ittiche4. La ricerca ha scoperto che il nuovo coronavirus può durare fino a 72 ore su superfici in plastica e acciaio inossidabile e su cartone per 24 ore5. Con questo in mente, e in attesa della conclusione della campagna vaccinale o di altre misure di contenzione (ma sembra che non vi siano soluzioni risolutive contro il Covid-19), il consiglio principale

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vono essere approvati dall’autorità competente. Il fogging può avere un ottimo effetto biocida rispetto a tutti gli organismi viventi, incluso i virus e altri agenti biologici nell’aria e sulle superfici. Le attività biocide devono considerare un’applicazione uniforme ed una “saturazione” degli ambienti. L’uso di questi metodi in stanze dal design complesso con più superfici deve essere ben programmato. Ci si deve affidare a tecnici con esperienza specialistica della disinfezione per farsi consigliare i migliori e più appropriati trattamenti, le diverse tipologie tecnologiche, il posizionamento e l’utilizzazione pratica delle apparecchiature preposte.

I prodotti della pesca e dell’acquacoltura possono essere contaminati se manipolati da persone infettate da Covid-19. Se le persone che lavorano con i prodotti peschieri non seguono le buone pratiche igieniche i rischi aumentano. È sempre consigliabile quindi attuare solide pratiche igieniche per proteggere i prodotti della pesca e dell’acquacoltura dalla contaminazione Covid-19 di origine umana (photo © Gent Shkullaku/AFP via Getty Images). per prevenire Covid-19 è di praticare rigorose misure igieniche che includono l’isolamento, la pulizia e la disinfezione di ambienti, superfici e oggetti che le persone toccano frequentemente. Anche quando le restrizioni nazionali verranno revocate, è probabile che continueremo a vedere ondate di infezioni da coronavirus per un po’ di tempo, in particolare negli ambienti chiusi e durante i mesi invernali, quando le persone rimangono in casa più a lungo con meno ventilazione. È quindi importante rimanere vigili e continuare a mettere in pratica pratiche igieniche stringenti6. Decontaminazione Come parte del programma per fermare la diffusione di Covid-19, le procedure per una frequente pulizia devono includere elementi di base come il lavaggio regolare delle mani con acqua e sapone, la pulizia di aree ad alto traffico e superfici di contatto. Il modo più semplice per mantenere pulite le aree è lavare le pareti, pulire i pavimenti, i banchi e le postazioni di lavoro, le maniglie delle porte,

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ecc… Oltre alle sopraccitate misure igieniche, che comunque devono essere ripetute numerose volte dopo e durante ogni turno di lavoro, abbiamo il sistema del fogging, che può essere una delle soluzioni tecnologiche innovative per trattare completamente gli ambienti e le superfici. La risposta tecnologica: il fogging Per la pulizia profonda all’interno degli stabilimenti della filiera ittica, inclusi gli uffici, esiste un metodo chiamato fogging, traducibile dall’inglese con “produzione di nebbia”, già utilizzato in vari settori da ditte specializzate. Il sistema utilizza vari principi biocidi pulendo e igienizzando ampie aree in modo rapido ed efficace. L’attività di fogging consiste nel diffondere, continuamente o con intervalli temporali, con vari metodi, una nebbia sottile da un apposito apparecchio. I componenti della nebbia non devono essere ovviamente dannosi per l’uomo ed i disinfettanti o la generazione di gas reattivi (per esempio ozono dall’aria o ossigeno in bottiglia o altri gas) de-

Considerazioni sugli ambienti chiusi Se tutti gli ambienti chiusi relativi alla lavorazione dei prodotti ittici fossero sottoposti a procedure costanti per la disinfezione delle superfici e dell’aria, la diffusione del Covid-19 sarebbe notevolmente ostacolata. È quindi importante considerare i potenziali punti critici negli edifici produttivi per ridurre al minimo i rischi di fuoriuscita del fogging e garantirne una distribuzione uniforme. I fornitori di apparecchiature possono fornire consigli su questa procedura. Appropriati sensori posizionati all’interno delle aree trattate possono essere utilizzati per monitorare le concentrazioni create dal sistema fogging. Ciò permetterà di valutare l’efficienza dei trattamenti delle apparecchiature e il grado di diffusione del sistema in tutte le zone da trattare ed il grado di rischio per i lavoratori e le superfici. Legislazione EU per le attività di fogging L’uso di radicali liberi7 e biocidi (Biocidal Products – BPR) è disciplinato dal Regolamento (UE) n. 528/12 e sono richieste sia l’approvazione della sostanza che l’autorizzazione del prodotto. Tutti i prodotti usati nel fogging devono essere autorizzati. Poiché la generazione in situ di radicali liberi dall’acqua o dall’aria non è stata considerata come rientrante nell’ambito di applicazione della Direttiva 98/8/CE sull’immis-

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Reazione chimica con i radicali liberi nella troposfera

Fonte: Doménech, 1991.

sione sul mercato dei BPR, ma è ora soggetta al campo di applicazione del BPR, le domande per l’approvazione di tali radicali liberi come principio attivo e la loro autorizzazione come biocidi dovranno essere presentate sulla base e in conformità dell’articolo 93 del BPR. Le aziende che distribuiscono macchine e prodotti per il fogging devono preparare una domanda per l’approvazione della sostanza che viene usata, in cui si definiscono le informazioni per le sostanze attive. Tuttavia, quando tali radicali liberi saranno generati da sistemi come un dispositivo elettrico (o altri apparecchi che utilizzano luce UV, o articoli, come vetro, piastrelle o pannelli contenenti foto catalizzatori), sarà necessaria un’analisi caso per caso per identificare il biocida da essere soggetto ad autorizzazione. Il disinfettante applicato come trattamento fogging (a nebbia o vapore) deve essere conforme al regolamento sui biocidi (BPR). Ciò include la generazione di ozono o di radicali liberi (non è applicabile per UV). La macchina che genera BPR non deve venire approvata da questa legislazione. I fornitori di unità / macchine per nebbia, nebbia o vapore devono garantire che tutti i prodotti igienizzanti che forniscono o raccomandano di

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utilizzare con l’unità / macchina siano conformi al regolamento sui biocidi. I produttori di biocidi hanno la responsabilità di garantire che i loro prodotti siano adeguatamente efficaci, compreso il rispetto degli standard di prova necessari. Sono anche responsabili di fornire informazioni e istruzioni per l’utente sull’etichetta del prodotto. Specifico sistema di fogging8 Fra i sistemi con maggior efficacia testati dall’autore vale la pena di considerare un nuovo brevetto che utilizza questa tecnologia e denominato commercialmente ZERO29. Il Molecular Reactor cuore di questa tecnologia imita la natura nel suo processo biochimico di rigenerazione ambientale, attraverso il quale pulisce e distrugge tutti gli inquinanti dall’atmosfera, dall’acqua e dalle superfici10. Il reattore molecolare ZERO2 è in sintesi un generatore di molecole OH. Il fattore OAF (Open Air Factor11) si verifica in natura quando le olefine12 di piante, fiori e frutti reagiscono con l’ozono. Questa combinazione naturale al 100% genera una reazione biomolecolare che produce gruppi radicali OH idrossili, completamente innocui per l’uomo, gli animali e le piante, poiché sono quantità paragonabili a quelle presenti in natura13. Non hanno la capacità di penetrare nel nostro organismo, grazie ad un processo di adattamento della nostra genetica che da millenni è a contatto con questo tipo di molecole. Inoltre, anche in condizioni di concentrazione sono innocui per la presenza

nel nostro corpo dell’enzima Super Ossidante Dismutasi (SOD – Super ossido Dismutasi). Questo enzima dismuta e neutralizza l’OH quando entra nel nostro corpo. La OH ossidandosi distrugge i virus e i batteri più resistenti sia nell’aria che nelle superfici esposte all’OH14. Questo disinfettante naturale agisce ininterrottamente 24 ore, senza bisogno di alcun tipo di lavoro di pulizia e con bassi consumi elettrici. La tecnologia ZERO2 non ha bisogno di riciclare l’aria poiché non ha bisogno di assorbirla o filtrarla o espellerla; il principio segue quanto avviene in natura con l’OH, con un sistema molto competitivo sui mercati14. Al seguito della immissione del fogging, il risultato è la trasformazione di un ambiente chiuso, inquinato, in uno fresco e pulito come in natura. Uno spazio totalmente privo di gas tossici, virus, allergeni che riducono la possibilità di contrarre qualsiasi tipo di patologia. Uno spazio privo di rischi di contaminazione alimentare, dove la shelf-life dei prodotti della pesca (ma anche frutta, verdura, carne14) può essere ampliata. Sicurezza sanitaria alimentare prodotti ittici Nuove normative stanno eliminando l’uso degli imballaggi di plastica nelle confezioni dei prodotti freschi che necessiteranno di altre tecnologie più sostenibili per la conservazione e per prolungare la shelf-life degli alimenti; questo toccherà soprattutto le grandi catene distributive. La tecnologia ZERO2 aiuterà a risolvere questo ed altri problemi legati alla

Schema del principio dell’azione del brevetto di fogging (Sistema ZERO2)

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conservazione e contaminazione dei prodotti ittici freschi, allungandone la vita con una maggior qualità per il consumatore. Questo grazie all’efficacia dell’azione dell’Open Air Factor (OAF15). Questa importante applicazione industriale può essere utilizzata durante tutte le fasi della catena di produzione e distribuzione, potendo garantire protezione durante il ritiro, stoccaggio/grossista, logistica fino al rivenditore. In ogni caso, il rischio di contaminazione degli alimenti sarà drasticamente ridotto, mentre la durata e la qualità dei prodotti freschi potranno essere notevolmente aumentate16. Gianluigi Negroni Note 1. www.reuters.com/article/ushealth-coronavirus-china-seafood-idUSKBN27Q02O; economictimes.indiatimes.com/ news/economy/foreign-trade/ china-halts-imports-of-seafoodproducts-from-indian-firm-says-

report/articleshow/79208980. cms?from=mdr; 2. FAO, The impact of Covid-19 on fisheries and aquaculture food systems, possible responses, www.fao.org/fishery/covid19/en; 3. ibidem; 4. ibidem; 5. www.qcs.co.uk/coronavirus/ how-effective-is-fogging-in-fighting-coronavirus; 6. ibidem; 7. I radicali liberi sono molecole molto reattive e ossidanti prodotte dal metabolismo dell'ossigeno, dunque dalla respirazione. I radicali liberi hanno uno o più elettroni spaiati, quindi liberi, e questa caratteristica li rende altamente reattivi, poiché instabili; 8. www.rfm-group.com/covid19-decontamination-disinfection-using-fogging-technology; 9. www.zero2reactor.com/en; 10. Exposicion de motivos ZERO2; reskyt.com; 11. HOBDAY R.A., HOSP J. (2019), The open-air factor and infection

control, Infect. 12. Prodotti contenuti nelle piante, it.wikipedia.org/wiki/%CE%91olefina; 13. M ARTÍNEZ V IMBERT R. et al. (2020), Evidence of OH radicals disinfecting indoor air and surfaces in a harmless for humans method. International Journal of Engineering Research & Science; 14. NÚÑEZ CRUZ V., ZERO2 Informe técnico sobre la ozonización con peróxido de hidrógeno y su impacto sobre la calidad del aire en interiores, www.zero2reactor. com/en; 15. They used the term “open air factor” (OAF) to describe the germicidal constituent in outdoor air that reduces the survival and infectivity of pathogens. Initial research showed that the OAF disappear rapidly when outdoor air is enclosed and, pubmed. ncbi.nlm.nih.gov/30978370; 16. ZERO 2 Molecular reactor, a revolutionary molecular, 9 technology, 2020.


PACKAGING

MOCA, l’UE ipotizza nuove regole A distanza di anni dalla sua introduzione, la legislazione comunitaria sui materiali a contatto con gli alimenti potrebbe subire delle modifiche. La Commissione europea sta infatti portando avanti sul tema la procedura di valutazione di impatto sulla revisione delle norme di Sebastiano Corona

È un argomento, quello dei MOCA, fortemente dibattuto, anche alla luce degli infiniti ambiti di intervento a cui si estende. La materia non riguarda infatti tanto o solo coloro che producono e vendono cibo e bevande, ma anche chi produce macchinari, packaging, attrezzatura utilizzata in campo alimentare per la trasformazione, la manipolazione o il confezionamento. Le valutazioni d’impatto della Commissione europea mirano a informare i cittadini e le parti interessate sui piani della Commissione e ottenere un feedback sull’iniziativa prevista. In questo caso, ha lo scopo di fare il punto sulla sua applicazione, ipotizzando possibili opzioni per migliorare la sicurezza alimentare e la salute pubblica. Tema, oggi, particolarmente sentito a tutti i livelli.

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L’esigenza è ancor più evidente se si considera che le disposizioni fondamentali dell’attuale legislazione comunitaria sono state introdotte nel lontano 1976. Nel 2004, il Regolamento (CE) n. 1935 ha poi dato indicazioni di base per tutti i MOCA, ma ora la necessità di intervenire è legata anche alle nuove politiche chiave della Commissione nell’ambito del Green Deal e del Farm to Fork che prevedono l’adozione di misure concrete per migliorare la sicurezza alimentare e la salute pubblica, incoraggiando l’uso di soluzioni di imballaggio innovative e sostenibili, utilizzando materiali rispettosi dell’ambiente, riutilizzabili e riciclabili, riducendo inoltre gli sprechi alimentari. D’altro canto la normativa esistente si scontra con una serie

di problematiche che richiamano la necessità di rivedere la materia. La prima è relativa all’assenza di norme UE specifiche, per la maggior parte dei settori diversi dalle materie plastiche, e il fatto che a livello nazionale in alcuni Stati Membri esistano per determinati materiali regole disomogenee o addirittura superate, creando una protezione sanitaria disuguale e fonte di oneri e complicazioni inutili per le imprese. L’assenza di norme specifiche e la coesistenza di leggi diverse nei vari Stati Membri complica, inoltre, il controllo delle importazioni, in particolare di alcuni oggetti da cucina e da tavola, che contribuiscono ad una parte significativa dei prodotti sul mercato comunitario, la cui sicurezza può essere compromessa.

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Photo © ViDi Studio – stock.adobe.com

L’attuale approccio regolamentare non privilegia in modo coerente le sostanze più pericolose, pertanto non si riscontra nemmeno una logica nell’adozione di un approccio più precauzionale per disciplinare determinati gruppi di sostanze, rispetto ad altre meno nocive. Non bastasse, poiché lo scambio di informazioni sulla sicurezza e la conformità nella catena di approvvigionamento è scarso, anche la capacità di garantire conformità è messa a rischio. Ma più di ogni altra ragione, una riforma è opportuna se si considera che l’applicazione delle norme sui MOCA è mediamente scarsa, poiché gli Stati Membri hanno serie difficoltà nel farle applicare. Ci sono pertanto grandi differenze di approccio tra imprese,

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che però operano tutte nello stesso mercato. Si denuncia da più parti la mancanza di regole chiare per le materie non plastiche e una gravosità eccessiva per quelle specifiche, considerate troppo tecniche ed oltremodo gravose per la maggior parte degli Stati Membri, che attualmente non dispone né di risorse né di competenze sufficienti per applicarle, con conseguenze sul piano pratico

operativo ma poi a cascata anche in sede giudiziaria, nei casi in cui si generino contenziosi. L’attuale normativa non tiene conto delle specificità delle PMI, né in termini di organizzazione e struttura interna né di dimensioni, delegando talvolta all’imprenditore un compito fuori dalla sua portata. Mentre gli operatori più dimensionati dispongono infatti di competenze

Le migliori intenzioni ambientaliste dell’UE si infrangono di fronte all’operatività pratica. Sarebbe opportuna l’introduzione di un sistema normativo omogeneo a tutti i livelli, che garantisca sicurezza alimentare e salute pubblica, e dia certezze a chi le norme le deve applicare

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Il fine ultimo della probabile nuova norma sul tema dei MOCA è un aumento complessivo della sicurezza dei prodotti, che abbia un impatto positivo su tutte le patologie legate ai tumori o alle disfunzioni del sistema endocrino (photo © nataliazakharova – stock.adobe.com). e risorse interne per garantire la conformità, quelli più piccoli non hanno strumenti. Le norme tecniche sono talvolta inapplicabili a certe realtà, in altri casi l’assenza di regole specifiche implica che l’imprenditore non possa disporre di alcuna base per garantire il rispetto della norma con conseguenti limitazioni nella commercializzazione sicura delle proprie produzioni. Quanto sopra detto fa il paio col fatto che, in generale, i controlli sui MOCA non costituiscano una priorità per gli Stati Membri, a loro volta disorientati nella corretta applicazione e conseguentemente nella vigilanza. Le attuali disposizioni, così formulate, non hanno riscontri positivi in termini di miglioramento della situazione complessiva e non incoraggiano lo sviluppo di alternative più sicure e più sostenibili, quindi sono sostanzialmente fallimentari nel loro scopo finale. A nulla è infatti valso sinora il Regolamento in vigore nella lotta contro l’eccesso di imballaggi, le misure di prevenzione dei rifiuti e l’aumento del riutilizzo e del riciclaggio. Gli Stati Membri stanno già introducendo divieti di imballaggi in pla-

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stica monouso, in parte in applicazione della direttiva sulle materie plastiche monouso (2019/904). Tuttavia, l’attuale legislazione sui MOCA offre poche o nessuna base su cui elaborare norme che sostengano e incoraggino alternative sostenibili o assicurino che tali alternative siano valide. Le migliori intenzioni ambientaliste dell’UE si infrangono di fronte alla realtà delle cose, nell’operatività pratica. Il tema è pertanto attualissimo e riguarda diversi aspetti. Il primo è quello economico: non solo si punta a ridurre i costi sanitari a seguito dell’attuazione di standard di protezione della salute umana più elevati, ma la semplificazione che la Commissione europea va cercando con una ipotetica nuova norma comporterà una maggiore capacità delle imprese di piccole e medie dimensioni nel garantire che i propri prodotti siano sicuri quanto quelli realizzati dalla grande industria, migliorando così la competitività e la crescita del tessuto imprenditoriale. Nuove disposizioni porterebbero inoltre ad un’armonizzazione delle norme e, giocoforza, ad un adeguamento nel breve termine, introducendo elementi di regole uguali

per tutti coloro che operano in un mercato comune, risparmiando così risorse ed energie. Dopo un primo impatto iniziale, l’armonizzazione nel mercato comunitario, attraverso le nuove norme specifiche, uguali per tutti, potrebbe portare un risparmio sotto tanti punti di vista e avrà anche dei risvolti positivi per le imprese, poiché potrà generare, anche nel piccolo, una maggiore competitività derivante dagli standard più elevati, che saranno, come spesso accade, un motore per sensibilizzare i Paesi Terzi verso le problematiche ambientali e sulla salute del consumatore. Infine, l’UE punta allo sviluppo e alla crescita di materiali sostenibili anche per favorire l’economia circolare e consolidare le strategie ambientali atossiche e di gestione delle materie plastiche o chimiche. L’obiettivo è altresì quello di ridurre sensibilmente i rifiuti e rafforzare l’uso di materiali, come i polimeri, che possono essere facilmente riciclati e riutilizzati in sicurezza, anche come materiali a contatto con gli alimenti. Il fine ultimo della probabile nuova norma sul tema dei MOCA è infatti un aumento complessivo della sicurezza dei prodotti, che abbia un impatto positivo su tutte le patologie legate ai tumori o alle disfunzioni del sistema endocrino. Al di là dell’aspetto sociale e umano, tra l’altro, la riduzione e la prevenzione potrebbero generare sul lungo termine un riscontro positivo sui servizi sanitari e sul loro peso sui conti pubblici dei singoli Stati, a vantaggio della società nel suo complesso. Non è ancora chiaro quale sarà la strada che l’UE deciderà di percorrere. Potrebbe anche non assumere provvedimento alcuno in merito, sebbene l’esigenza di una riforma sia sentita da più parti. Tuttavia, sarebbe opportuna l’introduzione di un sistema normativo omogeneo, a tutti i livelli, che garantisca pienamente la sicurezza alimentare e la salute pubblica, dando certezze alle imprese e a chi la norma la deve applicare nel concreto. Sebastiano Corona

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International Food Fair

fieramilano 22-26 October 2021

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STORIA E CULTURA

Un affresco “miracoloso”: la Predica di S. Antonio da Padova ai pesci di Giovanna Baldissin Molli, Gian Raffaele Magnani e Valerio Giaccone

Nella Basilica dedicata a Sant’Antonio a Padova, vicino alla Sacrestia, c’è un affresco che narra, in termini pittorici, il miracolo di “S. Antonio che predica ai pesci”. Gli esperti che hanno coordinato le opere di restauro si sono chiesti quanto ci fosse di realistico nella riproduzione di quei

pesci che si affacciano dalle acque per ascoltare il Santo che dalla riva predica loro. Sono pesci veri, quelli che vediamo riprodotti nell’affresco? O sono delle riproduzioni “di fantasia” del pittore? Questo si sono chiesti gli esperti di storia dell’arte dopo aver avuto per mesi di fronte

ai loro occhi quelle immagini. Per ottenere una risposta scientificamente fondata, gli esperti si sono rivolti a noi che siamo veterinari specialisti in ispezione dei prodotti alimentari per l’uomo. Stimolati dalla curiosità, abbiamo accettato la sfida e ci siamo messi a studiare

La Basilica di Sant’Antonio a Padova (photo © eyeworld – stock.adobe.com).

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Come nella vita di San Francesco c’è la predica agli uccelli, nella vita di Sant’Antonio c’è la predica ai pesci. Sarebbe avvenuta a Rimini, città in cui risiedavano gruppi di eretici. L’incipit: “Dal momento che voi dimostrate di essere indegni della parola di Dio, ecco mi rivolgo ai pesci, per confondere più apertamente la vostra incredulità”

Ma sono pesci veri quelli che vediamo riprodotti dal pittore? E ci potrebbe essere una motivazione scientifica dietro a questo miracolo? In altri termini, è scientificamente possibile che un gran numero di pesci aggalli sull’acqua mostrando la testa come troviamo riprodotto nell’affresco della Basilica?

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1 Figura 1 – “Predica ai pesci”, affresco all’interno della Basilica di Sant’Antonio restaurato nel 2018-2019 grazie al sostegno della società Calcio Padova. le immagini di animali riprodotte nell’affresco cercando di cogliere in ciascuna figura quei tratti somatici che ci avrebbero (forse) permesso di darne una classificazione di specie. Nel corso del lavoro, però, ci siamo anche posti un secondo quesito, ovvero Ci potrebbe essere stata una motivazione scientifica per il miracolo di cui stiamo trattando? In altri termini, è scientificamente possibile che un gran numero di pesci aggalli sull’acqua mostrando la testa come troviamo riprodotto nell’affresco della Basilica del Santo? La storia dell’affresco Nella parete sud dell’atrio della sacrestia della Basilica di Sant’Antonio, a Padova, due affreschi inquadrano il vecchio ingresso (oggi scomparso perché murato in epoca antica) che congiungeva la basilica alla sacrestia, vera “camera del Tesoro” in cui almeno fino al Seicento erano conservati, oltre alle oreficerie e ai paramenti di uso liturgico, anche i veneratissimi reliquiari. La sacrestia quindi era un luogo di pregio, che richiedeva al suo interno arredi congrui: anche il suo atrio, luogo di passaggio dalla basilica e raccordo diretto con il chiostro del

Noviziato, doveva essere in linea, arredato e ornato con un alto e nobile linguaggio. L’atrio oggi è il frutto di un rimaneggiamento della fine del Cinquecento, quando la sacrestia fu ingrandita e resa più sicura. In quel momento fu ricavato il nuovo ingresso, in asse con l’accesso dalla basilica. Il settore di sinistra dell’attuale atrio corrisponde alla vecchia predisposizione: al centro di esso la porta tamponata reca, nella lunetta soprastante, l’affresco più antico della Basilica, una Madonna col bambino e i Santi Francesco e Antonio probabilmente tardo duecentesca o prima trecentesca, modificata tuttavia all’inizio del Cinquecento. La data 1519 inserita nella scritta può essere agevolmente trasferita anche ai due affreschi ai lati del vecchio ingresso, raffiguranti, a sinistra, il Miracolo del bicchiere di Aleardino e, a destra, la Predica ai pesci (Figura 1), restaurato nel 2018-2019 grazie al sostegno della società Calcio Padova. Non conosciamo l’autore dell’affresco. Molte fonti lo attribuiscono al padovano GIROLAMO TESSARI, detto Girolamo Del Santo, un protagonista

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Figura 2 – Altri animali presenti nell’affresco: gazza ladra (Figura 3) e airone minore bianco (Figura 4). della pittura narrativa di carattere devozionale dei primi decenni di Cinquecento, quindi, all’indomani dell’imperativa lezione pittorica di TIZIANO, autore dei tre ben noti Miracoli, nella Scoletta del Santo, sul sagrato dell’omonima piazza. Sappiamo per certo che in quegli anni Tessari era attivo nella basilica e nella stessa Scoletta, in cui raffigurò un altro Miracolo di Aleardino. Tuttavia il nostro affresco, pur garbato nella condotta pittorica, non ha la forte qualità narrativa che contraddistingue Girolamo Del Santo e non può spettargli. Sembra più opportuno, per il momento, riferirlo a un pittore padovano di cui non conosciamo il nome. La Predica ai pesci è uno dei miracoli di Sant’Antonio che, per quanto noti, in Italia e nel Veneto è tra quelli meno raffigurati nei cicli dedicati al lisbonese divenuto padovano. La scena è ambientata a Rimini, luogo che nelle più antiche biografie antoniane, della seconda metà del Duecento, è vista come una città di eretici. Mentre alcuni Riminesi disprezzavano e deridevano le sue parole, Antonio si avvicinò a un vicino fiume e “udendolo tutto il popolo presente”, si rivolse agli eretici dicendo: “Dal momento che vi dimostrate indegni della parola di Dio, ecco mi rivolgo ai pesci, per confondere più apertamente la vostra incredulità”.

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Il Santo iniziò a predicare e “a queste parole i pesci cominciarono a radunarsi e avvicinarsi a lui, a sollevare parte del corpo sulla superficie dell’acqua, a guardarlo attentamente e ad aprire la bocca. E per tutto il tempo che piacque al Santo di parlare loro, lo ascoltarono attentissimi, come fossero dotati dell’uso della ragione; né si allontanarono prima di aver ricevuto da lui la benedizione”. Se la narrazione sembra perfettamente attagliarsi al nostro affresco, ancora più calzante è la storia raccolta negli Actus beati Francisci et sociorum eius, costituenti la fonte da cui intorno alla fine del Trecento, sono stati volgarizzati i Fioretti, che col loro successo hanno in qualche modo fatto cadere nell’oblio gli Actus. Qui (45, 1623-1626; nei Fioretti cap. XL), a Rimini, presso la foce di un fiume, Antonio, inascoltato dagli eretici, predicò ai pesci e subito giunse “una così grande moltitudine di pesci grandi e piccoli, che mai da quelle parti ne era stata vista una raccolta; e tutti tenevano le teste un poco fuori dall’acqua. Avresti visto i pesci grandi stare pacificamente vicino ai più piccoli, i più piccoli rimanere pacificamente sotto l’ala dei maggiori. Avresti visto lì tutte le diverse specie di pesci correre verso i loro simili e, come un campo dipinto decorato con una mirabile varietà di colori, mettersi in ordine davanti

alla faccia del santo. Avresti visto li banchi di grandi pesci ordinati come lo schieramento di un esercito, prendere i posti per ascoltare la predicazione. Avresti visto i pesci di media taglia occupare i posti mediani e stare nei loro posti come istruiti dal Signore, senza alcuna turbolenza. Avresti visto lì, ovunque, una numerosa e popolosa moltitudine di piccoli pesci avvicinarsi come pellegrini verso l’indulgenza e venire più vicini verso il santo padre, come sotto un protettore. Così che in questa predicazione, disposta dal cielo, stavano presso Sant’Antonio per primi i pesci più piccoli, per secondi i mediani per terzi, dove l’acqua era più profonda, i pesci più grandi». Alle parole del Santo “alcuni pesci emettevano dei suoi, altri aprivano le bocche e tutti inclinavano le teste, lodando l’Altissimo con i segni con potevano”. E se il disporsi ordinato per grandezza in effetti nell’affresco non è così evidente, lo è invece il loro atteggiamento, di ascolto e di lode, “con i segni che potevano”. Negli anni Trenta del Quattrocento l’umanista padovano SICCO POLENTON scrisse una nuova biografia di Sant’Antonio, attingendo largamente agli scritti precedenti, inserendo il miracolo dei pesci, a Rimini: “Mirabile visu. Mox quidem omnis generis piscium copia tanta venit, quod vix litus multitudinem caperet. Adde mirabilius, quod veluti

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ANNUARIO del PESCE e della PESCA 2020/2021 N. 31

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essent melius ex proximo audituri, loco ut propius accederent, alli alios debellebant, et qui poterant omnes supraa quas capita erigebant”. L’opera di Sicco è per certi versi la prima biografia “ufficiale”, che fu inoltre tradotta in volgare e data alle stampe. Annotazioni tassonomiche Gli animali presenti nell’affresco A parte i pesci, nell’affresco del miracolo sono presenti anche altri animali (Figura 2), in particolare due cani e due uccelli, sui quali riteniamo di dovere spendere qualche riflessione. Gli uccelli presenti sono: * una gazza ladra (Pica pica, Figura 3). La gazza misura 46-50 cm di lunghezza (dei quali la metà spettano alla coda), per 161-268 grammi di peso e un’apertura alare di 52-62 cm. Si tratta di uccelli dall’aspetto slanciato, muniti di testa arrotondata con lungo e forte becco conico dall’estremità adunca, ali lunghe e digitate, lunga coda dalla forma romboidale e zampe forti; * un airone minore bianco (Egretta garzetta, Figura 4). La garzetta è lunga circa 55-65 cm, il suo peso varia da 350 a 650 g e ha un’apertura alare di 85-95 cm. Il piumaggio è interamente bianco, il lungo becco è nero, come le zampe; la parte inferiore del piede è giallastra, ben visibile, da dietro, all’involo. L’iride è gialla. Entrambi gli uccelli sono riprodotti con estrema chiarezza e correttezza sia di forme sia di colori e si presuppone una conoscenza diretta da parte dell’artista. Gli animali acquatici presenti nel dipinto Abbiamo avuto la possibilità di visionare da vicino l’affresco in fase di restauro e poi di valutare una serie di riproduzioni fotografiche ad alta definizione; associando le nostre osservazioni possiamo trarre una serie di considerazioni. La prima è che, tra gli animali marini raffigurati, ve ne sono alcuni che, a nostro parere, sono riconducibili più a dei mammiferi che a dei pesci veri e propri.

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Figura 5 – Delfini disegnati con la punta del muso rivolta verso l’alto. Figura 6 – Delfino con peluria. Figura 7 – Di difficile interpretazione, forse un narvalo. PARTE I: I MAMMIFERI Sono rappresentati, Classe Mammalia, Ordine Cetacea, Delfini (Figura 5, indicati con la freccia); li vediamo rappresentati secondo lo stile dell’epoca che vede il delfino con la punta del muso rivolta verso l’alto. Erano conosciuti come “gli amici dei marinai” e ci sono molte leggende sui delfini che conducono i marinai caduti in acqua verso rive più sicure. Di conseguenza, i delfini venivano considerati un buon presagio da chi navigava e il loro carattere misterioso è stato un aspetto rimarcato dalla mitologia greca. Nei primi secoli del Cristianesimo, il mondo pagano dava ai delfini una grande importanza. Il simbolo fu subito adottato dai cristiani che

Figura 8 – Delfino avvolto intorno a un’ancora a simboleggiare la speranza della vita eterna.

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9 Figura 9 – Astice. però ne cambiarono leggermente il significato. L’iconografia cristiana ha impiegato il delfino in due modi fondamentali: 1. per raffigurare il Cristo, colui che conduce alle “rive più sicure” del cielo; 2. per rappresentare l’anima che giunge nel porto della salvezza attraverso le acque marine dell’esistenza. Nell’agiografia, il cetaceo occupa un posto rilevante: due delfini portano a riva San Callistrato che Diocleziano aveva fatto buttare a mare; il corpo di Luciano di Antiochia è trasportato da un altro cetaceo, San Martiniano fugge le tentazioni della lussuria cavalcando un delfino. Nel particolare (Figura 6), è evidenziato un delfino con peluria; probabilmente si tratta dell’aggiunta successiva di un qualche buontempone, dato che non esistono delfini dotati di peli o capelli. Molto spesso i delfini sono disegnati avvolti intorno a un’ancora o a un tridente (Figura 8), come nelle catacombe di Villa Torlonia a Roma, a simboleggiare la speranza della vita eterna e sono sempre rappresentati col muso verso l’alto. In tassonomia i cetacei sono raggruppati i due sottordini per differenziare gli animali dotati di denti (Odontoceti) da quelli che ne sono privi (Mysticeti). Agli Odontoceti appartiene la famiglia dei Delphinidae cui appartengono 18 generi. I delfini rappresentati potrebbero raffigurare il tursìopeo, come il delfino dal naso a bottiglia (Tursiops truncatus) o il delfino comune (Delphinus delphi).

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Di difficile interpretazione l’essere evidenziato in Figura 7 (ellissi gialla). Nel contesto dell’affresco lo stesso soggetto figura anche in un altro esemplare posto al limite del quadro. Il profilo fortemente montonino e l’inserzione del “corno” farebbe protendere all’ipotesi di un narvalo (Monodon monoceros), ma il problema è la scorretta forma del corno. L’estroflessione presente nel narvalo non consiste in un corno ma di un dente più precisamente un canino. Esso ha una forma rettilinea, non arcuata e ha un andamento spiralizzato su sé stesso. In un testo dell’epoca si riporta: “…dotato di un lungo corno frontale che si attorciglia…”; probabilmente l’artista ha interpretato male il concetto e quindi, anziché rappresentarlo spiralizzato su se stesso, l’ha dipinto in forma di spirale. Il narvalo è tra le creature più iconiche e misteriose dell’Artico che hanno affascinato esploratori e scienziati per centinaia di anni, dando probabilmente origine alle leggende sugli unicorni. L’unicorno è un animale leggendario, spesso ricordato e raffigurato nei codici medievali dei Bestiari e nei trattati naturalistici del Cinquecento e del Seicento (come quelli da GESNER ad ALDROVANDI). Aveva l’aspetto di un equino selvaggio e indomito, con un lungo corno ritorto a spirale sulla fronte e zoccoli bifidi; pochissimi l’avevano visto vivo poiché abitava le regioni più inospitali dell’India, dell’Arabia e dell’Etiopia. Nella simbologia l’unicorno rappresenta

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la purezza, la forza e la castità: le leggende medievali riportano che l’unicorno poteva essere catturato solo da una donna vergine, da qui l’accostamento con Gesù Cristo. Per secoli questo animale mitologico è divenuta parte integrante dei sogni e della fantasia della mente comune e ha ispirato scrittori e poeti, rappresentando ciò che è buono e puro, simbolo di virtù e valori cavallereschi, incarnazione del bene e di ciò che l’Uomo aspira a diventare. L’unicorno è universalmente riconosciuto come simbolo di fierezza, solitudine, forza e virilità, nonché di purezza, innocenza e il Bene. Imperatori, re e ricchi ecclesiastici pagavano a peso d’oro i suoi corni d’avorio; ne ricavavano boccali con miracolosi poteri anti-veleno; gli speziali, poi, ne grattugiavano sottili fettine per comporre medicinali infallibili e costosissimi. Solo verso la metà del Seicento si scoprì la vera natura del “corno” di unicorno: si trattava del dente di un cetaceo, il narvalo, diffuso nei mari settentrionali. Nel 1655, infatti, lo studioso OLAO WORMIUS pubblicava, nel Museum Wormianum, una rozza figura dell’intero cetaceo e un disegno del cranio di narvalo col famoso dente. PARTE II: ARTHROPODA Arthropoda: di tale phylum viene evidenziata la Classe Crustacea, Ordine Decapoda, sottordine Reptantia, sezione Macrura e Brachyura. Di contro, non vengono riportati individui del sottordine Natantia come i gamberi. Sono descritti con estrema ricchezza di elementi:

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Figure 10/11 – Granchi, in emersione al largo e sulla battigia.

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12 Figura 12 – Conchiglie. a. Sezione macrura: Astici (Homarus gammarus, Figura 9), riprodotti sia emersi al largo sia sulla battigia (Figura 2), con un’ottima descrizione del porzione più craniale del cefalotorace: si apprezzano con precisione gli occhi composti peduncolati e le antennule e le seconde antenne. Homarus gammarus di colore bluastro, con chiazze gialle sul dorso e ventre chiaro, possiede due paia di antenne, un paio lunghe e uno corte e 8 zampe locomotrici, oltre a 2 chelate, di cui una più grande e una più piccola. Il carapace è liscio e incavato, possiede due spine, situate

vicino agli occhi. Può raggiungere il mezzo metro di lunghezza, ma gli esemplari comuni misurano dai 30 ai 40 cm. Vive nella scarpata continentale fra 0 e 150 m di profondità; solitamente a profondità non maggiori di 50 m. È un organismo notturno e territoriale che vive su substrati duri come rocce o fanghi duri e solitamente in fessure, anfratti o buche; b. Sezione brachyura: Granchi, anche per essi uno viene rappresentato in emersione al largo (Figura 10), ma questa volta sono almeno 4 quelli evidenziati sulla battigia (Figura 11, freccia gialla). In uno di essi (freccia rossa), si riescono anche a contare gli arti ambulacrali che risultano essere corretti (in numero di 10). La forma globosa del cefalotorace fa propendere l’inquadramento verso un Cancridae o un Parthenopidae. PARTE III: MOLLUSCA Un discorso a parte merita la rappresentazione dei Mollusca. Tassonomicamente sono articolati in 8 Classi, ma quelle di interesse sono solo tre: 1. Lamellimbranchia; 2. Gasteropoda; 3. Cefalopoda. Di tali classi sono totalmente

assenti i Gasteropoda (lumache) e i Cefalopoda (calamari, polpi, seppie ecc…). Sono invece rappresentati i molluschi eduli lamellibranchi. In particolare è identificabile una conchiglia a superficie esterna costoluta (Figura 12, freccia rossa). Si tratta probabilmente di molluschi delle famiglie dei Cardiidae o di un Pectinidae. Tutti gli altri lamellibranchi sono dipinti in forma rotondeggiante chiari (Figura 12, ellissi viola); sulla valva sono presenti delle incisure e altri segni quale l’inserimento dei muscoli palleali per cui ciò può far pensare che si tratti di una valva rovesciata di molluschi morti. La loro forma tondeggiante fa orientare l’inquadramento tassonomico fra specie appartenenti alla famiglia dei Glycymeridae (piè d’asino) o Veneridae (Vongole spp.). Tuttavia, la vicinanza ad un ambiente lacustre ed il colore bianco intenso della superficie interna della valva potrebbe far pensare anche ad un mollusco dulciacquicolo con molta madrepora nella conchiglia della Famiglia Unionidae. PARTE QUARTA: PESCI Nel quadro non sono poi molte le specie ittiche rappresentate: il pittore ha seguito la tecnica del ridipingere lo stesso animale più volte, solo con dimensioni diverse (Figura 13, frecce

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15 Figura 13 – I pesci. Figure 14/15 – Chimaera monstrosa, nel dipinto e al naturale.

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rosse, blu), cosa che ha fatto anche per i crostacei. La riproduzione pittorica delle specie ittiche denota una scarsa conoscenza degli animali e spesso nei singoli pesci riprodotti si colgono dettagli che sono frutto di pura fantasia. Inoltre, essendo rappresentate solo le teste, mancano molti dettagli somatici, per cui non è stato agevole effettuare un riconoscimento di specie davvero certo. Cerchiamo di riconoscere qualche specie: * Figura 14: assomiglia molto alla Chimaera monstrosa (Figura 15). In effetti, la chimera ha un aspetto così strano da essere inconfondibile. Possiede un muso arrotondato caratteristico, simile a quello di un coniglio, con occhi molto grandi di colore scuro e bocca abbastanza piccola. Dobbiamo però annotare che è rarissima nell’Adriatico, per cui c’è da chiedersi come avrebbe fatto il pittore a riprodurne le fattezze naturali; * Figura 16: in spigolo al dipinto

viene rappresentato un Condroitta, Ordine Pleurotrenio, ossia uno squaloideo. Non si riesce, però, a dare un’ulteriore interpretazione; si può ipotizzare il muso di un Oxyrinchus; * Figura 17: al centro dell’affresco sono presenti due pesci Pleuronettiformi. Caratteristica di questi pesci è l’avere il corpo depresso nel senso della lateralità, ovvero siamo di fronte a pesci “schiacciati” con bocca sub-terminale, ma non vengono rappresentati entrambi gli occhi, dettaglio anatomico importante che invece dovremmo trovare. Verificando l’orientamento del pesce, si evidenzia che gli occhi sono posizionati a sinistra del corpo, quindi i pesci rappresentati possono appartenere alla Famiglia degli Scophthalmidae ovvero dovrebbero essere classificati come Rombi; * Figura 18: il pesce evidenziato ha la punta del muso rivolta verso l’alto. Ciò ricorda abbastanza la peculiarità del muso del luccio

16 Figura 16 – Uno squaloideo.

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18 Figura 17 – Pesci della famiglia degli Scophthalmidae, classificabili come rombi. Figura 18 – Il pesce raffigurato ricorda il luccio. Figura 19 – Il pesce indicato dalla ellissi rossa ricorda il cefalo o muggine.

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(Esox lucius) che, però, è un pesce d’acqua dolce appartenente alla famiglia Esocidae. È caratterizzato dalla bocca a “becco d’anatra”, dotata di robusti e acuminati denti; Figura 19: il pesce identificato dalla ellissi rossa (dato il colore così chiaro e la forma affusolata) potrebbe essere un cefalo o muggine. Tuttavia, solo con la testa di profilo non è possibile definire quale delle cinque specie repertabili nei nostri mari sia quella rappresentata; Figura 20: come segnalano le frecce gialle, nell’affresco sono riprodotti vari esemplari di pesci dal corpo serpentiforme. Si riesce a percepire un brachignastismo inferiore (Figura 21), ossia la mandibola che è più corta della mascella, e ciò potrebbe far propendere l’identificazione verso un grongo, Conger conger; Figura 22: il pesce identificato con la freccia rossa può essere ascrivibile alla famiglia dei Cyprinidae; probabilmente il pesce che voleva essere rappresentato era una tinca, anche se predilige le acque ferme, salmastre o a corso lento, con fondali molli e con temperature estive piuttosto alte; Figura 23: nell’affresco sono presenti parecchi pesci (frecce viola) con un becco corneo, munito di piccoli denti identificati.

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Figura 20 – Esemplari di pesci dal corpo serpentiforme. Figura 21 – Forse un grongo (Conger conger). Figura 22 – Il pesce identificato con la freccia rossa può essere ascrivibile alla famiglia dei Cyprinidae. Figura 23 – Pesci con becco corneo indicati con frecce viola, forse aguglie o costardelle o mezzo becco. Figura 24 – Particolare di uno dei pesci con becco corneo. Figura 25 – I pesci indicati con le frecce rosse sembrano appartenere alla famiglia degli Sparidae. Il pesce indicato con la freccia gialla potrebbe essere un branzino o spigola.

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In Figura 24 un dettaglio delle figure precedenti. Questi soggetti potrebbero essere delle aguglie (Belone belone) o costardelle o mezzo becco (Scomberesox saurus); * Figura 25: in primo piano nell’affresco al di sotto del Santo, si evidenziano alcuni pesci, indicati con le frecce rosse. Dal profilo del muso potremmo azzardare l’ipotesi che si tratti di individui appartenenti alla famiglia degli Sparidae, che comprende 35 generi con circa 125 specie di acqua salata, mentre il soggetto indicato nella stessa figura dalla freccia gialla potrebbe essere un branzino o spigola (Dicentrarchus labrax). Una possibile spiegazione scientifica al miracolo dei pesci in Rimini Nel miracolo riprodotto nell’affresco preso in esame, Sant’Antonio rivolge ad un nutrito assembramento di varie specie ittiche la sua parola e la sua predicazione. Sovente nei dipinti e negli affreschi delle epoche antiche i pittori riproducevano, secondo il loro immaginario, fatti o avvenimenti naturali che potevano essere realmente accaduti, ma che a quell’epoca assumevano la veste di un “miracolo”. Potrebbe essere, questo, anche il caso dell’affresco di Sant’Antonio che predica ai pesci a Rimini? Ci possono però essere delle cause naturali per un evento del genere? L’affioramento di pesci può essere la conseguenza di vari problemi legati sia all’ambiente idrico sia a patologie respiratorie dei pesci stessi. In generale, possiamo dire che quando i pesci escono dal loro ambiente naturale (l’acqua), esponendo il muso all’aria, lo fanno a seguito di una carenza di ossigeno (ipossia). Questa ipossia può dipendere da una di queste quattro possibili cause: 1. affezioni all’apparato respiratorio dei pesci e/o delle vescica natatoria: molte patologie virali, batteriche o parassitarie possono indurre l’affioramento dei pesci che assumono la tipica posizione

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di “fame d’aria”. Le patologie possono interessare le branchie o la vescica natatoria. Possiamo citare: * tra le infezioni batteriche la malattia colonnare, le streptococcosi, la Bacterial Kidney Disease (nefrobatteriosi); * fra le forme parassitarie le patologie da protozoi, da ciliati, da trematodi e da isopodi; * fra le infezioni virali la necrosi emopoietica infettiva, l’infezione da virus erpetico della carpa Koi, l’anemia infettiva del salmone. Tuttavia, le malattie sono spesso specie-specifiche e tendono a colpire solo una specie o più specie appartenenti alla stessa famiglia. Un affioramento di pesci così eterogeneo come evidenziato nell’affresco di cui stiamo trattando, difficilmente si può ascrivere a una forma infettiva; 2. temperatura dell’acqua: quando essa è particolarmente elevata, il tasso dell’ossigeno disciolto al suo interno si riduce di molto. I pesci, infatti, respirano l’ossigeno molecolare presente nell’acqua, la cui solubilità dipende dalla temperatura della stessa: le acque fredde sono ben ossigenate, mentre le acque calde diventano progressivamente asfittiche. Il fenomeno è più evidente al tramonto perché le alghe presenti in mare riducono la fotosintesi man mano che diminuisce la luce solare e di riflesso si abbassa ancor di più il contenuto di ossigeno nell’acqua; 3. fioriture algali di massa: colorazione assunta dalle acque marinocostiere in seguito alla rapida crescita di alcune microalghe, generalmente rappresentate da dinoflagellati o diatomee. I primi riferimenti alla marea rossa risalgono addirittura al Vecchio Testamento. Nel libro dell’Esodo (Esodo 7: 20-21) è scritto “... Tutte le acque che erano nel Nilo si mutarono in sangue. I pesci che erano nel Nilo morirono e il Nilo ne divenne fetido, così che gli Egizi non poterono più berne le acque. Vi fu sangue in tutto

il paese d’Egitto”. Gli antichi Greci coniarono il nome “Mar Rosso” proprio in riferimento alla colorazione assunta durante la fioritura algale. Nonostante il fenomeno sia stato già riportato più volte nel corso degli anni precedenti, le maree rosse cominciarono a essere studiate scientificamente solo verso la metà del XIX secolo. Il 18 marzo 1832, durante uno dei suoi viaggi, CHARLES DARWIN notò una colorazione rosso-bruna delle acque marine vicino all’arcipelago di Abrolhos al largo del Brasile; 4. materiale organico: l’immissione massiccia di sostanze organiche dilavate dai terreni in occasione di piene alluvionali di fiumi può provocare una carenza di ossigenazione delle acque. In considerazione del fatto che Rimini è lambita dal torrente Marecchia, che può indurre piene tumultuose, è facile che porti alla foce molto materiale dilavato durante il suo percorso. Di contro, non è possibile dare una giustificazione all’affioramento dei crostacei adulti rappresentati, specialmente quelli posti in verticale dal pittore. Molti crostacei nelle forme giovanili sono fluttuanti nell’acqua e galleggiano rientrando nella composizione dello zooplancton. In conclusione, il fenomeno riprodotto nell’affresco della Basilica del Santo sulla predicazione di Sant’Antonio ai pesci potrebbe trovare una giustificazione scientifica in un affioramento di massa di pesci indotto da carenza di ossigeno nella acque antistanti la riva riminese, probabilmente a seguito di una fioritura algale o come conseguenza di una recente alluvione. Giovanna Baldissin Molli Università di Padova Dipartimento di beni culturali: archeologia, storia dell’arte, del cinema e della musica Gian Raffaele Magnani Veterinario Libero professionista Valerio Giaccone Università di Padova Dipartimento di Medicina animale, Produzioni e salute

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IL PESCATO DEL GIORNO

Sailing the Seas of Cheese, PRIMUS

Un mare di formaggi tra razze, storioni e panini col tonno di Giovanni Papalato

Una canzone, un album, la copertina di un disco, dove un pesce, un crostaceo, un mollusco sono protagonisti o comprimari. Dai mari più lontani al quelli più prossimi, dalle etichette indipendenti alle major, non ci sono confini entro cui pescare… per sorprendersi con nuovi gusti o ritrovarne di dimenticati Navigando il mare dei formaggi è improbabile trovare pesci, a meno di imbattersi in mostri marini e divinità spaesate, ma da una band come i PRIMUS è lecito sorprendersi. Fish On (Fisherman Chronicles PT II) è un brano che unisce ricordi e passione, oltre ad una certa dose di sana follia. Otto minuti di sandwich salati al tonno, Doritos al gusto di Tacos, uno storione lungo sei piedi, razze e squali al largo della baia di San Pablo e fuori dalla Laguna di Bolinas, tutto frullato dal basso acrobatico e la voce stridula di LES CLAYPOLL, la batteria potente e chirurgica di TIM ALEXANDER e la chitarra affilata e urlante di LARRY LALONDE. I membri del gruppo californiano, prima che musicisti, sono appassionati pescatori e hanno pubblicato nel corso della loro discografia quattro capitoli attraverso altrettante canzoni che compongono “Le cronache del Pescatore”.

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Difficile, in fondo anche sbagliato, provare a catalogarne lo stile che di fatto unisce funk, metal, punk e psichedelica attraverso un’estetica zappiana. Nel 1991, appena fi nita la decade sintetica degli anni ‘80, almeno in senso più commerciale, la reazione fu quella di sdoganare sonorità più legate al rock e tra “Blood Sugar Sex Magik” di RED HOT CHILI PEPPERS e “Ten” dei P EARL JAM solo per citare alcuni bestsellers, le major discografiche scommisero su realtà trasversali come, appunto, i PRIMUS, che pubblicarono il loro secondo disco, “Sailing The Sea Of Cheese”, su Interscope, del gruppo Universal. Fu davvero un azzardo di pregio, che portò il trio di El Sobrante a diventare band di culto e influenza importante per diverse realtà musicali in seguito. Un esordio bizzarro il live “Stuck On This” del 1989, acerbo e naïf, ma che conteneva già i segni di quello che si sarebbe concretizzato negli album in studio a partire da “Frizzle Fry” l’anno successivo, per poi completarsi con “Sailing The Sea Of Cheese”. Non più un rimpiattino, per quanto avvincente, tra i riff funambolici di Claypool e la chitarra di LaLonde, capace anche di assoli immarcabili, mentre sotto Alexander spazia con una disinvoltura innaturale da raddoppi a stop & go, da carezze a raffiche sui tamburi ma un dialogo vero e proprio tra loro che porta tutto ad un altro livello. Una narrazione allucinata ma allo stesso tempo magnetica, fatta

Poster dei PRIMUS by Ben Wittholz. di brani che non sfuggono ma al contrario invitano l’ascoltatore a entrare più in profondità, aldilà della tecnica. La ritmica incalza, gira idealmente le pagine di una storia fatta di perdenti e antieroi, battute di pesca e nonsense. Senza compromettere l’amalgama che costituisce il segno di questo album, il basso di Claypoll è il timone che guida la nave in questo mare psichedelico. Lo fa emancipandosi in un suono maturo e più defi nito, ma non dimenticandosi

Chi è Giovanni Papalato? Autore della nuova rubrica “Il pescato del giorno”, Giovanni è modenese ed è nato lo stesso anno in cui uscirono “Low” e “Heroes”. Titolare di un’etichetta discografica indipendente, La Barberia Records, di un programma radiofonico, Worst Taste In Music, su RADIO ANTENNA 1, e del podcast sul vino This is Radio Kippis su Spreaker/Spotify, è selecter e DJ. Contro l’ascolto della musica tramite algoritmi su internet, ama tutto ciò che va alla velocità di 33 o 45 giri al minuto. Ama viaggiare, preferendo le metropoli ai contesti naturalistici. Ha la barba folta e gli occhiali grossi, ma non è un hipster, anche perché non è magro.

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della componente comica e surreale che ha defi nito la sua cifra. Naviga tra il sarcasmo di Here Come The Bastards, la commistione sorprendente tra jazz e funk di Jerry Was A Race Car Driver, American Life e il featuring di TOM WAITS, con cui duetta in Tommy The Cat, tra riff come discese di downhill, linee di basso che scuotono le fondamenta del brano e la batteria a puntellare. Ma il brano che definisce davvero il disco è proprio “Fish On”, nel suo essere acme perfetto di una attitudine fatta di trasversalità e consapevolezza tecnica in cui convivono in una lucida follia stilistica il jazz progressive 70’s, lo Spoken Blues, il funk nella sua accezione più violenta, accelerazioni e virate, decelerazioni e scambi ritmici. Se “Sailing The Sea Of Cheese” è una metafora per una inedita e imprevista esperienza musicale, allora questo è un viaggio esaltante. Giovanni Papalato Nota Photo © Lucio Pellacani.

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DUE LIBRI

EDOARDO TUROLLA Gasteropodi e bivalvi marini dei mercati europei Volume 2 – Arcidae, Glycymerididae e Mytilidae Tipografia Giari 152 pp. – € 20,00 www.istitutodelta.it

ALLAN BAY, ALBERTO CITTERIO Delivery e take away Piatti da chef pensati per il consumo a casa Edizioni: Italiangourmet – Collana: iTecnici 288 pp. – € 75,00 shop.italiangourmet.it

Si tratta del secondo volume di una collana di cinque intitolata “Gasteropodi e bivalvi marini dei mercati europei”. Il primo (“Gasteropodi”), pubblicato nel 2015, era dedicato ai gasteropodi; questo, e i successivi, trattano le famiglie di bivalvi di interesse commerciale: Volume 3 (Pectinidae e Ostreidae); Volume 4 (Veneridae) e Volume 5 (altre famiglie). Il Volume 2 è dedicato interamente a tre famiglie: Arcidae, Glycymerididae e Mytilidae. Nel capitolo introduttivo, dopo una breve descrizione dei caratteri generali della classe Bivalvia, sono trattati l’importanza per l’uomo degli stessi e il loro ruolo ecologico; la biologia delle famiglie in oggetto è l’argomento del capitolo 2. Segue la rassegna delle singole specie in ordine sistematico, preceduta da una parte introduttiva per definire le caratteristiche generali della famiglia di appartenenza. Per ciascuna specie è fornita una dettagliata descrizione morfologica, non solo della conchiglia, ma anche delle carni, la distribuzione geografica, l’habitat, gli aspetti bio-ecologici, il valore economico ed i metodi di produzione. Il lavoro è corredato di tavole, immagini e disegni a colori e da un’ampia bibliografia citata nel testo. Info: amministrazione@istitutodelta.it

365 ricette e molti consigli su tecniche, packaging per un servizio delivery e take away impeccabile e remunerativo: è il nuovo volume della collana iTecnici che vede la firma del critico gastronomico ALLAN BAY e dello chef ALBERTO CITTERIO. “Il dubbio di molti è: il delivery è la soluzione alla crisi che colpisce la ristorazione oggi? La risposta è no, non è ‘la’. Ma è ‘una’ soluzione, una delle tante cose che, a nostro parere, un ristorante deve saper gestire per affrontare al meglio i problemi. Da sola, senza tutti gli altri interventi legati a un ottimale controllo di gestione, non basta. Serve soprattutto la flessibilità, la capacità di adattarsi agli eventi, senza la quale non si va da nessuna parte”. Sono 3 i capitoli principali: piatti freddi, pronti da mangiare a temperatura ambiente, per il quale il cliente non deve fare nulla; piatti che richiedono solo di essere scaldati in forno, classico o microonde; piatti che il cliente deve “montare” a casa in pochi minuti. Seguono due capitoli su pizza e pasta & risotti e due sezioni dedicate a uova, contorni e salse citate nel libro, perché nulla sia lasciato al caso.

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2min
pages 34-35

Controcorrente, nella laguna veneta

7min
pages 58-63

Chilogrammi di qualità e non tonnellate di quantità

11min
pages 50-53, 55

10 invalidi motivi per non allevare ostriche in Italia

10min
pages 42, 44-46, 48

L’acquacoltura è più sostenibile se integrata

14min
pages 26-28, 30-32

Emergenza Covid e ittico

8min
pages 20-23

Sebastiano Corona

2hr
pages 89-156

Mondel, pronta ad affrontare le nuove tendenze

24min
pages 71-84

Roberto Villa

5min
pages 87-88

Luca del Grammastro

3min
pages 85-86

MARR rileva le attività del Gruppo Verrini

15min
pages 57-64

Fumara, animo local e carattere global

4min
pages 65-66

Riunione Industrie Alimentari entra a far parte della moderna e cosmopolita famiglia di Angulas Aguinaga

5min
pages 67-70
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